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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
21.
Giovedì 11 febbraio 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del presidente dell'Isvap sulle problematiche del settore assicurativo, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 9 13 16 22
Barbato Francesco (IdV) ... 9
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 9 11 15 22
Giannini Giancarlo, Presidente dell'Isvap ... 3 9 11 15 16
Pagano Alessandro (PdL) ... 12
Strizzolo Ivano (PD) ... 13

ALLEGATO: Documento consegnato dal presidente dell'Isvap ... 23
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

[Avanti]
COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 11 febbraio 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 15,30.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Isvap sulle problematiche del settore assicurativo, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del presidente dell'Isvap sulle problematiche del settore assicurativo, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.
Nelle sedute precedenti abbiamo avuto modo di ascoltare i rappresentanti dei sindacati, dei lavoratori, degli agenti e, infine, il presidente dell'ANIA. Oggi ascoltiamo il presidente dell'Isvap, Giancarlo Giannini, il quale è accompagnato dalla dottoressa Flavia Mazzarella, vice direttore generale, dal dottor Marco Cecchini, responsabile dell'ufficio relazioni istituzionali, e dal dottor Roberto Novelli, assistente del presidente.
Do la parola al presidente Giannini per lo svolgimento della relazione.

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. Innanzitutto, rivolgo un ringraziamento alla Commissione e al presidente Conte, per averci dato l'opportunità di offrire il contributo dell'Isvap al dibattito che è stato avviato, in questa sede così autorevole, sulle problematiche del settore assicurativo italiano, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno.
Dalle audizioni precedenti è emerso il punto di vista delle associazioni rappresentative dei consumatori, degli intermediari e delle imprese; la presente relazione mira a fornire un quadro sintetico e organico della situazione, che sarà seguito dalla formulazione di osservazioni e proposte specifiche di intervento.
A poco meno di cinque mesi dalla precedente audizione, nella quale ci siamo occupati dei temi relativi alla nuova architettura del sistema europeo di vigilanza finanziaria, ritengo opportuno fornire un quadro sintetico e aggiornato sullo stato di salute del mercato assicurativo italiano.
Sotto il profilo della stabilità, segnali confortanti arrivano dall'analisi dell'andamento del settore, che, fin dal primo semestre 2009, ha fatto registrare un ritorno all'utile sia nella gestione vita ( 1,6 miliardi di euro, a fronte di una perdita di 1,9 miliardi di euro a fine 2008) sia nella gestione danni (400 milioni di euro, a fronte di una perdita di 900 milioni di euro a fine 2008).
A dicembre 2009 il saldo tra plusvalenze e minusvalenze latenti sugli investimenti delle imprese di assicurazione è positivo per circa 10 miliardi di euro, al pari di quello riferito agli attivi inseriti nelle gestioni separate e posti a garanzia dei rendimenti garantiti agli assicurati vita (in base all'ultima rilevazione, al 31 dicembre 2009, si tratta, per quest'ultimo segmento di attività, di 4,1 miliardi di euro).


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Inoltre, le risultanze dello stress test che l'Autorità ha effettuato a metà del 2009, al fine di valutare gli effetti sulla sostenibilità delle garanzie finanziarie prestate dalle imprese e sulla dinamica della loro raccolta netta, hanno evidenziato che gli indici di solvibilità del mercato, seppure messi a dura prova, rimarrebbero al di sopra dei minimi di legge (lo stress test era basato su scenari di recessione economica persistente).
Sul piano produttivo, il settore assicurativo ha concluso il 2009 con un bilancio sostanzialmente positivo. In base ai dati di consuntivo, la raccolta è cresciuta di oltre il 24 per cento grazie all'ottima performance del comparto vita, che ha registrato un incremento del 42 per cento, e, in particolare, delle polizze tradizionali, ossia dei prodotti rivalutabili collegati a gestioni separate, che hanno registrato un aumento del 96 per cento. Nei rami danni, invece, si è registrata una lieve flessione: del 2 per cento nel complesso dei rami e del 3,6 per cento per la RC auto.
Un altro dato molto positivo è che la raccolta netta vita è tornata significativamente positiva, con valori del rapporto «oneri per sinistri a premi» e «riscatti su premi» che, a fine 2009, si attestano, rispettivamente, al 70 e al 40 per cento; in tal modo, tornano alla normalità valori che, alla fine del 2008, come ricorderete, avevano destato molta preoccupazione, essendo saliti, nel primo caso, al 116 per cento e, nel secondo, al 64 per cento.
Nel complesso, si tratta, quindi, di un andamento produttivo, che presenta luci e ombre. Tra le prime, il ritorno a uno sviluppo importante nei rami vita, concentrato nei prodotti che, garantendo al contraente il capitale e/o un rendimento minimo, denotano una chiara predisposizione della clientela alla ricerca della sicurezza del risultato. Tra le seconde, il persistere di una condizione di sottoassicurazione, di ritardo nei confronti dei principali mercati assicurativi europei, pur rimanendo quello italiano il quarto per dimensioni; inoltre, con particolare riferimento al comparto danni, permane anche uno squilibrio nella composizione di portafoglio, concentrato nel comparto auto.
Giova ricordare che, a livello europeo, il mercato assicurativo italiano detiene il primo posto nella produzione riferita alla RC auto, mentre negli altri rami danni si posiziona solo al sesto posto, preceduto non soltanto da Regno Unito, Francia e Germania, ma anche da Olanda e Spagna.
Passiamo, ora, a valutare la situazione del Mezzogiorno.
Negli ultimi mesi, il non positivo andamento dei rami danni, segnatamente della RC auto, ha focalizzato l'attenzione degli operatori e delle associazioni dei consumatori sulla situazione che sta vivendo il mercato assicurativo nel Meridione. Preoccupazione è stata manifestata, in particolare, con riferimento ai prospettati aumenti dei prezzi, cui si accompagnerebbe il diradarsi della presenza delle reti produttive nelle regioni del Sud.
Il fenomeno, comunque, deve essere inquadrato nel più ampio contesto della situazione meridionale. Il Mezzogiorno era e resta caratterizzato, anche agli inizi degli anni Dieci del terzo millennio, da un'ampia tipologia di ritardi strutturali nei confronti del resto del Paese e dell'Europa.
Si tratta di ritardi misurabili sotto vari profili: dotazioni infrastrutturali, reddito pro capite, disoccupazione, incidenza della criminalità, per citare le manifestazioni più vistose. Si tratta di ritardi che, inevitabilmente, si sono riflessi sul settore finanziario in genere e su quello assicurativo in particolare.
Il deficit di sviluppo assicurativo al Sud è particolarmente significativo. A titolo indicativo, il Mezzogiorno rappresenta circa un terzo della popolazione residente in Italia, contribuisce per circa un quarto alla formazione del PIL nazionale (24 per cento nel 2008, ma il dato è sostanzialmente invariato dal 2000), ma per meno di un quinto se si fa riferimento alla produzione assicurativa (poco meno del 20 per cento nel 2008; anche questo dato è stabile a partire dal 2000).
Andando ad analizzare la composizione della produzione assicurativa del Sud, con riferimento ai vari rami, si osserva che


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essa supera significativamente la media nel comparto RC auto (29 per cento, a fronte del 19 per cento a livello nazionale), mentre è molto al di sotto nel comparto dei rami danni diversi dalla RC auto (12 per cento, a fronte del 21 per cento a livello nazionale).
I segnali non sono certamente incoraggianti, anche perché indicativi di una minore protezione di famiglie e imprese del Sud rispetto alla media nazionale, e lasciano intravedere un potenziale di sviluppo inespresso.
Venendo, per completare la nostra fotografia, all'analisi dei fenomeni criminosi in campo assicurativo (i dati sono relativi al 2008), si osserva come la loro incidenza - influenzata, in realtà, dai picchi che caratterizzano alcune aree specifiche - sia particolarmente acuta in alcuni comparti del mercato, con la RC auto in testa. Infatti, a fronte di una quota nazionale dei risarcimenti connessi con fenomeni criminosi pari al 2,2 per cento, la Campania si colloca all'8,1 per cento, la Puglia al 5,2 per cento, la Calabria al 4 per cento e la Sicilia al 2,9 per cento. Valori molto discosti dalla media nazionale si rilevano, tuttavia, anche per altri rami, come l'incendio (la Puglia è all'8 per cento, contro una media in Italia dell'1,8 per cento) e le garanzie accessorie all'auto (5,2 in Campania, contro il 2 per cento nazionale).
Questa fotografia, dai toni preoccupanti, è aggravata da un ulteriore dato: l'aumento del numero dei sinistri gestiti dal Fondo di garanzia per le vittime della strada, che rappresenta una spia dell'evasione assicurativa nel ramo RC auto e che vede il Sud rappresentato con il 60 per cento dei risarcimenti, di cui il 40 per cento nella sola Campania.
Il modesto decremento delle denunce dei nuovi sinistri, registrato nel 2008, non riguarda regioni come la Lombardia, il Lazio, la Campania e la Calabria, che pesano per circa due terzi sul totale.
A giugno 2009, in occasione della presentazione della relazione sull'attività dell'Isvap nel 2008, erano stati evidenziati segnali di affanno per il ramo RC auto, dopo anni in cui esso aveva contribuito significativamente alla redditività delle imprese. I dati a consuntivo disponibili, riferiti al primo semestre del 2009, confermano, sostanzialmente, un andamento tecnico in peggioramento - il calo nella raccolta premi è accompagnato dal lieve incremento dell'importo dei sinistri ( 2,2 per cento) -, compensato da una ripresa dell'apporto della gestione finanziaria, che consente al ramo di chiudere il semestre in utile, ancorché in misura modesta (circa 90 milioni di euro).
Al di là dei fenomeni legati alla particolare congiuntura del momento, dai dati sopra indicati si possono trarre importanti spunti sia in ordine all'efficacia degli interventi già adottati sia in relazione a ciò che resta ancora da fare.
Il settore RC auto è stato interessato, negli ultimi anni, da un ventaglio di interventi di carattere normativo e regolamentare, nonché da iniziative volte sia ad accrescere la mobilità dei consumatori sia a contenere il costo del sistema nel suo complesso.
Si tratta di iniziative nelle quali l'Autorità ha creduto, investendo tempo e risorse e fornendo comunque un fattivo contributo. Ne ricordo alcune: l'introduzione e la realizzazione del risarcimento diretto, che sta dando risultati positivi; la tabellazione del danno alla persona derivante da lesioni che provocano invalidità lievi (le cosiddette micropermanenti, da 0 a 9 punti di invalidità); l'introduzione e la realizzazione del preventivatore RC auto (in poco più di sei mesi sono quasi 90.000 gli utenti iscritti e oltre 145.000, cioè circa 25.000 al mese, le richieste di preventivo pervenute); la regolamentazione dell'Autorità in materia di attestato di rischio (regolamento n. 4/2006) e di flessibilità finanziaria (regolamento n. 23/2008).
In tale contesto, è doveroso ricordare anche la vittoriosa difesa dell'obbligo a contrarre per le compagnie, messo in discussione dinanzi agli organi comunitari da imprese che proprio al Sud praticavano premi dell'ordine di 10.000-15.000 euro per anno.
Ulteriori interventi normativi sono possibili e, in alcuni casi, auspicabili.


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In primo luogo, in tema di risarcimento diretto, appare necessario un intervento correttivo che fughi le incertezze in ordine all'esclusività della procedura, volto a salvaguardare il buon funzionamento del sistema.
Inoltre, la fissazione dei valori economici e medico-legali per la valutazione dei danni alla persona derivanti da lesioni di maggiore entità (da 10 a 100 punti di invalidità) potrebbe generare positivi riflessi, oltre che sulla dinamica dei costi del sistema, sulla celerità dei pagamenti e sull'omogeneità di trattamento tra danneggiati residenti in diverse aree del Paese.
Ad avviso dell'Autorità, l'eliminazione della proroga tacita per i contratti del ramo RC auto, evitando l'automatismo connesso al tacito rinnovo, stimolerebbe la ricerca del consumatore verso prodotti a lui più confacenti in termini di qualità e di prezzo e, nello stesso tempo, accrescerebbe la concorrenza tra le imprese per conservare o incrementare quote di mercato. Tale convinzione ci ha indotti, già nel luglio del 2007, a inviare una specifica proposta di modifica legislativa al Parlamento e al Governo.
Per quanto fin qui esposto, ritengo che non possa essere messo in discussione l'impegno profuso dalle istituzioni - Parlamento, Governo e Autorità di vigilanza - per il miglior funzionamento di un settore a elevato impatto sociale.
La risposta delle imprese, oggi, non può limitarsi all'aumento dei prezzi, con il conseguente ribaltamento sulla collettività, principalmente sui soliti noti (Sud e giovani), di costi impropri e di inefficienze. Le imprese sono chiamate a fare la loro parte, intervenendo in modo incisivo sui rubinetti di uscita.
Con cadenza annuale, l'Autorità effettua un'analisi su una pluralità di aspetti del processo di liquidazione: presenza sul territorio; risorse impiegate; carichi di lavoro; orari di apertura al pubblico.
Nel periodo 2004-2008 si assiste a un calo costante del numero totale dei punti di contatto a disposizione dell'utenza sul territorio nazionale, passati da 6.207 del 2004 a 4.722 del 2008, con un decremento del 24 per cento. Dal 2007 la riduzione risulta più marcata nell'Italia meridionale, secondo una tendenza che prosegue nel 2008, con una punta pari al 13,9 per cento, contro un decremento globale del 9,7 per cento.
Parimenti, si osserva una riduzione del numero dei dipendenti assegnati alla liquidazione sinistri (da 8.017 nel 2004 a 7.883 nel 2008), solo parzialmente compensata da quelli gestiti tramite call center. È emblematica la correlazione tra l'incidenza delle frodi e il presidio apprestato dalle imprese per la liquidazione dei sinistri: a livello nazionale, l'incidenza delle frodi è pari al 2,2 per cento e il carico di sinistri per dipendente è di 798; a Napoli, i valori sono pari, rispettivamente, al 10,3 per cento e a 1.334; a Bari, la percentuale di incidenza delle frodi è del 5,9 per cento e il numero di sinistri per dipendente è di 1.150.
Questa situazione ha indotto l'Autorità ad avviare una specifica indagine, volta ad analizzare le caratteristiche delle strutture preposte alla liquidazione, nonché gli interventi adottati nell'ultimo triennio, o attualmente in corso di adozione, con riferimento all'assetto organizzativo e alla presenza sul territorio. Abbiamo richiesto la presentazione di una dettagliata relazione in merito, da sottoporre al preventivo vaglio dell'organo amministrativo, al fine di richiamarne l'attenzione su un aspetto che riteniamo cruciale per la sana e prudente gestione delle imprese.
L'iniziativa va ad aggiungersi alle consuete attività di monitoraggio del processo di liquidazione dei sinistri, dalle verifiche ispettive sui centri di liquidazione, di cui è previsto un ulteriore incremento per l'anno in corso, alle analisi dei report periodici dell'internal auditing delle compagnie, alle specifiche convocazioni dei vertici aziendali e alla richiesta di piani di intervento, alla trattazione dei reclami dell'utenza e alla conseguente irrogazione delle sanzioni nei casi di violazioni di legge.
Per quanto riguarda quest'ultimo aspetto, è da rimarcare la crescente mole di sanzioni amministrative pecuniarie


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comminate alle imprese per violazione delle norme che stabiliscono i termini ai quali le stesse devono attenersi nella liquidazione dei sinistri RC auto. Nel 2009 l'Istituto ha irrogato sanzioni per oltre 59 milioni di euro, di cui circa 50 milioni riferiti a illeciti commessi in violazione della normativa RC auto; all'interno di tale somma, ben 47 milioni di euro riguardano in modo specifico sanzioni irrogate per violazioni delle disposizioni in materia di liquidazione dei sinistri. Il confronto con il 2008 mostra una crescita significativa degli importi delle sanzioni complessive RC auto ( 13 milioni di euro) e, in percentuale, un aumento ancora più marcato delle sanzioni attinenti alla liquidazione dei sinistri ( 12,6 milioni, con una percentuale che ha raggiunto il 36,6 per cento).
Da tempo l'Autorità richiama l'attenzione delle compagnie sulla necessità di un salto di qualità nel rafforzamento delle strutture di liquidazione dei sinistri, anche attraverso investimenti in risorse umane e tecnologiche che consentano di pagare presto e meglio, di arginare il contenzioso, di combattere le frodi: in una parola, di aumentare l'efficienza e l'efficacia dell'intero processo. Il risarcimento diretto agevola questo percorso virtuoso.
Occorre un rafforzamento dimensionale, ma non solo: innovazioni di processo sono possibili - e, in effetti, in taluni casi sono già in atto - per rivedere la filiera della riparazione e liquidazione del danno; ulteriori vantaggi potrebbero derivare dalle diffusione di formule contrattuali che prevedano il risarcimento in forma specifica.
In merito all'attività di prevenzione e contrasto delle frodi, l'Autorità ritiene che essa possa assumere una particolare efficacia se effettuata a monte, dalle imprese e dalle loro strutture liquidative, attraverso una più ampia ed efficace consultazione della banca dati sinistri.
Con il regolamento n. 31 del 1o giugno 2009, a seguito di intese con l'Autorità garante per la protezione dei dati personali, l'Istituto è intervenuto sulla disciplina relativa alla predetta banca dati, per renderne le funzionalità più idonee alle finalità antifrode.
In particolare, sono state semplificate le modalità di utilizzo, è stata migliorata l'efficienza delle consultazioni e, soprattutto, sono stati arricchiti considerevolmente gli output per gli utilizzatori, introducendo la possibilità di ottenere in una duplice modalità (sia batch sia on line) informazioni sintetiche sul numero delle ricorrenze presenti per ogni chiave di ricerca (nominativo del soggetto o targa del veicolo), secondo i diversi ruoli che i soggetti possono avere assunto nel sinistro.
La nuova banca dati sarà pienamente operativa entro il 2010. Nella sua nuova veste, consentirà, attraverso una rapida consultazione, di individuare indici di anomalia, riconducibili a possibili comportamenti fraudolenti, cui far seguire più approfondite indagini. La maggiore facilità dell'interrogazione e una diversa qualità dell'output dovranno stimolare le consultazioni da parte delle strutture liquidative delle imprese, della magistratura e delle forze dell'ordine.
Il raggiungimento dell'obiettivo impone la corretta, completa e tempestiva comunicazione dei dati da parte del mercato assicurativo. È indispensabile che le imprese facciano sin da ora la loro parte, prima di tutto come alimentatrici e poi come effettive e sistematiche utilizzatrici della banca dati.
Peraltro, come affermato anche in una precedente audizione dinanzi a codesta Commissione, si ritiene che l'istituzione di un'agenzia antifrode con compiti investigativi (attraverso attività di raccolta, incrocio e analisi dei dati presenti nelle banche dati esistenti), propedeutici all'eventuale segnalazione di fenomeni fraudolenti all'autorità giudiziaria, possa rappresentare uno strumento senz'altro utile, su cui lavorare per individuare le modalità di funzionamento più idonee allo scopo. L'Autorità - lo confermo - è pronta ad assumere un ruolo centrale nella realizzazione dell'agenzia. A nostro avviso, lo strumento deve avere comunque carattere integrativo, complementare, non sostitutivo


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dell'attività svolta dalle imprese attraverso il sistematico utilizzo della banca dati sinistri.
Per completare il quadro, segnalo, inoltre, che sono allo studio interventi regolamentari volti ad innalzare, attraverso l'impiego di tecnologie avanzate, gli standard di sicurezza dei documenti attestanti l'adempimento dell'obbligo di assicurazione, in particolare il contrassegno, per ridurre i rischi di contraffazione in sede assuntiva.
Passando alla presenza delle reti distributive nel Mezzogiorno, nelle audizioni precedenti sono state fornite cifre non sempre concordanti fra loro. Preliminarmente, ritengo opportuno ricordare che il problema sul tappeto sarebbe stato di tutt'altro tenore e dimensione in caso di diverso esito del ricordato ricorso per inadempimento proposto dalla Commissione europea, nei confronti dell'Italia, dinanzi alla Corte di giustizia europea.
Com'è noto, la vicenda trae origine dall'irrogazione da parte dell'Autorità, nel 2003, di sanzioni nei confronti di alcune imprese, italiane ed estere, che praticavano tariffe esorbitanti in alcune zone del Sud, con il chiaro intento di eludere l'obbligo a contrarre. La reazione a tali sanzioni si è concretizzata nella presentazione di un esposto agli organi comunitari, cui ha fatto seguito l'avvio di una procedura di infrazione nei confronti della Repubblica italiana, volta di fatto all'abolizione dell'obbligo a contrarre a carico delle imprese. La Corte di giustizia ha accolto le valide difese svolte dal Governo con il supporto dell'Autorità. Si è così evitato un grave pregiudizio a intere fasce di utenza, soprattutto del Sud, che avrebbero rischiato di non riuscire a trovare, se non a prezzi proibitivi, la copertura che, per legge, sono tenute ad avere.
Tornando all'attualità, in effetti, in ordine alla supposta tendenza alla fuga delle imprese del Sud, vi sono segnali non univoci, e i dati a oggi disponibili presso l'Autorità non consentono una fotografia aggiornata e chiara del fenomeno. Per questo motivo, l'Isvap ha deciso di avviare una specifica indagine per acquisire un'organica rappresentazione della presenza delle imprese sul territorio, in particolare nel Mezzogiorno.
Obiettivo dell'indagine è analizzare in concreto gli effetti delle politiche aziendali sulla raccolta RC auto. A tal fine, si chiede a ciascuna impresa di produrre una dettagliata relazione, sottoposta al vaglio dell'organo amministrativo, che illustri, con riferimento alla rete distributiva, la natura degli interventi adottati o in corso di adozione, la data di avvio e i tempi di realizzazione degli stessi, le zone territoriali interessate, i risultati allo stato conseguiti e/o attesi, con particolare riferimento a ristrutturazioni, chiusure o accorpamenti di agenzie, revoche dei mandati, dismissioni di portafogli RC auto.
Si ritiene che soltanto all'esito dell'indagine potrà valutarsi l'adozione di iniziative, da assumere comunque nel solco e nel rispetto della legislazione comunitaria. Nel frattempo, non mancheranno verifiche sul rispetto sostanziale dell'obbligo a contrarre da parte delle imprese, in termini sia di elusione dello stesso, attraverso prezzi esorbitanti, sia di effettiva accessibilità alla copertura.
In definitiva, il mercato assicurativo italiano continua a presentare, con particolare riferimento ai rami danni diversi dalla RC auto, un gap di sviluppo nei confronti dei principali Paesi europei, che assume connotazioni ancora più evidenti ove si abbia riguardo al Mezzogiorno.
La sottoassicurazione ha, tuttavia, un rovescio della medaglia: l'esistenza di un potenziale di sviluppo inespresso. Per coglierne tutte le opportunità, occorre una svolta da parte del mercato: più innovazione di prodotto e di processo; maggiori investimenti; un sempre più convinto orientamento al servizio e alla soddisfazione delle effettive esigenze assicurative del cliente. Uscire dall'attuale eccessiva focalizzazione sul business auto è, soprattutto per gli intermediari tradizionali, un'esigenza in prospettiva ineludibile.
Nello specifico del ramo RC auto, l'Autorità ribadisce la necessità di un salto di qualità nel rafforzamento delle strutture di liquidazione sinistri, anche attraverso


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investimenti in risorse umane e tecnologiche, con gli obiettivi di pagare presto e meglio, di arginare il contenzioso, di combattere le frodi e di aumentare, in tal modo, l'efficienza e l'efficacia del processo.
Da questo punto di vista, si accoglie con favore l'attenzione manifestata dal mercato alle sollecitazioni dell'Autorità. Il riequilibrio dei conti tecnici passa attraverso il maggior controllo dei flussi in uscita piuttosto che per l'automatico adeguamento dei flussi in entrata.
In definitiva, tenuto conto della rilevanza sociale del settore, caratterizzato dall'obbligatorietà della copertura, la risposta non può essere individuata, a nostro giudizio, negli aumenti dei prezzi, che andrebbero a penalizzare i soliti noti, in particolare al Sud.

PRESIDENTE. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FRANCESCO BARBATO. Per la verità, anziché rivolgere loro il solito ringraziamento di rito, vorrei dire che il presidente Giannini, il vice direttore Mazzarella e tutta la delegazione dell'Isvap sono stati veramente bravi, per una ragione molto semplice: premesso che mi piace esprimere giudizi su fatti e atti concreti, ho letto che l'Autorità ha comminato, nel 2009, 59 milioni di euro di sanzioni alle compagnie di assicurazione. Probabilmente, il braccio fasciato del presidente Giannini è da ricondurre alla colluttazione che ha dovuto ingaggiare con gli assicuratori...

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. In tal caso, non me la sarei cavata così a buon mercato...

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Ormai i deputati di Italia dei Valori sono specialisti...

FRANCESCO BARBATO. Al di là delle battute, sono un non violento, come ho dimostrato stamani in Assemblea.
Riprendendo il filo del discorso, non mi fa piacere il fatto in sé che sono state comminate sanzioni alle compagnie di assicurazione: semplicemente, prendo atto che, se l'Autorità ha adottato provvedimenti sanzionatori, evidentemente non erano stati rispettati i diritti e le garanzie degli assicurati e dei consumatori.
È stato sottolineato il lavoro svolto in perfetta sintonia, in altre occasioni, dall'Isvap, dal Parlamento, anche tramite la Commissione finanze della Camera, e dal Governo. Ebbene, penso che, anche per quanto riguarda lo specifico aspetto di cui ci stiamo occupando oggi, sia proprio questa la strada da percorrere. In termini operativi, si potrebbe addirittura pensare alla costituzione di una commissione mista con l'Isvap, atteso che, fino a oggi, l'Istituto non è stato ancora capace di fotografare la reale situazione nel Sud del Paese. Poiché non si è fatta ancora piena luce sul fenomeno che definirei «desertificazione» delle compagnie di assicurazione nel Mezzogiorno, potremmo sviluppare sinergie e studiare modalità per lavorare insieme, e meglio, per il bene comune.
Quando abbiamo ascoltato in audizione i rappresentanti dell'ANIA abbiamo ottenuto dati molto approssimativi in ordine al processo di «desertificazione» in atto, che purtroppo non riguarda soltanto il Sud, ma l'intero Paese. In proposito, l'ANIA ci ha riferito che sono state chiuse 56 agenzie, mentre a me risulta che una sola, piccola compagnia ne abbia chiuse 124. Se si è trattato di un gioco delle parti, il compito del Parlamento è quello di rappresentare i sani interessi del Paese.
Chiudere agenzie e uffici liquidazioni e sinistri al Sud significa, innanzitutto, infliggere un vulnus al servizio che si offre agli utenti: a Napoli o a Caserta non soltanto i premi per assicurare un motorino costano, a volte, più dello stesso motoveicolo, ma addirittura non si riesce a trovare un'agenzia presso la quale sia possibile stipulare il contratto di assicurazione. Insomma, si va esattamente in controtendenza rispetto a quel che avviene, ad esempio, nel settore bancario o in quello dei centri commerciali (il cui


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sviluppo viene motivato con la necessità di avere la banca e i negozi sotto casa).
Quanto al sistema assicurativo, invece, ho l'impressione che sia in atto una vera e propria diserzione. È così? A me sembra che le compagnie si comportino davvero da disertori. Infatti, se lo Stato, al Sud, cerca di contrastare le frodi assicurative, i falsi sinistri, rafforzando gli organici delle forze dell'ordine e della magistratura - a Napoli, per contrastare il fenomeno, è stata creata una sezione speciale presso la procura della Repubblica -, anche le compagnie assicurative dovrebbero fare la loro parte; se scappano, disertano, e in questo momento non possiamo permettercelo. Peraltro, si è appurato che in alcuni territori del Sud si verificano fenomeni ormai patologici. Andare via è semplice, ma non si dà una risposta risolutiva al problema: abbandonando il territorio, si creano le condizioni per un Mezzogiorno che si allontana sempre di più dagli standard e dai livelli occupazionali, sociali ed economici del resto del Paese.
Desidererei, pertanto, conoscere il numero preciso delle agenzie che hanno cessato l'attività, degli ispettorati sinistri che sono stati chiusi o accorpati, addirittura creando aree speciali che portano la liquidazione dei sinistri dal livello territoriale a quello centrale (il che, secondo me, danneggia soprattutto il servizio, oltre che i livelli occupazionali).
Questa sorta di dismissione aiuta indirettamente la criminalità organizzata e la delinquenza comune e, quindi, non può essere consentita. Peraltro, se non ricordo male, nelle condizioni generali di assicurazioni una volta in uso era previsto che il contratto assicurativo seguisse l'agenzia che l'aveva stipulato. Non so se esista tuttora una condizione simile, la quale era volta a non creare un disservizio agli utenti; certo è che, quando si chiude un'agenzia, si verificano situazioni veramente paradossali: ad esempio, chiusa un'agenzia in Puglia, il portafoglio clienti è affidato a un'agenzia che ha sede a Messina; in tal caso, come faranno gli assicurati a effettuare una qualsiasi operazione intermedia fino alla scadenza naturale della polizza? Si capisce che si tratta di un tentativo per mettere l'assicurato nella condizione di rinunciare ad avere il contratto RC auto con quella determinata compagnia.
Peraltro, i dati di cui siamo venuti a conoscenza denotano, anche per il 2009, un andamento positivo del settore assicurativo, tradottosi in incrementi dei premi e degli utili, soprattutto nel ramo vita; l'ANIA ci ha riferito di un incremento addirittura del 48 per cento, mentre mi pare che lei, presidente, avesse parlato del 43 per cento.
La domanda che desidero porle è la seguente: oltre alla sacrosanta motivazione addotta dalle compagnie, le quali preferiscono non mettere piede nelle aree a rischio, non vi è, alla base del fenomeno da me stigmatizzato, una ragione meno nobile, da ravvisare nell'intendimento delle compagnie di spostare la vendita delle polizze dalla tradizionale rete delle agenzie ai canali bancario e telematico? Ci risulta, infatti, che addirittura il 67 per cento dei premi concernenti le polizze del ramo vita incamerati in più nel 2009 sono stati incassati attraverso le banche. Ribadisco che tutto ciò danneggia l'utenza, a causa dell'assenza del servizio sul territorio, e incide negativamente sui livelli occupazionali, particolarmente nel Mezzogiorno.
Un ultimo quesito prende spunto dalla riduzione, disposta, ahimè, dalla finanziaria dello scorso anno, delle risorse destinate all'Isvap, nella misura di 10,5 milioni di euro. È vero che è stato bloccato il turnover del personale dell'Autorità? Atteso che le disposizioni recate dalla direttiva Solvency II si applicheranno a decorrere dal 1o novembre 2012, la predetta riduzione indebolisce l'Isvap e non lo mette certo nella condizione migliore per vigilare bene, come ha sempre fatto.
Anziché indebolire l'Istituto, non sarebbe il caso di rafforzarlo, non soltanto per i motivi contingenti di cui ci stiamo occupando, ma soprattutto per consentirgli di esercitare, a seguito dell'entrata in vigore della direttiva Solvency II, una vigilanza ancora più efficace? Ho posto la


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domanda anche in considerazione delle attività che la Commissione finanze sarà chiamata a svolgere in futuro.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Sarò molto più veloce del collega Barbato, il quale si è lasciato un po' trascinare, anche perché è del settore. Naturalmente, rivolgo anch'io un ringraziamento al presidente Giannini e a tutto lo staff dell'Isvap per l'accurata relazione e per le informazioni che ci sono state fornite.
Ciò premesso, eviterei di sviluppare articolati ragionamenti, per passare subito ad alcuni approfondimenti.
Stando a quanto abbiamo ascoltato, non vi è alcuna ragione per aumentare le tariffe RC auto. È vero che si è registrato, nel primo semestre del 2009, un calo degli utili (scesi a 90 milioni di euro), ma pur sempre di utili si tratta. Poiché il presidente dell'ANIA aveva rappresentato una situazione ben diversa, mi pare che il dato acquisito oggi sia molto importante; in particolare, esso ci consente di manifestare, sul piano politico, un preciso orientamento: non vi è alcuna ragione che giustifichi un aumento delle tariffe RC auto.
Signor presidente, alla luce delle considerazioni espresse dal presidente Giannini, dovremmo trovare un modo - una mozione, un ordine del giorno o, comunque, un atto formale - per affermare che, per quanto riguarda la Commissione e il Parlamento, non vi è alcuna ragione per aumentare le predette tariffe: si potrebbe definire moral suasion, e si tratta di un'iniziativa che, a mio avviso, occorrerebbe prendere. Le compagnie si assumeranno, poi, le proprie responsabilità. Poiché dall'ANIA ci è stata raccontata un'altra storia, è giusto che, alla luce della relazione del presidente dell'Isvap, si evidenzi come la realtà sia diversa da quella rappresentata.
In secondo luogo, la relazione mette ancora una volta in grande evidenza il limite che caratterizza la cultura assicurativa italiana.
Il presidente Giannini ci ha riferito di uno squilibrio nella composizione del portafoglio: la produzione assicurativa, molto sviluppata nel comparto RC auto, è deficitaria, soprattutto al Sud, se si ha riguardo agli altri rami danni. Ciò lascia intravedere, come rileva l'Isvap, un potenziale di sviluppo inespresso, ma apre una discussione sulle cause di tale fenomeno: gli italiani non vogliono assicurarsi o, piuttosto, le assicurazioni non hanno interesse ad assicurarli? Cosa possiamo fare affinché aumenti il grado di protezione delle famiglie e delle imprese italiane, in particolare nel Mezzogiorno?
La relazione ha evidenziato l'esistenza - indiscutibile - di un problema meridionale. La presenza della criminalità organizzata è un elemento di ulteriore scoraggiamento. Si rimane colpiti da fatti di cronaca come quello di cui ho appreso di recente: a Palermo, è stato svaligiato un negozio di scarpe, e il titolare si è detto rovinato, in quanto non aveva stipulato alcuna polizza assicurativa contro il furto.
Personalmente, considero assurdo che un'azienda possa andare in rovina per mancanza di copertura assicurativa. Penso, quindi, che dovremmo studiare - mi rivolgo anche al presidente Conte - un sistema per incentivare le persone a munirsi di protezione assicurativa anche nei rami danni diversi dalla RC auto. Secondo me, le compagnie non fanno granché, non promuovono campagne pubblicitarie, non attuano le iniziative necessarie a stimolare la domanda in un mercato che, come abbiamo visto, ha notevoli potenzialità di sviluppo. Bisognerebbe chiedersi perché ciò accada, ma non è questo il tema in discussione oggi. La questione, però, è troppo importante.
Una considerazione ulteriore è la seguente (e credo che il suggerimento del presidente in merito sia giusto): poiché il risarcimento diretto ha dato buoni frutti, bisogna garantirne il funzionamento. Basta un regolamento, o c'è bisogno di una disposizione di rango legislativo?

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. Occorre una norma primaria.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Allora, è questa l'indicazione che dobbiamo raccogliere.


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È inutile che continuiamo a discuterne: perfezioniamo la norma e vediamo di farla funzionare, altrimenti non raggiungeremo mai i livelli di efficienza di cui sentiamo il bisogno. Peraltro, ciò potrà innescare quella concorrenza necessaria affinché le compagnie finalmente si attivino.
Elaborando due o tre proposte di intervento, anche in termini normativi, potremmo cercare di risolvere lo specifico problema che riguarda il Meridione, anche perché la Corte di giustizia delle Comunità europee ha ritenuto compatibile con la normativa comunitaria l'obbligo a contrarre (se la Corte si fosse orientata diversamente, tutti i nostri ragionamenti sarebbero rimasti lettera morta).
Poiché i comportamenti osservati sono quanto meno discutibili, un margine di rischio superiore, al Sud, esiste; tuttavia, in una zona del Paese che, paradossalmente, ha un bisogno maggiore di protezione assicurativa (anche di quella obbligatoria), si potranno raggiungere risultati adeguati, sotto il profilo qui considerato, con l'istituzione dell'agenzia antifrode e con un'attività di promozione vera e propria (che pure è necessaria). Il problema va risolto in maniera esattamente opposta a quella verso la quale sembrano orientate le compagnie di assicurazione.
Ho svolto questo intervento, snodatosi attraverso domande e considerazioni, per contribuire a rendere proficua l'attività conoscitiva della Commissione, in modo da poterne ricavare utili indicazioni per la nostra futura azione politica e legislativa.

ALESSANDRO PAGANO. Sarò piuttosto veloce, presidente, anche perché molte considerazioni sono state già sviluppate dai colleghi che mi hanno preceduto.
Intanto, porgo i miei complimenti al presidente Giannini e a tutto il suo staff. Ho apprezzato soprattutto la parte conclusiva della relazione, laddove, con grande onestà intellettuale, si mette nero su bianco che il problema non può essere risolto aumentando i ricavi, ma contenendo i costi (che, evidentemente, possono essere ridotti). Mi pare che tale filosofia dell'Isvap sia un elemento di garanzia per il Paese e per il Parlamento.
Ho partecipato, di recente, a un convegno nel corso del quale il Sindacato nazionale assicuratori ha spiegato determinati aspetti del fenomeno che taluno definisce «desertificazione». Ieri l'altro, poi, ha suscitato in me una certa preoccupazione l'audizione del Presidente dell'ANIA sulle problematiche del settore assicurativo. Oggi, invece, lei, presidente Giannini, ci ha fatto capire con chiarezza assoluta la realtà dei fatti.
Mai come in questo momento - mi rivolgo al presidente Conte - si avverte la necessità di porre mano a un'iniziativa legislativa che, per forza di cose, non può più attendere. Si tratta di un'esigenza non soltanto economica, ma anche sociologica, perché fenomeni come quelli cui abbiamo assistito incidono anche sui costumi e sugli stili di vita.
Nel Sud vi sono moltissime province virtuose, nelle quali i casi di frode sono inferiori, talvolta di molto, alla media nazionale. Non mi convince molto, quindi, l'impostazione che guarda al Mezzogiorno, sotto il profilo assicurativo, come a una realtà unitaria. È chiaro, tuttavia, che il fenomeno rientra all'interno della crisi economica, sociale e morale che in questo momento sta colpendo tale area del Paese.
Dobbiamo attivarci, quindi, perché le leggi incidono profondamente anche sui comportamenti. A mio avviso, l'operazione che stiamo conducendo - ringrazio la presidenza per la sensibilità che ha dimostrato - soddisfa pienamente questo tipo di bisogno, in quanto accresce la nostra capacità di portare avanti un'iniziativa legislativa assolutamente coerente con le esigenze dei tempi.
Come vede, presidente Giannini, non ho domande specifiche da rivolgerle, anche perché, da un lato, non vorrei ripetere considerazioni già svolte e, dall'altro, ho già espresso il mio apprezzamento per il modo in cui l'Isvap sta svolgendo i propri compiti istituzionali.
Con particolare riferimento all'agenzia antifrode, le audizioni ci stanno facendo capire che il problema non può essere


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risolto soltanto a livello assicurativo e che, probabilmente, dovrebbe essere previsto un raccordo, vero e autentico, con i Ministeri della giustizia e dell'interno. Secondo me, una banca dati come quella che sta per essere attivata dall'Isvap, e tutto quanto potremo elaborare a livello normativo, potrebbero portare grandissimi benefici al settore assicurativo.
Per il resto, penso che siamo tutti d'accordo e, quindi, rinnovo i miei complimenti all'Isvap e la ringrazio, presidente Giannini, per averci offerto il contributo dell'Istituto.

IVANO STRIZZOLO. Mi associo alle espressioni di ringraziamento rivolte dai colleghi al presidente Giannini e ai suoi collaboratori per la panoramica sulle problematiche del settore assicurativo, la quale ci offre elementi di conoscenza e di riflessione che saranno utilissimi per il nostro lavoro.
Cercherò anch'io di essere rapido.
L'Isvap ha avviato un'opportuna e meritoria attività di screening, richiamata nella relazione, relativa alla situazione di solvibilità delle compagnie a metà 2009, alla luce della crisi dei mercati finanziari internazionali. I risultati di tale attività rassicurano, sostanzialmente, circa la complessiva tenuta del sistema. Tuttavia, poiché non escludo - sebbene non voglia assolutamente esprimere pessimismo - che si verifichino, fra alcuni mesi, alcune turbolenze sui mercati finanziari internazionali, alcune «scosse», che ci auguriamo siano di assestamento, vorrei sapere se l'Isvap stia continuando a monitorare la situazione e se, eventualmente, preveda di intraprendere nuove iniziative per tenerla sotto controllo.
Una seconda domanda riguarda la situazione del Sud, in merito alla quale i dati esposti sono di assoluta evidenza. Mi pare di capire che una delle criticità individuate dalle compagnie, soprattutto nel Sud, sia relativa ai danni alle persone, che sono lievitati.
Come il collega D'Antoni, credo si debbano individuare strumenti e iniziative, anche normative, volti a garantire un più elevato grado di accesso al mercato assicurativo da parte dei cittadini, soprattutto nei rami danni diversi dalla RC auto, che segna, rispetto alla media europea, un certo ritardo.
So che non è facile individuare una strada da percorrere, ma secondo lei, presidente Giannini, attraverso quali meccanismi è possibile trovare il giusto equilibrio? Sappiamo che le compagnie non riescono a bilanciare il portafoglio RC auto e quello degli altri rami danni. Cosa si potrebbe ipotizzare per evitare la lievitazione delle tariffe delle polizze RC auto e per incentivare l'accesso dei cittadini ai rami danni diversi dalla RC auto? La sua relazione, presidente, indica la possibilità di un'espansione; c'è la possibilità di arrivare quanto meno alla media europea?
Un'ultima considerazione riguarda l'agenzia antifrode. Premesso che va benissimo la banca dati, la quale dovrebbe diventare operativa entro l'anno, le chiedo, presidente, di essere un po' più preciso - per quanto si tratti di una problematica molto complessa - sul rapporto tra agenzia antifrode e Autorità di vigilanza. Vi è un dibattito aperto sulla funzione dell'agenzia, ma anch'io credo che l'Isvap non soltanto debba permanere come Autorità di vigilanza, ma debba anche vedere rafforzati i propri compiti. Anziché istituire una nuova entità, l'agenzia antifrode, non si potrebbe fare in modo che una nuova divisione o dipartimento interno all'Isvap possa svolgere tale funzione, integrando quelle che già oggi vengono svolte dall'Istituto? Grazie.

PRESIDENTE. Presidente Giannini, desidero rivolgerle anch'io alcune domande.
Un dato mi sembra piuttosto singolare: l'audizione dell'ANIA ci ha fornito alcuni spunti di riflessione relativi ad argomenti che nella relazione non sono trattati. D'altra parte, mi rendo conto che, mentre l'Isvap svolge una funzione di vigilanza, le compagnie operano sul mercato e, di conseguenza, hanno interessi ed esigenze diversi.
Per quanto riguarda la vicenda del preventivatore, lasciata in ombra dall'Associazione


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nazionale fra le imprese assicuratrici, mi pare che 145.000 richieste, rispetto alla consistenza complessiva del settore delle assicurazioni, siano obiettivamente poche. È legittimo chiedersi se il numero esiguo di richieste sia dovuto alla novità dell'iniziativa ovvero al fatto che la stessa non è stata adeguatamente pubblicizzata. Evidentemente, se i contratti di assicurazione RC auto sono, se non sbaglio, 44 milioni, un numero così basso di preventivi presuppone una limitata conoscenza dello strumento. Anche tenendo conto della scarsa dimestichezza degli italiani con il mezzo telematico, mi sembra che il dato sia molto deludente.
Il presidente dell'ANIA - la quale, in tema di risarcimento diretto, naturalmente, è molto favorevole a una presa di posizione del Parlamento - ha posto la questione della valutazione dei danni alla persona, con riferimento non soltanto a quelli di lieve entità (da uno a nove punti percentuali di invalidità), ma anche di quelli più gravi. In particolare, mi piacerebbe conoscere la sua opinione, presidente, in merito all'ipotesi di un intervento riguardante i danni di lievissima entità, vale a dire quelli comportanti una percentuale di invalidità da uno a due punti.
Naturalmente, non si è parlato dell'eliminazione della proroga tacita dei contratti del ramo RC auto: ad impossibilia nemo tenetur...
Poiché non mi intendo molto di assicurazioni, vorrei, presidente Giannini, che chiarisse il significato dell'espressione «risarcimento in forma specifica», cui ha fatto cenno laddove, dopo avere sottolineato la necessità di un rafforzamento dimensionale delle strutture di liquidazione dei sinistri, ha soggiunto che ulteriori vantaggi potrebbero derivare dalla diffusione di formule contrattuali che prevedano, appunto, il risarcimento in forma specifica.
Passando ad altro argomento, abbiamo cominciato ad occuparci delle frodi assicurative da quasi due anni: la prima audizione relativa al settore assicurativo risale, se ricordo bene, al 2008. È stato necessario risolvere alcune questioni (sullo schema di regolamento adottato dall'Isvap, recante la disciplina della banca dati dei sinistri, ha fornito il proprio parere anche l'Autorità garante per la protezione dei dati personali, la quale aveva rappresentato talune difficoltà); tuttavia, questa benedetta banca dati dei sinistri non è ancora pienamente operativa, anche perché, come lei osserva nella relazione, presidente, le imprese assicurative non l'alimentano. D'altra parte, una banca dati ha proprio lo scopo di immagazzinare dati da prelevare al momento del bisogno.
Per la verità, il presidente dell'ANIA ha tenuto a osservare come i dati relativi alle frodi siano assolutamente parziali rispetto all'effettiva estensione del fenomeno: chi stabilisce, infatti, se i sinistri siano di origine fraudolenta oppure no? Le cifre ufficiali fornirebbero, quindi, una rappresentazione delle frodi ancora lontana da quella che potrebbe essere ricostruita attraverso l'azione di un soggetto che si occupasse di effettuare la raccolta, l'incrocio e l'analisi di tutti i dati rilevanti.
È stato assegnato alla Commissione, in sede referente, un provvedimento che è stato impropriamente utilizzato per impostare un'iniziativa legislativa in materia di agenzia antifrode. Tuttavia, una volta acquisito il consenso del Parlamento e del Governo in merito alla necessità di allocare tale organismo presso l'Isvap, cosa osterà a mettere in piedi un efficiente sistema antifrode? A tale proposito, ricordo che, in occasione di una recente visita della Commissione alla Guardia di finanza, i rappresentanti del Corpo hanno molto insistito sull'aspetto delle convenzioni, in quanto si sentono, e sono titolati, per legge, a essere riconosciuti come polizia economica e finanziaria. Per questo motivo, non condivido molto l'idea del coinvolgimento del Ministero dell'interno, anche se, dietro le frodi, possono esservi fenomeni che lei, presidente, ha descritto in maniera obiettivamente molto precisa (e la ringrazio per averlo fatto).
Cosa osta, dunque, all'implementazione della banca dati? L'Istituto ha qualche difficoltà, oppure le compagnie di assicurazione non collaborano abbastanza? Con


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una banca dati funzionante, avremmo la consapevolezza di avere qualcosa su cui costruire un certo sistema.
Il presidente dell'ANIA ci ha anche invitati a non fare eccessivo affidamento su un'eventuale disposizione che stabilisse la perseguibilità d'ufficio, anziché a querela di parte, delle truffe assicurative, dal momento che anche l'esercizio ufficioso dell'azione penale presuppone un'apposita segnalazione.
Le dico tutto ciò, presidente Giannini, perché sono preoccupato. Condivido pienamente le considerazioni con le quali ha concluso la sua relazione, al punto che ho domandato al presidente dell'ANIA: «Quousque tandem abutere»? Non si continua, forse, ad addurre pretesti, quando si invoca la necessità del risarcimento diretto obbligatorio e dell'agenzia antifrode? Curiosamente, ogni volta che poniamo in risalto l'esigenza di stabilizzare i costi delle assicurazioni, c'è sempre qualcosa che manca o che lo impedisce. A seguito dell'introduzione del risarcimento diretto e delle tabelle relative al danno biologico per lesioni di lieve entità, avremmo dovuto assistere a un calo significativo delle tariffe RC auto. Invece, bisogna convenire con le associazioni dei consumatori sul fatto che i costi delle polizze continuano a crescere.
Non vorrei, quindi, che la mancata istituzione dell'agenzia antifrode fornisse un ulteriore alibi alle compagnie assicurative. A tale proposito, dobbiamo valutare se convenga lavorare a un'iniziativa legislativa specifica, ovvero percorrere una strada molto più celere, vale a dire quella dell'inserimento di norme ad hoc in un diverso provvedimento da utilizzare come veicolo (ad esempio, il decreto-legge in materia di incentivi che il Governo avrebbe in animo di adottare a breve).
Quel che è certo è che non possiamo rimanere inerti quando apprendiamo dall'ANIA che le tariffe RC auto continueranno ad aumentare tra l'8 e il 15 per cento: dobbiamo intervenire con urgenza per risolvere definitivamente alcune questioni. Com'è stato correttamente osservato, i costi delle frodi non ricadono soltanto sugli assicurati delle aree più critiche del Sud, ma anche su quelli delle zone più virtuose dell'intero Paese.
Se, poi, si vuole effettuare una separazione netta della RC auto dagli altri rami danni, possiamo anche intavolare un ragionamento. L'obiettivo deve essere, tuttavia, quello di collegare la riduzione dei costi, di cui le imprese assicurative hanno usufruito, a benefici concreti per gli assicurati, che finora non abbiamo visto.
Vorrei capire, presidente Giannini, come mai al generico impegno a rendere operativa la banca dati sinistri si accompagni l'ammissione che essa non viene alimentata dalle strutture liquidative delle imprese, le quali sostengono che la banca dati non funziona. Intanto, il numero crescente di frodi costringe gli assicurati a corrispondere alle compagnie premi sempre più alti.
Do la parola al nostro ospite per la replica.

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. Ringrazio lei, signor presidente, nonché i componenti la Commissione che hanno preso la parola, per l'apprezzamento manifestato nei confronti dell'Istituto.
Se mi è permesso, risponderei prima alle domande poste dal presidente.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Non ce la prendiamo. Oggi, poi, il presidente Conte si è proposto anche in veste di latinista...

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. Il presidente ha toccato un punto focale, sul quale credo sia necessario fare un po' di chiarezza.
La banca dati sinistri esiste presso l'Isvap da diversi anni e contiene milioni di dati; tuttavia, essa è stata alimentata, finora, in modo non soddisfacente. I dati sono stati forniti ma, in molti casi, non sono corretti, o perché non c'è corrispondenza, o perché vi è la necessità di operare rettifiche, e via elencando. Le imprese hanno sempre sostenuto che la banca dati è troppo complessa e farraginosa. Esistevano,


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obiettivamente, limitazioni importanti alle funzioni di ricerca. Comunque, la banca dati esiste ed è funzionante; siamo anche collegati con il Ministero dell'interno e con diverse procure della Repubblica.
Una svolta c'è stata quando, anche con il supporto del presidente Pizzetti, l'Autorità garante per la protezione dei dati personali ci ha consentito di fare quello che chiedevamo da parecchi anni, ossia di allentare alcuni vincoli.
Le operazioni che sarà possibile effettuare con la nuova banca dati consentiranno, a mio avviso, un adeguato intervento di prevenzione delle frodi. Il punto fondamentale, però, è che la funzione di prevenzione deve essere svolta, in primo luogo, dalle reti liquidative delle compagnie: sono loro che, stando sul territorio, hanno la possibilità di conoscere meglio le realtà nelle quali operano (ricordo che, quando ho lavorato nel settore, conoscevamo benissimo i soggetti, i canali attraverso i quali erano perpetrate le truffe, nonché le aree in cui era attiva la criminalità organizzata).

PRESIDENTE. Le chiedo scusa, presidente Giannini, se la interrompo, ma il presidente dell'ANIA ha ribadito, con la consueta affabilità, che le imprese assicurative sono disponibili a finanziare il costo di una struttura antifrode; poi, però, ci viene riferito che, in realtà, non collaborano. Cos'è che non funziona? Perché non si riesce a definire, come si è fatto in altre occasioni, un regolamento che imponga loro di fornire indicazioni precise?
Mi scusi se insisto su questo aspetto, presidente, ma mi sembra che, essendo ormai obbligatoria l'indicazione del codice fiscale del danneggiato negli atti di liquidazione, sia piuttosto agevole rilevarne la ricorrenza nei sinistri: già questo elemento dovrebbe indicare (così come avviene, mutatis mutandis, per l'Agenzia delle entrate) una certa problematicità del soggetto.

GIANCARLO GIANNINI, Presidente dell'Isvap. Adeguandomi alla sua battuta, signor presidente, svolgerei qualche considerazione attinente alla filosofia sottesa al sistema.
Il problema è molto semplice: le compagnie devono esercitare un ruolo essenziale nella prevenzione delle frodi. Per essere molto chiari, non è credibile che l'istituzione di una banca dati o di un'agenzia antifrode, con una dozzina di addetti che provvedano a incrociare i dati, consenta di risolvere il problema di cui stiamo discutendo: semmai, essa potrebbe aggiungersi alla banca dati sinistri, rinnovata in base al regolamento, la quale, mi permetto di ricordarlo, non risale a due anni fa, ma è del 1o giugno 2009.
In un primo momento, sembrava che si dovesse addirittura riacquistare tutto l'hardware. Comunque, abbiamo dovuto risolvere questioni complesse: non è stato semplice ottimizzare una banca dati contenente informazioni relative a 45 milioni di sinistri, in modo tale da consentire alle imprese di sapere, con pochi click, quante volte un soggetto sia stato coinvolto nei sinistri in qualità di conducente, di trasportato, di ferito, di testimone o, al limite, di medico.
Quella che le imprese sono chiamate a svolgere è, quindi, un'attività indispensabile. Né si può accettare l'idea secondo la quale obbligare le imprese assicurative ad alimentare la banca dati sinistri sarebbe come chiedere loro, nel diverso caso delle polizze incendio, di farsi carico di spegnere gli incendi: si tratta, com'è evidente, di due situazioni completamente diverse.
La banca dati sinistri, dunque, esiste, ma è obiettivamente molto complicata; insomma, denota una farraginosità che ne ha frenato molto l'utilizzazione da parte delle compagnie. Aggiungo che il mancato inoltro o l'inoltro di dati non corretti comporta l'applicazione di sanzioni risibili; anzi, essendo ben noto che nessuno può essere assoggettato a sanzioni amministrative se non in forza di una norma di legge, colgo l'occasione per avanzare al legislatore la specifica richiesta di inasprire le sanzioni applicabili alle predette fattispecie di violazione.
È troppo comodo sostenere che ogni problema può essere risolto istituendo


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l'Agenzia antifrode e assegnando a tale struttura una dozzina di finanzieri. Sebbene l'incrocio dei dati possa essere utile, c'è un'ulteriore complicazione da affrontare: le banche dati, compresa quella antifrode, partono sempre dal sinistro; al contrario, l'intento potrebbe essere quello di individuare, in via preventiva, le persone coinvolte in sinistri falsi, o presunti tali, per trarne elementi da utilizzare in sede di stipula delle polizze. Ne parlavo proprio stamattina con il professor Pizzetti, presidente dell'Autorità garante per la protezione dei dati personali: non è possibile utilizzare la banca dati sinistri, o altra banca dati analoga, per fare in modo che taluni soggetti non possano assicurarsi, poiché, nel nostro Paese, l'assicurazione della responsabilità civile derivante dalla circolazione di veicoli a motore è obbligatoria. A tale riguardo, la chiarezza è, secondo me, necessaria.
Probabilmente, vi è stato un minimo di ritardo, anche per disguidi interni relativi all'avvicendamento del responsabile della struttura informatica, ma a giugno 2009 è stato possibile predisporre il nuovo regolamento recante la disciplina della banca dati sinistri di cui all'articolo 135 del decreto legislativo 7 settembre 2005, n. 209 (codice delle assicurazioni private). Ebbene, le nuove norme consentono un riscontro immediato e certo; in alcuni casi, non c'è nemmeno bisogno di un sinistro per dare inizio all'indagine. Comunque, pensare all'agenzia antifrode come a un organismo in grado di risolvere da solo ogni problema significa avallare l'idea che il mercato possa senz'altro lavarsene le mani.
Il raffronto tra incidenza delle frodi e presenza degli ispettorati sinistri mi sembra molto incongruo, in quanto proprio laddove c'è una maggiore frequenza di fenomeni fraudolenti dovrebbe esserci una maggiore presenza di strutture di liquidazione. È vero anche, come ricordava l'onorevole D'Antoni, che non tutto il Sud si trova in una simile situazione. Ad esempio, farà piacere sapere che Caltanissetta è un'oasi da questo punto di vista, perché l'incidenza delle frodi è, in tale provincia, inferiore o perfettamente in linea con la media italiana. Il fenomeno non riguarda, quindi, tutto il Sud, anche se, in tale area, esistono obiettivamente alcuni problemi.
Una più efficace lotta alle frodi, unitamente al rafforzamento e al potenziamento delle strutture di liquidazione, consentirebbe una maggiore reattività anche sul piano del contrasto alla criminalità che agisce nel settore. A maggior ragione, però, è importante che la banca dati sinistri sia fruibile. A tale proposito, mi impegno a fare in modo che, entro l'anno - mi auguro entro l'autunno, forse con un anticipo di qualche mese -, la nuova banca dati sinistri entri in funzione nella sua veste rinnovata.
La gestione di 45 milioni di dati crea non pochi problemi; tuttavia, possiamo applicare sanzioni medie dell'ordine di 50 euro, inferiori a quella prevista per il divieto di sosta. Ricordo che la Commissione di studio istituita dal Ministero delle attività produttive per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia, assicurazioni e incentivi alle attività economiche e produttive - di cui ho fatto parte, ancorché non fossi ancora all'Isvap - è riuscita a portare avanti alcune iniziative riguardanti proprio le sanzioni, che in molti casi, però, sono rimaste di importo estremamente ridotto.
Per quanto concerne il danno biologico di lievissima entità (1 o 2 punti percentuali di invalidità), si tratta di un problema di medicina legale che è stato già affrontato a suo tempo. Ci si domanda sempre più frequentemente, in particolare, se esista un'invalidità permanente dell'1 per cento. Personalmente, nutro qualche dubbio. Tuttavia, qualora si volesse affermare l'irrilevanza, sotto il profilo risarcitorio, dei postumi da lesioni fino a 2 punti percentuali di invalidità, dal punto di vista tecnico-assicurativo vi sarebbe una sola strada: stabilire una franchigia assoluta, in ragione della quale il danno biologico sarebbe risarcito a partire da 3 punti percentuali di invalidità. In altre parole, ipotizzando che il sinistro provochi un'invalidità del 15 per cento, il danneggiato otterrebbe il risarcimento soltanto per la


