Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Torna all'elenco delle audizioni
Commissioni Riunite
(V Camera e 5a Senato)
1.
Giovedì 22 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 3

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, dottor Maurizio Prato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196) (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati):

Marinello Giuseppe Francesco Maria, Presidente ... 3 4 5 8 9 14
Alfano Gioacchino (PdL) ... 5 13
Duilio Lino (PD) ... 9
Giaretta Paolo (PD) ... 9
Legnini Giovanni (PD) ... 7 13
Marchi Maino (PD) ... 7
Mercatali Vidmer (PD) ... 6
Prato Maurizio, Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 4 9 12 13 14
Vannucci Massimo (PD) ... 8 9 12 14

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore dell'Agenzia del demanio, dottor Maurizio Prato ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
5a (PROGRAMMAZIONE ECONOMICA, BILANCIO) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 22 aprile 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI GIUSEPPE FRANCESCO MARIA MARINELLO

La seduta comincia alle 9.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del direttore dell'Agenzia del demanio, dottor Maurizio Prato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento della Camera dei deputati, del direttore dell'Agenzia del demanio, dottor Maurizio Prato, nell'ambito dell'esame dello schema di decreto legislativo recante attribuzione a comuni, province, città metropolitane e regioni di un proprio patrimonio (Atto n. 196).
Sono presenti, in rappresentanza dell'Agenzia del demanio, anche la dottoressa Anna Lilli, direttore normativa e contenzioso, l'ingegner Paolo Maranca, direttore area operativa, il dottor Edoardo Maggini, direttore pianificazione, e la dottoressa Paola Cambria, direttore comunicazione.
In rappresentanza del Governo è presente il sottosegretario per la semplificazione normativa, Francesco Belsito.
Do la parola al dottor Prato per lo svolgimento della relazione.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Grazie, presidente e buongiorno. Ho inviato preliminarmente il testo del mio intervento, che credo sia stato distribuito agli onorevoli e ai senatori. Nell'illustrazione non seguirò il testo che vi è stato distribuito, e che chiedo l'autorizzazione di depositare, ma mi limiterò a farne una sintesi dei contenuti.

PRESIDENTE. Scusi, dottore, a tale proposito, chiedo sia a lei, sia a chi interverrà dopo di lei, dal momento che avete già predisposto una relazione scritta, di focalizzare nei vostri interventi gli aspetti della stessa che ritenete più importanti per poi lasciare un po' di tempo alle domande.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Alla luce del suo intervento, tralascio i ruoli e i compiti dell'Agenzia del demanio in generale e le eventuali criticità per soffermarmi su quelle che credo siano le problematiche di maggiore interesse.
Il primo punto che vorrei subito chiarire è che la denominazione di Agenzia del demanio può indurre in equivoco, nel senso che potrebbe lasciare intendere una competenza generale sulla gestione di tutti i beni facenti capo allo Stato, mentre non è così: l'Agenzia del demanio gestisce solo una parte del patrimonio dello Stato, qualificato sia come demanio, sia come patrimonio disponibile e indisponibile.
Per quanto riguarda il demanio, la competenza dell'Agenzia è limitata a una


Pag. 4

parte ridotta e residuale di quello storico-artistico, vale a dire ai beni la cui gestione non è affidata esclusivamente al Ministero per i beni e le attività culturali.
Per quanto riguarda il patrimonio indisponibile, ossia essenzialmente i cosiddetti usi governativi, cioè gli immobili di proprietà dello Stato, che sono in uso ad amministrazioni centrali dello Stato, la competenza dell'Agenzia del demanio è sostanzialmente piena, come anche per il patrimonio disponibile, che è costituito da una serie di immobili di cui nelle tavole allegate alla relazione, che ho chiesto di poter depositare, è indicato anche il relativo importo. Esso è oggi quantificabile nell'ordine di 3,2-3,3 miliardi di euro e corrisponde al patrimonio ritenuto non strategico, vale a dire che non è utilizzato per le esigenze delle amministrazioni centrali dello Stato e, quindi, oggetto di processi di dismissione, di valorizzazione o di intese, anche attraverso permute, mediante protocolli stipulati con gli enti territoriali.
Su questo tipo di attività l'Agenzia, negli ultimi tempi, ha particolarmente focalizzato l'attenzione, definendo moltissimi protocolli con gli enti territoriali e, anche in questa fase, nonostante il chiaro indirizzo in tema di federalismo, assistiamo a un comportamento non univoco da parte degli enti territoriali.
In particolare, alcuni enti sono orientati, in attesa che divenga efficace il decreto legislativo in tema di federalismo, anche a rivedere o sospendere alcuni protocolli sottoscritti, dal momento che alcuni di tali beni potrebbero venire loro assegnati gratuitamente; altri enti territoriali, invece, stanno portando avanti, in questa fase, l'avvio di protocolli in senso tradizionale, che spesso hanno ad oggetto lo scambio di beni.
L'Agenzia del demanio, che amministra il patrimonio dello Stato, lo fa nell'ottica di acquisire allo Stato beni di proprietà degli enti territoriali sui quali le amministrazioni dello Stato sono in locazione passiva, quindi nell'ottica di ridurre gli oneri per lo Stato, cedendo in cambio agli enti territoriali beni dello Stato che sono di utilità dei comuni. Si tratta di un filone di concertazione che è andato avanti in piena intesa tra Stato ed enti territoriali.
Nelle tavole contenute nel documento che ho consegnato si trova la ripartizione del patrimonio complessivo dello Stato, con la suddivisione sotto il profilo sia del demanio, sia del patrimonio disponibile e indisponibile; sono indicati, inoltre, tutti gli altri soggetti che hanno competenze nella parte di patrimonio e di demanio non gestita dall'Agenzia.
Per quanto riguarda il tema specifico dello schema di decreto legislativo in esame, mi soffermerò ad illustrare le ricadute sull'Agenzia del demanio.
Sotto il profilo dei contenuti, presidente, nello schema di decreto legislativo che mi è stato trasmesso per le valutazioni da parte del Ministero dell'economia e delle finanze, che è quello varato dal Consiglio dei ministri e non so se la Commissione abbia, invece, uno schema successivo...

