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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione III
2.
Giovedì 25 settembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Zacchera Marco, Presidente ... 3

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sulle politiche per gli italiani all'estero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Zacchera Marco, Presidente ... 3 9 12 17 21 26
Bucchino Gino (PD) ... 20
Fedi Marco (PD) ... 12
Garavini Laura (PD) ... 14
Mantica Alfredo, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri ... 3 12 21
Narducci Franco (PD) ... 9 12
Pianetta Enrico (PdL) ... 19
Porta Fabio (PD) ... 17
Razzi Antonio (IdV) ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE III
AFFARI ESTERI E COMUNITARI
Comitato permanente sugli italiani all'estero

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 25 settembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARCO ZACCHERA

La seduta comincia alle 13,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sulle politiche per gli italiani all'estero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica, sulle politiche per gli italiani all'estero.
Ringrazio particolarmente il sottosegretario Mantica, perché ci sta dedicando tempo prezioso ritagliando questo pomeriggio in una rilevante quantità di impegni, essendo anche appena tornato dalla Grecia, ove si era recato insieme al Presidente della Repubblica.
Desidero inoltre scusare l'onorevole Merlo, che saluto cordialmente, costretto a rimanere in Argentina perché purtroppo suo padre sta molto male.
Do la parola al sottosegretario di Stato per gli affari esteri, Alfredo Mantica.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Ringrazio il presidente Zacchera e i componenti del Comitato.
Ritengo doveroso cominciare a lavorare intorno agli innumerevoli problemi degli italiani all'estero e presentare le valutazioni che il Governo ha fatto nel frattempo sottoponendole alla vostra attenzione di parlamentari, giacché in Parlamento ne verrà realizzata la maggior parte.
Innanzitutto, desidero informare su due questioni non recentissime, ovvero due decisioni assunte dal Governo precedente e riconfermate dall'attuale. Dal 10 al 12 dicembre, si riunirà la prima Conferenza mondiale dei giovani italiani nel mondo. Abbiamo già tenuto una prima riunione del comitato organizzatore costituito con decreto. Proprio in questi giorni ne è stato fissato l'inizio per le ore 11 del 10 dicembre alla Camera dei deputati.
In accordo con il Presidente della Repubblica e con il Presidente della Camera, onorevole Fini, infatti, anche per dare una rilevanza istituzionale alla presenza dei 420 delegati e di altri 200 partecipanti si è deciso di usare l'Aula di Montecitorio per il saluto che sarà rivolto dal Presidente della Repubblica, dal Presidente della Camera e dal Presidente del Senato.
Alle ore 14 inizieranno i lavori dell'assemblea, che probabilmente verranno aperti dal Ministro Frattini come padrone di casa, che si svolgeranno nella sala conferenze della FAO. Sono previste cinque sessioni di lavoro di mezza giornata, per cui si prevede che i lavori terminino venerdì 12 dicembre verso le 19,30 con l'approvazione dei documenti finali.
L'8 dicembre ci saranno le riunioni per Paese; i ragazzi delegati, infatti, si troveranno già qui. Il CGIE deciderà poi se tenere le assemblee continentali nel pomeriggio o nella mattina. Prima dalla riunione dell'assemblea, sono quindi pre


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viste due giornate di preparazione dei lavori, per cui si prevede la presenza dei delegati a Roma per cinque giorni.
Abbiamo dato ulteriori informazioni al comitato di coordinamento, ma sono a vostra disposizione.
La seconda informazione riguarda il famoso Museo dell'emigrazione italiana, che era stato già previsto dal precedente Governo e che ha subìto un taglio sostanziale nella revisione del bilancio del 2008. Vi confermo che lo realizzeremo.
Alla fine di luglio, il Ministero dei beni culturali e il Ministero degli esteri hanno firmato un accordo di sinergie, di lavori e programmi da realizzare insieme riguardanti la cultura e la sua diffusione nel mondo. In questo contesto, uno degli strumenti del Ministero dei beni culturali è il Museo del Vittoriano o Altare della Patria, strettamente collegato anche al Museo del Risorgimento. Anche se non sono ancora firmati gli accordi, posso anticipare che questo museo avrà le sue sale all'interno dell'Altare della Patria. Ogni anno, il Vittoriano è visitato da circa 1.200 mila persone, quindi il museo si trova in una collocazione logistica che, indipendentemente dal museo stesso, attrae questo rilevante numero di visitatori. Non so se tutti andranno a visitare il Museo dell'emigrazione, ma la platea che gli si offre appare importante.
Il Museo sarà un museo virtuale, in cui non si raccoglieranno oggetti o documenti ma sarà collegato in rete con tutti i musei dell'emigrazione esistenti in Italia a livello regionale e nel mondo, da Ellis Island a San Paolo. Per ricollegare questa parte della storia italiana a quella più conosciuta, infatti, è importante far il collegamento con realtà e musei già esistenti. Mi sembrerebbe peraltro assolutamente scorretto dal punto di vista dei rapporti con le regioni fare un museo che tolga autonomia o presenza alle regioni stesse, laddove queste, a cominciare dalla Sicilia, dalle Marche, dall'Emilia-Romagna e dall' Umbria, hanno già fatto un lavoro particolarmente importante.
Su questo museo saprò essere più dettagliato dopo la firma degli accordi, ma resterà sicuramente in quella sede dal 2009 al 2011. Vi è anche l'ipotesi di farlo poi diventare itinerante; in questo caso viaggerebbe nel mondo, non in Italia, utilizzando gli istituti italiani di cultura nel mondo, e poi ritornerebbe a Roma.
È giusto anche che voi apprendiate le ragioni delle nostre scelte. Ho ottenuto uno stanziamento indubbiamente importante per fare il museo, però non per farlo funzionare, perché mancano le coperture per le spese d'affitto o di manutenzione di eventuali locali. Ho pensato quindi a questa sponsorizzazione del Ministero dei beni culturali, che avrebbe potuto offrire almeno la sede al Museo nazionale dell'emigrazione senza altri problemi.
Attorno a questo museo, c'è un'idea di attività collaterali, tra cui innanzitutto il coinvolgimento del mondo della scuola, laddove questo museo è rivolto soprattutto agli studenti, affinché le nuove generazioni imparino in maniera più completa la storia del nostro Paese. Essendo inoltre collocato in una rete, in un sistema di musei e quindi di documentazione, potrebbe diventare un luogo di incontri tematici o di convegni, dove sia anche possibile preparare materiali informativi da distribuire in più lingue.
Riconfermo dunque che questi due impegni che ho assunto quando ho ricevuto l'incarico; ambedue stanno andando avanti nei modi e con le modalità che sono possibili.
Per quanto riguarda l'argomento più sostanziale, vi proporrei quattro punti all'ordine del giorno: il sistema di rappresentanza degli italiani nel mondo, la rete diplomatica (voi la chiamate «consolare»), il ruolo dei parlamentari e del Ministero affari esteri (MAE) come interfaccia con voi, e infine le anticipazioni sul bilancio 2009. Queste ultime sono già diffuse, perché è sufficiente leggere i documenti pubblicati, ma questa mi sembra la sede più opportuna per parlarne, giacché è qui che sarà anche in discussione la legge finanziaria.
Il primo punto concerne il sistema di rappresentanza. Dopo aver maturato questa prima parte della mia esperienza, sono


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sempre più convinto che le elezioni del 2008 siano le prime in seguito alle quali dei parlamentari eletti dagli italiani nel mondo sono apparsi nel Parlamento. Si obietterà che siamo già stati eletti in parte nel 2006, ma ribadisco la mia idea, perché nel 2006 vi è stata una legislatura molto particolare, segnata da alcune vicende di rapporti tra maggioranza e opposizione che hanno forzato il ruolo di alcuni parlamentari e forse non ci hanno dato nemmeno il tempo per riflettere su cosa significasse avere diciotto parlamentari, tra Camera e Senato, eletti nel mondo.
Credo che questo sia per tutti noi un tema di verifica, di confronto, di riforma e di discussione su una serie di questioni di grande sensibilità istituzionale, che ovviamente il Governo non può né intende risolvere da solo. A inizio di una legislatura, che si prevede possa durare per cinque anni, considero doveroso per tutti noi almeno cominciare a segnarci una serie di argomenti e a condividere l'agenda, per poi valutare come affrontarli. Innanzitutto, ve li elenco senza entrare nel merito, per poi approfondirli in seguito.
Nelle ultime elezioni europee del 2004 abbiamo votato con tre metodi di elezione: il primo è quello del cittadino italiano residente all'estero (in Europa) che rientra in Italia e vota secondo l'offerta dei partiti italiani, il secondo è quello di utilizzare le sezioni elettorali istituite dai consolati per i candidati nazionali, e il terzo è quello di votare nei seggi in loco dei Paesi europei per i candidati del Paese di residenza, per cui un cittadino europeo in Francia può votare per UMP di Sarkozy piuttosto che per il partito socialista di Ségolène Royal e così via.
Vorrei focalizzare la vostra attenzione sulla seconda modalità, quella delle sezioni elettorali istituite dai consolati in loco. Nel 1999, su 1.003 mila aventi diritto al voto, 177 mila persone hanno votato con questo sistema, e nel 2004, su 1.098.311 elettori aventi diritto al voto, 118 mila persone. Si tratta quindi di una modalità che riguarda meno del 10 per cento degli aventi diritto al voto. Nel contesto nazionale, questi 100 mila elettori si raffrontano con il numero degli elettori italiani, quindi con percentuali molto basse. Questo costa circa 4 milioni di euro.
La scelta del Governo di prevedere emendamenti e discussioni in Parlamento significa rimettere a voi la decisione su questo argomento. Il Governo, per motivi non solo economici o di scarsa affluenza alle urne durante le elezioni europee, si è posto la domanda di cosa significhi essere cittadini europei oggi nell'elezione del Parlamento europeo, se manteniamo questa opzione di una presenza di cittadini di un Paese come l'Italia, membro dell'Unione europea, in un altro Paese membro dell'Unione europea, che nello stesso giorno vanno a votare per lo stesso Parlamento con la possibilità di votare per i partiti appartenenti a quel Paese. Non vorrei aprire poi la discussione del perché gli italiani in Argentina o in Brasile non possano votare per il Parlamento europeo, perché dovremmo affrontare apertamente l'argomento. Comunque di questo ragionamento, in sede di discussione della legge elettorale europea, vi troverete a discuterne in Parlamento. Personalmente, ho affidato questa analisi all'attenzione dell'onorevole Bocchino, che si interessa di questo. Io vi ho riportato non la decisione del Governo, ma una opzione che il Governo ha ritenuto di dover tenere in considerazione ed offrire alla valutazione dei parlamentari perché possano discuterne.
Credo che il tema debba essere argomento di discussione, perché si pone il problema politico di cosa siano oggi i cittadini europei che votano per il Parlamento europeo al di là del passaporto nazionale, visto che la legge consente loro di votare per i candidati dei Paesi di residenza. Quando affronterete questa discussione sulle elezioni europee, il Parlamento opererà una scelta e il Governo si adeguerà.
Dalla mia posizione di osservatore, arricchito da centinaia di agenzie nel mondo che si occupano di italiani, da tonnellate di lettere, sia anonime che firmate, mi sono convinto che il ruolo dei parlamentari nazionali eletti nel mondo debba essere definito da voi soprattutto nei luoghi di


