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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
1.
Mercoledì 2 luglio 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti (Attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 9 13 14 15 16 18 20
Bersani Pier Luigi (PD) ... 9 14 19
Borghesi Antonio (IdV) ... 11
Cambursano Renato (IdV) ... 17
Fugatti Maurizio (LNP) ... 13
Galletti Gian Luca (UdC) ... 11 12 15
Giaretta Paolo (PD) ... 18
Jannone Giorgio (PdL) ... 17
Morando Enrico (PD) ... 16 18
Ravetto Laura (PdL) ... 12
Tremonti Giulio, Ministro dell'economia e delle finanze ... 3 12 14 15 18 19
Vannucci Massimo (PD) ... 17
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta antimeridiana di mercoledì 2 luglio 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 8,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sul sito internet della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'attività conoscitiva preliminare all'esame del Documento di programmazione economico-finanziaria per gli anni 2009-2013, ai sensi dell'articolo 118-bis, comma 3, del Regolamento della Camera e dell'articolo 125-bis, comma 3, del Regolamento del Senato, l'audizione del Ministro dell'economia e delle finanze Giulio Tremonti.
Considerato che il tempo a nostra disposizione è limitato - per le ore 10 è previsto l'avvio di votazioni in aula alla Camera - al fine di garantire un ordinato svolgimento dei nostri lavori e di consentire a tutti i colleghi della Camera e del Senato che intendano farlo di porre domande o richieste di chiarimenti al Ministro, raccomando di contenere gli interventi entro la durata massima di tre minuti. Anticipo che sarò inflessibile.
Procederemo ad un primo giro di domande, in modo da assicurare ai rappresentanti di tutti i gruppi la possibilità di intervenire. Dopo le prime risposte del Ministro seguirà un'altra serie di interventi. Il criterio adottato sarà il seguente (ricordo che sono riunite le Commissioni di Camera e Senato): in ordine di dimensione dei gruppi, darò prima la parola ai rappresentanti dell'opposizione (i nominativi saranno indicati dai gruppi medesimi) e poi ai rappresentanti della maggioranza. Al termine del primo giro di domande daremo la possibilità al Ministro di replicare e, se ci sarà altro tempo, ci sarà ancora possibilità per i colleghi di intervenire.
Invito i rappresentanti dei gruppi a farmi pervenire le richieste di iscrizione a parlare. Credo che questo sia l'unico modo di procedere a garanzia di tutti, in particolare dell'opposizione, dati i limitati tempi che sono nelle nostre disponibilità.
Ricordo che l'audizione riguarda il Documento di programmazione economico-finanziaria. È evidente a tutti che la materia, inevitabilmente, può trascinarsi anche su argomenti relativi al decreto-legge in esame presso la Commissione bilancio congiuntamente con la Commissione finanze.
Do la parola al Ministro dell'economia e delle finanze, Giulio Tremonti, che ringrazio per la puntualità.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Se volete, parliamo anche di bioetica o di altro.
L'audizione riguarda il DPEF. Il DPEF apre una discussione su un dispositivo legislativo composto di due parti: formalmente da due distinti provvedimenti (un


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decreto e un disegno di legge), sostanzialmente da due linee di sviluppo della nostra politica economica.
Le linee sostanziali di sviluppo sono: stabilizzazione triennale dei conti pubblici e perequazione tributaria, sviluppo economico. La prima parte sostanziale è la stabilizzazione triennale dei conti pubblici e la perequazione tributaria, la seconda è lo sviluppo economico.
Comincerò dalla stabilizzazione triennale dei conti pubblici. A questa altezza di tempo, diciamo tra maggio e giugno, come si sono presentati i conti sono stati oggettivamente cifrati - dalla Ragioneria generale dello Stato, la base di evoluzione essendo la relazione presentata dal precedente Governo in marzo - intorno al 2,5 per cento a fronte dell'1,9 per cento con cui è stato chiuso il 2007.
Parto da questi numeri che considero oggettivi. Ho ragione di considerarli oggettivi e di considerare che siano reputati e considerati oggettivi generalmente. Mi limito a notare che esiste una certa differenza tra 1,9 per cento e 2,5 per cento; una differenza non solo di livello, ma anche di direzione. L'1,9 per cento era in una direzione di discesa, mentre il 2,5 per cento è in una direzione di salita. Considerando che sono numeri rilevati a maggio, vi prego di tener conto che si tratta di numeri fatti, diciamo a prescindere dall'azione di questo Governo.
Nel corso dell'anno la situazione, per l'emersione di dati precedentemente non rilevati e per dinamiche in atto all'interno dell'economia, ha rovesciato la tendenza dei conti pubblici. Se qualcuno mi viene a dire che era in atto un risanamento strutturale, io ammetto che sia possibile, ma mi limito a notare che non siamo scesi da 1,9 per cento verso 1,4-1,5 per cento, ma siamo saliti da 1,9 per cento a 2,5 per cento.
Per inciso, l'andamento delle entrate tributarie fa oggettivamente escludere l'ipotesi dell'esistenza o della sopravvivenza dei cosiddetti «tesoretti». Quindi, il primo numero sul quale abbiamo formulato il nostro DPEF è quello dei conti pubblici che vanno in salita verso il 2,5 per cento.
La crescita è intorno allo zero. Tra maggio e giugno le ipotesi di crescita formulate dai più accreditati centri di analisi sono intorno allo zero, 0,5, 0,3 per cento, a seconda di fattori oggettivamente difficili da analizzare. Comunque, si resta sull'ordine dello zero. Questa è la situazione che abbiamo trovato.
È evidente che quello che abbiamo trovato è un Paese nel quale non cresceva l'economia - intorno allo zero, appunto - ma cresceva il deficit verso il 2,5 e oltre per cento. Questa è la situazione.
Vi sono delle criticità che sono rilevate nel rapporto della Commissione europea, una sede che abbiamo ragione di considerare indipendente. Nell'ultimo rapporto della Commissione europea sui conti italiani si rileva la presenza di criticità relative ai discutibili rischi sulla copertura della riforma fiscale adottata a favore delle società dal precedente Governo; in altre parole, l'abbattimento dell'aliquota dal 33 al 27,5 per cento ha delle criticità di copertura. In effetti, se si va a vedere come sono state fatte le coperture, sorge qualche dubbio.
Vi sono i rischi relativi alla sentenza della Corte costituzionale attesa in materia di IRAP, di deducibilità dell'IRAP dall'IRES. Più in generale, l'andamento delle entrate dipende - questo è un dato oggettivo, sistemico - dall'andamento dell'economia. Ripeto, però, che in aggiunta all'andamento dell'economia i rischi rilevati nel rapporto della Commissione europea dipendono dalla dubitabile copertura operata sulla riforma dell'IRES - quindi, il guadagno, l'abbattimento di imposta era certo, la copertura da parte dello Stato era relativamente incerta - e dalla sentenza della Corte. Questo è il contesto dei conti che abbiamo trovato.
Noi abbiamo preso come base la relazione presentata dal precedente Governo (la RUEFP). Abbiamo aggiunto i dati provenienti dalla Ragioneria generale dello Stato, l'aggiornamento delle stime, e siamo arrivati al 2,5 per cento, con una crescita