PRESIDENTE. Ritengo che sia lo stesso.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Allora, nella versione approvata dal Consiglio dei ministri, lo schema prevede, come è noto, il trasferimento, su richiesta degli enti territoriali, di beni appartenenti al demanio pubblico dello Stato, vale a dire demanio marittimo, idrico, aeroportuale ed altro, e al patrimonio disponibile, fatti salvi i beni che sono inseriti in protocolli di intesa già sottoscritti.
Premesso che i beni demaniali non sono valorizzati nel conto patrimoniale dello Stato, con parziale eccezione di quelli storico-artistici in gestione all'Agenzia del demanio, non è possibile valutare sin d'ora quale sarà la richiesta degli enti territoriali per quanto riguarda il patrimonio disponibile, perché non è dato conoscere quale può essere tale patrimonio.
La base di riferimento - lo ripeto perché sia chiaro - è di circa 3 miliardi di euro di beni. Questo è il patrimonio disponibile gestito dall'Agenzia del demanio.


Pag. 5

Di questi 3 miliardi circa, un miliardo è oggetto di protocolli sottoscritti o in fase di sottoscrizione e, quindi, in teoria, sarebbe escluso. I protocolli, peraltro, non prevedono, in caso di non attuazione, penalità od obblighi. Si tratta di una cornice che poi deve trovare una concreta attuazione.
Un'altra parte del patrimonio disponibile, circa 700 milioni di euro, è oggetto di procedure di dismissione da parte dell'Agenzia del demanio, secondo processi di vendite ordinarie; procedimenti che, evidentemente, nel momento in cui prenderà efficacia il decreto legislativo, verranno senz'altro fermati, ma sui quali ora stiamo andando ancora avanti, conformemente all'indirizzo che abbiamo ricevuto, attraverso la pubblicazione di bandi per la dismissione del patrimonio non strategico.
Il resto dei beni, ossia la parte in vendita e quella residua, può essere oggetto di richiesta da parte degli enti territoriali.
Per quanto riguarda il profilo reddituale, le minori entrate - credo che sia uno dei temi che interessa in particolare alle Commissioni - potenzialmente trasferibili, in quanto connesse ai beni suddetti, sono quantificabili, sulla base dei dati di consuntivo 2009, con riferimento ai codici tributo gestiti dall'Agenzia del demanio, nell'ordine di 237 milioni di euro, un dato che si discosta leggermente in aumento da quello che ho visto indicato dalla Ragioneria, che, se non vado errato, è pari a 189 milioni di euro.
Tale discrasia può essere dovuta al fatto che probabilmente la Ragioneria ha considerato solo alcuni dei codici tributo e che ha fornito un dato preventivo del 2010, mentre il nostro è relativo al consuntivo del 2009.
Per quanto attiene all'operatività dell'Agenzia, l'attuazione piena di quanto previsto nello schema di decreto legislativo, con particolare riferimento al trasferimento dei beni demaniali, consentirebbe di liberare parte delle risorse dell'Agenzia oggi impiegate in attività di generica tutela dominicale di beni la cui gestione e il cui potere concessorio è trasferito in capo alle regioni, per far fronte a nuovi, pregnanti e impegnativi ruoli attribuiti alla stessa Agenzia dalla finanziaria 2010. Mi riferisco, in particolare, ai processi di razionalizzazione degli usi governativi e alla gestione, nel ruolo di conduttore unico, delle locazioni passive, oggi direttamente gestite dalle amministrazioni centrali dello Stato.
Sono previsti poi alcuni adempimenti, anche piuttosto laboriosi, dal decreto legislativo per quanto riguarda gli aspetti procedurali e attuativi della norma.
Terminerei qui la mia sintesi, presidente.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIOACCHINO ALFANO. Ringrazio il dottor Prato per essere con noi questa mattina e per la sua disponibilità e puntualità, anche in considerazione del fatto che abbiamo dovuto anticipare l'orario dell'audizione da oggi pomeriggio a questa mattina.
Sono il relatore in Commissione bilancio della Camera, però lei sa bene che anche il Senato sta esaminando contestualmente con noi il provvedimento e che, in più, è in corso il lavoro della Commissione bicamerale; spero, quindi, che quest'audizione possa essere un patrimonio per tutti i soggetti che ho ricordato.
Pongo una prima breve domanda, perché non voglio togliere ai colleghi il tempo per formularne altrettante. Non entro nelle valutazioni generali, ma riprendo riflessioni già espresse ieri.
La valutazione che voi effettuate del patrimonio tiene conto, ovviamente, della loro destinazione vigente, ossia della loro destinazione urbanistica. Ma è in atto un dibattito molto acceso sulla possibilità nell'assegnazione a chi ne fa richiesta, di valutare anche la possibilità di modificarne la destinazione.
Stiamo valutando, come Commissione bilancio, l'effetto di tale variazione, e, in particolare, se è contestuale e, quindi, matura nel momento in cui il bene è acquisito dall'ente che ne fa richiesta. Le


