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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V e XIV)
8.
Martedì 27 settembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 3

Audizione dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato, Silvana Amadori, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 3
Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 12 16 19
Amadori Silvana, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato ... 3 10 12 13 16 17 18
Baretta Pier Paolo (PD) ... 16
Calvisi Giulio (PD) ... 14 17
Cambursano Renato (IdV) ... 13
Consiglio Nunziante (LNP) ... 15
Gozi Sandro (PD) ... 15 18
Vannucci Massimo (PD) ... 10 12 13

ALLEGATO: Documentazione consegnata dalla dottoressa Silvana Amadori ... 20
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 27 settembre 2011


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO

La seduta comincia alle 12,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato, Silvana Amadori, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione dell'Ispettore generale capo dell'ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato, Silvana Amadori, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.
La dottoressa Amadori è accompagnata dalla dottoressa Mirella Costanza Mitidieri. Ringrazio entrambe per essere intervenute.
Do, quindi, la parola alla dottoressa Amadori.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Grazie, presidente. Io avevo preparato alcune slide, che non proietterò ma che chiedo comunque di depositare agli atti delle Commissioni riunite.
In ogni caso, sono stata chiamata per fornire alcune informazioni per quanto riguarda il prossimo quadro finanziario 2014-2020 proposto dalla Commissione europea.
Voi sapete che il 29 giugno scorso la Commissione ha emanato la comunicazione «Un bilancio per l'Europa 2020», con annessi tutti i relativi allegati. Da quel momento ha avuto inizio il negoziato per stabilire il futuro della programmazione con Bruxelles. Nel documento, naturalmente, i commissari hanno tenuto conto degli obiettivi del Trattato di Lisbona, come recepiti dal documento Europa 2020.
Quali sono state le novità introdotte in questa documentazione? Solo i primi documenti riguardano la proposta della Commissione, ma nel prossimo mese dovrebbero essere distribuiti anche i progetti dei regolamenti attuativi della programmazione. Il 5 ottobre prossimo è prevista la presentazione delle proposte dei regolamenti per quanto riguarda la parte dei fondi strutturali, mentre per la parte concernente l'agricoltura saranno rese disponibili ufficialmente il prossimo 12 ottobre.
Quali sono, dunque, le priorità previste dal nuovo quadro finanziario 2014-2020? Si tratta di realizzare gli obiettivi della Strategia di Lisbona. Bruxelles ha proposto una modifica del sistema di finanziamento del bilancio comunitario, modifica che era già stata precedentemente richiesta dagli Stati membri. Se qualcuno ha seguito sempre la programmazione con Bruxelles, ricorderà che nel negoziato che


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si chiuse nel dicembre del 2005 era stato previsto che a metà percorso sempre Bruxelles avrebbe rivisto il sistema di finanziamento del bilancio comunitario e avrebbe adottato una nuova decisione sulle risorse proprie.
Gli eventi degli ultimi anni hanno impedito l'adozione di questo nuovo sistema e il messaggio è stato recepito ora dai commissari europei, che hanno previsto per questa programmazione una semplificazione nel pagamento dei contributi al bilancio comunitario.
Inoltre, è previsto un miglioramento nella gestione dei fondi comunitari, con una semplificazione di tutte le procedure, e, soprattutto, l'introduzione di nuove modalità per quanto riguarda le rendicontazioni e i controlli che dovranno essere svolti sulle risorse messe a disposizione dell'Unione europea.
Un'altra priorità è quella di coniugare le esigenze di crescita dell'Unione europea con le esigenze di equilibrio di tutti gli Stati membri, soprattutto con il rigore di bilancio che oggi viene a essi richiesto.
Se guardiamo insieme il quadro finanziario presentato dalla Commissione europea per il periodo 2014-2020, vediamo che la stessa prevede un intervento di 1.025 miliardi di euro per tutto il periodo, ripartito per le cinque rubriche della passata programmazione. Naturalmente, tale somma è riferita agli stanziamenti di impegno, mentre l'intervento è di 972 miliardi di euro in termini di stanziamenti di pagamento. I 1.025 miliardi rappresentano l'1,05 per cento del reddito nazionale lordo comunitario.
Nella documentazione depositata abbiamo messo a raffronto le risorse che Bruxelles ha previsto per il periodo di programmazione 2007-2013 con quelle del periodo 2014-2020. Se raffrontiamo le due schede - naturalmente i prezzi sono quelli costanti del 2011, ma anche le precedenti programmazioni sono sempre state presentate a prezzi costanti - vediamo che, per quanto riguarda la rubrica 1, ossia la ricerca, i fondi strutturali e tutte le iniziative come il programma Galileo, la sicurezza nucleare e via elencando, si è passati da uno stanziamento di 443 miliardi di euro ad uno di 490 miliardi, con un aumento per il periodo 2014-2020 di ben l'11 per cento.
Per quanto riguarda la rubrica 2, concernente le risorse destinate alla Politica agricola comune, la Commissione europea ha previsto una riduzione dei finanziamenti dell'11 per cento. In questa rubrica sono compresi anche lo sviluppo rurale e la pesca.
Per quanto riguarda la rubrica 3, concernente la sicurezza e la cittadinanza, ossia le azioni interne di Bruxelles, rispetto al passato c'è un aumento del 61 per cento, così come per la globalizzazione, la rubrica 4, ossia per le spese esterne all'Unione europea, per le quali c'è un aumento del 19 per cento. È previsto un aumento delle spese amministrative, di cui alla rubrica 5, del 10 per cento.
Credo che la Commissione abbia tenuto conto anche delle richieste pervenute dagli Stati membri - soprattutto dopo la crisi congiunturale del 2008 - di contenere anch'essa il bilancio comunitario, pur in presenza di importanti obiettivi da raggiungere per lo sviluppo e la crescita.
In una scheda presente nel documento consegnato si possono osservare le cifre sopra illustrate sotto forma di grafico, con particolare riferimento alla crescita sostenibile, che - come abbiamo già visto - cresce dell'11 per cento, mentre dell'11 per cento si riducono le spese per la Politica agricola comune.
Oltre ai 1.025 miliardi di euro per il settennio 2014-2020 la Commissione ha previsto anche alcune gestioni fuori bilancio, che comporterebbero un ammontare di finanziamenti complessivi di oltre 58 miliardi di euro, ripartiti nei sette anni, destinati tra l'altro allo strumento di flessibilità, al Fondo di solidarietà, al fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e al programma ITER. Lo strumento di flessibilità era in passato dentro il bilancio comunitario e il programma ITER era compreso nel quadro finanziario complessivo, mentre questa volta Bruxelles ha ritenuto di considerarli tutti quali gestioni fuori bilancio, come già erano anche le