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intorno allo zero. Abbiamo compiuto la scelta fondamentale di mantenere gli impegni assunti in sede internazionale - da ultimo nell'autunno del 2007 a Berlino - dalla Repubblica italiana nell'economia della politica del patto di stabilità e di crescita, per un pareggio di bilancio verso il 2011, con un tasso di riduzione strutturale dello 0,5 per cento.
Non entriamo nel merito se quella fosse la scelta giusta o sbagliata, corretta o non corretta: quella è la scelta compiuta e l'impegno assunto a livello internazionale dalla Repubblica italiana. Questo Governo intende mantenere un impegno assunto non solo dal precedente Governo, ma soprattutto dalla Repubblica italiana. È in questi termini che abbiamo strutturato la nostra manovra.
Per inciso, faccio notare che l'esigenza di una correzione strutturale dei conti pubblici non deriva solo dai vincoli di trattato che trovano forma nel patto di stabilità e di crescita, ma anche dalla reputazione complessiva che deve avere la nostra struttura di bilancio sui mercati finanziari. Per essere chiari, non c'è solo Bruxelles, sebbene questo sarebbe sufficiente per onorare un impegno assunto dalla Repubblica, ma ci sono anche i mercati finanziari che riservano al debito italiano - il terzo debito pubblico del mondo, senza che l'Italia sia la terza economia del mondo - una corretta valutazione.
Che cosa fare in questo contesto? Dati i vincoli, è escluso che si possa aumentare il deficit, che occorre al contrario ridurre. Se si trova un deficit che ha una dinamica di crescita da 1,9 a 2,5 per cento in su bisogna ridurlo. Voi avreste fatto quello che avete detto era necessario fare nel corso della passata legislatura approvando la relazione del Governo Prodi sulla riduzione strutturale del deficit.
Si potrebbero aumentare le tasse? In un Paese nel quale la pressione fiscale è già al massimo è difficile barrare questa casella. Noi abbiamo fatto la scelta di non aumentare le tasse sul reddito della popolazione, ma piuttosto di aumentarle relativamente su alcuni settori che ci sembravano area di produzione di extraprofitti. Linguaggio abbastanza consolidato in letteratura, come avrebbe detto un mio illustre predecessore, ma più che la letteratura a noi interessa il buonsenso.
Che cosa abbiamo fatto? Sostanzialmente abbiamo revocato, in alcuni settori, con delle varianti di base imponibile, agendo anche sulle aliquote, alcuni dei benefici che erano stati introdotti con dubbia copertura dal precedente Governo. Questa è la ragione per la quale in alcuni settori si torna all'aliquota del 33 per cento. Non è nulla di esterno al sistema: il 33 per cento esisteva fino al 2007. Qualcuno potrebbe obiettare che, siccome in quei settori si fanno i profitti, è meglio ridurre la tassa sui profitti. Questa è una logica assolutamente ferrea. Considerato che in quei settori si fanno più profitti, a noi sembrava giusto che si pagassero più tasse.
Mi rendo conto che queste affermazioni possono avere un carattere eversivo, ma tutto sommato a noi sembrava ragionevole che su alcune basi imponibili, su alcuni settori, ci fossero dei margini per un prelievo fiscale che reputavamo giusto. Mi riferisco, ad esempio, al settore bancario, al settore assicurativo e al settore delle attività inerenti al petrolio.
Si potrebbe dire che abbiamo preso troppo o non abbastanza. Noi sappiamo che abbiamo preso quello che ci sembrava relativamente giusto e sostenibile. Escludiamo in assoluto che siano accaduti o siano possibili fatti di traslazione - se ci fossero, aumenterebbe la tassazione in modo da scoraggiare la traslazione - ma riteniamo che siano settori che hanno avuto la capacità di assorbire in modo non problematico un'imposta che non è un incremento dei costi, quindi con effetti di traslazione, ma una riduzione relativa dei profitti attraverso la tassa.
Ci sembra che ci siano settori che hanno assorbito - pur, ovviamente, con delle dialettiche - con responsabilità nazionale l'effetto fiscale incrementale.
L'alternativa rispetto a queste forme di prelievo era tagliare in alcuni settori, oltre a quelli in cui abbiamo fatto la scelta di


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ridurre la spesa pubblica. Tutti quei soldi, comunque, sono andati a finanziare il sociale. Diversamente avremmo dovuto ridurre anche la spesa per il sociale. Il prelievo fiscale operato in quel contesto ci ha garantito la possibilità di non ridurre significativamente tale spesa.
Al di là delle tasse, è evidente che l'alternativa era quella di ridurre la spesa pubblica. Qui è tutto relativo. Io continuo a leggere che la spesa pubblica, durante gli anni del precedente Governo, è salita. Mi limito a invitarvi a considerare un dato fondamentale, che però troppo spesso non viene considerato: quello della spesa pubblica è un rapporto rispetto al PIL. Se il PIL viene meno, quel rapporto si deteriora. Tuttavia, non si possono negare le medicine ai malati perché non c'è il PIL, quindi il rapporto si deteriora e gli osservatori economici ci criticano. Se abbiamo una spesa composta da diritti e da rigidità connesse al fatto che si tratta di diritti, abbiamo qualche difficoltà a ridurre quella spesa perché altrimenti il rapporto deficit-PIL si deteriorerebbe. Ci sono delle voci sulle quali non ha senso questo tipo di stilizzazione. Se il deficit tende verso zero è difficile che i rapporti stiano abbastanza in piedi.
Detto questo, ci sono voci che sono oggetto possibile di riduzione, e sono quelle sulle quali abbiamo agito; le stesse, credo, che sarebbero state identificate come campo di riduzione del bilancio da parte del precedente Governo.
A proposito di discussione, però, ben venga qualsiasi ipotesi alternativa, fattiva, costruttiva e compatibile con i vincoli europei. Noi saremmo assolutamente lieti di recepirle. Certo, non devono essere delle voci virtuali, ma voci reali; se ci vengono proposte alternative di riduzione della spesa, noi siamo ben lieti di recepirle e di farle nostre, in modo costruttivo, a patto che siano compatibili con i vincoli europei; devono essere strutturali, non virtuali.
Tutti i contributi che verranno in questa fase saranno accolti in termini assolutamente positivi.
Le tecniche che abbiamo seguito sull'ipotesi di riduzioni di spesa che riteniamo assolutamente sostenibili sono grosso modo due. Innanzitutto, in questi giorni dobbiamo definire il patto di stabilità interno con le regioni e i comuni. Per quanto riguarda la spesa centrale, il sistema dei tagli è oggettivamente orizzontale, compensato da una flessibilità verticale che si deve creare, all'interno dei singoli ministeri, sulle missioni dei ministeri medesimi.
Di fatto, la finanziaria la faranno - pro quota e sentito il Parlamento - i singoli ministri, amministrando (come implica la parola «ministro») il loro bilancio. Non ci sarà, quindi, la riduzione di una specifica voce, ma ci sarà la possibilità, data la riduzione, a livello di ministero, di spostare risorse da una missione all'altra. Il taglio quindi è generale, ma lo è anche la flessibilità.
Ho sentito e letto molte ipotesi alternative. Ripeto, se c'è l'alternativa di misure ad effetto equivalente, noi assicuriamo la massima disponibilità a prenderla in considerazione.
La seconda parte è quella relativa allo sviluppo. Il catalogo dei provvedimenti è molto ampio. Noi crediamo che non sia facile avere la stabilità dei conti se non si ha la crescita economica. La crescita economica non la fanno i Governi nazionali, i quali hanno solo il potere e il dovere di realizzare la piattaforma sulla quale si sviluppa tale crescita.
I provvedimenti che abbiamo inserito nella logica dello sviluppo, nell'ordine che mi sembra di maggior rilevanza - ma le valutazioni possono essere diverse - sono: il nucleare; la concentrazione (e non la dispersione) nel CIPE delle logiche di utilizzo dei fondi, la scelta centrale e non una meccanica al rovescio, che parte dai territori e dal micro creando effetti di dispersione di risorse; l'applicazione di strumenti di project financing.
A questo riguardo, ricordo che l'autostrada del sole, la più grande opera pubblica di unificazione nazionale, fu realizzata fuori dal bilancio pubblico. Noi vogliamo uscire dalla logica per cui un'opera pubblica si finanzia con il bilancio pubblico.


