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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V-XIV Camera e 5a-14a Senato)
6.
Venerdì 25 novembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 8 9 11 14 17 20
Buttiglione Rocco (UdCpTP) ... 10
Cambursano Renato (IdV) ... 14
Causi Marco (PD) ... 16
Duilio Lino (PD) ... 9
Formichella Nicola (PdL) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 17
Marinaro Francesca Maria (PD) ... 16
Pescante Mario, Presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati ... 8
Polledri Massimo (LNP) ... 15
Rehn Olli, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari ... 4 11 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia (Grande Sud): Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di venerdì 25 novembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati e dell'articolo 144-quater, comma 2, del Regolamento del Senato, l'audizione del Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn.
Desidero, in primo luogo, rivolgere, anche a nome del presidente della Commissione bilancio del Senato e dei presidenti delle Commissioni politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato, un sentito ringraziamento al Commissario europeo per gli affari economici e monetari, Olli Rehn, che, come sapete, ha di recente assunto anche l'incarico di vicepresidente della Commissione europea.
Quest'audizione interviene quasi un anno dopo quella svoltasi il 10 dicembre 2010, nella quale il Commissario ebbe modo di illustrarci gli sviluppi della definizione della nuova governance economica europea, esponendo le proposte presentate dalla Commissione europea.
L'audizione odierna ha luogo in una fase estremamente delicata per l'economia e la finanza degli Stati membri, con particolare riferimento ai Paesi dell'area dell'euro, e potrà costituire l'occasione per approfondire i contenuti del pacchetto di proposte legislative per la riforma della governance economica approvato in via definitiva dal Consiglio dell'Unione europea l'8 novembre 2011 e pubblicato nella Gazzetta ufficiale dell'Unione europea solo due giorni fa.
Com'è noto, si tratta di una riforma particolarmente profonda, che rivede sensibilmente la disciplina del Patto di stabilità e crescita, introducendo nuove procedure per la sorveglianza sugli squilibri macroeconomici e fornendo importanti indicazioni in ordine ai requisiti dei quadri di bilancio degli Stati membri.
Si tratta di temi ai quali le Commissioni di entrambi i rami del Parlamento hanno prestato particolare attenzione e che sono senz'altro gravidi di sviluppi futuri.
A questo riguardo, mi limito a ricordare i lavori che le Commissioni riunite affari costituzionali e bilancio della Camera stanno svolgendo sui progetti di legge volti a introdurre il principio del pareggio di bilancio nella nostra Carta costituzionale, recependo in questo modo le indicazioni contenute nel Patto euro plus, con modalità che riflettono peculiari esigenze nazionali.


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I lavori dell'Assemblea della Camera dovrebbero concludersi nel corso della prossima settimana e i progetti dovranno essere, quindi, esaminati dal Senato della Repubblica per pervenire, in termini auspicabilmente brevi, a un testo condiviso, che possa essere approvato in via definitiva.
Dopo l'intervento del Commissario Rehn ci sarà la possibilità, da parte di un parlamentare per gruppo, di intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, secondo la procedura consolidata.
Do ora la parola al Vicepresidente della Commissione europea Olli Rehn, ringraziandolo per la sua presenza. Non è nuovo a queste Aule parlamentari, cui ha ripetutamente portato il suo contributo, e di ciò gli siamo grati.

OLLI REHN, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Grazie mille, presidente. Onorevoli parlamentari, innanzitutto sono molto lieto di trovarmi a Roma nel vostro Parlamento. È con me anche il mio Vicecapo di gabinetto, Massimo Suardi, che è di origine romana. Parlo, quindi, anche a nome del resto della mia squadra.
Ricordo la nostra ultima riunione, un anno fa, con il mio precedente portafoglio, l'ampliamento: si è parlato di Balcani occidentali e di Turchia. Anche negli anni precedenti sono stato più volte presente nel Parlamento italiano e ricordo dibattiti assai costruttivi.
Ho sempre ammirato e ho studiato con attenzione l'Italia e la cultura italiana, nel senso più ampio del termine. Da ragazzo ricordo di aver letto i bei libri di Giovanni Guareschi, che erano straordinariamente popolari nel Paese che io conosco meglio e ciò dimostra che esiste un collegamento culturale tra sud e nord dell'Europa. Mi piacerebbe scommettere che sia Don Camillo che Peppone avrebbero sostenuto il nuovo Governo del Primo Ministro Monti. Spero che il presidente mi scusi di questa nota.
Passando alle questioni serie, oggi incentrerò il mio intervento sulla prospettiva e sulla strategia della Commissione per emergere dalla crisi finanziaria, economica e, sempre più, anche sociale che sta imperversando in Europa.
La costante ripresa economica, sia pur modesta, che avevamo registrato più o meno dalla metà del 2009 si trova oggi, purtroppo, in fase di stallo. Le cause immediate di questo fenomeno sono le turbolenze nei mercati del debito sovrano dell'area dell'euro e un rallentamento globale delle attività economiche. Il prossimo anno la produzione nell'area dell'euro crescerà, si prevede, soltanto dello 0,5 per cento e non sono previsti miglioramenti sui mercati del lavoro.
Questo stallo dell'economia renderà ancora più complesso il risanamento delle finanze pubbliche. Purtroppo, questo scenario contiene rischi che si potrebbero aggravare ulteriormente: i recenti sviluppi nei mercati delle obbligazioni sovrane dell'area dell'euro ci fanno, infatti, temere che il contagio si stia diffondendo dai Paesi periferici ai cosiddetti Paesi core e che anche i mercati dell'export si potrebbero rivelare più deboli di quanto previsto.
Quest'ulteriore peggioramento nelle aspettative degli investitori può essere attribuito al cumulo di alcuni fattori. Ci sono ovviamente preoccupazioni rispetto alla sostenibilità del debito pubblico nei Paesi membri più vulnerabili. Potrebbero aver giocato anche alcune aspettative irrealistiche rispetto ai tempi necessari per dare attuazione alle decisioni assunte al vertice dei leader dell'area dell'euro a fine ottobre.
Da un punto di vista concreto e oggettivo queste preoccupazioni sono esagerate. Ciononostante, si sono radicate nei mercati finanziari e stanno portando i costi della raccolta a livelli dolorosi per molti Paesi. Ci sono anche ripercussioni e implicazioni per il settore bancario europeo, che presenta esposizioni sovrane cospicue e si trova, quindi, ad avere difficoltà nella raccolta di fondi in diversi Paesi. È fondamentale convincere gli investitori che noi stiamo prendendo le misure necessarie per far fronte alla crisi.


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Abbiamo una strategia complessiva articolata in cinque punti ed enunciata nella comunicazione della Commissione del 12 ottobre, la roadmap per la stabilità e la crescita, strategia che è stata poi ratificata dai leader dell'area dell'euro il 26 ottobre. Tale strategia rimane valida, però è urgente iniziare a produrre, senza ritardi, risultati in ordine ai suoi diversi elementi.
Vorrei ora aggiornarvi sullo stato dell'arte. In Grecia il nuovo Governo e i principali partiti politici hanno espresso il proprio impegno nei confronti dell'attuale programma di risanamento di bilancio e di riforma economica, nonché la volontà di rispettare gli accordi dell'area dell'euro di ottobre. La Grecia ha di fronte grosse sfide che possono essere superate soltanto con una determinazione e una volontà molto forti e con un ampio consenso sociale e politico nel Paese.
Il rafforzamento dei firewall finanziari, delle «paratie» finanziarie, è in corso. I lavori sono avanzati. Anche il lavoro tecnico e giuridico preliminare per rafforzare la leva finanziaria del Fondo di stabilità europeo è piuttosto avanzato. Spero di fare presto un annuncio in merito.
Io ho anche sostenuto la posizione per cui l'entrata in vigore del meccanismo di stabilità europeo permanente dovrebbe essere anticipata dalla metà del 2013 alla metà del 2012. Tanto prima, quanto meglio, perché il meccanismo di stabilità permanente si basa su capitale sia versato, sia esigibile ed è, quindi, un'istituzione finanziaria più robusta e duttile rispetto agli accordi intergovernativi che sottendono il Fondo di stabilità finanziaria, l'EFSF. Avviare il meccanismo di stabilità europeo permanente già l'anno prossimo piuttosto che a metà 2013 ci darebbe un firewall, una protezione, più forte e sicuramente avrebbe un effetto positivo sul versante del contenimento delle turbolenze sui mercati. Questo aspetto è importante per tutta l'area dell'euro, non da ultimo per l'Italia.
In terzo luogo, dobbiamo avanzare con determinazione verso il rafforzamento del sistema bancario. Stiamo mettendo a punto gli elementi chiave del pacchetto ricapitalizzazione. Sta progredendo il lavoro sulle garanzie per l'accesso al finanziamento a termine e credo che ciò richieda un approccio più coordinato a livello europeo rispetto a quanto non sia stato fatto nel 2008, perché oggi, purtroppo, le garanzie di alcuni Stati membri sarebbero di aiuto limitato alle loro banche.
La Commissione ha sostenuto con vigore questo approccio coordinato a un livello quanto meno minimo, se non proprio di reciprocità, e spero che gli Stati membri si rendano conto della necessità di sostenere una posizione coordinata a livello europeo piuttosto che piani esclusivamente nazionali.
Passando al quarto elemento, i cosiddetti Paesi vulnerabili dal punto di vista delle pressioni del mercato, tra cui anche l'Italia, stanno irrobustendo le proprie politiche. Le ragioni fondamentali delle turbolenze sui mercati del debito sovrano si basano sul fatto che non c'è fiducia tra gli operatori di mercato che alcuni Paesi membri molto indebitati possano garantire il servizio del debito. In questa situazione non ci sono alternative alla riduzione del rapporto tra debito e prodotto interno.
Vorrei sottolineare, a questo proposito, che per raggiungere tale obiettivo non è necessario soltanto un consolidamento del bilancio per ridurre il numeratore del rapporto, ma anche riforme strutturali per incentivare la crescita e far crescere il denominatore della frazione. Ciò vale anche per l'Italia, ma ritornerò su questo punto tra breve.
Da ultimo, un insegnamento che emerge con chiarezza dalla crisi è che l'area dell'euro ha bisogno di una governance economica più efficace e più robusta. Mercoledì la Commissione ha varato il proprio pacchetto crescita e governance.
Per la governance il pacchetto porta avanti il nostro impegno per diffondere una nuova cultura della stabilità nelle politiche di bilancio e nelle politiche economiche europee. Entreranno a breve in


