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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VI
31.
Mercoledì 15 dicembre 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle problematiche relative all'operatività della giustizia tributaria (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 7 9 10 11 13 14 15 18 19 20
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 14 18
Fluvi Alberto (PD) ... 8 13 17
Fugatti Maurizio (LNP) ... 16
Lapecorella Fabrizia, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 7 8 9 10 11 15 16 17 18 19
Pepe Antonio (PDL) ... 15 18
Sirianni Fiorenzo, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze ... 7 10 11 16 18 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Futuro e Libertà per l’Italia: FLI; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l’Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud Libertà e Autonomia, I Popolari di Italia Domani: Misto-Noi Sud-PID; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Repubblicani, Azionisti. Alleanza di Centro: Misto-RAAdC.

COMMISSIONE VI
FINANZE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 15 dicembre 2010


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 10,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle problematiche relative all'operatività della giustizia tributaria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, sulle problematiche relative all'operatività della giustizia tributaria.
Saluto la professoressa Fabrizia Lapecorella, direttore del Dipartimento delle finanze, che ringraziamo per la sua disponibilità. La accompagnano la dottoressa Patrizia Nardi, direttore della direzione comunicazione, il dottor Fiorenzo Sirianni, direttore della Direzione giustizia tributaria, il dottor Gaetano Reale e il dottor Luigi Ambrosio, dirigenti della Direzione giustizia tributaria, nonché il signor Maurizio Zeppa, funzionario della medesima Direzione.
La professoressa Lapecorella traccerà, oggi, un quadro generale dell'attuale situazione della giustizia tributaria. Debbo premettere - e ritengo che la mia posizione sia condivisa dai colleghi - che le audizioni dei rappresentanti della magistratura tributaria hanno destato un certo sconcerto nella Commissione, al punto che stavamo quasi considerando l'idea di lasciar perdere l'argomento. Infatti, ci sono pervenute unicamente richieste di carattere economico, mentre nessuno ha mai voluto parlare del funzionamento del sistema.
D'altra parte anche i recenti fatti accaduti in Puglia hanno dimostrato che è arrivato il momento di procedere - situazione politica permettendo - a una revisione della giustizia tributaria. Proprio per questo credo sia importante avere un quadro generale della situazione attuale.
Do quindi la parola alla professoressa Lapecorella.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Signor presidente, ringrazio la Commissione per l'opportunità che l'audizione odierna offre al Dipartimento di rappresentare il risultato della nuova attività di monitoraggio dell'andamento della giustizia tributaria. Infatti, soltanto dal 2008, a seguito dell'entrata in vigore del Decreto del Presidente della Repubblica n. 43 (l'ultimo di riorganizzazione del Ministero dell'economia e delle finanze) è stata istituita presso il Dipartimento delle finanze una nuova Direzione dedicata alla giustizia tributaria.
La direzione ha nella sua missione istituzionale il compito di provvedere alla gestione automatizzata dell'attività degli uffici di segreteria delle commissioni e alle rilevazioni statistiche sull'andamento del contenzioso; cura la gestione dell'Ufficio del Massimario, rilevando questioni di particolare interesse o di ricorrente frequenza


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nelle controversie pendenti; analizza la giurisprudenza in materia tributaria e fiscale, evidenziando i casi in cui non vi è un univoco orientamento giurisprudenziale; infine, ha il compito di provvedere all'amministrazione del personale e delle risorse degli uffici di segreteria delle commissioni tributarie. Questa ultima funzione, tradizionalmente, è sempre stata svolta dall'ex Dipartimento per le politiche fiscali, prima dell'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2008, attraverso l'Ufficio amministrazione delle risorse.
L'istituzione di una nuova Direzione e la previsione di ulteriori compiti istituzionali - i primi tre che ho elencato - evidentemente indicano la volontà politica non solo di potenziare la funzione di supporto alla giustizia tributaria, che è sempre stata fornita dall'amministrazione economico-finanziaria, ma anche di avviare una rigorosa e sistematica attività di monitoraggio sullo stato del contenzioso tributario e sul funzionamento dell'intero sistema.
Successivamente all'entrata in vigore del decreto del Presidente della Repubblica n. 43 è stato predisposto il decreto ministeriale che disciplina l'articolazione degli uffici dirigenziali non generali. Nell'individuazione specifica delle competenze della direzione della giustizia tributaria effettuata dal decreto ministeriale del 28 gennaio 2009 è stata prevista anche la predisposizione di una relazione annuale sull'andamento del contenzioso tributario. Nell'anno 2010 è stato redatto per la prima volta il rapporto sull'andamento del contenzioso, ovviamente relativo all'anno 2009.
La relazione sull'andamento del contenzioso curata dalla Direzione della giustizia tributaria è stata pubblicata sul sito internet del Dipartimento delle finanze ad ottobre 2010. Ne ho lasciato una copia che spero costituisca per voi un utile documento di consultazione. Come vedete, si tratta di un documento essenzialmente di analisi statistica della gran massa dei dati che il sistema informativo delle commissioni tributarie gestito dal Dipartimento rileva costantemente.
Questa mattina vorrei provare a evidenziare, tra tutti questi dati, quelli più significativi e che ci lasciano individuare aree di disfunzionalità del sistema. In particolare, la relazione analizza più o meno tutto il sistema della giustizia tributaria - dall'andamento del contenzioso al dimensionamento delle strutture amministrative delle commissioni - e arriva a un'interessante analisi sui tempi di svolgimento del processo tributario e degli esiti delle sentenze. L'analisi inizia da alcuni specifici fenomeni collegati al contenzioso, quali ad esempio il tasso di litigiosità dei contribuenti, la propensione all'appello o al ricorso in Cassazione.
La prima analisi statistica riguarda, ovviamente, l'andamento del contenzioso. L'ammontare dei ricorsi giacenti è stato analizzato nel tempo, a partire dal 1996, data di insediamento delle commissioni tributarie. Dall'analisi dell'andamento del contenzioso si osserva che l'ammontare dei ricorsi giacenti diminuisce costantemente fino al 2007, mentre ricomincia a crescere nell'ultimo biennio 2008-2009. In particolare, nel 2008 e nel 2009 l'incremento complessivo della giacenza dei ricorsi è pari a circa il 9 per cento rispetto al 31 dicembre 2007.
È evidente che un dato di questo tipo richiede un'ulteriore analisi di dettaglio, per cercare di individuare quali siano le cause di questo andamento, che adesso appare di nuovo crescente, dei ricorsi in giacenza. La strada naturale da percorrere è l'analisi disaggregata dei ricorsi pervenuti e dei ricorsi definiti. Quello che emerge, infatti, con riferimento a quest'ultimo biennio, in cui la giacenza sta di nuovo aumentando, è che aumentano i ricorsi pervenuti e diminuisce invece la capacità definitoria delle commissioni.
In particolare, nell'analisi dei ricorsi pervenuti alle commissioni tributarie si osserva un andamento costantemente crescente in tutto il periodo, mentre per quello che riguarda la capacità di definire le controversie delle commissioni stesse