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Un'opera pubblica, come fu nei gloriosi anni Sessanta, si può anche realizzare fuori dal bilancio pubblico.
Noi pensiamo che un ruolo strategico, in questi termini, possano averlo tutti gli operatori, inclusa la Cassa depositi e prestiti.
Ancora, tra i provvedimenti che abbiamo inserito, c'è anche una riforma non marginale del processo civile. Noi crediamo che uno dei fattori di spiazzamento competitivo del nostro Paese sia la giustizia negata, o ritardata, nel processo civile. Nel decreto trovate provvedimenti, sui quali stiamo riflettendo, ma che riteniamo producano un incremento sostanziale dell'efficienza di questo strumento civile nell'ordinamento di un Paese.
Faccio un esempio banale. Questo è un Paese nel quale le notifiche avvengono ancora come nell'Ottocento, attraverso i messi. Sarebbe sufficiente introdurre la firma digitale per eliminare costi e, soprattutto, un fattore di contenzioso strutturale, quello sulle notifiche.
Altro provvedimento è quello delle liberalizzazioni dei servizi pubblici. Noi abbiamo ripreso tale e quale un testo già oggetto di discussione alla Camera, estendendolo anche al settore non marginale dell'acqua. È un piano che riteniamo efficace, avendo visto l'esperimento sul territorio di costruzione di case sociali.
Sono previsti inoltre diversi provvedimenti relativi agli start up di imprese innovative e ai fondi per la ricerca.
Un dato che credo sarà di rilievo prossimo è la possibilità per le università di trasformarsi, se lo vogliono, in fondazioni associative, in modo da inaugurare un funzionamento dell'università - la proprietà ovviamente rimane pubblica - aperto al contributo di forze del territorio, che vengono dalla società civile, in modo da determinare, appunto, effetti di apertura.
C'è poi un notevole elenco di norme di semplificazione. Finora - cito un esempio - se si volevano girare le quote di una Srl bisognava andare da un notaio. D'ora in poi non sarà più necessario. La cifra risparmiata è tra i 200 e i 300 milioni di euro. Questo a noi sembra in qualche modo indicativo.
Comunque, il catalogo delle semplificazioni e delle liberalizzazioni credo sia estremamente vasto e una lettura dei testi può trasmettere questa informazione. Naturalmente vi sono anche altre norme, oltre a quelle che ho citato, dai distretti alla Banca del sud.
Vorrei chiudere il mio intervento con alcune considerazioni di carattere generale.
In primo luogo, noi pensiamo che, se c'è sviluppo, se c'è ricchezza da distribuire, questa debba essere distribuita in termini fiscali a favore dei redditi di lavoro dipendente, di pensione, e a favore della famiglia. Questo è un impegno che pensiamo di formalizzare e di prendere prima dell'estate.
In secondo luogo, abbiamo presentato un programma elettorale precisando - rispetto alle grandi coordinate economiche - che lo avremmo sviluppato sotto il vincolo costituito dalla crisi economica in atto nel mondo e in Italia; una crisi che può aggravarsi e che, in questi ultimi due anni, è stata ignorata o sottovalutata.
Noi abbiamo la visione culturale, le categorie, quello che ci consente di dire che abbiamo fatto, negli anni passati, l'analisi giusta. Negli anni passati siamo stati accusati di non essere abbastanza pro mercato. Credo che adesso molti convergano sui limiti del mercato. Siamo stati accusati di tante altre cose, ad esempio di avere una visione negativa, catastrofista, come tante volte ho sentito dire. Ebbene, le evidenze ci indicano che la situazione non è affatto positiva.
Qualcuno ha detto, nell'agosto del 2007, che quello in arrivo era un turbamento finanziario. Qualche giorno fa la stessa persona ha detto che ciò non avrebbe avuto effetti sull'economia reale. Adesso mi pare di capire che si accetta che quel turbamento era qualcosa di più. Certamente questa è la crisi più grave dal dopoguerra e gli effetti non sono limitati - magari lo fossero - al dominio dei finanzieri, ma estesi alla vita della gente.


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Ritengo che questa sia la realtà e ritengo di avere i titoli per formulare analisi di tale natura. A mio parere, altri non hanno i titoli (e non mi riferisco ai titoli intellettuali, ma ai titoli morali) per discutere di questo, essendone la causa o avendo concorso a creare - in un coro mondiale, ma per il lato italiano - il male che sta arrivando.
Credo che il problema non sia quello dello scontro interno su una torta che si riduce, ma quello dell'impegno per sperare in un prodotto maggiore futuro. Adesso la battaglia interna non ha senso, sebbene ovviamente la si possa ugualmente condurre per ingannare la gente, per demagogia.
Per essere chiari, noi abbiamo risorse sufficienti per finanziare quello che riteniamo anche un buon contratto del pubblico impiego. Lo scontro, però, non è quello interno, bensì quello esterno. La parola che ancora non ho sentito usare, ma che è la peste di questo secolo, è la parola «speculazione». Perché non si parla di speculazione, che si è spostata dal dominio finanziario alle materie prime, su scala, dimensioni e con una velocità incredibile?
Nei Paesi poveri la speculazione crea le rivolte del pane; nei Paesi ricchi crea problemi di tenuta e di consenso democratico. Perché non parliamo di speculazione? Il Governo italiano ha iniziato a farlo, tanto che al G8 ha chiesto formalmente l'avvio di una discussione sulla speculazione, sulle commodity (petrolio, grano e via dicendo).
Ci vengono a raccontare tante strane storie, ad esempio che il grano ha un prezzo che dipende dal biofuel. Benissimo. E il riso, che non è in questo circuito, come mai è aumentato? Certo, è cresciuta di colpo la domanda - perché ci sono anche le componenti strutturali - ma come mai quando in modo drammatico si manifesta la crisi finanziaria le grandi banche d'affari per compensazione si spostano tutte a speculare sulle materie prime?
Magari ci sbagliamo: non è Newton (causa-effetto, post hoc ergo propter hoc), ma magari qualche problema bisognerebbe porselo sulla speculazione, sulle sue origini, cause e via dicendo.
Evidentemente dipende da un'azione internazionale e concertata che non è di aumentare i margini di deposito sui contratti speculativi. Mi risulta che al Congresso degli Stati Uniti da alcuni giorni sia in discussione una serie di draft su questo tipo di provvedimenti. Possiamo anche dire che sono sbagliati, ma non possiamo dire che il problema non esiste.
C'è gente che discute sulla speculazione e ricorda un po' don Ferrante che, ponendosi la questione se fosse sostanza o accidente, in questi termini speculando sulla peste, è morto appunto di peste. Anche ieri ho sentito persone importantissime dire che non abbiamo evidenze empiriche. Ebbene, vediamo se ci sono evidenze empiriche! È sufficiente vedere i grafici: ci sono più contratti sul petrolio che barili di petrolio. Beninteso, la speculazione su questi comparti c'è sempre stata, ma la velocità, l'intensità, la dimensione, la tipologia degli operatori fa pensare che ci sia qualcosa che non va.
Certo è che se una grande banca d'affari sostiene che il petrolio andrà a 200 dollari al barile, è chiaro che ci sono delle chance che ciò avvenga, avendo magari la stessa banca acquistato futures per quell'importo. Mi chiedo se sia di convenienza per la tenuta sociale e civile del mondo occidentale che esse realizzino quei profitti o che invece li perdano, e che non si avveri la profezia capace di autoinverarsi.
Ho chiesto questo al G8 e abbiamo ottenuto l'avvio di un'indagine sulla speculazione da svolgersi con il Fondo monetario. A mio avviso c'è poco da indagare, ma quantomeno è utile parlarne. È inutile fare la lotta interna tra poveri. Il problema vero non è interno, ma esterno, e riguarda le origini e le cause di questi fenomeni; origini e cause che hanno componenti e dinamiche strutturali.
Sebbene in un'epoca forse un po' remota - nel 1995 - ho anche scritto, al riguardo, Il fantasma della povertà.
Chiederemo in Europa l'applicazione dell'articolo 81 del Trattato di Roma, che


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riguarda le manipolazioni e le alterazioni delle condizioni di mercato; articolo che abbiamo ragione di ritenere si applichi anche a operatori che non sono incorporati e posizionati nel perimetro dell'Europa.
Dobbiamo intraprendere delle azioni e dobbiamo avere cara la valutazione di tutto questo. Si può anche dire che i prezzi dipendono dal caso. Qualcuno finalmente oggi ha notato che i prezzi sono saliti e che le famiglie si stanno impoverendo. È una considerazione alla quale dobbiamo un profondo contributo di conoscenza: finalmente se ne sono accorti anche loro! Certamente ci sono effetti di povertà ed effetti regressivi, effetti che riducono la tenuta possibile delle strutture sociali.
Qual è la soluzione, secondo voi, se avviene costantemente un travaso di ricchezza dall'Europa verso il resto del mondo e se su questo travaso c'è un'azione devastante della speculazione? Almeno deve esserci la reazione contro la speculazione. Noi emaneremo la finanziaria, i provvedimenti per lo sviluppo, insomma tutto ciò che è necessario.
Formalmente va messa l'inflazione programmata. Abbiamo le risorse per fare un buon contratto del pubblico impiego, non è questo il problema. Lo ripeto, l'economia politica ci porterà a discussioni concentrate Italia su Italia. Le discussioni possiamo anche farle, siamo in democrazia, ma se limitiamo la discussione in questi termini non so se facciamo il bene dei nostri partiti; sicuramente facciamo il male degli italiani.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro. Mi sia consentita una battuta: siamo arrivati ai confini della bioetica, inoltrandoci su terreni assolutamente interessanti!
Adesso, però, tornando alle questioni concrete, avverto che è stato depositato il programma delle infrastrutture strategiche allegato al DPEF, nonché un errata corrige, sempre al DPEF, disponibili presso gli uffici. Ne do formalmente notizia ai colleghi.
Come si è convenuto, procederemo ad un primo giro di interventi; in particolare, interverranno, su indicazione dei gruppi, gli onorevoli Bersani, Borghesi, Galletti, Ravetto e Fugatti. Seguirà la replica del Ministro e quindi un ulteriore giro di interventi.

