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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite (I e XIV)
1.
Martedì 18 maggio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 2

Audizione del Ministro dell'interno Roberto Maroni sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) (COM(2010) 61 def.) (ai sensi dell'articolo 126-bis, comma 1, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 2 7 12 16
Bertolini Isabella (PdL) ... 11
Bressa Gianclaudio (PD) ... 10 12
Gozi Sandro (PD) ... 7
Maroni Roberto, Ministro dell'interno ... 2 12
Pastore Maria Piera (LNP) ... 12
Stracquadanio Giorgio Clelio (PdL) ... 10
Tassone Mario (UdC) ... 9
Zaccaria Roberto (PD) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONI RIUNITE (I E XIV)
I (AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI) E XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 18 maggio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA
I COMMISSIONE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'interno Roberto Maroni sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) (COM(2010)61 def.).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 126-bis del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'interno Roberto Maroni sulla proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 2007/2004 del Consiglio che istituisce un'Agenzia europea per la gestione della cooperazione operativa alle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea (Frontex) (COM(2010)61 def.).
Do la parola al Ministro Maroni, che ringrazio per la sua presenza, anche a nome del vicepresidente della XIV Commissione, onorevole Enrico Farinone e delle due Commissioni.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor presidente, ho diviso la mia relazione in cinque capitoli.
Il primo riguarda la questione dell'immigrazione nel Mediterraneo e il ruolo di Frontex, il secondo la partecipazione dell'Italia a Frontex, il terzo le criticità di Frontex, il quarto le proposte di modifica del Regolamento n. 2007/2004 istitutivo di Frontex, l'ultimo l'esame della proposta normativa in seno al gruppo di lavoro Frontiere del Consiglio, la posizione italiana e possibili linee di condotta.
Iniziamo dalla questione dell'immigrazione nel Mediterraneo e del ruolo di Frontex.
L'iniziativa assunta dalla Commissione europea, tesa a proporre una modifica al Regolamento istitutivo di Frontex, è finalizzata a un rafforzamento delle funzioni dell'Agenzia, ridefinendone il mandato sul delicato versante del controllo delle frontiere esterne dell'Unione. Punto nevralgico di tale mandato è sicuramente il contrasto dell'immigrazione illegale nel Mediterraneo, che, pur interessando immediatamente e in maniera più diretta i Paesi membri che vi si affacciano, non può non riguardare l'intero territorio europeo, all'interno del quale vige il principio della libera circolazione delle persone.
Il Governo italiano - intendo ribadirlo anche in questa sede - ha assunto sin dai primi mesi successivi al suo insediamento significative iniziative affinché il tema della lotta all'immigrazione clandestina nel Mediterraneo venisse posto, nel più generale quadro delle politiche della sicurezza, al centro di un rinnovato impegno nell'ambito dell'Unione europea e fosse affrontato


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in un'ottica comunitaria ispirata ai princìpi di solidarietà tra gli Stati membri e di cooperazione con i Paesi terzi.
Il documento congiunto, sottoscritto il 13 gennaio 2009 a Roma tra Italia, Cipro, Grecia e Malta, che sollecitava soluzioni concrete ai problemi riguardanti l'immigrazione clandestina, l'asilo e, più in generale, la sicurezza dell'area mediterranea, è stato presentato ufficialmente agli altri partner europei al Consiglio GAI del 26 febbraio 2009. Questa iniziativa proposta dall'Italia e dal sottoscritto ha fatto sì che il tema del contrasto all'immigrazione illegale nel Mediterraneo fosse da quel momento posto al centro del dibattito in sede comunitaria.
La questione mediterranea è stata, quindi, sin dall'inizio, una delle principali proposte fermamente sostenute dall'Italia anche durante la negoziazione per la definizione del programma pluriennale dell'Unione europea nel settore giustizia e affari interni per il periodo 2010-2014, il cosiddetto Programma di Stoccolma.
È evidente, infatti, che la posizione geografica dell'Italia al centro del Mediterraneo, che ne fa uno dei principali luoghi di primo approdo, abbia finito con il far pesare sul nostro Paese la gran parte degli aspetti critici di tale questione. L'Italia, infatti, ne ha ottenuto l'inserimento tra le priorità politiche, al Capitolo I, in modo da evidenziarne la dimensione comunitaria, e un ulteriore riferimento anche tra le priorità geografiche, al Capitolo VII.
Del resto, proprio l'istituzione di Frontex, avvenuta con il Regolamento 2007 del 26 ottobre 2004, testimonia la presa di coscienza da parte dell'Unione europea della necessità di un efficace controllo delle frontiere esterne e della conseguente ineludibilità di una gestione integrata e comune di tali frontiere.
L'Agenzia, tuttavia, ha rappresentato solo un primo passo nella direzione di considerare i Paesi membri che si affacciano sul Mediterraneo come parti della più generale frontiera dell'Europa. La sua istituzione non ha fatto venir meno e non ha sostituito la competenza degli Stati membri in materia di controllo e sorveglianza delle frontiere.
I compiti che Frontex è stata sinora chiamata a svolgere, infatti, si sono limitati a forme di coordinamento e assistenza alla cooperazione operativa tra Stati, nonché ad attività di supporto conoscitivo all'attività degli Stati membri.
Passiamo ad esaminare i caratteri della partecipazione dell'Italia a Frontex.
Per seguire le attività dell'Agenzia europea per la gestione della cooperazione delle frontiere esterne degli Stati membri dell'Unione europea è stato istituito presso il Ministero uno specifico settore Frontex, il cui personale opera alle dirette dipendenze del direttore del Servizio polizia delle frontiere e degli stranieri, che, in qualità di national Frontex point of contact svolge attività di coordinamento tra l'Italia e Frontex.
In questo contesto, sono state create squadre di intervento rapido in frontiera, note come RABIT, rapid border intervention teams, per un totale di circa 600 operatori tra tutti gli Stati membri. L'Italia partecipa con 62 elementi, di cui 45 già formati. Tutto ciò è in attuazione del Regolamento del Parlamento europeo del Consiglio n. 863 del 2007.
Nel corso del 2009, l'Italia ha partecipato a diverse esercitazioni finalizzate al contrasto dell'immigrazione clandestina presso le diverse tipologie di frontiera: quattro di frontiera aerea, sei di frontiera terrestre, sette di contrasto all'immigrazione nell'ambito delle frontiere marittime, con la partecipazione di mezzi e personale di altre forze di polizia e forze armate.
Nell'ambito Frontex, ha organizzato voli per rimpatri congiunti e ha partecipato a sei voli organizzati per le medesime finalità da altri Paesi. Nel 2010, aderirà nuovamente ad altre joint operation.
L'Italia, inoltre, partecipa attivamente alla formazione e alla specializzazione del personale addetto al controllo delle frontiere in ambito europeo tramite il Centro addestramento della Polizia di Stato di Cesena e il Centro aeronavale di specializzazione


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della Guardia di finanza di Gaeta, qualificate da Frontex come partnership academy. Per l'anno 2010 sono previsti progetti cui l'Italia parteciperà fornendo anche personale addetto alla formazione.
Desidero ora evidenziare quelle che sono le criticità di Frontex.
Il rafforzamento di Frontex rappresenta un aspetto strategico per l'effettivo controllo dell'immigrazione clandestina nel Mediterraneo. Di fatto, al momento, l'apporto concreto dell'Agenzia all'attività di contenimento dell'immigrazione illegale, soprattutto nell'area mediterranea, non può considerarsi sufficiente. Frontex, infatti, al di là di alcune esercitazioni, non svolge reali compiti di natura operativa, che, al contrario, sono tutti demandati agli Stati membri.
L'Italia ha sollecitato un rinnovato impegno europeo per rilanciare concretamente l'Agenzia su basi di effettiva solidarietà tra Stati membri nella gestione delle frontiere.
Recentemente, il Programma di Stoccolma, che è stato adottato dal Consiglio europeo del 10 e 11 dicembre 2009, ha posto il rafforzamento di Frontex tra le priorità dell'Unione europea per il prossimo quinquennio, accogliendo così le richieste avanzate dagli Stati membri, in particolare da Italia e Francia, e sottolineando l'importanza dell'Agenzia nell'azione di protezione delle frontiere e nel contrasto all'immigrazione clandestina.
Lo scorso 25 gennaio, inoltre, il Consiglio affari generali e relazioni esterne ha approvato un progetto di decisione sulle regole da applicare nelle operazioni di sorveglianza delle frontiere marittime svolte dagli Stati membri con la partecipazione di Frontex. Il testo approvato di queste guideline è il risultato di un lungo e difficile negoziato, nel corso del quale il nostro Paese e Malta si sono attestati su posizioni contrapposte per quanto concerne i criteri di individuazione del luogo di sbarco degli immigrati intercettati nel corso delle operazioni marittime.
La versione definitiva non ha soddisfatto né l'Italia, né Malta e ha portato entrambi i Paesi ad astenersi sul voto finale. Il Parlamento europeo, peraltro, non ha raggiunto la maggioranza qualificata necessaria per l'approvazione del progetto.
In occasione del Consiglio GAI dello scorso 25 febbraio, nel corso del dibattito relativo ai temi migratori, i Ministri dell'interno hanno approvato un testo di conclusioni contenente 29 misure volte al potenziamento della sorveglianza delle frontiere esterne dell'Unione e della lotta all'immigrazione clandestina.
Le proposte riguardano anche il rafforzamento delle attività di Frontex. In particolare, il documento prevede lo sviluppo di voli congiunti di rimpatrio, organizzati e cofinanziati dall'Agenzia, che è, inoltre, invitata ad aprire il più rapidamente possibile, e comunque nel corso del 2010, un ufficio specializzato in Grecia, nel Pireo, nonché a dare avvio a progetti pilota simili anche in altre regioni, che potrebbero riguardare in futuro anche l'area centrale del Mediterraneo.
Gli Stati membri si sono anche impegnati a organizzare un programma di formazione delle guardie di frontiera europee per favorire le pratiche comuni.
Passo ad esporre la proposta di modifica del Regolamento 2007 istitutivo di Frontex.
Nel più generale contesto che ho sin qui illustrato si inserisce la proposta di modifica del Regolamento Frontex, redatta dalla Commissione europea e presentata per la prima volta in forma ufficiale nell'ambito del Consiglio GAI del febbraio di quest'anno.
Attualmente, il progetto normativo è all'esame del Gruppo Frontiere, un organo tecnico con funzioni di consulenza al Consiglio per le questioni attinenti il controllo delle frontiere, costituito dai rappresentanti di tutti gli Stati membri.
La proposta di riforma, che si muove nella direzione auspicata dall'Italia, non stravolge le attività e gli obiettivi fondamentali dell'Agenzia, ma mira piuttosto a rimodulare la sua base giuridica per renderla maggiormente rispondente alle mutate esigenze operative, conferendo all'Agenzia


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stessa ulteriori strumenti a garanzia di una più efficace azione nella gestione integrata delle frontiere esterne.
Le modifiche proposte dalla Commissione risultano andare nella direzione più volte tracciata dal Governo italiano, nonché indicata dalla lettera congiunta dei Presidenti Berlusconi e Sarkozy del 23 ottobre 2009 alla Presidenza e alla Commissione dell'Unione europea; sono state richiamate nella dichiarazione congiunta italo-francese sull'immigrazione e approvate in occasione del vertice di Parigi del 9 aprile scorso.
In questa occasione - tengo a sottolinearlo - sono state proprio Italia e Francia a chiedere che l'Unione europea si facesse promotrice, tra l'altro, di strumenti utili per una maggiore condivisione nel controllo delle frontiere, nell'organizzazione regolare di voli per operazioni comuni di rimpatrio dei clandestini, nonché di una più approfondita cooperazione tra Frontex e gli Stati di provenienza degli immigrati.
La proposta si articola su tre assi principali: operazioni congiunte, operazioni di rimpatrio congiunte, cooperazione con i Paesi terzi.
In merito alle operazioni congiunte, le innovazioni introdotte nell'ottica di un modello di gestione integrata, così come auspicato dall'Italia, prevedono innanzitutto una modifica delle vigenti disposizioni sull'uso delle attrezzature tecniche, con un apporto obbligatorio a carico degli Stati membri e l'acquisizione, tramite acquisto o locazione finanziaria, di attrezzature proprie da parte di Frontex.
È stata inserita anche una modifica dei meccanismi che disciplinano il concorso di risorse umane nelle operazioni congiunte, prevedendo un significativo contributo dei Paesi membri, in particolare un pool di guardie di frontiera distaccate a titolo semipermanente dagli Stati membri presso Frontex, i Frontex joint support team.
La proposta mira, inoltre, a una diversa ripartizione dei compiti tra Agenzia e Stati membri nella predisposizione e nel coordinamento delle operazioni congiunte, mediante il conferimento all'Agenzia di un ruolo di codirezione di tali operazioni, nonché la previsione di un piano operativo e di una valutazione sull'esito delle operazioni effettuate, anche in relazione a eventuali imprevisti.
Anche per quanto attiene alle operazioni di rimpatrio congiunte, la proposta, in linea con l'idea da tempo sostenuta dal Governo italiano, evidenzia la necessità di una gestione di queste operazioni di rimpatrio a livello europeo. È prevista, infatti, l'attribuzione a Frontex di un ruolo di coordinamento e, quindi, la possibilità per gli Stati membri di chiedere a Frontex di provvedere al coordinamento di un'operazione di rimpatrio, che l'Agenzia può decidere di finanziare o cofinanziare.
Al fine di disciplinare tali aspetti, è previsto che l'Agenzia elabori un codice di condotta, applicabile durante le operazioni di rimpatrio congiunte, con l'individuazione di standard comuni volti a semplificare l'organizzazione dei voli di rimpatrio congiunti, garantendo, nel contempo, il rispetto di tutti i diritti fondamentali.
È previsto, altresì, l'obbligo per gli Stati membri di informare l'Agenzia circa le operazioni di rimpatrio programmate e il grado di assistenza e di coordinamento richiesti, al fine di stabilire un piano operativo che dovrà essere approvato dal Consiglio di amministrazione di Frontex.
La questione del rafforzamento del ruolo di Frontex nella cooperazione con i Paesi terzi rappresenta un tassello molto importante nel più ampio disegno, fortemente sostenuto dal Governo italiano e di recente avallato anche dal Commissario Malmström, di estendere a livello comunitario il percorso di dialogo e di cooperazione intrapreso con i Paesi dell'area mediterranea e, in particolare, con la Libia, ma anche con i Paesi dell'Africa subsahariana da cui provengono importanti flussi di immigrazione clandestina.
In linea con questo obiettivo, la bozza di Regolamento prevede l'estensione del mandato dell'Agenzia in materia di gestione delle frontiere esterne, anche mediante il finanziamento e la realizzazione di progetti di assistenza tecnica, nonché l'invio di ufficiali di collegamento.


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Il documento prevede, inoltre, l'attribuzione all'Agenzia della raccolta dei dati personali ai fini dell'analisi dei rischi, a condizione che tale trattamento di dati sia necessario e proporzionato alle funzioni dell'Agenzia. Prevede, inoltre, il conferimento a Frontex del mandato di analizzare i rischi e i fabbisogni operativi negli Stati membri.
Viene, altresì, esplicitata la previsione della possibilità per l'Agenzia di collaborare con altre agenzie, organi e organismi dell'Unione europea e con tutte le organizzazioni internazionali.
Infine, passiamo all'esame della proposta normativa in seno al gruppo di lavoro Frontiere del Consiglio, della posizione italiana e delle possibili linee di condotta.
Nel corso delle prime riunioni tenutesi a Bruxelles, la maggior parte degli Stati membri, pur riconoscendo la validità di fondo della proposta di modifica, ha comunque rappresentato l'esigenza di approfondimenti connessi all'ampliamento significativo delle attribuzioni dell'Agenzia. Anche la delegazione italiana, durante le riunioni dello scorso mese di marzo, si è espressa in modo analogo.
La proposta della Commissione rappresenta senza dubbio un'ottima base per il negoziato comunitario, al quale il Governo italiano non mancherà di fornire un qualificante contributo come Paese di frontiera esterna dell'Unione, impegnato in prima linea nella lotta all'immigrazione clandestina nel Mediterraneo.
Tuttavia, ogni modifica, anche di natura legislativa, sul ruolo e sull'attività di Frontex deve essere diretta a trasformare l'Agenzia in un efficace strumento in grado di sviluppare un'azione di intervento per la protezione delle frontiere comuni, anche in coordinamento con Europol e gli altri attori europei.
I negoziati, finalizzati a perfezionare la proposta di modifica, dovrebbero, secondo noi, mirare ad alcuni obiettivi.
Il primo è quello di introdurre un concetto di operazione congiunta, che, oltre all'attività di vigilanza e controllo in senso stretto, ricomprenda i diversi adempimenti connessi con la gestione degli immigrati clandestini rintracciati e soccorsi, per i quali lo Stato membro che ospita l'operazione potrebbe così ottenere un adeguato finanziamento da Frontex.
Una delle criticità rilevate nelle operazioni che sono già state effettuate riguarda, infatti, le consistenti spese relative al trasporto delle persone dal luogo del rintraccio, spesso in alto mare, alle strutture di accoglienza dove si svolgono gli accertamenti sulla loro identità e sono avviate le verifiche amministrative relative allo status dei singoli immigrati richiedenti asilo o destinatari di misure di respingimento o espulsione.
Particolarmente onerosi sono anche i costi derivanti dalla permanenza nelle strutture e dalle attività di collaborazione con le rappresentanze consolari competenti al fine dell'identificazione propedeutica al rimpatrio.
Il secondo obiettivo è sostenere e conferire maggiore efficacia alla politica di collaborazione tra Frontex e i Paesi terzi di origine e di transito dell'immigrazione illegale, prevedendo la possibilità per gli Stati membri di ricevere un sostegno tecnico e finanziario da Frontex per le iniziative di cooperazione bi- e multilaterale che gli stessi intendono intraprendere con i Paesi terzi.
Il terzo obiettivo è definire meccanismi di concertazione tra Frontex e gli Stati membri, che, senza pregiudicare il processo di rafforzamento dell'Agenzia, incentrato su una più efficiente gestione del personale e dei mezzi tecnici messi a disposizione dai Paesi membri, garantisca comunque a questi ultimi i necessari margini di autonomia operativa, in termini di modalità e tempistica di impiego.
Le norme della proposta di Regolamento relative alla costituzione di un pool di guardie di frontiera, le squadre congiunte di supporto, se nell'immediato mirano a rafforzare le capacità operative dell'Agenzia, possono essere interpretate in prospettiva come l'avvio di un processo destinato a concludersi con la costituzione di una sorta di polizia di frontiera europea.


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In questa direzione appare orientato il piano d'azione per l'attuazione del Programma di Stoccolma, presentato dalla Commissione lo scorso 20 aprile, in cui è prevista la presentazione, nel 2014, da parte della Commissione, di una comunicazione sullo sviluppo a lungo termine di Frontex, che esamini la fattibilità dell'istituzione di un sistema europeo di guardie di frontiera.
Questa prospettiva, nell'ottica di una gestione integrata a livello comunitario del controllo delle frontiere e del contrasto all'immigrazione clandestina - voglio sottolinearlo ancora una volta - è in linea con la politica che il Governo italiano persegue sin dal suo insediamento e, pertanto, non potrà che riceverne il più convinto sostegno.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Ringrazio il Ministro per l'ottima relazione, ricca di dettagli.
Parto dalla sua ultima considerazione, perché ritengo che sia condivisibile, nell'interesse dell'Unione europea e dell'Italia, andare verso un'evoluzione di Frontex, che oggi è l'embrione di quello che dovrebbero essere le guardie di frontiera comuni. Credo che bisogna assolutamente accelerare da questo punto di vista l'attuazione del Programma di Stoccolma, perché sia per ragioni di sicurezza, sia per spiegare all'opinione pubblica dove l'Europa può fare la differenza, certamente sarebbe un passo in avanti molto importante. A mio avviso passare rapidamente dalla logica del coordinamento delle azioni nazionali a quella delle operazioni congiunte europee sia assolutamente nell'interesse del nostro Paese e condivido questo obiettivo.
Rispetto alle modalità e agli aspetti legati alla proposta di modifica del Regolamento della Commissione europea e a come l'Italia si pone a livello sia di negoziati, sia di azioni, ci sono forse alcuni punti da approfondire.
Uno di essi è apparentemente tecnico, ma credo che sia molto importante, perché senza risorse Frontex non può fare nulla. La proposta di Regolamento della Commissione indica che la modifica non dovrebbe necessariamente portare a un aumento dei costi dell'Agenzia. Non so se a livello del gruppo tecnico in Consiglio, la questione sia stata approfondita, ma è evidente che, se la Commissione ritiene di trasformare Frontex e collocarla nella logica del Programma di Stoccolma che il ministro ci ha appena ricordato, senza aumentare le risorse e, quindi, senza inserirne di nuove nel bilancio comunitario, anche in vista della sua revisione, il risultato non verrà raggiunto. Vorrei sapere se questo punto negoziale è già stato affrontato e qual è la posizione dell'Italia.
L'altro aspetto riguarda l'atteggiamento e la posizione negoziale del Governo maltese in tutta la vicenda Frontex. Ho notato che in diversi momenti e in vari voti su aspetti legati alle frontiere - penso, per esempio, all'integrazione del Codice frontiere Schengen del Consiglio GAI del 25 gennaio 2010 - Malta e Italia si sono entrambe astenute. Immagino che tale astensione possa continuare, ma sia spinta da ragioni opposte. Anche su questo punto, vorrei capire la situazione dal ministro, perché immagino che l'astensione sia la medesima, ma dettata da motivi diversi.
Dato che questa posizione maltese continuerà, chiedo al ministro quali azioni intenda intraprendere l'Italia a livello di negoziato comunitario, ma anche di quello bilaterale che sta attorno al primo, per trovare una linea comune con Malta. Per ragioni giuridiche e operative, infatti, è evidente che dobbiamo fare di più per convincere i maltesi su alcuni aspetti, in particolare proprio questo di Frontex.
La modifica del Regolamento, signor ministro, fa riferimento alla Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea. Passo a prendere in considerazione il punto che per il mio gruppo è il più spinoso, per due motivi, vale a dire per i precedenti e per quanto previsto dalla modifica del Regolamento.
Con riferimento ai precedenti, in base a valutazioni di diversi organismi internazionali


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sarebbero state commesse violazioni dei diritti fondamentali, in particolare in materia di diritto d'asilo, nelle operazioni di respingimento svolte nel Mediterraneo nel 2009. La ragione giuridica della violazione sarebbe quella per cui, dato che questi immigrati clandestini sarebbero saliti sulle navi italiane che li hanno riportati in Libia, nel momento in cui salivano sulle navi stesse entravano in territorio italiano e, quindi, era dovere di diritto internazionale del Governo italiano verificare se tra di essi ci fossero o meno richiedenti asilo.
È una questione sulla quale chiederei, di nuovo, la valutazione del ministro, collegandola alla proposta di modifica dell'Agenzia Frontex, perché è evidente che, da una parte, è difficile che noi possiamo invocare, come è giusto, più solidarietà comunitaria in materia di frontiere mediterranee, se, dall'altra, non facciamo assoluta chiarezza su quanto è successo con i respingimenti del 2009.
In questo caso, infatti, se i dubbi preesistessero, sarebbe molto difficile convincere i partner comunitari della giustezza delle nostre posizioni nel momento in cui chiediamo operazioni congiunte, e non un semplice coordinamento, per arrivare a una vera solidarietà europea in materia di controlli di frontiera.
La seconda questione è che la Carta dei diritti fondamentali è esplicitamente menzionata nella proposta di Regolamento Frontex ed è applicabile anche per quanto riguarda i rimpatri congiunti. Il ministro faceva giustamente riferimento all'evoluzione e al rafforzamento nella cooperazione europea - anche questo mi sembra positivo - per quanto riguarda le operazioni di rimpatrio.
È evidente che, anche da questo punto di vista, si pone innanzitutto la questione dei diritti fondamentali, ma anche un'altra, ossia che la direttiva rimpatri in Italia è stata attuata solo in relazione a un punto, cioè quello della permanenza da sei a un massimo di diciotto mesi nei centri di identificazione ed espulsione.
Le chiedo quando il Governo intenda recepire tutta l'altra parte della direttiva rimpatri, perché essa si collega politicamente in maniera netta alla questione del Regolamento di Frontex e darebbe vita a tutto un sistema di cooperazione nei rimpatri, anche di quelli volontari. In Italia oggi non è previsto, perché non è stata recepita la parte della direttiva sui rimpatri volontari, che certamente sarebbe nostro interesse recepire molto rapidamente.

ROBERTO ZACCARIA. Pongo solo due rapide domande, collegate alle considerazioni dell'onorevole Gozi, su cui mi interessa conoscere l'opinione del Ministro.
La prima questione riguarda il tema che possiamo definire dei «respingimenti asilo». Conosco la posizione del Governo. Abbiamo presentato una mozione su questo punto e ci è stato risposto, secondo una linea anch'essa a noi nota, che sostanzialmente l'Europa è ancora largamente insufficiente quanto a impegno in sostegno alle azioni degli Stati che si trovano in determinate posizioni strategiche nel panorama europeo.
Del resto, però, è chiaro che, se si attua il contrasto all'immigrazione in determinati luoghi, cioè in mare, il rischio di non poter selezionare in maniera adeguata coloro che hanno diritti, in particolare in materia di asilo, è inevitabile. Credo che sia giusto, quindi, rafforzare Frontex e approvo le iniziative da lei illustrate, sulle quali l'Italia è impegnata.
Passo alla domanda che le voglio porre. Mi pare che la tesi del Governo sia quella di sostenere che dobbiamo contrastare il fenomeno e possiamo concepire che i luoghi dove la selezione e l'identificazione di coloro che hanno titolo per richiedere l'asilo siano possibilmente al di fuori del territorio europeo, sulle coste dell'Africa, in Libia, e via elencando.
Poiché, allo stato attuale, nonostante quello che si possa sostenere, in tali luoghi non c'è una garanzia piena di tutti i diritti, anche per la non adesione a determinati strumenti internazionali di garanzia, la domanda che le rivolgo è la seguente: lei non ritiene che si possa seguire una linea per cui in alcuni Paesi strategici (Grecia,


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Malta, Italia, Spagna), fino a quando tali garanzie non siano assicurate nei luoghi deputati, secondo la vostra strategia, all'identificazione, ci possano essere alcuni centri, con sostegno finanziario europeo e anche applicando criteri di proporzione nella selezione di coloro che hanno diritto a richiedere asilo, situati, almeno provvisoriamente, sul territorio europeo,?
In fondo, trovare questi siti è, secondo la mia opinione, un po' più facile che non trovare quelli per installarvi impianti nucleari. A mio avviso, una tale linea di condotta darebbe veramente il senso della cooperazione europea e del rispetto della garanzia dei diritti. Vorrei conoscere la sua opinione a proposito. Non la indico come soluzione definitiva, ma temporanea, con il sostegno europeo e le modalità di selezione che ho citato.
Mi permetto un'ultima battuta: il collega Gozi accennava al rimpatrio volontario, affermando che non lo possiamo attuare. Credo che uno dei motivi per cui non lo si possa attuare - non so in che percentuali - derivi anche dal fatto che nella nostra legislazione esistono norme che configurano come reato l'immigrazione clandestina. Chi per caso si trovasse in questa condizione e volesse rimpatriare - è un caso di scuola, ma forse non solo - prima dovrebbe autodenunciarsi e poi inserirsi nella procedura di rimpatrio. Credo che questo sia un ostacolo, ma meno importante.

MARIO TASSONE. Desidero svolgere alcune osservazioni e, di conseguenza, implicitamente rivolgere alcune domande al Ministro Maroni.
Il Ministro ha letto una relazione molto ampia e articolata. Al di là delle valutazioni iniziali, credo che ci siano alcuni segmenti da rintracciare rispetto ai processi di completamento di Frontex. Non ho ben compreso, peraltro, il passaggio sull'operatività o meno dell'Agenzia e sugli approdi, anche per quanto riguarda questi aspetti: dov'è operativa e in che misura?
Il dato, però, è un altro. In passato, in un periodo diverso da questo, abbiamo avuto uno slancio al contrasto del flusso criminale che proveniva soprattutto dai Balcani. Allora non esisteva Frontex, ma ci fu un tentativo di impegno per contrastare questi flussi criminali e soprattutto le organizzazioni che mettevano su le carrette di disperati che approdavano da noi.
Adesso abbiamo sostituito tutto ciò con le immigrazioni illegali, per quanto riguarda il Mediterraneo. Il Ministro sa meglio di me - su questo non c'è dubbio - che un'Agenzia come Frontex, che si sta attrezzando anche attraverso un'azione di formazione e gli impegni che porta avanti, deve essere espressione di una politica.
Nella relazione del Ministro appariva molto chiaro che esiste un processo che deve accompagnare in tal senso anche Frontex, attualmente sganciata da una politica europea. Credo che l'impegno dell'Agenzia debba essere agganciato a una politica dell'Europa nei confronti del Mediterraneo, senza un'individuazione in termini generici dell'immigrazione illegale. Frontex che cosa dovrebbe fare? Respingere? Organizzarsi con 600 uomini, di cui 62 italiani, tra i quali 45 formati?
Abbiamo sentito affermare più volte che la diminuzione di questo flusso di immigrati, avviene proprio per un rapporto bilaterale tra Italia e Libia, non so in che termini di sacrifici e, soprattutto, di rispetto o meno dei diritti umani.
La mia domanda portava soprattutto a questo: accanto alle agenzie che si istituiscono, c'è una visione non soltanto dell'Italia, ma dell'Europa per un rapporto sempre più intenso con i Paesi del Mediterraneo per creare condizioni quanto meno di vivibilità nei Paesi dove l'azione di respingimento e di intercettazione - una parola altrettanto forte - possa essere sostituita da una politica corale dell'Europa, che credo sia manchevole? Frontex è l'inizio di un processo e di una presa di coscienza di tutto ciò, oppure è un fatto fine a se stesso, di polizia neanche operativa, in termini che a me sfuggono?
Del resto, onestamente, al di là delle considerazioni svolte dai colleghi e che lei ha riferito, mi sfuggono alcuni passaggi. Ci sono anche dissensi all'interno e il tentativo anche di trovare dei rapporti bilaterali,


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però manca una politica. Le politiche rispetto ai flussi di immigrati non si attuano semplicemente con il respingimento, con le intercettazioni o con gli apparati di carattere formale. Ritengo, invece, che una politica molto più robusta dovrebbe passare sopra e guardare oltre il periodo, certamente da segnalare, di luna di miele con Gheddafi. Avete infatti enfatizzato fino alla noia questa faccenda. Poiché tutto questo è minimale - credo che lei, signor Ministro, che io stimo moltissimo, se ne rende conto - vorrei capire se esiste un'autorevolezza dell'Europa che superi il contingente, le visioni e gli umori per aprirsi ai problemi dell'Africa o dei Balcani, dando all'Europa un ruolo molto diverso rispetto a quello che delle disquisizioni della diplomazia e dell'Europa, che rimangono sempre disquisizioni e che sfuggono al senso comune o al comune sentire.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA

I COMMISSIONE ROBERTO ZACCARIA

GIANCLAUDIO BRESSA. Condividendo integralmente le considerazioni del collega Tassone, mi limiterò solo a una valutazione e a una domanda.
Lei, ministro, ha affermato che tra gli elementi di criticità di Frontex vi è l'insufficienza forte di non svolgere attività operative. Ci ha poi riferito che il Parlamento europeo non ha avuto la maggioranza per approvare le linee guida.
Il collega Gozi ha fatto riferimento alle risorse che restano immutate. Lei ci ha parlato di uomini, ma non di mezzi e credo che in un'operazione decisiva come può essere quella della polizia di frontiera questo non sia un particolare secondario.
Soprattutto, mi ha allarmato l'ultima affermazione che lei ha svolto nella sua relazione, ossia che l'obiettivo è quello di andare verso una polizia di frontiera europea e che nel 2014 ci sarà una comunicazione sullo sviluppo di Frontex in questa direzione. Non le sembrano tempi assolutamente non accettabili? Che cosa intende fare il Governo italiano, perché non sia questa nei prossimi anni la non politica europea per quanto riguarda il tema del controllo delle frontiere?

GIORGIO CLELIO STRACQUADANIO. Intervengo solo per avere alcuni chiarimenti rispetto ad alcune sollecitazioni del collega Gozi, del collega Zaccaria e di altri su un aspetto che riguarda i respingimenti e il diritto d'asilo. Siamo in I Commissione e, quindi, è importante mettere i puntini sulle «i» degli aspetti costituzionali.
Invoco il parere del professor Alessandro Pace, presidente dei costituzionalisti italiani e docente di diritto costituzionale all'università La Sapienza. Per sgombrare ogni dubbio sull'orientamento politico del professor Pace, ricorderò ai colleghi che non lo sanno che ha rappresentato la procura di Milano nella decisione della Corte costituzionale relativa al lodo Alfano, quando la procura sollevò la questione e si costituì parte (Commenti del deputato Bressa).
Se l'onorevole Bressa, ascoltasse con un minimo di pregiudizio in meno, forse potremmo intenderci meglio sulle parole.
Alcuni mesi fa, nel pieno della polemica politica e dell'approvazione dei provvedimenti che hanno portato l'Italia a pattugliare le sue coste contro il racket delle braccia gestito dai trafficanti di uomini che dalle coste libiche o altrove portavano le loro vittime in Italia attraverso i barconi, il professor Pace ha spiegato molto bene come si invochi a sproposito il diritto di asilo quando si parla dei barconi e del racket degli immigrati. Spiega il professor Pace: «non tutti quelli che vorrebbero entrare nel nostro Paese godono del diritto d'asilo e non è nemmeno possibile che i migranti, una volta trasferiti sulle navi militari italiane per essere riportati in Libia, possano fare a bordo domanda di asilo. Le navi da guerra, infatti, godono dell'immunità diplomatica, ma non sono territorio italiano, mentre l'articolo 10 della Costituzione, al comma terzo, prevede che lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite


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dalla Costituzione abbia diritto all'asilo nel territorio della Repubblica secondo le condizioni stabilite dalla legge. A essere garantito, quindi, è il solo asilo territoriale e non quello extraterritoriale, in sede di missioni diplomatiche, nei consolati, a bordo delle navi da guerra oppure in quelle che esercitano una potestà pubblica, come nel caso delle navi che si occupano del pattugliamento delle nostre coste, ed è necessario che chi richiede l'asilo entri nel territorio dello Stato. Per la Costituzione italiana non è possibile invocare dall'estero il diritto d'asilo e, anche se una persona vive nelle condizioni previste dalla Costituzione, lo straniero al quale sia impedito nel suo Paese l'effettivo esercizio delle libertà democratiche garantite dalla Costituzione italiana, se non si trova sul territorio della Repubblica, non può invocare il suo diritto di asilo».
Concludo io, adesso. Per esempio, fino al crollo del muro di Berlino, chi viveva nei Paesi comunisti non poteva esercitare la libertà garantita dalla Costituzione italiana e non poteva ottenere asilo mentre si trovava nel proprio Paese o in viaggio.
Il diritto d'asilo, inoltre, è un diritto individuale, non collettivo; non funziona con una class action e può essere invocato solo successivamente all'ingresso in Italia. Prima valgono altre regole, tra cui quelle sul cosiddetto respingimento di chi non sia autorizzato a entrare nel territorio dello Stato, come si viene normalmente respinti a una frontiera se non si ha titolo d'ingresso nello Stato.
Concludo con un'ultima considerazione: provate ad andare negli Stati Uniti senza passaporto e vedete se riuscite a entrare.

ISABELLA BERTOLINI. Vorrei ringraziare il Ministro per la sua relazione.
L'occasione è particolarmente interessante non solo per la relazione svolta oggi, ma anche in relazione al ruolo che l'Italia sta svolgendo sul tavolo europeo, in sede di Unione europea, facendo finalmente sentire con questo Governo la propria voce e cominciando a chiedere quello che le spetta rispetto anche alla posizione geografica che occupa e alle difficoltà, anche da lei oggi sottolineate, che i Paesi frontalieri devono affrontare quotidianamente.
Si tratta di un ruolo importante, in cui il Governo ha assunto posizioni anche di controtendenza rispetto ad altri Paesi, in particolare sulle richieste che cominciamo ad avanzare anche in termini di aiuti concreti, quindi economici, oltre che di strutture, di mezzi e di uomini.
Nonostante ci sia un clima in cui l'Italia e il nostro Governo spesso vengono anche accusati in maniera demagogica, abbiamo risposto sempre con grande determinazione e coraggio e di questo siamo particolarmente soddisfatti.
Introduco la mia domanda, che vuole essere anche una proposta per il Regolamento. Lei ha sottolineato le criticità di Frontex. È stato osservato anche dai colleghi che, di fatto, non è ancora operativa, ma vi si svolgono solo esercitazioni. Anche dal confronto che abbiamo avuto, come Commissione, con il Commissario europeo per gli affari interni è emerso con grande chiarezza che l'Italia si è attrezzata da sola, naturalmente, per affrontare le emergenze rispetto alla questione della clandestinità. Per quanto riguarda i controlli alle frontiere utilizziamo i nostri uomini e i nostri mezzi con grande efficacia, ma siamo anche molto avanti rispetto ai rapporti di cooperazione internazionale con gli altri Paesi. Non lo affermo io, ma il commissario europeo, come il nostro accordo con la Libia addirittura sia preso a modello, e come oggi l'Unione europea addirittura ci rincorra.
Poiché, dunque, facciamo un po' scuola, rivolgo una domanda al ministro in merito a un tema che credo sia molto importante, anche all'interno del Regolamento di cui stiamo discutendo. Mi riferisco al tema dei rimpatri, che rimane ancora per il nostro Paese una grande criticità, in quanto ha una gestione molto complicata, non solo in termini di uomini e di mezzi, ma anche di costi. Abbiamo, inoltre, dovuto accettare anche le imposizioni che l'Europa ci ha dato.
Vorrei chiedere se su questo tema non si possa spingere l'acceleratore e, rispetto


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a tutte le questioni - il mio è un auspicio - rivedere o portare alcune modifiche al Regolamento, in modo che su questo tema possiamo, come intende il ministro, dare un segnale di grande concretezza. Credo che questo sia un aspetto assolutamente fondamentale rispetto ai numeri che ci sono stati forniti e che sappiamo essere, purtroppo, in aumento.

MARIA PIERA PASTORE. Anch'io ringrazio il ministro, non solo per la sua presenza e per l'interessante spiegazione sulle modifiche che riguarderanno Frontex, ma anche per tutta l'attività svolta dal suo ministero. Vorrei porre due brevi domande.
È stato riferito che Frontex, di fatto, non svolge un'attività operativa, ma sia nel Regolamento istitutivo, sia nella proposta di modifica è previsto che gli Stati membri mettano a disposizione uomini, attrezzature e mezzi. Addirittura, si prevede che Frontex possa autonomamente procedere all'acquisto di strumenti in forma diretta o tramite leasing o altre modalità.
In contemporanea, è stato anche evidenziato come l'Italia finora abbia praticamente investito ingenti risorse non solo per la protezione delle frontiere, ma anche per l'accoglienza, per il diritto d'asilo e per tutti i provvedimenti, anche di carattere umanitario, di cui comunque il nostro Paese si è sempre fatto carico.
Dal punto di vista finanziario, quindi, si può prospettare un'ipotesi in cui tutti gli Stati membri partecipino economicamente a Frontex e, al di là dei mezzi e degli strumenti, ci sia una ripartizione di risorse che preveda un aiuto economico tangibile agli Stati membri di frontiera, come l'Italia?
Le rivolgo la seconda domanda: proprio perché Frontex non è, di fatto, ancora operativa, non è il caso di precisare e sostenere l'autonomia dello Stato membro sugli interventi di Frontex, almeno in una prima fase?

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA I COMMISSIONE DONATO BRUNO

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Maroni per la replica.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Ringrazio i presenti per le osservazioni puntuali e per le segnalazioni.
Per quanto riguarda i costi e le risorse, Frontex è un'Agenzia europea che rischia, come molte altre strutture europee, di diventare un euro-carrozzone. Il bilancio del 2011 è aumentato, rispetto a quello del 2008, da 71,2 a 88,2 milioni di euro. Si nota, tuttavia, un'inevitabile e inarrestabile tendenza a destinare tali risorse alle spese amministrative, piuttosto che a quelle operative.
Le spese amministrative nel 2008 erano meno di 20 milioni, per la precisione 19,8 milioni, e rappresentavano il 27 per cento del budget complessivo; nel 2011 sono previsti 36 milioni di euro, cioè il 41 per cento del budget, con un incremento del 14 per cento.
Il finanziamento dei costi operativi è aumentato, certo, passando da 51,3 a 52,2 milioni, ma nel 2008 rappresentava il 73 per cento del budget, mentre nella previsione 2011 cala drammaticamente al 59 per cento.

GIANCLAUDIO BRESSA. Posso chiedere una precisazione? Tale aumento riguarda il personale amministrativo o quello addetto all'operazione?

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Riguarda il personale amministrativo, vale a dire le risorse umane, materiali, logistiche e altro non direttamente impiegate per l'espletamento dei compiti operativi.
Questo è il rischio che paventiamo. Abbiamo chiesto che Frontex diventi una struttura davvero operativa, assumendosi non solo i compiti operativi di pattugliare, custodire e vigilare i confini terrestri, operazioni che svolge in modo più che soddisfacente, e marittimi, azione che non svolge in modo soddisfacente, ma anche di occuparsi, come ho riferito nella relazione, dei voli di rimpatrio congiunti, nonché della gestione dei clandestini.
Abbiamo chiesto alla Commissione europea e ai nostri partner di introdurre due novità nella gestione dell'immigrazione


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clandestina, cioè centri europei per l'identificazione e l'espulsione e un sistema europeo per la gestione dei richiedenti asilo, che oggi non esiste, suddividendo, quindi, il peso, gli oneri e anche le operazioni di accoglienza, sistemazione, identificazione e rimpatrio, uniformando una normativa non uniforme.
Oggi, come sapete, i richiedenti asilo in un Paese devono essere trattenuti in tale Paese. Inoltre, se, una volta avuto lo status di rifugiato, la persona si sposta in un altro Paese, quello che riceve il rifugiato può chiedere a quello di prima accoglienza di riprenderlo.
Esiste, tuttavia, una normativa diversa, in termini, per esempio, di trattenimento dei clandestini nei centri. Si è fatto riferimento alla direttiva rimpatri, che abbiamo anticipato per la parte del prolungamento del trattenimento nei centri da due a sei mesi - ricordo che la direttiva prevede fino a un massimo di diciotto mesi - e che intendiamo recepire in Italia entro la fine dell'anno, quando deve entrare in vigore.
Le organizzazioni criminali hanno indirizzato i flussi di clandestini in Europa, anche tenendo conto della durata del trattenimento dei centri. Ciò significa che, quando in Italia la durata era fino a due mesi, tale termine era insufficiente per effettuare, almeno per alcuni Paesi, le operazioni di identificazione, di accertamento della nazionalità da parte delle autorità consolari e di riaccompagnamento.
Alcuni Paesi, con i quali abbiamo pure una convenzione bilaterale per il rimpatrio, non accettano rimpatri se non su voli di linea di due o tre concittadini al giorno e non di più. In due mesi, se arrivano cento, duecento o mille cittadini di quel Paese è matematicamente e materialmente impossibile rimpatriarli, anche se si arriva all'identificazione.
Su questo punto facevano gioco molte operazioni gestite dal racket, dalla tratta degli esseri umani attraverso la Libia, guardando proprio all'Italia come Paese destinatario dei flussi, data la struttura dei centri.
Ricordo che Malta ha la possibilità di trattenere nei centri fino a diciotto mesi, il che spiega anche perché molti clandestini a bordo dei barconi, quando arrivavano in prossimità di Malta, chiedevano di proseguire. Si rifiutavano di scendere a Malta e chiedevano di essere accompagnati a Lampedusa.
La Spagna applica termini diversi e la Francia termini diversi ancora. Mi auguro che, con il recepimento della direttiva rimpatri, possa essere promossa un'uniformità europea, almeno nel tempo di trattenimento, ma non basta: abbiamo chiesto che l'Europa si faccia carico anche della gestione di questi centri e di tutte le operazioni conseguenti sia alla valutazione dei requisiti per il diritto di asilo, dello status di rifugiato o di protezione internazionale, sia alle operazioni conseguenti al rifiuto della concessione del diritto e del riconoscimento dei clandestini che devono essere rimpatriati.
Questo principio, noto come burden sharing, che abbiamo più volte sollecitato ai Paesi membri dell'Unione europea, è stato rifiutato, soprattutto dai Paesi del nord Europa, i quali affermano sostanzialmente che i Paesi di frontiera del Mediterraneo devono farsi carico di tutto. Lo preciso perché spesso l'Italia viene rimproverata di non essere sufficientemente solidale con gli altri Paesi europei o comunque sul tema dell'immigrazione. Per una volta, abbiamo chiesto la solidarietà agli altri Paesi e la risposta è stata: «no grazie».
Si è compiuto solo un piccolo passo in avanti in materia di asilo con la costituzione a Malta dell'Ufficio europeo di sostegno per l'asilo, operativo proprio in questi mesi, su richiesta avanzata con forza anche dall'Italia. Si tratta, naturalmente, di un ufficio di coordinamento, che non risolve tutti i problemi derivanti dalle diverse politiche e legislazioni in materia di asilo, nonché dalle procedure e dai costi, ma è un piccolo passo in avanti nella direzione che auspichiamo, cioè che l'Europa si faccia carico in maniera più incisiva ed efficace del tema del contrasto


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all'immigrazione clandestina e dell'accoglienza di chi ha diritto a ottenere la protezione internazionale.
Abbiamo, altresì, chiesto all'Unione europea di promuovere un'iniziativa più forte su un altro terreno, su cui l'Italia è molto attiva, quello dei rapporti con i Paesi terzi. Abbiamo stipulato decine di accordi di cooperazione, anche con i Governi precedenti al Governo Berlusconi. In particolare, mi sono recato ripetutamente in Paesi terzi, soprattutto africani, per consolidare i rapporti di collaborazione esistenti e stipularne anche di nuovi.
Abbiamo firmato recentemente due nuovi accordi con Ghana e Niger, due Paesi che hanno stretto con l'Italia accordi di cooperazione in materia di lotta al terrorismo internazionale e all'immigrazione clandestina e alla criminalità organizzata. L'Italia è il primo Paese europeo con cui questi due Stati hanno deciso di stipulare un accordo di cooperazione.
Tutto ciò deriva dalla novità, che è stata percepita come tale da molti Paesi africani, del nuovo ruolo che l'Italia ha assunto nel Mediterraneo come punto di riferimento dell'intera Unione europea dopo la stipula dell'accordo di cooperazione con la Libia.
Sono arrivate richieste e mi recherò entro la fine del mese di giugno in altri due Paesi, in Senegal e in Gambia, per stipulare due accordi di cooperazione con questi Paesi dell'area subsahariana. Dopo aver stretto accordi con tutti i Paesi del Maghreb, firmiamo, dunque, accordi con i Paesi di origine dei flussi. È un elemento utile e importante, ma che non è sufficiente. Serve un ruolo proattivo dell'Unione europea, affinché faccia quello che i singoli Stati membri hanno fatto finora, Italia, Spagna e Francia in particolare, ovvero stringa accordi di cooperazione non solo di contrasto al crimine, ma di investimenti e di aiuti economici, perché questo è l'unico modo per contrastare efficacemente i flussi migratori.
L'Italia non può assolvere al compito dell'Europa, ossia sviluppare politiche di aiuto economico. Ci limitiamo a fare quello che possiamo, ossia contrastare l'immigrazione clandestina, fornendo mezzi, dotazioni, navi, formazione e strumenti di controllo dei confini, ma senza sobbarcarci l'onere di garantire a tutti questi Paesi aiuti economici per investimenti, che, invece, l'Europa potrebbe compiere.
In Italia i rimpatri volontari assistiti nel 2009 sono stati pochissimi, solo 228, a fronte di 18 mila 361 rimpatri effettuati con voli diretti, cioè non volontari. Questa può essere la strada? Ci sono alcuni finanziamenti europei, ma, a seguito della mia esperienza, noto che i rimpatri volontari finora non sono stati e non rappresentano una strada che coloro che arrivano in Italia decidono di seguire, anche perché non sono loro a ricevere direttamente un contributo per il rimpatrio, ma le autorità locali. Può essere una strada da intensificare.
In questa direzione certamente - ed è all'esame del Governo - la criticità indicata dall'onorevole Zaccaria, quella del reato di immigrazione clandestina, può essere un ostacolo sulla strada dei rimpatri volontari. In ogni caso, l'esiguità del numero di tali rimpatri è molto significativa. Stiamo lavorando per evitare che il reato di immigrazione clandestina possa costituire un ostacolo.
Sulle politiche di asilo e la concessione e valutazione delle domande l'Italia ha sviluppato un sistema che credo sia il più efficiente tra tutti i Paesi europei. Abbiamo ormai tredici Commissioni territoriali, organizzate sul territorio nazionale, che riescono a valutare le domande e a dare una risposta positiva o negativa in meno di sei mesi, un termine ampiamente al di sotto della media europea. Da questo punto di vista, l'esperienza italiana è certamente all'avanguardia in Europa.
Sui cosiddetti respingimenti, concordo con quanto affermato dal collega Stracquadanio: abbiamo ricevuto come Governo molte critiche da parte di alcune organizzazioni europee, in particolare dal Consiglio d'Europa, ma ci siamo preoccupati di informare e mantenere stretti i contatti con l'istituzione europea che può valutare


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e sanzionare il comportamento dei Governi nazionali, ossia la Commissione europea.
Vi ricordo, a questo proposito, le dichiarazioni del Commissario Cecilia Malmström, che ha la delega nella Commissione. Come sapete, la delega per gli affari interni e giuridici è stata sdoppiata tra il Commissario Malmström, che si occupa di immigrazione e di affari interni, e il Commissario Viviane Reding, che si occupa di giustizia e diritti umani.
Il Commissario europeo ha rilasciato alcune dichiarazioni a un giornale italiano, che rappresentano la conferma di quanto mi aveva già riferito. Ha svolto un'affermazione molto precisa. Alla domanda: «L'anno scorso l'Italia è stata criticata per la politica dei respingimenti previsti dai suoi accordi con la Libia. Condivide?», la risposta è stata la seguente: «La legislazione europea non prevede l'avvio delle procedure per l'asilo per chi è intercettato in acque internazionali. Detto questo, quando respingono gli immigrati in un Paese terzo, gli Stati membri devono rispettare i diritti fondamentali, assicurarsi che chi è respinto non finisca in Paesi dove rischi persecuzione e trattamenti disumani o da dove possa esservi avviato. Per questo seguiamo da vicino la sorte degli immigrati, una volta rimandati in Libia [...]».
Confermo che le operazioni di cosiddetto respingimento, ovvero di riaccompagnamento dei clandestini, sono state sempre eseguite in conformità alle normative e ai trattati internazionali. Si tratta, peraltro, di numeri esigui. Dal maggio al dicembre del 2008, sono sbarcati in Italia, a Lampedusa, circa 32 mila clandestini. Nello stesso periodo del 2009 ne sono sbarcati 3 mila 150, ossia il 90 per cento in meno. Quelli riaccompagnati in Libia sono stati 850. La differenza tra 32 mila e 3 mila 150 più 850, ossia 4 mila, è rappresentata da clandestini immigrati che non sono più partiti dalle coste libiche.
Le autorità libiche, infatti, hanno deciso di effettuare un'azione che non avevano mai posto in essere prima, ossia il controllo accurato delle proprie coste, con il pattugliamento delle acque territoriali tramite anche le sei motovedette fornite dal Governo italiano, ma anche dando disposizioni molto precise alla polizia libica per contrastare il fenomeno. Tale azione è iniziata a maggio dello scorso anno e non è più cessata.
Le autorità libiche hanno, altresì, cominciato a dare la caccia ai trafficanti di esseri umani. Alcune settimane fa si è svolto il primo processo che ha visto sul banco degli imputati anche alcuni poliziotti libici, evidentemente conniventi con i trafficanti. Si tratta di una novità importante, molto positiva e per certi versi inattesa per chi conosce la realtà libica, che conferma che, sul fronte del contrasto all'immigrazione clandestina, la Libia ha deciso di svolgere un'azione assolutamente efficace.
Qualcuno sostiene - lo ha citato anche l'onorevole Zaccaria - che in Libia non sono garantiti i diritti. Personalmente, non condivido quest'affermazione. Ricordo che la Libia fa parte delle Nazioni unite e che il presidente di turno dell'Assemblea generale delle Nazioni unite, per quest'anno, è libico. Mi sembra, dunque, singolare che la Libia sia accusata di non garantire i diritti della Carta fondamentale dell'ONU, quando il presidente dell'Assemblea generale è proprio il suo rappresentante.
Sono stato molte volte in Libia, ho visitato i centri di accoglienza degli immigrati clandestini e devo dire che quelli che ho visto personalmente sono assolutamente all'altezza, degni di tale nome, e che i diritti vi sono garantiti e le condizioni di vita sono normali.
Creare centri nei nostri Paesi per accogliere chi può avere diritto all'asilo è una proposta suggestiva, che però non mi sento di condividere per due motivi.
In primo luogo, i cittadini extracomunitari non sono sul territorio europeo, ma in Libia, in Tunisia, in Algeria, in Egitto e via dicendo, e non vedo come potremmo andare a prenderli e portarli qui per valutare se hanno diritto o meno. Chi prenderemmo? Tutti coloro che sostengono


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di voler venire in Europa per vivere meglio? Mi sembra francamente molto difficile da realizzare.
In secondo luogo, non credo che sia utile farlo prima che l'Unione europea accetti, se mai lo farà, la proposta che abbiamo presentato del burden sharing, ossia di coinvolgere, in un principio di effettiva solidarietà, tutti i Paesi europei nella gestione del fenomeno. Solo quando tutti i Paesi dell'Unione europea accetteranno il principio secondo cui, se qualcuno viene e chiede asilo, non è un problema dello Stato in cui questa persona arriva, ma di tutta l'Unione europea, creando, quindi, una struttura europea di accoglienza, si potrà forse pensare a questa possibilità. Finora tale ipotesi è ben lontana dal realizzarsi e, quindi, non condivido la proposta avanzata.
L'onorevole Bressa parla del 2014 e del fatto che siano tempi non accettabili. Sono assolutamente d'accordo con lei. Forse qualcuno ha pensato alla profezia della fine del mondo nel 2012 e ha ritenuto che il problema si risolverà da solo.
Sono i tempi che si è posta la Commissione europea. Noi continuiamo a sollecitare; io ho richiesto fin dal primo Consiglio GAI, del giugno 2008, un'azione più tempestiva ed efficace della Commissione in materia di immigrazione e vi assicuro che è stata una fatica enorme ottenere i piccoli risultati che abbiamo conseguito finora. Purtroppo, questi sono i tempi della Commissione europea, che non sono modificabili da noi, se non con l'auspicio che siano ridotti.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e il vicepresidente della XIV Commissione, onorevole Enrico Farinone, e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,20.

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