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origine, perché siete membri del legislativo e non dell'Esecutivo. Sarebbe opportuno confrontarsi su questo tema, perché francamente ho vaga idea che non sia ben chiaro a tutti questo ragionamento. Per essere ancora più chiari perché non amo nascondermi dietro alcuna foglia di fico, non sono i parlamentari che decidono né degli ambasciatori, né dei consoli. I parlamentari hanno un ruolo di sindacato ispettivo all'interno del Parlamento, che possono utilizzare quando lo ritengano opportuno. Se non si fa chiarezza su questo, avere dei parlamentari italiani nel mondo invece di essere un grande risultato può diventare un ulteriore elemento di conflitto, di cui le comunità italiane nel mondo non hanno assolutamente bisogno.
Vorrei sapere se riteniate che il ruolo del CGIE - stiamo parlando dei prossimi cinque anni, quindi è un discorso da valutare nel medio termine -, che peraltro è retto da una legge che ha più di vent'anni, e dei COMITES (Comitati degli Italiani residenti all'Estero) debba restare immutato, pur avendo diciotto parlamentari che in questa sede rappresentano, io credo in maniera assolutamente compiuta anche gli interessi delle comunità italiane nel mondo (dico anche perché forse non saranno esaustivi). Se così è, discutere di una riforma dei COMITES e conseguentemente del CGIE, per trovare un maggiore equilibrio tra il CGIE e le rappresentanze parlamentari, vi sembra argomento che non possa essere messo in agenda e discusso? Noi al Governo crediamo di sì. Lo dobbiamo fare evidentemente in Parlamento, possiamo avere delle idee; se la risposta alla proposta di discuterne fosse positiva, mi auguro di trovare una serie di proposte di iniziativa parlamentare, per capire le posizioni e le opinioni politiche di ciascuno e costruire insieme questa riforma.
Personalmente, considero questa riforma un'esigenza. Cito un caso banale, irrilevante: a voi sembra che il Ministero degli esteri debba parlare di un consolato due volte, prima con voi e poi con il CGIE, pur avendo l'obbligo di legge di parlare con il CGIE e non con voi? Ritengo che sia un tema sul quale definire «dove, come e quando», perché, io non posso dire di no; se dovesse nascere l'idea di un'indagine conoscitiva sulle reti consolari italiane, una volta che la richiesta fosse correttamente formalizzata, come sempre il Governo non potrebbe che accedere alla proposta e si aprirebbe un dibattito stupendo, ma dall'altra parte l'unico che può decidere se aprire o chiudere una sede o comunque dare un parere, non vincolante ma certo obbligatorio e di grande peso è il CGIE. Credo che questo discorso vada affrontato.
Ritengo che il CGIE abbia svolto un compito fondamentale quando non c'erano i parlamentari, perché ha costruito una rappresentanza di interessi semi-parlamentare. Oggi questi tre livelli (COMITES, CGIE e parlamentari) non dico debbano essere modificati, né vi dico come, ma certo debbano essere messi nell'agenda di questa legislatura; e, mi auguro che sulla base di proposte di iniziativa parlamentare, si possa far nascere un confronto per decidere cosa fare e come farlo.
Avverto questa esigenza con una certa urgenza. Faccio un esempio: alle ore 10 di questa mattina ho lasciato la Grecia, dove durante un cocktail all'ambasciata sono stato informato dello scioglimento del COMITES; cercavo quattro giovani che venissero all'assemblea, ma mi hanno detto dello scioglimento. Non ne ho chiesto le ragioni, ma qualcuno mi ha detto che, se si riunisce il COMITES, si deve chiamare la polizia greca, perché pare che i rapporti all'interno del COMITES non siano idilliaci. Ho parlato lungamente con un candidato della Sinistra Arcobaleno, quindi come vedete non sono andato a cercare informazioni di parte. Mi dispiace solo apprendere che un COMITES chiude apparentemente per un problema di non rappresentanza della realtà locale. Ribadisco dunque la necessità di riconsiderare questo nuovo sistema di rappresentanza articolato su tre colonne portanti: COMITES, CGIE e parlamentari.
La terza questione, non indifferente, non dipende da noi e nemmeno strettamente da questo Comitato. Credo sia in


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discussione una proposta di riforma nota come Violante-Bocchino, anche se non sarà più firmata Violante perché l'onorevole Violante non è più parlamentare, che nella scorsa legislatura identificava un progetto che almeno per i nomi si intende bipartisan. Questa affronta l'argomento della riforma delle assemblee di Camera e Senato, e quindi del bicameralismo perfetto, che ampi strati dell'opinione pubblica e delle forze politiche sociali ormai considerano uno dei motivi di taluni rallentamenti e inefficienze complessive del sistema parlamentare italiano.
Questo tema riguarda strettamente anche i rappresentati italiani all'estero, perché ad esempio è necessario valutare cosa accada in seguito all'eventuale riduzione dei parlamentari. Non è un problema che debba affrontare io, ma offro a voi l'occasione di riflettere sul fatto che sullo sfondo c'è lo scenario di questa riforma costituzionale che potrebbe incidere sul sistema di rappresentanza.
Indipendentemente dai COMITES e dal CGIE riformati o non riformati, dall'eventuale riforma costituzionale, credo che non si possa andare avanti con questa legge elettorale e che quindi verso la fine della legislatura affronteremo la questione con grande senso di responsabilità. Ciascuno di voi ha maturato esperienze in materia. Personalmente ne ho, anche in base alle tonnellate di lettere anonime che ricevo su come si raccolgano i voti di preferenza all'estero, che cestino automaticamente perché anonime e quindi assolutamente scorrette in termini istituzionali, giacché non è compito del Governo essere coinvolto in conflitti locali. Riconosco però che il numero rilevante di queste lettere mi induce a considerare l'esistenza di un problema.
Ci occuperemo a suo tempo della legge elettorale, che non considero immobile e scontata dal punto di vista delle modalità di elezione, che il Governo insieme a voi dovrebbe responsabilmente affrontare.
I temi in esame sono quattro, tre dei quali direttamente di nostra competenza, ovvero di dialogo fra Governo e Parlamento. La riforma costituzionale è un tema tipicamente del Parlamento, che ho solo ricordato perché dalla proposta di riforma Violante-Bocchino emerge una sostanziale modificazione della rappresentanza degli italiani nel mondo. Non so se in questa sede sia opportuno entrare nel merito, ma vi chiederei di fare un'estrapolazione, perché, se dovessimo accettare di discutere di COMITES e CGIE, dovrei chiedervi un'altra audizione o un altro incontro.
Ho visto già una lettera di qualcuno che non è d'accordo. Ne prendo atto. Mentre della legge elettorale possiamo dibattere anche fra tre anni, per capire come procedere su questo sarebbe opportuna una seduta adeguata, in cui ognuno di voi possa esporre le proprie opinioni e il Governo esprima i suoi orientamenti.
Il secondo tema riguarda la rete diplomatica. Vorrei ricordare che quando parlo con i parlamentari italiani nel mondo di problemi afferenti alla rete diplomatica consolare, si tratta di 22 Paesi, mentre nel mondo ce ne sono 184. Nell'occuparci di rete diplomatica, dobbiamo quindi individuare anche una norma di linguaggio, perché al Ministero non abbiamo una realtà dei 22 Paesi con una forte presenza di comunità italiane e quindi una serie di servizi collegati al ruolo diplomatico. In alcuni Paesi il problema dei servizi non è dare la cittadinanza ma rilasciare 50 mila visti all'anno. Mi riferisco all'ambasciata di Minsk, in Bielorussia, e ai permessi dei bimbi che vengono in Italia dopo il dramma di Chernobyl. In altre realtà come il consolato generale di Dubai conta invece la parte commerciale.
Noi abbiamo una visione complessiva, ma con voi vorrei stabilire una norma di linguaggio, perché quando noi non diamo risposte solo per i 22 Paesi che coinvolgono gli italiani nel mondo. L'ultima volta, qualcuno si è lamentato perché ho chiuso il consolato di Chambéry, ma nessuno ha apprezzato il fatto che avessimo aperto un consolato a Chennai (ex Madras). Capisco che l'India non susciti interessi particolari, ma noi eravamo invece impegnati ad aprire una realtà nuova in un Paese di


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grande sviluppo, in cui avevamo una «sottorappresentanza» degli interessi diplomatici del nostro Paese.
Sono disposto a cogliere l'occasione di questo Comitato particolarmente attento a questa vicenda per parlare della rete diplomatica italiana e per esprimere valutazioni, ma vi chiedo di aprire una prima istanza sulle norme di linguaggio, per evitare fraintendimenti. Nel parlare di strutture di rete consolare, parlo normalmente di questioni amministrative, mentre il console è un diplomatico e alcuni problemi, peraltro importantissimi in alcune realtà, non sono l'elemento primario nella struttura della diplomazia dei consolati.
Capisco che l'aspetto amministrativo ormai prevalga in Argentina e in Brasile, dove si deve recuperare 1 milione di cittadinanze pregresse, però nella gestione complessiva del problema la definisco la parte amministrativa della rete diplomatica. Per quanto affiancate e ugualmente importanti, infatti, restano comunque due funzioni completamente diverse.
Personalmente, non amo il «carciofo», ovvero togliere una foglia alla volta dal carciofo della rete consolare. Poiché so che vado incontro a cinque anni in cui difficilmente mi aumenteranno i fondi per le spese di gestione dei consolati e quindi ho in prospettiva un discorso di razionalizzazione e di innovazione dei consolati, è inutile fingere di ignorare come sarà la mia situazione nel 2011.
Questo è un argomento serio, di cui, se il Comitato lo ritiene, il Governo è disposto a parlare chiaramente, laddove le norme di linguaggio traducono anche norme di comportamento, perché se si propone in questo Comitato di chiudere il consolato in Groenlandia - non l'abbiamo, per cui siamo sicuri di non sbagliare - il giorno dopo non può essere un titolo in prima pagina sui giornali, perché quello del Parlamento è anche un lavoro di prospettiva a lungo e medio termine, ma dobbiamo dimostrare tutti la capacità di partecipare al confronto non solo per ciò che si rappresenta, ma anche per l'interesse complessivo e nazionale.
Il terzo argomento riguarda il ruolo dei parlamentari. Non voglio insegnare niente a nessuno, ma vorrei ricordare ufficialmente che voi rappresentate il legislativo, che questa è la sede in cui si svolgono le azioni di sindacato ispettivo, il confronto con i rappresentanti del Governo su eventuali disfunzioni esistenti nel singolo Paese. Non si può però decidere di trattare direttamente con le rappresentanze diplomatiche come se si fosse il Governo, come sta accadendo da qualche parte. Poiché credo nello Stato, nelle istituzioni e nelle regole e quindi ritengo opportuno cominciare a chiedere di imporre le regole.
In una fase iniziale di formazione di questa nuova realtà rappresentata dai parlamentari italiani, non vorrei prendere provvedimenti «da maestrina dalla penna rossa», che mi danno profondamente fastidio. Faccio un appello al vostro senso di responsabilità, anche nei confronti dei colleghi, sul ruolo dei parlamentari, senza citare nomi, perché, essendo parlamentare da venti anni, non posso accettare alcune realtà.
Necessita un chiarimento anche la questione dell'ICI sulla prima casa per gli italiani all'estero.
Quando mi fu chiesto di dare una risposta, dichiarai che sarei andato al Ministero dell'economia e delle finanze e mi sarei fatto dare le direttive dal ragioniere generale. Non ritengo infatti che il Ministero degli affari esteri sia l'interlocutore per tutti i problemi di tutti gli italiani nel mondo. Anche in questo Parlamento esistono varie Commissioni. Credo di dover rispondere a questa Commissione dell'assetto legislativo, dell'assetto regolamentare, della struttura diplomatica, quindi dei servizi che lo Stato italiano dà nel mondo alle comunità attraverso la rete diplomatica. I vari problemi di contenuto, come ad esempio quello della scuola, potrebbero però essere affrontati in sede di Pubblica istruzione, perché nelle scuole italiane il Ministro degli esteri rappresenta solo un passaggio, giacché tutti i professori e gli amministrativi sono dipendenti del Ministero della pubblica istruzione.