Pag. 6

chiedo, quindi, in generale, se immagina che i beni saranno destinati alle funzioni proprie in base alle caratteristiche del bene o se ci saranno molte richieste di variazioni. Con riferimento ai 3 miliardi che voi valutate, la questione non è tanto, dunque, se il valore sia maggiore o inferiore rispetto a quello stimato, ma se lei immagina che i beni che verranno trasferiti saranno cambiati nella loro destinazione.
Passo alla seconda domanda. Personalmente sono contrario alla richiesta di trasferimento dei beni da parte degli enti territoriali, qualora la stessa sia intesa come mera possibilità. Se la norma rimane così com'è e se funziona su richiesta degli enti interessati, al di là della difficoltà di valutazione fra le richieste dei diversi enti in concorrenza tra di loro, mi chiedo se non si corra il rischio che vengano richiesti solo i beni che possono essere più interessanti e non rimangano poi allo Stato - pur partendo dal presupposto che tutti i beni abbiano un valore - solo quelli che hanno un valore minore.
Le domando se lei ritiene che, alla fine, tale sistema debba essere modificato o debba essere inteso solo come un sistema transitorio, in base al quale nel primo periodo di applicazione il trasferimento possa avvenire solo su richiesta, mentre successivamente lo stesso possa avvenire in modo quasi automatico, se l'obiettivo è quello, come si sostiene, di arrivare a una distribuzione territoriale dei beni stessi.
Con riferimento alla preoccupazione, che ho prima ricordato, relativa al rischio di concorrenza delle richieste dei vari enti, mi interessa sapere come si può risolvere tale questione anche in relazione alla funzione di copertura del debito e del deficit riconosciuta a tali procedimenti. In particolare, le chiedo se sia opportuna una ricognizione preventiva di tutti i beni, anche alla luce del fatto che sono già in corso provvedimenti che hanno tentato, in generale, di trasferire i beni dello Stato a enti locali. Al riguardo, lei addirittura riferiva di convenzioni e di permute che avete stipulato.
Le chiedo, quindi, quale valutazione ha svolto di quella che può essere la conclusione della norma e, quindi, quale è la percentuale di beni che rimangono? Questa è la preoccupazione che le esprimo anche alla luce dei lavori svolti ieri.

VIDMER MERCATALI. Formulo una prima domanda. Le chiederei se il meccanismo previsto nell'atto del Governo di trasferimento dei beni a domanda degli enti non sia tale da creare non pochi problemi in futuro: in particolare, fra le regioni che possono stabilire leggi e regolamenti diversi per la gestione di beni demaniali analoghi e, all'interno anche della stessa regione, fra le province.
Personalmente, ritengo che tale meccanismo sia in grado di creare non poche problematiche e, quindi, vorrei capire che cosa ne pensa. Questo è un punto molto delicato e, se non si interviene a livello legislativo per dare una regolamentazione uniforme su tutto il Paese, corriamo il rischio di avere un Paese a macchia di leopardo, dove beni analoghi vengono gestiti in maniera del tutto differenziata.
Sono molto preoccupato, conoscendo non bene, ma un po' il Paese, per l'introduzione di un meccanismo di questo tipo. Chiederei una sua opinione perché, per noi che dobbiamo poi legiferare e intervenire nel processo legislativo, questo è un punto rispetto al quale bisognerebbe avere un orientamento e capire le diverse opinioni.
Vengo alla seconda questione. Il decreto legislativo prevede un'alienazione del patrimonio. Nella finanziaria del 2006 si prevedeva un meccanismo in base al quale, a fronte di alienazione patrimoniale, le entrate derivanti da tale processo erano destinate alla riduzione del debito. Il provvedimento in esame non solo non dispone alcun meccanismo simile, ma non prevede neanche meccanismi, a fronte di un processo di valorizzazione, come veniva chiesto, che tendano a contribuire alla diminuzione e alla riduzione del debito.
Questo è punto fondamentale e cruciale, nel momento in cui si va a compiere un processo di alienazione per una cifra di


Pag. 7

3,3-3,4 miliardi - che se non mastodontica è comunque significativa - in una situazione di equilibrio dei conti patrimoniali del Paese rispetto alla quale sicuramente non c'è da stare troppo allegri e che merita un'attenzione particolare. Credo che la questione dovrebbe essere affrontata in maniera diversa, attraverso un meccanismo che preveda, secondo una politica saggia, un'alienazione del patrimonio e una riduzione del debito.
Vorrei conoscere una vostra opinione anche su questo punto, perché è un altro elemento rispetto al quale, se andiamo a legiferare, sarebbe utile che avessimo un orientamento molto preciso per poi assumere decisioni rispetto alla legge che stiamo esaminando.

MAINO MARCHI. Grazie, presidente. Ringrazio il dottor Prato e sollevo una questione specifica.
L'articolo 19 della legge delega n. 42 del 2009, nell'individuare i criteri per l'adozione dei decreti legislativi, in modo particolare proprio questo sul patrimonio di comuni, province, città metropolitane e regioni, alla lettera d) del comma 1, fa riferimento all'«individuazione delle tipologie di beni di rilevanza nazionale che non possono essere trasferiti, ivi compresi i beni appartenenti al patrimonio culturale nazionale».
Nello schema di decreto legislativo, al comma 2 dell'articolo 5, quando si affronta tale aspetto, si fa riferimento ai «beni appartenenti al patrimonio culturale, salvo quanto previsto dalla normativa vigente»; non c'è più un riferimento esplicito all'esclusione del solo patrimonio culturale nazionale.
Chiedo una valutazione da parte del dottor Prato rispetto ai riflessi che ciò può avere anche in termini di dimensione e alla situazione concretamente in atto relativamente al nostro Paese.

