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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V e XIV)
5.
Giovedì 15 luglio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Pescante Mario, Presidente ... 3

Audizione degli onorevoli Gianni Pittella, Leonardo Domenici e Claudio Morganti, membri della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame congiunto della comunicazione della Commissione europea «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche» (COM(2010)250 def.) (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):

Pescante Mario, Presidente ... 3 6 8 9
Galletti Gian Luca, Presidente ... 10 15 19
Baretta Pier Paolo (PD) ... 9
Domenici Leonardo, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo ... 6 14 16
Duilio Lino (PD) ... 11 19
Gozi Sandro (PD), Relatore per la XIV Commissione ... 15
Morganti Claudio, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo ... 4 18
Vannucci Massimo (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia-Partito Liberale Italiano: Misto-Noi Sud LA-PLI.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 15 luglio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XIV COMMISSIONE MARIO PESCANTE

La seduta comincia alle 14,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione degli onorevoli Gianni Pittella, Leonardo Domenici e Claudio Morganti, membri della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame congiunto della comunicazione della Commissione europea «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche» (COM(2010)250 def.).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione degli onorevoli Gianni Pittella, Leonardo Domenici e Claudio Morganti, membri della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, nell'ambito dell'esame della comunicazione della Commissione europea «Rafforzare il coordinamento delle politiche economiche» (COM(2010)250 def.).
Ringrazio gli onorevoli Domenici e Morganti per la loro presenza. L'onorevole Pittella dovrebbe raggiungerci nel corso della seduta.
Comunico ai nostri ospiti che sarà verbalizzata ogni loro osservazione e che il relatore per la XIV Commissione, onorevole Gozi, come metodo di lavoro, si riserverà di formulare alcune osservazioni dopo il loro intervento, così come gli altri colleghi presenti.
Cari amici e parlamentari europei, quest'audizione costituisce per le due Commissioni - io rappresento la Commissione politiche dell'Unione europea, ma ci troviamo nella sede della Commissione bilancio, tesoro e programmazione - un'occasione molto particolare per acquisire elementi di valutazione e conoscenza ai fini dell'esame delle proposte della Commissione europea sulla governance economica.
Abbiamo già avuto su tale tema le audizioni del Ministro Frattini, del Ministro Sacconi, nonché di rappresentanti della Banca d'Italia, dalle quali abbiamo tratto numerosi spunti di interesse e di approfondimento.
Abbiamo anche avuto modo di occuparci del tema, in entrambe le Commissioni, in occasione dell'esame del programma di lavoro della Commissione europea. Non so se siete a conoscenza del fatto che abbiamo concluso con una risoluzione unitaria e con l'approvazione in sede di Commissione - all'unanimità - del programma di lavoro della Commissione europea e della troika per i 18 mesi delle tre presidenze spagnola, belga e ungherese.
Nella nostra risoluzione abbiamo concentrato significativamente l'attenzione sui temi economici, tra cui quello della governance. Come ricordavo prima, martedì 13 luglio abbiamo approvato, in esito all'esame di tali documenti, una risoluzione in Assemblea, sulla quale, se non vi dispiace,


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vorrei darvi alcune indicazioni di massima, impegnando il Governo ad attivarsi per la costruzione di un governo economico europeo.
Non so se sia condivisa la premessa che ho svolto alla Camera, ma anche durante la presentazione dell'ex commissario europeo Mario Monti, due giorni fa, ho sottolineato di avere la sensazione che oggi le prospettive siano un po' capovolte. Una comunicazione di Paul Henry Spaak - di oltre 40 anni fa - affermava che non ci può essere un'unità europea se ci occupiamo solo degli aspetti economici. Dopo 40-50 anni, però, forse è il caso di affermare che se non troviamo un'unità economica non ci sarà neanche quella politica. Ormai lo sapete meglio di me, ma i contrasti non vertono più su temi di politiche territoriali o di ideologia, quanto su argomenti di politica economica.
Credo, quindi, che il discorso vada invertito e che il lavoro che stiamo svolgendo vada visto anche in previsione di uno sbocco a un'unità che abbia maggiori motivazioni di quelle che non intravedo più oggi.
Abbiamo, pertanto, impegnato l'Esecutivo ad attivarsi per la costruzione di un governo economico europeo, atto a far fronte alle sfide emerse con la crisi, anche mediante la creazione di un Fondo monetario europeo non limitato alla gestione delle emergenze, come è avvenuto in questo caso, ma inteso a promuovere un'unione sociale sostenibile per quanto riguarda l'economia reale e a rilanciare la crescita, la produttività, lo sviluppo, la competitività e l'occupazione.
Il secondo impegno che abbiamo chiesto al Governo è stato quello di sviluppare maggiormente i meccanismi preventivi, premiali e sanzionatori, non soltanto in relazione agli obiettivi in materia di compatibilità di bilancio, ma anche di lavoro, occupazione e politiche sociali.
Al Governo è stato anche richiesto di promuovere la definizione di indicatori affidabili per la vigilanza macroeconomica e per verificare rigorosamente l'attuazione della strategia Europa 2020.
È stato, infine, chiesto al Governo di valutare e promuovere forme di coordinamento più stringenti tra i Paesi membri dell'eurozona e, quindi, un effettivo coordinamento delle politiche europee sull'occupazione, adoperandosi per favorire l'introduzione di standard di riferimento da rispettare in ogni Paese membro.
Sappiamo che il Parlamento europeo si è già espresso sulle linee del nuovo assetto della governance economica con una risoluzione approvata il 16 giugno scorso e abbiamo constatato come molte nostre preoccupazioni siano condivise da gran parte dei gruppi in seno al Parlamento europeo.
Su queste condizioni prioritarie e su ogni altro elemento rilevante vorremmo acquisire oggi le vostre valutazioni.
Do la parola all'onorevole Morganti.

CLAUDIO MORGANTI, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Presidente e onorevoli deputati, vi ringrazio dell'invito, che ho accolto con piacere.
La crisi economico-finanziaria che stiamo ancora attraversando e che pare destinata a produrre a lungo i suoi effetti negativi, da un lato, ha reso lapalissiano quale sia il livello di interconnessione raggiunto tra le economie mondiali e fra quelle europee in particolare, dall'altro, impone l'esigenza di studiare politiche e strumenti adeguati ed efficaci per tornare quanto prima a livelli di crescita e di benessere stabili e duraturi.
Le recenti tappe sono note. Dopo l'adozione del cosiddetto pacchetto di salvataggio, è stata costituita una task force guidata dal Presidente dell'Unione europea, Herman Van Rompuy, e sono state adottate linea guida da parte del Consiglio dell'Unione europea.
In tale contesto, la Commissione europea ha emanato due comunicazioni, l'ultima delle quali lo scorso 30 giugno, proponendo di rafforzare la cosiddetta governance