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Ho colto l'opportunità per lanciare questo appello, perché recentemente constato un deterioramento inaccettabile. Mi auguro quindi che il Comitato decida di intervenire su questo.
L'ultima parte, che probabilmente aspettate con maggiore ansia, riguarda le previsioni di bilancio 2009. Premetto che il Governo e soprattutto il Ministero degli affari esteri e il sottoscritto sono impegnati in un esercizio particolare. Credo che, facendo parte della maggioranza, nessuno di noi possa discutere i tagli che questo Governo ritiene doverosi. Ci troviamo però particolarmente imbarazzati nel constatare la scarsissima flessibilità sulle singole voci di spesa, per cui un contributo per i COMITES non può essere speso per far funzionare il CGIE o per darlo agli organismi internazionali. Ogni voce ha una sua destinazione esclusiva, per cui invoco una maggiore flessibilità.
Ci domandiamo anche perché una serie di spese sia considerata obbligatoria, visto che non ho neppure il potere contrattuale per discutere con i destinatari di questi fondi. Premetto dunque che vi fornirò tutti i dati, che spero di non chiudere in perdita, ma che considero doveroso il tentativo di aprire un discorso di flessibilità e di assunzione di responsabilità sui contributi obbligatori, ribadendo quindi il principio che, se è giusto proporre dei tagli, è giusto anche consentire a ogni struttura di gestire la sua situazione finanziaria all'interno di questi tagli. Diventerebbe molto più produttivo anche il confronto con il Parlamento, perché, quando si devono effettuare tagli dolorosi, é giusto avere il consenso su questi, magari individuando le priorità.
Nel 2009, la previsione di spesa è di 52 milioni 999 mila euro. Nel 2004, era di 73 milioni, come anche nel 2005 e nel 2006, nel 2007 e nel 2008 era di 80 milioni, mentre oggi è di 53, ovvero 20 milioni di euro sotto la media cui eravamo abituati. Di questi 53 milioni, 13 sono i cosiddetti «obbligatori», destinati a enti di grande livello, quali l'Organizzazione mondiale dei migranti (OIM) e l'Organizzazione internazionale del lavoro (OIL). Da 53, dunque, si scende ad una gestione di cui mi sento responsabile pari 32 milioni, in cui rientrano le capacità di questa amministrazione di gestire i rapporti sui COMITES, organizzare la loro riunione annuale, garantire quindi assistenza indiretta e diretta, contributi in denaro, libri e materiale didattico a enti, associazioni e comitati per l'educazione, spese per attività culturali, educative, ricreative, informative, studi, indagini e convegni e contributo al CGIE per le spese di funzionamento. Da qui abbiamo escluso la formazione professionale, che è gestita dal Ministero del lavoro, e le spese elettorali.
Non è una posizione facile. Mi disturba particolarmente che una voce importante come quella dell'assistenza diretta rischi di subire un taglio particolarmente grave. Questo però è il quadro. I capitoli dettagliati sono qui disponibili e il ministro Zuppetti che mi affianca potrà eventualmente illustrarveli. Comunque, poiché mi sono impegnato ad andare a discutere queste voci di bilancio, sarebbe più opportuno dibatterne quando saranno approvate piuttosto che adesso, quando rappresentano solo ipotesi sulle quali stiamo lavorando. Ho citato questi dati, perché ho visto circolare molte lettere di protesta per i tagli, che riportano però cifre non corrispondenti al vero per eccesso o per difetto. Ritenevo quindi opportuno indicare le impostazioni generali in questa sede.
Credo di aver parlato anche troppo. Sono a vostra disposizione.

PRESIDENTE. Grazie, sottosegretario Mantica. Saluto il ministro Zuppetti, che ringraziamo per la presenza.
Comunico che in Aula sono in corso le votazioni e che quando sarà il nostro turno sospenderemo dieci minuti per votare.
Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCO NARDUCCI. Ringrazio il sottosegretario Mantica per questo tour de


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force che dalla Grecia lo ha portato a questa audizione da lungo attesa. In seguito alla formazione del Governo e alle varie manovre discusse e votate in Parlamento, si sono accumulati problemi, che rendono fondamentale confrontarsi su alcune questioni nodali.
Vorrei però premettere che non accetto assolutamente questo tono sulle distinzioni tra legislativo ed Esecutivo, perché ritengo che ogni parlamentare conosca i suoi strumenti e, se qualcuno minaccia gli ambasciatori, deve essere individuato con nome e cognome. Convengo con lei sul fatto che non sia questo il ruolo dei parlamentari eletti all'estero e sull'esigenza di un rapporto costruttivo tra i parlamentari eletti all'estero e la rete diplomatico-consolare, nell'interesse del nostro Paese e delle nostre comunità. Credo che questo sfugga a qualcuno dell'area della maggioranza, che dovrebbe quindi essere richiamato nelle sedi opportune.
D'altra parte, in passato abbiamo vissuto alcune nette cesure tra le rappresentanze dello Stato e le comunità. Ritengo dunque che anche taluni atteggiamenti di consoli o di ambasciatori debbano essere denunciati nelle sedi politiche, attraverso gli strumenti di cui disponiamo. Convengo con lei che non tutto possa essere ascritto al Ministero degli affari esteri.
La sua lunga e dettagliata esposizione ha toccato tutti i punti attualmente caldi e importanti. Cercherò di approfondirne alcuni, per non togliere spazio ai colleghi. Per quanto riguarda il tema delle rappresentanze, in base all'esperienza maturata come segretario generale del CGIE e presidente di COMITES e al confronto con le nostre comunità in veste non istituzionale, considero eclatante il caso del COMITES della Grecia, che probabilmente qualche parlamentare ha voluto trasformare in un campo di battaglia politica, come non deve mai accadere. Si rilevano numerosissimi esempi positivi.
Potrei citare COMITES che nei confronti delle autorità dei Paesi che ospitano i nostri connazionali sono divenuti un punto di riferimento stabile, costante e anche propositivo, additato come esempio per le altre collettività. Numerosi consigli comunali degli stranieri sono sorti grazie all'iniziativa dei COMITES italiani, che quindi coinvolgono tutte le altre comunità soprattutto in Europa. Nella cooperazione regionale sono stati compiuti enormi progressi e il vicesindaco di Grenoble, che è anche un membro del COMITES, è stata recentemente eletta ed è assessore in una città di 160 mila abitanti.
Sarebbe quindi opportuno applicare la legge esistente, che era stata fatta allora con un forte coinvolgimento dei COMITES e del tavolo interministeriale, grazie anche al Ministro Tremaglia. Non sempre e ovunque i COMITES sono stati accreditati presso le autorità locali. Questo rappresenta uno dei punti negativi della rete diplomatico-consolare, che nelle sedi politiche devono essere evidenziati.
Poiché sono uno dei firmatari della lettera al Ministro Frattini, considero doveroso procedere al rinnovo dei COMITES, perché credo che anche nelle comunità e in tutto ciò che riguarda gli italiani all'estero ci si debba abituare a un'alternanza. Abbiamo bisogno di quadri nuovi, di persone che ragionino in base alle esigenze del mondo attuale, che comunichino con i linguaggi del nostro tempo e riescano a introdurre nei COMITES i progetti necessari. Da questo punto di vista, auspico che la Conferenza dei giovani, che si colloca in un momento fondamentale, abbia ricadute anche sul versante delle rappresentanze.
In Europa, si rileva il problema del lavoro e del «transfrontalierato», temi ai quali i vecchi dirigenti, che da tanti anni si occupano dei COMITES e delle rappresentanze, non sempre sono molto attenti.
La nostra richiesta di procedere al rinnovo dei COMITES e del CGIE nasce dall'esigenza democratica di una rotazione, di un rinnovo degli organismi e soprattutto dal bisogno di ritrovare, come accade ogni cinque anni, l'entusiasmo necessario per far fronte alle trasformazioni.
Per quanto concerne il CGIE, su cui il dibattito è apertissimo, credo che la legge abbia rappresentato un progresso fondamentale per quanto riguarda il rapporto


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tra Italia e Italia all'estero, tra questa grande ricchezza e questo Paese che purtroppo ha una così scarsa conoscenza di una sua costola, sebbene intenda soffermarmi soprattutto sui 4 milioni 300 mila italiani che vivono all'estero e sui loro diritti di cittadinanza, senza evocare il potenziale dei 60 milioni di italiani discendenti. Questa legge sul CGIE rappresenta un passo avanti ed è una legge modello. Ieri, si è svolto l'incontro tra il CGIE italiano e il Consiglio superiore dei francesi all'estero, che è composto da 153 membri, quindi quasi una volta e mezzo il CGIE italiano. Per legge, i 12 parlamentari eletti nell'Assemblea nazionale dai francesi all'estero fanno parte del Consiglio superiore dei francesi all'estero. Al di là delle appartenenze politiche, considero errato ritenere che i parlamentari all'estero non devono più far parte del CGIE, perché per ottenere dei risultati nell'interesse generale dell'Italia e delle comunità italiane all'estero c'è bisogno anche di questo anello di congiunzione.
Esprimiamo quindi la nostra disponibilità a confrontarci per individuare i punti fondamentali per migliorare, rendere più «performante» e soprattutto dare una nuova missione al CGIE.
Credo ad esempio che nelle nomine governative non ci sia più bisogno dei rappresentanti dei partiti, perché i parlamentari eletti all'estero appartengono a gruppi parlamentari che si identificano con i partiti.
Anche i membri del CGIE devono operare però un cambiamento culturale, attuando le disposizioni della legge, che stabilisce non solo che formulino pareri obbligatori, ma anche che indichino degli scenari, redigano il rapporto sull'integrazione delle comunità italiane all'estero.
Da questo punto di vista, dunque, è fondamentale procedere alle votazioni e alle elezioni, perché vi sia auspicabilmente un rinnovo.
Tra l'altro, il Consiglio superiore dei francesi all'estero non ha la nostra formula, che si basa su un rimborso forfetario fermo da oltre dieci anni. Tutti i 153 membri hanno uno stipendio mensile di mille euro al mese, che considero peraltro eccessivo, anche se devono pagarsi tutto. Il segretario generale percepisce 2 mila euro al mese.
Finora, nel finanziamento del CGIE era compresa anche la parte destinata alla copertura dei costi della Conferenza Stato, regioni e province autonome CGIE, che viene convocata ogni tre anni.
Per quanto riguarda la rete consolare diplomatica, è evidente che ci sono anche esigenze di altra natura, però è la prima volta che abbiamo la possibilità di confrontarci. Non entro nel discorso delle elezioni europee, che è molto importante, ma mi limito alla rete consolare.
Abbiamo sempre sostenuto che la comunità italiana abbia un grande rapporto sul piano amministrativo con il nostro Paese. Non è solo una questione di passaporti, perché questo rapporto produce benefici economici, ha un ritorno. Ogni anno, gli ex emigrati convogliano in questo Paese un flusso di 4 miliardi di euro dall'Europa. Si tratta di pensioni pagate da Belgio, Germania, Francia agli ex emigrati che vivono in questo Paese. Questa stima è stata fatta dal Senato e dal Monte dei Paschi di Siena. A queste si aggiungano le risorse generate dai consolati. Spesso, ci siamo chiesti a cosa servissero quattro o cinque consolati generali, chiudendo le piccole agenzie in cui lavorano magari solo due impiegati. Le tabelle dell'ambasciata hanno però dimostrato che quell'agenzia con due o tre impiegati nel rapporto tra costi e benefici costa immensamente meno e produce di più di un consolato generale.
Ci chiediamo dunque se sia possibile stabilire che due consolati generali portino avanti gli interessi strategici del nostro Paese, mentre per quanto riguarda i servizi alle comunità siano le piccole strutture di prossimità a garantire i servizi, anziché procedere alla loro chiusura. Non abbiamo un atteggiamento pregiudiziale, perché abbiamo promosso battaglie anche con il precedente Governo e osteggiato la chiusura di un consolato come quello di Berna con 55 mila italiani e con un'area geografica ampia. È dunque opportuno considerare queste esigenze, ma anche


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quelle delle nostre comunità che con questo Paese hanno un rapporto che non può essere disperso, come testimonia anche la Conferenza dei giovani.
Per quanto riguarda l'ICI, abbiamo fatto una battaglia con il Governo precedente per ottenere l'ulteriore detrazione. L'ANCI ci dice che in percentuale solo il 20-25 per cento dei comuni ha applicato la norma dell'assimilazione. Si è quindi creata una cesura tra italiani residenti all'estero che hanno investito in Italia, hanno prodotto un beneficio economico per questo Paese, hanno beneficiato dell'abolizione dell'ICI ma poi in gran parte dei comuni non trovano questa abolizione. Non è assolutamente un atteggiamento critico nei suoi confronti, ma credo che lei, che ha queste deleghe, debba veramente far presente queste questioni al Governo.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Per quanto riguarda la questione della delega, ovviamente non rifiuto di parlarne, perché sarebbe sciocco, però non è questa la sede. Quando affronto il tema dell'ICI al Ministero degli esteri, parlo con me stesso e con il ministro Zuppetti, poi prendo la macchina e vado al MEF. Ho citato l'ICI solo per farvi un esempio che esistono altre sedi in cui voi parlamentari dovete affrontare questi temi specifici e discuterne col Governo. Mi sembrava opportuno riportare in questa sede quelle che, secondo la mia opinione, sono le materie più pertinenti al ruolo.