PIER LUIGI BERSANI. Intervengo brevemente sperando che il Ministro voglia tornare su due o tre questioni.
Innanzitutto, vorrei che il Ministro registrasse la profonda irritazione - credo di poter dire delle opposizioni, ma intanto di quella che rappresento io - per il meccanismo di discussione di tutta questa manovra. Prima un decreto, poi il DPEF; il decreto che è manovra quanto ad emendabilità e a racconto esterno, ma che non è manovra quanto ai tempi. Non vorrei repliche da pacca sulla spalla, perché siamo tutti adulti e questa è una cosa vergognosa.
Faccio notare che neppure in Europa, dove c'è un delirio burocratico, che il Ministro Tremonti ha spesso denunciato, si è costretti a procedure di questo genere: nove minuti per definire la manovra, nove giorni per scriverla e non so quante ore di discussione in Parlamento.
In secondo luogo, non mi è piaciuta la ricostruzione storica. Il DPEF scrive diversamente quanto a traiettorie di risanamento condotte in questi anni, ma non ho tempo per discutere di questo. Dico solo che risanamento, equità e crescita sono stati perseguiti da un Governo che è durato due anni, e che poi ha perso le elezioni, anche perché c'era chi raccontava che le tasse sarebbero calate di 3 punti. Scopriamo invece adesso - a parte le difficoltà e la crisi mondiale, di cui si sapeva anche prima delle elezioni - che le cose non stanno proprio così.
Come fa a non essere depressiva questa manovra? Come fa a non essere «prociclica»? Come si può chiedere un contributo ai consumi per la crescita, in assenza totale di politiche sul potere di acquisto delle retribuzioni e delle pensioni, con una inflazione tarata all'1,7 per cento?


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A proposito di letteratura, poi, non è scontato in ogni fonte letteraria, che, a fronte di una domanda rigida, un incremento della tassazione come la Robin tax si scarichi sui consumatori? Come si pensa di impedirlo?
Non si racconti più la favola che il Governo precedente non faceva pagare le tasse! Le banche, nell'anno precedente, hanno pagato nel combinato disposto 300 milioni in più. Faccio poi notare che le compagnie telefoniche hanno perso sulla questione delle ricariche un miliardo che non hanno più recuperato. Eppure era banalità della quale si rideva.
Faccio notare anche che le banche perderebbero, a favore dei consumatori, un miliardo se si togliesse il massimo scoperto. Se, poi, la portabilità dei mutui fosse fatta valere sul serio, la concorrenza tra banche restituirebbe ai cittadini qualche miliardo. Con gli accordi stipulati recentemente, con l'abolizione della class action, signor Ministro, la speculazione, i disastri finanziari che lei ha sempre denunciato possono essere recuperati e i consumatori possono essere risarciti, a patto che ci siano degli strumenti e che non vengano bloccati.
Quanto ai petrolieri, questo è un tema difficilissimo, quindi è inutile raccontare cose che non esistono. L'importante è che non si dica tutti i giorni, quando aumenta la benzina, che si intende risolvere la situazione con il nucleare. Diciamolo al Ministro Scajola, perché di macchine che utilizzano l'energia nucleare non ne ho ancora viste.
Nell'insieme come si fa a evitare che queste manovre siano depressive? Come si può pensare a una ripresa dei consumi in assenza di misure o con queste misure? Come si può stimolare l'economia riducendo gli investimenti? Va bene il project financing (soprattutto nei parcheggi), ma se non si investono soldi pubblici credo che esso serva francamente a poco. Ugualmente non serve togliere o ridurre il credito di imposta nel Mezzogiorno, così come è dannoso non fare alcuna manovra fiscale di stimolo.
Vi faccio notare, con tutti i difetti e i limiti, che forse potrete avvalervi, anche se non lo contabilizzate in premessa, del fatto che noi abbiamo messo soldi in più per investimenti che ancora non sono andati nel ciclo e abbiamo introdotto delle misure che oggi fanno partire i cunei fiscali (un po' di riduzione dell'IRES e dell'IRAP). Almeno diteci grazie, Ministro Tremonti! Queste sono le uniche misure che partono quest'anno.
Due milioni 600 mila pensionati - ad agosto saranno 3 milioni 100 mila - ieri hanno preso 390 euro in media. Era una manovra da 1,2 miliardi, quattro volte la credit card. Almeno diteci cosa c'è, oltre a questa misura, per quest'anno.
Non posso dilungarmi, ma attenzione a tutto questo che risulta depressivo. Io ho criticato, in passato, il volontarismo di Tremonti e Baldassarri (bisognava sempre che un Governo parlasse di un 3 per cento di crescita). Ma da questo a una manovra priva di qualsiasi intenzionalità, pessimistica dal lato del recupero di produttività, della contabilizzazione delle entrate fiscali e delle riforme, ce ne passa.
Ho capito che i ministeri avranno la flessibilità, ma summum ius summa iniuria. Per ogni ministero la storia è diversa se la si calcola sui beni e servizi, sulle spese correnti e via dicendo. Io mi aspetto che non sarà possibile gestire questi tagli e che, quindi, con un meccanismo classico, ci ritorneranno, riportando lo squilibrio nella manovra dal punto di vista del risanamento.
Il problema è veramente serio. Bisogna mettere un po' di soldi in tasca alla gente che ha bisogno di spenderli. Infatti, se metti i soldi in tasca a queste persone (non c'è bisogno di dare le carte) verranno subito spesi. Dobbiamo cercare insieme il modo per aumentare le retribuzioni, i salari e le pensioni più basse. Le altre questioni sono meno importanti in questo momento.
Vi chiedo di cercare insieme una soluzione. Se non c'è neanche il tempo di discutere e avete preso un abbrivio per cui non sarà possibile far altro che polemiche in piazza o in aula (perché dovrete porre


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la fiducia e non c'è tempo per discutere, lo sapete benissimo), non so come possiamo rispondere a questa esigenza.

ANTONIO BORGHESI. Signor presidente, rivolgo al signor Ministro alcune questioni specifiche. Concordo che siamo in presenza di una manovra recessiva. Considerato che all'inizio il Ministro ha detto che la finanza pubblica non va così bene, allora non si capisce questo intervento sull'ICI, che certamente non è servito a dare qualcosa alle classi più deboli, ma probabilmente ad aiutare i ricchi. Quindi, forse sarebbe stato opportuno un ripensamento.
Peraltro, risulta chiaro dal Documento di programmazione economico-finanziaria che la pressione fiscale non scenderà, ma addirittura salirà, contrariamente a tutto ciò che avete dichiarato in campagna elettorale.
Voglio, comunque, soffermarmi sulla necessità di colpire la speculazione. A tale riguardo, il vostro provvedimento si rivolge a petrolieri, assicurazioni e banche. A mio parere, in realtà, questi soggetti saranno solo dei soggetti erogatori che andranno a prelevare i quattrini proprio dalle tasche della povera gente.
È vero, lei sostiene che si tratta di un'imposta e l'imposta non è un costo. Mi permetta di dirle, però, che qualunque imprenditore guarda a ciò che gli resta dopo aver pagato le imposte. Dire che non ne tiene conto mi pare un po' eccessivo.
Se si colpiscono i petrolieri, il prezzo della benzina non solo non calerà, ma probabilmente aumenterà in prospettiva, con il risultato che interverrete a favore soprattutto del commercio e delle attività commerciali. In realtà sarà il cittadino, quello che si sposta per andare a lavorare e che ha visto aumentare la spesa mensile per il carburante di 30-40 euro, a continuare a pagare questa sorta di ulteriore tassa.
Mi ha sorpreso la vostra intenzione di colpire la speculazione sull'aumento del magazzino, cosa che tendenzialmente potrebbe essere giusta. Passare dal criterio LIFO al costo medio ponderato fa emergere un imponibile che però viene soltanto anticipato. Se tuttavia, anziché tassarlo in modo normale, ossia al 33 per cento, lo tassate con un'imposta sostituiva del 16 per cento, in realtà non fate pagare qualcosa in più, ma fate un regalo.
Per quanto riguarda le assicurazioni, si interviene sulle riserve tecniche. Siccome queste misure si tradurranno in maggiori imposte per le assicurazioni, il risultato finale sarà che la riduzione del 5 per cento medio delle tariffe, così come immaginato dall'Autorità per la concorrenza, non ci sarà mai. E ancora una volta saranno i cittadini, anche quelli con un minor reddito, a pagare.
Infine, per quanto riguarda le banche e le assicurazioni, queste hanno già iniziato la contromanovra. Difatti, stanno aumentando le commissioni e i tassi di interesse. Indubbiamente questi aumenti non riguarderanno le grandi imprese, che hanno un potere di trattativa molto forte. A pagare gli aumenti delle commissioni e degli interessi saranno, invece, le piccole e medie imprese e quel 10 per cento di cittadini che usano il credito al consumo per poter arrivare alla fine del mese. Il risultato finale, dunque, sarà una difficoltà maggiore per cittadini e famiglie.
Signor Ministro, più che Robin Hood, vedo una sorta di «Robin Furb» o lo sceriffo di Nottingham che taglieggia le classi più deboli. Certamente non si otterrà l'effetto di dare a queste classi un reddito disponibile da spendere per i consumi, cosa che, invece, è assolutamente necessaria in questo momento nel nostro Paese.
Non ho sentito il nostro Governo protestare, come hanno fatto Germania, Francia e Spagna, contro la Banca europea per l'ulteriore aumento del costo del denaro, che non può fare altro che peggiorare la situazione. Stando a quanto riportato dai giornali, il Governo che non è intervenuto su questo è proprio quello italiano. Anche su questo, a mio avviso, occorrerebbe una riflessione.

GIAN LUCA GALLETTI. Non entro nella diatriba fra il Ministro Tremonti e il


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Ministro ombra Bersani sulla responsabilità della situazione attuale. Ero in opposizione con il Ministro Padoa-Schioppa e criticavo le sue manovre; sono in opposizione anche oggi e dico che questa finanziaria non mi convince fino in fondo. La considero una finanziaria di rassegnazione: da una parte si aumentano le tasse - il Ministro la chiama perequazione, chiamiamola come vogliamo - ma alla fine la pressione fiscale aumenta per arrivare fino al 43,2 per cento.
Io sono del partito di coloro che credono che, alla fine, queste maggiori imposte finiranno per gravare sui cittadini. Se penso, ad esempio, alle imprese energetiche, la stragrande maggioranza sono di proprietà dello Stato (l'ENI è di proprietà degli enti locali, le ex municipalizzate e via dicendo). Ebbene, sia lo Stato che gli enti locali non possono fare a meno dei dividendi che vengono da quelle società. È chiaro, dunque, che scaricheranno i minori introiti, sotto forma di maggiori tariffe o di maggiori tasse, ancora una volta sui cittadini.
Signor Ministro, dobbiamo fare attenzione, perché la riforma che state mettendo in campo sui servizi pubblici locali è una finta riforma, come era una finta riforma quella del Ministro Lanzillotta. Essa, infatti, non aggredisce il punto vero della mancata concorrenza in quel settore, che è quello del conflitto di interessi fra l'ente regolatore e l'ente gestore, che è sempre il comune o lo Stato. Pertanto, o si mettono fuori i comuni da quelle società, oppure quei mercati non verranno mai liberalizzati. Nella vostra proposta non c'è nessuna norma che incentiva gli enti locali a uscire da quelle società.
Ho parlato di rassegnazione pensando alla crescita della pressione fiscale. Io non voglio rassegnarmi, signor Ministro, a vivere in un Paese nel quale già oggi ci viene detto che nel 2011 cresceremo dell'1,3 per cento. In questo DPEF si dice che, nel 2011 e ancora nel 2013, saremo il Paese che cresce di meno in Europa. Sinceramente non mi sento di dire ai miei figli che la prospettiva del Paese in cui vivono è questa. Non voglio rassegnarmi a vivere in un Paese così ...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Dubito che i suoi figli leggano il DPEF...

GIAN LUCA GALLETTI. Non si sa mai. Però, saranno loro a subire sicuramente gli effetti del DPEF, forse più di quanto li subirò io.
Come dicevo, non mi voglio rassegnare a questo Paese, a un Paese che non cresce. Lei aveva un'altra strada di fronte, una strada forse più coraggiosa: quella di agire sull'abbattimento delle tasse, come più volte ha detto. Alcune regole economiche ci dicono che, agendo sull'abbattimento delle tasse, dovrebbe esserci una ripresa dello sviluppo. Lei, però, non ha preso questa strada, ma un'altra più conservativa, che ci porta a questi dati del DPEF che trovo molto riduttivi.
Esiste inoltre un problema politico, che abbiamo già sollevato sia in Commissione che in Aula - l'ha fatto l'onorevole Tabacci - riguardante l'articolo 60, che di fatto riforma la procedura della contabilità e dell'approvazione del bilancio.
Devo dire che il sottosegretario Vegas, innanzi alla domanda dell'onorevole Tabacci, ha risposto - gliene do atto - in maniera molto coerente e molto chiara: il Parlamento non è stato in grado, negli ultimi dieci anni, di fare una riforma seria, dunque l'ha fatto questo Governo per decreto. Non penso che questo sia il modo giusto di agire.
L'articolo 60, di fatto, spoglia il Parlamento di gran parte dei propri poteri in materia contabile. Tutto questo merita di essere maggiormente approfondito, una discussione più ampia e un apporto maggiore del Parlamento.
Pertanto noi le chiediamo di togliere questo articolo 60 dal decreto e di discuterlo a parte.

LAURA RAVETTO. Credo che questa manovra segni un elemento di rottura con la precedente legislatura - probabilmente


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questo non è stato un esercizio troppo complesso - ma soprattutto introduca un elemento di straordinaria novità nel panorama politico nazionale.
Contrariamente a quanto affermato dall'onorevole Bersani, ritengo che sia stata introdotta una novità assolutamente positiva, prima di tutto dal punto di vista metodologico: finalmente abbiamo un DPEF che è un'elencazione di problemi e di risposte, non più soltanto un libro degli auspici, e abbiamo una manovra che procede finalmente secondo calendari da Paese civile.
Sotto il profilo politico, ho sentito colleghi parlare di aumento della pressione fiscale. Al contrario, credo che questa manovra sia la dimostrazione che si può fare politica economica senza agire sulla leva della pressione fiscale, che non è aumentata. Quanto alle tassazioni specifiche, quali la Robin tax, contrariamente all'onorevole Bersani ritengo che queste misure di economia necessarie e urgenti siano positive e importanti. Sul Wall Street Journal di due giorni fa ho letto che alcune linee americane di aviazione stanno seriamente pensando - e hanno già predisposto una regolamentazione in questo senso - di eliminare i manuali di bordo dagli aerei per consumare meno cherosene. Credo che, se siamo arrivati a questo punto, queste misure di emergenza siano fondamentali.
In questo senso, la manovra dimostra che il liberismo non deve sempre e per forza privarsi di forme di intervento su deviazioni che non possono essere risolte dal mercato.
Dal punto di vista contenutistico, l'elemento importante di novità è costituito dal fatto che questa manovra si propone, sin dall'inizio, l'obiettivo del pareggio di bilancio nel triennio, ed è chiaro che lo fa, a mio avviso, per diminuire in futuro la pressione fiscale.
La manovra, infatti, si pone l'obiettivo del pareggio di bilancio attraverso una riduzione delle spese (interviene su quella parte aggredibile di spesa pubblica, attestata al 5 per cento, riducendola dell'1 per cento, ossia per un 20 per cento complessivo). Credo che anche questo sia un elemento importante da valutare.
La manovra inoltre introduce delle norme di responsabilizzazione dei funzionari pubblici. Credo che per la prima volta si preveda un meccanismo per cui il funzionario pubblico debba rispondere, in termini di ripiano del danno, se sfora rispetto al budget di spesa previsto.
Credo che questa sia una manovra di sfida, nel metodo e nei contenuti. Immagino che questi ultimi potranno essere assestati secondo le esigenze che emergeranno dal Paese, ma mi auguro che sul metodo e sul rigore che lei ha introdotto, signor Ministro, non ci siano modifiche.