GIOVANNI LEGNINI. Volevo porre alcune domande.
Nella documentazione che è stata depositata questa mattina è indicata una stima dei beni gestiti dall'Agenzia del demanio. In primo luogo, vorrei conoscere se l'inventario e la stima risultano aggiornati, anche con riferimento al valore dei beni, e, se così non fosse, a quale periodo temporale si fa riferimento, considerando anche l'evoluzione della legislazione sui compiti e sulla funzione dell'Agenzia del demanio negli ultimi anni.
In secondo luogo, il dottor Prato ha opportunamente precisato che vi sono numerosi altri enti gestori del patrimonio pubblico statale. So che probabilmente lei non è il soggetto più idoneo a fornire una risposta di tal genere, ma, confidando nella professionalità dell'Agenzia del demanio, le chiedo se avete un quadro dei diversi enti gestori, dei beni gestiti da ciascuno e della stima dei beni stessi. Occorre, infatti, considerare che noi parlamentari siamo chiamati a esprimere un parere su un ingente trasferimento di cespiti immobiliari senza sapere quali sono i valori in gioco.
In particolare, credo che sia opportuno conoscere qual è lo stato dei processi di dismissione e valorizzazione dei beni del demanio militare individuati per tali finalità; in merito era stato avviato un processo, che non ha avuto seguito in virtù di scelte opposte da parte del legislatore negli anni recenti.
Passo a un'altra domanda. L'articolo 4 del decreto tratta lo status dei beni che saranno trasferiti agli enti territoriali. Sostanzialmente, questa norma, se non ho mal compreso, opera un'inversione dello status stesso: attualmente i beni sono indisponibili a meno che, per loro destinazione o per disposizioni di legge, diventano disponibili, mentre questa norma dispone, invece, che i beni che saranno trasferiti a seguito dell'individuazione, con gli elenchi approvati con il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ai sensi dell'articolo 3, saranno disponibili con alcune eccezioni. È stato effettuato, se non ho mal compreso, un declassamento per via legislativa.
Che effetto ha ciò, se così è? Se una categoria di beni che oggi sono ritenuti indisponibili, per effetto di questa disposizione e per effetto del trasferimento, a seguito


Pag. 8

della formazione degli elenchi, diventerà disponibile, quindi alienabile o altrimenti utilizzabile, che conseguenza avrà ciò in termini concreti sui beni o sulla categoria dei beni che voi conoscete e gestite?
Non mi sembra un aspetto di dettaglio e credo che nel prosieguo dell'esame del decreto, si dovrà trattare questo aspetto: ritengo che sia opportuno, anche ai fini del chiarimento richiesto poco fa dal senatore Mercatali, avere informazioni in merito a quanta parte di questo patrimonio, che oggi non è collocabile sul mercato, domani lo sarà.

MASSIMO VANNUCCI. Grazie per quest'audizione. Una prima considerazione è che noi arriviamo ad esaminare questo provvedimento sul cosiddetto federalismo fiscale dopo numerosi passaggi, cartolarizzazioni, privatizzazioni, dismissioni, valorizzazioni. Ben altro sarebbe stato il suo valore se l'avessimo affrontato alcuni anni fa.
Anch'io intervengo sulla questione dei valori, perché trovo conferma, dalle parole del direttore Prato, nei dati che già a maggio 2009 l'Agenzia aveva fornito. Si parlava di 4,7 miliardi di beni manovrabili, che si riducevano a 2,82, al netto del contenzioso, delle parziali occupazioni abusive, del degrado, delle questioni manutentive e via elencando. Oggi il direttore ci comunica che sono sempre 3 miliardi, ma che per 1 miliardo sono già stati stipulati protocolli; in conclusione, quindi, si parla di beni per un valore di 2 miliardi.
Sui criteri di valutazione i colleghi sono già intervenuti. A me ne interessa uno in particolare, quello relativo al demanio marittimo e a quello idrico, difficilmente valutabile. Come l'avete valutato? È o non è compreso nei 2 miliardi? Questa è la prima domanda.
Mi sembra poi importante soffermarsi sulla portata di questo provvedimento, che, ai sensi dell'articolo 5 dello schema di decreto legislativo in esame, prevede il trasferimento dei soli beni del demanio marittimo, idrico, aeronautico civile statale e le relative pertinenze, le miniere e tutte le aeree e i fabbricati di proprietà dello Stato diversi dalle tipologie di beni immobili indicati in precedenza, salvo particolari eccezioni. In particolare, vorrei capire bene come è stata effettuata questa valutazione dei beni da trasferire e se sul demanio marittimo che voi avete gestito la volontarietà sia praticabile. In altri termini, è pensabile che una regione chieda il trasferimento di beni quali le spiagge e un'altra no?
Approfitto anche della vostra consulenza per sapere se voi avete studiato meglio - noi non l'abbiamo ancora fatto - a chi vanno i canoni, chi li determina e se dobbiamo stabilire criteri di equiparazione. Infatti, non vi è dubbio che determinate coste hanno un valore, come quelle di Forte dei Marmi, ed altre ne hanno uno molto diverso. Questo aspetto mi sembra quello più interessante, perché è di forte attualità. Sulla base della vostra esperienza, ci potete indicare come impostare meglio la questione?
La seconda domanda riguarda Difesa Servizi Spa, che immagino abbia trasferito, nel tempo e negli anni, a voi alcuni beni. Infatti nel seguire il caso di una caserma a Fano il mio interlocutore era l'Agenzia del demanio e non il Ministero della difesa. Al riguardo, vi pongo una domanda retorica. Dopo che è entrata in funzione Difesa Servizi Spa, questi beni sono tornati al Ministero della difesa o sono ancora vostri?
Vi domando, inoltre, se avete studiato, probabilmente meglio di noi, quale attuazione sarà data al comma 4 dell'articolo 5 dello schema di decreto in esame, che prevede che, entro un anno dall'entrata in vigore del provvedimento, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministero della difesa, siano individuati i beni immobili comunque in uso al Ministero della difesa che possono essere trasferiti su richiesta. In altri termini, vi chiedo quanti beni, relativamente al comparto difesa, saranno messi a disposizione del federalismo fiscale.

PRESIDENTE. Onorevole Vannucci, credo di ricordare che i canoni concessori relativamente al demanio marittimo siano di fatto già stabiliti e bloccati fino al 2015.