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vigore le nuove norme volte a rafforzare il Patto di stabilità e di crescita da noi proposte un anno fa, che abbiamo discusso anche in questa sede.
Tali nuove norme sul Patto di stabilità e crescita ci consentiranno di affrontare gli squilibri di bilancio e macroeconomici di uno Stato membro in una fase molto più precoce, con un approccio preventivo. Uno Stato membro dell'area dell'euro che non ottemperi alle raccomandazioni dell'Unione europea affronterebbe sanzioni finanziarie.
È mio dovere avvalermi di tutti questi nuovi strumenti dal primo giorno della loro entrata in vigore, che sarà il 13 dicembre. Mancano, perciò, due settimane. Non possiamo più permetterci di tollerare violazioni di regole concordate congiuntamente. Ci siamo resi conto molto concretamente che tali violazioni comportano costi anche per gli altri Stati membri.
Le proposte presentate mercoledì dalla Commissione hanno rafforzato questi nuovi strumenti per i Paesi dell'area dell'euro basati sull'articolo 136 del Trattato. Ci sono, in particolare, due proposte sulle quali vorrei richiamare la vostra attenzione.
La prima prevede un calendario di bilancio comune, con la possibilità che la Commissione esprima pareri in ordine ai bilanci nazionali, laddove i progetti di bilancio non siano conformi agli obblighi assunti in virtù del Patto di stabilità e crescita.
Proponiamo, inoltre, l'istituzione di Consigli fiscali o di bilancio indipendenti a livello nazionale e anche previsioni economiche indipendenti per sottendere una programmazione di bilancio sana e regole di bilancio robuste, inserendole nelle normative nazionali.
Questi provvedimenti rafforzano il coordinamento ex ante e, quindi, aiutano a prevenire politiche di bilancio non appropriate; tuttavia, la responsabilità del bilancio rimane ovviamente di competenza delle autorità nazionali e dei Parlamenti nazionali.
Al tempo stesso, ritengo che sia fondamentale che tutti i Parlamenti nazionali interiorizzino e recepiscano nel proprio processo decisionale le regole comuni e le dimensioni dell'Unione europea e dell'eurozona, regole comuni che sono state adottate dai 27 Governi e dai 27 Parlamenti dell'Unione europea. La Commissione europea auspica un dialogo e un partenariato più approfondito ed intenso con i Parlamenti nazionali.
La seconda proposta è mirata ai Paesi dell'area dell'euro che usufruiscono di assistenza finanziaria o che stanno affrontando minacce alla loro stabilità finanziaria e prevede un intensificarsi progressivo della sorveglianza e del monitoraggio della condizionalità dei programmi.
Queste proposte sono attuabili già con i trattati vigenti, ma, e mi riferisco indirettamente all'incontro tripartitico dei leader di Italia, Francia e Germania svoltosi ieri a Strasburgo, un ulteriore rafforzamento dell'Unione economica e monetaria richiederebbe modifiche al Trattato di Lisbona, il trattato sull'Unione europea.
Herman Van Rompuy, presidente del Consiglio europeo, insieme ai presidenti della Commissione e dell'Eurogruppo, Barroso e Juncker, stanno attualmente cercando di individuare e di definire quali cambiamenti sarebbero necessari nel più lungo periodo per approfondire l'integrazione politico-economica dell'area dell'euro.
Credo che questo sia l'ordine giusto: prima discutiamo la sostanza, cioè l'esigenza di modifiche sostanziali dei trattati per rafforzare l'Unione economica e monetaria, e soltanto in un secondo momento valuteremo l'esigenza di una modifica del Trattato.
Nel più ampio dibattito in ordine alla governance economica credo che la Commissione abbia una propria vocazione specifica, ossia quella di tutelare gli interessi di tutti gli Stati membri, di salvaguardare l'acquis comunitario, e segnatamente il mercato unico, e di garantire che le modifiche alla governance economica avvengano nel rispetto del metodo comunitario.


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Presidenti e onorevoli parlamentari, oltre a garantire la stabilità dobbiamo adoperarci per rafforzare le prospettive della crescita e dello sviluppo economico, approvando riforme strutturali, in particolare, che possano innalzare la produttività e il potenziale di risanamento. Ciò è sottolineato nell'analisi annuale sulla crescita approvata mercoledì dalla Commissione nel quadro del pacchetto crescita e governance. Nel medio-lungo periodo la produttività dipende dal livello di formazione e di istruzione della forza lavoro e dalla capacità dell'economia di produrre innovazione.
L'impatto sociale della crisi è già molto ampio e si riflette in una crescita della disoccupazione. Mi preoccupa, in particolare, la disoccupazione giovanile così elevata, uno spreco tremendo di talenti e di risorse che l'Europa non può permettersi anche da un punto di vista sociale e umano. Se io fossi un giovane spagnolo o italiano, mi chiederei perché nel mio Paese la disoccupazione giovanile sia così tanto superiore a quella dell'Austria o dei Paesi Bassi. È in questo quadro che noi incoraggiamo gli Stati membri a dare la priorità ad azioni e interventi concreti rivolti ai giovani che non sono occupati, che non sono impegnati nella formazione o nell'addestramento professionale.
Mercoledì la Commissione ha presentato un documento di consultazione, il cosiddetto Libro verde sugli eurobond o stability bond, le obbligazioni per la stabilità. Se, da un lato, la prospettiva di introdurre in qualche forma questi stability bond, queste obbligazioni di stabilità, potrebbe attenuare la crisi del debito sovrano, dall'altro, io ritengo che, da solo, lo strumento degli stability bond non sia atto a risolvere la crisi.
Dobbiamo lavorare su tutti i fronti. Per me è evidente che ogni forma di emissione comune di obbligazioni, che comporta un'ulteriore condivisione dei rischi, dovrebbe andare di pari passo con una sorveglianza fiscale molto rafforzata, con un più incisivo coordinamento politico e un rafforzamento della governance economica nell'area dell'euro. Ciò avrebbe ripercussioni anche per quanto riguarda la sovranità di bilancio: anche la sovranità parlamentare e le prerogative di bilancio sarebbero chiamate in causa. Questo aspetto richiede un dibattito di sostanza negli Stati membri, proprio in ordine alla disponibilità dei Parlamenti a procedere su questa strada.
Infine, signori e signore, rivolgo la mia attenzione all'Italia in modo specifico, anche se le questioni che ho affrontato in realtà riguardano tutte in larga misura anche l'Italia. L'Italia ha di fronte alcune sfide formidabili, che in gran parte derivano da debolezze strutturali ben note e antiche. Con il vostro sostegno il nuovo Governo deve produrre risultati sul fronte del consolidamento di bilancio e adottare ambiziose misure per rilanciare la crescita, garantendo al tempo stesso equità sociale.
Ci sono stati progressi negli ultimi mesi. La lettera di intenti del 26 ottobre inviata dal Governo italiano al vertice dell'area dell'euro copre tutte le principali dimensioni operative e politiche e contiene alcuni importanti impegni, segnatamente in ordine al mercato del lavoro, alla pubblica amministrazione, alle dismissioni e alle liberalizzazioni.
Inoltre, i provvedimenti adottati il 12 novembre rappresentano un ulteriore passo in avanti, in particolare quelli tendenti alla liberalizzazione dei servizi professionali, a rendere più rapido il funzionamento della giustizia civile e a favorire la mobilità dei pubblici dipendenti. Una piena ed efficace attuazione di questi provvedimenti sarà, ovviamente, fondamentale.
Esiste un margine per rendere ancora più specifica l'agenda di riforme. Per invertire le aspettative del mercato e far concentrare le aspettative degli operatori su alcuni risultati importantissimi e raggiungibili, sarebbe fondamentale dare segnali forti ai mercati e ai cittadini, con un percorso di riforma chiaro e ambizioso, corredato da uno scadenziario altrettanto ambizioso.
I Capi di Stato e di Governo dell'area dell'euro hanno incaricato la Commissione