PRESIDENTE. Onorevole Narducci, le ricordo che ha già parlato, giustamente, per 15 minuti, pertanto la invito a chiudere perché non è possibile concedere lo stesso tempo a tutti i colleghi.

FRANCO NARDUCCI. Concludo dicendo che, sicuramente, quello che io chiedevo al sottosegretario per le deleghe è un sostegno politico, visto che ci rappresenta tutti, e non tecnico.
Sulla finanziaria 2009 i tagli sono gravi e le nostre comunità ne risentiranno.
Noi stiamo perdendo terreno rispetto ad altri sulla promozione del nostro Paese, dal punto di vista culturale e linguistico; c'è, infatti, un forte ritorno della Francia. I tagli sulla finanziaria 2008, nella quale già non era stato stabilito chissà quale investimento, sono gravi e io credo che di questo noi faremo un campo di denuncia politica.
Ho apprezzato molto il suo intervento, ma manca un elemento, che spero ci troverà nuovamente a confronto, ovvero quello delle riforme legislative che riguardano la riforma della legge n. 153 del 1971, gli istituti italiani di cultura e tanti altri aspetti. Non so se, in una prossima audizione, avremo la possibilità di confrontarci anche su questi temi.

MARCO FEDI. Ringrazio il sottosegretario per la sua disponibilità e anche per la sua franchezza. L'ho apprezzata, e non le nascondo che è stata utile per chiarire una serie di questioni dalla prospettiva del Governo e per consentire a noi, in questo primo momento di riflessione, di cominciare a fornirle qualche indicazione di merito.
Vorrei cominciare proprio dall'ultima questione che lei ha incluso nell'ordine del giorno, quella che, dal punto di vista politico, per quanto mi riguarda è più significativa, ossia la questione dei tagli.
In qualità di componente della Camera dei deputati, quindi perfettamente consapevole del mio ruolo in questa sede, vorrei esprimere un giudizio politico molto negativo sui tagli. Apprezzo il fatto che, per la prima volta, formalmente, in un'audizione di questo Comitato presso la Commissione affari esteri, il Governo ammetta formalmente che ci sono dei tagli. Io sono perfettamente consapevole del fatto che il sottosegretario da solo - e probabilmente anche il Ministro degli esteri Frattini da solo - non sia il responsabile dei tagli, ma il Governo, nella sua collegialità, ne deve rispondere.
Proprio per questa ragione, abbiamo richiamato l'ICI quando è stato il momento di discutere tale questione. Il decreto n. 93 sulla salvaguardia del potere


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d'acquisto delle famiglie, convertito poi in legge dal Parlamento con il voto favorevole della maggioranza e la nostra ferma opposizione, ha previsto proprio una serie di tagli - i primi stabiliti da questo Governo per le comunità italiane all'estero - non prevedendo, invece, analoghe misure su quello che il decreto prevedeva per l'ICI, cioè l'esonero.
In questo senso, abbiamo richiamato il Governo a questa necessaria attenzione, perché si colpivano le comunità italiane nel mondo e l'elemento centrale di quel provvedimento non aveva conseguenze positive per le stesse comunità. Di questo io credo che, prima o poi, il Governo dovrà rispondere, come credo che sia giusto e sono felice che lei si sia assunto questa responsabilità. Proprio per questa ragione, passo alla questione del ruolo dei parlamentari.
Condivido le valutazioni che ha espresso l'onorevole Narducci, quindi non entro nel merito di dove possano essere nati problemi di questo tipo, ma le posso assicurare che siamo personalmente consapevoli del ruolo che svolgiamo e del fatto che, quando si tratta di proposte serie di riforma, ci deve essere, da parte dell'opposizione, un confronto sereno con la maggioranza, se la maggioranza ce lo propone.
In questo senso condivido l'appello fatto da Narducci. Per un programma serio di riforme di legislatura, lei ci ha proposto alcune attività; noi vorremmo parlare anche di istituti di cultura, visto che l'elemento è stato sollevato proprio dallo stesso Ministro degli affari esteri, e vorremmo parlare anche di riforma della legge n. 153 del 19 del 1971. Potremmo attivare un tavolo di concertazione sulle riforme; credo che troverà consenso rispetto a questa scelta di discussione. Naturalmente, noi siamo poi fermi sulle posizioni di opposizione, ma una opposizione aperta a discutere di questi aspetti.
Vengo alla questione del COMITES e del Consiglio generale degli italiani all'estero. La riforma COMITES è stata una riforma importante, l'unica approvata nel precedente Governo Berlusconi relativamente alle comunità italiane nel mondo. Credo che a quella riforma anche il Ministero degli affari esteri avesse in qualche misura contribuito, tanto è vero che se pure molte delle richieste che provenivano dagli italiani all'estero non vennero poi recepite dal Governo, comunque vi fu un passaggio politico privilegiato per quella riforma che ha prodotto i COMITES di oggi.
Naturalmente, sono convinto che si possa migliorare, siamo pronti a recepire proposte migliorative del Governo e, se necessario, anche a realizzarle. Tenendo conto, però, del fatto che questi organismi di rappresentanza hanno svolto un ruolo importante storicamente e possono svolgerlo ancora oggi. Non a caso, oggi i rapporti all'interno della nostra comunità sono cambiati. È vero, infatti, che il console è un diplomatico, me ne rendo conto e difendo la categoria dei diplomatici; tuttavia, vorrei segnalare che oggi i nostri consoli e i nostri ambasciatori si sono resi consapevoli del fatto che c'è anche una fascia di responsabilità rispetto al servizio alla comunità e stanno agendo nell'interesse di quest'ultima, facendosi carico a volte di una serie di problemi che conosciamo, migliorando, con le scarse risorse a disposizione, proprio i servizi che rendiamo alla nostre comunità nel mondo.
Guardate, però, che se da una parte continuiamo a parlare esclusivamente di tagli, che sono reali e concreti, e dall'altra parliamo di un miglioramento nella informatizzazione, di un miglioramento nei rapporti cittadino-Pubblica amministrazione, nella trasparenza amministrativa che si trasferisca automaticamente anche all'estero, ma se tutto questo non ha la stessa concretezza dei tagli e rimane solo una proposta virtuale, rischiamo di creare una situazione di disagio per tutti. Anche per i nuovi italiani che si muovono nel mondo, anche per chi oggi è mobile per ragioni di lavoro, di professionalità, anche per la nuova italianità, non soltanto per chi vive all'estero da venti-venticinque anni e ha mantenuto la cittadinanza italiana.


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È una logica di servizio che segue l'Italia e il sistema Italia, perché chi fa impresa all'estero ha bisogno anche del passaporto, chi fa attività di cooperazione all'estero ha bisogno dello Stato italiano; quindi dobbiamo seguire parallelamente questi due percorsi. In alcuni casi siamo consapevoli delle esigenze di bilancio, possiamo razionalizzare, siamo con voi nella discussione politica su questi temi, ma in questo momento stiamo parlando esclusivamente di tagli e credo che sia utile, a questo proposito, richiamare il Governo all'altro aspetto.
Mi accingo a concludere. Come vede, sono stato breve, spero, nei tempi, ma le questioni politiche significative sono state già sollevate.
C'è, però, un altro passaggio importante. Il disegno di legge n. 1441-bis introduce l'articolo 25-bis con la semplificazione amministrativa. Noi vorremmo che questo passaggio politico diventasse anche un impegno del Governo a rendere consapevole la Commissione, noi eletti all'estero, questo Comitato, su come tutta la parte attuativa che seguirà la semplificazione amministrativa - in altre parole, i decreti ministeriali che verranno assunti - avrà una sua evoluzione e poi un suo sbocco. Non vorremmo, infatti, trovarci con amare sorprese di fronte a una semplificazione amministrativa che viene spesso evocata e che non deve assolutamente tradursi in ulteriori tagli o, addirittura, in una situazione di palese svantaggio per nostri connazionali all'estero.

LAURA GARAVINI. Signor presidente, la ringrazio per avermi consentito di intervenire adesso, perché sono attesa anche in Commissione XIV.
Signor sottosegretario, le sono grata soprattutto di averci posto ancora una volta, in questa sede, la questione che lei sta riproponendo in ogni sua intervista, da quando è stato in qualche modo insignito della sua carica, ovvero la messa in dubbio di quello che è il nostro ruolo di parlamentari. Le sono grata per averlo fatto anche in questa sede, perché in questo modo ci dà anche l'opportunità di risponderle in prima persona e non soltanto per mezzo di agenzie di stampa.
Sposo in pieno quanto hanno espresso precedentemente l'onorevole Narducci e l'onorevole Fedi. Mi permetta di dire che tale messa in dubbio del ruolo dei parlamentari mi sembra un po' irriverente, nel senso che credo che, sia noi in qualità di parlamentari, sia lei in qualità di sottosegretario, sia tutti coloro che ricoprono un ruolo importante e autorevole nella nostra Repubblica, siamo ben consapevoli di quelli che sono i nostri compiti e del nostro ruolo. Pertanto, anch'io ribadisco, a titolo personale, di esserne ben consapevole, ma desidero segnalare anche che non trovo assolutamente corretto il fatto che ci sia da parte sua, in più occasioni, l'espressione della messa in dubbio della nostra funzione e dei nostri compiti.
Anche perché nessuno ha bisogno di inventarsi nulla, il nostro ruolo è sancito dalla legislazione. Io non ho bisogno di citare l'articolo 71, come così come non ho bisogno di citare le varie leggi che hanno istituito gli organi di rappresentanza. Quelli che sono i compiti dei singoli organi sono, appunto, previsti da un punto di vista legislativo. Ritengo, dunque, che non sia opportuno che, addirittura in più occasioni, ci sia la messa in dubbio di questo ruolo.
Anch'io sono firmataria di questa lettera al Ministro Frattini, e quindi anche a lei per conoscenza, perché, signor sottosegretario, ritengo che sia troppo facile delegare ad altri la responsabilità della politica che l'Esecutivo sta mettendo in atto nei confronti degli italiani all'estero. Nonostante tutta la simpatia nei suoi confronti, lei è esponente dell'Esecutivo, lei non può venire meno alla sua responsabilità. Lei per noi non è soltanto il dottor Mantica, il signor Mantica, non è solo l'onorevole Mantica; lei per noi è esponente dell'Esecutivo e quindi lei, in veste ufficiale - anche in questa sede ma anche nell'esercizio dei suoi viaggi all'estero, quindi nell'esercizio delle sue funzioni in quanto sottosegretario - è esponente dell'Esecutivo e, in quanto tale, risponde in