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risorse del fondo ACP, cioè gli aiuti che vengono dati ai Paesi dell'Africa, dei Caraibi e del Pacifico. C'è poi il programma di monitoraggio globale dell'ambiente e della sicurezza, il cosiddetto GMES (Global Monitoring for Environment and Security), anche questo un programma piuttosto recente, che Bruxelles ha preferito considerare all'esterno del bilancio.
Ovviamente, questa è una prima proposta di Bruxelles. Il negoziato è già iniziato e ogni Stato membro sta cercando di evidenziare le criticità riscontrate. Per esempio, noi come Italia ci siamo già espressi nei tavoli tecnici perché tutte queste spese vengano inserite direttamente nel quadro finanziario, in modo da avere un quadro trasparente, un bilancio che viene costruito sulla base di questo impianto anno per anno e, soprattutto, per sapere sin dall'inizio quale sarà il peso del contributo nazionale che dovremo affrontare, altrimenti, tutte le gestioni fuori bilancio verranno prese in considerazione di volta in volta, allorquando ci sarà la necessità di movimentare i fondi e quindi non avremo mai una conoscenza reale sin dall'inizio di quello che è il nostro impegno e delle risorse che dobbiamo impegnare sul bilancio nazionale per fronteggiare le risorse proprie di Bruxelles.
Tra le risorse fuori bilancio è anche stato inserito, per memoria, il fondo per il clima e la biodiversità. Questo sarà attivato solo nel momento in cui si rende necessario e secondo le esigenze che sussistono, senza che sia stato ancora stabilito lo stanziamento.
Nel momento in cui si andrà a costruire ogni anno il bilancio dell'Unione europea, lo si costruirà sulla base delle rubriche, di ciò che è interno al bilancio. In corso d'anno si redigeranno poi bilanci rettificativi secondo le esigenze.
Come Ragioneria generale dello Stato, riteniamo che la scelta migliore sarebbe quella per cui sin dall'inizio venissero inserite tutte le gestioni all'interno del bilancio comunitario, in modo che noi possiamo avere certezza già dal 1o gennaio della nostra partecipazione al bilancio stesso.
Un grafico presente nelle schede depositate mostra la struttura della spesa nei diversi periodi di programmazione dal 1998 al 2020. È chiaro che le risorse maggiori vengono assorbite dalla politica agricola comune e dalla politica di coesione. La politica di coesione è entrata nel bilancio comunitario dopo l'Atto unico europeo del 1987 e, quindi, soltanto con la grande riforma dei fondi strutturali del 1989 abbiamo visto introdurre nel sistema consistenti risorse per quanto riguarda lo sviluppo di tutto il territorio dell'Unione.
Nel 1998 per la politica agricola si stanziava il 60 per cento delle risorse, mentre per la politica di coesione eravamo al di sotto del 20 per cento, mentre attualmente, se osservate il grafico, notate che le risorse per la politica di coesione e per la politica agricola comune tendono a uniformarsi nel 2020.
In particolare, consideriamo le risorse effettivamente destinate alla politica di coesione, che tanto interessa agli Stati membri a partire dagli anni Novanta, quando essa è stata introdotta. Per la politica di coesione, per il periodo 2014-2020, sono stati messi a disposizione 376 miliardi di euro, di cui 162 per l'obiettivo «Convergenza».
Poi è presente l'obiettivo «Competitività», che riguarda le nostre regioni del centro-nord e vi sono fondi anche per le regioni in transizione, ossia tutte quelle che hanno un livello di PIL pro capite medio inferiore al 90 per cento e superiore al 75 per cento della media dell'Unione europea.
Ci sono poi le risorse destinate alla cooperazione territoriale, al fondo di coesione e ulteriori 40 miliardi di euro destinati a un fondo infrastrutture, un fondo destinato a collegare meglio l'Europa da un punto di vista di trasporti, energia e reti di comunicazione.
Quali sono state le novità introdotte dal collegio dei commissari per la nuova politica di coesione 2014-2020? Innanzitutto vi è la predisposizione da parte della Commissione europea di un quadro strategico comune, di un documento strategico per tutti i fondi strutturali, non soltanto


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per il fondo sociale e per il fondo di sviluppo regionale, ma anche per il FEASR (Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale), quindi per l'agricoltura, lo sviluppo rurale e la pesca, finalità che non erano presenti nella precedente programmazione. Naturalmente in questo documento debbono essere individuate tutte le priorità di investimento secondo gli obiettivi di Europa 2020.
Inoltre, è stato previsto un contratto di partenariato con ciascuno Stato membro. Il contratto di partenariato, se eseguiamo un raffronto con la programmazione 2007-2013, va a sostituire il vecchio quadro strategico nazionale, una denominazione che forse a voi torna più congeniale. Per il futuro lo Stato membro firmerà un contratto di partenariato con la Commissione europea, in cui saranno individuati tutti gli obiettivi da raggiungere a livello sia nazionale, sia regionale, in stretta sintonia con la strategia Europa 2020.
Ci sarà poi un quadro di riferimento via via che tutti i risultati saranno realizzati in riferimento alle relazioni annuali che gli Stati membri dovranno presentare sullo stato di avanzamento dei programmi e soprattutto sul rispetto del cronoprogramma che ogni regione o amministrazione centrale deve darsi per il raggiungimento degli obiettivi.
Naturalmente il contratto di partenariato dovrà assicurare uno stretto collegamento con i Programmi nazionali di riforma che vengono presentati a Bruxelles nel primo semestre di ciascun anno e con i Programmi di stabilità, nonché con tutte le raccomandazioni, laddove ci siano, adottate dal Consiglio europeo nei confronti degli Stati membri.
Abbiamo affermato precedentemente che un'altra delle novità è rappresentata dalle cosiddette regioni in transizione. Se ne sa ancora poco dai documenti usciti fino a oggi ufficialmente dalla Commissione, ma sembrerebbero sostituire le regioni in phasing out e in phasing in di oggi. Nella programmazione 2007-2013 in phasing in c'era la regione Sardegna, mentre era in phasing out la regione Basilicata. Se dovesse andare avanti questo progetto di regioni in transizione, potrebbero entrare in questa situazione anche le regioni Abruzzo e Molise. È una sorta di finanziamento che viene erogato alle regioni uscite dall'obiettivo Convergenza per accompagnarle a transitare nell'obiettivo Competitività.
In questo nuovo quadro di politica di coesione viene enfatizzato rispetto al passato anche il Fondo sociale europeo e 84 miliardi di euro vengono ora assegnati allo stesso per tutti gli Stati membri.
Ci sono poi alcune iniziative di stretta competenza della Commissione europea, quali programmi ad hoc, come PROGRESS ed EURES, che saranno gestiti direttamente da Bruxelles.
Il programma EURES riguarda proprio la rete europea per l'occupazione e la mobilità di tutti i lavoratori, mentre il programma PROGRESS è relativo alla cooperazione tra le autorità pubbliche e l'impresa privata per migliorare la qualità delle politiche sociali. Voi sapete che viene prestata grande attenzione oggi alle politiche sociali, anche per la riduzione in termini di sviluppo che oggi dobbiamo registrare.
Un'altra richiesta di Bruxelles è quella, per l'obiettivo Convergenza, di orientare tutte le iniziative su grandi programmi e non procedere allo spezzettamento e al frazionamento delle risorse, come è accaduto in passato. Si dovrebbero prevedere grandi progetti da realizzare, che possano subito trovare, da un punto di vista economico, un'accoglienza da parte del territorio.
Per le regioni dell'obiettivo Competitività - per noi quelle del centro-nord - e per quelle in transizione che stanno andando verso le regioni della competitività, i finanziamenti, cioè le iniziative da porre in essere, devono essere destinati soprattutto ai progetti concernenti l'energia, al rafforzamento della competitività delle piccole e medie imprese e ad azioni innovative.
Per quanto riguarda le regioni dell'obiettivo Cooperazione territoriale europea, ovviamente gli obiettivi sono sempre gli stessi della passata programmazione,


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quindi di superare tutti gli svantaggi derivanti dalla loro ubicazione rispetto alle frontiere interne ed esterne dell'Unione europea.
Naturalmente Bruxelles, nel suo quadro, ha previsto anche di garantire un effettivo impatto di questi finanziamenti comunitari rispetto agli obiettivi di sviluppo economico e ha posto alcune condizioni ex ante, da valutare in sede tecnica prima dell'erogazione delle risorse, nonché alcune condizioni ex post, da considerare prima di arrivare al pagamento del saldo del programma sulla base dei risultati che verranno raggiunti.
Un'altra novità di Bruxelles è che sulle risorse destinate alla politica di coesione si vorrebbe trattenere un 5 per cento dell'intero ammontare da destinare agli Stati membri che nel corso della programmazione risultino più efficienti e presentino stati di avanzamento del programma strettamente in linea con il cronoprogramma che si sono prefissati.
Vi riferisco ora le prime considerazioni in merito a quanto illustrato. Sono le prime, perché dovete tenere conto che il quadro finanziario è uscito alla fine di giugno e che, quindi, abbiamo cominciato a lavorare subito a luglio in sede di tavolo tecnico e abbiamo ripreso i lavori a settembre, dal momento che agosto è stato un mese di ferie per tutte le amministrazioni, ragion per cui siamo ancora nella fase iniziale delle considerazioni.
Nei tavoli tecnici è emersa insoddisfazione per quanto riguarda l'accantonamento del 5 per cento di tutte le risorse dei fondi strutturali, perché riteniamo che l'individuazione delle regioni più virtuose debba essere effettuata dallo Stato membro. Noi riteniamo che questo 5 per cento debba essere ripartito insieme a tutte le altre regioni e che poi ciascuno Stato membro al suo interno dovrebbe decidere che cosa fare di queste risorse.
Se qualcuno di voi ha seguito anche le precedenti programmazioni già a partire dal 2000-2006, saprà che era stata prevista una premialità nei confronti delle regioni che avanzavano nel programma secondo il loro calendario.
Non si condivide, inoltre, in sede di verifica ex post, l'ipotesi di sanzionare con l'attribuzione di minori risorse gli Stati che non rispettano i vincoli macroeconomici relativi agli obiettivi di stabilità. Ciò non può essere condiviso, perché la politica di coesione ha finalità completamente diverse. Si finirebbe col vedere vanificato l'obiettivo proprio della politica di coesione stessa. Su questa verifica ex post e soprattutto su un'eventuale sanzione i colleghi, e anche noi come Ragioneria generale dello Stato, sarebbero veramente contrari.
Per quanto riguarda la valutazione ex ante, il documento della Commissione è ancora troppo generico, ragion per cui non siamo in grado di valutare i risvolti e prima di pronunciarci preferiamo attendere le proposte dei regolamenti, dai quali questi aspetti verranno approfonditi.
Per quanto riguarda il criterio di riparto delle risorse, naturalmente sapete bene quanto l'Italia sia favorevole alla politica di coesione. Siamo, pertanto, favorevolissimi a mantenere un riparto delle risorse, adottando gli stessi criteri della programmazione 2007-2013. Noi lavoreremo per evitare che ci siano riduzioni di risorse per la politica di coesione, la cui maggior parte deve essere destinata alle regioni del Mezzogiorno, che sono ancora in forte ritardo di sviluppo.
Vediamo adesso nel particolare la Politica agricola comune, alla quale la Commissione ha destinato circa l'11 per cento di risorse in meno. Di tali risorse 281 miliardi di euro sono stati destinati alla politica agricola del primo pilastro, ossia a tutti gli aiuti diretti in favore dei nostri agricoltori, mentre nel secondo pilastro troviamo lo sviluppo rurale e tutti gli altri regolamenti spot che vengono emanati di anno in anno e che riguardano tutto il settore dell'agricoltura, sia per i vigneti, sia per la frutta a guscio, sia per altre finalità.
Nel secondo pilastro della PAC ci sono circa 90 miliardi di euro per tutti i ventisette Paesi, mentre 4,5 miliardi di euro sono destinati sempre all'agricoltura, per tutte le innovazioni che verranno garantite in materia di sicurezza alimentare e per l'agricoltura


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sostenibile. Altri 3,5 miliardi di euro stanziati rappresentano una rilevante novità e costituiscono una nuova riserva in caso di crisi del settore agricolo.
In passato tale settore ha subìto certamente periodi di crisi, però non c'erano risorse alternative da destinare in caso di eventi particolari, ragion per cui questa riserva di 3,5 miliardi di euro, a nostro avviso, va nella direzione giusta.
Ancora, 2,5 miliardi di euro sono assicurati per il fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione e, ancora a carico della rubrica 3, quindi delle spese interne di Bruxelles, vi sono 2,2 miliardi di euro per la sicurezza alimentare e, infine, 2,5 miliardi di euro per gli aiuti alimentari agli indigenti, che ovviamente rientrano nella rubrica 1, e sono quindi fuori dalla Politica agricola comune.
Quali sono le novità introdotte da Bruxelles nella PAC? Il 30 per cento dell'ammontare complessivo degli aiuti dovrà essere destinato a tutti gli agricoltori che adotteranno iniziative particolari per migliorare l'ambiente.
Inoltre, sono previsti livelli negli aiuti diretti per ettaro, perché Bruxelles vuole realizzare, anche se gradualmente, un'equiparazione nella distribuzione di questi aiuti tra i Paesi membri che oggi percepiscono più del 90 per cento dell'aiuto e i Paesi che, invece, stanno al di sotto di questa percentuale degli aiuti diretti erogati da Bruxelles.
Analogamente, nel livello dei pagamenti, la Commissione chiede che venga limitato l'aiuto diretto alle grandi aziende agricole, perché oggi ricevono, secondo la stessa Commissione, aiuti sproporzionati rispetto a tutte le altre, anche se si tiene conto che sono proprio queste aziende che realizzano maggiori economie di scala e garantiscono più posti di lavoro per il settore.
Tutti i risparmi che verranno ottenuti a livello di singolo Paese non verranno distribuiti per tutti gli altri Stati, ma trattenuti dallo stesso Stato membro per essere orientati verso lo sviluppo rurale.
Per quanto riguarda il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale, esso è trattato nel quadro strategico comune come tutti gli altri fondi strutturali.
Tra le altre novità nella Politica agricola comune, Bruxelles ha previsto due nuovi strumenti: un meccanismo di emergenza per reagire alle situazioni di crisi, che abbiamo visto prima, e un nuovo campo di applicazione del Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione. Per quest'ultimo sono previsti circa 3 miliardi di euro nei sette anni e in esso entreranno anche aiuti per quanto riguarda la parte agricola.
Vediamo ora le prime reazioni da parte dei nostri tavoli tecnici. Per quanto riguarda la convergenza degli aiuti verso la media europea, certamente l'Italia oggi è a una percentuale di gran lunga superiore al 90 per cento e, di conseguenza, un taglio danneggerebbe i nostri agricoltori, ragion per cui l'Italia sarebbe più favorevole a un taglio lineare omogeneo di circa il 5 per cento. È chiaro che, più è alto il taglio, maggiore è il danno per il nostro Paese, tanto più elevato quanto è più alta la distanza dal valore medio dell'Unione europea. Invece la Francia, che riceve maggiori finanziamenti dall'agricoltura, preferirebbe un taglio non lineare, ma proporzionato.
Per quanto riguarda lo sviluppo rurale, anche in questo caso ancora non ci sono indicazioni precise, ragion per cui non riusciamo a valutare la portata positiva o negativa della nuova proposta.
Dobbiamo adesso vedere la proposta oggi in esame, che finora abbiamo considerato dal lato della spesa comunitaria, dal lato dell'entrata comunitaria. Voi sapete bene che il bilancio comunitario non ha entrate proprie, eccezion fatta per una percentuale limitatissima che riguarda gli affitti di alcuni palazzi e immobili di proprietà e altri piccoli cespiti. La sua entrata è formata per la quasi totalità dalle contribuzioni versate dagli Stati membri.
Nel corso delle diverse programmazioni si è sempre lavorato per un rigore del bilancio, soprattutto a partire dal periodo


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di congiuntura del 2008. Come gli Stati membri debbono attuare una politica di rigore nei propri bilanci, è stato chiesto anche alla Commissione europea di attuare una politica di rigore di bilancio, pur nel soddisfacimento di tutte le esigenze di sviluppo e di crescita dei territori comunitari.
Le modifiche introdotte dalla Commissione europea riguardano l'abolizione, a partire dal 1o gennaio 2014, della risorsa basata sull'imponibile IVA. La proposta prevede l'introduzione di due nuove risorse, una tassa sulle transazioni finanziarie e una nuova risorsa, la cosiddetta risorsa IVA europea. Entrambe dovrebbero partire al più tardi dal 2018. Inoltre, si prevede una riduzione della percentuale di aggio che gli Stati membri trattenevano sulle risorse proprie tradizionali dal 25 per cento al 10 per cento.
Altra novità sul versante delle entrate è l'eliminazione di tutti i meccanismi di correzione che oggi sono previsti soltanto in favore del Regno Unito. Ricorderete la correzione britannica del Consiglio europeo di Fontainebleau, del 1984, ottenuta dal primo ministro Thatcher in favore del Regno Unito. Nelle programmazioni successive altre correzioni hanno riguardato altri Paesi con saldi netti fortemente negativi, come la Germania, l'Austria, la Svezia e i Paesi Bassi.
Il nuovo sistema prevede da subito, cioè a partire dal 2014, l'abolizione dell'attuale risorsa IVA. Una precisazione sui meccanismi di correzione: il Consiglio europeo di Fontainebleau del 1984, poiché il Regno Unito lamentava di pagare molto di più come contributo al bilancio comunitario di quanto non ricevesse, ha introdotto la correzione in quanto il Regno Unito, se avesse continuato a pagare somme così alte, avrebbe avuto un saldo netto fortissimo, con un PIL inferiore a quello di altri Stati membri che ricevevano di più dalla Commissione europea. Il Regno Unito non aveva una forte agricoltura e, poiché la politica dell'Unione europea nel 1984 era solo la politica agricola, in quanto la politica di coesione è nata nel 1989, traendo poco dall'agricoltura esso ha chiesto uno sconto, una riduzione.
Nella proposta attuale Bruxelles ha disposto di togliere tutte le correzioni finanziarie, che sono sempre state motivo di grande criticità da parte di tutti gli Stati membri. Tenete conto che il quadro finanziario deve essere approvato all'unanimità e, quindi, la Gran Bretagna ha già affermato che non firmerà mai.
Per eliminare tutte queste correzioni Bruxelles prevede solo per il periodo di programmazione 2014-2020 rimborsi forfettari pari a 7,5 miliardi di euro per i sette anni esclusivamente in favore di quattro Paesi che hanno un saldo netto negativo nei confronti dell'Unione europea, il Regno Unito, la Germania, i Paesi Bassi e la Svezia. Ha lasciato fuori, invece, l'Austria, che fino a oggi, anche nella corrente programmazione, gode di un beneficio: avendo però superato determinate soglie, quest'ultima è rimasta fuori.
C'è una novità in questo senso: mentre in passato per le correzioni finanziarie pagavano solo gli altri Paesi membri, in questa correzione di 7,5 miliardi di euro pagano anche gli stessi Paesi beneficiari della correzione. Alla fine è un contributo piuttosto contenuto, ma l'aspetto peculiare è che dopo il 2020 non si parlerà più di correzioni finanziarie per taluni Paesi, a meno che la situazione non cambi e lo si vedrà a partire dal 2021.
Quanto all'attuale abolizione della risorsa IVA, a partire dal 1o gennaio 2014 Bruxelles prevede che ci saranno soltanto due risorse proprie, le risorse proprie tradizionali e la risorsa propria basata sul reddito nazionale lordo. L'immediata abolizione della risorsa IVA ci danneggia, perché noi paghiamo molto di più in termini percentuali e di reddito nazionale lordo che non di risorsa IVA. Lo vedremo nei tavoli negoziali nei prossimi mesi. Noi vorremmo mantenere, se fosse possibile, il sistema attuale di contribuzione basato anche sull'IVA fino all'entrata in vigore delle nuove risorse.
Per quanto riguarda le spese di riscossione, invece, in passato, fino a prima della


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programmazione 2000-2006, l'aggio di tali spese era sempre attestato al 10 per cento. Nella programmazione 2000-2006 e 2007-2013 tale aggio si è attestato al 25 per cento. La riduzione, invece, dal 25 al 10 per cento fa sì che venga innalzato il tetto di risorse proprie tradizionali a disposizione dell'Unione europea e, quindi, noi avremo una riduzione corrispondente in termini di risorse basate sul reddito nazionale lordo.
Uno schema presente nella documentazione depositata, a pagina 25, mostra la struttura delle nuove risorse proprie. Sono ivi riportati il bilancio dell'Unione europea 2012, costruito sulla base della normativa pregressa e quello che sarà il bilancio 2020 sulla base delle novità proposte dalla Commissione. Le risorse proprie tradizionali, nel 2012, si attesteranno al 14,7 per cento del totale, mentre nel 2020, con la riduzione dell'aggio dal 25 al 10 per cento, si attesteranno a circa il 19 per cento.
Le risorse per contributi nazionali, quando entreranno in vigore le due nuove risorse proprie, andranno ad abbassarsi. Il contributo nazionale non sarà più, come è attualmente, dell'85 per cento, ma si ridurrà al 40 per cento.

MASSIMO VANNUCCI. La tassa europea sulle transazioni finanziarie è nuova?

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Sì, certo, come lo è la risorsa agganciata all'imponibile IVA. Bruxelles ha accolto la richiesta degli Stati membri di ridurre la loro partecipazione al bilancio comunitario, tenendo conto anche del rigore di bilancio di tali Stati, perché è un bel salto scendere dall'85 per cento al 40 per cento, mentre l'altro 60 per cento verrà assicurato, se il tutto dovesse partire dal 2018, sia dalle nuove due risorse, IVA europea e tassa sulle transazioni finanziarie, e sia, per circa il 19-20 per cento, dalle risorse proprie tradizionali. Da questo punto di vista Bruxelles ha assecondato le richieste degli Stati membri.
Come funzionerà l'IVA europea è tutto da vedere. Ancora non ci sono le regole e i criteri. Lo vedremo forse nelle prossime proposte dei regolamenti, che dovrebbero essere presentate il 5 ottobre prossimo, però su questo tema ancora non abbiamo elementi aggiuntivi.
Il meccanismo della correzione finanziaria, illustrato a pagina 27 della documentazione depositata, comporta risorse forfetarie alla Germania per 2,5 miliardi di euro annui, ai Paesi Bassi per circa un miliardo, alla Svezia per 350 milioni e al Regno Unito per 3,6 miliardi. Sarà una bella partita da giocare, perché il Regno Unito ha già fatto sapere il suo parere contrario a questo tipo di iniziativa, però, purtroppo, oggi, non sono più solo quei quattro Paesi ad avere saldi negativi, ma anche l'Italia ha un saldo netto negativo e, quindi, anch'essa dovrà difendersi.
Della tassa sulle transazioni finanziarie abbiamo visto subito il vantaggio con i numeri: essa riduce i contributi degli Stati membri alla partecipazione al bilancio e offre anche il vantaggio di attivare un sistema di raccolta di queste risorse centralizzato a livello europeo. Si auspica anche un'armonizzazione di tutto il trattamento fiscale nelle transazioni finanziarie a livello europeo. Si tiene conto, inoltre, della risoluzione adottata nel marzo scorso dal Parlamento europeo di promuovere proprio una tassa sulle transazioni finanziarie per ridurre la speculazione dei mercati.
Sono tutte questioni ancora aperte, perché ancora mancano le modalità di attuazione di queste nuove tasse e, quindi, aspettiamo i nuovi documenti che dovranno essere emanati prossimamente da Bruxelles.
Per quanto riguarda la nuova risorsa IVA, nel documento della Commissione si precisa solamente che il tasso massimo di questa risorsa dovrebbe essere del 2 per cento, ma si stima che il tasso effettivo a regime non sarà più alto dell'1 per cento.
Sono da definire poi tutte le questioni legate ai criteri e alle modalità operative per la riscossione di queste risorse, per esempio se bisognerà tenere una doppia


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contabilità o meno. Sono tutte questioni in itinere. Vedremo poi, quando saranno ufficializzate le modalità di attuazione, gli orientamenti proposti da Bruxelles e le ripercussioni sulle nostre strutture operative.
Per quanto riguarda il nuovo sistema di correzione forfetaria, il vantaggio esiste, perché vengono eliminate tutte le correzioni, che, almeno per questi vent'anni, hanno posto l'Italia in una posizione di contributore netto nei confronti della Commissione europea. Abbiamo sempre pagato molto di più di ciò che incassavamo. Le correzioni forfetarie che sono state ipotizzate con il rimborso di 7,5 miliardi di euro, come avete visto, sono limitate al periodo fino al 2020 e vengono meno nei periodi successivi.
Certo, sono 7,5 miliardi di euro di correzioni finanziarie e noi auspichiamo l'integrale eliminazione di tutte queste a partire da subito, però il negoziato sarà molto difficile su questo punto, perché ci sono pareri discordi da parte dei Paesi beneficiari di tali risorse.
Cerco di procedere velocemente. Per quanto riguarda il processo negoziale in atto, oggi si sono creati due scenari. Vi è lo scenario A, quello che abbiamo visto proposto dalla Commissione, con il mantenimento del quadro finanziario all'1,05 per cento del reddito nazionale lordo europeo, le correzioni forfetarie e una riduzione delle politiche della PAC; vi è poi lo scenario B, quello che in alcuni tavoli si sta discutendo, nel quale alcuni Stati membri avrebbero avanzato l'ipotesi di una riduzione della dotazione finanziaria nei sette anni, portandola all'1 per cento del reddito nazionale lordo europeo.
Naturalmente noi siamo contrari a ridurre queste risorse, perché ci saranno anche nuovi criteri per quanto riguarda la ripartizione delle stesse, ragion per cui aspettiamo di vedere ciò che accadrà sui tavoli di lavoro. Gli Stati membri beneficiari dei meccanismi di correzione privilegiano, invece, lo scenario B, perché hanno un vantaggio nel mantenimento dei meccanismi di correzione, mentre l'Italia spinge per l'eliminazione di tutti questi meccanismi. Si prevedono anche sanzioni per gli Stati membri che, come ho ricordato all'inizio, non rispettano gli obiettivi macroeconomici del Patto di stabilità, con riduzione delle spese destinate alla politica di coesione, ma anche su questo fronte noi siamo fortemente critici e quindi contrari.
Nelle schede depositate agli atti viene anche illustrata la situazione dei saldi netti dei principali Paesi attualmente contributori «netti» del bilancio comunitario. Essi sono Germania, Regno Unito, Francia, Paesi Bassi e anche l'Italia. Se guardiamo la proposta della Commissione, quella dello scenario A, noi avremo, sulla base dei calcoli che abbiamo predisposto, rientri da Bruxelles - nel periodo 2014-2020 - per 78 miliardi di euro e versamenti al bilancio comunitario per 102 miliardi di euro, con un saldo netto negativo di ben 24,4 miliardi di euro, pari a una media annua di circa 3,5 miliardi di euro.
Se guardiamo, invece, i risultati dello scenario B, ci troveremmo di fronte a rientri da Bruxelles per 70 miliardi di euro, naturalmente ripartiti tra le diverse politiche, versamenti ridotti, ma che ci portano a un saldo negativo di oltre 27 miliardi di euro, con un saldo negativo netto annuale di circa 3,9 miliardi di euro, superiore a quanto previsto dall'attuale proposta della Commissione.
Il grafico riportato a pagina 35 della documentazione depositata delinea in maniera evidente, in celeste chiaro, la media del periodo 2008-2009, ossia la situazione di contributore netto nel periodo 2008-2009 per tutti e cinque i predetti Paesi. Come vedete, l'Italia - in tale periodo - superava i 4 miliardi di saldo netto negativo annuale secondo il metodo della Commissione europea. Nel grafico è poi evidenziato il risultato sulla base dello scenario A, ossia sulla base della proposta della Commissione, e, infine, lo scenario che alcuni Stati membri hanno avanzato, lo scenario B.
I valori sono riportati ancora nella successiva tabella di pagina 36, dove figurano gli andamenti annuali - dal 2014 al 2020 - dei saldi netti riferiti al nostro Paese, in caso di applicazione sia dello


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scenario A, sia - se dovesse essere portata avanti la relativa iniziativa - dello scenario B. Se nei tavoli negoziali emergessero nuove proposte o comunque si profilassero nuovi scenari, per noi i calcoli significativi sono questi, quelli relativi alla differenza tra ciò che entra e ciò che esce e, quindi, alla nostra condizione di contributore netto.
L'aspetto importante della tabella riportata a pagina 36, relativa all'andamento annuale dei saldi netti, su cui voglio richiamare l'attenzione, è che dal 2014 al 2017 l'Italia, nello scenario A, ha un saldo netto negativo fortissimo, di oltre 6 miliardi di euro annui, mentre, a partire dal 2018 - nel momento in cui si avvia il nuovo sistema di finanziamento del bilancio comunitario, in cui il 60 per cento circa delle risorse del bilancio comunitario sono proprie di Bruxelles e si riduce la contribuzione degli Stati membri - ha un saldo netto positivo. Se seguiamo lo scenario B, invece, secondo i primi conti che abbiamo eseguito, anche nel periodo 2018-2020 andremmo in negativo, ma per molto poco, diversamente dagli anni precedenti al 2018. Questo è certo per tutti, perché, se il 60 per cento delle risorse sono comunitarie, non può essere diversamente. Tutto dipende dai rientri, dai criteri, dalla capacità di assorbimento delle risorse da parte dei singoli Stati membri. Sono tutte le variabili che ovviamente fanno la differenza.
A pagina 37 della documentazione trovate un grafico che riporta l'andamento annuale dei saldi netti dell'Italia per il periodo 2014-2020 e così pure, a pagina 38, un grafico che illustra il confronto della media degli anni 2007-2009 con la proposta della Commissione, che, come ho accennato prima, ci vede vincenti, con un saldo positivo a partire dal 2018.
Vengo alla tempistica del negoziato. Quali sono le prossime tappe previste dalla Commissione europea? Nel primo semestre del 2011 c'è stata la presentazione del quadro finanziario da parte di Bruxelles; nel secondo semestre 2011, sotto la presidenza polacca, si sono aperti tutti i tavoli per valutare la portata delle singole proposte della Commissione; seguirà la presentazione da parte della Commissione, il 5 e il 12 ottobre prossimi, delle proposte dei regolamenti di settore.
Nel primo semestre 2012 avrà inizio ufficialmente il nuovo negoziato e probabilmente il primo esame del Consiglio europeo; nel secondo semestre 2012 proseguirà il negoziato e alla fine dell'anno si prevede il raggiungimento dell'accordo definitivo tra Parlamento e Consiglio europeo sul quadro finanziario nuovo.
Nel 2013 saranno emanate tutte le normative di accompagnamento al nuovo quadro finanziario. Questa è, al momento, la tempistica prevista.
Vi ringrazio molto per l'ascolto. Vi chiedo scusa se mi sono dilungata, ma era necessario.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIANCARLO GIORGETTI

PRESIDENTE. La ringrazio moltissimo, dottoressa Amadori, anche per la documentazione molto chiara che ha messo a disposizione delle Commissioni.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MASSIMO VANNUCCI. Ringrazio la dottoressa Amadori per l'illustrazione dettagliata, ampia, precisa e chiara e pongo una domanda.
Il nostro problema è sempre quello dei saldi netti, della contribuzione netta, che non è scritta, ma è determinata in qualche modo dalle politiche che vengono condotte. Se ci fossero altre politiche, noi potremmo intercettare meglio maggiori finanziamenti. È tutto collegato.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Certamente.