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parte eccedente i 2 punti di franchigia. Se, invece, la franchigia fosse relativa - come si dice in gergo assicurativo -, non si risolverebbe il problema, ma si rischierebbe di aggravarlo (infatti, poiché il risarcimento sarebbe pur sempre pieno dal 3 per cento in poi, potrebbe manifestarsi la tendenza ad attribuire 3 punti percentuali di invalidità anche in relazione a postumi invalidanti meno gravi). Il problema fu affrontato, anche sotto il profilo costituzionale, alcuni anni fa.
Il Parlamento e il Governo hanno prestato la dovuta attenzione alle problematiche assicurative e hanno approvato, com'è stato ricordato, molti provvedimenti. È il momento che ognuno faccia la sua parte: noi abbiamo cercato di fare la nostra, adottando alcuni provvedimenti, avanzando suggerimenti e proponendo iniziative.
Oggi, non si può guardare solo al rubinetto d'entrata, ma è necessario ridurre il fabbisogno, le uscite: questo è il punto fondamentale. Ho posto la questione con molta chiarezza in occasione di una riunione con i maggiorenti dell'industria assicurativa (come l'ANIA ha riconosciuto in audizione). Del resto, si tratta di una posizione che ho espresso già nella mia prima relazione sull'attività dell'Isvap.
Il problema è insito nella struttura del contratto. In particolare, non vi è omogeneità tra domanda e offerta: la prima è obbligatoria, la seconda è libera; e chiunque conosca un po' di economia sa che una simile situazione produce un aumento dei prezzi. Orbene, poiché non si può intervenire sulle tariffe, la strada maestra è, a mio avviso, quella di cominciare a spendere meglio, a vantaggio di tutti.
Se mi è consentito, desidero spiegare, omettendo di identificare chiaramente le singole città, perché il Sud è penalizzato. Normalmente, l'assicuratore sceglie di scansare i problemi e va alla ricerca dei segmenti di mercato migliori: per quale motivo andare ad aprire un'agenzia proprio nel luogo in cui risultano denunciati tanti sinistri falsi? Entro certi limiti, tale atteggiamento rientra in una sorta di legittima difesa, ma è assurdo non tentare di far fronte al fenomeno nel modo migliore.
Per quanto riguarda l'ipotesi di rendere obbligatoria la denuncia all'autorità giudiziaria, si è parlato spesso, anche negli anni passati, di trasformare quello di frode alle assicurazioni da reato punibile a querela di parte a reato perseguibile d'ufficio. A tale proposito, posso riferirvi un dato, di certo non incoraggiante: ancora oggi - e sono passati dieci anni da quando ho lasciato il settore operativo - ricevo inviti a testimoniare per denunce che ho sporto 10 o 12 anni fa. Se, poi, le frodi sono poste in essere dalla criminalità organizzata, una denuncia passa come se fosse acqua fresca, mentre il cittadino, in molti casi, ci pensa diecimila volte prima di presentare denuncia.
Tornando all'istituzione dell'agenzia antifrode, bisognerebbe ricorrere all'opera di soggetti che abbiano la qualifica di pubblici ufficiali. Noi siamo disponibili: ci basterebbe un adeguato nucleo di persone. Si potrebbe anche pensare a una convenzione o a un protocollo d'intesa con la Guardia di finanza, della cui collaborazione già ci avvaliamo nello svolgimento dell'attività ispettiva (infatti, noi possiamo soltanto chiedere registri, dati ed altri documenti, mentre la Guardia di finanza può imporre di aprire un cassetto o di fornire la password di un computer).
Non si tratta, quindi, di un'idea peregrina. Tuttavia, l'agenzia antifrode deve essere di supporto, deve rappresentare un mezzo ulteriore: non può assolutamente tradursi, invece, in un alibi per la struttura di mercato, la quale potrebbe scaricare su tale organismo il problema delle frodi. Questa è la mia personale opinione. Comunque, cercheremo in tutti i modi di rendere operativa al più presto la nuova banca dati sinistri.
Riprendendo il tema della rete di distribuzione nel Mezzogiorno, l'onorevole Barbato ha contestato il dato riferito dall'ANIA, secondo la quale il numero degli sportelli si sarebbe ridotto, in tale territorio, di 56 unità, sottolineando, invece, come una sola compagnia ne abbia chiusi 124 (peraltro, posso riferire che con un


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recentissimo provvedimento, di cui gli organi di informazione hanno già dato notizia, l'Isvap ha sospeso le funzioni degli organi di amministrazione e di controllo della società in questione, nominando un commissario per la gestione provvisoria). Ebbene, se i documenti di cui disponiamo sono veritieri, i valori relativi al rapporto «oneri per sinistri a premi» sono stati, nel caso cui si ha riguardo, del 160, del 180 e del 200 per cento. Sono diversi i casi in cui la riduzione dei punti di contatto a disposizione dell'utenza è attuata perché non si vuole rendere il servizio nelle zone in cui si registra una più forte presenza della criminalità organizzata.
Spendo anche una parola per le reti tradizionali, che invito a non occuparsi soltanto o quasi esclusivamente della RC auto, segmento di mercato che detengono per il 90 per cento. Le reti tradizionali hanno anche l'80 per cento dei rami danni, ma sono molto assenti nel ramo vita e nella vendita dei prodotti più qualificati. Occorre una maggiore specializzazione.
I citati casi di trasferimenti di portafogli dalla Puglia a Messina, onestamente, mi sembrano incongrui e, comunque, non ne sono a conoscenza. So, invece, di un trasferimento notturno di pratiche da Napoli a Roma, presso la direzione generale di una società: una colpa che confesso a distanza di molti anni, sperando che sia caduto tutto in prescrizione... Casi simili si verificano, evidentemente, perché alcune persone, quando si recano a trattare i sinistri, appoggiano la pistola sulla scrivania di colui che deve determinare l'ammontare del risarcimento. Rifacendomi ancora una volta alla mia esperienza personale, ricordo, ad esempio, che tutti i più importanti ispettorati del Sud si avvalevano di due vigilantes, i quali potevano quanto meno incutere un po' di rispetto.
La bancassurance è una realtà. È vero, onorevole Barbato, che proprio attraverso il canale bancario è stato raccolto il 67 per cento dell'incremento registratosi nel 2009 nel ramo vita; tuttavia, è anche vero che a seguito della crisi la vendita di polizze del ramo I è aumentata. È il cliente che determina l'andamento del mercato, soprattutto se manca un'attività - diciamo così - incentivante, che può essere svolta non soltanto attraverso la pubblicità, ma anche e soprattutto andando incontro alla clientela, proponendo prodotti atti a soddisfarne effettivamente le esigenze, che il venditore deve essere in grado di captare.
Personalmente, sono convinto che le reti tradizionali svolgano l'insostituibile ruolo di ossatura del sistema. Tuttavia, esse possono contrastare lo sviluppo di altre reti, che costano enormemente di meno, ma danno anche di meno, perché possono dare prodotti standardizzati, semplici, mentre l'agente deve diventare un consulente, un professionista vero e proprio.
A mio avviso, la bancassurance assumerà un ruolo sempre più importante, contribuendo alla diffusione di polizze standardizzate idonee a coprire i rischi maggiori nei rami danni. Per esempio, nel ramo infortuni, coprire invalidità fino al 3 per cento è superfluo, in quanto ciò può suscitare intenti speculativi. Si deve coprire il grande rischio: quando una persona ha un 30 o 40 per cento di invalidità, si può anche raddoppiare il capitale garantito. Le polizze malattie per cure odontoiatriche non le offre più nessuno, ma quelle che prevedono il rimborso o un indennizzo in caso di ricoveri per gravi eventi morbosi e grandi interventi chirurgici tutelano da evenienze serie che possono capitare nella vita e, inoltre, non costano moltissimo.
A questo punto, desidero spezzare una lancia a favore del personale dell'Autorità, il cui Consiglio ha deliberato, proprio due giorni fa, di indire due concorsi pubblici per titoli ed esami, al fine di adeguare la dotazione organica ai nuovi impegni. Espletati tali concorsi, arriveremo al limite massimo di personale stabilito dalla legge, con il quale dovremo fare fronte a tutte le nostre esigenze organizzative. Peraltro, per quanto riguarda l'eventualità di un blocco del turnover, non sono molti i dipendenti dell'Istituto in procinto di andare in pensione nei prossimi anni.


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Ho già parlato apertamente, portando il problema alla cortese attenzione di codesta Commissione, quando ho avuto modo di esprimere le valutazioni dell'Isvap in merito alla riforma del sistema europeo di vigilanza finanziaria. Tuttavia, mi vedo costretto a ripetere, anche in questa occasione, che per poter mantenere un adeguato livello di sorveglianza e di regolazione, anche alla luce delle nuove esigenze (internazionali, ma non solo), l'Autorità ha bisogno di ampliare il proprio organico. Non so quale sia la strada, ma non posso esimermi dal dovere di segnalare tale esigenza al Parlamento.
Si sente parlare anche di una riduzione del finanziamento (ricordo che abbiamo già versato 2,4 milioni di euro in favore di altre Autorità). A tale proposito, sarebbe molto utile ottenere un'anticipazione del decreto del Ministro dell'economia e delle finanze che stabilisce la misura e le modalità di versamento del contributo di vigilanza da parte delle imprese esercenti attività di assicurazione e riassicurazione. Nelle more dell'emanazione del decreto, dovremo necessariamente chiedere, come stiamo per fare (e come abbiamo dovuto fare lo scorso anno), un'anticipazione finanziaria, che ha il suo costo. Non credo che le compagnie avrebbero problemi a tornare al passato, quando versavano un acconto a gennaio e il saldo a giugno.
Riprendendo il tema dell'audizione, l'onorevole D'Antoni ha osservato come non vi sia ragione per aumentare le tariffe. Purtroppo, se non si mette un freno alle uscite, la ragione ci sarà. Il problema è che i costi di gestione, i costi di struttura e i costi di liquidazione creano, come si dice in gergo assicurativo, un fabbisogno tariffario. Non sostengo che le imprese ci debbano rimettere: occorre, tuttavia, che la logica dell'attività mercantile (alcune imprese assicurative sono anche quotate in borsa) si basi sui presupposti dell'efficienza e dell'efficacia dell'attività svolta. Insomma, non ci si può limitare ad attingere dal lato delle entrate, trascurando quello delle uscite.
Sarebbe utile se si riuscisse a fare qualcosa per incentivare l'assicurazione nei rami danni diversi dalla RC auto. Noi stiamo realizzando un programma di diffusione della cultura assicurativa, nell'ambito, più generale, della cultura finanziaria. Ci stiamo rivolgendo principalmente agli studenti, perché sono coloro che, in futuro, assumeranno nella società il ruolo di protagonisti e dovranno essere in grado di gestire il Paese. Comunque, ci vuole tempo.
Per quanto riguarda il cosiddetto preventivatore RC auto, avviato a giugno 2009, il numero delle utilizzazioni può sembrare risibile ove lo si confronti con i 43 milioni di polizze che si stipulano ogni anno. Occorre tenere conto, però, di alcuni fatti.
Sebbene, in soli sei mesi, siano pervenute oltre 145.000 richieste di preventivo, il nuovo strumento non poteva interessare un numero altissimo di assicurati, per la semplice ragione che l'esigenza di utilizzarlo cresce in prossimità delle scadenze.
Inoltre, non è stata lanciata alcuna attività promozionale, anche se, ora, abbiamo allo studio un progetto di diffusione, da realizzare in collaborazione con un'importante rivista automobilistica.
Peraltro, come lei stesso ha rimarcato, signor presidente, non abbiamo, in Italia, molta confidenza con i computer.
Tuttavia, il problema principale è costituito, secondo me, dalla mancanza di cultura assicurativa, come ho avuto modo di affermare già in una diversa occasione. La verità è che, per risparmiare qualche euro sull'acquisto di un cellulare, le persone si mettono alla ricerca del punto vendita che pratica i prezzi più convenienti, mentre per acquistare una polizza assicurativa si basano sull'abitudine e sull'affidamento.
Uno dei problemi che abbiamo affrontato è proprio quello della scarsa mobilità degli assicurati. Abbiamo emanato, nel 2006, un regolamento concernente, tra l'altro, la disciplina relativa all'attestazione dello stato del rischio (modificata e integrata nel 2008), che credo sia di particolare importanza: in precedenza, gli assicurati potevano ritirare l'attestato di rischio, un documento indispensabile per


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cambiare compagnia, presso l'agente, nei tre giorni antecedenti la scadenza. È comprensibile, quindi, che si determinasse una stabilizzazione della clientela. Oggi, invece, l'attestato di rischio arriva a casa trenta giorni prima della scadenza della polizza e, quindi, con un po' di buona volontà e con l'impiego del preventivatore, si potrebbe avere una maggiore mobilità.
A nostro avviso, occorrerebbe abolire anche il tacito rinnovo, al quale, peraltro, non fa più ricorso il 40 per cento del mercato. Ovviamente, l'attestato dovrebbe richiamare l'attenzione dell'utente sul giorno a partire dal quale non sarà più coperto da assicurazione. Da questo punto di vista, manca un po' di chiarezza, perché si dice, solitamente, che il contratto dura un anno e quindici giorni, nei quali, in realtà, la garanzia opera soltanto se in tale periodo si provvede al versamento del premio; invece, nei contratti senza clausola di tacito rinnovo, ovvero «a scadenza secca», il periodo di tolleranza di quindici giorni si applica di diritto solo alle scadenze infrannuali (cioè alle rate successive alla prima, in caso di pagamento frazionato) e non alla scadenza annuale, alla quale il contratto cessa automaticamente di avere effetti (in ogni caso, è sempre opportuno controllare le condizioni contrattuali).
A proposito dell'indennizzo diretto, credo che tale istituto stia effettivamente dando buoni risultati: si riducono i tempi di liquidazione - si è passati da 63 a 52 giorni, e non è poco -, e anche il costo medio dei sinistri sta diminuendo. Si tratta di uno strumento che, a mio avviso, va preservato. Poiché la sentenza interpretativa della Corte costituzionale lascia alcuni margini di dubbio, si verificano, naturalmente, «assalti» di avvocati e studi peritali. Se si stabilisce che è possibile ricorrere, in via alternativa, o alla compagnia del responsabile o alla propria, verranno a mancare le fondamenta strutturali del risarcimento diretto.
Per quanto riguarda il risarcimento in forma specifica, una polizza RC auto può contenere una clausola ai sensi della quale l'assicurato danneggiato è obbligato a rivolgersi a determinate officine o carrozzerie. Abbiamo stabilito che alla predetta clausola si deve accompagnare una contestuale riduzione del premio di almeno il 10 per cento, ma non ci sono limiti. Alcuni gruppi stanno tentando di diventare anch'essi parte del settore, acquistando partecipazioni in carrozzerie. Si pensi al volume dei pezzi di ricambio. Le convenzioni a suo tempo stipulate dall'ANIA con le associazioni artigiane dei carrozzieri e il cosiddetto tempario (prontuario dei tempi di riparazione e sostituzione di carrozzeria) hanno prodotto soltanto un innalzamento dei prezzi. Quando, invece, è l'assicuratore che gestisce e controlla la filiera della liquidazione, ciò può comportare vantaggi di non poco conto.
In merito agli stress test, posso rassicurare la Commissione. Ad esempio, con riferimento alle vicende della Grecia, abbiamo già tutto l'elenco degli impegni delle compagnie per quanto riguarda i titoli di Stato greci e anche di altri Paesi (si tratta di Paesi membri dell'OCSE, i cui titoli possono far parte di asset a supporto delle riserve tecniche). Le borse hanno reagito positivamente all'impegno ad intervenire soprattutto della Germania, e la situazione non è paragonabile a quella del settembre-ottobre 2008, quando si è temuto che il fallimento della Lehman Brothers determinasse un effetto domino. Non siamo a quel livello. Qualcuno, evidentemente di memoria corta, ma con interessi propri enormi, sta ripetendo le stesse operazioni.
Credo che la lezione sia servita alla maggior parte degli operatori finanziari. Quanto agli assicuratori, non è il caso di elencare tutti i provvedimenti emanati dall'Isvap per salvaguardare il mercato assicurativo (ad esempio, già nel 2003 l'Autorità aveva vietato il collegamento delle prestazioni dei contratti di cui all'articolo 30, comma 2, del decreto legislativo n. 174 del 1995 a indici o altri valori di riferimento costruiti o collegati, in modo diretto o indiretto, a titoli derivanti da operazioni di cartolarizzazione ovvero a derivati del credito).
Bisogna anche riconoscere alle imprese assicurative un'innata prudenza: l'assicuratore


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tradizionale non è un finanziere, del quale non ha la mentalità - questo è un aspetto positivo -, e procede con i piedi di piombo, soprattutto quando ha un'Autorità che gli impone di muoversi all'interno di percorsi abbastanza stretti.
Se ho omesso qualcosa, vi assicuro che non l'ho fatto per sottrarmi al dovere di rispondere.

PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente Giannini e i suoi collaboratori.
Speriamo di poter affrontare presto le questioni emerse nel corso dell'audizione, dopo la quale, forse, sarà opportuno ascoltare...

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Realizzeremo un duplice intervento normativo: uno sull'indennizzo diretto e un altro sulla rinnovazione tacita dei contratti.

PRESIDENTE. Ecco, abbiamo già sistemato tutto...
Ringrazio nuovamente il nostro ospite, per la sua disponibilità e anche per il documento consegnato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,10.

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