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prima persona delle politiche che questo sta mettendo in atto nei confronti degli italiani all'estero.
Io condivido in pieno quanto dicevano precedentemente i colleghi, anche dal punto di vista politico. Condanno le politiche che sono state messe in atto fino ad oggi, perché negli ultimi tre mesi e mezzo di lavoro, da parte dell'Esecutivo c'è stato una continua presa di posizione contro gli italiani all'estero.
Pertanto, non accetto le sue accuse nei nostri confronti, di non esserci impegnati nelle Commissioni competenti, di non esserci impegnati nella Commissione bilancio, nella Commissione finanze, nella Commissione affari esteri e in tutte le varie sedi nelle quali si è parlato delle questioni relative agli italiani all'estero. Noi, pur non essendo presenti in determinate Commissioni, abbiamo curato i contatti con i nostri referenti del gruppo, abbiamo condotto un'azione forte, decisa, sia in Aula sia nelle Commissioni competenti nelle quali operiamo, così come in questo Comitato; tuttavia, questo non è sufficiente, poiché da parte dell'Esecutivo c'è un continuo e fastidioso ripetersi di azioni contro gli italiani all'estero.
La invito, dunque, ad assumersi questa responsabilità, che, torno a dire, non è una responsabilità personale dell'onorevole Mantica, è la responsabilità dell'Esecutivo che lei, nella sua funzione di sottosegretario con delega per gli italiani all'estero, rappresenta.
Quanto alle singole questioni che lei ci ha presentato, vengo al possibile slittamento di COMITES e CGIE. Anch'io, come lei sa, sono cofirmataria di questa proposta e la ribadisco anche in questa sede. Ritengo sia estremamente importante che, come COMITES, si vada alle elezioni a scadenza naturale. Tra l'altro, arrivano tante richieste dai singoli COMITES sul territorio, quindi non credo - e anche questo è previsto dalla legge - che anche potenziali proposte di riforma debbano compromettere le scadenze naturali previste dalla legislazione vigente.
Personalmente, ritengo che non ci sia neanche bisogno di una rettifica della legge sui COMITES, così come credo - e condivido quanto è stato osservato precedentemente - che magari, per quanto riguarda la legislazione sul CGIE, si possano forse pensare piccoli interventi emendativi; in quel caso, tuttavia, solo ed esclusivamente nel tentativo di arrivare alle elezioni a scadenza naturale. Occorre, dunque, prevedere un'accelerazione dei tempi che consenta di andare al rinnovo di questi importanti organi di rappresentanza.
Come avevo già avuto modo di esporre, non in questa sede, in audizione, ma nell'incontro informale che lei gentilmente ci aveva offerto al Ministero degli affari esteri, ritengo che sia fondamentale il ruolo che ricoprono il CGIE e i COMITES. Da un punto di vista legislativo, infatti, come lei ci ha ricordato, noi abbiamo funzioni di controllo dell'Esecutivo e legislative, mentre i COMITES hanno un rapporto diretto sul territorio, con compiti e funzioni - previste dalla legge - di consulenza nei confronti delle autorità diplomatiche. Il CGIE, invece, ha una funzione di consiglio. Ad ogni modo, non c'è bisogno che precisi questi aspetti, dal momento che tutti li conosciamo molto bene.
Vorrei venire ad alcuni dettagli, ad esempio la questione della rete consolare. Anche in questo caso, tutto dipende dal contenuto della proposta che lei ci presenta. Se si tratta di razionalizzare e di mantenere l'offerta dei servizi, prevedendo un calo della spesa pubblica, ad esempio con la cancellazione di consolati o quant'altro, la si può valutare. Tuttavia, in realtà, la razionalizzazione che viene fatta è di segno differente.
Ne abbiamo un esempio nei casi appena citati, ad esempio Chambèry, in cui la comunità locale, così come l'Intercomites e i COMITES, sono messi di fronte alla decisione già presa, senza avere un minimo di informazioni preliminari, né successive. Pertanto, cadono nel panico, perché non sanno più in che modo e in che misura il servizio verrà garantito sul territorio.
Questo non è un modo di pensare alla razionalizzazione della rete diplomatico-


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consolare; piuttosto, da un lato, si crea un grande disagio a livello territoriale e, dall'altro, non è chiaro in che termini il piano di razionalizzazione sia veramente condiviso, anche con le rappresentanze. Ci deve essere, infatti, un coinvolgimento anche degli organi deputati sul territorio, vale a dire COMITES e CGIE, e magari anche dei parlamentari all'estero.
A questo riguardo, un altro aspetto che mi interesserebbe capire è il seguente. A Chambèry, ad esempio, da parte delle autorità francesi, è stata posta come condizione, o come motivazione del fatto che si arrivasse a questa chiusura, la possibilità di rilasciare documenti di identità da parte delle autorità locali, quelle straniere. In questo senso, sarebbe interessante capire se da parte dell'Esecutivo, così come del Ministero degli affari esteri - il ministero competente - siano stati già pensati dei passi da compiere in proposito. Inoltre, sarebbe importante che anche questi venissero resi pubblici, perlomeno alle rappresentanze.
Per tornare a quanto si diceva prima circa la martellante posizione da parte del Governo, nonostante tutti i nostri interventi e i nostri tentativi di tutelare gli italiani all'estero, a fronte degli attacchi da parte dell'Esecutivo, ci troviamo in una situazione per la quale gli italiani all'estero vengono letteralmente discriminati, ad esempio - cito due casi eclatanti - in relazione alla questione dell'ICI o dell'assegno sociale.
Le chiedo, dunque, in qualità di sottosegretario con delega per gli italiani all'estero, di impegnarsi anche nella sua funzione istituzionale, affinché venga chiarita tale questione e affinché gli italiani all'estero non siano discriminati, come invece è avvenuto a seguito delle norme approvate dalla maggioranza.
Mi scuso molto, ma devo recarmi in altra Commissione. Cercherò di ritornare, ma dal momento che oggi si costituisce un nuovo Comitato, non so se sarà possibile.

ANTONIO RAZZI. Ringrazio il sottosegretario Mantica per la sua presenza e per la relazione che ha presentato. Ringrazio anche della presenza la ministra Zuppetti.
Vorrei parlare di tre o quattro questioni. Vado subito alla questione dell'ICI a proposito della quale, sia in Commissione che in Aula, ho rivolto apprezzamenti a questo Governo, perché ha mantenuto la parola data agli elettori. Tuttavia, non ha mantenuto la parola verso gli italiani all'estero.
C'è un mio ordine del giorno approvato, nel quale il Governo si impegna a rivedere l'ICI per gli italiani all'estero. Naturalmente, è chiaro che un italiano all'estero non può pretendere di essere esentato dal pagamento dell'ICI se ha una casa affittata in Italia, ma solo qualora la casa o l'appartamento sia vuoto o utilizzato per andarci in vacanza, ed egli abbia una sola casa e non dieci appartamenti.
Invece, per quanto riguarda la ristrutturazione consolare, non mi posso dire felicissimo. Posso fare riferimento già agli anni 2000, quando ci fu la chiusura del consolato di Lucerna. Quello fu un fatto molto grave, ma ancora oggi è possibile vederlo, perché nella città di Lucerna la struttura esiste ancora, è situata sul Lago dei quattro cantoni, a lato del quale passa l'autostrada, ed è di tutti gli italiani, perché in qualsiasi momento il consolato può essere utile.
Ebbene, io non chiedo che sia previsto un consolato, è sufficiente un ufficio che può svolgere le pratiche, perché ad esempio a Zurigo molti italiani hanno difficoltà per quanto riguarda la mobilità, e perché la gente lavora e non può perdere due o tre giorni di lavoro solo a causa del rinnovo del passaporto.
Inoltre, per quanto riguarda i COMITES e il CGIE, è chiaro che bisogna attuare una riforma, perché così non può andare. Due anni fa, ho emesso un comunicato dicendo che il CGIE non era più importante, poiché oggi vi sono i diciotto parlamentari eletti all'estero che devono svolgere, in tutti i continenti, il lavoro che prima faceva il CGIE. Tale organo, come ho affermato anche nel mio comunicato, ha lavorato molto e di questo l'ho ringraziato. Devo ricordare che senza il CGIE, e senza il cuore e la volontà che ci ha


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investito il Ministro Tremaglia, il voto degli italiani all'estero non sarebbe mai arrivato. Del resto, per il lavoro svolto io ho sempre ringraziato sia Tremaglia, sia il CGIE.
Tuttavia, occorre guardare al risparmio dello Stato e dare più importanza ai COMITES. Nell'Intercomites, ogni nazione ha la presidenza a turno e il presidente dell'Intercomites è colui che coordina i COMITES in varie nazioni. Questo mi pare un importante risultato. Il CGIE per me potrebbe anche rimanere, ma non composto da così tante persone.
Come diceva prima il collega Narducci, non so perché ci siano anche rappresentanti di partiti. Sono soldi buttati al vento, quando si potrebbe darne in più ai COMITES perché sono questi che hanno in primis il contatto con gli italiani all'estero.
Per quanto riguarda - e sarò veloce - la legge elettorale, è chiaro che occorre una riforma. L'attuale legge, infatti, non può essere confermata. Mi trovavo a Castelnuovo di Porto, nel corso di tutta la settimana delle elezioni, e ne ho viste di tutti i colori. Vi erano schede di colori diversi perché stampati da diverse tipografie: un vero caos! Io credo che occorra rivedere la legge, penso che si debba collocare i seggi anche all'estero: chi vuole, va a votare direttamente. Non mi interessa la percentuale, se ci sono il 50 o il 60 per cento. Meglio un 10 per cento buono e sicuro. Bisogna rivedere questo aspetto, perché così non si può andare avanti.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola all'onorevole Porta, desidero proporre che nella prossima riunione seduta del Comitato, che convocherei non questa ma la prossima settimana, si possa già iniziare a discutere di una o più proposte di riforma di queste leggi; ritengo sia importante cominciare a parlarne tra di noi.

FABIO PORTA. Anche io spero di essere breve e di non ripetere quanto hanno detto i colleghi. Vorrei innanzitutto ringraziare sinceramente il sottosegretario per il lavoro che sta svolgendo con competenza e, devo dire, anche con grande impegno.
Ho apprezzato molto la visita del sottosegretario, a poche settimane dal suo incarico, in Sud America, in particolare in Argentina e in Brasile, e mi è sembrato non solo un segnale, ma anche un metodo corretto di manifestare la vicinanza alla comunità italiana all'estero e ai suoi problemi.
Detto questo, vorrei ribadire quello che, in apertura della prima riunione del Comitato, lo stesso collega Zacchera ha segnalato, ovvero una preoccupazione generale, che non riguarda soltanto noi dell'opposizione, rispetto a come questo Governo, e in parte la maggioranza che lo sostiene, sta affrontando la questione degli italiani all'estero.
Nella prima seduta, anche con il presidente si parlava della preoccupazione relativa ad un certo clima, ad un certo silenzio caduto su queste problematiche. Credo che oggi possiamo parlare di qualcosa di più; non c'è soltanto un silenzio, ma ci sono dei gesti, degli atti molto gravi che ci preoccupano. Pertanto, segnaliamo a lei, in qualità di rappresentante del Governo, questa nostra preoccupazione.
Non ci troviamo, infatti, soltanto di fronte a tagli che, ovviamente, colpiscono, fanno soffrire e danno fastidio alle nostre comunità, ma siamo di fronte ad una politica che sembra colpire e penalizzare le comunità italiane all'estero.
L'episodio dell'assegno sociale, con quell'emendamento che complica in maniera quasi cinica e cattiva le possibilità di accesso alla pensione sociale per un italiano che rientra dall'estero in Italia e che quindi non ha le stesse condizioni, anche se residente in Italia, rispetto ad un proprio connazionale, mi sembra indicativa di una progressiva chiusura del nostro Paese rispetto a questa tematica tanto importante, di un ripiegamento su se stesso che sta coinvolgendo tutta la nostra politica estera. È una sofferenza che si nota anche girando per il mondo tra gli stessi funzionari e diplomatici del Ministero degli affari esteri.
Anche per questi motivi, credo che sia importante dare valore alla memoria; a questo proposito, il suo riferimento al museo mi sembra importante.