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l'andamento osservato è altalenante; in realtà, è un dato che richiede ulteriore analisi. In effetti, il fenomeno dell'aumento delle giacenze sembra comunque, sulla base di questi dati, in prima battuta riconducibile all'aumento dei ricorsi pervenuti, non bilanciato da un aumento della capacità di definire le controversie da parte delle commissioni.
È interessante, sempre in questa analisi di dettaglio, capire se c'è differenza tra i due diversi gradi di giudizio, quello della commissione tributaria provinciale e l'appello. In realtà, il fenomeno si registra con lo stesso andamento in entrambi i gradi di giudizio, seppure con percentuali diverse: presso le commissioni tributarie provinciali l'incremento della giacenza si aggira intorno al 7 per cento, presso le commissioni tributarie regionali arriva fino al 20 per cento.
Avendo individuato l'origine del fenomeno essenzialmente nel rallentamento, o comunque in un deficit di capacità di definizione delle controversie da parte delle commissioni, è interessante esplorare ulteriori dati per cercare di capire che cosa c'è alla base di tale deficit di capacità definitoria. L'analisi dei dati di cui disponiamo sembra essenzialmente indicare che sono due i fattori che possono spiegare questa osservazione: da una parte, assistiamo a un incremento della litigiosità dei contribuenti, quindi aumentano i ricorsi, dall'altro osserviamo nel tempo una significativa diminuzione del numero dei giudici tributari.
La nostra relazione contiene, tra l'altro, una parte significativa dedicata all'analisi statistica della situazione del personale giudicante che possiamo monitorare nell'ambito delle competenze istituzionali. Dall'analisi dell'organico dei giudici emerge essenzialmente che questi si sono ridotti in maniera significativa, sia presso le commissioni tributarie provinciali, sia presso le commissioni tributarie regionali. In particolare, i giudici presenti alla fine del 2009 presso le commissioni tributarie provinciali erano 2.914, mentre erano 3.141 nel 2008 e 3.302 nel 2007. Si osserva, dunque, una progressiva e significativa diminuzione. Presso le commissioni tributarie regionali i giudici erano, alla fine del 2009, solo 1.279, mentre erano 1.376 alla fine del 2008 e 1.466 alla fine del 2007. La prima conseguenza della riduzione del numero dei giudici è la riduzione del numero delle sezioni giudicanti. Nel 2009 le sezioni giudicanti di primo grado sono diminuite di oltre il 7 per cento e di circa il 6 per cento le sezioni giudicanti in appello.
Questa osservazione, che riguarda l'organico e quindi le risorse della giustizia tributaria, deve essere corredata, per essere più significativa, con un'analisi della produttività. Evidentemente l'efficienza della giustizia tributaria dipende anche da quanto questi giudici, ancorché diminuiti nel numero, siano in grado di lavorare e definire ricorsi. L'analisi che abbiamo svolto è un'analisi di produttività media, che è quella che si può effettuare con le informazioni di cui disponiamo. Il sistema informativo di cui dispone l'amministrazione finanziaria, anche per il profilo del contenzioso, è davvero un'enorme risorsa, in quanto estremamente ricco di informazioni, tuttavia un'analisi per singolo caso è un impegno molto gravoso che allo stato non siamo in grado di svolgere (i giudici sono 4.193). Pertanto abbiamo studiato il fenomeno in media.
Dall'analisi della produttività media dei giudici emergono risultati molto interessanti, sotto il profilo della distribuzione geografica di questo fenomeno e sotto il profilo delle differenze tra i diversi gradi di giudizio. Emerge, ad esempio, che nelle commissioni tributarie provinciali di Bolzano, Caserta, Cosenza, Napoli e Udine il numero di ricorsi definiti nel 2009 è di gran lunga superiore a quello dei ricorsi definiti nel 2008, nonostante una riduzione dei giudici: in queste commissioni, dunque, la giacenza si riduce. Ve le ho elencate proprio per darvi l'indicazione che il fenomeno è distribuito in maniera uniforme sul territorio nazionale: l'efficienza si riscontra al nord, a Bolzano e Udine, al centro, a Rimini, ma anche al sud, a Caserta, a Cosenza, a Napoli. A livello del secondo grado di giudizio, le


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commissioni tributarie regionali, la stessa osservazione vale ancora una volta per due commissioni, una del nord, del Friuli, e una del sud, della Puglia.
Nelle restanti commissioni tributarie provinciali e regionali, invece, si osserva che alla diminuzione del numero dei giudici corrisponde la diminuzione della capacità di definire le controversie. Abbiamo, dunque, casi in cui l'attività dei giudici è estremamente produttiva e casi di segno opposto.
Guardando più nel dettaglio la situazione dell'organico del personale giudicante si osserva che esso si è ridotto in maniera significativa in entrambi i gradi di giudizio. Le riduzioni percentuali sono di nuovo distribuite abbastanza uniformemente sul territorio: le più significative, dal 30 fino al 40 per cento circa, sono state riscontrate nelle commissioni tributarie provinciali di Bolzano e Mantova, ma anche di Vibo Valentia e Benevento; a livello delle commissioni tributarie regionali, invece, in Sardegna, a Trento, nelle Marche e in Val d'Aosta.
Oltre al numero dei giudici, un'ulteriore caratteristica della struttura dell'organico giudicante che può essere utile per spiegare la produttività dei giudici riguarda l'età. L'età media dei giudici tributari è molto alta, e questo è in larghissima misura il risultato dei criteri utilizzati per il loro reclutamento. Questo, signor presidente, è senz'altro un fenomeno che, se valutato nelle sue conseguenze, può essere corretto con appropriati interventi. Nel dettaglio, l'età media dei giudici è passata, nel triennio 2007-2009, da 63,76 anni a 65: è aumentata quindi di un anno.
In particolare, ben 1.627 giudici nelle commissioni tributarie provinciali e 736 giudici presso le commissioni tributarie regionali hanno più di 65 anni. In prospettiva, considerando i dati anagrafici di cui disponiamo in archivio, il 10,45 per cento dell'organico presente alla fine del 2009 lascerà il servizio nel biennio 2010-2011 per raggiunti limiti di età. Considerando solo l'età - ma possono esserci altri motivi per l'uscita dall'organico - ci aspettiamo che nel biennio 2010-2011 438 giudici lasceranno l'organico, rendendo ancora più significativo il fenomeno della carenza del personale giudicante.
Un altro dato interessante - lo è stato in primo luogo per me, non me l'aspettavo - riguarda la composizione dei giudici. Voi sapete che la giustizia tributaria è gestita da giudici togati e da giudici non togati. Dall'analisi della composizione risulta che, al 31 dicembre 2009, i giudici togati erano solo 1.200, mentre i giudici non togati erano 3.191. È ovvio che le situazioni di incompatibilità tra l'esercizio della funzione giudicante da parte del personale non togato sono significative. Una prova l'abbiamo nei fatti, non solo in quelli molto gravi che sono avvenuti nell'ultimo anno, ma anche nelle tantissime segnalazioni di episodi molto meno gravi, che non arrivano ad avere la rilevanza penale eclatante dei casi più recenti delle Marche o della Puglia, ma che tuttavia sembrano indicare la delicatezza delle situazioni di incompatibilità nelle quali si possono trovare i giudici non togati.
Come dicevo, la carenza di organico dei giudici si riflette anche nella carenza dei collegi giudicanti. A questo proposito va ricordato che ad aprile del 2008 era stato firmato un decreto ministeriale che aveva ridimensionato il numero delle sezioni giudicanti, fissandole in 778 rispetto alle 970 che a noi risultano attive al 31 dicembre del 2009. Il decreto ministeriale del 2008 aveva indicato come necessaria una diminuzione complessiva di 192 sezioni. L'aspetto interessante di questa analisi è la dimensione territoriale della riduzione che veniva suggerita con quel decreto. In particolare, nel dettaglio per area geografica, la riduzione delle sezioni riguardava sostanzialmente le regioni del nord e del centro: nel decreto si prevedevano 166 sezioni in meno presso le commissioni tributarie provinciali e 74 in meno presso le commissioni tributarie regionali delle regioni del nord e del centro, mentre si prevedeva un aumento di 48 sezioni complessive nei due gradi di giudizio per il sud e per le isole.
Il decreto è rimasto inattuato essenzialmente per l'impossibilità, a legislazione


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vigente, di trasferire d'ufficio il personale. Questa riallocazione territoriale delle commissioni, vale a dire la riduzione di quelle del nord e l'aumento di quelle del sud, in un numero complessivo comunque ridotto rispetto a quello attuale, richiederebbe la possibilità di trasferire i giudici. Se si volesse riconoscere l'importanza dello squilibrio territoriale nella distribuzione delle sezioni e si volesse rimettere mano in maniera efficace alla ridefinizione delle sezioni - strumento introducendo una misura legislativa che consenta di riallocare i giudici - sarebbe necessario ricalcolare i numeri, perché il decreto del 2008 era basato su dati del biennio 2005-2007; occorrerebbe quindi rivedere il quadro che emerge, invece, dall'analisi più recente che vi abbiamo consegnato relativa al 2009.
Per quanto riguarda la produttività dei giudici, abbiamo risultati anche in questo caso molto interessanti e, in qualche misura, inaspettati. Abbiamo analizzato la produttività essenzialmente considerando le udienze fissate e i ricorsi trattati nel 2009. Da questa analisi è emerso che nelle commissioni tributarie provinciali i giudici relatori hanno trattato in media circa 123 ricorsi pro capite, che equivale a dodici ricorsi al mese. Si può fare di più, giusto?

PRESIDENTE. Chiedo scusa ai colleghi, ma vorrei che mi fosse chiarito, se è possibile, quali sono i criteri di assegnazione dei ricorsi. Quando si parla di produttività bisogna considerare che ogni ricorso è diverso da un altro. Viene definita una sorta di scala di valore?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. I ricorsi sono assegnati dai presidenti.

PRESIDENTE. Questo mi lascia abbastanza perplesso. Qualche tempo fa parlavo con un presidente di tribunale, il quale aveva messo in piedi un sistema per assegnare un indice di difficoltà delle diverse pratiche, in base a un criterio - non so se viene usato nella giustizia tributaria - cronologico: a seconda di quando viene presentato, il ricorso viene assegnato alla prima commissione utile. Questo naturalmente comporta che, se vi sono indici di difficoltà diversi, la produttività si riesce a misurare meglio. È evidente che una pratica molto complessa richiede più tempo, mentre diverse pratiche semplici fanno incrementare la produttività in maniera significativa.
Come funziona in questo caso?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Purtroppo non è possibile tener conto di questo aspetto. La produttività media sarà senz'altro influenzata, soprattutto per come è calcolata in questa analisi, anche da circostanze di questo tipo, che però non sono gestibili. Intendo dire che per raggiungere la massima produttività si dovrebbero assegnare i ricorsi più complessi (e quelli tributari oramai possono esserlo estremamente) ai giudici più giovani e più preparati, ma ciò sarebbe in conflitto con il criterio dell'assenza di discrezionalità nell'assegnazione, che invece è assicurato dall'assegnazione di tipo numerico o in base all'ordine di arrivo. Il direttore potrà dirvi di più in proposito.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Si tratta di criteri che vengono stabiliti dal presidente sulla base delle indicazioni del Consiglio di presidenza della giustizia tributaria. Da ultimo abbiamo preparato insieme al Consiglio di presidenza, tramite il partner tecnologico SOGEI, un applicativo che permette al presidente l'attribuzione in maniera matematica. Mentre adesso c'è una discrezionalità, con questo applicativo, in base a criteri definiti, un algoritmo assegna direttamente i giudizi alle sezioni. Ciò consente di garantire maggiore trasparenza nell'assegnazione.
Tra i tanti parametri, non c'è - come giustamente il presidente sosteneva - quello del valore. Il presidente della commissione tributaria ha sempre una discrezionalità nell'escludere da questo computo


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alcune controversie per poi riassegnarle secondo un altro criterio, purché naturalmente di tipo oggettivo. Insomma, il nostro calcolatore, attraverso l'algoritmo, distribuisce con una maggiore trasparenza i ricorsi alle varie sezioni.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Tra i risultati interessanti - curiosi, direi - che emergono dalla nostra relazione sull'analisi della produttività media vi sono, come dicevo, circa dodici ricorsi al mese decisi in commissione tributaria provinciale e un po' più di quattro appelli al mese decisi in commissione tributaria regionale. Analizzando le singole commissioni, il valore massimo della produttività media lo abbiamo registrato, a livello di primo grado, a Catanzaro, il valore minimo ad Aosta. Stessa situazione abbiamo osservato a livello delle commissioni tributarie regionali, cioè nel secondo grado di giudizio: la commissione tributaria regionale della Calabria rivela una produttività media di ottanta ricorsi trattati nel 2009 (il valore massimo), mentre la commissione tributaria regionale della Val d'Aosta registra una trattazione annua di quattordici ricorsi pro capite.
Per darvi un'idea di quanto significative e interessanti siano queste informazioni, nel 2009 presso la commissione tributaria regionale della Calabria (ottanta ricorsi pro capite trattati, valore massimo) risultavano in organico trenta giudici e risultano pervenuti 3.200 ricorsi circa; nel 2009 in Val d'Aosta c'erano in organico cinque giudici ma sono pervenuti solo quarantotto ricorsi. Gli spazi per la razionalizzazione sono dunque amplissimi, anche dal punto di vista organizzativo.
Un altro aspetto interessante che abbiamo rilevato nella relazione sull'andamento del contenzioso riguarda l'analisi dei tempi del giudicato. Lo svolgimento del processo tributario, calcolato dalla data di deposito del ricorso presso la commissione adita fino alla data di spedizione del dispositivo alle parti processuali, è di circa due anni e sei mesi in commissione tributaria provinciale e di un anno e nove mesi in commissione tributaria regionale. Ci sono dati eclatanti, quelli che statisticamente sarebbero definiti outlier (anomalie): a Cosenza il tempo medio per la definizione di un ricorso è 5.199 giorni, cioè quattordici anni e due mesi; a Taranto otto anni; a Palermo quattro anni e un mese.

ALBERTO FLUVI. Ci sono anche punte di eccellenza.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Assolutamente. Tra le commissioni tributarie regionali, in Calabria il tempo medio è cinque anni e quattro mesi, in Puglia tre anni e sette mesi, in Friuli tre anni e un mese. Ancora una volta non si può dire, rispetto alla giustizia tributaria, quello che si tende a dire per altri comparti della pubblica amministrazione, laddove l'efficienza si rileva più facilmente dal centro verso il nord dell'Italia. Le disfunzioni nel contenzioso sembrano equamente distribuite sul territorio nazionale.
Sono ovviamente presenti, accanto alle disfunzioni, situazioni di eccellenza, in cui per definire un ricorso viene utilizzato un tempo medio inferiore a duecento giorni, quindi inferiore a sei mesi. È il caso delle commissioni tributarie provinciali di Vicenza, Pordenone, Pesaro, Forlì, Verbania. Nelle commissioni tributarie regionali ci sono, invece, punte di eccellenza anche nel sud del Paese. Un periodo di circa un anno occorre per la conclusione dello svolgimento del processo d'appello in Calabria, Puglia e Friuli-Venezia Giulia.
Ci siamo ovviamente preoccupati di studiare molto attentamente l'aspetto che più direttamente ci interessa, quello relativo al personale di supporto al personale giudicante, e quindi all'efficienza delle segreterie delle commissioni, laddove si potrebbe avere un impatto diretto con scelte organizzative di tipo diverso. Abbiamo però rilevato che i tempi dell'attività giurisdizionale non sembrano significativamente influenzati dall'attività svolta dal


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personale amministrativo. In effetti, il tempo medio che intercorre tra la data di protocollazione del ricorso e la data di presentazione del fascicolo al presidente della commissione è pari a circa sedici giorni nelle commissioni tributarie provinciali e tre giorni e mezzo nelle commissioni tributarie regionali, quindi un tempo abbastanza ragionevole rispetto all'attività amministrativa. Per quello che riguarda la fine del procedimento, il tempo medio che intercorre tra la data di deposito del provvedimento e la data di spedizione del dispositivo alle parti è di tre giorni e mezzo, più o meno, in entrambi i gradi di giudizio.
Un altro fenomeno che abbiamo analizzato riguarda le sospensioni. Abbiamo rilevato che nell'anno 2009 sono state presentate circa 97.500 istanze di sospensione nelle commissioni tributarie provinciali e 914 nelle commissioni tributarie regionali. Le istanze di sospensione decise sono state più di 100.000 nelle commissioni tributarie provinciali e 840 nelle commissioni tributarie regionali. Nel primo grado di giudizio le istanze di sospensione hanno avuto esito favorevole nel 50 per cento circa dei casi su base nazionale, mentre nel secondo grado di giudizio hanno avuto esito favorevole solo nel 28 per cento circa dei casi.
I dati che abbiamo potuto analizzare evidenziano che il tempo medio, a livello nazionale, che intercorre tra l'accoglimento dell'istanza di sospensione e la definizione del ricorso è pari a circa 150 giorni; in quindici regioni si rileva un tempo medio superiore alla media nazionale; il numero dei ricorsi che sono definiti entro 150 giorni è pari al 60 per cento; i ricorsi che sono definiti oltre 150 giorni dall'accoglimento dell'istanza di sospensione sono, come dicevo, il 40 per cento del campione.
Riteniamo che questo quadro possa essere influenzato dalle disposizioni dell'articolo 29 del decreto-legge n. 78 del 2010, ossia dalla previsione che le somme indicate nell'avviso di accertamento possono essere pagate entro sessanta giorni dalla notifica dell'avviso. Nella prossima relazione osserveremo proprio questo aspetto, verificando l'effetto della disposizione sul fenomeno citato.

PRESIDENTE. Mi scusi, ma quando si parla di istanze di sospensione - mi rifaccio alla normativa che qui abbiamo discusso, sostenendo peraltro che quel termine ci sembrava obiettivamente piuttosto basso - avete anche una casistica di quelle accolte? Si può dire che l'accoglimento delle sospensioni in primo grado dipenda anche da una struttura di giudizio che è determinata da errori di impostazione ? L'accoglimento del 50 per cento è impressionante...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Non è un'informazione che rileviamo nelle banche dati, che sono di natura esclusivamente numerica e, allo stato, non contengono informazioni qualitative. Certo, un'analisi qualitativa potrebbe essere svolta in maniera specifica con l'Agenzia delle entrate. Sicuramente è oneroso, ma potrebbe essere utile, anche in vista di quello che vi dirò tra poco circa una prospettiva più ampia che abbiamo cercato di definire con lo studio dei modelli di giurisdizione tributaria che sono applicati nei più importanti Paesi dell'Unione europea.
Per concludere l'analisi dell'andamento del contenzioso, una parte della relazione è dedicata anche al personale amministrativo. Il problema maggiore è quello della carenza di organico e di una distribuzione del personale nelle aree che ingessa il funzionamento delle commissioni. Stiamo lavorando, insieme alla dottoressa Baffi e al Dipartimento degli affari generali, per correggere queste disfunzioni, e ci auguriamo che la situazione migliori sensibilmente nell'immediato futuro, con le nuove piante organiche e con i nuovi profili professionali che sono stati già presentati alle organizzazioni sindacali.
Abbiamo dedicato particolare attenzione al personale amministrativo di supporto alla giustizia tributaria, per assicurare che alcune delle attuali disfunzioni


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fossero corrette. Ad esempio, per far funzionare le sezioni occorrono i segretari di sezione. In base alle norme esistenti, può svolgere questa funzione solo personale con determinate qualifiche. Rispetto alla norma che definiva la qualifica necessaria per fare il segretario di sezione è intervenuto il cambiamento delle aree, quindi le vecchie qualifiche (A, B, C e via dicendo) sono sostituite dalle aree.
Nella tabella di corrispondenza tra le vecchie qualifiche e le nuove aree si registra una carenza del personale al quale è demandata la funzione di segretario di sezione. Se dobbiamo far funzionare le segreterie dobbiamo fare in modo che, ad esempio, il personale di tutta l'area II possa svolgere le funzioni di segretario. Allo stato attuale, la corrispondenza automatica che si è registrata tra le vecchie qualifiche e le nuove aree consente di svolgere le funzioni di segretario di sezione soltanto alle fasce economiche più alte del personale di area II. Con una norma che estenda a tutto il personale dell'area II di svolgere questo ruolo si risolverebbero i problemi di tante commissioni tributarie. È una norma che non comporta alcun costo. Da un anno cerchiamo di avanzare questa richiesta, ma non otteniamo nulla. Il sistema attuale, invece, ha un costo: siccome si chiede a queste persone di svolgere ugualmente il ruolo di segretari di sezione, le stesse fanno causa per l'assegnazione di mansioni superiori.

PRESIDENTE. Ma del personale delle direzioni provinciali del Tesoro e della Ragioneria nessuno ha chiesto di venire da voi?

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Molti l'hanno chiesto e siamo riusciti a trasferire alcune unità, ma la maggior parte di questo personale, a seguito di quanto previsto dal decreto-legge n. 78 del 2010, sta transitando nei ruoli dell'Amministrazione autonoma dei Monopoli di Stato. Peraltro, questi soggetti avrebbero dovuto indicare un'opzione entro un certo termine e adesso ci sarà la fase di inquadramento...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. In esito a questa prima analisi sistematica dei dati nazionali che sono stati riportati nella relazione annuale 2009 sullo stato del contenzioso, il Dipartimento ha ravvisato la necessità di avviare uno studio dei diversi modelli di giurisdizione tributaria applicati in alcuni importanti Paesi dell'Unione europea. Alla base di questa analisi vi è la considerazione che il processo di integrazione europea, tra l'altro, ha indotto nei diversi ordinamenti degli Stati membri l'attuazione di princìpi comuni, presenti nelle rispettive Carte costituzionali, che riguardano l'applicazione dei tributi e la tutela dei contribuenti, avendo ben presente che, comunque, ad oggi gli ordinamenti tributari nazionali riflettono nel loro complesso la tradizione e la cultura tributaria dei singoli Paesi, ancora diverse tra i vari Stati dell'Unione europea.
Queste differenze emergono in maniera chiara sul fronte...

PRESIDENTE. Quanto costa la giustizia tributaria?

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Per i costi di funzionamento abbiamo capitoli di spesa utilizzati per coprire le spese e i costi del pagamento del personale...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Ve lo faremo sapere.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Vi daremo i dati del 2010.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Se la domanda,


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presidente, le viene suggerita dalla questione del pagamento dei compensi ai giudici, colgo l'occasione per dire che si è trattato, in quella circostanza, di un errore materiale non del Dipartimento delle finanze. Mi riferisco al fatto che è sembrato, quest'anno, che si fosse generata una criticità seria, che aveva portato ad accertare che ci fossero le risorse per pagare, per il primo semestre, ai giudici delle commissioni tributarie soltanto l'80 per cento dei loro compensi. Si è trattato di un episodio delicato, ma nel giro di pochissimo tempo è emerso che si è trattato di un errore materiale nei prospetti che ci sono stati inviati dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria.
In esito a questo ci siamo preoccupati, in primo luogo, di assicurare che questo processo materiale di raccolta dei dati per la liquidazione dei compensi ci vedesse più presenti sul campo, con la possibilità quindi di controllare i numeri in base ai nostri dati (ovviamente poi abbiamo mandato al Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria l'ammontare dei compensi liquidati per il parere finale); in secondo luogo abbiamo reiterato, anche in questa circostanza, la richiesta di riconsiderare la qualificazione del capitolo di spesa dal quale paghiamo i compensi ai giudici.
In realtà, il capitolo di spesa sul quale noi paghiamo i giudici ha registrato, per effetto dei tagli lineari, un costante decremento nel periodo dal 2007 al 2010 degli stanziamenti di competenza. In particolare, nel 2010 la competenza si è ridotta di oltre 6 milioni rispetto all'anno precedente, più dell'11 per cento. La riduzione degli stanziamenti ha sempre consentito il pagamento dei compensi aggiuntivi per i primi nove mesi dell'anno e nel 2010 è stato possibile pagare soltanto i compensi aggiuntivi del primo semestre, mentre quelli del secondo semestre saranno pagati appena la Ragioneria reintegrerà il capitolo. La nostra richiesta sarebbe quella di considerare la spesa per il compenso dei giudici come spesa obbligatoria. Il vantaggio sarebbe enorme.
Capisco l'obiezione tecnica della Ragioneria generale dello Stato, collegata al fatto che viene considerato come spesa obbligatoria il compenso fisso dei giudici, che si può definire in maniera obiettiva dato l'organico. Il compenso variabile, visto che questa giustizia funziona «a cottimo», è invece una grandezza assimilabile ad altre che, nella logica della definizione del bilancio dello Stato, non vengono trattate come spese obbligatorie. Pertanto, lo ripeto, capisco perfettamente l'obiezione tecnica dei colleghi della Ragioneria generale dello Stato, ma dall'altra parte mi rendo conto che occorre assicurare che comunque, rispetto a un settore così delicato, non ci siano queste difficoltà.

PRESIDENTE. Se cala il numero dei giudici e le spese in bilancio sono sempre le stesse...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Questa è la parte fissa.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Questa è la battuta che ci rivolgono dal Consiglio...

PRESIDENTE. Mi pare che si tratti di circa 16 milioni di euro iscritti a bilancio.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Questo però è il capitolo 3551, relativo alle spese di funzionamento. Per le spese dei giudici il capitolo è il 3552 e la spesa è di 35 milioni.

PRESIDENTE. Bene. Poi ci farete avere il dettaglio.
Torniamo al quadro internazionale.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Nei Paesi europei che abbiamo esaminato - Francia, Germania e Spagna - è prevista una fase precontenziosa caratterizzata da ricorsi amministrativi che sono proponibili dinanzi


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ad organi collegiali i quali non hanno natura giurisdizionale ma che, tuttavia, garantiscono terzietà ed indipendenza rispetto all'ente impositore. In generale si tratta di rimedi amministrativi gratuiti, per i quali non è necessario per il contribuente munirsi di assistenza tecnica. L'esperimento di questi rimedi amministrativi è condizione di ammissibilità del ricorso giurisdizionale.
La prima caratteristica che emerge dall'analisi degli ordinamenti processual-tributari di questi altri Paesi europei è l'esistenza di tale fase precontenziosa, che poi si caratterizza in maniera diversa, ma in tutti i casi è precondizione per l'ammissibilità del ricorso giurisdizionale. La seconda osservazione generale, trasversale rispetto a questi sistemi, pur diversi tra di loro, è la tendenza prevalente alla previsione di solo due gradi di giudizio, che sono celebrati esclusivamente dinanzi a giudici togati.
A questo punto, abbiamo provato a verificare i numeri. Per quello che riguarda la situazione italiana, abbiamo chiesto all'Agenzia delle entrate di fornirci informazioni relative al funzionamento degli istituti deflattivi del contenzioso. Dai dati forniti dall'Agenzia delle entrate emerge che gli istituti deflattivi, che sono stati istituiti dal 1996 in poi (l'autotutela, l'accertamento con adesione, la conciliazione giudiziale, gli interpelli) hanno senz'altro avuto una qualche efficacia, riducendo il contenzioso tributario, ma c'è ancora della strada da percorrere in questo senso.
In particolare, dai circa 2,5 milioni di ricorsi pendenti davanti alle commissioni tributarie regionali e provinciali del 1996 si è passati ai circa 700.000 del 2009, ma ci sono ancora, a nostro avviso, ampi margini di miglioramento. I dati che l'Agenzia delle entrate ci ha fornito evidenziano alcuni elementi interessanti. Nel periodo 2005-2009, quindi negli ultimi quattro anni, il numero degli atti annullati attraverso il ricorso all'autotutela è aumentato, passando da circa 20.000 atti nel 2005 a 79.000 nel 2009. Anche il numero degli atti che sono stati definiti mediante il ricorso all'istituto dell'accertamento con adesione è aumentato: si è passati da 95.000 atti nel 2005 a 119.000 atti nel 2009; con un incremento del 15 per cento.
Ovviamente, per valutare l'efficacia di questi istituti deflattivi del contenzioso è indispensabile confrontare gli stessi con il numero degli atti di accertamento emessi nell'anno cui si riferisce l'analisi. Con riferimento al solo anno 2009, sono stati emessi 768.345 atti di accertamento; poco più del 10 per cento degli atti di accertamento è stato annullato per autotutela; poco più del 15 per cento è stato definito con l'adesione; dei restanti 570.000 atti di accertamento circa il 32 per cento è stato oggetto di ricorso presso le commissioni tributarie provinciali; i ricorsi definiti con l'istituto della conciliazione giudiziale, che è attivabile entro la prima udienza, sono molto pochi, non arrivano nemmeno al 2 per cento.
Attraverso la nostra Direzione delle relazioni internazionali abbiamo chiesto agli attaché presso le ambasciate dei Paesi che abbiamo analizzato i dati relativi al contenzioso che arriva dinanzi ai loro organi della giustizia tributaria. Ricordo che noi abbiamo circa 700.000 ricorsi pendenti.
In Spagna ci sono due diversi ambiti di giurisdizione tributaria: uno di giustizia ordinaria, l'altro di tipo amministrativo. Il contenzioso amministrativo ha fatto registrare nel 2006 e 2007 120.000 ricorsi circa ed è arrivato nel 2008 a 140.000. Il contenzioso davanti alla giurisdizione ordinaria tributaria si è mantenuto intorno a 4.500 ricorsi - stiamo parlando di numeri drammaticamente diversi dai nostri - e nel 2008 è aumentato, arrivando comunque solo a 9.000 ricorsi.
Anche in Germania il contenzioso giurisdizionale è veramente esiguo. Nel periodo tra il 2004 e 2009, secondo i dati pubblicati sul sito internet della Corte federale tedesca, il numero dei ricorsi si attesta tra 3.300 e 3.400.
In Francia i dati confermano l'efficacia di questo filtro amministrativo, che in queste altre giurisdizioni è obbligatorio. I tribunali amministrativi hanno deciso un


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numero di controversie comprese tra i 16.000 e i 17.000 ricorsi in primo grado, circa 4.000 nel secondo e terzo grado, mentre nei tribunali giudiziari il contenzioso si attesta sui 700 ricorsi all'anno in primo grado, 300 in secondo grado e meno di cento in Cassazione. Il numero dei ricorsi presentati, nei due gradi di giurisdizione, in Francia complessivamente non supera 22.000.
Questi numeri sembrano suggerire che ci siano spazi per riflettere anche sul modello giurisdizionale adottato. È ovvio che l'eventuale passaggio a un modello giurisdizionale diverso, che preveda, ad esempio, una fase precontenziosa comparabile a quella che si realizza in altri Paesi europei, richiederebbe comunque uno studio molto approfondito riguardo all'individuazione della struttura amministrativa che dovrebbe essere deputata a svolgere questa funzione, ai poteri che alla stessa struttura dovrebbero essere attribuiti, all'impatto organizzativo sull'attuale assetto delle amministrazioni e alle risorse che sarebbero richieste per adottare eventualmente un nuovo modello. Con il caveat che trasformazioni di questo tipo sono passi delicati, i quali richiedono l'approfondimento di tutti i profili che entrano in gioco quando si pensa a una riforma. Sembra comunque che nel nostro ordinamento ci sia spazio per fare qualcosa.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Lapecorella.
Do la parola ai deputati che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ALBERTO FLUVI. Innanzitutto ringrazio la professoressa Lapecorella per l'audizione e per il materiale che ci ha consegnato, che sarà sicuramente utile per il prosieguo dei lavori di questa Commissione.
Rispetto ai ricorsi presentati - probabilmente le risposte sono nella relazione, ma non ho avuto il tempo materiale di leggerla, quindi pongo delle domande - nelle commissioni tributarie provinciali, in quale percentuale si ricorre alla commissione tributaria regionale e, infine, alla Cassazione? Giustamente il presidente faceva riferimento al costo della struttura della giustizia tributaria: vorrei sapere se la soccombenza dell'Agenzia delle entrate è quantificata.
Ovviamente nella relazione è riportato per sommi capi il modello organizzativo degli altri Paesi europei, e non poteva che essere così. Mi sembra di capire che nella gran parte dei modelli esaminati ci siano due gradi di giudizio, entrambi con magistrati togati, con una sorta di conciliazione stragiudiziale. Questo precontenzioso è assimilabile agli istituti deflattivi oppure si somma a tali istituti già in essere nel nostro Paese?
Inoltre, nelle esperienze estere che avete esaminato, coloro che presentano un ricorso e perdono la causa, sono condannati al pagamento delle spese processuali? Anche questo aspetto può determinare una deflazione del contenzioso. Peraltro i dati dei ricorsi presentati annualmente nel nostro Paese rispetto agli altri Paesi presi in esame sono veramente incredibili.
Vorrei ora fare una considerazione di carattere più generale, che riguarda il tema che, per semplicità definisco della «terzietà» della magistratura tributaria: vorrei sapere se nel confronto con gli altri Paesi lo avete considerato. Il problema che si dibatte da tempo è quello della dipendenza della magistratura tributaria dal Ministero dell'economia e delle finanze: il Ministero dell'economia e delle finanze, attraverso l'Agenzia delle entrate, è sostanzialmente parte in causa del processo e la magistratura tributaria dipende funzionalmente dal Ministero stesso. Negli altri Paesi, la magistratura tributaria dipende, come le altre magistrature, dal Ministero della giustizia oppure dal Ministero dell'economia e delle finanze?
Tra l'altro - vorrei concludere su questo punto - stiamo parlando ormai di un tema che è sempre più delicato. Paradossalmente stiamo discutendo in questa Commissione della magistratura tributaria, stiamo svolgendo le audizioni con l'obiettivo di porre mano a una riforma della magistratura tributaria, ma qualora


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dovessimo passare dalle audizioni alla fase legislativa ci dovremo spostare in Commissione giustizia. Insomma, la materia dipende funzionalmente dal Ministero dell'economia, ma gli aspetti legislativi sarebbero di competenza della Commissione giustizia.
La questione della magistratura tributaria è un tema molto delicato. Cito due sentenze degli ultimi anni: una riguardante la TIA-TARSU, l'altra, recentissima, riguardante la Credem - emessa mi pare dalla Commissione tributaria provinciale di Reggio Emilia - sul cosiddetto abuso di diritto. Quindi, stiamo parlando di un settore della magistratura, in questo caso tributaria, importante nella vita economica, e non solo, del Paese. Dico questo perché il tema della terzietà e della incompatibilità, per come è formato il collegio giudicante - togati e professionisti che lavorano all'interno della commissione tributaria ma hanno anche attività esterne - si pone in maniera forte, senza voler trarre conclusioni e senza considerare gli aspetti di carattere penale, che riguarda la magistratura. È un tema che si pone anche per la rilevanza delle questioni che le commissioni tributarie provinciali o regionali si trovano ad affrontare.
Io credo che il tema della presenza di più figure professionali all'interno della commissione debba essere affrontato in maniera corretta. Lo dico perché ormai le commissioni tributarie affrontano questioni che forse hanno bisogno di una composizione pluridisciplinare. Vi è la necessità di più competenze all'interno delle commissioni, proprio perché esse affrontano i temi del Catasto, delle imposte dirette e via dicendo. Dall'altra parte, abbiamo anche altri esempi, cui faceva riferimento il presidente all'inizio, e tra questi quello della Puglia è il più evidente.
Credo che, al di là della condizione politica di questo Parlamento e di questa legislatura, faremmo bene a concludere rapidamente questo ciclo di audizioni. È opportuno fissare alcuni paletti, da lasciare al lavoro di questa Commissione oppure della prossima legislatura, all'interno dei quali muoversi per arrivare molto velocemente a una riorganizzazione della magistratura tributaria che affronti i temi che sono stati succintamente esposti dalla professoressa Lapecorella.
Il tema della differenza quantitativa fra il nostro contenzioso e quello degli altri Paesi europei forse andrebbe analizzato ragionando sulla qualità del contenzioso stesso. Se noi potessimo disporre di dati che riguardano, appunto, la qualità del contenzioso, potremmo forse, a monte, intervenire attraverso istituti deflattivi che impediscano di andare in primo, secondo e terzo grado di giudizio. Il lavoro che è stato svolto fino ad oggi è ottimo, se non altro perché ci consente per la prima volta di avere un quadro aggiornato della realtà.

PRESIDENTE. Le considerazioni del collega Fluvi mi fanno pensare che, probabilmente, nel nostro Paese ci sono, oltre che troppi avvocati, troppi commercialisti.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Ringrazio anch'io per la relazione esauriente la professoressa Lapecorella. Le rivolgerò alcune domande relativamente a dati che ha citato nella sua relazione e che mi hanno colpito. Come mai vi è questa enorme disparità tra il numero dei giudici presenti a Catanzaro, dieci, e quelli presenti ad Aosta, quattordici, considerata anche la diversità del numero di ricorsi? Che cosa ostacola una distribuzione più equa e ponderata per affrontare la mole di lavoro?
Quanto ai numeri dei ricorsi, come mai nel sud si registra una quantità così elevata di ricorsi? È stata effettuata un'analisi? Lo chiedo soprattutto in riferimento agli ultimi dati che rivelano che l'evasione al sud è maggiore. C'è forse una sorta di accanimento giudiziario?
Infine, lei ha detto che i ricorsi, in generale, negli ultimi due anni sono aumentati, rispetto a un trend prima decrescente, a causa della litigiosità dei contribuenti. Tuttavia, in base alle informazioni in mio possesso, mi risulta che molte volte c'è anche un accanimento dell'Agenzia delle entrate verso i piccoli commercianti, le piccole imprese - cioè verso i soliti


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contribuenti che di sicuro pagano - mentre non ci si preoccupa di condurre un'analisi nei confronti degli evasori totali.

ANTONIO PEPE. Anch'io ringrazio la professoressa Lapecorella e tutti i suoi colleghi presenti. Non ripeterò una domanda già posta dal collega Fluvi relativamente all'indipendenza della magistratura tributaria. Aggiungo la richiesta di eventuali considerazioni circa la possibilità che la magistratura tributaria dipenda maggiormente dal Ministero della giustizia o che ad essa si possa accedere attraverso concorsi pubblici (ma questo sarebbe un discorso troppo ampio).
Lei ha detto che il numero dei ricorsi, pari a 2,5 milioni nel 1997, è sceso a 700.000. Tuttavia, va detto che questa diminuzione di ricorsi, probabilmente, è stata determinata anche da una serie di interventi legislativi che hanno eliminato i ricorsi che prima si facevano in tema di imposte di registro, imposte di successione e di donazione. Ricordo che l'introduzione del sistema automatico (sia con il prezzo-valore, sia perché spesso il valore è determinato dalla rendita catastale) ha ridotto il numero dei ricorsi. Questa riduzione, dunque, è probabilmente legata alla modifica del quadro normativo con riferimento ad alcune imposte.
Quanto ai 700.000 ricorsi ancora pendenti, qual è la loro tipologia? Quali sono le imposte maggiormente oggetto di ricorsi? I ricorsi si riferiscono solo ad accertamenti per evasione oppure molte volte sono determinati da un'incertezza normativa? Le chiedo come eventualmente il legislatore possa intervenire per fare maggiore chiarezza su alcuni punti, sapendo che, magari, sono le norme in tema di IVA o di imposte dirette a originare le maggiori problematiche. Si potrebbe, insomma, cercare di capire il motivo degli accertamenti e conseguentemente dei ricorsi.

PRESIDENTE. All'esito del giudizio davanti alle commissioni tributarie, in caso di errore l'Agenzia delle entrate paga? La mia è una domanda provocatoria.
Credo che - ha ragione l'onorevole Pepe - se avessimo un'analisi della qualità dei ricorsi probabilmente si potrebbe andare a monte prevedendo norme deflattive rispetto ai ricorsi stessi. È evidente che se c'è un continuo richiamo a qualcosa che non funziona i ricorsi aumentano.
Leggo in uno schema che dal 2004 al 2009 c'è stato un aumento dei ricorsi presentati presso le Commissioni tributarie provinciali pari al 100 per cento: da 7.864 del 2004 a 16.000 nel 2005, a 29.000 nel 2006, a 58.000 nel 2007. C'è una progressione pari al 100 per cento per ciascun anno. Che cosa è successo?
Si tenga conto del fatto che, invece, nelle commissioni tributarie regionali si è registrato un aumento accettabile fra il 2004 e il 2007, mentre il numero è salito vertiginosamente (aumentando più del 300 per cento) nel 2008. I ricorsi presentati sono passati da 7.500 nel 2007 a 56.500 nel 2009. Questi dati evidentemente segnalano un problema non di poco conto.
Vorrei chiedere, inoltre, come funzionano le commissioni di precontenzioso negli altri Paesi. Come vengono reclutate le persone che ne fanno parte? Si tratta sostanzialmente di commissioni filtro che verificano la presenza della materia del contendere per rimandarla a una fase successiva? Peraltro, obiettivamente, le commissioni filtro potrebbero metterci nelle condizioni di avere un'analisi di impatto dei ricorsi e di provvedere, in qualche modo, a sistemare tutte le incongruenze verificate.
Do la parola ai nostri ospiti per la replica.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. L'onorevole Fluvi chiedeva se abbiamo rilevato, nella relazione sull'andamento del contenzioso, anche la propensione a ricorrere a gradi superiori di giudizio. Tra i fenomeni particolari che abbiamo analizzato, nell'ambito della relazione, oltre al tasso di litigiosità, abbiamo calcolato anche la propensione all'appello che, su base nazionale per le commissioni tributarie regionali, è


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di circa il 26 per cento. Quanto, invece, alla propensione al ricorso in Corte di cassazione, nel 2009 gli appelli per i quali è stata presentata una richiesta di trasmissione del fascicolo alla Corte di cassazione sono circa il 10 per cento.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Non è il dato ultimo, ma quello relativo a quando abbiamo fatto la rilevazione.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Quando abbiamo fatto la rilevazione il dato che avevamo era quello dei 51.773 appelli definiti con sentenza. Di questi, per 5.172 è stata presentata una richiesta di trasmissione del fascicolo alla Corte di cassazione (quindi circa il 10 per cento). Non sono percentuali altissime: né quella relativa alla propensione al ricorso in appello, né questa relativa ai ricorsi in Cassazione.
Nell'analisi temporale si osserva che l'andamento è decrescente. Ad esempio, per l'impugnazione davanti alla Corte di cassazione, nel 2006 dalla nostra rilevazione risultava che circa il 13,5 per cento degli appelli definiti con sentenza venisse poi trasmesso in Cassazione; nel 2007 il 14 per cento, nel 2008 il 15 per cento, nel 2009 - un dato parziale ma abbastanza significativo - appena il 10 per cento. Analogo fenomeno, anche se riferito soltanto all'ultimo triennio, si osserva per l'indice di propensione all'appello, che sembra diminuire leggermente negli ultimi anni.
Per quello che riguarda gli esiti, in particolare la soccombenza dell'Agenzia delle entrate, vi è dedicata una sezione. La tabella alle pagine 117 e 118 della relazione riporta gli esiti della commissione tributaria provinciale: nel totale, quelli favorevoli all'Agenzia sono il 37,6 per cento, quelli favorevoli al contribuente il 33 per cento, quelli parzialmente favorevoli l'11 per cento e quelli per i quali il processo si estingue il 17 per cento.
Alle pagine 119 e 120 sono riportati gli esiti in secondo grado. Direi che la percentuale degli esiti favorevoli all'Agenzia, 39,3 per cento, è piuttosto simile a quella in primo grado (37,6 per cento). Quello che cambia, in secondo grado, è la percentuale di esiti favorevoli al contribuente, che aumenta fino al 45 per cento.

MAURIZIO FUGATTI. Cito il dato della provincia che conosco, quella di Trento, dove gli esiti favorevoli all'Agenzia sono il 45,4 per cento. Se consideriamo i dati relativi al tribunale amministrativo - è tutt'altra cosa, lo capisco - vediamo che gli esiti favorevoli al ricorrente sono circa il 20 per cento e quelli favorevoli all'amministrazione pubblica circa il 70 per cento. Capisco che sono situazioni diverse...

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Certo, sono due scenari completamente diversi, però sono dati interessanti. Credo che l'elaborazione dei dati del SICOT (Sistema informativo delle commissioni tributarie) rappresenti veramente una miniera di informazioni.
Questi, onorevole Fluvi, erano i due elementi quantitativi che lei mi aveva chiesto. Metterei ora insieme le diverse le domande che lei ha posto in merito alla fase precontenziosa brevemente descritta nel confronto con gli ordinamenti giurisdizionali in vigore in altri Paesi. Si tratta evidentemente di soluzioni giurisdizionali totalmente diverse da quella che noi abbiamo adottato, che prevede istituti deflattivi del contenzioso che hanno dimostrato la loro efficacia, anche se non in maniera sufficiente a ricondurre i numeri a livelli gestibili.
Si tratta di soluzioni effettivamente precontenziose, quindi con caratteristiche di terzietà, di indipendenza, che richiedono un confronto con il contribuente senza avere la struttura del giudizio, dunque senza necessità che il contribuente si faccia assistere da un professionista. L'aspetto importante è che si tratta di soluzioni organizzative diverse nei diversi Paesi, ma che hanno due caratteristiche