MASSIMO VANNUCCI. Dobbiamo allora vedere le politiche, perché, se non


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modifichiamo le stesse, noi saremo sempre più contributori netti. Sappiamo che siamo contributori netti per un terzo di ciò che versiamo. Giusto? Versiamo 15 miliardi di euro e ce ne tornano 10, quindi ne perdiamo un terzo.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Si. All'incirca è così.

MASSIMO VANNUCCI. Se simulassimo gli effetti di questa proposta della Commissione, che noi abbiamo ancora l'ambizione di poter modificare, sulla nostra contribuzione netta, potremmo vedere addirittura un peggioramento? Questa è la domanda.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Speriamo di no, perché ci sono delle novità in questo quadro finanziario. Intanto per quanto riguarda la convergenza...

MASSIMO VANNUCCI. Ma la domanda è se noi abbiamo stimato gli effetti. Per esempio, lei ha parlato delle regioni in transizione, che provocheranno una rivoluzione a livello europeo. Lei ci riferisce che entreranno per l'Italia le regioni Abruzzo e Molise e che verranno stabilizzate le regioni Sardegna e Basilicata. Sono, però, piccole regioni, con pochi abitanti. Se nelle regioni in transizione entreranno, come è possibile simulare, grandi parti della Francia e della Germania e così via, il fondo sarà diversamente ripartito. La domanda è se noi abbiamo effettuato le simulazioni rispetto a questo tema, in particolare e più in generale.
Passo alla seconda domanda. Anche a proposito del meccanismo della contribuzione netta l'Italia ha sostenuto la necessità di una riduzione del bilancio assieme ad altri Paesi. Pensiamo di risparmiare versando meno, mentre sarebbe stato più opportuno, secondo me, non mettere in discussione tale aspetto, quanto quello delle politiche.
Porto un esempio: in Italia si discute molto del problema dell'immigrazione clandestina e noi riteniamo che l'Europa se ne debba fare carico, essendo noi il molo dal quale si accede all'Europa. Se nelle politiche europee venissero inserite azioni da mettere in atto, se l'Europa si assumesse questo impegno con azioni molto più forti e questa politica fosse recepita, il riflesso sull'Italia sarebbe diverso. Se spendessimo il 30 per cento del bilancio europeo per questo, gli interventi verrebbero a cadere più sull'Italia.
Questa, però, è una questione più politica, mentre per la Ragioneria generale dello Stato, e specificamente per il suo ispettorato, la domanda di fondo è se abbiamo simulato gli effetti soprattutto concernenti questo tema, ossia quello delle regioni in transizione, che, secondo il mio parere, è in grado di produrre conseguenze nefaste per il nostro Paese.

RENATO CAMBURSANO. Sarò velocissimo. La prima domanda riguarda la stima della struttura delle risorse proprie, riportata a pagina 25 della documentazione consegnata, che viene addirittura quantificata rispetto alla nuova risorsa IVA europea e alla tassa sulle transazioni finanziarie in una cifra, rispettivamente, di 29,4 e 37 miliardi di euro.
Vengono poi quantificati i dati in termini di percentuale, ma la quantificazione dovrebbe derivare da un'ipotesi quantitativa sull'imposta da applicare alle transazioni finanziarie, ma soprattutto vengono messe già in evidenza a pagina 28 della medesima documentazione, le questioni aperte su tale tributo sulle transazioni finanziarie, io direi addirittura le difficoltà vere che ci sono nella sua introduzione, al di là delle buone intenzioni. Io stesso, e ci sono atti parlamentari che lo confermano, sono sempre stato favorevole, ma allargando l'orizzonte a livello globale, perché chi opera sul mercato finanziario sa bene che un'attività che costa una data cifra qui da noi e costa di meno da un'altra parte, viene


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trasferita su un altro territorio o su un'altra piazza finanziaria.
La seconda domanda riguarda, invece, la riduzione della dotazione del quadro finanziario pluriennale prevista da alcuni Paesi, il famoso scenario B. Era stata ipotizzata - come riportato in una recente audizione informale del professor Stefano Micossi - in 100 miliardi di euro la riduzione chiesta da alcuni Paesi: invece di 1.025 miliardi di euro la dotazione consisterebbe in 925 miliardi. Riducendo, invece, all'1 per cento del reddito nazionale lordo dell'Unione europea tale dotazione, ci sarebbe una riduzione in termini quantitativi di meno della metà di quella cifra. Qual è la chiave di lettura per arrivare a conciliare le due voci o i due quantitativi?

GIULIO CALVISI. Volevo ringraziare la dottoressa Amadori per la chiarezza della sua esposizione, confermando che tutte le volte in cui lei viene in audizione svolge sempre la relazione migliore: abbiamo avuto un quadro preciso della situazione, di ciò che si vuole fare da parte della Commissione europea per il periodo 2014-2020. Abbiamo ricevuto un quadro generale che fino ad ora non avevamo. Disponevamo di alcune informazioni sulla PAC e sulle politiche di coesione, ma non di un quadro generale. La ringrazio molto per questo.
Voglio sollevare un problema cui accennava anche il collega Vannucci sull'istituzione di queste regioni in transizione, per capire quali possano essere le conseguenze per il sistema Italia. A me pare che l'Unione europea abbia compiuto una scelta molto importante in direzione del privilegio della competitività, con un incremento del 52 per cento di finanziamenti, e in direzione della sicurezza e della cittadinanza, quest'ultima con un aumento dell'80 per cento addirittura di stanziamenti. Ha rivisto, quindi, nell'ambito delle politiche di coesione la ripartizione che era stata adottata nella vecchia programmazione.
Io ho capito questo, ma mi corregga se sbaglio. La Commissione ha ridotto il numero delle regioni in convergenza, o perlomeno le vuole ridurre, e le pongo una domanda: avete un'idea di quante sono le regioni in convergenza a livello europeo? A me sembra che ci sia una riduzione e, a fronte di questa riduzione del numero, anche una riduzione di finanziamenti per l'obiettivo convergenza, che infatti passano da 199 miliardi di euro, per l'ex obiettivo 1, a 162 miliardi, con una diminuzione del 20 per cento.
C'è poi l'istituzione delle regioni in transizione. Anche in tale ambito crescono i finanziamenti da 25 miliardi di euro a 38 miliardi e si allarga il numero di tali regioni, quindi entrano non solo le regioni italiane di cui abbiamo parlato, che erano prima in phasing in, come la Sardegna, e in phasing out, come la Basilicata, ma anche Abruzzo e Molise, come correttamente riportava lei.
Poi ci sono le regioni in competitività e anche in questo caso c'è una crescita del finanziamento consistente, perché si passa da 43 a 53 miliardi di euro.
Io sono un po' preoccupato della posizione del Governo italiano, come il collega Vannucci. È una posizione che non realizza il bene dell'Italia. Si può anche affermare di proteggere le nostre regioni del sud e di lavorare perché queste non subiscano una perdita di finanziamenti, però diamoci da fare anche per mantenere le proposte vantaggiose che la Commissione europea avanza alle regioni più ricche. È chiaro che c'è un innalzamento del finanziamento verso le regioni più ricche, compreso il Veneto del collega Baretta e le Marche del collega Vannucci, però una posizione che sostenga che a tal fine dobbiamo affossare le regioni in transizione mi sembra una posizione piuttosto suicida per il nostro Paese.
Le porrei la seguente domanda: le regioni del sud ci perdono davvero, a fronte della riduzione del numero delle regioni in convergenza? Tutti abbiamo svolto il ragionamento per adesso, compresi il relatore per la XIV Commissione onorevole Formichella e il Ministro Fitto, su quante regioni nuove entrano nella fase di transizione, ma nessuno ha svolto un discorso su quante sono le regioni in convergenza che