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Io spero che la soluzione non sia soltanto trovare una sede fisica - e mi fa piacere che sia stata individuata quella del Vittoriano - ma che si ritorni al vero dato fondante del progetto che era quella rete virtuale tra tutti i musei dell'emigrazione: penso a quelli di San Paolo, di New York, di Genova. Credo che esista anche un comitato di esperti e docenti che debba essere ripreso. Se non c'è la memoria, infatti, è anche inutile fare questo nostro bellissimo incontro con i giovani a dicembre.
Lo dicevo anche nella prima riunione che abbiamo avuto come parlamentari con il sottosegretario: dobbiamo mettere insieme memoria e futuro, altrimenti rischiamo di essere strabici.
Quanto alla Conferenza dei giovani, volevo dire al sottosegretario che è vero che ha una competenza limitata anche al suo Dicastero, ma sarebbe importante coinvolgere il Ministero del lavoro e il Ministero dell'istruzione per le loro competenze specifiche - penso ai corsi di formazione professionali che sono di competenza del Ministero del lavoro, a tutti i programmi di interscambio e anche alle convenzioni tra università che sono in carico al Ministero dell'istruzione - per offrire a questi giovani anche delle prospettive per discutere su queste politiche, su come sono attualmente e su come possono essere potenziate.
Dopo questa premessa generale, passo a tre o quattro considerazioni brevissime sui punti principali.
Sul sistema di rappresentanza. Confermo quanto scritto assieme ad altri miei colleghi del gruppo del Partito Democratico al Ministro Frattini. Dobbiamo procedere regolarmente al voto per i COMITES e quindi per il CGIE, secondo la scadenza naturale; questo ovviamente non esclude la necessità, che anch'io confermo in questa sede, di procedere contemporaneamente alla riforma in particolare del CGIE.
Ovviamente, dubitiamo del fatto che questa riforma possa essere realizzata in tempi rapidi e vorremmo venire incontro a una sollecitazione, che ci viene anche dalla base, di rinnovamento di organismi che hanno bisogno di essere rinnovati nelle persone, ma anche, come ricordava il mio collega Narducci, nella loro data anagrafica. Credo che queste due esigenze non siano in contraddizione.
Mi sembra che tra le audizioni che abbiamo in calendario ci sia anche quella con il segretario generale del CGIE; proporrei addirittura che tra CGIE e Parlamento, magari attraverso questo Comitato, si possa lavorare unitamente su un disegno di legge concordato da sostenere insieme. Lo stesso discorso vale per la riforma della legge elettorale che credo sia una priorità che dovremmo affrontare insieme.
Vengo alla rete diplomatica. Siamo tutti consapevoli del fatto che abbiamo una rete diplomatica che non riguarda soltanto i Paesi a forte presenza italiana. Il problema è come si sta procedendo verso questa razionalizzazione.
Cito l'esempio del Sud America, che lo stesso sottosegretario Scotti in Commissione esteri ci ha confermato essere una delle aree dove si pensa di rafforzare la presenza perché è strategicamente importante da un punto di vista geopolitico e geoeconomico. Il Sud America è fatto di Paesi a altissima presenza italiana (penso all'Argentina), ad altissimo flusso di comunità locale verso l'Italia (penso all'Ecuador e al Perù), ma è fatto anche di Paesi come il Brasile che hanno una grande comunità italiana, un flusso di brasiliani verso l'Italia, ma soprattutto un potenziale di crescita e di sviluppo dell'interscambio economico molto alto. Per tutti questi motivi, dunque, va potenziata la nostra presenza oggi in Brasile, che è molto al di sotto non solo dell'importanza della comunità italiana, ma anche del livello e dell'importanza del nostro scambio politico e commerciale.
Sul ruolo dei parlamentari non mi soffermo. Si tratta anche di verificare più in generale un'attenzione a tutti i ruoli. Credo che ci sia stato un caso specifico, molto antipatico, che recentemente è emerso anche sulle pagine di qualche agenzia in Argentina, dove un senatore della Repubblica, il senatore Caselli - per


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dare nome e cognome alle persone - è arrivato a chiedere la rimozione di un ambasciatore. Mi sembra che in questo caso veramente il collega Caselli non sappia esattamente quale sia la sua funzione. Purtroppo - e mi riferisco proprio all'Argentina - ci sono anche ambasciatori, a volte, che hanno mostrato una certa sudditanza rispetto ai parlamentari.
A volte, se ognuno facesse bene il proprio lavoro, forse questi episodi di confusione di ruoli non si verificherebbero. A questo proposito, anch'io credo che, come ha detto la mia collega Garavini, siamo tutti ben consapevoli del nostro ruolo.
Infine, passo al bilancio. La ringrazio, signor sottosegretario, per aver risposto alla mia interrogazione sulla cosiddetta task force, il potenziamento della rete consolare in Sud America; la sua risposta è esaustiva. La preoccupazione è, però, che questo sforzo venga messo in discussione proprio dal bilancio del 2009, poiché si tratta di una operazione che sta iniziando nelle prossime settimane. Se a metà di questo sforzo, che riguarda soprattutto i consolati di Argentina, Brasile, Venezuela e Uruguay, dovessimo non avere più la benzina sufficiente per andare avanti perché sono finiti i soldi, rischieremmo di avere sprecato un'opportunità unica. Su questo, dunque, vorrei sentire la sua risposta.

ENRICO PIANETTA. Innanzitutto, vorrei ringraziare il sottosegretario perché, aldilà della sua solita franchezza, ci ha fatto una relazione estremamente ampia su tutti gli argomenti che indubbiamente possono essere oggetto di attenzione e di interventi di carattere operativo da parte di questo Comitato. Ho apprezzato, inoltre, il fatto che, aldilà delle esemplificazioni che indubbiamente contribuiscono a poter chiarire gli argomenti, egli ha affrontato un problema di metodologia in generale. A me sembra che in questo momento la necessità di razionalizzare, di rendere più efficiente tutta la macchina istituzionale, anche nell'ambito di una capacità di individuare i costi-benefici - e con costi-benefici non mi riferisco esclusivamente agli aspetti di natura economica, evidentemente - sia un'esigenza assolutamente imprescindibile.
Del resto, proprio l'onorevole Fedi ha citato l'argomento che la Commissione esteri ha affrontato ieri, con la discussione sull'articolo 25-bis del disegno di legge n. 1441-bis, circa la semplificazione amministrativa. Siamo in questa dimensione, siamo in questo percorso e da questo punto di vista, però, il Parlamento - voglio sottolinearlo, sebbene l'abbiamo detto ieri - non è assolutamente esautorato, poiché in ogni caso il decreto dovrà comunque passare attraverso il parere del Parlamento e questo è indubbiamente un fatto importante.
Poco fa dicevo che questa è l'atmosfera, questa è la modalità, con la quale anche questo Comitato dovrà lavorare, perché indubbiamente credo che ci sia l'esigenza - e molti dei colleghi che sono intervenuti prima di me l'hanno sottolineato con particolare forza - di mettere in atto una serie di modificazioni e di riforme con grande capacità pragmatica.
Quando si parla dei CGIE e dei COMITES dobbiamo ricordare che ci sono i parlamentari eletti all'estero. Quando si parla delle modalità delle elezioni degli italiani all'estero abbiamo verificato quale sia stato il comportamento, quali siano le modalità. Credo, dunque, che giustamente dobbiamo affrontare questioni come quelle che ho citato ad esempio, anche con quella capacità e quel pragmatismo necessari a migliorare tutto quanto.
Vorrei, inoltre, affrontare il discorso delle riduzioni di bilancio. Indubbiamente, non è la prima volta che vengono evidenziate in maniera così esplicita tali riduzioni. Noi stessi, anche in ambito della Commissione affari esteri, abbiamo espresso questa preoccupazione per quanto riguarda il Ministero degli affari esteri. Aldilà delle riduzioni, che sono evidentemente collegate all'intera macchina dello Stato, è chiaro, però, che da sempre - questa è la mia esperienza - ho ascoltato riflessioni sulla insufficienza della disponibilità economica del Ministero


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degli affari esteri per gestire la politica estera del nostro Paese. Direi, dunque, che si tratta di una considerazione a carattere generale su cui noi dobbiamo indubbiamente esprimere tutta la nostra preoccupazione. Si tratta di dati oggettivi, ma al tempo stesso vorrei ricordare la grande importanza - e il 25-bis è un fatto emblematico - di razionalizzare, di migliorare.
Credo, quindi, che sia necessario considerare soprattutto la questione del CGIE e dei COMITES, e della loro funzione, collegati evidentemente alla presenza importante dei parlamentari. Non penso di dover assumere una posizione di avvocato difensore del sottosegretario, ma non ritengo che egli abbia voluto assolutamente inficiare la funzione dei parlamentari, anche se il collega che mi ha preceduto ha evidenziato un atteggiamento di qualcuno che forse non è del tutto coerente. Direi, dunque che non è certo questo il tema.
Piuttosto, il tema secondo me è il seguente: questa è una audizione importante, che ha voluto mettere in evidenza gli argomenti e la metodologia che noi dobbiamo mettere in atto come Comitato, al fine di entrare nel merito delle questioni. Giustamente, il presidente ha sottolineato l'opportunità di entrare successivamente nel merito di queste possibili modificazioni, perché questo è di competenza di questo Comitato, è di competenza del Parlamento. Pertanto, nelle successive audizioni, dovremo fare una verifica col Governo e costruire - lo ripeto perché secondo me è importante - un processo di razionalizzazione di tutti i soggetti che indubbiamente devono contribuire a creare le migliori condizioni possibili per gli italiani all'estero, cui la maggioranza di centro destra ha dato sempre tanta attenzione.
Su questo non c'è dubbio. È stato richiamato il grande lavoro che il CGIE e il Ministro Tremaglia hanno svolto. Da questo punto di vista, dunque, credo che l'insieme degli argomenti espressi dal sottosegretario rappresentino un punto di partenza che dovrà essere oggetto del merito delle nostre future attività, perché credo che sia ormai giunto il momento di affrontare seriamente le questioni di cui abbiamo parlato oggi.