PRESIDENTE. Comunico che in aula è stato dato il preavviso dei 20 minuti. Avremo dunque lo spazio per la replica del Ministro e, a seguire, vedremo quanti colleghi potranno ulteriormente intervenire in maniera molto coincisa.

MAURIZIO FUGATTI. Signor presidente, da più parti, sia di maggioranza sia di opposizione, si è parlato del problema oggettivo del potere di acquisto. Credo che oggi stiamo pagando sicuramente gli squilibri della globalizzazione: è vero che oggi è possibile acquistare un cellulare per 100 euro, ma è anche vero che questo può costare quanto un pieno e mezzo di un'utilitaria o quanto la spesa normale di una qualsiasi famiglia italiana.
Sicuramente ci sono stati degli errori nell'approccio con cui si è affrontata la globalizzazione a livello europeo e mondiale e li stiamo pagando sulla questione dell'aumento dei prezzi e dell'inflazione, di cui tanto si parla in questi giorni.
Si dice che l'inflazione attuale è diversa da quella «classica» alla quale eravamo abituati negli ultimi anni. È un'inflazione importata, che viaggia oltre il 3 per cento, ed è dovuta all'aumento dei prezzi delle materie prime e dei generi di prima necessità per le famiglie.
La risposta che pare arrivare dagli ambienti economici europei e dalla Banca centrale europea va quasi contro le tendenze


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dei Governi nazionali. Mentre questi ultimi in qualche modo stanno cercando di dare una mano alle famiglie intervenendo sul potere d'acquisto, la risposta da parte della BCE a questa inflazione - che ripeto, è un'inflazione importata, diversa da quella classica - sembra, infatti, andare verso un aumento dei tassi di interesse.
Tale aumento si ripercuoterà successivamente sull'aumento delle rate dei mutui, sulla minore crescita economica - in Italia, come lei ha detto, siamo già allo zero per cento - e sulla maggiore spesa che le famiglie sosterranno.
Dobbiamo capire qual è la posizione del Governo su questo aspetto che assume particolare importanza in questi giorni.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Rispondo al primo intervento, quello dell'onorevole Bersani, che prego di accettare queste considerazioni nei termini di una corretta e personalmente amichevole dialettica. Gli stessi errori che lei, che voi avete fatto valutando la globalizzazione, li state facendo ora nel valutarne gli effetti.

PIER LUIGI BERSANI. Ma lei ha mai fatto un esame sulla globalizzazione, Ministro Tremonti? Può citare una volta in cui l'ho sottovalutata? Io non ho mai subìto esami sulla globalizzazione!

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Credo che questa degli esami sia una via di fuga che sottrae anche l'onorevole Bersani all'opportunità di un dibattito. Onorevole Bersani, sono convinto del fatto che, avendo lei fatto parte di un Governo, il primo Governo Prodi, che è stato in Italia protagonista della storia della globalizzazione, le sue dichiarazioni ricostruibili vanno tutte nel senso di evidenziare gli effetti miracolosi, positivi e magici della globalizzazione, attesa come un fatto positivo.
Gli stessi errori che avete commesso nel valutare la globalizzazione come fatto positivo, li commettete adesso nel valutarne gli effetti negativi. Questa è una differenza culturale radicale. Chi era convinto che la globalizzazione fosse la cosa giusta e comportasse solo effetti positivi, non è capace di valutare gli effetti di maceria che stanno ritornando. Questa è la mia opinione.
Onorevole Bersani, i numeri sono numeri. Io non faccio polemiche sui numeri con nessuno che abbia governato questo Paese prima di noi. Mi limito a dire che doveva esserci il risanamento strutturale, ma mi pare di capire che abbiamo il deficit che cresce e il PIL che decresce. Non dico che sia colpa di qualcuno, ma i numeri sono numeri, e purtroppo la loro dura evidenza dimostra che il deficit non è dal 2,5 in discesa, ma dall'1,9 in salita, e che la crescita è andata verso lo zero. Non faccio processi di colpa a nessuno; mi limito a ribadire che questi sono i numeri e che non se ne esce con artifici dialettici o polemici.
Quanto ai mutui - è un dettaglio - insisto nel dire che la portabilità è stato ed è uno degli strumenti, ma nulla ha agito. Le do un altro numero, onorevole Bersani: noi siamo al Governo da cinquanta giorni, lei è stato al Governo almeno per due anni. Sulla portabilità dei mutui, che non mi sembra sia stata un grande successo...

PIER LUIGI BERSANI. Non è vero.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Va bene.., però noi non abbiamo influito minimamente. Le posso assicurare che in cinquanta giorni ci siamo limitati a offrire alle famiglie uno strumento in più, non uno strumento in meno. Se uno vuole la portabilità, può averla tranquillamente. Il fatto di averla realizzata faticosamente non dipende da noi, che siamo al Governo da cinquanta giorni. Lo stesso riguarda le commissioni per il massimo scoperto. Perché non ci avete pensato voi? Se lei sostiene la necessità di questo intervento, vuol dire che prima non lo avete fatto.


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Sulla carta, credo che la polemica rientrerà quando si capirà lo strumento che stiamo studiando. Si tratta di uno strumento che da molti anni è applicato negli Stati Uniti a favore delle fasce deboli della popolazione e riteniamo che abbia un senso.
Considerato, però, che non c'è ancora lo strumento legislativo, questo è un caso in cui le polemiche anticipano addirittura la legge. Magari uno fa le polemiche dopo che c'è stata la legge, qui addirittura è prima! Io penso che ci saranno ragioni di valutazione positiva. Se questo strumento esiste in America da tanti anni e nessuna amministrazione l'ha eliminato, magari un buonsenso c'è. Lei avrà, ovviamente, più buonsenso dei Governi americani, ma almeno aspetti di vedere i risultati prima di criticarlo.
Lei inoltre ha chiuso con una domanda retorica: come si fa? Io gliela giro in termini pratici. Ce lo dica lei, presenti lei un emendamento con la finanza di sviluppo, con più soldi in tasca, ma non ci parli dei «tesoretti», perché non ci sono. Presenti un emendamento con tutte le relative coperture e le assicuro che lo prenderemo in seria considerazione. Le coperture, però, devono essere quelle contabili, non quelle giornalistiche.
All'onorevole Borghesi, che purtroppo si è allontanato, devo dire che ho sentito nel suo intervento gli stessi argomenti che ho sentito dall'industria delle assicurazioni, delle banche e del petrolio. Tali e quali gli stessi argomenti.
Per quanto riguarda l'attività di questo Governo in sede internazionale, un conto è fare delle polemiche, un conto è fare delle azioni. Noi abbiamo compiuto, in sede di G7, G8 e in sede europea, azioni fortemente significative e indicative - perlomeno questo noi riteniamo e questo ritengono da fuori - in ordine ai fatti che si stanno determinando.
Onorevole Galletti, non si tratta di polemica tra il Ministro ombra Bersani e il Ministro Tremonti. Ho citato i numeri. Fuori dal politichese i numeri sono quelli: 2,5 in salita e 0,5 per cento. Al resto riservo poco interesse. Aspetto un emendamento Galletti che riduca le tasse e identifichi le coperture con tagli di spesa. Lo attendo con enorme interesse e sono sicuro che sarà una cosa seria: vera riduzione delle tasse e veri tagli. Ci dica dove e come e noi siamo ben lieti di accogliere i suoi suggerimenti. Altrimenti, per favore...

GIAN LUCA GALLETTI. Il vostro programma elettorale...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Senta, avendo poco interesse alle polemiche, le rileggo il testo del nostro programma elettorale.
Vi è scritto che la realizzazione del nostro programma è sottoposta a tre vincoli essenziali. Innanzitutto il vincolo costituito dalla crisi economica in atto nel mondo e in Italia; una crisi che può aggravarsi e che in questi ultimi due anni è stata irresponsabilmente ignorata o sottovalutata dal Governo Prodi. Se volete avere il paradigma...

GIAN LUCA GALLETTI. Le leggo il suo programma a pagina 3: graduale e progressiva riduzione della pressione fiscale...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Io sto leggendo... Onorevole Galletti, lei non può prendere singole parti. Io sto leggendo la pagina finale (Commenti)...