Pag. 9

MASSIMO VANNUCCI. Si presidente, lei si riferisce a quanto è stato disposto con il decreto «mille proroghe», ma l'entità del canone è ancora oggetto di un contenzioso aperto.

PAOLO GIARETTA. Vorrei porre una domanda su un aspetto specifico. Nell'ipotesi che tutti i comuni richiedessero il trasferimento di questa massa di beni, siete in grado di indicarci a quanto ammonta l'ICI che attualmente l'Agenzia paga su tali beni alle amministrazioni comunali?

LINO DUILIO. Chiedo scusa, presidente, ma vorrei formulare una domanda. Chiedo scusa anche ai nostri interlocutori, sia per il fatto che sono arrivato in ritardo - ho dato una scorsa alla vostra documentazione - sia perché probabilmente pongo una domanda di carattere generale che mi porto dentro da parecchio tempo e per la quale però sono interessato a una vostra risposta di merito. Infatti, dal momento che gestite questo patrimonio in una fase sostanzialmente di dismissione, potete contribuire ad aiutarmi a capire la questione, in virtù di un principio che, secondo me, risiede nella terzietà della pubblica amministrazione e che mi ha portato ancora a non convincermi delle buone ragioni delle dismissioni.
A tale proposito, ricordo le discussioni che abbiamo avuto in Commissione parlamentare di controllo sull'attività degli enti gestori di forme obbligatorie di previdenza e assistenza sociale, di cui ero vicepresidente, allorché si è deciso di alienare rilevanti quantità di patrimonio pubblico, in quel caso di proprietà dell'INPS, dell'INAIL e via elencando, con veri e propri - li definisco così - «regali di Stato». Si è verificato, infatti, come potrei tranquillamente documentare, che beni che valevano 100, nel giro di sei mesi, sono stati rivenduti a 900, ovviamente dai privati.
Inoltre, non riesco a capire, per portare un altro esempio, per quale motivo i tassi di rendimento, che sono poi la motivazione reale per cui si afferma che bisogna alienare il patrimonio, quasi fosse un fatto teologico, nel privato arrivano a valori tripli rispetto ai tassi di rendimento del pubblico, senza che ci si domandi perché non si riesca a organizzare una gestione da parte del soggetto pubblico del patrimonio tale da garantire tassi di rendimento più significativi. Si verificano fenomeni per cui alcune forze armate hanno sede, con pochi addetti, in prestigiose caserme del centro nelle migliori città italiane, laddove magari si potrebbe trasferirle altrove e affittare a Dolce e Gabbana, guadagnando come affitto dieci volte tanto.
Ripeto, potrei citare nomi e cognomi. Chiedo scusa di questa premessa un poco lunga. La mia domanda è, alla luce di queste considerazioni, se l'operazione che stiamo compiendo come Stato - utilizzando questa parola nell'accezione di istituzione, - di dismissione del patrimonio, tenendo conto di un arco temporale che non è solo quello breve, ma anche quello medio-lungo, e che, a suo tempo, come mi è stato spiegato, significava trasformare il patrimonio solido in liquido, sia un'operazione lungimirante. Vorrei sapere se, alla lunga - quando magari un giorno torneremo a riflettere sull'argomento, non solo per i «regali di Stato» che avremo fatto ma anche perché il liquido è evaporato e il solido non c'è più - potremo affermare che questa è stata un'operazione opportuna, secondo regole non romantiche, ma dell'efficienza e dell'efficacia dell'economia e della finanza, oppure no.

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Prato per la replica, invitandolo a fornire le risposte che è in grado di dare ora. Su altre questioni potrà sempre inviare alle Commissioni, sia della Camera, sia del Senato, relazioni integrative, in maniera tale da dare maggiore completezza ai nostri lavori.

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Presidente, se c'è il tempo, ritengo di poter dare risposta a tutte le