GINO BUCCHINO. Signor presidente, sarò velocissimo. Ringrazio vivamente il sottosegretario per la sua presenza oggi, ringrazio tutti i colleghi che mi hanno preceduto, perché hanno esposto bene anche il mio pensiero e hanno dato, quindi, al sottosegretario molto materiale su cui riflettere e lavorare nelle prossime settimane.
Devo dire, però, che non sono molto soddisfatto, e mi sento un po' imbarazzato e perplesso, perché non so se questa sia davvero una audizione in cui noi ascoltiamo il Governo che ci espone i programmi di lavoro su una serie di questioni che abbiamo puntualmente posto nelle sedi opportune. Preciso questo aspetto, poiché abbiamo rappresentato le questioni sull'ICI, sull'assegno sociale, sul rinnovo degli accordi bilaterali e via dicendo. Naturalmente, abbiamo anche scritto, in maniera precisa e nella sede opportuna, sulla questione del COMITES e del CGIE, invitando il presidente del Consiglio generale, che è il Ministro degli affari esteri, a dare una risposta precisa alla domanda se vi sia intenzione o meno di dare seguito alla legge, quindi al rinnovo dei COMITES e dei CGIE alle scadenze naturali.
Devo dire che mi sento in imbarazzo perché quella di oggi mi sembra, piuttosto, un'audizione rovesciata, in cui noi abbiamo esposto - e lei ha ascoltato - tutte le osservazioni che abbiamo da fare sulle solite questioni sulle quali lavoriamo da mesi se non da anni, mentre abbiamo sentito molto poco per quanto riguarda la fonte del Governo che, secondo me, era il soggetto che doveva essere audito. Infatti, aldilà di due importanti eventi che ha segnalato all'inizio del suo intervento - vale a dire la conferma della Conferenza dei giovani e la questione riguardante il museo - per il resto abbiamo ricevuto delle «bacchettate» su presunte invasioni di campo.
Ebbene, se queste nel pensiero del Governo ci sono state, io credo che sia


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dovere preciso farlo presente, con esattezza, non dire di non voler fare nomi e cognomi. Al contrario, credo che si dovrebbero precisare nomi, cognomi, circostanze e luoghi, perché ritengo che queste circostanze debbano essere portate a conoscenza di tutti, anche per evitare che si faccia il solito fascio e si pensi che tutti quanti sono così. Se c'è qualcuno che ha sbagliato, questo deve essere denunciato.
Inoltre, ancora una volta - l'ha già detto molto bene l'onorevole Garavini - ci sentiamo ripetere la solita domanda su chi siamo, cosa vogliamo fare, dove andiamo, quale sia il nostro ruolo, con l'esortazione a prendere una decisione su questo. Ebbene, io credo che tutti sappiamo chi siamo: siamo dei parlamentari esattamente uguali a voi. Parlamentari. Punto e basta. Non siamo una riserva indiana.
Pertanto, non mi va di sentire dire - qualche collega lo ha fatto - che ai problemi dei COMITES e del CGIE provvederanno i rappresentati degli italiani all'estero; niente affatto, è una questione che riguarda tutta la nazione, tutto il nostro Parlamento, così come noi, anche se eletti nel collegio estero. Del resto, anche se fossimo stati eletti in Puglia, sarebbe stata la stessa cosa, perché sarebbe come dire che gli eletti in Puglia si devono interessare solo delle questioni pugliesi e non mettere bocca sulle questioni dell'aeroporto di Malpensa o di Linate, o su altre questioni.
Io credo che noi interveniamo - e lo facciamo bene - su tutto quello su cui dobbiamo intervenire, secondo il nostro dovere e i nostri compiti. Quindi, casomai io chiedo uno sforzo culturale a coloro che non capiscono, a coloro che devono smettere di chiederci chi siamo. Noi non siamo, ripeto, una riserva indiana.
Così come è assolutamente sbagliato dire o pensare che se prima era il CGIE ad occuparsi degli italiani all'estero, adesso che ci siamo noi, il CGIE non serve più. Non accetto una simile equazione, innanzitutto perché ci sono dei livelli diversi di rappresentanza dal momento che tutti hanno ciascuno la loro dignità; inoltre, perché accettarlo significherebbe ammettere che siccome adesso ci sono i parlamentari dell'estero che si devono interessare delle questioni delle quali prima si interessava il CGIE, è giusto che siano considerati una riserva indiana: non è assolutamente così.
Per cui vorrei e spero di poter ottenere qualche risposta in merito, non solo nella sua replica, ma anche nelle prossime riunioni, perché tante sono le questioni che sono state messe in campo, veramente tante. Bene sono intervenuti i colleghi che mi hanno preceduto; pertanto penso che dovremmo avere una qualche risposta, per esempio, su quale sia l'intenzione del Governo rispetto alle elezioni dei COMITES e del CGIE, e credo che dovremmo averla anche in tempi rapidi. Non so se ce la può dare oggi, ma certamente questa è una responsabilità precisa, perché ci dobbiamo preparare.
Anche perché siccome noi abbiamo scritto una lettera precisa nella quale, come parlamentari di un gruppo, di un orientamento, ovvero del PD, abbiamo espresso questa volontà, questo invito al rinnovo secondo le scadenze temporali di legge, non vorremmo poi che alla fine ci si venga a dire che qualcosa non è stato detto o non è stato fatto, e che venga addotto come scusa il fatto che l'indicazione è arrivata troppo tardi, per cui si rende necessario un rinvio e che venga assegnata la responsabilità ad altri. No, noi non ci stiamo! Il Governo, dunque, si prenda la sua responsabilità e ci dica esattamente come ha intenzione di procedere.
Mi fermo e ringrazio veramente il presidente per questo suo entusiasmo e questa sua volontà di mettere in campo tutto, di riunirci, di fissare riunioni frequenti. Spero, quindi, che tali incontri continueranno, perché dobbiamo parlare di molte questioni.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Mantica per la replica.

ALFREDO MANTICA, Sottosegretario di Stato per gli affari esteri. Innanzitutto, vi ringrazio e lo faccio senza alcun infingimento,


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poiché il tono, un po' provocatorio, serviva anche a chiarire alcune questioni. Cercherò, adesso, anche di dire esattamente quello che è nato dalla discussione di oggi.
Vorrei rispondere all'onorevole Garavini. Vede, io amo talmente il mio mestiere di parlamentare che non mi permetterei mai di fare alcun appunto ad un collega. Ho sollevato un problema che tengo vivo, perché credo che sia un dovere - oltre che uno sforzo che vi chiedo - di coloro che sanno esattamente cosa vuol dire essere parlamentare, e sono molti, sono qua presenti. Non a caso l'ho detto fin dall'inizio.
È vero, voi dite che è tutto chiaro. Tuttavia, per esempio, vi informo di un problema che riguarda i partiti e le rappresentanze: qui alla Camera è tutto chiaro, c'è un Comitato all'interno della Commissione esteri, ma al Senato non so con chi parlare, nel senso che uno strumento analogo a questo non è nato. Non voglio entrare nel merito, ogni assemblea ha assoluta autonomia, però io parlo con una sola metà, nel senso che vengo qua e ho un interlocutore con il ragionare, mentre in un altro ramo del Parlamento ho una difficoltà.
Quando vi ho detto che bisogna giocare un ruolo, non l'ho fatto per ragioni personali - per l'amor di Dio, non mi permetterei mai - ma per farvi capire che in questa fase di avviamento c'è bisogno forse di uno sforzo in più da parte di tutti, compreso il Governo probabilmente, perché si metta in moto un meccanismo.
Vorrei precisare - e rispondo ancora all'onorevole Garavini - che non credo che l'Esecutivo non debba assumersi le sue responsabilità; anzi, io sono uno di quelli che rimprovera agli esecutivi di assumersene sempre molto poche e di giocare a scaricare sugli altri il problema. Credo che sia iniziata una fase - certo, potremmo anche sbagliare - in cui il Governo cerca di decidere, quindi lei, onorevole Garavini, avrà su molti argomenti le risposte del Governo.
Vorrei innanzitutto tener fuori dal mio rapporto con i parlamentari quella sequela di piccole cose rognosissime nelle quali io minaccio di affogare. Mi riferisco, ad esempio, al fatto che io debba essere tempestato - ve lo dico con grande sincerità e simpatia - di domande sulla terza cattedra della scuola di Wolfsburg almeno dieci volte al giorno da due mesi. A un certo punto, in queste condizioni, non si vuole più sentir parlare di italiani nel mondo!
Tra l'altro, chiunque la mattina si alzi con una idea nuova ritiene di fare una notizia stampa, una telefonata e via dicendo. Insomma, vorrei tener fuori le ordinarie amministrazioni e trasformare, se è possibile, questo Comitato in un tavolo di concertazione sulle riforme, sui grandi temi che riguardano gli italiani nel mondo (chiedo scusa, tra l'altro, per non aver citato la riforma della scuola).
Il Governo vuole, insieme al Parlamento, un tavolo di concertazione - credo che il luogo debba essere questo, doverosamente - sulle riforme. Oggi ho riferito un'agenda di riforme (dimenticandone due, peraltro importanti, o forse anche qualcuna in più) sulle quali io credo il Governo abbia posto la propria attenzione. Non sono entrato nel merito.
Penso, ad esempio, che i COMITES debbano essere rinforzati e trovare un modo per essere ancora più rappresentativi di quello che sono. Mi preoccupa il fatto che diminuiscano sempre i votanti per i COMITES. Vorrei capire cosa possiamo e dobbiamo fare tutti insieme perché essi diventino la rappresentanza forte degli interessi degli italiani di una certa area.
Ho qualche dubbio in più sulla questione del ruolo del CGIE e al riguardo ho sentito legittimamente campane diverse. Giustamente, ad esempio, l'onorevole Narducci non comprende perché vi sarebbe un conflitto di interessi tra l'essere parlamentare e l'essere membro del CGIE. Vorrei capire meglio queste questioni. L'onorevole Narducci, peraltro, fa presente che andrebbero rinnovate le classi dirigenti dei COMITES. Mi sembra che il CGIE abbia svolto un ruolo enorme quando mancava la rappresentanza parlamentare.


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Oggi vorrei capire questo collegamento. L'onorevole sostiene che, in fondo, non sono solo i parlamentari a doversi preoccupare degli italiani all'estero e che i parlamentari si occupano dei problemi del Parlamento.
Come avete notato, ho delineato sullo sfondo anche la riforma costituzionale: se dovesse arrivare - se ne parla - un Senato per territorio, dove ciascuno rappresenta appunto un territorio, diverse questioni andrebbero riconsiderate. Io non credo che un rappresentante della Lombardia parlerebbe solo di Malpensa e farebbe la guerra a Fiumicino. Tuttavia, c'è una chiave di lettura in più nella sua presenza parlamentare, che è la rappresentanza degli interessi territoriali.
Se dovesse avvenire questo, mi piacerebbe discutere con voi per capire che cosa cambia. Insomma, vorrei alzare un po' il tono della discussione. Se siete d'accordo, considererei questa sede come un tavolo di concertazione, nel quale siamo disposti a parlare di tutte le riforme e di tutti i problemi di un certo tipo, lasciando fuori dalla porta altre questioni.
Sono disposto, dunque, a partecipare a questo tavolo di concertazione su due argomenti precisi.
Il primo - non credo di dover essere presente, ma se volete partecipo - è il problema delle elezioni europee. Il Governo ha un'intenzione e l'ha manifestata attraverso la presentazione di un emendamento. Tra l'altro, non sappiamo se questo emendamento verrà accolto dalla maggioranza e discusso, ma si potrebbe anche ricorrere ad un emendamento del Governo, che al momento peraltro non c'è. Tuttavia, il Governo sull'argomento delle elezioni europee decide di aprire un confronto con questo tavolo. Noi aboliremmo l'opzione di voto presso le sedi consolari sui partiti italiani. Si può fare? Non si può fare? Credo che questo sia un tema importante da affrontare in questa sede. Potreste convincermi che ho torto e magari trovare una soluzione intermedia. Non so quale sia, ma se ne può parlare. Questo è il primo tema.
Vengo al secondo tema, rispetto al quale indico subito una data. Al di là del merito della riforma o non riforma dei COMITES o del CGIE, il problema è che noi dobbiamo decidere entro la fine dell'anno. Se entro quel termine il Governo non fa un decreto-legge che sospende le elezioni dei COMITES, si va alle elezioni secondo la legge vigente. Per prendere questa decisione, il Governo potrebbe partecipare a questo tavolo di concertazione da qui alla fine dell'anno, senza arrivare a formulare le riforme, perché non credo ci sia il tempo. Per carità, se siete in grado di proporre un testo di riforma ben venga, ma vivo in questo Parlamento e in quattro mesi non ho mai visto neanche un disegno di legge del Governo compiere tutto l'iter parlamentare. Comunque, si potrebbe avviare un primo confronto per capire qual è la condizione, se vale o non vale la pena di tentare una modifica.
Qualcuno di voi si è già assunto la sua responsabilità politica, dichiarando al presidente del CGIE, quindi al Ministro Frattini, una posizione che io considero legittima. È una delle tante opinioni esistenti, anche nella maggioranza. Una delle cose positive di questa vicenda è che non avverto uno schieramento di maggioranza e minoranza secondo lo schema classico parlamentare. Oserei dire che, probabilmente, avverto delle differenze territoriali, cioè tra europei e non europei.
Comunque, senza entrare nel merito, questo è il secondo tema da affrontare a questo tavolo di concertazione - poi, se volete, ne aggiungiamo altri - nel senso di valutare insieme un'idea del Governo. Mi rendo conto che i COMITES sono andati a votare nel 2004 con una legge del 2003 e mi rendo anche conto del grado di credibilità e di immagine di un Governo che, cinque anni dopo, propone di cambiare le regole del gioco.
Non voglio eliminare i COMITES né distruggere il CGIE; voglio solo parlare di riequilibrio di potere e di rapporti. Se dovessimo entrare - sottolineo il «se» - nell'ordine di idee di procedere a questa modifica, si può parlare anche di modalità e procedure. Questo vuol dire dover individuare