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economica dell'Unione europea e dell'area dell'euro.
Le ultime proposte della Commissione europea tracciano misure più concrete sul Patto di stabilità e crescita e sulla sorveglianza degli squilibri macroeconomici. In particolare, tra i punti cardine vi sono la previsione di un cosiddetto semestre europeo e l'intensificazione degli strumenti che, in via preventiva e successiva, garantiscano disciplina da parte degli Stati membri nelle rispettive politiche di bilancio, macroeconomiche e strutturali.
Il cosiddetto semestre europeo, del quale la Commissione europea ha auspicato l'adozione a partire dal 2011 e che ha registrato la posizione sostanzialmente favorevole del Consiglio nella riunione dello scorso 13 luglio, dovrebbe consentire il coordinamento in via preventiva delle politiche economiche degli Stati membri.
Il semestre europeo è destinato a inaugurarsi con la valutazione della Commissione, seguita, nel mese di febbraio, con l'adozione da parte del Consiglio europeo di orientamenti strategici, che dovranno trovare considerazione da parte degli Stati membri al momento della presentazione, nel mese di aprile, dei rispettivi Programmi di stabilità e convergenza e dei Programmi nazionali di riforma.
Entro il mese di giugno, poi, la Commissione dovrebbe completare la valutazione di tali programmi, in modo che entro il mese di luglio il Consiglio possa emanare le proprie opinioni e le raccomandazioni. Queste ultime, infine, dovranno essere considerate dagli Stati membri all'atto dell'elaborazione delle proprie leggi di bilancio.
La Commissione europea propone l'impiego di indicatori per quanto attiene alla rilevazione di eventuali squilibri di carattere macroeconomico. Gli Stati membri che dovessero registrarne sarebbero, in seguito, soggetti a un esame più approfondito e, infine, raggiunti da raccomandazioni del Consiglio, a norma dell'articolo 136 o dell'articolo 121.4 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, a seconda se appartengano o meno all'area dell'euro. L'adozione di riforme strutturali dovrebbe, quindi, essere valutata anche nel quadro dell'intensificazione e dell'estensione della sorveglianza macroeconomica.
La Commissione europea propone anche un'applicazione più rigorosa e incisiva delle disposizioni del Trattato e del Patto di stabilità e crescita. Le procedure di infrazione sarebbero iniziate e portate avanti anche laddove uno Stato membro, pur registrando un disavanzo inferiore al 3 per cento, abbia accumulato un livello di debito pubblico superiore al 60 per cento del PIL o sia esposto a rischi significativi nell'andamento futuro del debito.
In relazione alla parte cautelativa del patto, la Commissione propone misure di aggiustamento verso l'Obiettivo di medio termine più impegnative per i Paesi membri caratterizzati da alti livelli di debito pubblico. La fase correttiva, invece, sarebbe destinata a essere caratterizzata dall'individuazione di un coefficiente che rappresenti un adeguato ritmo di abbattimento del debito. La Commissione, tuttavia, riconosce come non possano essere trascurate valutazioni di carattere qualitativo, intese a non sottovalutare la sostenibilità complessiva e, pertanto, a fare in modo che ricevano il giusto apprezzamento anche i livelli d'indebitamento a carattere privato.
Un ulteriore elemento che caratterizza fortemente la posizione della Commissione europea si rinviene nelle innovazioni al sistema sanzionatorio destinato a operare in caso di mancato rispetto del Patto di stabilità e crescita.
Da un lato - quello delle misure a carattere preventivo - la Comunicazione prevede sia che i Paesi membri che durante le congiunture economiche favorevoli non compiano sufficienti progressi al fine di raggiungere l'Obiettivo di medio termine siano tenuti al versamento di risorse in appositi depositi fruttiferi - ma solo per i Paesi all'interno dell'area dell'euro - sia l'introduzione di un cosiddetto sistema di condizionalità ex ante per la


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politica di coesione, in base al quale le spese dovrebbero essere legate al sostegno che detta politica può portare alle riforme istituzionali e strutturali.
Dall'altro lato, quello correttivo, oltre all'imposizione delle sanzioni già disciplinate dal Trattato, la Commissione supporta l'introduzione di un sistema connesso al bilancio comunitario: le sanzioni non dovrebbero colpire i destinatari finali dei fondi dell'Unione europea, quanto piuttosto i pagamenti corrisposti agli Stati membri. Quest'ultimi, pertanto, non potrebbero più vantare un credito sul bilancio comunitario, come invece avviene quando le amministrazioni nazionali fungono da intermediarie nell'erogazione dei fondi europei.
La proposta del semestre europeo, sostanzialmente già accettata dai Capi di Stato e di Governo, non dovrebbe presentare particolari difficoltà di attuazione, salvi gli adattamenti procedurali che alcuni Paesi dovrebbero adottare. Vi è, tuttavia, da garantire che il legislatore nazionale di ciascun Paese non veda diminuite, o peggio ancora sottratte le proprie prerogative, in modo tale che, da rappresentanza democratica del popolo sovrano, non venga ridotto a mero ratificatore di decisioni prese altrove.
Quanto ai livelli di debito - forse l'aspetto che ci interessa maggiormente - si tratta di un tema assai sensibile per il nostro Paese. Ritengo necessario, pertanto, che nel prosieguo dell'iter sia data adeguata applicazione a quanto espresso dal Consiglio europeo a conclusione dei propri lavori del 17 giugno scorso, laddove ha riconosciuto, con il punto 11, lettera b), che si deve attribuire, nella sorveglianza di bilancio, importanza di gran lunga maggiore ai livelli e all'andamento dell'indebitamento e alla sostenibilità globale, come previsto inizialmente dal Patto di stabilità e crescita.
Infine, così come è auspicabile un sistema di incentivi e di sanzioni efficaci e cogenti, non sono meno auspicabili regole semplici e procedure rapide che garantiscano il pieno rispetto della specificità e delle prerogative degli Stati membri.

PRESIDENTE. La ringrazio, onorevole Morganti.
Do la parola all'onorevole Domenici.

LEONARDO DOMENICI, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Vorrei essere molto breve, perché mi pare che l'onorevole Morganti abbia riassunto in maniera molto efficace le indicazioni fondamentali contenute soprattutto nella più recente comunicazione della Commissione, quella del 30 giugno scorso, che innova, per alcuni aspetti, la precedente del 12 maggio, sulla quale - ho visto gli atti - si è già tenuta una riunione congiunta delle Commissioni V e XIV della Camera dei deputati. Ho visto anche la relazione dell'onorevole Gozi.
Vorrei precisare subito che, a mio parere, rispetto alla prima comunicazione del 12 maggio, quella del 30 giugno è più interessante, per due motivi.
Il primo è perché entra molto nel dettaglio, anche dal punto di vista tecnico, con i due allegati, nell'indicazione delle linee specifiche di attuazione del Patto di stabilità e crescita, nonché nelle linee direttrici di presentazione dei Programmi di stabilità e convergenza. È, quindi, molto più articolata ed entra maggiormente nel merito.
Inoltre, l'aspetto interessante è rappresentato soprattutto, come già ricordava il collega Morganti, dal fatto che, accanto alle indicazioni relative alla maggiore attenzione per il debito pubblico e la sostenibilità di bilancio, è introdotto in maniera molto più ampia - rispetto alla prima versione - il tema della sorveglianza macroeconomica.
Ritengo, infatti, che il punto fondamentale, che ha ricordato anche il presidente Pescante - e che è presente in particolare nella risoluzione del Parlamento europeo del 16 giugno scorso - consista nell'impegno,