Pag. 10

domande che sono state poste e mi accingo a farlo.
Rispondo all'onorevole Alfano in merito al valore del patrimonio dello Stato e agli effetti della valorizzazione sui beni oggetto di possibile incremento di valore.
La valutazione del patrimonio dello Stato è aggiornata periodicamente dall'Agenzia del demanio sulla base di dati che sono essenzialmente quelli, con parametri di riferimento peraltro previsti per legge, dell'Osservatorio immobiliare italiano. Se lei mi chiede se tali valori corrispondono a quelli di mercato, credo di poter rispondere negativamente. Non si tratta di una valutazione effettivamente a prezzi di mercato, ma che tiene conto di aggiornamenti periodici secondo riferimenti parametrali.
Il patrimonio complessivo iscritto nel conto generale del patrimonio dello Stato, quello gestito sia dall'Agenzia, sia da altri enti dell'amministrazione pubblica, è quello che risulta a pagina 8 della relazione che ho depositato: nel conto generale del patrimonio il valore del patrimonio disponibile, di quello indisponibile e del demanio storico-artistico, limitatamente alla sola parte gestita dall'Agenzia - l'altra parte non è valorizzata - è di circa 50 miliardi di euro. Questo è il valore di libro del portafoglio di beni considerato.
Come potete notare, non è presente la valorizzazione del demanio, perché esso non è attualmente compreso nel conto generale del patrimonio. Ci possono essere diverse ragioni per le quali non si è proceduto alla valorizzazione del demanio e non sta certamente a noi, all'Agenzia, iscriverlo nel conto generale del patrimonio; è un problema della Ragioneria generale dello Stato e delle norme che regolano la materia. Peraltro, non è semplice dare un valore a buona parte del demanio, come quello marittimo, idrico e via elencando.
Per quanto riguarda le perplessità in merito alla previsione che il trasferimento di beni avvenga su richiesta da parte degli enti territoriali e che essi possano richiedere soltanto quelli utili, non posso che convenire. Su tale aspetto non vi possono però essere valutazioni da parte dell'Agenzia del demanio, ma di ordino politico.
Anticipando una richiesta che mi è stata posta successivamente, posso dire che, avendo il Ministero dell'economia e delle finanze richiesto un parere all'agenzia, a mio avviso, per alcune categorie di beni, prevedere che avvenga il trasferimento su richiesta può creare disfunzioni. Per esempio, il demanio marittimo attualmente è, in base alla riforma Bassanini di cui al decreto legislativo n. 112 del 1998, attribuito, sotto tutti gli aspetti concessori e gestionali, alle regioni, che per la maggior parte l'hanno delegato ai comuni, mentre lo Stato continua a incassare le entrate che i beni del demanio generano. Tutto il processo gestorio è, dunque, in capo alle regioni, ma lo Stato incassa.
Anche in altre audizioni sul tema specifico del demanio marittimo ho rappresentato la non funzionalità di tale meccanismo. Ciò è stato, peraltro, rilevato anche in alcune relazioni della Corte dei conti, che lo ha definito «federalismo monco», poiché non vi è stimolo all'efficienza e alla valorizzazione del bene se l'ente che lo gestisce sa che un altro incassa le entrate rivenienti da tale bene, anche se trattiene una percentuale delle entrate, ma non superiore al 15 ovvero al 20 per cento. La riunificazione potrebbe, quindi, sortire significativi effetti.
Con riferimento alle perplessità sollevate in relazione alla facoltà concessa agli enti di fare richiesta per alcuni beni, cioè per il patrimonio disponibile, a mio avviso, è ammissibile - ci tornerò sopra in risposta ad altre domande - che, in riferimento ad alcune aree e fabbricati, gli enti territoriali indichino l'interesse per alcuni e non per altri. È una scelta legislativa, politica: o si stabilisce che si prende il buono e il cattivo, oppure si dà facoltà di scelta, però non ci sono effetti particolari. Si cercherà di collocare e vendere e dare altre destinazioni ai beni che non vengono richiesti.
Pensare, però, che il demanio marittimo o idrico possa essere poi gestito a macchia di leopardo a seconda delle regioni è, a mio parere, una complicanza


Pag. 11

notevole, perché parte delle competenze rimangono incardinate in capo allo Stato, che è quindi tenuto a mantenere un sistema di controllo e di vigilanza, e parte in capo alle regioni, che decidono di optare. Su questi aspetti, francamente, vedrei alcune difficoltà di tipo operativo.
Per quanto riguarda la funzione di copertura del debito, non sono io a poter rispondere, ma va stabilito da voi parlamentari se il ricavato dei processi di alienazione dei beni in esame debba andare a riduzione del debito oppure no. A me sembrerebbe corretto farlo, però è un parere personale.
La valutazione complessiva del patrimonio dello Stato, come ho riferito, oggi non è disponibile. Finalmente nella legge finanziaria 2010 si è riusciti a introdurre una norma, quella prevista dall'articolo 2, comma 222, forse non particolarmente esaustiva, ma che, a mio avviso, ha natura epocale e rappresenta un cambio di sistema, di regime. Tale norma prevede che le amministrazioni dello Stato devono comunicare periodicamente e obbligatoriamente all'Agenzia del demanio quali sono i beni di proprietà dello Stato e di terzi che occupano a qualsiasi titolo, i livelli di interventi di manutenzione ordinaria e straordinaria e, per quanto riguarda le locazioni passive, devolvere le relative competenze all'Agenzia del demanio, che, dal 1o gennaio 2011, assumerà il ruolo di conduttore unico. I contratti di locazione per la pubblica amministrazione centrale saranno dunque stipulati dall'Agenzia del demanio, perché oggi non si riesce a conoscerli tutti.
Con l'applicazione di questa norma, che, lo ripeto, a mio avviso è importantissima, finalmente si riuscirà a fare chiarezza e forse a stabilire di che cosa è proprietario lo Stato, perché oggi non lo si sa. Ciò vale anche per le locazioni passive, perché, pur essendoci norme che prevedono e prevedevano già l'obbligo per le amministrazioni di comunicare all'Agenzia del demanio, ai fini del rilascio della congruità e del nulla osta alla spesa, le trattative che andavano avviando, non tutte lo sono state. Grazie alle risposte che avremo ai sensi di questo comma, che rappresenteranno una cartina di tornasole, potremo conoscere quante locazioni passive non sono state comunicate. Oggi a noi risultano 7.000 immobili in locazione passiva, ma credo che siano molti di più.
Credo di aver risposto al senatore Mercatali sugli aspetti connessi alla facoltà di scelta attribuita agli enti. Per quanto riguarda i problemi che possono in futuro sorgere nei rapporti tra regione, province e comuni, ciò che lei teme è possibile, però la gestione di tutti i beni del demanio è stata già trasferita da dieci anni. A noi non risultano problemi particolari di rapporti gestori tra regioni, province e comuni. Sotto questo profilo, il fatto che, oltre a essere titolari di tutti i poteri gestori, essi acquisiscano la proprietà del bene non mi pare un elemento che possa innescare problemi in tale rapporto, se non ci sono stati finora. È una valutazione mia personale.
Del fatto che, in relazione all'alienazione del patrimonio, nella finanziaria per il 2006 era previsto un meccanismo di riduzione del debito, abbiamo già discusso. È un problema di chi legifera, su cui non posso esprimermi.
In risposta all'onorevole Marchi, che richiamava l'articolo 19 della legge delega n. 42 del 2009 sull'individuazione di categorie di beni che non possono essere trasferiti e l'articolo 5 dello schema del decreto legislativo per quanto riguarda i beni storici e artistici, ricordo che la normativa vigente, per quanto riguarda il patrimonio storico-artistico - mi riferisco sempre a quello gestito dall'Agenzia del demanio; una tavola nella relazione che ho depositato, a pagina 12, ne mostra la segmentazione - consente la dismissione attraverso il parere vincolante delle sovrintendenze.
Si tratta, infatti, per la gran parte, di beni non alienabili ed è evidente che ogni atto che l'Agenzia del demanio compie in base alla normativa vigente passa attraverso le sovrintendenze. In alcuni casi, per alcuni beni storico-artistici, esse hanno consentito la dismissione.