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chi fa che cosa. Il fatto di ristrutturare, rivedere, riformare o implementare COMITES e CGIE dipende anche, ad esempio, dalla forza dei parlamentari sulle proposte. Insomma, dipende anche dai modi con cui si vuole partecipare a questo tipo di riforme.
Allora, io vi dico con grande chiarezza che il Governo non ha deciso niente. La mia personale opinione è che sarebbe opportuno, da qui al 26 dicembre (credo che sia la data ultima, oltre la quale il problema sarà già superato), discutere fra di noi se è opportuno prendere in considerazione questa idea e fino a che punto.
Le responsabilità naturalmente se le assumerà il Governo: una volta sentito, discusso, valutato, il Governo potrà decidere di emanare o meno il decreto-legge. Mi pare che il ruolo dei parlamentari sia quello di partecipare, elaborare e suggerire, e del Governo di prendere le decisioni e agire di conseguenza.
Queste sono le due questioni più urgenti che ho messo sul tappeto. Ve ne sono altre sullo sfondo, pure assolutamente importanti.
Tengo a sottolineare la questione della rete diplomatica o rete consolare. Vorrei cercare di costruire con voi un ragionamento che non finisca sempre nel problema del consolato sotto casa. Vi informo ufficialmente che sono finite le fasi uno, due e tre, quelle «costrette» dalla finanziaria. Potrei fare una battuta e dire che si tratta della finanziaria del Governo Prodi. Tuttavia, l'orientamento del Governo Berlusconi è lo stesso, ossia non certo di aumentare le sedi consolari ma di tagliarle. Quelle fasi dettate dalla finanziaria, comunque, sono finite. Oggi noi viviamo non dico in uno stato di benessere, ma in una situazione tale che non abbiamo vincoli per cui dobbiamo chiudere domani mattina. Tuttavia, responsabilmente, occorre considerare che se nel 2009 sono state tagliate le spese, nel 2010 lo saranno ancora e nel 2011 sicuramente di più; siccome resto al Governo e mi assumo la responsabilità, al 2011, di arrivare all'obiettivo del pareggio di bilancio (l'ha ribadito il Ministro Tremonti anche recentemente), so che il 2011 minaccia di essere più difficile. Allora, chiedo a questo Comitato o a questo tavolo di concertazione: e se noi cominciassimo a pensare prima a quello che succederà poi? Lo dobbiamo fare con grande realismo. Sappiamo che è difficile immaginare un aumento di spesa per questa rete. Dunque, dobbiamo chiederci cosa possiamo fare con le risorse a disposizione. Occorre una valutazione sulla tipologia dei consolati, dei servizi che essi devono offrire e via dicendo.
Ho sentito parlare giustamente di agenzie consolari, di consolati generali. Si tratta di problemi che riguardano i servizi, le utenze, le strutture diplomatiche, le carriere. Proprio nel momento in cui non ho la spada di Damocle di una scadenza imminente, che mi impone di chiudere, domani mattina, Chambery (citiamo solo Chambery perché ormai l'abbiamo chiuso), è bene cominciare a ragionare.
Potrebbe essere questa l'occasione di spiegare cos'è il consolato digitale. Ne parliamo tanto, ma non vorrei limitarmi a questo. Mi auguro, infatti, che a ottobre il meccanismo Berlino funzioni. Potrei consigliarvi di andare a Berlino a novembre, per rendervi conto della situazione e capire che quando si parla di consolato digitale non è una presa in giro del Governo per giustificare la mancata apertura di nuovi consolati, ma è uno strumento che esiste e che noi offriamo come strumento di servizio.
A quel punto non si parla più di razionalizzazione, ma di innovazione, di un modo nuovo di rapportarsi all'estero. La questione non riguarda gli italiani nel mondo nel senso di residenti italiani nel mondo, ma nel senso di cittadini italiani quando escono dalla frontiera italiana. Un problema che abbiamo è che l'Italia è il solo Paese al mondo nel quale si chiede alla rete diplomatica o consolare di essere assistiti anche quando si compra un biglietto per il Tibet senza dirlo alla sorella. Questo è successo non più tardi di due mesi fa e siamo finiti sui giornali per dire che il console in Olanda non è intervenuto. C'è una grande attesa verso l'intervento


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dello Stato. Vorrei capire fino a che punto si può arrivare, da questo punto di vista, e quale soglia non si deve superare. Ho citato il caso degli italiani che vanno giro per il mondo, ma voi sapete meglio di me che alcuni livelli di servizio andrebbero discussi.
Ma torniamo all'aspetto politico. Quanto alle specificità territoriali, in America latina c'è molto «più sangue», «più colore», «più musica» e meno ghiaccio che in Canada, è una specificità. Almeno in Parlamento, però, si dovrebbe cercare di eliminare queste specificità territoriali o esigenze diverse. Abbiamo un caso particolare, che tra l'altro riguarda la maggioranza - dunque non lo sollevo per polemica - quello del senatore Caselli, che ritiene di essere il rappresentante del Governo in Argentina. Questo implica una serie di reazioni, prima di tutto di altri parlamentari che non la pensano così. In questo momento abbiamo in Argentina dei parlamentari schierati pro o contro il console o l'ambasciatore. Quello che voglio dire è che voi avete ragione quando sostenete che io mi debba occupare degli italiani nel mondo, ma se devo essere impegnato a risolvere questioni da parrocchia suburbana è ovvio che per i grandi temi non c'è più spazio.
Per questo non intendevo lasciare intendere che voi non sapete fare i parlamentari, ma rivolgervi un appello per farvi capire che il ruolo dei parlamentari, in queste situazioni, è molto delicato, perché è più difficile rispetto a quello del collega eletto sul territorio nazionale che ha regole immediate. Vorrei farvi capire che serve un aiuto a trovare delle soluzioni. Francamente io non posso «eliminare» i parlamentari, questo non è ovviamente consentito al Governo! Questa realtà esiste e va ricomposta in termini politici, in una situazione nella quale ci sono maggioranza e opposizione, non solo i membri di maggioranza.
È un problema che, tra l'altro, riguarda un Paese che, per quanto concerne le attività degli italiani nel mondo, è importante per il numero dei membri della comunità, per i problemi specifici della comunità, per i legami che ci uniscono.
È innegabile che abbiamo questa crisi, rispetto alla quale ci sono anche delle reazioni, ovviamente all'interno del Ministero degli affari esteri. Non era mai successo che qualcuno dicesse «il console è bravo e l'ambasciatore è cretino» o viceversa, creando anche imbarazzi all'interno della rete diplomatica. Ovviamente, il gioco ormai è pesante e si fa a gamba tesa.
Tenevo a sottolineare che il mio non era un appello generico. Conosco bene il problema, ma in questo clima volevo chiedere un aiuto a tutti voi. Voi venite, a parte il Canada, da un'esperienza maturata in società diverse, ambienti diversi, per questo mi sono rivolto a voi.
I due punti fondamentali, lo ripeto, sono due: la legge elettorale europea sulle sezioni e una verifica, da qui alla fine dell'anno, sui COMITES e sul CGIE. Io ho un'opinione, voi ne avete un'altra, credo che un confronto sia doveroso.
C'è una voce di spesa che riguarda COMITES e CGIE, nell'ambito del mio bilancio, che è la metà dell'assistenza diretta. Credo che dovremmo parlarne. Certo, voi mi direte che basta raddoppiare l'assistenza diretta, così il discorso è più equilibrato. Tuttavia, nella valutazione di funzionamento degli organi io vorrei ragionare anche dell'elasticità dei numeri. L'ho detto anche al segretario Carozza, che organizzava i treni rossi, mentre io organizzavo i treni tricolore. Comunque, alla fine ci siamo trovati sostanzialmente d'accordo sul fatto che c'è un problema di recupero anche di efficienza delle istituzioni e dei sistemi di rappresentanza. Ovviamente ha una posizione sul CGIE profondamente diversa dalla mia, ma proviamo a ragionare. Forse non è tanto un problema di numeri, ma di altri meccanismi.
Avverto un'esigenza, sia di rappresentanza sia di costi, che mi pone il dovere, come Governo, di offrire a questo tavolo di concertazione l'opportunità di un dibattito. Giungeremo a una conclusione, ci siamo dati una scadenza precisa il 26


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dicembre; la risposta ve la darò come Governo, assumendomene la responsabilità, più o meno il 17 o 18 dicembre.
Tenete conto che tutto questo è molto bello, ma io parlo con metà del Parlamento. Tutto questo percorso dovrò farlo anche dall'altra parte, ma in questo momento ancora non posso iniziarlo. Mi auguro di arrivare con voi a prendere alcune decisioni e di avere dall'altra parte lo stesso conforto, in modo che si giunga, in questo sistema bicamerale perfetto, ad avere perlomeno lo stesso grado di approfondimento e gli stessi obiettivi.
L'audizione di oggi, dunque, aveva lo scopo di impostare insieme un metodo di lavoro su alcuni temi. Per questo è stato chiesto anche a voi, da parte del Governo, in questa fase iniziale, un po' di comprensione e di aiuto, in caso di lacerazioni rispetto a un modo normale di procedere. Grazie.

PRESIDENTE. Penso di dover ringraziare a nome di tutti il sottosegretario Mantica per la sua disponibilità.
Per concludere, vorrei fare alcune precisazioni.
In primo luogo, vorrei che il nostro Comitato, che è assolutamente informale e tale deve essere, fosse veramente operativo. Svolta la prima audizione credo che dovremmo incontrarci in modo regolare. Propongo di riunirci, se non tutte le settimane, almeno ogni quindici giorni e di lavorare secondo le linee indicate dal sottosegretario Mantica, ma anche dandoci autonomamente regole di lavoro. Ad esempio, potremmo fissare l'ordine del giorno dei lavori e a questo proposito chi desidera che si parli di un argomento può avanzare una proposta in tal senso. Come Comitato, dunque, ci vediamo se non questa, la settimana successiva.
Il sottosegretario Mantica oggi ci ha parlato dei profondi tagli che interesseranno questa parte del Ministero. Con lui, quindi, - lo affermo a microfono aperto - possiamo fare un'operazione di lobbing. Penso che il nostro Comitato debba intervenire, più presto e più pesantemente che può, sul Ministero dell'economia per cercare di avere una revisione di alcune scelte finanziarie. Tra quindici giorni vi proporrò un'audizione del Ministro Tremonti; forse manderà qualcuno al posto suo, ma devono ascoltarci. Noi, tutto sommato, abbiamo una possibilità interpartitica di farci ascoltare. Sento dire dal sottosegretario che 4 milioni di euro sono tanti, ma ieri leggevo su Italia Oggi che l'Alitalia impiega 7 milioni di euro solo per trasportare i piloti dal domicilio agli aeroporti! Dico questo per indicare la dimensione dei problemi.
Ci vediamo tra quindici giorni, compatibilmente con gli altri impegni. Potremmo cercare di darci una tabella oraria, ma voi sapete che è impossibile, perché ogni settimana cambiano gli impegni.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,35.

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