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non faranno più parte della convergenza. L'obiettivo che si è data la Commissione è di lavorare perché siano sempre di più le regioni in competitività e, quindi, le regioni in una fase di transizione, la prossima volta, come giustamente ricordava lei, dovrebbero diventare regioni in competitività.
Le chiederei questo chiarimento, perché a me pare che la posizione che sino adesso ha assunto il Governo italiano, con maggiore prudenza da parte del Ministro Fitto, ma in maniera esplicita da parte del relatore di maggioranza Formichella, sia questa. Non chiediamo l'equilibrio tra regioni ricche e regioni povere. Si potrebbe chiedere perché togliamo alle regioni povere per dare alle ricche, perché lo spostamento di risorse va dalle regioni povere alle regioni ricche. Su questo punto stiamo zitti. Combattiamo la battaglia per sostenere che le regioni in convergenza non devono prendere i soldi e affondiamo le regioni in transizione, guarda caso le quattro che ho citato.
Io non svolgo il discorso contrario, ma mi sembra che dobbiamo lavorare a far sì che ci sia un discorso che valga per il sistema Paese e non per fare una concorrenza tra le diverse regioni d'Italia, scegliendo la soluzione migliore che privilegi il miglior risultato possibile per il nostro Paese.
Su questo punto vorrei un chiarimento: le regioni in convergenza diminuiscono o sono le stesse? Le regioni del sud dividono le stesse risorse di prima?

NUNZIANTE CONSIGLIO. C'è da considerare che le pessime performance nell'utilizzo dei fondi strutturali al sud hanno reso particolarmente debole la richiesta di risorse consistenti per l'obiettivo convergenza nel prossimo quadro finanziario, anche alla luce delle rigorose condizioni proposte dalla Commissione europea. È, quindi, condivisibile la scelta del Governo di sostenere una riduzione complessiva del bilancio europeo.
Svolta questa premessa, ringrazio la dottoressa Amadori per le stime puntuali dell'impatto delle diverse opzioni di riforma sull'Italia, ma osservo che sarebbe essenziale, per le nostre valutazioni, disporre anche delle stime dell'impatto - sulle diverse aree del Paese - delle proposte di riforma della politica di coesione e della politica agricola.
La mia domanda, molto semplice, è se avete già queste simulazioni o, in caso contrario, se pensate di predisporle dopo le proposte legislative che saranno presentate a ottobre.

SANDRO GOZI. Io torno sul tema degli scenari A e B, perché mi permette di chiedere alla dottoressa Amadori che cosa pensi della proposta che la Commissione ha presentato questa mattina, secondo le indiscrezioni della stampa, sulla politica di coesione.
In merito allo scenario B, quando lei parla della richiesta di taluni Stati membri, ci può specificare quali sono tali Stati membri? Immagino che siano i contributori netti con cui noi abbiamo firmato le lettere di non aumento del tetto massimo del bilancio. Immagino che sia così. Può darsi che non sia così, però le chiedo di usarci la cortesia di informarci su quali siano gli Stati membri che lavorano verso lo scenario B.
È molto importante, perché è evidente che lo scenario B è penalizzante per l'Italia, come giustamente mostrano le sue tabelle, che sono molto chiare. È uno scenario sul quale mi sembra che le istituzioni europee e la Commissione si stiano orientando.
Vengo alla domanda legata all'attualità. Ho un'agenzia stampa di oggi che anticipa la proposta della Commissione che verrà presentata il 6 ottobre prossimo, a cui lei direttamente fa riferimento nella prima parte del suo intervento, e che identifica la nuova struttura, i nuovi temi e le nuove condizioni legate al nuovo regolamento sulla politica di coesione, la quale dovrà attuare quanto stiamo discutendo.
Tra le diverse condizioni specifiche ce ne sono, innanzitutto, sia ex ante sia ex post. In secondo luogo, ce ne sono tantissime legate alle performance nel quadro Europa 2020, come il sottoscritto ha avuto


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modo - mi rivolgo al presidente e ai commissari - di sottolineare al Governo fin dall'inizio di queste audizioni. Tra queste condizioni molto specifiche ce ne sono alcune che mi preoccupano particolarmente, occupandomi nella XIV Commissione di fasi ascendenti e discendenti. Tra le condizioni alla luce delle quali potrebbero essere diminuiti i fondi attribuiti all'Italia nel quadro della coesione ce n'è una, per esempio, relativa all'attuazione della legislazione europea e un'altra legata ai servizi personalizzati per i disoccupati in cerca di impiego, cioè tutti i servizi per raggiungere l'obiettivo occupazione nel quadro 2020.
In più si indica anche, in base sempre a queste anticipazioni, che, se uno Stato membro avesse performance particolarmente negative sulla riduzione del debito, dovrebbero essergli ridotti i fondi di coesione. Si dà seguito a quel punto, che lei ha giustamente sollevato e criticato dal punto di vista italiano, però mi sembra che la Commissione continui a procedere su questa via, se in questa proposta di regolamento essa lega l'attribuzione dei fondi di coesione alle performance connesse con la riduzione del debito pubblico, addirittura fino al 50 o al 100 per cento del totale.
La mia domanda è se in sede di negoziati tecnici siamo ancora solo ad un livello di ipotesi, oppure se la Commissione europea si stia seriamente orientando a un legame stretto di condizionalità ex post ed ex ante dei fondi di coesione legati al nuovo Patto di stabilità per intenderci. Se così fosse, ciò sarebbe per l'Italia particolarmente penalizzante.
Passo a un'altra domanda, forse banale, su cui però vorrei avere chiarezza. Io sostengo, ma non ne sono convinto, che la tassa sulle transazioni finanziarie sarà una vera risorsa propria. La sostengo politicamente, ma non credo che il negoziato finirà con l'introduzione di questa risorsa propria. Tolta questa risorsa, con che cosa essa verrà sostituita, con maggiori risorse nazionali o con altri strumenti?

PIER PAOLO BARETTA. Condivido la critica che lei ha sollevato sulla verifica ex post e volevo chiederle se, alla luce delle sue informazioni o del quadro di riferimento, ritiene che questa critica abbia qualche possibilità di andare avanti con successo o se, invece, si tratta di una critica giusta, ma che non troverà spazio di negoziato. Mi pare un passaggio fondamentale.
La seconda osservazione è che ieri il presidente degli Stati Uniti avrebbe criticato l'Europa per una certa lentezza nei nostri processi decisionali. Al di là del fatto che ognuno dovrebbe guardare in casa propria, non le chiedo ovviamente un'opinione politica, ma, in relazione alla partenza della nuova tassa sulle rendite finanziarie dal 2018, con l'incertezza sulle agevolazioni, non ritiene che siamo davvero dentro uno scarto tra tutto quanto ci sta girando attorno di carattere più generale e le nostre, pur interessanti, procedure? Lei ha sottolineato alcuni avanzamenti, ma non trova che questi avanzamenti, questi passi in avanti siano del tutto inadeguati rispetto al quadro generale e a come sarà investito il quadro generale anche del bilancio europeo? Il 2020 è una data straordinariamente lontana, pur essendo vicinissima, rispetto alla velocità generale del cambiamento. Mi interesserebbe capire la sua opinione su questo punto.