PRESIDENTE. Il Ministro risponde e poi... (Commenti). Il programma si applica anche per pezzi. Prego, Ministro Tremonti.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Onorevole Galletti, io non l'ho interrotta e la prego di non interrompermi.
Come dicevo, il nostro programma contiene quelle indicazioni e chiude con questa formula essenziale che abbiamo costantemente ripetuto in campagna elettorale. Lei forse è l'unico che non l'ha ascoltata, ma lo capisco, perché ha perso le elezioni. Questo programma ... (Commenti


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del deputato Gian Luca Galletti). La prego non interrompa. Vuole replicarsi?
Comunque, il programma va considerato sull'arco dell'intera legislatura e sarà realizzato entro i suoi termini (cinque anni sono un periodo). Diciamo che ci sono delle criticità che possono rendere difficile e problematico realizzare il programma. Una di queste è la crisi in atto. Siamo stati gli unici a parlare di crisi, perché siamo quelli che l'avevano vista.
Vuole un paradigma di letteratura politica? Ebbene, rilegga l'intervento svolto alla Fiera del Levante, nel settembre del 2007, dal Presidente Prodi. Il paradigma era: futuro magico e progressivo, e tutto per effetto dell'azione del suo Governo. Poi le cose sono andate, e stavano già andando, un po' diversamente. Quello è un testo di letteratura politica molto rilevante. E noi abbiamo scritto: la crisi è stata ignorata o sottovalutata.
Vi è, ancora, il vincolo imposto dagli impegni di trattato e quello costituito dall'attuale instabile equilibrio dei conti pubblici italiani. Sapevamo che non saremmo scesi dall'1,9 per cento in giù, ma che saremmo saliti. Questo è quello che responsabilmente abbiamo inserito nel nostro programma.
Ringrazio l'onorevole Ravetto per il suo intervento.
Per quanto riguarda l'ultimo intervento, l'onorevole Fugatti ha colto l'essenza del problema. Noi non stiamo parlando di inflazione, ma stiamo parlando di una cosa diversa, in qualche modo tremendamente più grave. L'inflazione interna - credo ve lo dirà l'ISTAT nella sua audizione - ha una sua dinamica e una sua dimensione, che provano quanto c'è stato di intelligenza e di moderazione, Italia su Italia, nei rapporti economici.
Quello che si sta sviluppando non è inflazione, ma è una cosa mostruosamente diversa: è l'effetto che viene dall'esterno, per tutti i Paesi europei, dalla speculazione. Trovo tragico che in una sede politica come questa non si usi ancora la parola più vera e drammatica, ma si preferisca la polemica interna. La parola è «speculazione» e riguarda fatti esterni che arrivano all'interno. Se pensate che la soluzione dei problemi sia solo interna, vi sbagliate, la vostra è un'illusione ottica. Si tratta di fatti esterni che hanno un impatto interno.
Noi tentiamo di tenere in tutti i modi la struttura del bilancio, la struttura del risparmio, il sociale, ma sappiamo che o si agisce sull'esterno oppure non si ha un effetto positivo. Chi ha a cuore gli interessi della gente - e noi sappiamo che da anni c'è un effetto di impoverimento regressivo e di erosione delle basi delle strutture di solidarietà sociale - tradisce l'interesse di chi dice di difendere, se si mette a discutere in termini polemici e interni senza capire qual è la causa del male. E molti, sebbene non in Parlamento, sono anche complici. Questa è la cosa ancora più grave.

PRESIDENTE. Considerati i tempi dell'Aula e il numero degli iscritti, visto che questa non è la sede per una discussione generale, ma per porre domande, darò la parola ai colleghi, in blocchi di quattro, per un minuto. Un minuto è più che sufficiente per porre domande.

ENRICO MORANDO. Per favorire un accordo tra le parti sociali su un nuovo modello contrattuale, che è nell'interesse del Paese, non sarebbe meglio assumere come obiettivo di inflazione programmata quello dell'autorità monetaria, la BCE, cioè il 2 per cento?
È molto lontano dal tasso di inflazione reale, come è giusto che sia, ma non è quello dell'1,7 per cento addirittura inferiore al target della BCE, che mi sembra completamente irrealistico e provoca più problemi, anche nella lite che è in corso, di quanti non ne risolva.
In secondo luogo, in questo contesto non ritiene che sia pericolosissima l'introduzione di qualsiasi elemento di indicizzazione, per esempio l'indicizzazione totale, meccanica che è prevista nell'accordo sugli autotrasportatori fatto da questo Governo nei giorni scorsi?
Infine, la terza domanda. In una manovra così concentrata sull'obiettivo, in sé


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quantitativamente condivisibile, della riduzione della spesa corrente primaria, non ritiene che sia una scelta suicida quella contenuta nel decreto di eliminare la commissione tecnica per la finanza pubblica? La commissione è l'unico strumento che io conosca a disposizione del Parlamento per valutare l'efficacia di una spending review ben organizzata con la conseguente definizione di obiettivi. Non conosco un altro lavoro che abbia dato tante informazioni al Parlamento come il lavoro della commissione tecnica. Se volete, cambiatene la composizione, come è nel vostro diritto, ma salvatene la struttura. L'eliminazione di quella commissione, secondo me, è un errore grave anche dal vostro punto di vista, un errore del sistema Paese.

RENATO CAMBURSANO. Signor Ministro, concordo con lei sulla riforma dei servizi pubblici locali, ma ritengo che sia stato fatto un piccolissimo passo in avanti. Bisognava avere più coraggio, come ha già detto il collega Galletti.
Sono assolutamente concorde sul fatto che dobbiamo far uscire i comuni, la mano pubblica dalla gestione dei servizi.
Signor Ministro, non so se lei abbia i titoli morali - non voglio dubitarne, né posso non convenire sulla valutazione che ha fatto nel corso degli anni su quanto stava avvenendo fuori dal Paese, che ricade pesantemente anche sull'Italia - ma una cosa è certa: mi annovero tra quanti quei titoli ce li hanno e ci sono interventi miei in questo senso, nel passato almeno decennale, che dicono sostanzialmente le stesse cose.
Mi permetto di dire - e sono disponibile a ragionare con lei - che sono altrettanto preoccupato delle vere paure del Paese, delle vere paure del cittadino, come ho già detto ieri in un intervento in aula, e soprattutto delle paure e della crisi che possono derivare dalla speculazione finanziaria. Mi riferisco ai famosi credit default swap, per esempio, ma non soltanto a questi.
Cosa possiamo fare? In termini di sistema Paese posso convenire che non si possa fare molto. Sicuramente, però, ragionando insieme si potrebbe arrivare a realizzare delle iniziative a livello internazionale.
Un'ultima considerazione. Non è stato detto nulla, e lo ritengo gravissimo, sull'azione contro l'evasione e l'elusione fiscale, che nei due anni precedenti hanno portato nelle casse dello Stato grandi somme da spendere.

MASSIMO VANNUCCI. Signor Ministro, intervengo per raccogliere il suo invito a parlare di proposte alternative e anche per il richiamo al dialogo di cui leggiamo sui giornali di oggi. A chi l'ha criticata per aver stimato un'inflazione programmata all'1,7 per cento, lei ha fornito il numero della Banca centrale europea, che conferma che al 2 per cento si potrebbe arrivare.
La mia domanda è questa: malgrado ci sia un'invarianza dei consumi interni, voi stimate un gettito in calo delle imposte indirette nel 2008 per circa 6,5 miliardi. La combinazione di una inflazione al 2 per cento e di una rimodulazione delle entrate e imposte indirette potrebbe forse fare recuperare un punto percentuale a salari e pensioni?

