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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
19.
Giovedì 29 settembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, e sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)

Russo Paolo, Presidente ... 3 7 8 9 10 12 13 14
Callegari Corrado (LNP) ... 9
Cenni Susanna (PD) ... 12
Delfino Teresio (UdCpTp) ... 9 10
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 7
D'Ippolito Vitale Ida (PdL) ... 11
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 8
Romano Francesco Saverio, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 13 14
Taddei Vincenzo (PT) ... 9
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 29 settembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 9,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, e sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, e sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale.
Ringrazio il Ministro per aver accolto la nostra sollecitazione, nata da un'evidente esigenza di approfondire temi sui quali stanno per assumersi, in sede europea, decisioni di vitale importanza per l'agricoltura italiana.
All'intervento del Ministro faranno seguito le domande dei deputati ed eventualmente la replica del Ministro stesso.
Do la parola al Ministro Romano per lo svolgimento della relazione.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Signor presidente, già la settimana scorsa ho avuto modo di riferire alle Commissioni congiunte bilancio e politiche dell'Unione, alla presenza di alcuni colleghi, ma oggi, più nel dettaglio, parleremo di politica agricola comune (PAC).
Avvertivo l'esigenza di riferire alle Commissioni parlamentari dopo un lavoro fatto di incontri, di relazioni formali e informali, di cui ritengo di dover dare conto, per prendere anche qualche indicazione in ordine al prosieguo delle attività che sono già state calendarizzate dal Ministero.
Mi sono permesso, quindi, dapprima di inviare a questa Commissione - così come mi ero impegnato a fare - una relazione abbastanza dettagliata dell'attività di questo semestre, e ora mi permetterò di leggerla, proprio perché alcuni dettagli sono piuttosto puntuali e voglio restituirli nella loro interezza.
Signor presidente, onorevoli colleghi, il futuro della politica agricola comunitaria risulta strettamente dipendente dal negoziato sulle prospettive finanziarie dell'Unione europea post 2013.
Il 29 giugno scorso la Commissione europea ha presentato le proposte per il bilancio pluriennale 2014-2020. La spesa proposta è complessivamente pari (prezzi 2011) a 1.025 miliardi in stanziamenti di impegno, 1,05 per cento del prodotto interno lordo, e 972 miliardi in stanziamenti di pagamento, 1 per cento del PIL. Si tratta di un aumento del 5 per cento in


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valori costanti rispetto al 2007-2013, in linea con quanto richiesto dal Parlamento europeo.
Per la politica agricola comune si propone il congelamento in valori correnti e, dunque, un ridimensionamento in termini reali, con una spesa complessiva annua (primo e secondo pilastro) che passa da 57,4 miliardi di euro nel 2013 a 50,2 miliardi di euro nel 2020 (con una diminuzione del 12,6 per cento). I prezzi si riferiscono all'anno 2011.
Questo dato è mitigato dall'istituzione di ulteriori dotazioni di bilancio che non rientrano nei due pilastri tradizionali della PAC, che la Commissione europea quantifica in 15,2 miliardi di euro nell'arco dei sette anni, cioè poco più di 2,2 miliardi di euro all'anno che riguardano: misure per la sicurezza alimentare, 2,2 miliardi; aiuti alle persone povere, 2,5 miliardi; riserva per le crisi nel settore agricolo, 3,5 miliardi; fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione, 2,5 miliardi; ricerca e innovazione in materia di sicurezza alimentare, bioeconomia e agricoltura sostenibile, 4,5 miliardi.
In termini reali si tratta di una riduzione complessiva della spesa della politica agricola comune pari al 12 per cento alla fine dei sette anni (2020); mentre il peso della PAC sul bilancio dell'Unione europea, per il quale si propone invece un aumento del 5 per cento in termini reali, si ridurrà di quattro o cinque punti (da poco meno del 40 per cento del 2013 a poco più del 35 per cento nel 2020).
La proposta sulle prospettive finanziarie conferma, pertanto, una tendenza a una progressiva riduzione della dotazione agricola. Nella proposta presentata dalla Commissione europea sulle prospettive finanziarie è segnalato con preoccupazione anche un elemento che anticipa le proposte relative alla PAC. Si tratta del processo di convergenza, e cioè la ridistribuzione dei fondi fra gli Stati membri, del livello dei pagamenti diretti del primo pilastro della PAC tra i diversi Paesi.
In particolare, si prevede che gli Stati membri, per i quali il livello medio di pagamenti diretti per ettaro sia più basso del 90 per cento della media comunitaria, entro il 2020 vedranno ridurre di un terzo il loro divario, a spese degli Stati membri il cui livello dei pagamenti diretti è superiore alla media dell'Unione.
Ciò penalizza in modo incisivo gli Stati membri, tra cui l'Italia. Tra gli Stati membri che presentano valori superiori alla media, noi rappresentiamo un valore che non soltanto è superiore alla media, ma è uno dei più alti (ci discostiamo circa del 5-6 per cento dalla media).
In conclusione, sulla base delle proposte relative alle prospettive finanziarie, in termini reali, con un'ipotesi di inflazione annua del 2 per cento, l'Italia perderebbe nel 2020 circa il 12 per cento della propria dotazione agricola per la riduzione generale del budget agricolo, cui si aggiungerebbe una riduzione di circa il 5,5 per cento degli aiuti diretti per effetto del processo di convergenza, quindi una riduzione totale di circa il 17,5 per cento degli aiuti diretti erogati ai produttori.
Per l'Italia, nel primo pilastro si avrebbe, a regime, nel 2020 una riduzione di risorse stimabile in termini reali in circa 800 milioni di euro l'anno. Nelle prospettive finanziarie non sono incluse indicazioni relative alla distribuzione dei fondi per lo sviluppo rurale.
Per quanto riguarda la PAC, la Commissione europea non ha ancora adottato le proposte che dovrebbero invece essere licenziate, come già sapete, il 12 ottobre.
In base alle informazioni che abbiamo costantemente assunto, il quadro appare preoccupante. Dal 2014 avrebbe inizio gradualmente il processo di convergenza che convoglierà una parte complessiva del budget dell'Unione dei pagamenti diretti verso alcuni Paesi beneficiari, principalmente per i nuovi Stati membri. Desta maggiore preoccupazione il fatto che la Commissione europea appaia orientata a proporre per il lungo periodo la prosecuzione del processo di convergenza sopra indicato, con l'obiettivo finale di allineare la distribuzione delle risorse fra gli Stati membri alle superfici agricole nazionali.
Questo completo appiattimento della distribuzione delle risorse è illogico sotto il