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europea di monitorare l'attuazione della lettera di intenti e dei provvedimenti annunciati successivamente. Abbiamo già avviato questo processo in modo serio, in uno spirito di partenariato e di cooperazione con le autorità italiane. Questo è il motivo della mia presenza a Roma oggi: incontrare il Governo e il Parlamento. Presenteremo un primo rapporto all'Eurogruppo martedì prossimo.
È evidente che la capacità del nuovo Governo di ripristinare la fiducia nei mercati finanziari e progredire sulla strada delle riforme dipenderà dal grado di consenso politico e sociale. Io ritengo che l'ampio sostegno manifestato dal Parlamento al nuovo Governo dia prova della consapevolezza dell'esigenza di un cambio di marcia nella politica.
Onorevole presidente e onorevoli parlamentari, concludo e attendo le vostre domande. Questa crisi sta mettendo l'Unione europea di fronte a una prova difficile. Sono in corso importanti sforzi per superare le difficoltà, sia a livello europeo, sia nei singoli Stati membri. Sarà la cartina al tornasole dell'Europa. Dobbiamo lavorare tutti insieme come partner e adottare insieme decisioni responsabili per contrastare le turbolenze finanziarie e far sì che l'area dell'euro esca dalla crisi più forte di prima. È in questo spirito che io sarò lieto di lavorare insieme a voi anche in futuro.
Grazie dell'attenzione.

PRESIDENTE. Grazie a lei, Commissario Rehn.
Potrà ora intervenire un parlamentare per gruppo e poi, se ci sarà tempo a disposizione, avremo altre possibilità per ulteriori interventi. Prima di tutto vorrei dare la parola al presidente della Commissione politiche dell'Unione europea della Camera dei deputati, onorevole Pescante.

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione della Camera dei deputati. Grazie, presidente. Ringrazio anche il Presidente Rehn per quest'audizione, che conferma la sua attenzione per il dialogo con i Parlamenti nazionali, facendo seguito a un'audizione che abbiamo avuto in questa sede undici mesi fa, nel dicembre del 2010.
Voglio precisare che non si tratta di un ringraziamento formale. Infatti, se da una parte è irrinunciabile il contributo che le istituzioni dell'Unione europea - comprese la Commissione e la Banca centrale europea - possono fornire nella definizione di una risposta coordinata europea, occorre, dall'altra, evitare di dare anche la semplice impressione che tali interventi siano imposti senza alcun margine di trattativa né per i Governi, né per i Parlamenti nazionali.
Incontri come quello odierno possono servire a fugare le preoccupazioni e le perplessità manifestate da più parti per un'apparente compressione della sovranità nazionale che deriverebbe dai nuovi meccanismi di governance economica e, più in generale, dalla pressione dei mercati finanziari.
Svolta questa premessa, vogliamo ribadire al Commissario Rehn la nostra convinzione comune che solo l'Europa avrebbe potuto e possa ancora prestare una risposta adeguata alla crisi. Devo affermare sinceramente, Commissario, e spero che lei nella sua replica possa dare rassicurazioni al riguardo, che, a nostro parere, l'auspicio che fosse l'Europa a dare una risposta coordinata e adeguata non si è avverato. L'intervento dell'Europa, sia sul piano legislativo, sia sul piano del sostegno finanziario agli Stati in difficoltà, è arrivato in tempi e modi piuttosto tardivi, senza un approccio organico, adottando misure che spesso sono risultate inadeguate.
In altri termini, le misure adottate, prima che rispondere a un disegno strategico coerente, sembrano essere state imposte dal continuo peggioramento della situazione e dai rischi gravissimi cui l'intera area dell'euro è stata esposta. È innegabile che l'assenza di questa posizione netta e ferma dell'intera Unione abbia favorito la speculazione dei mercati finanziari internazionali e anche un Paese come il nostro, che ha fondamentali economici


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accettabili e che costituisce la seconda o la terza potenza industriale dell'Unione, è in balìa di manovre speculative e di agenzie di rating.
Naturalmente non intendo accusare la Commissione europea, ma è evidente che le istituzioni comuni sono state influenzate forse in maniera eccessiva dalle pretese di alcuni Stati, che hanno fatto dipendere le sorti dell'area dell'euro e forse dell'intera Unione da calcoli legati alle politiche economiche.
Vengo alle domande, Commissario Rehn. La prima concerne gli stability bond. Lei ricorderà che ne abbiamo parlato in questa sede nella sua ultima audizione. Allora si chiamavano eurobond. Mi auguro che il cambio di denominazione non abbia prodotto anche il cambio di una visione interna al discorso. In ogni caso ne prendiamo atto. Mi domando perché sia passato un anno per avere un Libro verde che tratti questo argomento.
A proposito di questo Libro verde, tenuto conto che la Commissione ha presentato il 23 novembre scorso questo testo e che ha dato tempo fino all'8 gennaio 2012 per la consultazione con gli Stati membri e con gli operatori di mercato, le chiedo, innanzitutto, quali siano le prime reazioni ricevute o percepite dalla Commissione. Ci preoccupa, infatti, al riguardo, per esprimermi con molta franchezza, l'opposizione quasi pregiudiziale di alcuni Stati membri persino verso opzioni meno incisive prospettate dalla Commissione.
La seconda domanda è molto più diretta. Mi interesserebbe conoscere - ammesso che le proposte presentate mercoledì scorso saranno poi approvate - il suo parere in merito alla loro idoneità a bloccare le tensioni dei mercati finanziari e alla eventualità che rimanga irrisolta la questione del disallineamento tra una politica monetaria federale e la politica economica coordinata in modo debole.
Le chiedo, infine, se non sarebbe opportuno avviare una riflessione su una riforma dei Trattati che trasformi - e questo è anche un auspicio - la sua carica in quella di un vero e proprio ministro europeo dell'economia, attribuendo poteri di coordinamento vincolanti all'Eurogruppo e all'Ecofin con il coinvolgimento del Parlamento europeo.
La ringrazio per la sua attenzione.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni. Vi prego di essere «europei» nella tempistica dei vostri interventi. Saranno concessi al massimo due o tre minuti per oratore.

LINO DUILIO. Grazie. Ho chiesto al presidente la cortesia di farmi intervenire per primo, perché a causa di precedenti impegni non potrò assistere all'intera audizione. Mi scuso per questo fatto e ringrazio il presidente.
Commissario Rehn, lei ha affermato che la crisi si sta estendendo ai Paesi cosiddetti core e che, quindi, non si tratta di una crisi che riguarda solamente i Paesi in difficoltà. Ciò mette in evidenza anche sul piano economico che si tratta di un problema sistemico e, quindi, credo che concorra o che almeno dovrebbe concorrere a far crescere la consapevolezza che noi abbiamo introdotto una moneta, l'euro, come sappiamo, in una situazione rovesciata rispetto a ciò che è accaduto storicamente: nel nostro caso non c'è un vero e proprio Stato, né una banca centrale analoga a quella presente nei singoli Stati che normalmente interviene in determinate situazioni, ragion per cui io credo che noi dovremmo agire come se ci fosse uno Stato, come se ci fosse una banca con tali caratteristiche e attivare i meccanismi che conosciamo.
Passo alla domanda: dando per scontato che ogni Paese deve fare la sua parte, in particolare quelli che sono più esposti in ragione dei propri conti, sul piano pratico - è una domanda puntuale - perché il Fondo europeo di stabilità finanziaria, che potrebbe intervenire e spendere fino a circa 450 miliardi di euro, non ha speso quasi nulla, cioè ha speso solo 13-14 miliardi di euro, e nessuno lo ha sollecitato a fare di più? Se non si autorizza la Banca centrale europea a


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compiere altre operazioni a valere sulle risorse di questo fondo, non crede che sia il caso di trasformare tale fondo in una banca, con tutto ciò che ne consegue?