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nello sforzo a tenere unite quanto più possibile due facce, due questioni: quella relativa all'intervento sui bilanci e quindi al lavoro non soltanto per la riduzione del deficit e per il rientro - sotto la soglia del 3 per cento - del rapporto deficit/PIL, ma anche in prospettiva sul debito, e quella relativa alle strategie di sviluppo e quindi al collegamento alla strategia Europa 2020, che è stata anch'essa oggetto di una risoluzione votata, sempre il 16 giugno, dal Parlamento europeo.
Personalmente, ritengo che tale collegamento non sia ancora del tutto soddisfacente e che si debba compiere uno sforzo ulteriore. Penso che in questo momento sia particolarmente importante tenere conto del fatto che il consolidamento dei bilanci pubblici è un aspetto essenziale, ma la crescita e lo sviluppo sostenibile, attraverso la regolazione finanziaria e il rilancio degli investimenti di medio-lungo periodo, rappresentano un altro aspetto essenziale. Direi che l'uno non si tiene compiutamente e completamente senza l'altro.
Un altro aspetto che credo sia da approfondire riguarda il meccanismo sanzioni e incentivi. Personalmente, ritengo che sia inevitabile e ovvio ricorrere a sanzioni. Questo è un altro capitolo estremamente delicato, soprattutto per quanto riguarda la possibilità di utilizzare come meccanismo sanzionatorio l'intervento sui fondi europei. Si pone, quindi, la necessità di capire bene come ciò dovrà avvenire.
Mi pare che, recentemente, il Commissario per le politiche economiche e monetarie, Olli Rehn, abbia chiarito alcuni punti importanti a tale proposito, per cui il dispositivo dovrebbe prevedere prima una sospensione degli impegni e, successivamente, rimanendo una situazione di squilibrio, la cancellazione degli impegni e la perdita dei pagamenti, senza che ciò ricada sui soggetti beneficiari. Questo, però, è un punto che - credo - sarà fra quelli che dovremo affrontare e approfondire particolarmente.
Personalmente, ritengo che sia importante lavorare anche sul sistema degli incentivi, oltre che su quello delle sanzioni. A mio parere, se ne è parlato troppo poco.
Porto un esempio concreto. Se vogliamo tenere insieme la strategia Europa 2020 con il consolidamento dei bilanci, c'è da considerare se Stati membri che indirizzano efficacemente spesa e tassazione verso obiettivi coerenti con tale strategia - ricordo che si tratta di occupazione, inclusione sociale, ricerca e innovazione, istruzione, energia, cambiamento climatico - possano, per esempio, avere un periodo di tempo maggiore per ridurre il debito o per rientrare nel rapporto deficit/PIL.
Un'altra ipotesi di incentivo potrebbe essere quella di favorire un migliore accesso ai finanziamenti della Banca europea per gli investimenti (BEI), o la possibilità di un utilizzo in via preferenziale del ricorso all'emissione degli eurobond, quando, come mi auguro, saranno emanati.
Credo che tale punto sia importante proprio per la considerazione che svolgevo prima, vale a dire la necessità di tenere conto che oggi non possiamo pensare che la responsabilità fiscale e di spesa a medio e lungo termine, che è essenziale, non sia congiunta con una strategia di crescita e di sviluppo, altrimenti rischiamo la deflazione. Esistono i problemi che ben sappiamo, su cui non intendo tornare, dal momento che li conosciamo molto bene.
Proprio questa mattina, ho sentito il Governatore della Banca d'Italia Draghi - all'assemblea dell'ABI - che usava la seguente espressione: «una ripresa economica mondiale diseguale e dalla tenuta incerta». Essa ci richiama ancora di più alla necessità di valutare e calibrare adeguatamente le misure di austerità che possono ingenerare effetti collaterali indesiderati. Evidentemente, non tutto è riducibile soltanto alla sorveglianza dei bilanci.
In questo senso - mi avvio rapidamente a concludere, perché penso che sia più utile discuterne insieme, scambiandoci


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reciprocamente suggerimenti, in una logica di collaborazione interparlamentare - credo che la questione degli squilibri debba essere considerata anche rispetto a elementi che devono rientrare nella valutazione complessiva, negli indicatori e nei parametri.
Vi è un problema irrisolto, soprattutto all'interno dell'area euro, nel rapporto fra i Paesi con un forte surplus, soprattutto la Germania, e quelli che si trovano in deficit. Anche questo è un punto da considerare. Credo che sia particolarmente importante introdurlo nella considerazione di una governance economica che abbia come obiettivo il superamento degli squilibri e l'introduzione di nuovi principi di finanza innovativa.
Svolgo un accenno a questo tema per procedere rapidamente alla conclusione. Nella Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, oltre a un rapporto di iniziativa parlamentare che ha come obiettivo quello di dare alcune indicazioni e contributi alla Commissione europea e al Consiglio sul rafforzamento della governance economica, stiamo cominciando una discussione intorno al tema della finanza innovativa, sulla base di un documento di lavoro, non di una comunicazione della Commissione dello scorso aprile.
Ritengo che questo sia un tema molto importante. Se vogliamo avere una strategia di sviluppo a livello nazionale, ma, soprattutto, in tale caso, europeo, dobbiamo anche porci il problema degli strumenti, dei mezzi e delle risorse cui possiamo attingere per favorire una politica di investimenti di medio-lungo periodo, di carattere sia pubblico, sia privato, sia pubblico-privato. Ritengo che questo sia un aspetto sul quale sarebbe molto opportuno che, all'interno dei diversi Parlamenti nazionali, nonché del Parlamento europeo, si stabilissero anche alcune attività di lavoro comune per arrivare ad avanzare proposte innovative.
L'ultima questione riguarda la roadmap che abbiamo davanti per i prossimi mesi. In settembre la Commissione di cui sono membro si è impegnata ad avanzare proposte più dettagliate - anche in termini di diritto derivato - per quanto riguarda l'istituzione del quadro giuridico per la correzione degli squilibri eccessivi e il problema delle misure correttive per quanto attiene al rispetto dell'elaborazione dei quadri di bilancio nazionali, con i requisiti relativi in materia procedurale.
Credo che dobbiamo svolgere un lavoro molto attento per fare in modo che sia il Parlamento europeo, sia i Parlamenti nazionali abbiano in questa fase un ruolo rilevante e siano informati e consultati affinché, nel momento in cui verrà avviata, come ricordava prima l'onorevole Morganti, la procedura del semestre europeo, che, sulla base delle indicazioni dell'Ecofin, dovrebbe effettivamente avviarsi dal gennaio 2011, vi siano tutte le condizioni per poter efficacemente intervenire nei passaggi e nei momenti essenziali, ai fini di poter conferire un ruolo e una funzione determinanti ai Parlamenti nazionali.
Non vorrei dilungarmi troppo. Mi fermerei qui e lascerei ai colleghi la possibilità di intervenire, interloquire e di discutere insieme.

PRESIDENTE. Grazie, onorevole Domenici. Svolgo una sola osservazione per quanto riguarda la revisione del bilancio europeo.
In riferimento anche alle sue considerazioni sui nuovi strumenti finanziari, la risoluzione che abbiamo approvato all'unanimità - in Aula - dispone - tra l'altro - di «promuovere ulteriormente il ricorso a nuovi modelli di finanziamento delle politiche pubbliche europee, quali partenariati pubblico-privato, i prestiti e le garanzie della Banca europea per gli investimenti, del Fondo europeo per gli investimenti e della Banca europea per la ricostruzione e lo sviluppo, in grado anch'essi di produrre un significativo effetto leva per mobilitare ulteriori risorse pubbliche e private».
Se il relatore, l'onorevole Gozi, è d'accordo, darei prima la parola ai colleghi


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che vogliono intervenire e lascerei per ultimo il suo intervento.
Do, dunque, la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

PIER PAOLO BARETTA. Innanzitutto ringrazio i colleghi.