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profilo etico, sociale ed economico. Una siffatta conclusione penalizzerebbe ingiustamente i Paesi ad elevata produttività come l'Italia. Infatti, nel lungo periodo - 2021-2027 - la riduzione degli aiuti diretti sarebbe ancora più elevata (circa meno 40 per cento) per effetto della flat rate europea.
Un altro elemento di preoccupazione è l'assenza di qualunque criterio di riparto delle risorse relative allo sviluppo rurale. Gli orientamenti della Commissione europea appaiono deludenti anche per quanto riguarda gli strumenti di gestione dei mercati. La questione è piuttosto importante, dal momento che la globalizzazione ha amplificato la vulnerabilità delle imprese a fronte di una crescente volatilità dei mercati. Le recenti crisi che hanno investito tutti i settori agricoli europei hanno dimostrato che una politica comunitaria basata su misure di mercato poco flessibili non è più in grado di gestire situazioni di estrema volatilità dei prezzi e della domanda.
In passato, la politica agricola europea è stata caratterizzata da un forte interventismo sui mercati, finalizzato a incidere sull'andamento dei prezzi agricoli così da tutelare i redditi degli agricoltori. Le riforme degli ultimi venti anni hanno modificato radicalmente il quadro. Oggi la PAC è una politica statica, con scarse possibilità di interagire in presenza di rapide fluttuazioni di mercato che espongono i produttori a forti oscillazioni dei redditi. Sarebbe necessario introdurre, di conseguenza, degli strumenti che siano in grado di prevenire e gestire le crisi, configurando una strategia complessiva diretta a rafforzare la posizione degli agricoltori sul mercato. In questo quadro, in linea con le sfide della nuova politica agricola comune, si innesta anche la necessità di migliorare l'etichettatura dei prodotti con l'indicazione dell'origine della materia prima, quale strumento a tutela sia del consumatore, sia del produttore.
Gli orientamenti della Commissione europea non sembrano, tuttavia, indicare chiare e coerenti risposte rispetto ai problemi sopraindicati. In sintesi, essi appaiono complessivamente insoddisfacenti. Il modello della PAC prefigurato appare più funzionale alla proprietà fondiaria che decida di abbandonare o ridimensionare l'impegno produttivo piuttosto che alle imprese impegnate sul mercato.
Il livello di aiuti erogati in Europa - mediamente tra i 250 e i 350 euro per ettaro - costituisce infatti una rendita interessante per un'azienda che ha cessato l'attività e non affronta costi di produzione, mentre appare ben poco rilevante per un'impresa che ha operato investimenti, che impegna manodopera e che deve far quadrare costi e ricavi in un contesto di mercato sempre più teso. Sarebbe invece necessario impostare una politica di sostegno alla competitività delle imprese e prevedere adeguati strumenti per far fronte all'instabilità dei mercati. Va aggiunto che le scelte verso le quali si orienta la stessa Commissione europea risultano, sul piano finanziario, assai penalizzanti per il nostro Paese.
Tali considerazioni inducono a ritenere necessario un forte impegno dell'Italia per contrastare le linee sopraindicate. In tale prospettiva ho intensificato i miei contatti, ufficiali e non, con le autorità comunitarie, incontrando in questi ultimi giorni il commissario agricolo Ciolos, il vicepresidente della Commissione europea Tajani, i coordinatori della Commissione agricoltura e sviluppo rurale del Parlamento europeo e gli eurodeputati italiani, nonché i miei colleghi degli altri Paesi.
Da ultimo, desidero segnalarvi la costante difficoltà di spesa dei fondi comunitari da parte di alcune regioni italiane, non solo in agricoltura, nonostante le numerose iniziative intraprese per accelerarne l'attuazione.
La situazione più grave, purtroppo, è quella relativa ai programmi cofinanziati dai fondi strutturali comunitari FESR e FSE. Per il mondo agricolo, i programmi di sviluppo rurale cofinanziati dal fondo europeo FEASR, dopo gli aiuti diretti, rappresentano il principale strumento di supporto al settore e prevedono incentivi volti al sostegno della competitività delle imprese, alla salvaguardia dell'ambiente e


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alla diversificazione economica delle aree rurali. Nell'attuale programmazione, attraverso i Piani di sviluppo rurale (PSR) sono stati attivati ingenti finanziamenti pubblici: 17,6 miliardi di euro per l'intero periodo 2007-2013, grazie al concorso dell'Unione europea; 8,9 miliardi di euro, pari al 50,9 per cento, dallo Stato; 7,3 miliardi di euro, pari al 41,2 per cento, dalle regioni e 1,4 miliardi di euro, pari al 7,9 per cento, dalle province autonome. Alla data del 31 agosto 2011, attraverso i PSR sono stati spesi 5,1 miliardi di euro, cui corrispondono 2,6 miliardi di quota FEASR.
Per evitare ogni forma di penalizzazione da parte dell'Unione europea attraverso il disimpegno, entro il 31 dicembre 2011 devono essere spesi ulteriori 871 milioni di euro, di cui 475 milioni messi a disposizione dal FEASR.
Per tenere alto il livello di attenzione su questo settore, le cui competenze sono in capo alle regioni, già nel luglio scorso è stato inviato alla Conferenza Stato-regioni un dettagliato rapporto sulla spesa di ciascun programma, in cui sono contenute proposte concrete per recuperare i ritardi accumulati. Le cause dei ritardi sono ovviamente molto diverse nei contesti regionali.
A seguito dell'analisi delle problematiche connesse all'avanzamento della spesa dei Programmi di sviluppo rurale, il Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali, attraverso la Rete rurale nazionale, ha focalizzato l'attenzione soprattutto sulle regioni che rischiano di perdere risorse a causa dell'applicazione della regola dell'«n 2», ponendo in atto una serie di interventi correttivi. Tra questi, va segnalato il potenziamento delle postazioni di assistenza tecnica delle regioni più in difficoltà, grazie al supporto assicurato dalla Rete rurale nazionale, che consentirà di velocizzare le istruttorie delle richieste in attesa di valutazione.
In accordo con l'AGEA sono state semplificate le procedure utilizzate dagli organismi pagatori per procedere ai pagamenti delle varie misure, soprattutto di quelle a superficie. Ulteriori semplificazioni sono in corso e sono finalizzate alla completa informatizzazione dell'istruttoria delle domande.
Sempre in sintonia con l'AGEA, è stata avviata un'attività di monitoraggio dell'avanzamento procedurale per individuare gli ostacoli amministrativi che rallentano la spesa e intervenire in maniera sempre più puntuale. Va considerato, però, che il problema dello scarso avanzamento non può essere attribuito unicamente alla lentezza della macchina amministrativa. La crisi finanziaria purtroppo incide anche sulla spesa dei programmi comunitari, rallentando la realizzazione degli investimenti. La carenza di liquidità, infatti, non permette alle imprese di procedere speditamente nella realizzazione degli investimenti programmati, rallentando conseguentemente le richieste di contributo sui programmi di sviluppo rurale.
Per rimuovere tali criticità, il Ministero e le regioni sono più volte intervenuti sulle banche e sulle assicurazioni in modo da agevolare il percorso per l'ottenimento delle fideiussioni e, conseguentemente, velocizzare la spesa a carico delle misure su cui è possibile concedere anticipi previa presentazione di apposite garanzie.
Inoltre, per rilanciare l'economia anche attraverso la realizzazione di opere pubbliche, fino ad oggi rimaste praticamente al palo a causa dell'impossibilità di rendicontare l'IVA nei programmi di sviluppo rurale, stiamo condividendo con le regioni un'ulteriore iniziativa volta al trasferimento sui programmi di sviluppo rurale di una serie di progetti relativi a infrastrutture strategiche nel settore della bonifica e dell'irrigazione che, in quanto immediatamente cantierabili, sarebbero in grado di assorbire i finanziamenti comunitari in tempi molto più rapidi. Occorre però adeguare i quadri finanziari di ciascun PSR, condividendo le relative procedure nei Comitati di sorveglianza e con la Commissione europea.
Sono state, inoltre, messe in atto ulteriori azioni per consentire alle regioni più in difficoltà di accelerare la spesa anche in prossimità delle scadenze previste.


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Oltre al Fondo di garanzia gestito dall'ISMEA, che dovrebbe svolgere un'importante azione di volano, è stato dato mandato al medesimo istituto di studiare ulteriori strumenti per favorire l'accesso al credito delle aziende agricole.
In relazione al problema del disimpegno dell'«n 2», applicato a livello di singolo programma anziché di Stato membro, ci siamo impegnati in sede comunitaria per promuovere e sostenere la modifica del regolamento (CE) n. 1698/2005, in modo da effettuare compensazioni finanziarie, anche temporanee, tra i programmi che hanno già superato il problema del disimpegno e quelli che sono dotati di somme importanti da spendere entro la fine dell'anno. La trattativa è ancora in corso, ma l'esito, a causa della forte opposizione della Commissione europea, non è affatto scontato. Quest'ultimo aspetto rappresenta una priorità anche nel negoziato in corso sulla riforma della politica agricola comune.
Oltre a una maggiore semplificazione, per il nostro Paese è infatti prioritario garantire una più elastica gestione finanziaria dei programmi, in modo da evitare ogni rischio di disimpegno, facendo ricorso a compensazioni finanziarie tra regioni.
In questa relazione - mi permetta, presidente, una battuta conclusiva - è volutamente omessa tutta l'attività, della quale ovviamente abbiamo già reso edotta la Commissione, sulle richieste che il nostro Paese ha fatto al commissario Ciolos in ordine alla proposta della PAC.
In sintesi, voglio ricordare l'introduzione della chiave di riparto che riguarda il prodotto lordo vendibile, l'utilizzo delle risorse umane, la competitività per la salvaguardia della qualità e dell'eccellenza dei prodotti. Questa parte è stata volutamente omessa, perché sarebbe stata ripetitiva. Fino ad oggi non ne troviamo traccia, ma stiamo facendo di tutto, anche sensibilizzando, negli incontri bilaterali, altri Paesi partner che hanno gli stessi problemi a fare fronte comune anche in ordine alle risultanze che sono venute fuori dall'incontro che ho avuto dieci giorni fa con la Commissione europea, che si è dimostrata non solo molto attenta ma anche molto determinata ad assecondare il nostro indirizzo. Tale indirizzo, al di là del ritorno che potrebbe avere verso l'agricoltura del nostro Paese, è un indirizzo politico che rilancia l'agricoltura anziché penalizzarla come nel progetto che è in corso di elaborazione.
Grazie, presidente.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro. In ragione dei lavori dell'Assemblea, mi permetterei di proporre una soluzione organizzativa di questo tipo: cominciamo svolgendo un intervento per gruppo; poi ci regoliamo in base al tempo a disposizione fino alla ripresa dei lavori dell'Assemblea.
Do la parola a coloro che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANITA DI GIUSEPPE. Buongiorno Ministro, e ben arrivato. Non è soltanto questa l'audizione nella quale stiamo parlando della PAC. Ricordo anche quella che si è svolta al Senato, quindi almeno questo lo stiamo facendo.
Non ho domande da porle, anche perché sarebbe ripetitivo, considerato che ieri l'onorevole Fogliato le ha detto tutto quello di cui l'agricoltura ha bisogno. È stato molto chiaro e apprezzabile in tal senso. Ho letto, oltre questa sua ultima relazione, anche le sue dichiarazioni. Quindi, lei è ben consapevole di ciò di cui l'agricoltura italiana ha bisogno.
Il quadro della PAC, ancora una volta, non è sulla stessa lunghezza d'onda degli agricoltori italiani che producono - scusate il gioco di parole - prodotti di eccellenza. È chiaro che dare contributi in base alla superficie coltivata invece che sul prodotto penalizza moltissimo l'Italia.
Lei conosce la situazione dell'agricoltura italiana e sa che i redditi delle imprese agricole sono ormai bassissimi; i costi per i mezzi di produzione sono alti e i prezzi che vengono praticati sui campi sono scesi del 14 per cento.
Voglio ricordare anche alcune situazioni particolari. Nel Molise, ad esempio, gli agricoltori hanno lasciato sugli alberi le nettarine e le susine.


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Questo è sintomatico del momento che stiamo vivendo. Del resto, è la stessa situazione dello zuccherificio del Molise, che non è molto chiara. Probabilmente questi argomenti non sono strettamente legati al discorso della PAC ma, comunque, possono rientrarvi perché anche dal rendiconto di bilancio e dall'assestamento, che discuteremo in Assemblea a giorni, si evince che le risorse della PAC sono fondamentali per l'agricoltura italiana.
Occorre da parte sua maggior polso e maggiore autorevolezza - come si augurano soprattutto le imprese agricole - anche se oggi l'immagine del nostro Paese all'estero non è delle migliori. Come Italia dei valori vorremmo che tutto ciò che viene deciso a livello di Ministero venisse calato nella realtà; anche gli addetti ai lavori, signor Ministro, devono rientrare in queste decisioni.
Per quanto riguarda la scommessa sulla competitività, la ricerca, l'innovazione, essa deve essere fortemente sostenuta dal Governo italiano. Il fatto di aver cambiato tre ministri, anzi quattro dal 2008, non è di certo a vantaggio dell'agricoltura italiana e lascia un po' disorientati. È anche per questo che il Governo deve recuperare una certa vicinanza all'agricoltura; deve capire che l'agricoltura non è soltanto un'attività economica ma è anche un'attività sociale, è un settore che dà lavoro a tante persone. È quindi importante, considerate le risorse che arrivano dall'Europa, che l'Italia si impegni non soltanto al tavolo delle trattative con l'Unione europea, ma anche all'interno dello stesso Esecutivo per fare in modo che l'agricoltura abbia il suo valore. Il nostro Paese ha un patrimonio di superficie coltivata che deve essere fortemente sostenuto.
Come dicevo, signor Ministro, non le pongo domande, perché anche in altri incontri ho percepito che ci sono idee chiare, ma queste idee devono essere trasformate, devono essere concretizzate perché l'agricoltura - e lei lo sa - è in una situazione veramente difficile.
Visto che lei è ancora Ministro, si adoperi ancora di più per l'agricoltura italiana, non soltanto all'estero, ma anche all'interno del nostro Paese. Grazie.

PRESIDENTE. Non è mio costume stringere il dibattito, però mi permetterei di invitare i colleghi, in ragione dell'incombenza della ripresa dei lavori d'Assemblea, di essere particolarmente stringati. Né è mio costume fare commenti politici, ma riguardo alla sollecitazione della collega Di Giuseppe sul fatto che si sono avvicendati tre ministri rispondo che è stato sventato il rischio di avere il quarto.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor presidente, nessuno di noi vuol fare il primo della classe, ma devo ricordare che ci sono dei gruppi che normalmente seguono con moltissima attenzione i lavori della Commissione, assicurando anche una presenza quasi unanime. Trovo giusto che si decida di svolgere un intervento per gruppo, ma ritengo che la replica del Ministro debba essere fatta solo dopo che tutti i parlamentari saranno intervenuti, quindi non oggi. Diversamente non si capirebbe come lavorare.
Propongo che oggi intervengano tutti i parlamentari che intendono farlo. Alla conclusione, ci aggiorneremo a una data successiva, quando il Ministro sarà disponibile. In quella sede potranno continuare gli interventi e successivamente ci sarà la replica.

PRESIDENTE. È tutta un'altra cosa. Vorrei che i colleghi mi aiutassero a capire come procedere.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. L'alternativa, signor presidente, è che può restare in Commissione anche un solo esponente per gruppo.

PRESIDENTE. L'alternativa non è questa. C'è una lunghissima tradizione, in queste aule - e lei ne sarà testimone, come lo sono stato io - di lavori organizzati


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in questo modo. Tuttavia, non è un problema, dobbiamo solo decidere come procedere.
Abbiamo due strade: la prima, far intervenire un collega per gruppo e consentire al Ministro di replicare oggi stesso, considerando peraltro che il 12 ottobre è vicino; la seconda - che io non vedo come avversa, ma diversa - è quella di lasciare che tutti i colleghi intervengano, rinviando la replica a un incontro successivo. Sono certo che il Ministro è sempre sollecito alle nostre rappresentazioni.
Chiedo ai gruppi di esprimersi, in modo tale da darmi un'indicazione in un senso o nell'altro. Il buon senso del collega Delfino certamente mi aiuterà.

TERESIO DELFINO. Certamente, non si può costringere in tempi così stretti una discussione su una questione fondamentale per l'agricoltura. Trovo giusta l'osservazione del collega Oliverio, tuttavia i gruppi - al di là di tutto - devono far sentire la loro voce su questo tema. Non negherei, dunque, la possibilità di far intervenire tutti, altrimenti si va incontro all'idea che potrebbe essere presente anche uno solo per gruppo e si potrebbe votare in sede di rappresentanza. Non è questa la concezione che abbiamo!
Nella fattispecie, però, sono favorevole a far intervenire un componente per gruppo, dopodiché mi sembra innegabile la richiesta di sollecitare il Ministro a proseguire l'audizione.

CORRADO CALLEGARI. Penso che, al di là della seduta odierna, sia importante che in futuro ci si trovi con una certa frequenza a discutere sull'argomento della PAC. Infatti, ritengo che la Commissione possa essere di supporto al Ministro quando, dal 12 ottobre in avanti, il documento sarà in discussione sia al Parlamento europeo che al Consiglio dei ministri dell'agricoltura.

VINCENZO TADDEI. Condivido l'esigenza che nei prossimi giorni ci possa essere un'ulteriore riflessione su questo argomento. D'altro canto, l'attività della Commissione continua, non si ferma di certo oggi. Ritengo, quindi, che la proposta del presidente sia assolutamente apprezzabile e che, perciò, si possa procedere intervenendo oggi uno per gruppo e ascoltando successivamente la replica.

PRESIDENTE. Se sono d'accordo i colleghi Ruvolo e Di Giuseppe, proverei a fare una sintesi delle posizioni, basandomi su quanto proposto dal collega Delfino: intanto, cominciamo a dare la parola a un esponente per gruppo, e se siamo celeri è meglio; valutiamo, poi, quando riprendono i lavori dell'Assemblea e se riprendono subito con votazioni. Comunque, prima di chiudere consentiamo al Ministro una brevissima replica, affidandogli però la responsabilità, se è necessario, di ritornare.

CORRADO CALLEGARI. Ringrazio il signor Ministro per la sua presenza oggi in Commissione. Ho apprezzato l'intendimento di intensificare i rapporti con gli altri Paesi della Comunità europea, perché dalle notizie in mio possesso, l'Italia risulta spesso assente nei negoziati relativi ai grandi interventi che si svolgono nel Parlamento europeo e in Europa. Anche sulla PAC ho notizie, probabilmente per l'alternanza dei ministri o per altre motivazioni, di questa assenza, mentre altri Paesi si sono organizzati facendo fronte comune su alcune argomentazioni.
A me interessa innanzitutto sapere - non sono fino ad ora riuscito ad avere questa informazione - se all'interno della Commissione europea che ha elaborato il documento che verrà illustrato il 12 ottobre ci siano componenti italiani o del Ministero e che cosa abbiano portato avanti per conto del nostro Paese all'interno di questo documento.
Vorrei porre, inoltre, alcune domande specifiche sulla PAC. Vorrei sapere, in primo luogo, se è stata determinata la percentuale modulare di trasferimento di fondi dal primo al secondo pilastro, perché so che l'Italia chiedeva una percentuale molto bassa che non era condivisa da Ciolos. Mi pare che l'Italia fosse intenzionata a stabilire una percentuale compresa


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tra il 5 e l'8 per cento, mentre Ciolos voleva spostare dal primo al secondo pilastro una percentuale di fondi pari al 23 per cento.
Un'altra preoccupazione riguarda l'individuazione della figura dell'agricoltore attivo, a cui spetterebbero i pagamenti diretti. Chiedo se sia vero che per essere agricoltore attivo basterà che il 5 per cento del proprio reddito sia agricolo: questo, ovviamente, farebbe sì che i soldi vengano destinati anche a chi, di fatto, non è un agricoltore attivo.
La terza domanda riguarda il greening, che potrebbe essere oggetto di preoccupazione per il nostro Paese. Si tratta di un'operazione portata avanti soprattutto dai Paesi nordici e che sicuramente ha un valore positivo per la nostra agricoltura, ma non vorrei che si traducesse, come al solito, in una serie di obblighi e di costi per la nostra agricoltura.
Infine, non ho informazioni sulle intenzioni della Commissione europea relativamente al secondo pilastro. Vorrei conoscere, se c'è, qualche anticipazione su come intendano strutturarlo. Mentre sul primo pilastro sono arrivate delle indiscrezioni, sul secondo non ci sono informazioni.

TERESIO DELFINO. Signor presidente, sulle sue conclusioni dico solo che, a nostro giudizio, il Ministro deve tornare; non può, su questa questione, valutare se tornare o meno.
Noi siamo disponibili anche di sera e a qualsiasi orario, signor Ministro, e quindi a nostro giudizio lei deve tornare.

PRESIDENTE. Il collega Delfino sa che il presidente di questa Commissione usa sempre espressioni di cortesia.

TERESIO DELFINO. Per questo lei è molto apprezzato, presidente.
Quanto alle novità presenti nella relazione del Ministro, francamente sono solo brutte novità. Quando si dice «il modello della PAC prefigurato dalla Commissione europea appare più funzionale alla proprietà fondiaria» è chiaro che si tratta di un elemento che delinea una prospettiva che è contro gli interessi della nostra agricoltura.
Citerò molto schematicamente tre questioni. Sul budget, o sul bilancio, non rileviamo da questa ulteriore comunicazione alcuna novità, ma soltanto conferme negative, con una progressiva riduzione della dotazione ai fondi agricoli.
Per quanto riguarda il processo di convergenza, l'altra grande questione che noi trattiamo da tempo - io sono in questa Commissione da più di un anno, ma si parlava della nuova PAC anche da prima - finora non abbiamo avuto contezza, da parte del Governo italiano e del Ministro, del fatto che siamo riusciti a scardinare l'impostazione. Anche in questo caso, dunque, siamo davanti soltanto a notizie negative.
Nella sua relazione parla di 800 milioni sul primo pilastro, ma non vi è alcun criterio sul secondo pilastro per lo sviluppo rurale, come diceva anche il collega Callegari. Mi chiedo, allora, cosa ci facciamo in Europa. La nostra preoccupazione è capire perché altri Paesi hanno già stretto alleanze e costruito delle risposte su alcune questioni, mentre noi non abbiamo - come emerge oggi dalla sua relazione - alcuna assicurazione che sulle questioni di fondo (non le richiamo nello specifico perché le abbiamo già esaminate) abbiamo fatto qualche passo in avanti.
C'è anche la questione degli strumenti di mercato, tra produttori, consumatori, anelli deboli di tutte le filiere e via dicendo. Quali passaggi abbiamo fatto in Europa? Cosa abbiamo ottenuto soprattutto per quell'azione - che qui è unanimemente condivisa - della tutela dei prodotti, della denominazione dell'indicazione dell'origine eccetera?
Vorrei percepire che i lavori sono in progress. Preferirei sentir dire che ci sono stati degli incontri sulla PAC anziché sentir ripetere sempre le solite condivise preoccupazioni. Vogliamo sapere se ci sono dei risultati. Nella relazione che ho letto, ma soprattutto nella sua illustrazione, non ho ravvisato tutto ciò.


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Ci poniamo, quindi, una domanda più profonda. Qual è la credibilità del sistema Italia in Europa? E qual è quella del Governo nel suo complesso e sua come Ministro? Come ha detto il collega Callegari, noi abbiamo sofferto, in questi tre anni, non soltanto, come diceva la collega Di Giuseppe, del cambio di ministri, che effettivamente è stata una debolezza, ma anche di una presenza che non è risultata così intensa, pari al valore delle preoccupazioni che oggi registriamo.
Siccome nel documento c'è un giudizio negativo sugli orientamenti della Commissione europea per quanto riguarda la PAC da parte del nostro Governo, vorrei capire cosa abbiamo messo a fuoco e quali elementi di contrattazione - perché di questo si tratta - noi abbiamo acquisito per poter vedere recepite le nostre indicazioni.
Per citare un esempio, sulla questione del parere sul latte in polvere, concentrato e via dicendo, che abbiamo discusso in questa Commissione, siamo riusciti in sede europea a chiedere di avviare una trattativa, garantendo da parte nostra l'indicazione su tutti i prodotti - che l'agroindustria non vuole a livello nazionale, né la Comunità europea - per dare una maggiore liberalizzazione a un certo tipo di processo. La contrattazione è elemento di mediazione e scambio su alcune poste. Chiedo, dunque, quali sono le poste su cui ci siamo attestati e su cui risultiamo vincenti. Grazie.

IDA D'IPPOLITO VITALE. Credo che la relazione del Ministro abbia il grande merito di rappresentare con estrema lucidità, con concreto realismo e senza veli una situazione preoccupante. Nel contempo ha il merito di non assecondare, in linea di principio, il quadro delle preoccupazioni, indicando invece la necessità di strumenti di attivazione per superare le criticità.
Senza voler fare polemica, ma per amore di verità, voglio ricordare a questa Commissione che la difficoltà al tavolo europeo non è di oggi, ma è antica, storica; forse riguarda scelte di governo, dei tanti Governi che hanno preceduto quello attuale, sul ruolo che l'agricoltura doveva avere nell'economia del nostro Paese.
Oggi c'è una rinnovata consapevolezza sulla necessità di investire in agricoltura, mentre probabilmente qualche anno fa questa consapevolezza non era così evidente e piena all'interno del Governo.
Fatta questa precisazione, vengo al merito. Non c'è dubbio che le preoccupazioni del Ministro sono le stesse di questa Commissione e del mondo degli agricoltori. Anch'io, naturalmente, sono rimasta colpita dalle puntualizzazioni fatte dal collega Delfino in merito ad alcune criticità, che non ripeterò.
Nel momento in cui il Ministro afferma la necessità di una politica che incentivi la competitività dell'impresa, la necessità di strumenti di sostegno all'impresa che ha investito, la domanda che ci poniamo è come aiutare tale processo? Come l'Italia con il Governo si sta ponendo al tavolo europeo per creare quella condizione che consenta, attraverso il gioco delle alleanze, di portare avanti questo discorso?
Voglio ricordare ai colleghi che l'Europa non è un interlocutore facile. Non dimentichiamo, ad esempio, le grandi battaglie che proprio noi italiani abbiamo condotto per imporre l'etichetta, con il luogo di origine e quello di produzione. Non dimentichiamo la grande pressione dei mercati, che non sono i mercati europei, che stanno operando sulla nostra economia: penso alla pressione della Cina, che oggi comincia ad avere un ruolo più importante anche nelle economie internazionali.
Pongo una domanda forse banale nel contesto della riflessione più generale e seria che stiamo facendo. Rispetto alla preoccupazione di perdere gli 871 milioni di euro - che sono tuttavia disponibili e possono essere investiti - per un'incapacità delle regioni a programmare la spesa, fatta salva la posizione del Governo che ha impegnato la Rete rurale nazionale con osservatori per offrire strumenti di supporto alle regioni, abbiamo un quadro già pronto, frutto del monitoraggio della Rete, sulle regioni a più alto rischio di mancato investimento?


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Infine, rispetto alle opere pubbliche che rappresentano uno strumento di supporto e di rilancio delle imprese, vorrei sapere se c'è una politica di concertazione con il Ministero delle infrastrutture che può essere attivata per aiutare questo processo.

PRESIDENTE. Credo che il prossimo sarà l'ultimo intervento, a prescindere dalla turnazione di un esponente per gruppo, perché i lavori d'Assemblea incombono.

SUSANNA CENNI. Signor presidente, premetto una piccola considerazione di metodo: vorrei ricordare che sul tema della PAC è stato dedicato più tempo in Commissione bilancio che in questa. Forse dovremmo intenderci meglio; quando discutiamo di questi temi noi siamo piuttosto attenti e partecipi. Se, dunque, è necessario andare in Commissione bilancio siamo disposti a farlo, purché ci venga dato il tempo sufficiente per discutere.
Farò una considerazione generale e qualche domanda specifica. Signor Ministro, lei sa che noi siamo abbastanza assidui nel seguire le sue dichiarazioni, e lei rilascia molte dichiarazioni ai giornali. Inoltre, abbiamo seguito la sua audizione in Commissione bilancio e abbiamo letto la sua relazione. Mi sono anche esercitata attentamente nella lettura, trovando ripetute in maniera quasi ossessiva - e del resto lei le ha ripetute anche questa mattina - le parole «preoccupazione», «insoddisfazione», «proposte deludenti». Sono gli stessi termini che vi sentiamo usare da mesi.
Francamente, non siamo riusciti a sentire, neanche questa mattina, una novità rispetto a ciò che ci viene ripetuto continuamente. I dati sugli stanziamenti di bilancio li conosciamo da tempo, sono apparsi sulla stampa, quindi lei non ci ha detto assolutamente niente di nuovo.
Avremmo voluto sentire, invece, rispetto a questa insoddisfazione e a queste preoccupazioni e delusioni, quali sono le azioni concrete che lei e il suo predecessore avete messo in campo. Come lei ha ricordato, il 12 ottobre è molto vicino e, in più, a noi risulta che ci sia ormai un testo quasi definitivo della nuova PAC. A noi risulta, altresì, che ci siano tavoli tecnici che stanno discutendo del merito di alcune proposte.
Cito qualche esempio per capire quali sono i suoi orientamenti, come sta lavorando il suo Ministero. Sui temi dello sviluppo rurale lei ha richiamato, ancora questa mattina, la preoccupazione circa le difficoltà di spesa, soprattutto in alcune regioni, in alcune realtà italiane. A me risulta, però, che le regole della nuova programmazione saranno più o meno le stesse e che ancora una volta, in questo Paese - e per tutta l'Europa, per come le regole si stanno componendo - ci troveremo di fronte a una netta separazione fra i finanziamenti alle OCM e lo sviluppo rurale, con il compito demandato agli Stati membri di definire questo confine. Operazione complessa, come sappiamo, per la gestione delle varie misure.
Sappiamo che sullo sviluppo rurale, nonostante sia stata chiesta una semplificazione (tra l'altro questo è uno dei motivi del ritardo della spesa in molte regioni), ci saranno, sì, meno assi - l'ha detto anche lei nella sua relazione - ma ci saranno anche più misure e più priorità. Quindi, ancora una volta, si accentuerà la difficoltà delle imprese e degli altri soggetti che avranno la possibilità di partecipare alle misure dello sviluppo rurale.
Penso, inoltre, al tema delicatissimo delle calamità e delle misure di mercato che - pare sia stato sancito - saranno inserite dentro lo sviluppo rurale. Anche su questo tema, a mio parere, si profila un quadro di difficoltà incredibile. Come faranno le singole regioni a programmare questo tipo di gestione delle risorse? E se le calamità non ci fossero, i soldi tornerebbero in Europa? Ancora una volta saremmo di fronte a risorse che vengono stanziate e non spese, quindi ritornano in Europa, e magari vengono colpevolizzate singole regioni.
A me pare che ci siano temi complessi da chiarire. Ne aggiungo un altro su cui vorrei capire come lei pensa di orientarsi: il tema della governance dello sviluppo rurale.


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Si parla, nella stesura, di una regia trasversale dei fondi, quindi FESR, FES, FEP, FEASR.
Come è noto, dopo le prime stesure dell'utilizzo di tale tipo di programmazione, strada facendo si apportano delle modifiche. In questo caso, significa che per fare una sola modifica all'ipotesi di utilizzo dello sviluppo rurale si convocano tutti i ministeri che hanno qualche attinenza sull'utilizzo dei fondi europei? Alla faccia della semplificazione!
Francamente, noi vediamo grandi difficoltà e ascoltiamo grandi dichiarazioni, ma quanto a concretezza siamo profondamente insoddisfatti. Lo riscontriamo in questa relazione e ci perdoni, Ministro, ma abbiamo anche la pessima abitudine di leggere la documentazione, compresa quella che lei ha presentato nella conferenza stampa di qualche giorno fa, vediamo tanti titoli, e ascoltiamo tante enunciazioni di principio, ma non scorgiamo alcuna azione concreta. Grazie.

PRESIDENTE. Consentitemi innanzitutto di ringraziare il Ministro, poiché la prima occasione utile dopo il dibattito di ieri - ed era evidente che doveva essere immediatamente dopo e non prima, anche in ragione delle prospettive e del rispetto della mozione che era stata presentata - è stata quella di oggi, a meno di ventiquattro ore.
Registro l'interesse - ma non poteva essere diversamente - di tutti i gruppi a continuare la riflessione su questo tema, ma sottolineo che il 12 ottobre è un'occasione importante in cui verranno presentate proposte. Sarà quella, a mio avviso, l'ulteriore occasione per comprendere queste proposte, per ragionarle insieme al Ministro e per capire cosa poter fare su di esse.
Chiederei al Ministro un rapido intervento di replica per consentire ai colleghi di recarsi in Assemblea.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Vi ringrazio. Sarà molto utile incontrarci nuovamente dopo il 12 ottobre perché, mentre facciamo questi incontri, i funzionari del Dicastero stanno lavorando con la Commissione europea. Questa è anche una risposta indiretta alla domanda dell'onorevole Callegari: i funzionari stanno lavorando e costantemente ci informano dell'evoluzione della vicenda. Non ci sono delegazioni stabilmente presenti, ma sono circa cento le persone che stanno lavorando a questo documento. Noi, con il capo dipartimento, dottor Catania, abbiamo la nostra delegazione che vi assicuro è di alta qualità professionale, ha dimostrato abnegazione ed ha tutta la mia stima. Il lavoro intenso di questi mesi è stato possibile grazie all'attività di queste persone.
Vorrei cercare di essere puntuale rispetto alle domande che sono state poste, per rivederci magari nel momento in cui il documento sarà depositato effettivamente. È vero che la trattativa la porta avanti il Ministro con il Commissario, incontrando gli omologhi degli altri Paesi e anche incontrando la Commissione parlamentare (così come ho fatto). Di fatto, però, viene fatta dai funzionari in sede di elaborazione del documento stesso.
Stiamo parlando, quindi, di un documento work in progress che sarà presentato il 12 ottobre. Ho fotografato la realtà in ordine all'ultimo incontro ufficiale che ho avuto con Ciolos, che risale a dieci giorni fa, rispetto al quale, ovviamente, le nostre preoccupazioni sono quelle di un Paese che - è stato detto con molta chiarezza - potrebbe non aderire a quella proposta. A voi non sfugge che dopo Lisbona l'indirizzo del Parlamento europeo è vincolante e l'organo che approva il documento è il Consiglio dei ministri. Di fatto, la Commissione europea dovrebbe retrocedere da quella funzione che ha avuto a una funzione di coordinamento. Invece, ancora oggi è affezionata a quel ruolo e sta impostando la politica agricola comune attraverso un'indicazione politica che - a nostro avviso, ma anche ad avviso della Commissione parlamentare - non le compete.
Per questo le nostre preoccupazioni sono di ordine politico nel metodo, per come


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si sta elaborando il documento, e nel merito. Sotto tale profilo corrispondono alle osservazioni che abbiamo avanzato non soltanto dieci giorni fa, dal momento che ho incontrato Ciolos in ben tre incontri bilaterali.
La relazione che vi ho dato e anche gli incontri che verranno sviluppati prossimamente sono frutto di un lavoro che certamente oggi non può avere risultati, fino a quando questa PAC non verrà presentata. Ho il dovere, però, di rappresentare le cose così come stanno, senza soverchie illusioni, anche in ordine a un budget che, pur avendo presentato valori assoluti abbastanza in linea con quelli precedenti, sconta la mancata rivalutazione e le difficoltà di introdurre meccanismi di riparto, anche per i nuovi Paesi, che non siano fin troppo penalizzanti per i Paesi membri che oggi godono della PAC stessa.
Dal primo al secondo pilastro non vi è sostanziale trasferimento. Queste notizie sono abbastanza recenti, quindi il paventato trasferimento non dovrebbe esserci. Nella bozza è effettivamente prevista la soglia del 5 per cento ai fini dell'individuazione del cosiddetto «agricoltore attivo». Anche se non ci piace, teniamo conto che facciamo un'operazione, quella relativa ai cosiddetti redditi agricoli che sono catastali o dominicali...

PRESIDENTE. Mi dispiace dover sottrarre il privilegio ai colleghi, ma stanno iniziando i lavori dell'Assemblea.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Resto a vostra disposizione.

PRESIDENTE. Concorderemo in tempi utili una prossima occasione di incontro.
Ringrazio il Ministro Romano e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 10,05.

XIII Commissione (Agricoltura)

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