NICOLA FORMICHELLA. Commissario Rehn, svolgo una riflessione e pongo tre rapide domande.
Io sono convinto, come sosteneva il presidente Pescante poco fa, che l'impatto della crisi sull'area dell'euro discenda sicuramente da problemi strutturali di alcuni Stati membri, ma anche e soprattutto che sia frutto di una reazione tardiva e inadeguata dell'Unione, come altri colleghi sicuramente affermeranno dopo di me.
Le chiedo se, secondo lei, saranno sufficienti i meccanismi di monitoraggio preventivo sui bilanci nazionali, che pongono numerosi interrogativi in termini di sovranità nazionale.
La chiedo, inoltre, se non sarebbe, invece, necessario procedere alla revisione dei Trattati per costruire un governo dell'Europa vero e democratico, ponendo finalmente termine alle pretese di alcuni Stati membri di voler dirigere l'Europa da soli.
La terza non è una domanda, ma è più che altro una considerazione. Io credo che tanti giovani italiani si pongano la domanda del perché ci sia molta disoccupazione in Italia rispetto all'Austria o alla Danimarca, però per dare una risposta bisognerebbe guardare come in alcune regioni italiane, in particolare nel sud, siano stati realizzati gli investimenti a valere sulle risorse dei fondi europei per la formazione. In tal modo capiremmo anche perché ci sia tanta disoccupazione e poca formazione.

ROCCO BUTTIGLIONE. Prima di tutto rivolgo un cordiale benvenuto al Commissario Rehn. Lei sa quanto sono cordiali i rapporti fra Finlandia e Italia. Le consiglio, anzi, una gita al Gianicolo, perché c'è un statua dedicata a un finlandese, Herman Liikanen, venuto in Italia a combattere per l'indipendenza del nostro Paese al tempo della spedizione dei Mille.
Le pongo alcune domande. Lei pensa che la Banca centrale europea debba diventare un prestatore in ultima istanza, come, per esempio, la Federal Reserve americana? È la tesi sostenuta, per esempio, dalla Francia.
Lei pensa che debbano esserci una politica fiscale comune, una politica della competitività comune, un controllo rafforzato sui bilanci dei singoli Paesi e anche procedure di fallimento ordinato per i Paesi che non riescano a far fronte ai loro debiti, come sostiene una buona parte dell'opinione tedesca?
Che cosa pensa della proposta di mediazione italiana che prevede che vadano compiute entrambe le operazioni, ossia creare le condizioni perché o la Banca centrale europea o il cosiddetto fondo «salva Stati» abbiano munizioni a sufficienza per contrastare qualunque attacco speculativo e preservarci dalla speculazione, ma anche creare, per i Paesi sulla cui solvibilità esistano non attacchi speculativi ma dubbi ragionevoli, le condizioni per un fallimento ordinato con il minimo di danno per loro e per gli altri Paesi?
A proposito, non crede che occorra proibire l'accensione di derivati per rischio altrui? Nel caso della Grecia noi stiamo guidando un fallimento ordinato, ma la parola «fallimento» non si può usare, perché su di essa si innesca il sistema dei derivati, di cui nessuno conosce esattamente l'ammontare e che sono spesso meramente speculativi.
A proposito di speculazione, la tassa sulle transazioni bancarie è una buona idea, di cui da molto tempo si va parlando, e che mi sembra riscuotere un consenso crescente. Vorrei sapere a che punto è la discussione in merito all'introduzione di tale tassa. Ritengo che tale tassa toglierebbe forza ai movimenti speculativi.
Stiamo discutendo su come dotare la Banca centrale europea o altra istituzione di munizioni sufficienti a bloccare gli attacchi speculativi, ma non sarebbe male anche domandarsi come si possano togliere munizioni agli attacchi speculativi. Certamente il divieto di derivati per rischio altrui e la tassa sulle transazioni bancarie sortirebbero tale effetto.


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In merito alla riforma dei Trattati, siete consapevoli del fatto che oggi ci muoviamo al limite della legalità dell'Unione europea? La Banca centrale europea non dovrebbe comprare titoli degli Stati membri. Può intervenire sul mercato secondario, ma non sul mercato primario. Quando la Banca centrale europea assicura una banca che riacquisterà i titoli che quella banca compra alle aste dei buoni del tesoro, non è sostanzialmente la stessa questione? Non dovremmo ripensare questo aspetto della normativa?
Io ho colto - non è una domanda, ma un apprezzamento - molto bene l'accento che lei ha posto sulla produttività. Noi dobbiamo bloccare la speculazione, ma al di là di essa, il nostro vero problema è la produttività. Se non riusciamo a mettere in movimento la nostra produttività, è evidente che non riusciremo a stare tutti nella stessa area monetaria. Per tali ragioni, se dobbiamo darci una politica economica comune con le caratteristiche descritte prima, non crede che servirebbe un messaggio politico forte, ossia quello di riprendere l'idea dell'unità politica dell'Europa, rilanciando la parola d'ordine: «Stati Uniti d'Europa»?

PRESIDENTE. Ci fermiamo ora con il primo ciclo di domande per dare la possibilità al Commissario Rehn di rispondere. Ci sarà poi la possibilità di ulteriori interventi da parte dei membri delle Commissioni.
Do la parola al Commissario Rehn per la replica.

OLLI REHN, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Grazie, presidente e onorevoli parlamentari, per le vostre considerazioni e domande.
Inizio dalle domande sollevate dall'onorevole Pescante e ribadisco in proposito il nostro impegno a lavorare in stretta collaborazione e di concerto con i Parlamenti nazionali e segnatamente con il Parlamento italiano. Siamo nella stessa barca e dobbiamo lavorare insieme per superare la grave crisi che sta imperversando in Europa.
Lei ha sollevato un interrogativo molto diretto sugli eurobond, sulle prime reazioni e sul fatto se esistano opposizioni agli eurobond. In termini ottimistici potrei rispondere che c'è un'ampia varietà di posizioni o che c'è una certa opposizione, ma, avendo passato martedì a Berlino e ieri, giovedì, a Helsinki a predicare le politiche europee, le riferisco che c'è una forte opposizione agli eurobond. Sono ancora vivo e su questo aspetto non ci sono problemi.
In toni più seri, abbiamo avuto un utile scambio di vedute al Congresso annuale della Confindustria tedesca con 2 mila imprenditori e datori di lavoro. Esiste un certo scetticismo. Serviranno forti sforzi prima che l'opinione pubblica tedesca o di altri Paesi possa essere convinta dei vantaggi degli eurobond.
Vorrei fornirvi ora alcuni elementi di scenario e di contesto. Quando la crisi del debito sovrano è esplosa, nell'inverno e nella primavera del 2010, e poi con i provvedimenti adottati in Grecia all'inizio del mese di maggio, si sono verificati un'altra impennata dei tassi di interesse e un allargamento degli spread e si è tenuto anche un altro vertice europeo che ha dato alla Commissione il mandato di preparare uno strumento per la stabilità finanziaria.
Noi siamo andati di sabato alle otto di mattina nei nostri uffici, abbiamo lavorato per trentasei ore e abbiamo presentato una proposta su un meccanismo di stabilità finanziaria europeo il 9 maggio, giorno di Schumann, del 2010, in modo che ci fosse uno strumento comunitario non intergovernativo, che avesse due componenti: da un lato, esso avrebbe utilizzato ciò che rimaneva del bilancio dell'Unione fino a 60 miliardi di euro e poi si sarebbe basato su garanzie in solido.
Che cos'è successo? La prima parte è stata adottata ed è quella comunitaria del Fondo di stabilità, l'FSM, mentre la seconda parte non è stata adottata, perché per molti Stati membri assomigliava troppo agli eurobond, proprio in virtù di tali garanzie erogate in solido.
Durante la notte, prima dell'apertura dei mercati, abbiamo dovuto inventare il


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veicolo special purpose, a finalità speciali, che è diventato il Fondo di stabilità finanziaria, uno strumento intergovernativo che, in realtà, non è la soluzione ottimale, ma che comunque ha erogato un'assistenza finanziaria importante nell'ultimo anno e mezzo.
Abbiamo già provato una volta, dunque, e ora effettuiamo un altro tentativo. In essenza, e questa potrebbe essere la sintesi della mia risposta, sulla base dei miei contatti e delle discussioni con politici tedeschi, olandesi, finlandesi e di altri Stati membri, le precondizioni per una mossa seria verso gli stability bond o gli eurobond sarebbero un rafforzamento ulteriore della governance economica nel senso di una maggiore e più profonda integrazione economica e unione fiscale di bilancio.
Ciò si ricollega alla proposta della Commissione di rafforzare la governance economica, nonché alle prospettive di avviare una nuova revisione dei trattati, sia in ordine al rafforzamento della governance economica, sia per quanto riguarda gli strumenti di stabilità. Sono questioni interconnesse e attendo con ansia quanto comunicherà il Primo Ministro Monti oggi pomeriggio, in esito al colloquio tripartito di Strasburgo di ieri, perché sicuramente questo tema era all'ordine del giorno.
In secondo luogo, per quanto riguarda l'adeguatezza delle proposte di mercoledì e delle decisioni di ottobre, si tratta di elementi essenziali e necessari per iniziare a calmare i mercati e avviare la ripresa economica e dell'occupazione. Non sono sufficienti e per questo motivo debbono essere attuati in maniera incisiva, ma dobbiamo anche lavorare giorno e notte per produrre una risposta ancora più convincente. Comunque la roadmap è una tessera importantissima, sempre nell'ottica di mitigare la crisi. Al tempo stesso, non ci possiamo accontentare e dobbiamo muoverci verso decisioni più ambiziose e ampie.
In terzo luogo, se dovessimo avviare una revisione del trattato o andare verso un ministero delle finanze dell'Unione europea, l'unione di bilancio, io ho una mia opinione personale, che mi piacerebbe senz'altro condividere con voi, ma oggi e per altri dieci giorni sono vincolato alle mie responsabilità istituzionali.
Il Presidente Van Rompuy, insieme a Barroso e Juncker, presenterà una proposta per il Consiglio europeo del 9 dicembre. Francamente, c'è talmente tanta carne al fuoco che non voglio inserire un elemento di confusione nel dibattito, introducendo opinioni che non rientreranno magari nel documento per il 9 dicembre.
Nell'ottica della Commissione è importante utilizzare tutto il margine di manovra disponibile nell'attuale quadro normativo dei Trattati vigenti per rafforzare quanto più possibile la governance economica e creare un'autentica unione economica che integri la già forte attuale unione monetaria. Al tempo stesso, non escludiamo ulteriori modifiche ai Trattati, ma, per procedere in maniera ordinata, prima discutiamo del merito delle questioni e delle esigenze sostanziali che giustificherebbero una modifica del trattato e poi vediamo quale sarà il percorso più saggio.
Se dovessimo imboccare questa strada, dovremmo concentrarci comunque sulle questioni e sulle problematiche che sono realmente pertinenti al superamento della crisi attuale e poi, solo in un secondo momento, aprire un dibattito più ampio e meno immediato sugli orientamenti futuri politici dell'Europa per garantire a un tempo un processo decisionale efficace e responsabilità democratica. All'inizio occorrono modifiche limitate e puntuali ai Trattati, rivolte unicamente a contrastare la crisi, e, in seguito, si tratta di avviare un dibattito più ampio e non d'urgenza per quanto riguarda la dimensione della responsabilità democratica.
È stata posta una domanda sul Fondo di stabilità dall'onorevole Duilio, sul fatto che non sia stato utilizzato appieno. Sul Fondo di stabilità vi ho già in parte riferito. Ricorderete il potenziale di circa 450-500 miliardi di euro, di cui 250, la metà, proviene dal Fondo monetario internazionale. In realtà, sono 750 miliardi, anche senza pensare alla decisione delle prossime settimane. Di questi lo strumento


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comunitario di 60 miliardi è utilizzato abbastanza, perché 40-50 miliardi sono stati impiegati. Il fondo è stato, dunque, ben utilizzato. Ci sono ancora 10-15 miliardi di margine, che sarebbero però un po' ininfluenti, vista l'entità della crisi.
Nel comparto intergovernativo del Fondo di stabilità, invece, 45 miliardi sono stati impegnati finora per l'Irlanda e per il Portogallo. Sono previsti poi prestiti di 15 miliardi di euro. Oltre a questi, 109 miliardi sono stati impegnati per la seconda tranche del programma per la Grecia. Abbiamo più o meno 160 miliardi di euro impegnati complessivamente rispetto alla dotazione del Fondo di stabilità e, quindi, ancora alcune munizioni che possono essere ben utilizzate, anzi un pochino incrementate.
La questione dei firewall finanziari, delle paratie, sarebbe di grande aiuto per far avanzare il meccanismo di stabilità e aumentare anche la capacità di erogazione dei prestiti del Fondo di stabilità, dell'FSS.
È stata posta poi una domanda relativa all'adeguatezza di questi meccanismi preventivi. Rinvio alla mia risposta precedente, inerente la revisione dei Trattati. Come possiamo evitare i direttori a due?
Il Presidente Buttiglione ha posto alcune domande sul ruolo della BCE e su una politica fiscale comune, nonché alcune questioni relative alla supervisione finanziaria, alla vigilanza.
Inizio dai meccanismi di prevenzione. Va precisato che dal 13 dicembre avremo un quadro più chiaro, perché essi entreranno in vigore fra due settimane. Abbiamo già, in via preventiva, lanciato un preallarme, un early warning, in uno spirito di fair play, a cinque Stati membri, tra cui il Belgio, avvisando che noi ci avvarremo del nuovo strumento dal primo giorno dell'entrata in vigore, laddove il Belgio non avesse per tale data un bilancio conforme agli obiettivi finanziari per il 2012.
Lo sforzo e il ritiro di Elio Di Rupo non hanno facilitato la situazione, ma è giunto il momento che questo Paese, che da 500 giorni non ha un Governo politico, prenda le cose sul serio, formi un Governo e assuma decisioni che garantiscano la conformità e il rispetto delle regole concordate e il raggiungimento degli obiettivi di bilancio. Si vedrà tra breve che cosa accadrà. Le proposte di mercoledì rappresentano un passo nella stessa direzione.
La questione dei direttori è importante e l'Italia è uno dei Paesi maggiormente impegnati tradizionalmente a sostenere il metodo comunitario, che fa funzionare e produce risultati a livello comunitario. Noi siamo dello stesso avviso: l'Europa va costruita sulla base del metodo comunitario ed è per questo motivo che non possiamo fare affidamento esclusivo sui direttori a due o a più Paesi. Sempre per questo motivo è importante che nella prossima fase di rafforzamento della governance economica e nella costruzione di un'unione economica sempre più stretta, creando strumenti di governance e di stabilità, tutto ciò debba essere compiuto con il metodo comunitario, come sostenuto nelle proposte della Commissione ai sensi dell'articolo 136. La sorveglianza economica, che è elemento e competenza fondamentale dell'Unione europea, verrebbe ancorata e legata fermamente al metodo comunitario.
Vengo al ruolo della Banca centrale europea e alle domande del Presidente Buttiglione. La BCE ha svolto un ruolo fondamentale e più ampio nel cercare di spegnere l'incendio sui mercati finanziari, garantendo la stabilità dei prezzi con una rigidissima e fermissima determinazione e ha contribuito a salvaguardare la stabilità finanziaria nel quadro dei Trattati.
Ha operato, dunque, con grande fermezza, adottando misure anche non convenzionali, che sono state adeguate e anche ben congegnate. Io immagino che il Consiglio della BCE avrà il coraggio di continuare a svolgere un ruolo di sostanza anche in futuro, perché è necessario assicurarlo, a prescindere dalla velocità e dal vigore del rafforzamento dell'FSS, del Fondo di stabilità, oppure dall'introduzione del meccanismo di stabilità o degli stability bond.
Per quanto riguarda le questioni di bilancio, ho già risposto. Nell'ambito della


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riforma finanziaria noi siamo favorevoli a una riforma molto incisiva, che è molto avanzata. Il collega Barnier sta svolgendo un ruolo molto positivo.
Alla proposta sulla tassazione delle operazioni finanziarie noi siamo favorevoli, vorremmo avere un accordo a livello globale e auspichiamo che almeno i 27 Paesi dell'Unione dovrebbero approvare tale tassazione. Se ciò non avviene, almeno i Paesi dell'area dell'euro dovrebbero cercare di compiere un passo avanti sulla tassazione delle operazioni finanziarie.
Da ultimo, lei ha parlato di un garibaldino, Liikanen, la cui statua è su uno dei sette colli. Questo nome è molto noto nel mio Paese, perché è l'antenato, il prozio di Erkki Liikanen, il governatore della Banca centrale finlandese, il mio superiore principale. Sono stato suo Capo di Gabinetto e due anni fa l'ho portato a questa statua. Liikanen viene dalla mia città, ma le sue origini dimostrano che anche noi nel nostro passato abbiamo dato un contributo al futuro dell'Italia.

PRESIDENTE. Do la parola agli altri colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

RENATO CAMBURSANO. Ringrazio il Vicepresidente della Commissione europea Rehn. Lei ha affermato che l'Europa va costruita col metodo comunitario. Come non essere d'accordo? Voglio ricordare, però, che proprio ieri non c'è stata una grande risposta da parte dei tre Paesi che sono convenuti a Strasburgo. Anzi, mi pare proprio di poter affermare che, mentre il presidente della Commissione europea annunciava l'avvio delle procedure per l'attivazione degli stability bond, da parte della cancelliera tedesca Angela Merkel ci sia stato un netto rifiuto rispetto a questa proposta, tanto che proprio oggi uno dei giornali tedeschi più diffusi, se non il più diffuso, parla di «scontro senza precedenti» tra il presidente della Commissione europea e la cancelliera tedesca.
Intanto, però, l'euro e l'Europa stanno collassando. Proprio ieri l'altro, nell'Aula della Camera dei deputati, si è discusso, come ricordava il presidente Giorgetti, della costituzionalizzazione del principio del pareggio di bilancio. Anche in quell'occasione ho ricordato la necessità di un'authority indipendente anche nel nostro Paese affermando che per salvare l'euro dal collasso e l'Europa dall'emarginazione si deve escogitare un radicale trasferimento dei poteri dai singoli Stati all'Unione europea.
Le chiedo di quale Europa stiamo discutendo: quella rappresentata dalla Commissione, che è una struttura di servizio, secondo la mia definizione, o quella rappresentata dal Consiglio europeo, ossia dai Capi di Stato e di Governo degli Stati membri, non certamente un organo intergovernativo, come lei ha ripetuto più volte? Dovrebbe essere rappresentata dall'Europarlamento eletto democraticamente, ma sappiamo che l'Europarlamento non ha specifiche competenze di dettaglio in materia fiscale o finanziaria.
Le chiedo, inoltre chi sarebbe il sovrano dell'Unione fiscale. Chi commina le sanzioni? Un organo terzo rispetto agli organi eletti democraticamente, ricollegandomi alla domanda che ho posto prima? Queste non sono questioni indipendenti o secondarie.
Passo al secondo problema. Circa un anno fa, il 10 dicembre 2010, parlando dell'Italia, lei affermava che le previsioni indicavano che - leggo testualmente - «l'Italia dovrebbe tornare a tassi di crescita precedenti alla crisi sicuramente nel 2012 e forse già anche nel 2011».
Convengo con lei sulla questione del numeratore della frazione, cioè del debito, che doveva essere ridotto, risultato che per le situazioni connesse alla crisi non si è potuto ottenere. Sicuramente non è stato fatto crescere il denominatore. Qual è la ragione che ha fatto sì che tali previsioni fossero disattese? Vorremmo capirlo anche noi.
Passo alla terza e ultima domanda. È stato ricordato dal Presidente Buttiglione, e lo sappiamo tutti, che la BCE non è un prestatore di ultima istanza, come lo è, invece, la Federal Reserve. L'articolo 23 dello statuto della Banca centrale europea


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consente di prestare denaro a Paesi terzi rispetto all'Unione europea o a organismi internazionali. Si pensa addirittura di prestare denaro al Fondo monetario internazionale perché lo destini ai Paesi in difficoltà, come lo è sicuramente l'Italia in questo momento. Che cosa ne pensa in merito a tale eventualità?

MASSIMO POLLEDRI. Anch'io ringrazio il Commissario Rehn, che peraltro proviene da una bellissima terra.
L'Europa è sotto attacco e il «fortino Italia» è gravemente attaccato. Ci sono arrivate parecchie lettere dalla BCE, che forse non funzionerà come banca, ma come ufficio postale con l'Italia ha funzionato con una regolarità incredibile.
Ci veniva chiesto, mentre eravamo sempre sotto assedio, di sistemare bene le strade, di mettere in ordine, magari di ridurre le riserve d'acqua. In fondo l'abbiamo fatto, abbiamo svolto il nostro compito, perché in due settimane abbiamo varato una manovra da 250 miliardi di euro, abbiamo un rapporto fra il deficit e il PIL del 4,6 per cento contro il 4,3 per cento della Francia e raggiungeremo nel 2013 il pareggio di bilancio. Ricordo che la Francia ha, invece, un deficit del 7,1 per cento. Abbiamo, quindi, svolto tutti i nostri compitini. Ne faremo anche di meglio, per carità, però continuano ad arrivare le frecce e i massi e vorremmo sapere chi ci dà una mano.
Io vedo che dall'Europa non sempre arriva un aiuto e porto un esempio. La Grecia, su cui si è intervenuti con un ritardo enorme, ha una rilevanza economica analoga alla provincia di Vicenza. Siamo stati bravissimi a non prendere decisioni.
In merito alla ricapitalizzazione bancaria, le banche degli altri Paesi sono piene di fondi spazzatura, dei cosiddetti subprime e di altri strumenti finanziari, mentre è stato affermato che i nostri titoli sovrani impongono una ricapitalizzazione di 14 miliardi di euro. Non solo dall'Europa non ci viene una mano, ma viene aperto un pertugio per poterci danneggiare. Nello scorso luglio, infatti, i primi a mettere sul mercato i nostri titoli sovrani sono stati i tedeschi. La Deutsche Bank si è liberata di un po' di bond italiani e non credo che ci abbia fatto un gran piacere.
Passo alla domanda che voglio rivolgerle. Vogliamo ripensare alla nostra posizione sulla ricapitalizzazione bancaria? Vogliamo evitare l'imposizione di un'ulteriore tassa di 14 miliardi di euro in un momento in cui nessuno presta più un euro al sistema produttivo?
In secondo luogo, quella del 2007 e del 2008 è stata una crisi dovuta al rapporto tra responsabilità e rischio. Mentre in passato il sistema finanziario li univa, ci siamo inventati, anche con la collaborazione di premi Nobel, i cosiddetti hedge fund e i citati subprime, che alla fine, come una serie di assegni a vuoto, sono stati pagati dagli Stati Uniti, i quali fortunatamente possono stampare moneta, ma il problema è generale.
Gli Stati Uniti non hanno compiuto alcuna operazione verità e non l'hanno fatto neanche altri negli organismi trilaterali. Le chiedo se l'Europa voglia compiere un'operazione verità che possa, come sosteneva anche il collega Buttiglione, fare luce sulla speculazione in atto sul debito sovrano. Questa è la seconda domanda.
La terza domanda riguarda i tempi. Visto che siamo chiaramente sotto attacco, l'idea di dover aspettare la modifica dei Trattati non ci fa molto piacere. Le lettere arrivano con la velocità della luce, ma dalla Banca centrale europea, visto che esiste una moneta unica, abbiamo bisogno di maggiori interventi. Abbiamo elaborato bellissimi programmi: la strategia di Lisbona e la strategia Europa 2020 rappresentano delle ottime iniziative corredate da bellissimi scenari; con il protocollo di Kyoto ci siamo, invece, dati la zappa sui piedi e ci costerà 8 miliardi di euro, a meno che al prossimo vertice sul cambiamento climatico non si incominci ad affermare che il cambio climatico non c'è e che, quindi, tutti i lacci e laccioli che sono stati imposti verranno meno. Non potremmo incominciare a considerare un


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ruolo diverso della Banca centrale europea, come è stato chiesto, e in tempi più rapidi?

FRANCESCA MARIA MARINARO. Grazie, presidente. Anch'io ringrazio il Commissario Rehn, il cui intervento, peraltro, si colloca in una settimana caratterizzata da intensi rapporti tra il nostro Paese e le istituzioni europee. Ieri abbiamo avuto il piacere anche di confrontarci con il Commissario europeo per il mercato interno ed i servizi, Michel Barnier. Questo incontro è, quindi, importante e va nella direzione da lei auspicata di responsabilizzare sempre di più i Parlamenti nazionali non solo rispetto alla situazione italiana, ma anche in relazione agli impegni comuni a livello europeo, quelli che abbiamo in atto e quelli futuri.
A me interessa molto il fatto che in questi ultimi tempi la Commissione sia ritornata a essere il motore del «metodo comunitario». In questo senso la domanda che le pongo e che mi pongo riguarda proprio il «metodo comunitario». Anche per effetto di una eventuale maggiore cessione di sovranità da parte degli Stati membri, occorre che venga chiarito il grado di democratizzazione che tale metodo richiede, non solo a livello nazionale, ma soprattutto a livello europeo.
Dovendoci confrontare con una situazione peculiare che riguarda l'Europa, che è quella di avere una moneta unica per diciassette Stati e non per altri dieci: che cosa comporta tutto ciò anche rispetto alle prossime decisioni che saranno assunte? Bisognerà rafforzare o no l'Eurozona, proprio per fare in modo che la moneta unica abbia la stabilità necessaria per far fronte all'emergenza attuale e per costruire la governance economica di cui tutti sentiamo la necessità? Io penso che la Commissione abbia fatto bene a prevedere un intervento in due tempi, vale a dire il tempo dell'emergenza e il tempo della costruzione futura rispetto alla revisione dei Trattati, però si tratta di un problema di cessione di sovranità e di rispetto della democrazia che sicuramente ci riguarda anche in questa fase di emergenza.
Esso ci riguarda anche rispetto al capitolo delle sanzioni. Concordo sul fatto che, quando si stabiliscono alcune regole, ognuno deve essere responsabile e sottostare alle regole comuni. Anche le sanzioni, però, devono rientrare in un quadro di democrazia riconosciuta. Qual è l'organo che alla fine interviene e definisce le sanzioni? Rientra nell'attuale disciplina sanzionatoria che fa capo alla Commissione, che noi conosciamo, oppure si prevede un'altra istanza? Anche in questo senso, di che tipo di sanzioni si tratta?

MARCO CAUSI. Commissario Rehn, alcune settimane fa l'ex presidente della Commissione europea, Jacques Delors, ha sostenuto che gli Stati europei devono attuare il rigore fiscale e che l'Unione europea deve pensare alla crescita.
Per quanto riguarda il Partito Democratico, voglio farle sapere che le misure in materia di rigore e di riforme strutturali che il Governo Monti presenterà al Parlamento italiano, in un quadro di equità, troveranno il nostro pieno e convinto sostegno.
Stiamo anche lavorando per introdurre nell'ambito della modifica costituzionale cui ha fatto cenno il presidente Giorgetti un'autorità fiscale indipendente, che risponda ai requisiti della direttiva 2011/85/UE del Consiglio, dell'8 novembre 2011, relativa ai quadri di bilancio degli Stati membri e stiamo conferendo a tale autorità un legame con il Parlamento, secondo il modello del Congressional Budget Office. Volevo cogliere l'occasione della sua presenza per avere un suo parere in merito.
D'altra parte, come ci ha ricordato Jacques Delors, l'Unione europea deve pensare alla crescita. Mi permetta di rilevare che, secondo il nostro parere, invece, l'agenda europea per la crescita ci sembra ancora debole e da rafforzare.
Noi riteniamo, per esempio, che strumenti come gli eurobond, siano utili non solo sul versante della stabilità, ma anche su quello del sostegno alla crescita e siamo preoccupati del fatto che la discussione europea, sia quella intergovernativa, sia quella che si svolge nei singoli Paesi, non


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colga un elemento molto importante, cioè l'attuale squilibrio interno all'Europa fra Paesi che registrano un disavanzo nella bilancia dei pagamenti, e Paesi che registrano un avanzo. Noi riteniamo che le politiche richieste ai Paesi che hanno forti disavanzi debbano essere diverse da quelle richieste ai Paesi che sono, invece, in avanzo.
Rischieremmo, altrimenti, di far somigliare il funzionamento dell'euro al vecchio gold standard degli anni Venti e Trenta e, come ha espresso molto bene sullo Spiegel dell'altro ieri Wolfgang Munchau, è un argomento importante da usare nei confronti dell'opinione pubblica tedesca: la paura della Germania nei confronti della flessibilità monetaria non dipende dall'iperinflazione degli anni Venti. Il Nazismo è arrivato in Germania non a causa dell'iperinflazione degli anni Venti, ma dell'eccesso di risposta deflattiva all'iperinflazione, dell'eccesso dei pagamenti di guerra e del mancato funzionamento del gold standard dopo la grande depressione. È di questo che i tedeschi devono aver paura, non dell'inflazione.
Infine, con riferimento ad un altro aspetto della nostra discussione, le domando quale credibilità possa avere un'area monetaria che non sembra in grado di controllare i tassi di interesse sui principali asset denominati in quella valuta. Questo, Commissario, è un problema anche per i Paesi a basso debito, non solo per quelli ad alto debito.

SANDRO GOZI. Innanzitutto, Commissario Rehn, mi associo alla domanda che le ha posto l'onorevole Cambursano. Un anno fa fui io a chiederle le ragioni e a esprimere le preoccupazioni della discrepanza tra le previsioni di crescita del Governo italiano e della Commissione europea. Avrei voluto sbagliarmi, ma, purtroppo, si è sbagliato chi ha dato la risposta in quell'occasione e vorrei sapere come lei spiega il peggioramento delle prospettive di crescita dell'Italia.
Il secondo punto è la questione della crescita. Nelle proposte della Commissione in materia di attuazione della governance illustrate mercoledì scorso mi sembra che si ponga ancora più l'accento sulla necessità di un controllo sempre più stringente delle finanze pubbliche, che credo sia una condizione necessaria, ma non sufficiente, se non si fa qualcosa di più per porre in essere un minimo di coordinamento reale delle politiche economiche.
Lo rilevo leggendo i vostri documenti, perché nella vostra indagine annuale sulla crescita, riferendovi al semestre europeo del 2011, voi facevate riferimento giustamente a un inizio di consolidamento positivo delle finanze pubbliche, mentre indicavate come problema fondamentale comune in Europa la bassissima crescita. Mi chiedo come mai la Commissione europea non avanzi proposte per iniziative di crescita in parallelo alle nuove iniziative, che condivido, di rafforzamento della sorveglianza in questo momento. Mi chiedo e le chiedo, Commissario, se i Trattati rappresentano degli ostacoli.
Ciò mi porta a concludere, ponendo la questione della revisione dei Trattati, che, in parte necessaria, mi sembra però mal posta dai Governi. Credo che dalla Commissione e da Herman Van Rompuy ci aspetteremmo un approccio pragmatico.
Cercate di farci capire quali sono le riforme su cui tutti sono d'accordo per una vera politica economica comune, vediamo quali di queste riforme sono attuabili modificando il Trattato di Lisbona, senza rimandare a una revisione dei Trattati e concentriamo l'eventuale revisione dei Trattati solo sulle misure volte a rafforzare la politica economica comune che non sono attualmente permesse dal Trattato di Lisbona.
Finora la Commissione europea non ha esplicitato tale approccio, ma auspico che, in vista del prossimo 9 dicembre, questo sia l'approccio della Commissione e del Presidente del Consiglio europeo. Se non è così, vorrei capire da lei se ci può anticipare quale sarà la posizione della Commissione in merito.

PRESIDENTE. Abbiamo concluso il secondo ciclo di interventi. Do la parola al Commissario Rehn per la replica.