PRESIDENTE. Vi chiedo scusa. Per par condicio c'è un'alternanza di presidenze tra la XIV e la V Commissione. Cedo, pertanto, la presidenza al vicepresidente della V Commissione onorevole Galletti.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIAN LUCA GALLETTI

PIER PAOLO BARETTA. Approfitto dell'occasione per sottolineare solo due appunti emersi nelle presentazioni, nello spirito appena auspicato di dialogo e di collaborazione e nell'idea che questo sia un primo appuntamento e che il confronto tra il livello europeo e quello nazionale possa essere più intenso.
Il primo appunto riguarda la questione della sorveglianza macroeuropea o del sistema di regole del gioco. Evidentemente, l'ultima questione, dopo la vicenda greca e la presa di posizione dei Governi, che hanno reagito in ritardo, ma hanno reagito, lascia ancora più evidente e scoperto il tema, che prima era stato affrontato in una chiave quasi di dibattito intellettuale, sul sistema delle regole del gioco, emerso invece come un'urgenza drammatica.
Il punto di fondo è che si sta rischiando di perdere l'occasione. Mentre due anni e mezzo fa, dopo lo scoppio della crisi, tutti ci siamo detti, compresi coloro che l'avevano provocata, che bisognava cambiare, adesso, in effetti, si è verificato un allentamento.
La mia impressione è che non soltanto sia necessario che l'Europa compia passi avanti dal punto di vista politico - una delle discussioni emerse nelle nostre audizioni e nel nostro dibattito, anche largamente unitario, in Parlamento, è la convinzione che si batte moneta, ma non si batte politica - ma anche che il passaggio sul sistema delle regole del gioco economico sia quasi un presupposto o una strada perché ciò avvenga.
Sottolineo tale aspetto perché ritengo che su questo punto sia necessario compiere un salto di qualità, che non faccia ritornare a una situazione di separazione tra il mercato, la finanza e, poi, la vita politica. Eravamo andati vicini a ricongiungere questo percorso durante la drammaticità della crisi; la crisi resta drammatica, ma le sensibilità si allargano.
Il secondo punto riguarda la novità del semestre europeo, che - badate - è il prossimo e non un altro. Parliamo del semestre europeo come se fosse un appuntamento di là da venire, ma è il prossimo. La considero un'operazione molto impegnativa per tutti e, ovviamente, anche per noi.
Mi pare che il lavoro iniziato con la Commissione bilanci del Parlamento europeo e con la riunione delle Commissioni bilancio, alle quali hanno partecipato per noi il presidente Giorgetti e l'onorevole Duilio, costituisca un punto su cui svolgere un ulteriore lavoro, anche da parte nostra.
Ci attendono due appuntamenti a livello nazionale. Il primo è tutto interno, per stabilire come riusciamo a evitare che la nuova legge sul bilancio, la legge n. 196 del 2009, venga disattesa ogni giorno e rappresenti, invece, l'elemento di novità che la caratterizza; il secondo verte su come ci prepariamo all'appuntamento, tra cinque mesi, con il semestre europeo.
Un lavoro di omogeneizzazione dei tempi con i quali i diversi Stati discutono i loro bilanci costituisce il primo passaggio. Del resto, oggi si registra una frantumazione di tali tempi. Occorrono, inoltre, un percorso di affinamento progressivo delle procedure e, infine, una discussione politica sui bilanci. La democrazia del bilancio, la cultura del bilancio, non può essere soltanto tecnica.


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Abbiamo compiuto un passaggio culturalmente interessante una ventina di giorni fa, quando è venuto a svolgere un'audizione informale l'economista Fitoussi, il quale ci ha raccontato di come stanno lavorando con il Presidente francese Sarkozy, introducendo una discussione che inquadro dentro il sistema generale della sorveglianza e della costruzione di nuove regole.
Considero quel percorso e il semestre europeo, probabilmente, le due priorità sulle quali impegnare anche il lavoro del Parlamento italiano, in particolare per quanto riguarda la Commissione bilancio, tesoro e programmazione.
L'ultima osservazione, che si riallaccia alla prima, ma è rivolta al nostro presidente di turno e alla Commissione, è la seguente: penso davvero che considerare l'Europa come una condizione interna sia un problema di salto di mentalità. Da questo punto di vista, vorrei immaginare, con la cortesia dei colleghi, una periodicità del confronto.
Oggi siamo in un'audizione formale, ma il rapporto che ci deve essere dovrebbe essere quasi di «quotidiana» collaborazione. Studiamo reciprocamente alcune modalità che ce lo consentano. Esprimo di proposito - nella presente occasione - quest'esigenza: non penso solo alle sedi dei singoli gruppi parlamentari, ma proprio alla delegazione italiana a Bruxelles, ai rappresentanti del Parlamento italiano, in questo caso a noi della Commissione bilancio, tesoro e programmazione. Dovremmo avere un rapporto più assiduo, anche sulla base delle scadenze che stiamo predefinendo.

PRESIDENTE. Abbiamo un problema di tempi. Tentiamo di restringerli.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio anch'io per questo incontro e svolgo alcune considerazioni generali.
La proposta dell'onorevole Baretta è senz'altro da accogliere, se avessimo tempo a disposizione nel corso dell'anno. È evidente che la discussione - in questa fase - avviene circa gli effetti della crisi economica e su ciò che sta succedendo ancora. Dopo la nascita dell'euro credo che sia stata la prima vera occasione che ha messo a nudo le carenze e le mancanze del sistema. Siamo dovuti ricorrere a meccanismi europei di stabilizzazione perché evidentemente non li avevamo previsti.
Il problema principale è emerso con il caso della Grecia, un Paese che pesa nell'Unione europea per il 2 per cento circa; si è trattato, quindi, di un problema limitato, che ha però messo in luce le diverse visioni su come procedere e andare avanti.
Secondo me, è una responsabilità grave aver atteso quattro mesi - da quando la crisi era evidente - per intervenire. Una moneta come la nostra non può essere abbinata agli esiti di un'elezione regionale in un singolo Stato, come sembra sia accaduto in quel caso. Se tali sono i presupposti, il tema diventa sempre più complesso e difficile.
Il fondamento è proprio questo. Mi sembra che l'onorevole Morganti, citando il punto 11, lettera b), riferito al debito globale, si riferisse al debito aggregato, quello dello Stato, unito a quello delle famiglie e a quello delle imprese.
La questione è posta correttamente dallo Stato italiano, ma ritengo che non debba essere posta per un equilibrio europeo. La forza di tale affermazione sta, a mio avviso, più nel fatto della consapevolezza che l'euro è una moneta che ha i fondamentali migliori, se vogliamo, di quelli dei competitori, sterlina o dollaro.
Se lo sommiamo, il nostro debito aggregato è comunque alto rispetto alle medie europee; se, invece, confrontiamo il debito globale europeo con quello dell'area dollaro o della sterlina, per non parlare della moneta giapponese, scopriamo che, per esempio, i giapponesi hanno un rapporto del 500 per cento sul PIL, gli inglesi di oltre il 400 per cento, gli Stati Uniti, con il dollaro, del 350-370 per cento, mentre l'euro del 300 per cento. Se non acquisiamo


