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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
13.
Giovedì 10 giugno 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle problematiche del settore della pesca in relazione all'applicazione del regolamento comunitario sulla pesca nel Mediterraneo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 6 11 12 13 14
Agostini Luciano (PD) ... 8
Chiappori Giacomo (LNP) ... 6
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 7
Dima Giovanni (PdL) ... 10 11
Faenzi Monica (PdL) ... 11
Fiorio Massimo (PD) ... 11
Galan Giancarlo, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 12
Gottardo Isidoro (PdL) ... 14
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 11
Ranieri Fabio (LNP) ... 14
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 10 giugno 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle problematiche del settore della pesca in relazione all'applicazione del regolamento comunitario sulla pesca nel Mediterraneo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Giancarlo Galan, sulle problematiche del settore della pesca, in relazione all'applicazione del regolamento comunitario sulla pesca del Mediterraneo.
Ricordo che tale audizione nasce dal fatto che, il 1o giugno scorso, è terminato il periodo di applicazione delle deroghe transitorie concesse dall'articolo 14 del Regolamento n. 1967/2006 sulla pesca nel Mediterraneo, per quanto riguarda la dimensione minima delle maglie delle reti e la distanza minima dalla costa per l'uso degli attrezzi da pesca. In sostanza, è entrato definitivamente in vigore il divieto della pesca a strascico entro le 3 miglia dalla costa, nonché quello inerente all'utilizzo di reti a maglia inferiore a quella regolamentare.
Le organizzazioni del settore, che la Commissione ha incontrato anche in sede di audizione informale, sin dal marzo scorso lamentano che l'entrata in vigore di tali divieti avrà ripercussioni negative sul comparto del piccolo strascico costiero nella parte nord dell'Adriatico e in molte altre realtà territoriali dove sono praticate le cosiddette pesche speciali, con pesanti effetti economici e occupazionali e con il rischio della dispersione di sistemi di pesca che fanno parte delle tradizioni delle nostre comunità costiere. Per queste ragioni, la Commissione ha avvertito l'esigenza di un confronto con il Ministro, che ringrazio per aver prontamente raccolto la nostra sollecitazione, al quale darei subito la parola. Al suo intervento faranno seguito le domande dei deputati e quindi un'eventuale replica del Ministro.

GIANCARLO GALAN, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Se non avete nulla in contrario, preferisco contenere in tempi molto ristretti l'introduzione che peraltro presumo riguardi fatti per larga parte a voi noti. Vi parlerò, quindi, di che cosa si può fare a mio avviso, per poi lasciare maggiore spazio alle domande e agli approfondimenti.
Innanzitutto, quello che è successo era ampiamente prevedibile, previsto e scontato. Non c'è nulla di nuovo. Non c'è un atto dell'Unione europea che abbia modificato la situazione. Quello che è successo era noto sin dal primo dicembre 2006, quasi quattro anni fa, quando l'Italia, con l'avallo di tutte le organizzazioni, firmò l'accordo oggi oggetto di dibattito, che prevedeva già allora quelle che noi per anni abbiamo chiamato deroghe. Erano


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tutte norme previste in quell'accordo e che l'Italia ha esercitato fino a quando è stato possibile.
Nulla di nuovo quindi, nulla di imprevedibile, nulla di improvvido. Eppure, questo provoca effetti molto pesanti sulla nostra economia, sul nostro sociale e sulle nostre coste.
Che cosa si può fare allora? Vorrei che fosse chiaro a tutti che, a mio avviso, l'unica cosa che non si può fare è illudere ancora i pescatori. Di fatto, abbiamo fatto credere loro per quattro anni che fosse possibile ottenere ancora eccezioni, deroghe e che fosse sufficiente andare in Europa a chiedere l'applicazione di norme diverse da quelle concordate e sottoscritte quattro anni fa. Ecco, questo non era e non è possibile.
Tutti noi siamo bravissimi nel fare - consentitemelo - «demagogia», nell'andare a promettere cose che sappiamo che non si possono ottenere e a imbrogliare i pescatori, che pagano le conseguenze di tutto questo. Sarei perfettamente in grado di agire in questo modo, ma non lo farò. Preferisco essere onesto e sincero con voi, prima di tutto, e con la gente che vive questa situazione.
Non è possibile ottenere deroghe o particolari privilegi in Europa - in proposito mi preme leggervi alcuni passaggi di un documento della commissaria per gli affari marittimi e la pesca -, anche perché recentemente sono già stati chiesti a Vigo, in occasione dell'incontro dei ministri della pesca, e la risposta è stata quella che si sapeva: un «no» totale.
Vi riporto un passaggio del documento che testimonia il clima europeo in materia: «Allo scopo di consentire agli Stati membri di prepararsi all'applicazione del Regolamento, per un certo numero di disposizioni è stato previsto un lungo periodo transitorio di più di tre anni. La Commissione invita gli Stati membri a urgenti agire al più presto - in un italiano un po' artificioso -, applicando misure basate sulle conoscenze scientifiche. Veglierò sulla rigorosa attuazione del Regolamento per il Mediterraneo. Il periodo di transizione è finito. Chiedo pertanto agli Stati membri di agire». Queste sono le terminologie usate.
E poi ancora: «Si tratta di norme che gli Stati membri hanno unanimemente adottato nel 2006, sulla base di un compromesso raggiunto modificando la più ambiziosa proposta della Commissione. La situazione di numerosi stock ittici del Mediterraneo è allarmante. I pescatori vedono le loro catture scemare di anno in anno».
Tanto per rendervi edotti del clima che regna nell'Unione europea, vi dico che ieri la commissaria ha sospeso anticipatamente la pesca al tonno in tre nazioni, peraltro non piccole, quali la Spagna, la Francia e il proprio Paese, la Grecia, perché la quota era stata raggiunta anticipatamente. Ha chiuso la faccenda, senza possibilità di replica.
Per l'Italia, pertanto, la strada delle deroghe è un percorso morto che inganna la nostra gente.
Questo non significa che non si possa fare niente. È possibile attuare tante operazioni. Cercherò di elencare quelle che certamente si possono realizzare, quelle che già sono state poste in essere e quelle che si spera, anche e soprattutto con la vostra collaborazione, di poter mettere in pista.
Intanto, con la legge finanziaria del 2011, si può e si deve prevedere la proroga del programma nazionale triennale della pesca e dell'acquacoltura 2007-2009.
Inoltre, è stata attuata la misura relativa al caro gasolio. Ieri, sono stati firmati, con decreto, e messi a disposizione 30 milioni di euro per il vecchio caro gasolio.
Si può pagare il fermo biologico - un fermo sui generis, se vogliamo - con le risorse della cassa integrazione in deroga, così come è già avvenuto per il 2009.
Si può utilizzare il fondo europeo della pesca (FEP), anche se occorre dire a tale gente che conosce bene questi aspetti, che la ripartizione del fondo europeo per la pesca è di un terzo allo Stato e di due terzi alla regione - le misure di carattere socioeconomico sono in capo alle regioni, non allo Stato - e che purtroppo quel


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fondo è suddiviso nel modo più sbagliato. Non dico questo per motivi etici o di appartenenza territoriale, ma perché laddove c'è più bisogno, ossia sulle spiagge del nord, c'è meno disponibilità: il 23 per cento è al sud e il 4 per cento è al nord.
Si possono ottenere, e in parte sono già state accordate, le deroghe che erano previste nel Regolamento, ossia quelle relative alla distanza minima dalla spiaggia. Queste, se non vado errato, sono state accettate dalla Commissione europea per tre regioni, ossia la Sicilia, la Liguria e il Friuli Venezia Giulia, mentre sono state respinte per la Toscana e sono al vaglio degli accertamenti europei per le regioni ioniche (GSA 19), per le quali attendiamo una risposta. Tutte queste operazioni sono state già attivate, ma si può attuare anche altro.
Non vorrei entrare in particolari e trattenervi parlando della questione dei rastrelli. È una misura richiesta dalle organizzazioni, ma - diciamocelo con chiarezza - se per rastrelli si intende spacciare qualcosa che non assomiglia molto a un rastrello a mano la Commissione dirà di no. Si potrà chiedere anche l'attivazione del fondo per l'imprenditoria giovanile, ma comunque questi temi li affronteremo successivamente.
Ieri ho apposto la firma anche sul decreto che ha costituito l'unità di crisi. Non ho voluto istituire un nuovo comitato o una nuova commissione - tanto a partecipare sarebbero stati chiamati gli stessi esponenti che fanno parte del massimo comitato espressivo del mondo della pesca, ossia quel comitato consultivo in cui sono presenti sia le organizzazioni della pesca, sia gli assessori regionali -, e, pertanto, ho costituito quella istituzione come unità di crisi, affidando, come sempre si fa in questi casi, alcune figure per il funzionamento tecnico e la segreteria senza rimborso, né gettone di presenza. Quell'unità di crisi sarà chiamata - e lo farà già lunedì - a individuare e formulare tutte le proposte possibili per far fronte a un momento oggettivamente difficile. Questo è stato fatto; questo è quello che si può fare.
So che, in particolare per la mia regione oltretutto, il momento è particolarmente difficile. Si possono dire e raccontare tante cose, ma noi tutti dobbiamo essere coscienti del fatto che era tutto largamente prevedibile, «larghissimamente» prevedibile, e che quel Regolamento lo abbiamo firmato il primo dicembre 2006, con l'assenso di tutti. Quindi, non è una questione di chi faceva il ministro in quel momento. Questa è la situazione.
Ora dobbiamo affrontare queste difficoltà, ma vorrei che nel farlo avessimo un certo di senso di responsabilità. In questi giorni, su alcuni quotidiani - se mi è consentito - si sono lette le più colossali fesserie.
Quando mi rivolgo alla signora Damanaki, commissaria greca, e parlo del valore delle tradizioni a tavola e del piatto di gianchetti, diciamocelo, si mettono a ridere. Mi è stato risposto che anche in Spagna c'era la grande abitudine di mangiare le ceche, cioè i neonati di anguilla, nelle pentole di terra cotta, e che in Francia si usava molto mangiare la zuppa di tartaruga. Mi è stato poi chiesto se ritengo che nel 2010 sia possibile mangiare una frittata che contiene 3-4.000 neonati di pesce azzurro. Questa è stata la risposta.
Quindi, vorrei che non ricorressimo ad argomenti che possono essere usati contro di noi. Quello che ci serve in Europa non è la richiesta continua di deroghe, che ci è già stato detto che non verranno concesse. Quello che ci serve è una autorevolezza che si ottiene non chiedendo eccezioni, non piangendo, ma affrontando con autorevolezza le questioni nel momento in cui si pongono.
Nel 2006 abbiamo scelto quella strada e oggi l'Europa ci costringe a fare ciò che avevamo preventivamente deciso quattro anni fa.
Possiamo attuare altre operazioni. Di alcune ve ne ho parlato; mi aspetto che ne proponiate altre, perché questo è il vostro compito, che comprende anche avere un po' di fantasia.


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PRESIDENTE. Vorrei organizzare con voi i lavori con minore flessibilità del solito, in ragione del poco tempo che abbiamo a disposizione - peraltro già concordato sino alle ore 9,30 - sia per gli impegni del Ministro, sia per i lavori d'Aula. Quindi, darei la parola ad un rappresentante per gruppo, per non più di 3-4 minuti. Poi, se rimanesse qualche minuto residuo, chiederei ai gruppi maggiori, eventualmente, di svolgere un altro intervento a testa.

GIUSEPPE RUVOLO. Signor Ministro, ho apprezzato molto la sua onestà mentale. Lei vuole cancellare la parola demagogia. Non penso che essa appartenga a questa Commissione e non da adesso, ma da sempre.
È chiaro che nella fattispecie nessuno vuole cavalcare la tigre, almeno per quanto ci riguarda come gruppo dell'Unione di Centro, ma rispondere consapevolmente e responsabilmente alla questione che non è di facile soluzione.
Ribadisco che ho apprezzato la sua onestà mentale. Lei ha usato un'espressione che faccio mia, ossia «si può fare». Ha detto proprio così: si può fare. Allora, c'è l'occasione per poter fare, signor Ministro, e ci sono anche delle proposte che possiamo elaborare assieme. Intanto, in ordine di tempo, per dare risposte concrete rispetto alle difficoltà maturate dal primo dicembre 2006, si può immaginare - questa è la mia ipotesi di lavoro - che il provvedimento che abbiamo in corso, la proposta di legge n. 2260, recante disposizioni per il rafforzamento della competitività del settore agroalimentare, potrebbe essere una buona occasione, se c'è la volontà da parte del Governo, per dare delle risposte alle sollecitazioni, o comunque a questa apertura da parte del Governo.
Vediamo quali sono le proposte che per il Governo possono essere attuate concretamente, mettendo anche a disposizione di questa Commissione, oltre che le intenzioni, la praticità e la concretezza.
In questa Commissione, purtroppo, sono venuti tanti uomini di Governo a promettere che avrebbero agito nell'arco di 15-20 giorni, un mese, due mesi, e poi regolarmente non si è fatto nulla. Parlo del comparto agricolo nello specifico. Vorrei avere una risposta precisa da parte sua sulle questioni che si possono affrontare.
Abbiamo parlato tante volte di un regime speciale, quello che utilizza adesso l'agricoltura, pensando di traslarlo nel mondo della pesca. Ritengo che questo sia uno degli strumenti in grado di agevolare la situazione o comunque tentare di lenire le difficoltà di questo comparto. Quindi ragionevolmente aspettiamo le proposte del Governo circa la questione in oggetto.
Personalmente, sono fiducioso del fatto che si può fare e che lo faremo insieme, se ci saranno delle proposte concrete e determinate.

GIACOMO CHIAPPORI. Signor Ministro, vorrei dire senza nessuna demagogia che dà fastidio partire dal presupposto che è partito un siluro che non si ha la possibilità di evitare in nessuna maniera. Ed infastidisce anche il fatto che qualcuno allora abbia schiacciato un bottone e abbia fatto partire il siluro, senza che nessuno prendesse provvedimenti. Il problema, infatti, non è quello dei 30 milioni per il caro gasolio - cosa vecchia, magari qualche cosa doveva già essere stata pagata e ancora non è stata pagata -, oppure del fermo biologico o del fondo europeo.
Siamo di fronte a un momento grave, nel quale diciamo alla nostra gente che non può pescare e che non può lavorare. Lo dice la Damanaki, insieme ad altri, parlando della pesca nel Mediterraneo, dove noi ci troviamo, ma dimenticando che su questo mare vi sono anche il Marocco, la Libia, la Tunisia, la Croazia e l'Albania che continuano regolarmente a pescare come vogliono e che entrano sui nostri mercati.
Rispetto ad comparto che produce 1,4 miliardi di euro, registriamo un calo del 30, 40, 45 per cento. Se sottraiamo questa cifra, abbiamo centinaia di milioni di euro che vanno in fumo. Lei potrà rispondermi con tutte le carte possibili e immaginabili che le sottopongono, ma su questo argomento


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non si fa demagogia: siamo di fronte a qualcuno che ha pensato che nel nostro Mediterraneo non si possa più pescare.
Oltretutto, si sarebbe dovuto passare attraverso una sperimentazione che non abbiamo visto e che avrebbe dovuto dire che quel Regolamento poteva funzionare. Invece, credo che quel Regolamento non funzioni assolutamente.
Soprattutto in questo momento, anziché andare a cercare un modo per reperire soldi che non abbiamo e che non avremo, dovremmo lasciar pescare la nostra gente e non demolire quel comparto. Dobbiamo effettivamente andare di corsa in quell'Europa così distante da noi quando stabilisce simili regole e dire che forse si sono sbagliati. Tale concetto va sottolineato soprattutto alla commissaria Damanaki che cerca di rimanere rigida su questi problemi.
Nel nostro strano Paese - in questo c'è un pochino di quella Lega non offensiva per i colleghi dell'opposizione, né per i colleghi della maggioranza, né per il nord, né per il sud - abbiamo le capitanerie attivate con qualche furbone che non fa altro che creare insidie tutti i giorni. Poiché il problema è che non si sa dove si pescherà il pesce - se a 100, 200 o 300 metri di profondità, e un pescatore non può mettere sulla barca 50 tipi di reti, perché non ce la fa a fare questo ragionamento - addirittura si sono inventati le ditte di facchinaggio che a terra scaricano dalle barche le reti in eccesso.
Peraltro, qualcuno non sa neanche che una rete da 100 metri pesca su 50 o su 40 metri, perché durante lo strascico va «in bando», e sale. Queste sono le cose che non si dicono.
Non c'è demagogia nelle mie parole, perché ho frequentato queste persone senza demagogia. Ho tentato di dare una speranza a questa gente, non demagogia, ma non abbiamo speranza. Ci sentiamo dire che è partito un siluro e che vedremo cosa fare quando saremo già affondati. No, bisogna intervenire.
Succede anche nel nostro Paese che è unito, che nella mia Liguria, sia a Savona, sia a La Spezia, ma anche a Genova, i Soloni intervengono veloci, mentre altrove non solo non intervengono, ma lasciano che si continui a pescare come si vuole, utilizzando la maglia da 20 o da 12. Dobbiamo cercare di capire questi aspetti e non perché vogliamo che le regole a noi poste, vengano estese anche agli altri, ma perché vogliamo pescare punto e basta.
Se affondiamo questo comparto in un momento difficile come quello attuale, dobbiamo dire anche che non abbiamo neanche i soldi per pagare le differenze da lei citate, signor Ministro.
Ho parlato con tono accorato perché sono due mesi che tento di entrare in sintonia, di capire chi, come e perché qualcuno si è inventato una bestialità del genere e perché siamo solo noi italiani a doverla pagare e non tutti gli altri. Se il Mediterraneo è di tutti, dobbiamo pescare tutti alla stessa maniera. Non è possibile che un Regolamento europeo arrivi come siluro solo sull'Italia.

ANITA DI GIUSEPPE. Voglio far notare al Ministro che questa Commissione - il presidente e i colleghi me ne daranno atto - lavora molto. Non si svolgono solo audizioni, ma si discute, ci si confronta, anche al fine di arrivare a decisioni unanimi. Tuttavia, in Assemblea non riusciamo a raccogliere i frutti del lavoro che svolgiamo in Commissione. Questa è soltanto una premessa.
Certo è che le marinerie adesso sono in grande difficoltà e dal 1o giugno lo sono ancora di più. Lei giustamente ha detto che la situazione era risaputa già dal 2006, però - come si dice - del senno di poi sono piene le fosse. Adesso ci interessa ben poco di chi sia la responsabilità. Adesso bisogna capire come comportarsi per salvare il comparto. È un atto di responsabilità enorme che lo Stato e il Governo devono assolutamente fare. Occorre rispettare le norme europee e non bisogna più illudere le imprese ittiche. Per fare questo, occorre offrire delle soluzioni che risultino concrete. Del resto, sotto


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questo profilo non interviene soltanto il disagio economico, ma anche quello sociale.
La stessa cosa è accaduta per gli allevatori e, infatti, l'argomento delle quote latte purtroppo ancora oggi torna alla ribalta. Ricordo, ma non vorrei sbagliare, che in quella circostanza furono utilizzati anche i fondi FAS. Perché, dunque, non mettere mano ai fondi FAS anche in questo caso? Perché non offrire delle agevolazioni fiscali, previdenziali a questo settore?
Credo - è una considerazione che faccio tra me e me - che si tratti di un'impresa particolare, pesante e gravosa, ora appesantita anche dalle difficoltà legate al non poter svolgere il proprio lavoro.
Sono d'accordo sul fermo biologico straordinario, ma avrei anche qualcos'altro da dire in merito. Come sicuramente il presidente ricorda, ho insistito con il sottosegretario Bonfiglio proprio sul discorso di un fermo biologico diversificato per le varie zone marittime. Certo, bisogna rispettare la biodiversità e le esigenze eco-biologiche del mare, ma queste devono essere coniugate anche con le necessità economiche e sociali del comparto.
Sono, quindi, d'accordo con il fermo straordinario, ma vorrei che pensassimo anche ai fondi FAS e alle agevolazioni fiscali e previdenziali, se vogliamo risollevare la situazione. Bisogna utilizzare le migliori risorse del nostro Paese per risolvere i problemi di questo settore.

LUCIANO AGOSTINI. Grazie signor Ministro per l'opportunità che ci dà questa mattina di avere un confronto di merito molto importante su un settore che, come lei ha ricordato, pur essendo oramai marginale nella nostra economia e nonostante forse in termini generali non contribuirà alla definizione di una quantità importante di PIL, per alcune regioni e alcune aree del nostro Paese rimane comunque un comparto significativo.
Se la crisi, che da sempre si abbatte su questo comparto, dovesse ulteriormente acuirsi, anche in conseguenza della crisi più generale che stiamo attraversando, forse ancor di più nella pesca che nell'agricoltura, ci troveremmo di fronte a un progressivo e totale impoverimento del settore. Quindi, se non ci sarà un momento di ripresa e se prima non interveniamo con misure strutturali e anticicliche, probabilmente ci troveremo di fronte a un inesorabile impoverimento del settore che forse non riuscirà a risollevarsi.
Questo è il contesto in cui si opera e che lei ha cercato di evidenziare, sottolineando due temi di carattere politico che a me sono sembrati assai significativi. Il primo di essi è il senso di responsabilità che occorre avere; l'altro consiste nel fatto che bisogna stare in Europa con autorevolezza.
Raccogliendo il suo primo invito, dico che di fronte ad una crisi di questo genere e a un comparto storicamente in difficoltà dobbiamo avere senso di responsabilità. Tuttavia, per avere senso di responsabilità non dobbiamo solo attenerci alle dichiarazioni di intenti, che pure in questi anni sono state fatte, signor Ministro, ma dobbiamo dare una conseguenza concreta a ciò che definiamo, su cui ci confrontiamo e di cui lei ha il dovere e l'onere di fare la sintesi. Se questo avverrà, per quanto riguarda il gruppo del Partito democratico, come abbiamo dimostrato in tantissime occasioni nei lavori di questa Commissione, il nostro senso di responsabilità sarà volto a contribuire all'approvazione dei provvedimenti in grado di risollevare il settore.
L'altro tema riguarda il fatto che per stare in Europa occorre autorevolezza. Lei ha ragione. Noi lo diciamo da sempre. Per stare in Europa, bisogna crederci. Bisogna credere nella Comunità e nelle sue regole. Per riuscire a crederci, non dobbiamo assolutamente pensare che questa sia un'istituzione da abbattere, come in qualche momento, in alcuni settori della politica italiana, pure è capitato.
Infatti si è pensato che l'Europa fosse un ostacolo e che potesse addirittura contribuire ad abbassare il livello di benessere del nostro Paese, in quanto Stato membro. Se questo è il pensiero politico che ispira


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la maggioranza, è del tutto evidente che non ci può essere autorevolezza nel confronto europeo.
Per questa ragione, ritengo che dal momento che lei chiede a noi di attuare tale principio, è del tutto evidente che in primo luogo lo chiederà alla sua maggioranza. Di questo io sono fiducioso.
Passo ora al merito delle questioni da lei evidenziate. Il Regolamento del Mediterraneo è entrato in vigore quattro anni fa. Quindi, non facciamoci illusioni e non facciamo demagogia su richieste che non sono assolutamente prese in considerazione. Lo sapevamo. Non voglio fare polemiche e mi attengo al senso di responsabilità. Tuttavia, è necessario svolgere qualche considerazione in merito.
Proprio perché è entrato in vigore quattro anni fa, all'inizio della legislatura - e questo fu uno dei primi atti che la Commissione deliberò - approvammo all'unanimità una risoluzione presentata dal Partito democratico, in cui ponevamo alcuni aspetti al centro della discussione per il comparto pesca che, se applicati, portati avanti e presi in considerazione con provvedimenti seri e concreti a partire da due anni fa, avrebbero già prodotto un effetto. Oggi, invece, ci troviamo di fronte a una situazione definita emergenziale, per la quale sappiamo di non poter chiedere deroghe. Dal punto di vista politico, tuttavia, rivendichiamo il nostro lavoro. Ciò testimonia che ai proclami e ai buoni intenti bisogna far seguire provvedimenti concreti.
Questa mattina lei ha citato argomenti a mio avviso importanti circa le iniziative che si possono attuare con riferimento all'entrata in vigore del Regolamento del Mediterraneo. Pertanto, non prendiamo in considerazione ipotesi di rinvio che sappiamo già essere una strada poco percorribile. Non parleremo della concretezza se credessimo di poter attivare deroghe sine die.
Lei ha anche parlato della proroga del piano triennale della pesca. Siamo assolutamente d'accordo su questo e nella proroga vorremmo anche gettare le basi per la discussione e per un confronto volto alla redazione di un nuovo piano triennale.
Allo stesso modo, consideriamo importante lo stanziamento di 30 milioni di euro per il caro gasolio. È una misura tampone, ma sappiamo che l'incremento dei costi del caro gasolio ha importanti riflessi su questo comparto che non riesce ad assorbire più i costi delle impennate e della fluttuazione che, a volte, ha il gasolio nel nostro Paese.
Quanto al fermo biologico, lei ha parlato di riprendere anche la cassa integrazione in deroga.
Noi chiediamo, proprio perché lo abbiamo fatto anche l'anno scorso quando questa misura fu introdotta, che possa essere estesa anche agli imbarcati e non solo ai proprietari delle imbarcazioni.
Sul fermo biologico avevamo iniziato un confronto importante con il Governo, che aveva portato a individuare una data di inizio diversa dell'applicazione del fermo biologico rispetto agli anni precedenti, ma che poi si è drammaticamente interrotto. Vorremmo che si riprenda quel percorso di confronto per una organizzazione del fermo biologico che è uno dei punti su cui possiamo fare maggior leva per ovviare alle gravi difficoltà dell'entrata in vigore del piano del Mediterraneo. Questo infatti ci darebbe modo di fare ciò che non è stato fatto, ossia i piani di gestione locale, che sono altresì un provvedimento importante.
Lei ha parlato, poi, dell'utilizzo della spesa dei fondi FEP, perché la disponibilità da alcuni anni è oramai in capo allo Stato. Noi siamo assolutamente d'accordo. In tutto questo, signor Ministro, penso che ci voglia un raccordo forte con le regioni che hanno, come lei ben sa, competenza esclusiva in materia di pesca. Questo non ci impedisce, però, di utilizzare il terzo dei fondi disponibili e avere un raccordo forte dentro a una programmazione di carattere generale da parte del Governo e indirizzare su alcune misure prevalenti anche i fondi delle regioni.
Ugualmente, mi pare importante il raccordo con le regioni, per tentare di accordare


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deroghe alla distanza sottocosta per quello che riguarda il limite di pesca.
Inoltre, ci sarebbero tanti altri provvedimenti che mi auguro vengano attuati, a partire dalla diminuzione dell'IVA - non mi voglio dilungare - per arrivare a tutte le disposizioni che possiamo mettere in atto per la diminuzione dello sforzo di pesca, così come alla possibilità di ricollocare sul mercato alcune attività di pesca che possono essere dismesse nell'ambito di questo quadro.
Credo che l'audizione di questa mattina rappresenti un primo passaggio importante, ma mi auguro e penso, signor Ministro, che lei debba tornare su questi aspetti per serrare un confronto con questa Commissione. Per quanto riguarda il Partito democratico, noi siamo assolutamente disponibili ancora una volta ad aprire questo confronto, per determinare nel più breve tempo possibile non solo provvedimenti che riguardano il contingente dell'applicazione del piano del Mediterraneo, ma anche un piano di carattere strutturale che ponga la questione all'attenzione più generale, affinché si assumano provvedimenti in merito ai punti strutturali di questo settore fortemente in crisi.

GIOVANNI DIMA. Ringrazio il Ministro per essere venuto questa mattina a trattare un tema fortemente sentito in queste ultime settimane e anche perché in pochi giorni è la seconda volta che è qui in questa Commissione.
Sarò brevissimo, perché credo che le parole del Ministro siano stato molto chiare. Il Ministro ha invitato tutti quanti ad avere un forte senso di responsabilità, richiamando con grande lealtà ciò che l'Italia fece nel 2006, aggiungendo anche una serie di puntualizzazioni che pongono una questione ampia che l'Italia deve gestire, così come tutte le altre questioni legate alla pesca e all'agricoltura, con autorevolezza e determinazione.
Se ho ben compreso, signor Ministro, lei dice che questa è l'eredità politica e amministrativa prodotta nel 2006 e, grosso modo, lei segue questo percorso per capire come governare tale momento.
Peraltro - questo è forse un limite tutto italiano -, nel momento in cui finisce il periodo di proroga, quando si deve applicare la norma, ci accorgiamo che nel frattempo non abbiamo fatto nulla.
Tutto ciò ha generato - lo voglio ribadire - dalla Liguria, alla Calabria, passando per la Sicilia e la Puglia, una serie di tensioni sul territorio riferibili alla tipologia della pesca italiana che, come lei può immaginare, è strettamente legata alle tradizioni dei territori, degli ambiti territoriali, delle marinerie e dei mari che bagnano il nostro Paese al centro del Mediterraneo.
È chiaro che la sensibilità sul mar Ligure è diversa rispetto a quella dello Ionio, così come è diversa quella dell'Adriatico rispetto a quella del Tirreno. Pertanto, lei non può non tener conto delle specificità e delle tradizioni dei luoghi che segnano la pesca italiana.
Del resto, anche per la pesca, come accade per l'agricoltura, in Italia vi sono una serie di specificità, non fosse altro perché le caratteristiche geofisiche del nostro Paese sono tali che rendono la nostra realtà unica su questo versante.
Di conseguenza, è evidente che le sensibilità, le attenzioni, le sottolineature cambiano di zona in zona, in un mondo che tutto sommato coinvolge 15 mila persone. Le aziende di pesca in questo nostro Paese, infatti, sono circa 8-9 mila per la piccola pesca e circa 2.500-3.000 per le grandi imprese, per citare un dato che faccia capire l'ordine generale rispetto al settore.
Comprende benissimo, dunque, che stiamo parlando di un settore assolutamente marginale, con solo 15 mila addetti, che è particolarmente legato alle tradizioni dei territori e che forse negli anni non ha avuto la giusta attenzione.
Senza dilungarmi troppo nelle premesse di carattere politico e cercando di raccogliere il suo invito - al di là della condivisione di merito su alcune questioni - a fare sintesi sulle cose che si possono


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fare, accolgo con grande soddisfazione la notizia da lei con chiarezza riferita sull'attivazione delle misure riguardanti il caro gasolio, con lo stanziamento di 30 milioni di euro. In proposito vorrei fare un inciso, signor Ministro. Si tratta di risorse di un paio di anni fa. Lo dico io che appartengo alla maggioranza. Sono risorse che rendiamo disponibili, ma forse è necessario aggiungere qualcos'altro, se possibile.
Concordo sulla questione del fermo biologico. A tal proposito, bisognerebbe forse fare un minimo di valutazione di carattere territoriale e capire meglio la questione, anche in base ai dati scientifici.
Concordo anche sulle altre possibili azioni che lei ci ha riferito.
In conclusione - se fattibile - vorrei proporre la possibilità di immaginare, con gli assessori regionali, che parte delle risorse del Fondo europeo per la pesca confluiscano nell'ammodernamento delle reti, dal momento che uno dei temi in oggetto riguarda la misura delle cosiddette maglie. Cerchiamo di trovare misure e risorse necessarie affinché i pescatori possano acquistare le nuove reti.
Infine, Presidente Russo, visto che sia il gruppo del PdL, sia quello del PD, hanno proposto una risoluzione, vorrei sapere quali siano le valutazioni del Governo, e quindi del Ministro, in merito a tale risoluzione e quali siano i punti che possiamo realizzare.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor presidente, vorrei intervenire sull'ordine dei lavori. Abbiamo apprezzato moltissimo l'intervento del Ministro e devo dire che la posizione del collega Agostini è stata molto equilibrata, costruttiva, anche riformista, come si suol dire in questo periodo. Non vogliamo fare demagogia, come lei ha detto, signor Ministro, - non l'abbiamo mai fatto - e sappiamo anche che questa tegola non è caduta ora, ma da molto tempo.
Proprio per questo abbiamo presentato - come Partito democratico, insieme all'Italia dei valori - una risoluzione che contiene molte delle misure sulle quali lei oggi si è soffermato.
Vorrei chiederle, signor Ministro, se è possibile dare una risposta immediata - forse non risolutiva - non demagogica, ma che affronti il problema, approvando celermente questa risoluzione. Peraltro, credo che ci siano tutte le condizioni necessarie affinché possa essere approvata all'unanimità dalla Commissione.
Il mio è un invito a procedere rapidamente e a non rinviare la risoluzione a tempi lontani. L'emergenza esiste adesso, signor Ministro.

PRESIDENTE. Il collega Oliverio sa bene che all'ordine del giorno della prossima settimana vi sono le risoluzioni presentate ieri - se ricordo bene - d'intesa, da una lato, dal PdL e dalla Lega e, dall'altro, dalle forze di opposizione.

GIOVANNI DIMA. Signor presidente, ho dimenticato di fare una domanda più tecnica che politica circa l'autorizzazione sulla questione della distanza minima.

MONICA FAENZI. Signor Ministro, sarò brevissima. Molte cose sono state dette, ma volevo ribadire un concetto da me evidenziato all'inizio della legislatura, relativo alla possibilità che il fermo biologico diventi volontario e facoltativo per impresa.
Credo che in un momento come quello attuale ciò sia fondamentale, perché se si tiene conto del fatto che le regole imposte dall'Europa di fatto non valgono in tutto il Mediterraneo, il rischio è che il 100 per cento del pesce venga importato. Possiamo rinunciare alla frittata con le ceche, ma non possiamo rinunciare al fatto che nei nostri ristoranti e sulle nostre tavole ci sia pesce italiano.

MASSIMO FIORIO. Signor presidente, vorrei intervenire sui lavori della Commissione. Abbiamo apprezzato il fatto che il Ministro sia oggi presente per riferirci sulla questione della pesca, ma abbiamo chiesto - credo anche attraverso il presidente


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della Commissione - che il Ministro venga a relazionare anche su alcune altre questioni. Una di esse è la vicenda delle quote latte che sta imperversando anche con riguardo a ipotesi differenti. Vorremmo sapere quando è possibile avere un incontro con il Ministro per affrontare tale argomento.

PRESIDENTE. Di questo, ovviamente, il Ministro risponderà a questa presidenza che solleciterà, in esito alla relazione svolta, le questioni che abbiamo ancora in sospeso.
Do la parola al Ministro per la replica.

GIANCARLO GALAN, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. I temi sollevati sono stati tantissimi. Cercherò di rispondere ad alcuni degli interrogativi posti, partendo dall'ultimo. I tempi sono brevissimi, tanto è vero che la risoluzione che avete intenzione di esaminare, ed eventualmente di approvare, di fatto è stata già accolta da chi vi parla e trasmessa all'unità di crisi che dovrà decidere proprio quali misure si possono sostenere.
Fra queste, vi comunicherò quelle a cui sono ricorso con maggiore intensità o che ricordo maggiormente. Come è stato precisato dall'onorevole Ruvolo, insieme ad altri, vi è la proposta di attivare tutte le iniziative possibili, anche in sede Ecofin, per l'adozione di un regime speciale dell'IVA. Del resto, avendo già agito in tal senso per l'IVA agricola, questa non sarebbe una grande novità.
Sappiate, tuttavia, che in questo campo esiste l'orientamento contrario della Commissione europea che lo giudica un aiuto di Stato. Comunque tenteremo ugualmente tale strada. Con un po' di fantasia - noi ne abbiamo abbastanza - cercheremo di superare le opposizioni europee che in questo momento sono abbastanza forti.
Allo stesso modo, ci batteremo di certo - vi dovrà essere anche un negoziato con il Ministro degli affari sociali - per l'incremento dei fondi finalizzati alla prosecuzione della cassa integrazione in deroga. In agricoltura già esiste. Potremmo pensarla, credo, come misura non ordinaria, ma straordinaria in via di deroga. Sarà quello che proveremo a fare.
Per quanto riguarda la questione delle deroghe per la distanza, alcune regioni l'hanno ottenuta - per fare questo conoscete la procedura necessaria -, ma non tutte l'hanno attivata perché a tale scopo occorrono alcuni requisiti, ovviamente. È stata ottenuta dalla Liguria, dalla Sicilia e dal Friuli-Venezia Giulia. È chiaro che il primo presupposto è quello di una discesa rapida del fondale. Pertanto, per il Veneto e l'Emilia-Romagna, francamente questa mi sembra una battaglia disperata, anche se tale disposizione servirebbe maggiormente proprio in queste regioni. Inoltre, è intervenuta la bocciatura della richiesta presentata dalla Toscana, mentre altre tre regioni (la Calabria, la Puglia e la Basilicata) sono sotto esame. L'esito è atteso per i primi di settembre.
Altri piani di gestione possono essere presentati, ovviamente su basi scientifiche, perché queste norme non sono state inventate negli ultimi due mesi e neanche negli ultimi due anni, ma sono deroghe previste dal 1o dicembre del 2006. Anche questo è risaputo.
Lasciate, poi, che mi tolga un sassolino dalla scarpa. Sarà anche vero che i 30 milioni di euro del caro gasolio erano ampiamente previsti, ma li ho ottenuti io in questi due mesi. Lasciate, dunque, che mi prenda una piccola soddisfazione.
Venendo ai fondi FAS, sono certamente favorevole al loro utilizzo, ma occorre capire se sono ancora disponibili. Inoltre, tali fondi riguardano solo il sud e non le zone costiere del nord. Per l'amor di Dio, proviamo a seguire tale percorso. Certamente, non intendo buttare via dei fondi, ma non sarà facile, perché purtroppo non sono distribuiti nel modo migliore.
L'unità di crisi si riunirà lunedì, quindi in tempi molto rapidi. All'ordine del giorno ha tutti i provvedimenti noti e anche quelli che non erano noti, ma che avete sollevato in questa occasione.


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La decisione sarà assunta lunedì, perché anche l'applicazione della misura, che spero sia immediata, ossia il fermo pesca, possa partire subito.
Pensate all'assurdità di un settore, quello dei pescatori, che per vivere deve chiedere di essere chiuso. C'è qualcosa che non va.
Vorrei, inoltre, che ci dicessimo apertamente che l'Europa non ha tutti i torti. Fa comodo invocare l'Europa quando ci torna utile, ma qualche fondato motivo esiste pure. Prepariamoci fin da adesso, perché non finirà qui. In Italia si usano strumenti di pesca che sono vietati nel resto del mondo, ad esempio in Costa Rica - non sto dicendo in California - da ben 32 anni. I cosiddetti ramponi - ahimé, sarà un altro dispiacere per le mie spiagge - sono al museo della pesca in Costa Rica da 32 anni.
Noi abbiamo consentito nel Mediterraneo, e peggio ancora nell'Adriatico, un esercizio della pesca sicuramente superiore alle possibilità di rigenerazione degli stock ittici e lo abbiamo fatto in parte per i nostri pescatori, ma quello che è più grave è che lo abbiamo consentito anche a Paesi terzi che continuano ad essere presenti. Non mi allarmo tanto per la Croazia che ha una flotta peschereccia modesta e tecnologicamente non all'avanguardia; mi preoccupo, invece, per i cinesi, i giapponesi, i marocchini e per i Paesi di tutto il mondo che pescano per mesi e mesi in un mare profondo al massimo 30 metri, quindi meno di questo palazzo, e facilissimo da arare.
Mi lascia una certa speranza la decisione, che è stata presa, di obbligare nel futuro anche i Paesi terzi a rispettare gli stessi mezzi di pesca. Per ora si tratta di una raccomandazione - non si può fare di più - che la Commissione generale per la pesca nel Mediterraneo ha rivolto ai Paesi terzi che si affacciano sul Mediterraneo affinché rispettino le stesse normative. Certo, occorre studiare e inventare qualcosa.
Infine, vi dico che in questo momento esiste una grande difficoltà, tuttavia occorre pensare anche a un futuro più lontano. Questo è il dovere di chi fa il nostro lavoro. Qualche possibilità c'è.
L'Europa infatti vieta alcune attività e chiude non un comparto, ma un segmento che per lo più esercitava ed esercita metodi di pesca non più compatibili con gli standard europei.
Inoltre, occorre considerare che la pesca non è tutta qui. Vi sono delle prospettive da delineare e attuare anche per l'allevamento del pesce. Perché devono essere più bravi in Grecia o in Turchia, che non in Italia? Perché deve essere abbandonato questo settore?
Inoltre, vi è un altro piccolo particolare: vi è più di un milione di pescatori dilettanti sportivi che possono fornire un utile margine di attività e di lavoro a coloro che invece vivono con i proventi del mare. Ci sono delle possibilità. Occorre prevederle con largo anticipo e non lasciarsi cogliere dagli eventi, come è successo, ma una speranza esiste.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la cortese presenza e per le utili sollecitazioni fornite. Vorrei ricordare al Ministro i lavori di questa Commissione. Abbiamo messo in campo una serie di iniziative, peraltro con l'esigenza di continuare questo confronto, su quattro temi specifici: la vicenda UNIRE, la vicenda suini, la vicenda ortofrutta e la vicenda quote latte. Si tratta di quattro questioni che vorremmo affrontare.
Abbiamo ritenuto quella della pesca evidentemente emergenziale per la sua tipicità e per questa ragione abbiamo preferito ascoltarla utilmente su questo tema.
La prossima settimana avremo anche altre due questioni importanti in esame: la Commissione avrà all'attenzione la vicenda relativa all'etichettatura, per la quale vorremmo avere delle indicazioni più chiare da parte del Governo nelle prossime ore, e poi una norma che sostanzialmente è stata approvata, anche se siamo ancora in attesa di capire quale sia la quantificazione legata alla vicenda degli agrumeti caratteristici. Insomma, vi sono ancora alcuni temi, per i quali potrebbe essere


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utile che il Governo ci dia un viatico per rendere il lavoro d'Assemblea ancor più celere, ma soprattutto più fruttuoso.

FABIO RANIERI. Signor presidente, intanto vorrei chiedere al Ministro se sul settore bieticolo-saccarifero aveva già delineato la linea per i restanti 65 milioni...

PRESIDENTE. Dobbiamo intenderci. Non siamo in fase di question time. Il collega Ranieri sa che oggi abbiamo ragionato della questione pesca e che abbiamo volutamente escluso altri temi, perché dobbiamo consentire a tutti i colleghi della Commissione di formulare utili sollecitazioni su questo e altri aspetti. La vicenda oggi in esame era quella relativa alla criticità del settore pesca.
Sul piano informale, poi, potete rivolgere al Ministro tutte le domande che volete.

FABIO RANIERI. Intervengo allora sull'ordine del giorno e mi associo alla richiesta del collega Fiorio riguardo la questione delle quote latte, considerato che ieri sera è andata in onda una trasmissione televisiva che ha presentato situazioni abbastanza critiche. Tra ieri sera e stamattina, per l'intera notte, ho ricevuto telefonate. Credo che tale questione possa anche creare situazioni abbastanza gravi per l'ordine pubblico. Mi auguro, quindi, che il Ministro venga al più presto a relazionarci su quello che intende fare.

ISIDORO GOTTARDO. Signor presidente, voglio partire da una battuta. Bisognerebbe cominciare a parlare della situazione che il Ministro ha ricevuto in eredità sulle quote latte.
Mi permetto di sottolineare che a mio parere la vicenda sull'agroalimentare, per la quale siamo andati per due volte in Aula e siamo ritornati in Commissione, debba trovare, d'intesa con il Governo, una soluzione definitiva. Con il precedente Ministro ci eravamo lasciati con l'intenzione di tornare in Aula con un'intesa generale che permettesse di recuperare un minimo di immagine.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Galan per la disponibilità manifestata e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 9,35.

XIII Commissione (Agricoltura)

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