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OLLI REHN, Vicepresidente della Commissione europea e Commissario europeo per gli affari economici e monetari. Per quanto riguarda la domanda relativa agli eurobond e la dichiarazione della cancelliera Merkel, lei parla per se stessa ed esprime la sua posizione. Non posso commentare le dichiarazioni della cancelliera o di altri Capi di Governo europei.
La Germania senz'altro è uno Stato membro molto importante e, quindi, ha un ruolo fondamentale nelle decisioni europee, ma non decide da solo. Per quanto riguarda l'unione fiscale, il Governo tedesco avrà il piacere di negoziare con gli altri 26 Stati membri dell'Unione europea o con gli altri 16 Stati membri della zona dell'euro, nonché con la Commissione. Io credo e mi sento quasi di scommettere che saranno numerosi gli elementi.
Per esempio, la Commissione vorrebbe inserire alcuni punti e gli Stati membri vorrebbero inserirne altri all'ordine del giorno, quando sarà il momento di decidere in ordine all'unione economica sempre più stretta o all'unione fiscale europea. Il pacchetto sarà un po' più ampio, con un bilanciamento: da un lato, una governance economica più forte e, dall'altro, strumenti di stabilità finanziaria più solidi.
Per quanto riguarda la domanda sulle sanzioni e su chi le commina, domanda riecheggiata dalla senatrice Marinaro, la risposta è chiara. Nella normativa articolata in sei punti per il rafforzamento della governance economica che entrerà in vigore il 13 dicembre, la Commissione, sulla base dei Trattati, se un Paese devia da una politica di bilancio prudente, potrà proporre sanzioni con il Consiglio, che poi deciderà. Questa è la parte preventiva del patto. Si tratta di una maggioranza semplice rovesciata. È una questione molto complessa e non è colpa mia. La maggioranza è, invece, diversa per la parte correttiva.
Oggi 23 Stati membri dell'Unione e 14 dei 17 Stati dell'area dell'euro sono nella fase correttiva, ragion per cui per la maggioranza degli Stati membri - prendiamo l'esempio del Belgio - come si presenta la decisione? Se il Belgio non corregge il proprio disavanzo di bilancio per l'anno prossimo, la Commissione è legata al proprio obbligo di presentare una proposta al Consiglio e il Consiglio, a quel punto, adotterebbe la proposta di sanzioni finanziarie, tranne nel caso in cui non ci sia una maggioranza qualificata contro la proposta della Commissione.
Sarebbe molto difficile ripetere quella che è stata una diluizione delle decisioni sulle sanzioni, come è avvenuto, per esempio, nel 2003-2004 in ordine alla procedura per il disavanzo eccessivo tra Germania e Francia, con il sostegno della presidenza italiana. Ci fu allora un accordo politico tra Germania e Francia, con il sostegno dell'Italia. Noi dobbiamo bloccare questo tipo di accordi informali per avere un sistema di governance basato sulle regole.
Per quanto riguarda il ruolo della BCE, ci sono state diverse domande. Una, per esempio, ha parlato dell'efficienza dei collegamenti postali e di eventuali cambiamenti del Trattato. Gli articoli del Trattato che disciplinano la Banca centrale non costituiscono ostacolo a un ruolo incisivo della BCE stessa nel salvaguardare la stabilità finanziaria, laddove il Consiglio dei governatori decida in questo senso. L'articolo del Trattato recita che è compito prioritario della BCE garantire la stabilità dei prezzi.
In secondo luogo, la BCE contribuisce al raggiungimento degli obiettivi dell'Unione come definiti negli articoli precedenti, ivi incluse la crescita economica e la stabilità finanziaria. Fintanto che e nella misura in cui la BCE non è a rischio e a repentaglio, il suo obiettivo prioritario è la stabilità dei prezzi. Secondo me, ed è questa anche la valutazione dei servizi della Commissione sulla situazione economica attuale e sulle prospettive di breve periodo, le pressioni inflazionistiche si riducono chiaramente e, quindi, la stabilità dei prezzi è un obiettivo importante, ma si può fare molto sulla base della seconda parte dell'articolo del Trattato, senza mettere a repentaglio la stabilità dei prezzi.


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Non voglio spingermi oltre nel dare consigli a Mario Draghi, però noi dobbiamo sottolineare che questo articolo così importante in realtà agevola, nel quadro dei Trattati vigenti, la possibilità di adottare decisioni per il rafforzamento della stabilità finanziaria e di stimolo alla crescita, purché non venga minacciata la stabilità dei prezzi.
Per quanto riguarda la ricapitalizzazione e il ruolo del pacchetto ricapitalizzazione, noi, come Commissione, sottolineiamo l'ampiezza del pacchetto, il carattere complessivo dello stesso e, quindi, la necessità anche di paratie, di firewall finanziari e di decisioni comuni sulla ricapitalizzazione delle banche, ma anche un fattore più importante, ossia l'accesso al finanziamento a termine. Abbiamo bisogno di decisioni nei Paesi in causa.
Purtroppo, l'ordine seguito non è quello ideale, nel senso che ci si muove rapidamente sui piani di ricapitalizzazione, mentre le paratie finanziarie sono ferme da troppo tempo. Noi dobbiamo, invece, garantire la solidità dei firewall finanziari da introdurre senza ritardi nelle prossime giornate e nelle prossime settimane.
Parallelamente, siamo piuttosto avanzati sulla ricapitalizzazione. Credo che ora un'inversione di tendenza porterebbe a un'ulteriore perdita di fiducia e, quindi, non vedo alternative. Siamo andati troppo avanti su questa strada ed è necessaria una ben calibrata strategia di ricapitalizzazione bancaria e anche l'accesso delle banche al finanziamento a termine è da coordinare il più possibile a livello europeo.
Per quanto attiene all'esigenza di un'unione economica che completi l'unione monetaria, ovviamente sono totalmente d'accordo. Uno degli insegnamenti che possiamo trarre dalla crisi è che una moneta unica non può funzionare senza politiche di bilancio ed economiche ben coordinate. Ciò era ovvio al momento della creazione dell'UEM, l'Unione economica e monetaria, e appariva scontato, però purtroppo non si è tradotto in decisioni concrete nella fase istitutiva dell'Unione stessa.
Ora dobbiamo correggere questo errore di sistema, che è costato tanto a tutti noi, e creare un'autentica unione economica, che completi l'unione monetaria e attui, quindi, la lettera E della UEM, dandole vita e sostanza concrete. È questo l'obiettivo delle riforme di cui ho parlato nel rispondere alle domande.
Rispondo ora al rappresentante del Partito Democratico per quanto riguarda le autorità fiscali indipendenti. È una delle riforme importanti e sono fiducioso del fatto che venga attuata anche in Italia.
È stata svolta un'osservazione importante sulla crescita e condivido la sua analisi della crisi degli anni Venti e Trenta. Spesso si dà una lettura semplicistica di ciò che non ha funzionato negli anni Venti e Trenta e tale lettura semplificata potrebbe portare a ricette politiche errate anche oggi.
Noi avevamo una procedura per squilibri eccessivi, che va bene utilizzata, una procedura mirante a individuare e a contrastare gli squilibri macroeconomici e le divergenze in via preventiva, prima che diventino veri e propri problemi, come è successo in Irlanda e in Spagna, per quanto riguarda i Paesi con un disavanzo delle partite correnti. È uno strumento che deve essere utilizzato anche per incoraggiare le riforme strutturali nei Paesi che hanno bisogno di rafforzare la domanda interna e i consumi privati.
Da ultimo, passo alla questione degli stimoli fiscali. Io sono sempre stato segretamente un keynesiano e ho manifestato le mie tendenze durante la recente crisi. Se si pensa a uno stimolo fiscale vero e proprio, tradizionale, nel contesto attuale, dove la maggior parte o tutti gli Stati membri hanno un debito pubblico eccessivo, che rappresenta un onere troppo pesante, ritengo che questo tipo di stimolo non funzionerebbe. I livelli di debito medi in Europa sono elevatissimi. Durante la crisi, non tanto in relazione allo stimolo, quanto piuttosto all'erosione del PIL, sono aumentati dal 60 per cento all'85 per cento rispetto al PIL. Persino la Germania ha attualmente un rapporto debito PIL dell'83 per cento.


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Dobbiamo essere veramente cauti nel chiedere e nel sostenere l'opportunità di stimoli fiscali. Un parlamentare europeo ha proposto stimoli fiscali nei Paesi che non si trovano adesso nel comparto correttivo del patto, né sono coinvolti nella procedura per disavanzi eccessivi. Si tratta del Lussemburgo, dell'Estonia e della Finlandia, per quanto riguarda l'area dell'euro, e ciò non ci porterebbe veramente molto lontano su questa strada.
Facciamo, dunque, funzionare gli stabilizzatori automatici. Per esempio, in Germania la domanda interna e i consumi privati si sono rafforzati, malgrado le turbolenze finanziarie più recenti. I due terzi del contributo alla crescita economica in Germania vengono dalla domanda interna e questo è di aiuto, ma sarebbe difficile indicare ai tedeschi di aumentare i salari o di utilizzare leve di stimolo fiscale, perché la loro situazione non è proprio rosea.
Si tratta di una crisi di fiducia e non bastano stimoli fiscali a risolvere la crisi del debito sovrano, a meno che non venga attenuata la fragilità del settore bancario. Dobbiamo garantire la stabilità finanziaria e il fatto che il sistema bancario possa tornare a finanziare l'economia reale, la crescita e l'occupazione, assicurando che vengano ripristinati i canali di credito verso le famiglie e le imprese. Questo è l'obiettivo prioritario, l'emergenza in questa fase così critica.

PRESIDENTE. Anche a nome del presidente Pescante, ringrazio il Commissario Rehn per il suo contributo, i suoi collaboratori, e i parlamentari che hanno partecipato a questa audizione. Credo che questo sia stato un incontro estremamente utile anche per i componenti delle Commissioni affari costituzionali e bilancio della Camera, che nelle prossime ore dovranno riunirsi per elaborare un testo condiviso finalizzato all'introduzione del principio del pareggio di bilancio nella nostra Carta costituzionale.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,35.

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