Pag. 12


Apro una parentesi. Ricordo che nel nostro sistema è qualificato come storico-artistico ogni bene che ha più di 50 anni e, quindi, sotto questo profilo ritengo che tutte le abitazioni costruite negli anni Cinquanta siano beni storico-artistici.
La maggior parte dei beni storico-artistici in gestione all'agenzia è oggetto di processi di concessione, che possono essere rivolti, nella maggior parte, agli enti territoriali, ma anche a privati. Queste ultime sono le cosiddette «concessioni di valorizzazione», cioè concessioni a termine, fino a un massimo di 50 anni, che consentono di far carico al privato di sostenere gli oneri di ristrutturazione dell'immobile che lo Stato non è in grado di effettuare. Il bene rimane comunque di proprietà dello Stato e ritornerà a esso al termine del periodo di concessione.
Al senatore Legnini rispondo che ho già parlato della stima dei beni gestiti. L'ultimo livello di aggiornamento è del 2008. Il quadro dei diversi enti gestori è riportato nelle tabelle allegate alla relazione, a pagina 4, 5, 6; vi figura la segmentazione per tipologia di patrimonio degli enti che intervengono nel processo di gestione.
Per quanto riguarda i beni del demanio militare, non rientrano più nella competenza dell'Agenzia del demanio. Fino al periodo antecedente il decreto-legge n. 112 del 2008, la disciplina degli usi governativi prevedeva che i beni dismessi dal Ministero della difesa rientrassero nella disponibilità piena dello Stato e, quindi, nella gestione dell'Agenzia del demanio, che poi ne avviava i processi di utilizzo come usi governativi per le amministrazioni centrali, qualora richiesti, ovvero di valorizzazione o di dismissione.
Con alcuni decreti antecedenti al decreto-legge n. 112, il Ministero della difesa ha effettuato un trasferimento di beni non più utilizzati all'Agenzia del demanio. Dopodiché, come è noto, vi è competenza piena da parte della Difesa Servizi SpA.

MASSIMO VANNUCCI. Quindi se li è ripresi...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. No, non se li sono ripresi. Sono rimasti e sono entrati a far parte del patrimonio disponibile, dei 3,3 miliardi di euro in cui ho quantificato il patrimonio disponibile dell'Agenzia, che sono oggetto di protocolli e di accordi.
Una buona parte dei beni dismessi dal Ministero della difesa ha formato oggetto di un PUV, un protocollo urbano di valorizzazione, che è più complesso di un protocollo ordinario, ed è disciplinato dalla legge n. 410 del 2001, con il comune di Bologna. Infatti, perlomeno nelle previsioni che erano state fatte e che erano le stesse della finanziaria 2010, un notevole ritorno sarebbe dovuto derivare dal completamento di tale processo urbano. Poi nel comune di Bologna si sono verificate alcune vicende a tutti note, che probabilmente rallenteranno l'iter. La massa dei beni è costituita proprio da ex caserme che erano state restituite ante decreto-legge n. 112.
Sullo stato dei processi di dismissione e valorizzazione dei beni del demanio militare non sono in grado di rispondere. Posso solo dire che, poiché la norma che ha attribuito al Ministero della difesa la gestione piena di tali beni prevede anche che ci sia un coordinamento, un'intesa previa con l'Agenzia del demanio, abbiamo avuto fino a questo momento la comunicazione di un primo elenco di circa 170 beni in dismissione sparsi in tutta Italia, sul quale l'Agenzia ha compiuto una verifica.
Riteniamo infatti che, sulla base dell'attuale normativa, comunque sia prioritario, prima della dismissione, procedere alla verifica di un'esigenza di uso governativo: se ci sono, nelle zone in cui sono in dismissione alcuni beni, amministrazioni in locazioni passive, che, quindi, comportano oneri per lo Stato, si deve svolgere una verifica per valutare se il bene in dismissione possa essere utile all'amministrazione e in tal modo ridurre la spesa per lo Stato. L'abbiamo effettuata e mi pare che su 170 beni solo tre o quattro siano risultati di interesse. L'abbiamo comunicato al Ministero della difesa, che si è dichiarato disponibile a espungerli dal decreto che dovrebbe individuare


Pag. 13

i beni da dismettere. Non credo, peraltro, che esso sia stato ancora emanato e non mi risulta che sia stata approvata la prima lista di dismissione dei beni.
In merito alla valorizzazione dei beni del demanio militare non posso fornire alcuna stima perché la competenza è del Ministero della difesa.
Per quanto riguarda l'articolo 4 del decreto, sullo status dei beni trasferiti e su un'inversione della destinazione, francamente non mi sembra che la situazione corrisponde a quanto è stato descritto. Per tutti i beni che sono oggetto oggi di vincoli di destinazione - mi riferisco a tutti i beni del demanio - la situazione rimane tale per cui, anche in caso di trasferimento, essi restano soggetti ai vincoli oggi previsti.
Ci sono poi alcuni processi disciplinati per legge: oggi ci sono percorsi di «sdemanializzazione», che riguardano il demanio idrico e possono riguardare quello marittimo. Sono regolati da norme specifiche e, come vi ha provveduto lo Stato, così possono tranquillamente farlo le regioni.
Porto il caso di un fiume che abbia deviato il corso: la parte in cui passava in precedenza è spesso oggetto di processi di sdemanializzazione, perché non riguarda più l'alveo del fiume.