PRESIDENTE. Do la parola alla dottoressa Amadori per la replica.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Molte domande poste sono piuttosto vicine in termini di contenuto, per cui cerco di raggrupparle. Credo che su molte domande possa darvi poca soddisfazione, perché noi abbiamo svolto una prima valutazione sui primi documenti che sono usciti, ma molte delle vostre domande sono veramente particolari e bisognerà vedere le proposte dei regolamenti attuativi.
Posso condividere l'opinione di qualcuno degli intervenuti che non crede che


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a partire dal 2018 andrà avanti il nuovo sistema di finanziamento al bilancio comunitario, con il 60 per cento in termini di risorse proprie della UE. La Commissione nella sua proposta parla addirittura di cifre reali, di percentuali con valori assoluti, ma sulla base di che cosa ha attuato queste considerazioni? Non possiamo saperlo, ma nei prossimi documenti ci aspettiamo qualcosa di più concreto, che ci consenta anche di effettuare simulazioni più attendibili. Se non si riuscisse a realizzare questo sistema di risorse proprie, è chiaro che la parte mancante ricadrebbe sugli Stati membri.
Come Ministero dell'economia e delle finanze, noi abbiamo cominciato ad avere un quadro preciso sulla posizione dell'Italia di contribuente netto, o beneficiario, soltanto alla fine degli anni Ottanta, perché prima le notizie erano molto frammentarie e Bruxelles aveva un sistema di finanziamento degli Stati membri che oltrepassava lo Stato e andava direttamente al beneficiario finale. Anche alle regioni mandava direttamente i soldi presso il sistema bancario, senza transitare dalla Tesoreria e, quindi, non riuscivamo ad avere un quadro preciso. Solo alla fine degli anni Ottanta, quando abbiamo disciplinato tutto il sistema, siamo stati in grado di capire che effettivamente l'Italia è un contributore netto.
Ci auguriamo che le nuove idee uscite dal cappello di Bruxelles possano portare effettivamente gli effetti che Bruxelles stessa prevede a livello di 60 per cento in termini di risorse. Se così non fosse, il quadro negoziale si rimetterebbe tutto in discussione. Questa è una delle domande formulate.
Un'altra domanda che è stata posta è quali siano effettivamente le regioni in convergenza e quali quelle che entrano o non entrano nel novero. Bisogna aspettare i criteri, perché, in assenza di criteri, non possiamo esprimerci. Noi riteniamo che le quattro regioni oggi in convergenza continueranno a rimanere tali e per questo motivo in tutti i tavoli chiediamo che vengano usati gli stessi parametri della programmazione precedente. Se si farà uso degli stessi parametri, automaticamente l'Italia beneficerà delle stesse risorse.

GIULIO CALVISI. Di queste regioni in transizione, che non esistono, sappiamo tutto: quanti francesi entrano, quanti tedeschi entrano, quanti italiani ci sono. Delle regioni in convergenza non sappiamo nulla. Io so che ci sarà una riduzione del numero delle regioni europee in convergenza, che, quindi, si vedranno dividere un monte di risorse inferiore, perché si è abbassato il numero.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Si, questo è vero.

GIULIO CALVISI. Dicevo, sulle regioni in transizione sappiamo tutto, chi entra e chi esce, mentre su quelle in convergenza, che sono una categoria che già esiste, non sappiamo nulla. Mi farò vivo al telefono con lei per questa informazione, perché è un elemento di valutazione importante.
Il Governo italiano sta conducendo una battaglia, giustamente, per sostenere che non si debbono toccare le regioni in convergenza e che non bisogna abbassare le risorse. D'accordo, ma quante sono queste regioni in convergenza? Poiché il tentativo è quello di affossare le regioni in transizione, che sono solo quattro, io penso che sia un tentativo politicamente volgare, che non cura gli interessi del Paese e chiedo al Governo di darci informazioni sulle regioni in convergenza. Siccome lei è il migliore tecnico che noi abbiamo in tale materia le pongo tale questione.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Come Ragioneria generale, noi guardiamo il bilancio nel suo complesso, ma nel particolare probabilmente i colleghi del Ministero dello sviluppo economico


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avranno il numero preciso, avranno la situazione sotto la lente di ingrandimento. Come Ragioneria generale, noi guardiamo gli effetti più bilancistici delle nuove proposte.
Qualcuno ha affermato che il Governo ha presentato una nota sullo scenario A o B. A noi non risulta una lettera congiunta. C'è solo un non paper allegato al resoconto del Consiglio affari generali del 12 settembre scorso, che non è una lettera. Altrimenti non ne ho notizia.

SANDRO GOZI. Lei sa, però, che i non paper nei negoziati comunitari indicano chiaramente una posizione negoziale, che magari può essere poi evolutiva. Il non paper è stato comunque firmato dal sottosegretario Mantica e da altri sei Paesi.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Non riferisce nulla, però questo non paper. Il sottosegretario ha chiesto di mantenere le stesse risorse per la politica di coesione.

SANDRO GOZI. Si chiama wishful thinking di un non paper che tiene il bilancio massimo agli stessi livelli del presente esercizio per il futuro.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Se vuole, glielo mando. Il sottosegretario si è mantenuto molto sulle generali e ha invitato a non abbassare la guardia sulla politica di coesione: quindi medesimi criteri per il mantenimento delle risorse. Il non paper onestamente non fa un netto riferimento al fatto di una riduzione di risorse, come forse qualcuno ha detto o come forse ho letto in qualche comunicato stampa. Assolutamente no. Glielo riferisco con onestà proprio di informazione. Se vuole glielo mando, perché ce l'ho in ufficio e l'ho letto più volte: solo per curiosità, per vedere se anche lei condivide il mio pensiero.

SANDRO GOZI. Lo leggerò alla luce delle dichiarazioni che i rappresentanti del Governo hanno reso in questa serie di audizioni che hanno preceduto la sua.

SILVANA AMADORI, Ispettore generale capo dell'Ispettorato generale per i rapporti finanziari con l'Unione europea della Ragioneria generale dello Stato. Anche all'onorevole Vannucci, con cui ci vediamo regolarmente in ogni audizione, posso dare scarsa soddisfazione. Effettivamente non sono state effettuate grandi simulazioni, perché mancano i criteri di riparto. Le simulazioni che si compiono possono essere tante e di più, ma sono scarsamente significative, se si modificano i criteri di riparto rispetto alla precedente programmazione.
È tutto collegato anche con quanto affermava l'altro suo collega su tutte le regioni che usciranno dalla convergenza. Io ritengo che i Länder tedeschi probabilmente passeranno alla transizione, saranno regioni in transizione. Forse il Ministro Fitto vi ha riferito di più su questo tema.
Quanto alla struttura delle risorse proprie, qualcuno ha parlato della struttura delle risorse proprie perché Bruxelles parla nel suo documento sul bilancio dell'Unione europea 2020 di 29 e 37 miliardi di euro di incassi per quanto riguarda, rispettivamente, l'IVA e la tassa sulle transazioni finanziarie. Sono numeri che noi abbiamo preso dalla proposta e non abbiamo alcuna arma in mano per contestarli. Ci auguriamo che siano reali in modo tale che ci consentano effettivamente una riduzione delle nostre contribuzioni, perché, se così non fosse, dobbiamo veramente prepararci ad aumentare la nostra partecipazione al bilancio comunitario.
In molti casi dipende dalle amministrazioni, che non riescono ad assorbire tutte le risorse messe a disposizione del nostro Paese. È un film, per così dire, già visto. Quante audizioni ci sono state su questo versante? Ci deve essere anche da parte delle amministrazioni regionali e nazionali che partecipano ai programmi una partecipazione


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molto più seria, sia nella presentazione dei programmi, sia nella loro attuazione.
Nel passato, abbiamo visto risorse che sono state parcellizzate per migliaia e migliaia di iniziative, invece di pensare a pochi interventi, ma rilevanti, che avessero un effetto dal punto di vista economico. Per questo motivo, Bruxelles, nel quadro strategico comune che andrà a predisporre, richiederà ciò agli Stati membri, o almeno così abbiamo letto dalla prima proposta.
Penso di aver risposto a tutto.

PRESIDENTE. Grazie, dottoressa Amadori, per il suo contributo, le sue risposte sono state certamente esaurienti. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dalla dottoressa Silvana Amadori (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,05.

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