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la consapevolezza di avere i fondamentali buoni, non corrispondiamo all'interesse e allo spirito per il quale abbiamo costruito l'Europa e l'euro.
Lo scenario internazionale che abbiamo di fronte denota le difficoltà nostre e dell'Europa, perché, di fronte a una crisi globale - avvenuta per un rigonfiamento dei prodotti interni dovuti a un eccesso di credito verso famiglie e imprese e poi alla crescita dei debiti sovrani che debbono intervenire, fenomeno avvenuto sostanzialmente al di fuori dell'Europa, ma che su di essa si è scaricato - registriamo oggi che l'Oriente continua a crescere a tassi assai elevati e gli Stati Uniti riprendono a farlo, pur con difficoltà per l'occupazione, a tassi elevati, mentre l'Europa manifesta difficoltà. C'è qualcosa che non torna.
L'Europa non è un attore nello scenario internazionale in grado di contrapporsi a tali colossi. Dobbiamo operare, invece, perché acquisisca consapevolezza e forza.
Non si fa ciò solo con l'interesse al deficit pubblico. Questa è una carenza, secondo me. L'insistenza che c'è stata - anche se l'attenzione ci vuole - per l'Italia è un problema, perché il nostro Paese ha meno margini degli altri Paesi europei, perlomeno di quelli di prima fascia. Non mi riferisco al Portogallo o ad altri Paesi. Sembra un'insistenza esagerata, anzi, anche interessata da parte di chi può muoversi meglio dentro tale logica.
Consideriamo che gli ultimi accordi indicano che l'impegno è per un dimezzamento del deficit. Sappiamo di avere un deficit di 80 miliardi di euro circa: il 50 per cento corrispondono a 40 miliardi di euro e, quindi, non è sufficiente nemmeno la manovra che stiamo varando. A settembre ricominceremo con la nuova legge di stabilità e dovremo iniziare nuovamente a parlare in questi termini.
Credo che in Europa bisogna cercare di sviluppare nuove tendenze. Se la tendenza è quella di mettere in discussione la vera conquista europea, l'originalità europea, quella del welfare state, per il quale, a fronte di un'alta tassazione, si ridistribuiscono servizi, l'unica originalità del nostro continente, e se si afferma che con tale sistema non possiamo essere competitivi con chi non dà le stesse garanzie e gli stessi diritti, ciò significa che bisogna acquisire più peso politico, più forza politica e non solo essere un'unione economica e monetaria.
Per concludere, ho sentito ieri l'onorevole Bersani - dagli Stati Uniti d'America - lanciare una proposta, che mi sembra degna di essere approfondita e discussa, quella della creazione di un fondo per i deficit derivanti da interventi che si sono dovuti compiere sui debiti sovrani, in relazione alla crisi finanziaria, da pagare nel corso degli anni con strumenti dedicati specificamente alla tassazione delle transazioni finanziarie.
È evidente che questo potrebbe essere un terreno di discussione e, secondo me, di valutazione, perché non lo può fare un singolo Paese o perché, in ogni caso, non possiamo più affrontare le politiche in singoli Stati. Credo che sia soprattutto nell'interesse del nostro Paese impostare la questione in tale modo, posto che gli effetti della crisi non sono stati del tutto omogenei in tutti gli Stati dell'Unione europea.

LINO DUILIO. Dal momento che ne ho l'occasione, vorrei svolgere anch'io alcune considerazioni.
Innanzitutto ringrazio anch'io per questa occasione, che spero possa essere replicata, nonché sistematizzata. In tutti questi anni, come Parlamento, abbiamo parlato d'Europa senza parlare con il Governo, se non nell'occasione dell'approvazione dei documenti in Aula, andando spesso ciascuno, anche nelle sedi ufficiali, a esporre posizioni e situazioni che non sempre risentivano - per usare un eufemismo - di un confronto tra Governo e Parlamento italiano. Meno che mai si è svolto un confronto minimale tra i parlamentari nazionali e quelli europei. Augurerei, quindi, che si tenessero incontri


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sistematici, peraltro organizzati in modo che si possa essere presenti in modo più consistente.
Riprendo alcune osservazioni svolte. È stato richiamato il ciclo di audizioni che abbiamo tenuto in Commissione. Il professor Fitoussi, con una frase molto sintetica ma indicativa, ci ha riferito ciò che tutti sappiamo, cioè che la moneta è sempre stata lo strumento del principe e che noi ci troviamo nella condizione in cui abbiamo la moneta ma non il principe.
Questo è il problema fondamentale dell'Unione europea, rispetto al quale stiamo cercando di organizzarci. Personalmente, vedo anche i tentativi di coordinamento delle politiche economiche e di bilancio, in attesa di un livello ulteriore e più avanzato di unità politica, come un «fare di necessità virtù», anche e soprattutto dopo aver ricevuto un avvertimento come quello della crisi greca, in merito alla quale la risposta dell'Europa - mi permetto di rilevarlo - è stata forse quella che non poteva non essere, ma certamente non la migliore che sarebbe stato auspicabile avere.
Lo stesso Fitoussi, se non ricordo male, ha lamentato, non in questa sede, ma in un'intervista, che si è dovuto fare ricorso a un prestito a livello di Fondo monetario internazionale per cercare di reperire un poco di risorse al fine di dare una risposta, speriamo adeguata, a quanto è successo in Grecia.
Certamente il problema principale in quell'occasione è stato quello di non aver immediatamente risposto che il problema della Grecia era di tutti e che, quindi, chiunque si fosse azzardato a speculare sulla situazione di Paesi obiettivamente in situazioni di maggiori difficoltà avrebbe dovuto sapere che la risposta sarebbe stata forte da parte della Germania, piuttosto che da parte della Francia o dell'Italia.
In questa condizione, in cui si fa di necessità virtù, reputo utile che ci vediamo più sistematicamente, come affermavo prima. Ho già detto, con riferimento alla riunione a cui ho partecipato e di cui parlava il nostro capogruppo, l'onorevole Baretta, anche a Bruxelles, che sono assolutamente d'accordo con la proposta del presidente Lamassoure di dare vita a sinergie e coordinamenti più intensi, che portino anche a videoconferenze per cercare progressivamente e in tempi piuttosto rapidi di uniformare per quanto possibile, sul piano formale, quindi con bilanci leggibili in modo più facile e trasparente e con misure, peraltro, anch'esse un poco più conoscibili.
Come si sottolineava in quella sede, viviamo anche il paradosso in cui a livello europeo si stanziano alcune risorse - poche, ahimè - per alcune politiche pubbliche, ma, nello stesso tempo accade che, ai diversi livelli nazionali, nascoste nelle pieghe del bilancio, si stanzino altrettante, analoghe o più risorse senza che se ne abbia la contezza complessiva, eseguendo la somma di ciò che per un dato fine si stanzia a livello europeo e ai diversi livelli nazionali.
Lo preciso non solo per la gratificazione della somma algebrica, ma perché, arrivando a compiere una sintesi delle misure adottate tra i diversi Paesi, probabilmente si può anche arrivare ad alcune conclusioni di maggiore efficienza ed efficacia nell'utilizzo delle risorse che complessivamente vengono destinate a determinate finalità e finalizzazioni.
Spero, dunque, che si proceda in modo veloce verso questa direzione, pur comprendendo la delicatezza dei problemi legati all'istituzione del semestre europeo per quanto riguarda i rischi potenziali di un'offesa al principio di sovranità nazionale. Anche in merito a ciò, credo che sia assolutamente utile che ci si veda prima, in sede di bilancio di previsione dei diversi Stati, e poi si torni a casa e si elaborino bilanci coerenti e congruenti con le linee sovranazionali.
Spero, quindi, che, se parte, come dovrebbe, dal 2011, questo semestre europeo rappresenti un ulteriore segno tangibile di


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una volontà di procedere nella direzione della valorizzazione di questo «stigma» comunitario.
Passo rapidamente ad altri due punti, uno che riguarda il Patto di stabilità e l'altro il discorso della crescita.
Il tema del coordinamento delle politiche di bilancio contiene, come sappiamo, un'esigenza assolutamente incontrovertibile - se ne parla anche nel documento che ho visto essere stato approvato dai gruppi a livello europeo - ossia quella di una governance economica che «sconti» il tenere sotto controllo la finanza pubblica ai diversi livelli nazionali.
Ho apprezzato anche ciò che avete scritto. Avevo affermato in occasione dell'audizione del vicedirettore generale della Banca d'Italia, professor Ignazio Visco, che è venuto in questa sede lo scorso 8 luglio, che è importante la questione delle sanzioni e, quindi, di andare a punire coloro che si comportano in un dato modo o non riescono a conseguire alcuni obiettivi, ma che bisogna introdurre concettualmente anche il discorso delle premialità. Bisogna aiutare i Paesi a perseguire alcune politiche anche sulla base di un interesse proprio, perché, conseguendo determinati risultati, potranno guadagnarci.
Credo che la formula che utilizzavo, delle sanzioni e della premialità, che voi, più efficacemente, invece, ricomprendete, come ho visto, nella formula del bastone e della carota, nota anche nel nostro Paese, sia un elemento assolutamente utile. Anche se non ci siamo parlati, vedo che siamo in assoluta consonanza.
Mi fermo su questo punto ma osservo che, se è vero che l'obiettivo di razionalizzare i processi di bilancio nei diversi Stati deve portare a essere tranquilli sulla condizione degli stessi Paesi, per evitare che ci siano sgradite sorprese, su cui poi si inserisce, come abbiamo visto, la speculazione internazionale, credo che anche a livello europeo valga quanto eccepiamo a livello nazionale, per esempio in relazione a questa manovra.
Il discorso di tenere sotto controllo la finanza pubblica deve essere considerato un vincolo, non un obiettivo. Tenere i conti a posto è la precondizione per perseguire e conseguire risultati che riguardano, invece, una maggiore crescita, una maggiore distribuzione della ricchezza a livello europeo, un sistema di welfare ammodernato e aggiornato, che, però, ha bisogno di risorse, una crescita che, tenendo conto dello scarto, del trade-off che spesso - ahimè - esiste tra crescita e occupazione, si traduca non in una diminuzione ma in una crescita dell'occupazione e via elencando.
Concludendo, passo alla seconda osservazione, che riguarda una lamentazione che, anche a livello europeo, deve essere forse la stella polare su cui avventurarsi nei prossimi anni, indicandola nel firmamento come l'obiettivo di un'Unione europea più forte.
Teniamo conto della scarsità delle risorse che esistono a livello europeo, che peraltro mi auguro porti ad affrontare il tema delle risorse proprie dell'Unione europea con maggior forza e in modo più serio: se non vogliamo continuare a sviluppare discorsi retorici, dobbiamo riconoscere che qualsiasi politica di bilancio che si avvalga di un bilancio con risorse quantificabili nell'1 per cento delle risorse nazionali è risibile.
Possiamo svolgere tutti i ragionamenti che vogliamo, ma senza soldi «non si cantano messe», come recita un proverbio popolare. Se è vero che si crede in questa Europa, anche per necessità e non solo per vocazione, se proprio vogliamo congiungere i due aspetti, non possiamo continuare, secondo me, ad avere un livello di finanziamento del bilancio comunitario intorno alla percentuale dell'1 per cento.
Se, poi, si aggiunge che la stragrande maggioranza delle risorse comunitarie, come voi sapete, vanno alle politiche di coesione e alle politiche agricole, cioè che sostanzialmente non resta quasi nulla per il discorso di una crescita, vorrei ricordare e mi permetto di affermare - concettualmente


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auspicando che ciò venga acquisito un po' di più - che si deve guardare alla costruzione del mercato interno - che è di fondamentale importanza, perché sappiamo che cosa sia il mercato interno comunitario - ma anche a una politica per il resto del mondo, come si dice in economia.
Esiste una politica per il resto del mondo, da un punto di vista economico, che sconti iniziative le quali, anche confortate da risorse comunitarie di un determinato tipo, ci portino a competere anche come Europa sui mercati internazionali? Sappiamo benissimo che la competizione oggi si svolge sui mercati globali e non mi pare che ci sia - a livello comunitario - una consapevolezza diffusa su tale versante.
Bisogna riorientare, secondo me, le politiche della nostra azione a livello comunitario anche verso questo secondo ambito, che è altrettanto importante. In attesa che maturino tali condizioni - ovviamente non credo che si possa scrivere il libro dei sogni o dei desideri - abbiamo sostenuto più volte - in questa sede - che si dovrebbero assumere alcune iniziative paradigmatiche ed emblematiche.
Abbiamo più volte inserito nelle nostre risoluzioni l'indicazione che bisognerebbe puntare, per esempio, su prodotti ad alto valore aggiunto, che abbiano un valore simbolico, oltre che concreto, a livello comunitario - che si parli del settore della sanità con ospedali di eccellenza o dell'istruzione per l'università di eccellenza - in ogni caso su prodotti che mostrino al cittadino comunitario che cos'è l'Europa anche attraverso elementi tangibili e concreti, in modo che essa non sia retoricamente un orizzonte per cui tutti ci proclamiamo europei, ma cui non riusciamo nemmeno a destinare uno zero virgola in più di risorse. Diversamente, è semplicemente un'evocazione che lascia il tempo che trova.
Oltre al discorso delle infrastrutture e dell'eurobond, questioni che voi avete già accennato, ritengo che il suddetto sia un filone che andrebbe rilanciato, se è vero che esiste un rischio, come io penso che esista - il professor Ignazio Visco della Banca d'Italia ha sostenuto che secondo lui non c'è, mentre il professor Vincenzo Visco, già vice ministro, ha scritto alcuni giorni fa sul Corriere della Sera che, secondo lui, esiste, tanto che augura una misura come l'introduzione di imposte sulle transazioni finanziarie, proprio per sostenere iniziative che portino a contrastare il fenomeno - di depressione, che, unita ad altri fattori, poi sconfini nella deflazione, il che sarebbe un disastro inenarrabile.
Su questo versante bisogna dire e agire di più metodologicamente, facendo anche tesoro di ciò che non ha funzionato fino ad ora. Se vogliamo evitare che, come è già successo per la strategia di Lisbona, la strategia Europa 2020 rimanga un altro libro scritto e basta, per il quale dovremo affermare, tra 7-8 anni, che non si è ottenuto quasi nulla o ben poco di quello che si voleva ottenere, probabilmente, da un punto di vista di metodo, dobbiamo riconoscere che cosa non ha funzionato rispetto alla strategia di Lisbona, quali sono le ragioni per cui non ha funzionato e quali le correzioni di tiro che dobbiamo attuare.
Nel suddetto senso, credo che introdurre il tema della crescita e dell'occupazione con altrettanta rilevanza, facendo i conti realisticamente con le risorse di cui disponiamo, insieme al discorso del controllo dei conti pubblici, sia un tema altrettanto interessante, a cui spero che anche nelle prossime occasioni ci si potrà dedicare con maggiore approfondimento.

LEONARDO DOMENICI, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Vorrei aggiungere che l'onorevole Pittella è il relatore sulla «Proposta di regolamento del Parlamento europeo e del Consiglio recante modifica del regolamento (CE) n. 1060/2009 relativo alle agenzie di rating del credito (COM(2010)289 def.)».


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PRESIDENTE. Essendo intervenuti tutti i commissari presenti, do ora la parola al relatore per la XIV Commissione, l'onorevole Sandro Gozi.
Avverto che l'onorevole Pittella non riuscirà ad essere presente per problemi di passaggi aerei, ma ha comunque manifestato la sua disponibilità ad inviare contributi scritti.

SANDRO GOZI, Relatore per la XIV Commissione. Ringrazio i colleghi parlamentari europei. Desidero formulare alcune osservazioni, molto rapide, su alcuni punti specifici che riguardano la vostra relazione, di cui vi ringrazio.
Volevo sapere se al Parlamento europeo vi interrogate sulla questione del coordinamento economico. Mi sembra che in Europa, al momento, quando si parla di governance e di coordinamento economico, si intenda ciò nel senso di attuare tutti le stesse azioni nello stesso momento. Mi sembrerebbe, invece, che un'area che vuol diventare un'area economica integrata dovrà vedere quali iniziative ciascun Paese dovrebbe attuare in un dato momento, per arrivare a una strategia economica comune efficace.
È evidente che, oggi, stiamo seguendo tutti le indicazioni della Germania ed è altrettanto evidente anche che, in base ad alcune analisi economiche, tale Paese non fa quello che dovrebbe. Nel momento in cui parliamo di coordinamento economico in prospettiva, vorrei sapere che cosa ne pensate e che tipo di dibattito è in corso - in merito - al Parlamento europeo.
Vengo alla seconda questione. Sono accordo con il collega Domenici sulla necessità di rafforzare il collegamento tra governance economica e strategia Europa 2020, soprattutto tra strumenti di stabilità, di crescita e di sviluppo dell'occupazione. Che cosa, secondo voi, potremmo fare subito per riequilibrare ancora di più tali aspetti?
Sulle imposizioni e sull'attività bancaria concernenti le transazioni finanziarie, vorrei sapere che cosa pensate e qual è la posizione vostra e del Parlamento europeo.
Come valutate il ruolo della Commissione in questa fase, come giudicate ciò che la Commissione europea ha compiuto finora? Che cosa dovrebbe fare, secondo voi, nella nuova fase che si apre con la seconda comunicazione?
Tali quesiti mi portano a un altro tema. Dal punto di vista istituzionale è opportuno e possibile, a vostro parere, da una prospettiva politica, approfondire la zona euro, ossia ricorrere a cooperazioni rafforzate o anche a strumenti istituzionali e giuridici che creino vincoli maggiori e diano anche strumenti maggiori di vero governo dell'economia? Questa posizione può imporsi rispetto a un'altra che continua a considerare tutti i 27 Paesi e, quindi, evidentemente ad avere meccanismi più deboli?
Sulle sanzioni, nella sua comunicazione - a meno che il Commissario Olli Rehn, poi, non abbia specificato ulteriormente elementi di cui non sono a conoscenza - la Commissione si riferisce solo ad alcuni tipi di fondi, il Fondo di coesione e il Fondo europeo di sviluppo regionale.
Ritengo che sarebbe opportuno che le sanzioni fossero collegate a tutti i fondi e a tutti i programmi, altrimenti si rischia di colpire molto di più alcuni Paesi - sin dall'origine - rispetto ad altri. Anche su tale punto vorrei sapere se esiste una riflessione da parte del Parlamento europeo.
Pongo le ultime due domande. Ci potete anticipare - forse no, se siete all'inizio dei vostri lavori - rispetto alla finanza innovativa, quali strumenti state pensando di analizzare e approfondire?
Infine, quali notizie avete del lavoro svolto dalla task force del Presidente Van Rompuy sulla governance, alla quale partecipano tutti i ministri dell'economia e delle finanze e che cosa vi aspettate da tale lavoro?

PRESIDENTE. Do la parola agli auditi per la replica.


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LEONARDO DOMENICI, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Concordando anche con gli altri interventi svolti, mi rifaccio - soprattutto - alle questioni molto importanti e rilevanti che poneva nel suo intervento l'onorevole Gozi.
Parto da una condivisione di fondo: sono perfettamente d'accordo, come accennavo già nel mio intervento precedente, sul fatto che oggi non possiamo intendere la governance soltanto come un sistema di controllo dei bilanci. È chiaro che tutto parte da ciò, ammettiamolo, perché, se non ci fosse stato il caso della Grecia, sarebbe successo tutto molto più lentamente e in maniera differente ed è anche giusto che sia così.
Dal momento, però, che ci troviamo in una fase in cui è obiettivamente difficile non pensare che il problema più grosso che avremo sarà quello della crescita della disoccupazione e comunque quello di una ripresa debole e senza lavoro, soprattutto per quanto riguarda l'Europa, questo si pone come un punto molto delicato, altrimenti finiamo per compiere una divisione che non è corretta.
La questione non è che qualcuno è a favore di allentare di più i cordoni della borsa, mentre qualcuno li vuole stringere, ma che anche una politica di rigore e di austerità o viene attuata in un modo adeguatamente coordinato e al momento opportuno, oppure rischia di avere effetti deflattivi che, soprattutto per quanto riguarda i nostri tassi di crescita in Europa, per la maggior parte dei Paesi dell'Unione sono effettivamente molto rischiosi, per non dire disastrosi.
Diventa, perciò, importante stabilire un collegamento stretto con strategie di crescita economica. Dal punto di vista dell'Europa, si tratta della strategia Europa 2020, con i suoi obiettivi principali, i suoi target e, come vengono chiamati a Bruxelles, i flagship più importanti, gli obiettivi faro.
Possono esserci anche iniziative e proposte dai singoli Paesi. Non voglio entrare nel dibattito politico nazionale, ma, come opinione personale all'interno del dibattito e allo scontro sulla manovra economica, non si poteva evitare di compierne una.
La questione è se la manovra ha a che fare soltanto con i problemi dei vincoli di bilancio, oppure riesce anche a impostare strategie di crescita e di sviluppo, per cui si riesce a creare una situazione in cui, per esempio, si spinge anche il sistema creditizio nella direzione giusta e si cerca di avere denaro in prestito non per fare altro denaro, ma per cercare di sostenere l'economia reale. Questo è uno dei punti su cui tutti siamo chiamati a riflettere, sia all'interno del Parlamento europeo, sia nei Parlamenti nazionali. Se non si definisce tale punto, i rischi che corriamo sono enormi.
Sono perfettamente d'accordo sull'obiettivo di equilibrare crescita e stabilizzazione.
Per quanto riguarda il punto della tassazione, prima ho svolto soltanto un rapido accenno. Stiamo cominciando, in Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, a lavorare sul tema della finanza innovativa. Credo che questo sia un punto importante.
Personalmente, sono favorevole a una tassa sulle transazioni finanziarie. Dire ciò è dire poco, me ne rendo conto, perché le technicality per poter attuare un indirizzo di tale tipo sono enormi. Anche da questo punto di vista sarebbe molto importante e interessante un approfondimento all'interno dei diversi Parlamenti, anche con il supporto e il contributo di tecnici ed esperti che potrebbero fornire indicazioni preziose. Per esempio, anche fra chi sostiene la tassa sulle transazioni finanziarie ci sono opinioni differenti: c'è anche chi, più in generale, parla oggi di una tassa sulle attività finanziarie, più che sulle transazioni finanziarie
Si pone quindi il problema, che sappiamo bene esistere, del rischio per cui, se questa misura non viene applicata a livello globale, si possano determinare squilibri, nonché passaggi di capitale da Paesi o aree