GIORGIO JANNONE. Mi piace ricordare, senza polemica con l'onorevole Bersani, che alcuni argomenti - chi ha memoria lo ricorderà - quali la Cina, l'aumento dei prezzi delle materie prime, la speculazione finanziaria, il nucleare e i rifiuti, erano stati affrontati dal Ministro Tremonti, esattamente come ha detto, e le risposte che erano state date dall'allora Governo sono state pienamente confutate dalla realtà.
Ricordo gli allarmi lanciati sulla Cina, il modo in cui si replicava a un ipotetico protezionismo, alla crescita delle materie prime e alle proposte che si avanzavano. Ricordo le decisioni assunte sul nucleare e sulla gestione dei rifiuti. Questi sono dati oggettivi, non c'è possibilità di dire che non è andata in questo modo.
In ogni caso, credo che si debba accogliere, perché utile, logico ed importante, la proposta dell'onorevole Bersani


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quando dice che dobbiamo ragionare insieme sulle soluzioni. Signor Ministro, siccome questa manovra incide non poco, nel suo approccio a sfondo sociale, nel rapporto fra Stato ed enti locali - che vengono considerati sì dal punto di vista di riduzione dei costi, ma anche come un'occasione di investimento, soprattutto per il piano casa - le chiedo qualche lume su uno dei temi centrali per i cittadini italiani, ossia la possibilità di avere nella casa un'occasione importante per aumentare il proprio benessere.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Comincio rispondendo al senatore Morando. Come ha detto, la BCE parla di un tasso di inflazione del 2 per cento. In base ai meccanismi della legge italiana, l'inflazione deve stare un certo livello al di sotto di quella programmata, altrimenti non funziona il meccanismo. Non mi chieda se credo o meno in quel meccanismo: questa è la legge, e non l'ho certo fatta io.
In ogni caso, nel DPEF abbiamo riportato la percentuale che ci sembrava coerente con le strutture di sistema. Sappiamo bene che la realtà è molto diversa. Vi invito, al riguardo, ad ascoltare con molta attenzione ciò che dirà il Presidente dell'ISTAT, e potrete verificare che vi dirà le stesse cose che vi dico io.
Un conto è l'inflazione interna; un altro conto è la mostruosità che si sta manifestando, che è la speculazione. Voi potete fare tutte le discussioni che ritenete giuste, ma il centro del problema - insisto - è quello della speculazione sui prezzi. Vedo fastidio e noia, non sono temi coerenti con la tradizione politica italiana: guardate fuori, non guardate dentro, se volete rendere un servizio alla gente.
Il problema non è la BCE, bensì la speculazione. Questo spiega perché poi c'è gente che vota contro certe scelte. La sostanza è quella che ho cercato di dire. Io sono convinto di ciò; voi avete altre idee, fate vobis. Comunque sia, «speculazione» è una parola che dà fastidio e che è difficile dire.
Secondo il senatore Morando il cuore del problema è la commissione tecnica per la spesa pubblica tanto che sarebbe un suicidio per il Governo eliminare una commissione così collegata alla spesa pubblica, da esserne uno dei fattori di costo. Se quei signori decidono di lavorare gratis, saranno i benvenuti. Noi riteniamo che il Parlamento abbia...

PAOLO GIARETTA. Perché deve offendere chi ha lavorato per lo Stato?

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Vede, esistono delle funzioni che si chiamano di civil service. In tempi meno burocratici, quell'apporto da parte di personalità, con caratteristiche di capacità intellettuali e via dicendo, era gratuito.

PAOLO GIARETTA. Vedrà che ne troverà tanti che lavorano gratis!

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Va bene, allora ricostituiamo la commissione sulla spesa pubblica.
Io credo nel Parlamento e sono convinto che il Parlamento, con i suoi servizi tecnici, abbia capacità superiori a quelle espresse dalla commissione per la spesa pubblica. Tuttavia, se c'è una scissione tra la commissione e la spesa pubblica, nel senso che quella commissione lavora gratis, con compensi simbolici, saremo ben lieti. I compensi, lo ricordo, non erano affatto simbolici. Le do questa informazione.
L'onorevole Cambursano ha fatto un intervento che in parte condivido.

ENRICO MORANDO. Sugli autotrasportatori ci vuole dire una parola? L'indicizzazione dell'accordo con gli autotrasportatori come la valuta? Le avevo chiesto anche di questo, vuole rispondere un attimo?


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GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Mi riservo di assumere informazioni.
Dicevo che condivido in gran parte l'intervento dell'onorevole Cambursano. Quello sui servizi pubblici locali è un punto sul quale la scelta del Governo va nel senso di un maggiore equilibrio tra privato e pubblico. Riteniamo che la titolarità dei beni debba restare pubblica e che la gestione possa essere privata. Tutte le altre scelte alternative sono possibili. A noi sembra equilibrata quella scelta.
Per quanto riguarda ipotesi di azioni dell'Italia o dell'Italia con gli altri Paesi europei verso i veri grandi fenomeni, quelli che lei cita - gli altri possono riempire le cronache dei giornali italiani, ma non riempiono le tasche dei cittadini italiani -, se c'è la disponibilità per azioni su quel fronte, sue personali o della sua forza politica, ben venga. Ripeto, puoi riempire le aule, i giornali e i telegiornali, ma con questa visione vecchia non si riempiono le tasche dei cittadini.
Per quanto riguarda l'evasione fiscale, le segnalo un dato essenziale. Se ci fosse stato davvero un «megarecupero», ossia se la tendenza alla crescita che si è manifestata nel biennio scorso non fosse stata dovuta all'economia, ma tutta alla lotta all'evasione fiscale, avremmo dovuto avere un andamento strutturale continuo. Magari fosse così, ma purtroppo non è così.
Un grosso effetto è stato prodotto dalla riforma della riscossione. Mi permetto di segnalare che la riforma della riscossione e la statizzazione delle esattorie, che prima erano private, è stata adottata dal Governo Berlusconi nel 2006 e ha prodotto un grosso effetto.
C'è un altro punto che io ritengo fondamentale nella strategia di contrasto all'evasione: il coinvolgimento dei comuni all'accertamento. Non ci sono grida che compensano questo tipo di impegno. La partecipazione dei comuni all'accertamento, dal nostro punto di vista, è fondamentale nella strategia contro l'evasione fiscale.
Onorevole Vannucci, noi abbiamo portato avanti delle previsioni che riteniamo prudenzialmente realistiche. Se ci saranno effetti positivi saremo i primi a registrarli, i primi a festeggiarli, i primi a discutere su come utilizzarli. Non pensiamo, però, che sulle previsioni, fatte magari in uno scenario economico avverso, possa esserci lo strumento di copertura. Se ci saranno quelle entrate, sarò il primo a festeggiarle con lei e sarò il primo a discutere con lei circa l'utilizzo (Commenti del deputato Massimo Vannucci). Io credo che abbiamo applicato le ragioni della prudenza. Tuttavia, se ci sono effetti diversi saremo i primi a condividerli con lei.
Vengo alla domanda dell'onorevole Jannone. Non voglio fare nomi, ma c'è stata una tendenza mondialista e antinuclearista. Adesso ci sono i pentiti della globalizzazione e quelli che dicono che il nucleare non serve. Noi siamo convinti del fatto che la globalizzazione è stata positiva, ma anche negativa; infatti se adesso vai per strada te lo spiegano.
C'è un dato che io giudico incredibile, quello segnalato sull'Eurobarometro di primavera in merito a che cosa pensa la gente della globalizzazione. Il 60 per cento della gente in Europa pensa che la globalizzazione sia un fatto negativo. In quella percentuale non c'era, non c'è e non ci sarà l'onorevole Bersani.

PIER LUIGI BERSANI. Legga anche qualcosa di quello che scrivono gli altri...

GIULIO TREMONTI, Ministro dell'economia e delle finanze. Onorevole Bersani, posso assicurarle che i suoi scritti sono oggetto della mia particolare attenzione. Mi rendo conto che è difficile essere nella posizione di chi ha predicato la globalizzazione come fenomeno positivo e poi, andando in giro, si accorge di essersi sbagliato (Commenti del deputato Pier Luigi Bersani). Lei ci diceva che la Cina avrebbe risolto i nostri problemi, ma adesso ci accorgiamo che non è così.
Per quanto riguarda l'energia, questo Paese ha due debiti: il debito pubblico e il debito energetico. Il debito pubblico deriva dalla storia politica di questo Paese, mentre il debito energetico deriva da varie


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circostanze, tra le quali anche la nostra storia politica, e dal rifiuto del nucleare. Sappiamo anche noi che le auto non vanno a energia nucleare, ma dobbiamo avere una visione generale dell'economia di questo Paese e di quanto costa l'energia.
È chiaro che non esistono le auto che utilizzano energia nucleare, ma è altrettanto chiaro che il debito energetico potrebbe scendere, come negli altri Paesi, se ci fosse il nucleare.
Scelte sbagliate e reiterate costringono la gente a vivere peggio. Grazie.

PRESIDENTE. L'Assemblea della Camera prevede votazioni quasi immediate, dunque dobbiamo concludere la nostra audizione. Mi scuso con i colleghi che non sono potuti intervenire, ringrazio quanti hanno preso la parola e il Ministro per la presenza.

La seduta termina alle 9,50.

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