GIOVANNI LEGNINI. L'articolo 4 dispone che tutti i beni trasferiti diventano disponibili, con alcune eccezioni indicate. Vi è o non vi è un declassamento? Credo che sapere se tutti i beni che oggi appartengono allo Stato e ai diversi enti gestori e sono dichiarati indisponibili, qualora trasferiti ai comuni, alle regioni e alle province, continueranno a essere indisponibili oppure no sia un elemento di non poco conto ai fini della valutazione che dobbiamo svolgere. Il testo della norma appare assolutamente chiaro. I beni da trasferire, salvo quelli appartenenti al demanio marittimo e idrico, cioè quelli elencati come eccezioni, appartengono già tutti al patrimonio disponibile?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Laddove sono indicati i beni oggetto di possibile trasferimento, non figura il patrimonio indisponibile. Ci sono i beni appartenenti al demanio e al patrimonio disponibile.
Che cosa può accadere, ma per un fatto previo e non con l'atto del trasferimento? Per il Ministero della difesa vige una norma di tipo particolare. Non so se esso liberi una parte dei beni che oggi sarebbero parte del demanio militare, ma non più se li mettesse in dismissione, oppure del patrimonio indisponibile. Fanno parte del patrimonio indisponibile, ma solo fino a che rimane la destinazione, cioè finché sono occupati da amministrazioni dello Stato.
Il patrimonio indisponibile non più utile per la destinazione pubblica passa automaticamente nel patrimonio disponibile. Questo è il meccanismo.

GIOACCHINO ALFANO. Per quanto riguarda l'ICI?

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Lo Stato non paga l'ICI, perché pagherebbe a se stesso. Per quanto riguarda le concessioni, paga il concessionario.
Passo ai criteri di valutazione del demanio marittimo, in risposta alla domanda dell'onorevole Vannucci. Ho già detto che tra i beni demaniali è compreso il demanio marittimo e che il demanio non è valorizzato. Quale può essere un criterio di valorizzazione? In termini aziendalistici, si può capitalizzare la rendita. Credo, però, che sia un meccanismo poco mutuabile. Sappiamo che, i proventi dei beni del demanio marittimo incassati dallo Stato, come indicato nella tabella allegata alla relazione, ammontano per il 2009 a circa 100 milioni di euro.
Faccio presente che l'applicazione dei canoni è demandata alle regioni e per esse ai comuni, nel quadro della norma di legge che prevede la classificazione del demanio marittimo, e in particolare delle spiagge, in alcune categorie. Non tutte le regioni, peraltro, hanno provveduto ad adempiere a tale classificazione, però la determinazione della misura dei canoni spetta agli enti gestori.


Pag. 14


L'onorevole Duilio parlava delle ragioni della dismissione e dei «regali di Stato». Per quanto riguarda l'Agenzia del demanio, credo che non sia fra i soggetti destinatari. La mole dei processi di dismissione è stata realizzata dagli enti previdenziali e, attraverso le cartolarizzazioni negli anni 2004-2005, dal Ministero dell'economia e delle finanze.
Peraltro, l'oggetto di tali dismissioni riguardava beni suscettibili di produrre reddito. Che poi il rendimento possa essere risultato eccessivo o superiore, si tratta di fatti storici e, quindi, ognuno può svolgere le proprie valutazioni. L'Agenzia del demanio ha gestito processi di dismissione e valorizzazione di una quota residua del patrimonio disponibile, e che riguardano beni non suscettibili di produrre reddito e, quindi, non strategici.
Abbiamo svolto una ricognizione, trovando molti beni abbandonati (terreni, case), non utilizzabili per usi governativi, per i quali abbiamo avviato un confronto con gli enti territoriali e, in molti casi, siamo arrivati a definire protocolli, come prima ho riferito; in altri casi abbiamo avviato processi di valorizzazione e in altri ancora di dismissione, ponendo a base d'asta valori la cui congruità è stata verificata da una commissione istituita per legge presso l'Agenzia del demanio, che, per legge, utilizza come riferimento i dati aggiornati forniti dall'Osservatorio immobiliare italiano.

MASSIMO VANNUCCI. Svolgo una piccola considerazione. L'articolo 5, comma 4, è relativo al Ministero della difesa e dispone che, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da emanare entro un anno dalla data di entrata in vigore del provvedimento in esame - peraltro tale termine è stabilito unicamente nel testo consegnato in Conferenza Stato-città ed autonomie locali che recepisce le modifiche concordate con il Governo, pubblicato in allegato allo schema di decreto in esame - il Ministero della difesa trasferirà i propri beni dismessi. Le chiedevo se voi potete effettuare una previsione, dopo la costituzione di Difesa Servizi SpA, sui beni che in base a tale norma saranno trasferiti. Io presumo nessuno...

MAURIZIO PRATO, Direttore dell'Agenzia del demanio. Assolutamente no.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Prato e gli altri funzionari, dirigenti e collaboratori che lo hanno accompagnato. Autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna della documentazione consegnata dal dottor Prato (vedi allegato). Qualora il dottor Prato e i suoi collaboratori volessero farci pervenire ulteriore documentazione, saremo ben lieti di accoglierla.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,05.


Pag. 15


Pag. 16


Pag. 17


Pag. 18


Pag. 19


Pag. 20


Pag. 21


Pag. 22


Pag. 23


Pag. 24


Pag. 25


Pag. 26


Pag. 27


Pag. 28


Pag. 29


Pag. 30


Pag. 31


Pag. 32


Pag. 33


Pag. 34


Pag. 35


Pag. 36


Pag. 37


Pag. 38


Pag. 39


Pag. 40


Pag. 41

Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni