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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione II
4.
Martedì 14 ottobre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2

Audizione del Ministro della giustizia sulla situazione degli istituti penitenziari (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento)

Bongiorno Giulia, Presidente ... 2 3 14 16
Alfano Angelino, Ministro della giustizia ... 2 3 9 14
Lo Presti Antonino (PdL) ... 9
Paniz Maurizio, (PdL) ... 3
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE II
GIUSTIZIA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 14 ottobre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIULIA BONGIORNO

La seduta comincia alle 13.10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro della giustizia sulla situazione degli istituti penitenziari.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro della giustizia Angelino Alfano sulla situazione degli istituti penitenziari.
All'esposizione del Ministro seguiranno gli interventi dei colleghi, cui il Ministro stesso potrà replicare. A tale riguardo, comunico che alle 14 è prevista la seduta dell'Aula, con votazioni approssimativamente intorno alle 14,20.
Do la parola al Ministro Alfano per lo svolgimento della sua relazione, ringraziandolo per la sollecitudine e la puntualità con cui ha accettato l'invito della Commissione.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Signor presidente, quando partecipai alla prima seduta di questa Commissione come audito, feci presente non solo la mia disponibilità, ma anche il mio intendimento di rappresentare la vicenda delle carceri nella sua interezza a codesta Commissione.
Colgo quindi di buon grado l'odierna audizione e sono molto soddisfatto di avere l'opportunità, che avete inteso offrirmi, di riferire in una sede parlamentare come la vicenda delle carceri si ponga oggi all'interno della questione della giustizia in generale e del sistema Paese nel suo complesso.
Con il permesso del presidente, vorrei svolgere una premessa di metodo. Ho lavorato a lungo a questa relazione, frutto di numerosi studi compiuti all'interno dell'amministrazione e anche di alcune considerazioni personali. Pertanto, il testo che ne è derivato non è breve.
Mi dichiaro dunque disponibile a completare la presentazione della relazione, ad ascoltare le eventuali domande poste dai commissari, a rispondere ai quesiti a quali siamo in grado di dare risposta ed, eventualmente, a tornare in Commissione.
Insomma, non vorrei che, a causa della lunghezza della mia relazione, si comprimesse lo spazio degli interventi, oppure quello dedicato alla presentazione della mia esposizione.

PRESIDENTE. Direi, signor Ministro, di esporre tranquillamente la sua relazione. Dopodiché, intorno alle ore 14 valuteremo lo stato dei nostri lavori.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Dividerò il mio intervento in alcune parti, a ciascuna delle quali riserverò...

PRESIDENTE. Mi scusi signor Ministro. Ai fini dell'organizzazione dei nostri lavori, ricordo che alle 14 è convocata l'Aula. Può darsi, quindi, che per quell'ora dovremo interromperci.


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Ove ci venisse detto che non si vota subito, invece, potremmo procedere. Ad ogni modo, appena daranno i venti minuti termineremo immediatamente.

MAURIZIO PANIZ. Posso chiedere al Ministro se il testo della sua relazione sarà poi disponibile?

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Sì, lascerò il testo della relazione agli atti della Commissione.

PRESIDENTE. Ovviamente, resta inteso che ove il Ministro non riuscisse a rispondere alle domande oggi, tornerà la prossima settimana o nei prossimi giorni in Commissione.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Sì, sono assolutamente disponibile.
Dividerò il mio intervento in alcune parti, a ciascuna delle quali riserverò alcune considerazioni analitiche. Innanzitutto, mi riferirò all'edilizia penitenziaria; in secondo luogo, alla gestione del personale, alla gestione dei detenuti, al regime di detenzione delle donne madri e al regime dell'articolo 41-bis.
Alcune delle considerazioni che svolgerò fanno specifico riferimento ai cinque mesi di svolgimento del mio mandato; altre invece sono relative all'anno in corso, e quindi assorbono alcuni mesi del Governo precedente.
In tutti i settori di competenza dell'amministrazione penitenziaria si è cercato di garantire la piena attuazione del principio costituzionale che rappresenta la ragione fondante dell'amministrazione penitenziaria stessa.
In quest'ottica, si è continuato il lavoro intrapreso negli anni precedenti per rendere l'amministrazione penitenziaria sempre più un luogo di studio e osservazione delle grandi tendenze del sistema penale e penitenziario e, conseguentemente, di elaborazione delle linee guida, per farvi fronte.
In riferimento a tale aspetto, mi pare di importanza preliminare svolgere un'ampia considerazione sull'edilizia penitenziaria. Essa, infatti, è stata tesa al rinnovamento, al potenziamento e al risanamento del patrimonio immobiliare destinato all'esecuzione della pena anche dal Governo che ci ha preceduto e si estrinseca sia attraverso la costruzione di nuovi istituti, in sostituzione di vecchi penitenziari (attività di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti), sia tramite l'esecuzione di interventi di ristrutturazione, di manutenzione e di ampliamento di quelli esistenti (attività di competenza del Ministero della giustizia).
Il numero degli istituti penitenziari attualmente in funzione sul territorio nazionale è pari a 205. La loro capienza cosiddetta «regolamentare» è quantificata in 43.262 posti; mentre è individuato in 63.568 il numero dei cosiddetti «posti tollerabili».
Detti valori, tuttavia, indicano esclusivamente una capienza che sarebbe bene definire virtuale, atteso che molti di questi posti, nella realtà dei fatti, risultano non disponibili per problemi legati a deficienze di inidoneità strutturali e igieniche o ancora per la chiusura di alcuni reparti a causa della carenza del personale.
Alla data del 31 dicembre 2007, è stato stimato infatti che dei 43.262 posti regolamentari teoricamente disponibili ne fossero realmente fruibili circa 37.742.
Ciò premesso, è evidente che il continuo e preoccupante trend di crescita della popolazione detenuta impone l'acquisizione di ulteriori spazi destinati alla detenzione.
A tale riguardo, si precisa che la costruzione di nuovi istituti penitenziari, regolamentata dalle leggi n. 1133 del 1971 e n. 404 del 1977, si realizza con finanziamenti erogati da leggi specifiche sul capitolo 7473 del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, sulla base di un programma deliberato in seno al comitato paritetico per l'edilizia penitenziaria. Di tale comitato, presieduto da chi vi parla o da un suo delegato e che mi accingo a riunire, sto valutando uno snellimento, al fine di renderne più agile l'attività.


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L'amministrazione della giustizia, pertanto, partecipa attivamente solo alla formulazione, determinazione e rimodulazione dei programmi per l'edificazione di nuovi istituti, realizzati al fine di sostituire strutture già esistenti che, per ragioni essenzialmente di vetustà, versano in condizioni tali da dover essere dismesse. Basti pensare, a questo proposito, che oltre la metà degli istituti in funzione risale ad epoche remote. Il 20 per cento di essi è stato realizzato tra il 1200 ed il 1500, ed è soggetto ai vincoli architettonici e monumentali dei beni culturali; mentre, per la restante parte, la costruzione è del secolo scorso.
Al momento, gli interventi in atto, di competenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti - mi si scuserà per la pedanteria - riguardano: la nuova casa circondariale di Cagliari (che ha una capienza di 550 posti, la cui scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto è prevista per il mese di novembre del 2009); la nuova casa circondariale di Sassari (che ha una capienza di 400 posti, con una scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto prevista per il mese di marzo del 2010); la nuova casa circondariale di Tempio Pausania (che ha una capienza di 150 posti e una scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto prevista per il mese di agosto del 2009); la nuova casa circondariale di Oristano (che ha una capienza di 250 posti, con scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto prevista per il mese di settembre del 2009); la nuova casa circondariale di Forlì (che ha una capienza di 225 posti, con una scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto prevista per il 2012); la nuova casa circondariale di Rovigo (capienza 200 posti e scadenza contrattuale dei lavori relativi al primo lotto prevista per il 2011); la nuova casa circondariale di Trento (che ha una capienza di 220 posti e i cui lavori di costruzione, a seguito di permuta, sono stati finanziati e sono in corso di esecuzione a cura della provincia autonoma di Trento, con una previsione di ultimazione per il 2011. Secondo i nostri dati, l'intervento sta procedendo nei tempi previsti, con la possibilità di ultimazione anticipata al giugno del 2010); la nuova casa circondariale di Marsala (che ha una capienza di 175 posti, anche se l'opera non è mai stata iniziata per un contenzioso tra l'affidatario dei lavori e l'amministrazione appaltante, ossia il Ministero delle infrastrutture); la nuova casa di reclusione di Reggio Calabria (che ha una capienza di 150 posti ed è in corso di realizzazione dal 1996) e la nuova casa circondariale di Savona (che ha una capienza di 265 posti, ma sulla quale, già sull'appalto del primo lotto, è in atto un contenzioso che ne ha bloccato l'aggiudicazione).
Quanto alla nuova casa circondariale di Pordenone, relativamente alla quale l'onorevole Contento aveva presentato un'interrogazione, riferisco che l'intervento è già inserito nel programma di edilizia penitenziaria del 1998.
In seguito, è intervenuta la legge n. 259 del 2002 che, con apposito stanziamento, autorizzava l'amministrazione della giustizia a realizzarlo, con lo strumento della locazione finanziaria. Tuttavia, la gara indetta per l'aggiudicazione del servizio è stata impugnata presso la Corte europea, la cui Commissione, sebbene l'autorità di vigilanza sui lavori pubblici e il Consiglio di Stato si fossero espressi favorevolmente sulle procedure seguite dall'amministrazione, ha pronunciato un parere contrario.
I fondi relativi a tale appalto, su disposizione del Ministro allora in carica, furono impegnati per la realizzazione di padiglioni detentivi presso gli istituti di Avellino per 150 posti; di Velletri per 200 posti; di Cuneo per 200 posti; di Santa Maria Capua Vetere per 304 posti; di Catanzaro per 300 posti e di Palermo Pagliarelli per 304 posti.
Pertanto, la realizzazione del nuovo carcere di Pordenone restò priva di finanziamento.
Nell'ambito di una conferenza dei servizi che si tenne lo scorso gennaio, presso la prefettura di Pordenone, al fine di risolvere la problematica relativa alla realizzazione del nuovo carcere, sono state individuate due ipotesi alternative. Una di


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esse era quella di costruire ex novo la struttura nel comune di Pordenone, sede di tribunale, con un costo orientativo di 50-60 milioni di euro, previa richiesta di apposito finanziamento da parte della regione al Governo. Qualora non fosse stata praticabile tale strada, per mancanza di fondi, si sarebbe potuto realizzare il nuovo penitenziario presso una caserma sita nel comune di San Vito al Tagliamento, con un costo di circa 30 milioni di euro, a carico della nostra amministrazione.
Nello scorso mese di aprile, il Ministro della giustizia pro tempore optò per la seconda soluzione, ricercando i fondi necessari negli stanziamenti per il 2008. Approvata da parte della competente commissione la scelta dell'area della ex caserma, permane a tutt'oggi la problematica relativa ai fondi, stante l'insufficienza di quelli attualmente disponibili.
Pertanto, qualora si dovesse proseguire su questa strada, sarebbe di importanza fondamentale, alla luce dell'interesse e dell'eventuale disponibilità manifestata dalla regione, il fattivo coinvolgimento della regione stessa, ai fini di un'eventuale compartecipazione al finanziamento dell'opera.
A tale proposito, potrebbe promuoversi un'intesa con l'attuale presidente della regione per un'estensione del protocollo di collaborazione stipulato nel dicembre 2006.
In merito alla costruzione di alcuni vitali istituti penitenziari, sono state presentate diverse interrogazioni parlamentari: sia quella dell'onorevole Contento sul carcere di Pordenone, cui facevo riferimento, sia quella del deputato Melis sul completamento del carcere di Sassari, riguardo alla quale ha già fornito risposta la sottosegretaria Casellati, sia un'interrogazione a risposta scritta del senatore De Eccher sulle problematiche della chiusura del vecchio istituto di Trento.
Ciò premesso, e detto anche che la realizzazione dei primi lotti consentirà il recupero di 1.215 nuovi posti, preme evidenziare che tutti gli interventi sopra delineati richiedono ulteriori finanziamenti per la realizzazione dei secondi lotti di ultimazione delle strutture, che andrebbero ad aggiungere ulteriori 810 posti, per un totale di 2.025 posti, derivanti dalla nuova edilizia.
Occorre considerare poi gli ambiti di competenza dell'amministrazione penitenziaria, ossia quelli relativi al finanziamento e all'attuazione dei programmi di edilizia contemplanti interventi di ristrutturazione di sezioni precedentemente chiuse e l'ampliamento di istituti preesistenti, mediante la costruzione di nuovi padiglioni, oppure di nuovi corpi di fabbrica in comprensori e nelle pertinenze di penitenziari già esistenti.
Quanto ai padiglioni, la loro costruzione è prevista presso i nuovi istituti penitenziari che avranno il beneficio di tali realizzazioni nella loro stretta adiacenza, o pertinenza.
Mi riferisco alla casa circondariale di Agrigento (dove i lavori sono da appaltare); alla casa circondariale di Ariano Irpino (dove i lavori sono da pianificare); ad Avellino (dove i lavori sono in corso a medio e lungo termine); a Santa Maria Capua Vetere (dove i lavori sono appaltati); a Carinola (dove i lavori sono da appaltare); a Catanzaro (dove i lavori sono già appaltati); a Cremona (dove i lavori sono da appaltare); a Cuneo (dove i lavori sono in corso a medio e lungo termine); a Frosinone (dove i lavori sono da pianificare); a Livorno (dove i lavori sono da appaltare); a Bollate (dove siamo già in fase di apertura del nuovo padiglione); a Modena (dove i lavori sono da pianificare); a Nuoro (dove i lavori sono da pianificare); a Palermo Pagliarelli (dove i lavori sono già appaltati); a Pavia (dove i lavori sono da pianificare); a Terni (dove i lavori sono da appaltare); e a Velletri (dove i lavori a medio e lungo termine sono in corso).
Sono stati invece aperti dal precedente Governo, nell'anno 2007 e nei primi mesi del 2008, per effetto della conclusione dei lavori: la casa di reclusione di Spoleto (che ha una sezione 41-bis); la casa di reclusione di Fossano; la casa circondariale di Brindisi; la casa di reclusione di Milano Opera (che ha una sezione 41-bis); la casa circondariale de L'Aquila (anche qui vi è


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una sezione 41-bis); la casa circondariale di Rimini (con una ristrutturazione della sezione detentiva) e la casa di reclusione di Civitavecchia (con la ristrutturazione del padiglione chiamato «Cattaneo»). Si è consentito in questo modo il recupero di complessivi 485 posti detentivi.
Un piano di incremento ulteriore dei posti detentivi prevede: l'appalto per la ristrutturazione della sezione 8A di Palermo Ucciardone; l'ampliamento di un padiglione detentivo ad Enna; la ristrutturazione dell'istituto di Avezzano, che è chiuso; l'intervento su un centro diagnostico terapeutico a Pisa; la ristrutturazione del centro clinico a Milano; la ristrutturazione parziale dell'istituto di Lodi e la ristrutturazione dell'ex sezione femminile di Cosenza.
È inoltre prevista l'apertura e l'utilizzazione, nei primissimi mesi del 2009, della casa circondariale di Rebibbia e della diramazione Conca d'oro per la casa di reclusione Is Arenas-Arbus.
Si prevede ancora: una ristrutturazione a Catanzaro; la realizzazione di un nuovo padiglione a Bollate; alcuni interventi sulla casa di reclusione a Noto; alcuni interventi sulla diramazione Fontana, ad Isili; la creazione di un nuovo istituto, a Rieti; la realizzazione di una sezione di reclusione, a Bergamo; interventi per un centro clinico, a Perugia Capanne e la ristrutturazione delle ex lavorazioni, a Barcellona Pozzo di Gotto.
Sommando tali operazioni, si ottengono 1.270 nuovi posti detentivi.
Entro il primo semestre del 2009, è previsto: il completamento della casa di reclusione di Massa; un intervento sulla casa circondariale di Rimini, con la trasformazione di un'ex caserma in sezione detentiva; la ristrutturazione del terzo padiglione dell'OPG (Ospedale psichiatrico giudiziario) di Barcellona Pozzo di Gotto; la ristrutturazione dell'istituto del primo lotto della casa circondariale di Trani; la ristrutturazione del padiglione Firenze della casa circondariale di Napoli, Poggio Reale e la ristrutturazione in prima fase della casa circondariale di La Spezia. Tutte queste attività portano ad un totale di 575 posti detentivi.
È inoltre stato stabilito il completamento, a medio o lungo termine - intendo dire dal 2009 in poi, non prima della fine del 2008 -, della casa di reclusione di Favignana, della casa circondariale di Avezzano e della casa circondariale di La Spezia.
Si prevede ancora l'appalto dei lavori, di cui al programma del 2007: di Campobasso (ristrutturazione della sezione detentiva); di Pescara (ristrutturazione della sezione penale); di Paola, (ristrutturazione della sezione ex femminile); di Napoli (ristrutturazione primo lotto dell'ospedale psichiatrico-giudiziario); di Roma (completamento della ristrutturazione della sezione quarta A del Regina Coeli) e di Padova (ristrutturazione delle sezioni detentive della casa circondariale).
È stata pianificata inoltre la realizzazione dei seguenti interventi che riguardano: la casa circondariale di Salerno; gli istituti penitenziari di Parma; la casa circondariale di Ponte Decimo; la casa di reclusione di Ancona Barcaglione; la casa circondariale di Vercelli; l'OPG di Montelupo Fiorentino; la casa di reclusione di Spoleto; un'altra sezione di Regina Coeli, la quinta (a Regina Coeli la ristrutturazione riguarderà anche la seconda sezione detentiva) e, a Cassino, la ristrutturazione della copertura della sezione 3A, oltre all'OPG di Napoli che prevede lavori di ristrutturazione dei reparti 1A, 2A e 3A per minorati.
Questo programma edilizio ha già consentito il recupero di 485 posti. Entro un anno - speriamo anche prima, ossia entro i primi mesi del 2009 -, porterà ad acquisirne ulteriori 1.270 ed entro il 1o settembre del 2009, altri 575, per un totale complessivo di nuovi 2.330 posti detentivi. Nel prossimo triennio, il progetto di recupero attivato dal DAP (Dipartimento dell'amministrazione penitenziaria) prevede la creazione di nuovi 2.100 posti.
Posta questa lunga, articolata e analitica disamina, è doveroso evidenziare che la capacità di intervento della nostra amministrazione


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è stata penalizzata dalla circostanza per la quale, nel corso del 2007, si è potuto disporre dei soli fondi, di cui alla legge n. 259 del 2002, nonché dei residui, relativi ai fondi ordinari dell'esercizio finanziario 2006.
Infatti, gli stanziamenti previsti dalla finanziaria 2007 sono stati resi disponibili soltanto il 24 dicembre 2007 e, di conseguenza, non è stato possibile impegnarli nell'esercizio di competenza.
Di certo, il progetto ideato dal DAP di costruire nuovi padiglioni detentivi, all'interno di quelle strutture penitenziarie presso le quali è possibile farlo per l'ampiezza degli spazi disponibili, costituisce una risposta più celere per affrontare il problema del sovraffollamento.
Infatti, la costruzione di nuovi istituti, di pertinenza del Ministero delle infrastrutture e dei trasporti, richiede tempi molto lunghi, al punto tale che molto spesso le nuove strutture vengono cedute direttamente a questa amministrazione, ossia al Ministero della giustizia, perché sono già bisognose, ancora prima di essere utilizzate, di interventi di ristrutturazione e di adeguamento alle eventuali nuove normative che sono subentrate nel corso della loro costruzione.
Invece, i tempi di esecuzione dei nuovi padiglioni sono estremamente più ridotti, con conseguenti vantaggi anche in termini di risparmio delle risorse economiche e strumentali.
La costruzione di nuovi padiglioni, inoltre, comporta un'importante economia, in termini di personale di custodia e amministrativo, il cui incremento è di rilevanza poco significativa se comparata a quello che occorre nel caso di attivazione di un nuovo istituto penitenziario nella sua interezza. Last but not least - direbbero gli inglesi -, la realizzazione di un padiglione da 200 posti nel comprensorio di un complesso penitenziario già esistente implica una spesa inferiore ai 10 milioni di euro.
Per contro, un nuovo penitenziario di medesima capienza, da realizzarsi ex novo in contesti completamente avulsi da preesistenti insediamenti, comporta una spesa di circa 45 milioni di euro.
A completamento del quadro degli interventi edilizi, si evidenzia che entro la fine dell'anno corrente è prevista l'attivazione della ex casa mandamentale di Gela, che è stata consegnata dal comune alla competente agenzia del demanio il 25 dello scorso mese. Nella stessa data, inoltre, è stata conferita in uso governativo a questa amministrazione che provvederà ad utilizzarla come casa circondariale. Non è ancora aperta perché, per la funzionalità di Gela, si richiedono interventi di adeguamento e completamento degli impianti e dei sistemi di sicurezza, per un importo di 1,5 milioni di euro, ai quali si sta facendo fronte con i finanziamenti previsti per il corrente esercizio finanziario, in modo tale da attivare la struttura nei tempi che abbiamo previsto.
Questo per quanto riguarda l'aspetto dell'edilizia penitenziaria.
Vengo ora ad un ulteriore aspetto della questione che mi pare fondamentale: quello del personale. La questione generale del sovraffollamento, infatti, non può trovare esclusiva risposta nello sviluppo dell'edilizia penitenziaria. Ciò non solo per la mancanza di risorse economiche proporzionate alle esigenze e per i tempi lunghi di esecuzione dei lavori, ma anche per la carenza di risorse umane, specificamente polizia penitenziaria e personale del comparto ministeri, necessarie per la gestione delle nuove strutture.
Invero, relativamente al personale della polizia penitenziaria, a fronte di una dotazione organica determinata dalla legge, specificatamente dal decreto legislativo n. 146 del 2000, in 45.121 unità, si registra una carenza di 4.171 unità.
Riguardo al personale del comparto ministeri, determinato con un DPCM del 28 febbraio 2006, che prevede unità di personale per 8.872, si registra una carenza di 2.535 unità.
Relativamente alle figure dirigenziali, previste con due diversi decreti legislativi e con un decreto ministeriale del 2007 - sono considerate necessarie 549 unità, ridotte


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a 537 per effetto della riforma della sanità penitenziaria - si registra una carenza complessiva di 16 unità.
Se pertanto le dotazioni organiche sono già insufficienti per le esigenze relative all'epoca della loro individuazione, non vi è dubbio che la situazione sia andata ancor di più aggravandosi a seguito dell'apertura, dopo il 2000, di nuove strutture penitenziarie, della realizzazione dei nuovi padiglioni detentivi e della ristrutturazione di sezioni detentive inutilizzate.
Oltre a ciò, nel corso degli ultimi anni, si sono consolidate, in capo alla polizia penitenziaria, come voi ben sapete, delle nuove funzioni istituzionali che vedono impegnate, su fronti diversi dal contesto penitenziario, le stesse forze di polizia, ma che sono sempre proprie del comparto sicurezza e che necessitano di notevoli risorse di personale. Mi riferisco specificamente al servizio di polizia stradale, all'ufficio per la sicurezza e vigilanza, al nucleo investigativo centrale e al servizio notifiche.
Ne consegue che tale situazione, che già adesso rende critica l'operatività di quasi tutte le realtà penitenziarie, si aggraverebbe ancor di più, fino a diventare quasi insostenibile, con l'apertura o l'ampliamento dei nuovi istituti. Se non accompagnati da una politica di incremento degli organici, infatti, tali interventi sarebbero del tutto sterili.
Mi concentrerò ora in modo specifico sulla situazione relativa alla polizia penitenziaria.
Per l'assunzione di personale, in relazione al turn-over per l'anno 2007, si è proceduto mediante un bando di concorso dei volontari in ferma prolungata per un anno di 219 posti (110 uomini e 109 donne). Il bando è stato pubblicato il 10 ottobre del 2008.
Si è previsto poi un bando di concorso per le fiamme azzurre che sarà pubblicato venerdì 17 ottobre. Se mi consentite una parentesi, vorrei far rilevare che le fiamme azzurre hanno ottenuto risultati eccezionali a Pechino, dove hanno registrato la migliore prestazione della loro storia. Dai nove partecipanti alle olimpiadi di Atene del 2004, si è passati ai diciotto di Pechino. Il risultato è davvero straordinario, se si considera che tale gruppo conta poco più di cento atleti.
Dalla Cina, peraltro, sono arrivate una medaglia d'argento e una di bronzo. Inoltre, anche nelle paraolimpiadi, i nostri agenti di polizia penitenziaria si sono particolarmente distinti. Di questo daremo loro merito e atto domani, nel corso della festa della polizia penitenziaria, alla quale spero che alcuni di voi, o tutti, vorrete partecipare.
Sempre per quanto riguarda il personale, in riferimento alle unità di riammissione in servizio, il 15 settembre 2008 sono state inviate le seguenti unità di personale al corso di formazione presso le scuole di formazione di Cairo Montenotte e di Parma: 120 unità provenienti dai volontari in ferma breve delle forze armate assegnate presso la scuola di formazione di Cairo Montenotte (Savona) e 58 unità, provenienti dai volontari in ferma breve delle forze armate (37 uomini e 21 donne), presso la scuola di formazione di Parma.
Nove unità, già idonee, non vincitrici del concorso pubblico riservato alle volontarie in ferma prefissata annuale delle forze armate, sono state assegnate presso la scuola di formazione di Parma e ulteriori due unità potrebbero essere inviate presso la suddetta scuola (se ne sta verificando la posizione).
Relativamente al personale del comparto ministeri, con le risorse della finanziaria per l'anno 2008, sono stati assunti 45 contabili assegnati alle sedi del nord, opportunamente individuate sulla base delle effettive carenze di organico, e 3 esperti informatici.
È stata altresì inoltrata la richiesta di autorizzazione per l'assunzione di altre 25 unità da individuare soprattutto nel profilo di contabile, utilizzando i fondi derivanti dalle cessazioni dal servizio di personale avvenute nell'anno 2007, nel limite del 20 per cento; mentre si è proceduto a richiedere l'autorizzazione all'utilizzo dei fondi, nella misura del 40 per cento,


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previsto per la stabilizzazione del personale dei vincitori dei concorsi pubblici che ho testé citato.
Tale ulteriore autorizzazione comporterebbe l'assunzione di altre 50 unità di personale.
Si sono invece concluse quattro selezioni. Parlo della procedura concorsuale per l'assunzione di 397 posti per la figura professionale di educatore; mentre è in fase di conclusione la procedura relativa a 50 posti per la figura professionale di educatore.
Sono state indette procedure concorsuali per quattro unità di personale nelle figure professionali di educatore, contabile e collaboratore per la regione a statuto speciale della Valle d'Aosta, in ragione della precarietà di tali figure professionali in quel contesto territoriale. Allo stato, i vincitori di tale concorso non sono ancora stati assunti.
Ricordo inoltre le procedure propedeutiche all'assunzione di personale che ha superato i percorsi di riqualificazione interni, riservati all'area funzionale C, la posizione economica C1, che erano fermi da oltre un anno.
L'11 febbraio del 2008, sono state assunte dal precedente Governo 227 unità, tra le varie figure di contabili, educatori e collaboratori.
Infine, si è conclusa la procedura di assunzione di 22 unità di educatori da destinare al PRAP (Provveditorato regionale dell'amministrazione penitenziaria) del Piemonte, in attuazione della legge finanziaria del 2007.
Orbene, nelle more del completamento delle procedure di assunzione, l'amministrazione penitenziaria ha, tuttavia, avviato un progetto di recupero e di razionalizzazione delle risorse umane esistenti, attraverso processi di rafforzamento delle motivazioni professionali e lavorative, anche con l'adozione di nuovi modelli di sorveglianza, capaci di valorizzare la flessibilità e la dinamicità del servizio istituzionale ancora oggi caratterizzato da schemi rigidi e statici.
Un'ulteriore questione molto delicata, dalla quale deriveranno altri due ambiti della mia riflessione, è quella della gestione dei detenuti.
Gli effetti dell'indulto del 2006 sono stati del tutto provvisori, atteso che, nel periodo intercorrente tra l'agosto del 2006 e il mese di settembre 2008, si è assistito ad una crescita media mensile pari a poco meno di 800 unità al mese, con alcune punte, registratesi nel semestre novembre 2007-febbraio 2008 che hanno raggiunto le mille unità mensili.

ANTONINO LO PRESTI. Di nuovi detenuti?

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Sì; comunque è un dato medio.
Questa notte, quella del 13 ottobre 2008, hanno dormito nelle nostre strutture penitenziarie 57.187 detenuti. Il fenomeno del sovraffollamento è aggravato da diverse circostanze. Tra queste, vi è il progressivo aumento dei detenuti stranieri che, specie in alcuni istituti del nord del Paese, raggiungono percentuali superiori a quelle dei detenuti italiani.
Alla data di ieri, i detenuti stranieri ammontano a 21.366 unità, rappresentando il 38 per cento della popolazione detenuta. Essi risultano provenire da oltre centocinquanta Paesi diversi, in particolare da: Marocco, Albania, Tunisia, Romania ed ex Jugoslavia.
Quanto alla possibilità di ridurre il numero delle presenze dei detenuti stranieri, sarebbe necessario collaborare - e per questo stiamo lavorando, come ho avuto modo di dire varie volte - specie con gli Stati dai quali provengono maggiormente tali soggetti e accompagnare tale azione con una più consistente politica delle espulsioni.
A questo proposito, nel campo della collaborazione internazionale, si è proceduto all'individuazione dei detenuti di nazionalità rumena.
Di ciò si è parlato sia in un incontro che, il Ministro Maroni e il sottoscritto, abbiamo avuto a Bucarest con i nostri omologhi rumeni, sia nel corso del vertice


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bilaterale che si è tenuto la scorsa settimana.
Tutto ciò è avvenuto, in attuazione di un accordo stipulato tra la Repubblica italiana e la Romania, il 13 settembre del 2003 e agevolato ulteriormente dall'ingresso della Romania nell'ambito dell'Unione europea.
Quanto alla possibilità di ridurre il numero delle presenze dei detenuti stranieri, dobbiamo tenere presente che in Italia, seppure esiste una legge che prevede l'applicazione della sanzione sostitutiva dell'espulsione per chi deve scontare una pena anche residua inferiore ai due anni - e oggi questa fattispecie coinvolgerebbe 4.500 detenuti e si tratterebbe di una procedura che in teoria non lascia margini di discrezionalità - la politica delle espulsioni non riesce a decollare. Basti pensare che nel 2007 i detenuti scarcerati per espulsione sono stati 282 e fino al giugno di questo anno solo 158.
Stiamo lavorando, quindi, di concerto con il Ministero dell'interno, per attuare un intervento che possa rendere più efficace questa norma.
A tal riguardo, nel campo della gestione della popolazione detenuta di origine extracomunitaria, è stata adottata una direttiva interministeriale, di concerto tra i Ministri dell'interno e della giustizia, volta a definire le modalità di identificazione dei detenuti e degli internati extracomunitari e di acquisizione dei documenti abilitativi al rimpatrio durante il periodo di detenzione, onde rendere possibile l'immediata espulsione una volta avvenuta la dimissione dal carcere, senza necessità del trattenimento nei centri di permanenza per l'identificazione.
Sostanzialmente, si cerca di attuare un'identificazione più efficace, per evitare questo periodo di interregno tra l'uscita dal carcere e l'espulsione.
Una considerazione specifica merita la posizione giuridica rivestita dalle persone detenute, la maggior parte delle quali risulta essere in attesa di un giudizio definitivo.
Credo che i dati che adesso vi riferirò possano risultare eloquenti. Nelle nostre carceri vi sono 16.179 detenuti in attesa del primo giudizio; 9.782 appellanti; 3.544 ricorrenti, ossia che hanno fatto ricorso per Cassazione; 1.669 detenuti con una posizione mista; 24.285 detenuti condannati con sentenza definitiva; 1.597 cosiddetti «internati» e 131 da impostare, ossia soggetti per i quali il matricolista ancora non ha potuto inserire nell'archivio la posizione giuridica. Il totale , lo ripeto, è di 57.187.
Da tale prospetto emerge che i soggetti presenti in carcere, in virtù di una sentenza di condanna definitiva, alla data del 14 agosto, rappresentano poco più del 39 per cento del totale della popolazione detenuta.
Il capovolgimento del rapporto tra detenuti definitivi e detenuti in attesa di giudizio si traduce inevitabilmente anche in un aggravio delle attività trattamentali che, a rigore, dovrebbero essere previste per i soli soggetti condannati in via definitiva.
Vi è un altro aspetto che mi preme sottolineare, accennato nel corso nella prima audizione e che ritengo importante approfondire. Mi riferisco al fatto che le dimensioni del flusso di ingressi e scarcerazioni, quindi «l'entra ed esci», che quotidianamente interessa gli istituti penitenziari, si traduce in una movimentazione di circa 170.000 detenuti ogni anno, con un sovraccarico di lavoro anche per le traduzioni che, nel solo 2007, sono state oltre 300.000.
Peraltro, a fronte di un rilevantissimo numero di ingressi e uscite dal carcere, si riscontra una elevatissima percentuale di detenzioni di brevissima durata, intendendo per tali quelle non superiori a dieci giorni. Ciò significa che per una gran parte dei soggetti che fanno ingresso in un istituto penitenziario, l'esperienza del carcere è limitata a pochi giorni di custodia cautelare, con tutti i rischi che questo comporta, in termini di adattamento individuale, di rischi di suicidio e di cosiddetto «contagio criminale».
Tale elevato flusso penitenziario contribuisce a determinare il sovraffollamento, rendendo, tra l'altro, di fatto inattuabile


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il disposto costituzionale che attribuisce alla pena una funzione di recupero dei condannati per la difficoltà dell'amministrazione di entrare in relazione, e a volte persino di conoscere, la persona detenuta.
Per affrontare l'impressionante e frenetico turn-over dei detenuti, il DAP ha diramato una circolare avente ad oggetto i detenuti provenienti dalla libertà, regole di accoglienza e linee di indirizzo, proprio al fine di dettare regole, pensate anche per migliorare la gestione di quella parte della popolazione detenuta destinata ad avere una breve permanenza in carcere.
Si è voluto più specificamente incidere sul modello organizzativo delle procedure di accoglienza delle persone provenienti dalla libertà, in quanto i primi momenti della detenzione, tanto nella fase cautelare, quanto in quella della esecuzione della pena, sebbene con caratteristiche diverse, sono particolarmente delicati per l'incolumità fisica e psichica del soggetto ristretto.
Inoltre, si è voluto compiere un grande sforzo per rendere meno traumatici i primi giorni di detenzione proprio perché questi, in molti casi, coincidono con gli ultimi. In ciò vale rilevare ancora una volta il rapporto tra detenuti in attesa di giudizio e detenuti definitivi.
L'istituzione di questo strumento, che a nostro avviso è un servizio efficace di accoglienza per tutti gli istituti penitenziari, vede nello staff multidisciplinare per la presa in carico dei nuovi detenuti, il suo mezzo operativo principale.
In questo modo, si dovrebbe contribuire a ridurre ulteriormente il numero di atti di autolesionismo e, più in generale, a rendere meno traumatico l'impatto col carcere.
Una qualche diminuzione del flusso potrebbe, peraltro, realizzarsi con un più consistente impiego delle camere di sicurezza per gli arrestati processati per direttissima che ogni anno sono circa 13.000; metà dei quali sostano in carcere non più di due giorni.
Passando, invece, al tema della certezza della pena, a nostro avviso occorre intervenire sui tempi dei processi per evitare che soggetti detenuti per gravi reati escano dal carcere per scadenza dei termini di custodia cautelare, vanificando in tal modo lo stesso principio della certezza della pena.
Fermo restando tutto ciò, mi preme evidenziare che il fenomeno del sovraffollamento non riguarda, però, la popolazione detenuta femminile, atteso che il numero di donne ristrette in carcere costituisce una minima percentuale dell'intera popolazione detenuta attestandosi su valori pari a circa il 4 per cento.
Il numero di detenute presenti alla data di ieri, è di 2.599; in calo rispetto agli anni precedenti, quando le presenze detentive femminili medie si attestavano sotto la soglia delle 3.000 unità.
La presenza detentiva femminile più consistente si registra nelle regioni della Lombardia, del Lazio e della Campania.
Sebbene la presenza femminile nei penitenziari del Paese sia contenuta nel numero, decisamente più complesse e delicate sono le questioni che accompagnano lo stato di detenzione delle donne; problematiche che si accentuano inevitabilmente allorquando sono presenti dei figli.
A tale riguardo, occorre distinguere la donna madre con figli nell'istituto, dalla donna madre che vive una maternità - chiamiamola così - «a distanza».
Allo stato, le donne madri detenute ammontano a 1.207 unità.
Riguardo al primo aspetto, il nostro ordinamento, come voi ben sapete, consente alle donne madri detenute di tenere i figli presso di sé fino all'età di tre anni.
Si tratta di una previsione fortunatamente accompagnata da una serie di accorgimenti, tesi a mitigare, per quanto possibile, l'impatto doloroso e gli effetti negativi che inevitabilmente le mura di un carcere hanno sulla crescita psicofisica di bambini così piccoli e ad affermare condizioni di vita che consentano di tutelare il rapporto madre-figlio, allentando alcune condizioni di stress.
Nel 2000, è stato emanato un regolamento di esecuzione che ha previsto, infatti, che le camere in cui sono ospitate le


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gestanti e le madri con i figli non devono essere chiuse, in modo tale da consentire ai minori di potersi liberamente spostare all'interno del reparto, anche se con il limite di non turbare l'ordinato svolgimento della vita detentiva.
Inoltre, quello stesso regolamento ha stabilito l'intervento dei servizi pubblici territoriali e del volontariato, ai fini dell'accompagnamento dei bambini all'esterno, previo consenso della madre, onde consentire loro la frequenza degli asili nido nei quartieri vicini.
Per una migliore tutela del rapporto tra detenute e figli è intervenuta, nel 2001, la cosiddetta «legge Finocchiaro» che ha introdotto sostanziali innovazioni sia rispetto alle previsioni del codice penale che dell'ordinamento penitenziario, per favorire il rapporto madre-figlio.
Nel 1998, è stato previsto che le misure alternative alla detenzione possano essere concesse, senza necessità che sia iniziata la detenzione. In tal modo, la donna condannata con i figli piccoli può fruire della detenzione domiciliare, senza avere nessun contatto con l'ambiente carcerario e senza alcun trauma nel rapporto con i propri figli.
A questo punto, vorrei riferirvi di un progetto che abbiamo avviato, che riguarda sempre le detenute madri e che avrei chiamato «Mai più bimbi in carcere».
L'amministrazione penitenziaria ha pensato ad un modello di custodia attenuata per le detenute madri con gli istituti chiamati ICAM (Istituto di custodia attenuata per detenute madri), creando in sinergia con tutte le componenti degli enti locali, la provincia, la regione, il comune e il distretto scolastico competenti, delle strutture che consentano ai bambini e alle loro madri, sottoposte a procedimenti restrittivi, di non varcare la soglia del carcere, ma di trascorrere il periodo della pena in ambienti esterni, organizzati e strutturati sulla falsariga di una casa famiglia, dove non esistono cancelli, né personale in divisa, dove gli arredi sono quelli di una comune casa, dove c'è la possibilità e la libertà di movimento e dove vengono sviluppate attività formative e ludiche nei confronti dei bambini.
Si tratta di una forma alternativa alla classica detenzione ed è realizzata in apposite strutture.
La prima esperienza di questo tipo - che non nasce da noi, ma dal Governo precedente - si è realizzata a Milano, dove, a seguito di un protocollo di intesa tra i Ministri della giustizia e della pubblica istruzione, la regione Lombardia, il comune di Milano e la provincia hanno messo a disposizione una palazzina per detenute madri, sempre con prole fino a tre anni, per allestire una casa a custodia attenuata, nella quale sperimentare un servizio educativo rivolto alle madri detenute e ai loro figli. Iniziative di questo genere stanno per essere rese operative da noi, anche a Venezia, Firenze, Roma e Agrigento e si auspica che possano essere estese anche in altre città.
Riteniamo di andare avanti su questa strada e di rendere ordinaria la regola per cui i bimbi non devono più stare in carcere.
Abbiamo immaginato alcuni interventi per dare un primo tampone al sovraffollamento carcerario e alla questione dei carichi di lavoro.
Le ipotesi in campo sarebbero quelle di un maggiore uso delle camere di sicurezza; di un aumento degli spazi detentivi; di accordi internazionali con gli Stati dai quali provengono maggiormente i detenuti stranieri; di una più efficace politica dell'espulsione, ma anche la realizzazione dei circuiti penitenziari.
Potrebbe dunque risultare proficuo un uso più razionale degli spazi detentivi, attraverso una caratterizzazione degli istituti di pena, come avviene in tanti Paesi del mondo, e una conseguente diversificazione dei metodi di custodia che, senza rinunciare ovviamente agli standard di sicurezza, potrebbero essere calibrati sulle diversità dei detenuti e sui loro differenti livelli di pericolosità.
In Italia, sono previsti nove circuiti diversi, distribuiti in quasi tutti gli istituti


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penitenziari (vale a dire che in ciascun istituto penitenziario sono presenti i vari circuiti).
Tale circostanza fa sì che vi sia una uniformità di custodia e di vigilanza a prescindere dal circuito di appartenenza del detenuto con un'inutile dispendio di personale.
Allora, si potrebbe ipotizzare un rafforzamento di questo genere di circuiti e una maggiore specificità del trattamento delle situazioni soggettive, in riferimento all'appartenenza del singolo detenuto all'uno o all'altro circuito.
Una considerazione autonoma merita la vicenda dei detenuti sottoposti al regime di cui all'articolo 41-bis dell'ordinamento penitenziario. Tale speciale sistema di detenzione, nell'ultimo anno, ha infatti continuato a svolgere efficacemente la sua delicata funzione di prevenzione.
Da quando è iniziato il mio mandato sono stati emessi 210 decreti, di cui 40 di prima applicazione, nei confronti di esponenti della criminalità organizzata segnalati dalle competenti DDA.
Gli annullamenti dei provvedimenti ministeriali, pari a 58, sono stati molto contenuti rispetto agli anni precedenti (59 nel 2007 e 89 nel 2006), grazie a una specifica attività del DAP che ha proposto linee interpretative della norma, poi adottate anche dalla giurisprudenza di legittimità.
Sono state, inoltre, adottate precise direttive sotto il profilo gestionale, mantenendo, in particolare, criteri rigorosi di inibizione delle comunicazioni con l'esterno.
A tal proposito, mi piace citare la circolare del 19 agosto 2008, con la quale sono state aggravate le condizioni di detenzione, proprio al fine di evitare qualsiasi possibilità di rapporti con l'esterno.
Il modello così consolidatosi nell'esperienza giuridica e nella prassi applicativa è stato pure esportato in altri Paesi che guardano al regime speciale italiano come ad uno dei più efficaci sistemi di crime control.
In lieve diminuzione rispetto allo scorso anno è il numero dei soggetti sottoposti al 41-bis che hanno assunto lo status di collaboratori di giustizia. Sono passati da nove a sette.
La gestione delle informazioni provenienti dalle collaborazioni con la giustizia è, infatti, un aspetto di una strategia di tipo integrato, all'interno della quale la prontezza con cui vengono utilizzate le informazioni costituisce spesso il presupposto per l'utilizzazione dei dati acquisiti ai fini di prevenzione, nella misura in cui ciò consenta di cogliere talune opportunità nello spazio di tempo ristretto entro il quale esse possono essere ancora sfruttate.
Grazie alle comunicazioni all'autorità giudiziaria, anticipate spesso anche per vie brevi, e alla professionalità dei nostri operatori della polizia penitenziaria, si è potuta, di fatto, raccogliere in modo tempestivo la volontà di collaborazione di soggetti di elevato spessore criminale.
Si è perpetuata, come negli anni precedenti, la costante collaborazione con la procura nazionale e le procure distrettuali antimafia.
Relativamente agli aspetti di intervento sanitario sui detenuti in regime di 41-bis, è stata prestata assistenza alle autorità giudiziarie per la individuazione delle strutture sanitarie più adatte, al fine di evitare, ove possibile, il ricovero presso strutture site nei luoghi di radicamento criminoso.
Vorrei fornirvi alcuni elementi analitici sui presenti, in questo momento, in stato detentivo di 41-bis. Si tratta di 579 uomini e 6 donne, per un totale di 585 persone.
Nell'anno 2008, vi sono stati 76 decreti di prima applicazione e sette detenuti hanno assunto lo status di collaboratore. In sede giudiziaria, sono stati annullati 59 decreti di 41-bis, avverso i quali sono state proposte dai procuratori generali 14 impugnazioni.
Ritengo utile elencarvele rapidissimamente per distretto: ad Ancona, due annullamenti e zero impugnazioni; a Bologna, tre annullamenti e due impugnazioni; a L'Aquila, sei annullamenti e tre impugnazioni; a Napoli, due annullamenti e una impugnazione; a Perugia, quattordici annullamenti e zero impugnazioni; a


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Roma, tredici annullamenti e zero impugnazioni; a Torino, diciotto annullamenti e otto impugnazioni; a Trieste, un annullamento e zero impugnazioni.
In riferimento alla posizione giuridica - vi fornisco questi dati, anche perché, su di essi, veniamo frequentemente interrogati dagli organismi internazionali -, vi sono 135 condannati, 257 imputati, 192 con una condizione mista e un internato.
Secondo le definizioni sostanziali e burocratiche dell'amministrazione, le presenze nelle nostre carceri dei detenuti sottoposti al regime del 41-bis sono così suddivise, per organizzazioni criminali: 204 appartenenti alla camorra, 180 a cosa nostra, un appartenente alla criminalità comune, uno ad altre mafie, uno alla mafia calabrese, uno alla mafia lucana, 22 alla mafia pugliese, 23 alla mafia siciliana, 18 alla stidda, 105 alla 'ndrangheta, 25 alla sacra corona unita, 3 al terrorismo.
Vi sono alcune ipotesi di lavoro, sulle quali l'amministrazione penitenziaria sta lavorando e che riguardano la possibilità di concentrare i detenuti in alta sicurezza, relativamente ai quali si è ampliato il novero delle categorie di soggetti da inserire in tale circuito, in un numero più limitato di istituti. Così facendo, si consentirebbe di offrire anche a costoro le opportunità trattamentali che oggi, per carenza di personale e di spazi - i detenuti di massima sicurezza, infatti, non possono avere contatti con la restante popolazione detenuta - non possono propriamente e sempre essere assicurate.
Inoltre, si potrebbe attribuire ad alcune case circondariali di grandi città una particolare specificità, la cui caratteristica è quella di gestire il flusso, quindi l'accoglienza, e di lavorare sui detenuti per tutto il periodo che sono in custodia cautelare, in prospettiva di una loro destinazione ad altro istituto.
Al riguardo, è proprio dei giorni scorsi la costituzione, ad opera del nostro capo del dipartimento dell'amministrazione penitenziaria, di un gruppo di lavoro con il precipuo compito di elaborare proposte di riorganizzazione dei circuiti detentivi e di possibili interventi normativi finalizzati a ridurre il sovraffollamento carcerario.
Altre ipotesi allo studio riguardano l'espansione dell'esecuzione penale esterna, ossia il sistema delle misure alternative che può essere incentivato, ma - l'abbiamo detto con forza e lo abbiamo ripetuto congiuntamente al Ministro Maroni - solo se offre garanzie di sicurezza credibili sia dal giudice che le dispone, sia dalla stessa collettività. Sto parlando di un controllo permanente, cioè di una verifica puntuale di dove il condannato si trovi e di che cosa faccia.
Tale controllo va implementato, a nostro avviso, coinvolgendo sempre di più la polizia penitenziaria.
Ovviamente, quando faccio queste notazioni, le faccio de iure condendo, ossia in prospettiva. Non si tratta di questioni in atto.
Altro impulso allo sviluppo dell'area dell'esecuzione penale esterna potrebbe essere, con le stesse premesse, la vicenda del braccialetto elettronico.

PRESIDENTE. Faccio presente che sono iniziati i lavori d'Aula. Tuttavia, dal momento che non sono stati ancora dati i 20 minuti di preavviso per le votazioni, cerchiamo di far completare la relazione al Ministro.

ANGELINO ALFANO, Ministro della giustizia. Ho quasi finito. Stavo per parlare del braccialetto elettronico che dovrebbe riguardare sia i detenuti agli arresti domiciliari in posizione di custodia cautelare, sia la detenzione domiciliare; sarebbe quindi un aggravio rispetto alla detenzione domiciliare, in riferimento alla quale, unitamente al dipartimento della pubblica sicurezza del Ministero dell'interno, i dipartimenti dell'amministrazione penitenziaria stanno svolgendo approfondimenti di natura tecnica, per avere la maggiore certezza elettronica sul fatto che il braccialetto funzioni, in termini di grande efficienza, così come funziona in altre zone di Europa. Ovviamente, se dovessimo avere riscontro negativo non vi faremmo ricorso.


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Un ulteriore elemento studiato è stato quello della implementazione delle multi videoconferenze. Un metodo che, a nostro avviso, merita di essere oggetto di particolare attenzione, attraverso un perfezionamento dell'attuale sistema, perché il suo uso comporta considerevoli vantaggi, che si possono così sintetizzare: azzeramento del numero complessivo di traduzioni, per esigenze di giustizia, dei detenuti sottoposti al regime speciale e cospicua diminuzione di quelle relative ai collaboratori di giustizia, con sicuri risparmi di risorse economiche e di personale contestuale all'elevazione della soglia di sicurezza; pressoché costante presenza dei detenuti sottoposti al regime speciale presso gli istituti di pena di assegnazione, lontani dalle zone di influenza criminosa; possibilità di far sostenere tutti gli esami universitari attraverso tale strumentazione (risultato ottenuto anche grazie alla collaborazione da parte di tutti gli atenei interessati); possibilità di far svolgere gli esami in dibattimento delle persone che collaborano con la giustizia, detenute e non, esclusivamente in luoghi protetti e segreti molto lontani dall'aula di udienza; partecipazione all'esame in dibattimento di imputati o testi detenuti o residenti in altri Paesi; la maggiore efficienza dell'attività dibattimentale, in specie nella difficile circostanza del concomitante impegno dei medesimi detenuti dinanzi a più autorità giudiziarie dello stesso o di diversi distretti; superamento del limite tecnico che impediva la visione contemporanea di un numero di siti collegati superiore a cinque.
Grazie ai nuovi sistemi messi a disposizione dai gestori, infatti, oggi è possibile rendere contemporaneamente visibili un numero di siti pari a nove, elevabili sino a un massimo di sedici. Questa situazione, peraltro, permette una maggiore separazione dei detenuti sottoposti al 41-bis, provenienti dalla medesima organizzazione criminale, anche durante la partecipazione alle udienze. Chi ricorda i tempi del maxi processo, sa quanto questo problema fosse grave.
Occorre annoverare, infine, l'allargamento dell'utilizzo della videoconferenza per la partecipazione al dibattimento di altre categorie di detenuti, soprattutto in presenza di concrete esigenze di misure di sicurezza e sanitarie.
Il dipartimento dell'amministrazione penitenziaria ha poi offerto al Ministro alcune soluzioni di studio, relativamente alle quali l'ufficio legislativo è al lavoro e sulle quali vi fornirò indicazioni più specifiche nelle prossime nostre occasioni di incontro.
In particolare, si tratta di limitare ai casi di assoluta necessità individuati dal PM, l'invio dell'arrestato o del fermato presso la casa circondariale dove si è verificato l'arresto o il fermo. In assenza di questi, la persona viene trattenuta - come dicevo in parte poc'anzi - presso le camere di sicurezza delle forze di polizia.
In secondo luogo, si tratta di limitare le traduzioni per lo svolgimento dell'udienza di convalida dell'arresto o del fermo che possono essere disposte dal giudice solo quando questi ritiene, con decreto motivato e separato, che sussistano specifici motivi di assoluta urgenza e necessità.
Vorrei concludere la mia relazione con una semplice osservazione.
Nella consapevolezza che tutti abbiano chiara la situazione, ho scelto un'impostazione assolutamente analitica per la mia relazione, tendente a riferire tutte le informazioni che sono in nostro possesso.
Se mi è permesso - nel porgere scusa se ho parlato troppo e nel ribadire la mia disponibilità a ritornare affinché questa audizione si svolga completamente, poiché il tema delle carceri e della necessità di nuove edificazioni è scarsamente ideologico ed è uno di quegli argomenti su cui si può lavorare insieme -, vorrei segnalare che, ictu oculi, la vicenda economica è centrale.
In proposito, il Ministro, per primo, ma credo anche tutti noi, siamo in grado di dire che servono più risorse per far sì che alcune attività vengano completate ed altre avviate.
Se mi è consentito, vorrei far presente che, a mio avviso, lo sforzo principale da


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compiere deve essere quello di spiegare, nonostante le difficoltà economiche, come si realizzano queste operazioni; come si può arrivare ad offrire un regime di sicurezza ai nostri cittadini che vogliono che chi ha commesso dei reati resti in galera; come garantire una piena effettività dell'articolo 27 della nostra Costituzione, della funzione rieducativa della pena, e come fare in modo che alla questione del sovraffollamento carcerario, avendo il Governo escluso nuovi indulti e nuovi provvedimenti di clemenza, si possa far fronte in una logica da sistema Paese.

PRESIDENTE. L'esposizione del Ministro si è protratta nel tempo, per cui ritengo che i membri della Commissione avranno modo di svolgere i loro interventi nella seduta dedicata al seguito dell'odierna audizione.
Tra l'altro, poiché risultano iscritti a parlare numerosi deputati, è bene che chi intende iscriversi lo faccia al più presto, per programmare al meglio i lavori della Commissione.
Nel ringraziare il Ministro Alfano per la disponibilità manifestata, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 14.10.

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