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dove la tassa c'è ad altri dove, invece, non c'è. In realtà, però - aggiungo un'opinione del tutto personale - l'area euro è piuttosto forte e la tassa sulle transazioni finanziarie potrebbe essere tanto marginale da non creare rischi enormi, anche se si dovesse arrivare a un'applicazione della Tassa sulle transazioni finanziarie (FTT) soltanto all'interno dell'area euro o dell'Unione europea. Naturalmente, però, si tratta di un parere del tutto personale.
Sono comunque convinto che il predetto punto sia molto importante, facendo riferimento anche ad altri tipi di problemi. Per esempio, dobbiamo decidere come agire anche su una questione che è da tempo sul tappeto e su cui ancora non è stata presa una decisione definitiva, ovvero la tassazione sulle emissioni. Si pone il problema della carbon tax, un altro punto che dovremo affrontare.
Mi rendo conto che anch'esso presenta aspetti problematici, però credo che la questione delle modalità di tassazione sia da rivedere e che debba portare anche a un riequilibrio del peso della tassazione sul lavoro e sul reddito rispetto alla possibilità di aprire nuovi fronti per quanto riguarda alcuni tipi di produzione industriale e soprattutto per quanto concerne le transazioni finanziarie.
Ritengo, quindi, che ci sia la necessità di svolgere ulteriori approfondimenti, ma anche di prendere alcune decisioni.
A tal proposito, aggiungo un'altra considerazione. Sono piuttosto d'accordo - veniva citato prima - con quanto proposto dall'ex Ministro Vincenzo Visco. Ritengo che oggi, di fronte ai problemi che dobbiamo affrontare, l'ipotesi della costituzione di un'agenzia per la gestione del debito, almeno nell'area dell'eurozona, potrebbe essere utile e rappresentare il pendant necessario per l'emissione dei cosiddetti eurobond.
Peraltro, nella stessa risoluzione del Parlamento europeo sulla governance economica, del 16 giugno scorso, trovate un riferimento all'istituzione del Fondo monetario europeo. Tenendo conto, però, che stiamo parlando dell'eurozona, mi chiedo di che cosa dovrebbe occuparsi il Fondo monetario europeo se non di giocare un ruolo fondamentale sulla gestione del debito. Mi chiedo, quindi, se non sia da ricondurre al tema del Fondo monetario europeo proprio il problema di una gestione integrata del debito, con ricorso alle euro obbligazioni e ad altri strumenti.
A tale proposito, vorrei esprimere una piccola considerazione a latere sul tema, sollevato dal Governo italiano in particolare, del debito aggregato. Ritengo che - in linea di principio - si tratti di un problema reale. Starei molto attento, tuttavia, a non enfatizzarlo eccessivamente, perché - lo si vede anche nell'ultima comunicazione del 30 giugno scorso della Commissione europea e nelle dichiarazioni del Commissario Rehn - da un lato, il Commissario Rehn sostiene che il termine di riferimento fondamentale rimane comunque l'entità del debito pubblico; dall'altro, nella comunicazione della Commissione il problema del debito privato è accennato, ma viene giustapposto e messo insieme a molti altri eventuali criteri, parametri e indicatori.
Non voglio dare consigli a nessuno, ma, per come vedo emergere il dibattito a livello europeo, la battaglia non è tanto mirata a far passare il principio base - e basta - del debito aggregato pubblico - privato e così via. Si potrebbe proporre, invece - nel quadro di un'applicazione flessibile e adattata alle singole realtà nazionali delle eventuali raccomandazioni o degli eventuali indirizzi che vengono dalla Commissione europea - la considerazione di parametri e indicatori aggiuntivi, di strumenti più specificamente relativi alla realtà dei singoli Paesi, non definiti come criteri guida o guideline fondamentali. Ce ne sono molti altri e ce ne possono essere molti altri ancora.
Concludo rilevando che, per quanto riguarda l'area euro, già nell'ultima comunicazione della Commissione emerge una maggiore e più stringente attenzione verso ciò che si può fare al suo interno. Personalmente,


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sono favorevole al fatto che ci sia una forma di ulteriore cooperazione rafforzata e di misure più integrate all'interno di tale area.
Mi sembra di notare che, dopo una prima fase in cui la Commissione europea si è mossa con eccessiva cautela e prudenza, forse scontando anche il fatto che si era insediata da poco, adesso - mi riferisco soprattutto alle ultime prese di posizione e all'ultima comunicazione - sono stati compiuti alcuni passi in avanti.
Credo che l'operazione che bisognerebbe attuare sia quella di utilizzare tutto quanto è stato deciso, come ricordavo anche prima, in termini di controllo dei bilanci, consolidamento e riduzione del debito pubblico, per estenderlo progressivamente anche alla strategia della crescita e dello sviluppo. In fin dei conti, è sempre così: l'Europa è in una situazione di grande difficoltà e sappiamo qual è il momento che stiamo attraversando, però è proprio nel momento di maggiore difficoltà che essa trova la forza - speriamo che ciò avvenga - per compiere un salto di qualità, lo step in più che consente di andare avanti.
Vengo, infine, alle ultime due questioni che poneva l'onorevole Gozi.
Per quanto riguarda la questione delle sanzioni legate ai fondi, in realtà il Commissario Rehn, l'ultima volta in cui è venuto in Commissione, ha parlato soprattutto dei fondi relativi ad agricoltura, pesca e coesione. La quota principale è quella. Non sono in grado di rispondere alla domanda per andare a vedere che cosa effettivamente si potrebbe fare utilizzando anche altre fonti.
Ripeto, però, quanto già affermato nell'intervento precedente: sono convinto che bisogna svolgere anche in tale caso il discorso del bastone e della carota che ricordava l'onorevole Duilio. Non si può parlare soltanto di sanzioni, ma si devono prevedere anche meccanismi di incentivo, che talvolta possono essere molto più utili ed efficaci.
Per quanto riguarda, infine, la questione della task force del Presidente Van Rompuy, l'Ecofin del 13 luglio scorso ha esaminato una prima outline delle sue proposte, ma sinceramente credo che abbia ancora parecchio lavoro da svolgere.
La battaglia del Parlamento e dei parlamentari europei è soprattutto quella di non essere esclusi, ma di essere costantemente informati e di disporre sempre di tutti gli elementi essenziali per poter intervenire nel merito.

CLAUDIO MORGANTI, Membro della Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo. Il collega Domenici ha risposto a tutte le domande, quindi sarò breve.
Sulla task force sappiamo ben poco, ancora, di concreto. Spero effettivamente che ci sia un bel colloquio a livello parlamentare anche con il Commissario, che possiamo interagire con la proposizione di idee e che non ci siano, come sempre, solo imposizioni. Le parole chiave sono «coordinazione» e «concertazione»: se si riescono a concertare tutte le scelte sia da parte dei Paesi membri, sia del Parlamento e del Consiglio europeo, credo che si arrivi alle soluzioni migliori.
Voglio svolgere solo una considerazione. Credo che siano fondamentali gli incontri sistematici tra parlamentari italiani ed europei, ma soprattutto che si arrivi, come ha affermato l'onorevole Duilio, alla semplificazione dei bilanci, in modo che abbiano una struttura uniforme a livello europeo, proprio per non incorrere in un problema come quello della Grecia. Effettivamente, l'Europa non avendo gestito bene tale problema, è arrivata in ritardo. Forse è proprio con la questione Grecia che siamo arrivati ai punti di queste riforme.
È giusto affermare che vanno puniti coloro che nascondono bilanci di questo tipo, come ha fatto la Grecia, che ha nascosto le perdite, e soprattutto che vanno premiati i bravi, coloro che rispettano le regole e i vincoli che saranno posti da parte della Commissione europea.


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Mi metto a disposizione, quale componente della Commissione per i bilanci e supplente nella Commissione problemi economici e monetari del Parlamento europeo, per svolgere incontri sistematici tra noi parlamentari europei e voi parlamentari italiani. Concertare il modo di agire e le proposte da portare in Europa è fondamentale per la linea da tenere da parte nostra con l'Unione europea.

LINO DUILIO. Visto il tema che abbiamo trattato, vorrei avanzare una richiesta ai presidenti delle nostre Commissioni, quindi la V Commissione bilancio, tesoro e programmazione e la XIV Commissione politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati. Considerato che mi risulta che presso la XIV Commissione si discutono eventuali osservazioni sul tema delle agenzie di rating - e che il 2 giugno scorso a livello comunitario sono state prese in esame per la modifica del regolamento comunitario - e che tale discorso ovviamente interessa anche noi della V Commissione bilancio, tesoro e programmazione, come molte questioni che stiamo discutendo - non casualmente teniamo molte riunioni congiunte delle due Commissioni; anche per il nostro debito pubblico, peraltro, l'operato delle agenzie di rating ha una rilevanza - e che ciò potrebbe anche preludere non so se alla nascita di un'agenzia di rating a livello europeo, ma certamente a nuove regole per tali agenzie, vorrei chiedere all'ufficio di presidenza la valutazione sull'opportunità che anche la Commissione bilancio, tesoro e programmazione formuli osservazioni su questo tema, che oggi è calendarizzato - mi pare - solo presso la XIV Commissione.

PRESIDENTE. Mi sembra una buona idea. Presenteremo all'ufficio di presidenza la richiesta dell'onorevole Duilio.
Nel ringraziare l'onorevole Domenici e l'onorevole Morganti per il loro attento contributo, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,15.

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