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comuni: costituiscono la precondizione per il ricorso giurisdizionale e rappresentano un confronto tra l'amministrazione e il contribuente caratterizzato da terzietà e indipendenza.
Sulla terzietà dei giudici e sulla dipendenza del personale delle segreterie dal Ministero dell'economia e delle finanze, credo che la questione sia molto più ampia. I giudici sono gestiti dal Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria, che ha un proprio grado di autonomia. Il punto che si solleva è collegato essenzialmente al supporto amministrativo che il Ministero fornisce al funzionamento della giustizia tributaria attraverso il personale di segreteria delle commissioni. Ora, in tutta franchezza, che si tratti di personale dipendente dal Ministero dell'economia e delle finanze ovvero dalla Presidenza del Consiglio dei ministri, non credo che questo possa risolvere il problema della terzietà dei giudici, ma è un'opinione personale.
Posso dire, dal punto di vista dell'amministrazione, che c'è la massima attenzione da parte del Dipartimento delle finanze e della Direzione giustizia tributaria ad assicurare che l'esercizio delle funzioni di supporto da parte del personale sia svolto in maniera coerente con la terzietà e l'indipendenza del giudice.
Vi riporto, ad esempio, l'esito di una riunione che proprio qualche giorno fa abbiamo avuto nel Dipartimento con i direttori delle commissioni tributarie regionali, con i quali il dottor Sirianni ha passato un'intera giornata - io solo una mattinata - per ascoltare la loro prospettiva locale sui problemi di funzionamento delle commissioni. Tra le tantissime questioni che sono emerse, una riguarda le scelte di utilizzazione del personale che il direttore della commissione tributaria regionale può compiere nell'esercizio delle sue prerogative dirigenziali. Ai direttori è stato raccomandato di assicurare la rotazione dei segretari delle diverse sezioni, in base a criteri obiettivi stabiliti. Anche questo è un modo per assicurare che il supporto alla funzione giudicante sia fornito in maniera tale da favorire la terzietà e l'indipendenza: il rapporto tra un presidente e segretario di sezione può superare il confine della fisiologia.

ALBERTO FLUVI. Nell'ambito di un'ipotesi di riorganizzazione e di riforma dobbiamo ragionare se inquadrare questo pezzo di giurisdizione speciale all'interno del Ministero dell'economia e delle finanze oppure all'interno della Presidenza del Consiglio o del Ministero della giustizia. È solo un ragionamento di carattere generale che non è legato esclusivamente al funzionamento. È evidente - le ho chiesto di ribadire dati che conoscevo - la terzietà nel giudizio delle commissioni, se è vero come è vero che gli enti (Agenzia delle entrate o enti territoriali vari) soccombono più del contribuente sia in primo sia in secondo grado.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Lei ha ragione, onorevole, ma siccome vengo sempre attaccata sul problema del personale di supporto alle segreterie probabilmente la mia risposta era collegata a rivendicazioni costanti che hanno luogo al di fuori di questa Commissione.
Sull'allocazione della giustizia all'interno dell'amministrazione finanziaria devo confessarle che non abbiamo verificato i dati, ma le assicuro che glieli forniremo. Nella relazione che lascio agli atti di questa audizione ho riportato degli elementi che sono collegati a questo confronto e non lo studio comparato, che è in via di completamento. Dunque, è molto utile che voi poniate queste domande, poiché sarà nostra cura acquisire con precisione i dati relativi sia alla trattazione delle spese sia alla collocazione della giurisdizione rispetto alle amministrazioni dello Stato.
Per quello che riguarda le domande sulla distribuzione territoriale dei giudici, come avevo affermato parlando della mancata attuazione del decreto ministeriale di aprile del 2008, che ridefiniva il numero delle sezioni riallocandole in maniera diversa rispetto a quelle attuali sul


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territorio nazionale, il problema riguarda il fatto di non avere gli strumenti per assegnare d'ufficio i giudici esistenti in organico. Pertanto - lo dico in maniera piuttosto diretta, il dottor Sirianni mi correggerà se sbaglio - succede che, se si rende vacante una posizione in una commissione tributaria il Consiglio di Presidenza, che gestisce il reclutamento dei giudici, procede in prima battuta con un concorso interno, per cui si chiede se tra il personale giudicante in servizio c'è qualcuno che voglia spostarsi dalla sua sede verso quella che si è resa vacante, e soltanto nel caso di esito negativo di questa procedura di concorso interno si mette a bando quel posto, che viene occupato nella sede in cui viene bandito. Non c'è dunque la possibilità di mandare i giudici dove sarebbe necessario.

PRESIDENTE. Se mi permette qui occorrerebbe un chiarimento. Se il Consiglio di Presidenza della giustizia tributaria rileva che ad Aosta c'è un eccesso di giudici rispetto ai ricorsi presentati e ha necessità di incrementare il personale giudicante in un'altra sede, si possono mandare a casa i giudici perché in quella sezione non servono e se ne prendono altri, senza alcun impatto sotto il profilo del costo. Non capisco perché questo non avvenga.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Il problema è molto semplice: il giudice viene nominato con un decreto del Presidente della Repubblica presso una sede della commissione tributaria provinciale o regionale.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Dove c'è necessità, però.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Questo problema è intervenuto con il decreto ministeriale del 2008, che ha ridotto i numeri delle sezioni, e quindi anche il numero del personale da utilizzare presso le singole commissioni. Questo ha comportato, come diceva la professoressa Lapecorella, esuberi al centro-nord e carenze nelle isole e al Sud. Ora, se Fiorenzo Sirianni è giudice ad Aosta significa che ha vinto un «concorso» ad Aosta, quindi non può essere spostato - a meno che non decida di farlo volontariamente - a Catania dove magari i ricorsi sono aumentati e c'è anche carenza di personale giudicante.
Il Consiglio di Presidenza dovrebbe, nelle zone teoricamente carenti di personale, prima fare un concorso interno per verificare se qualcuno vuole occupare un determinato posto; laddove nessuno avanzi domanda, il Consiglio dovrebbe bandire un concorso all'esterno. Peraltro, come sappiamo, non si tratta di un concorso vero e proprio.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Mi scusi, ma il dato di Aosta mi sembra un'enormità. Se c'è un esubero di personale, c'è uno squilibrio rispetto ad altre sedi dove per 10 giudici ci sono 3.000 ricorsi.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Occorrerebbe uno strumento normativo che preveda tale possibilità.

ANTONIO PEPE. Ci vuole la norma.

PRESIDENTE. Noi siamo qui per fare le norme.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Esatto. Questo è il suggerimento.
Per quello che riguarda la litigiosità, in effetti il numero dei ricorsi presentati riflette il grado di litigiosità del contribuente; ovviamente l'analisi della litigiosità richiederebbe lo sforzo, di cui parlava anche il presidente, di un'analisi sulla qualità del ricorso.
A mio avviso, se si ritiene che questo è un comparto importante per il funzionamento del Paese, occorrerebbe fare un'analisi di tipo qualitativo, un obiettivo


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molto ambizioso, ma rispetto al quale mi assumo l'impegno di una valutazione in termini di tempi e di risorse necessarie. Credo che sia un'analisi necessaria.
Peraltro, signor presidente, per tornare a una delle sue numerose sollecitazioni avanzate nel corso di questa audizione, è evidente che la nostra banca dati non ci consente, allo stato, di distinguere quanta parte di questo contenzioso ha ad oggetto questioni di tipo procedurale e via dicendo. Noi sappiamo, per rispondere alla domanda dell'onorevole Pepe, quali sono i tributi interessati dal contenzioso, ma non rileviamo, allo stato, in maniera automatica la natura della controversia, che costituisce invece un elemento importante.
Sono sicura che con il consolidarsi dell'attività svolta dalla Direzione della giustizia tributaria negli altri ambiti di competenza (quelli di analisi della giurisprudenza e del contenzioso) possano esserci margini di miglioramento. Gli elementi a tal fine dovrebbero derivare in effetti dagli esiti dell'attività di analisi della giurisprudenza, della frequenza di controversie che sono decise oppure dell'individuazione delle controversie rispetto alle quali non c'è univocità di orientamento e per le quali è necessario un intervento normativo. Siccome, però, la nostra è una direzione «giovane» dovete darci un po' di tempo affinché il nostro lavoro si consolidi.
Senz'altro l'analisi quantitativa che è riportata in questa relazione, che sfrutta al massimo i numeri che sono presenti nel SICOT, sarà integrata con profili di analisi qualitativa.
Credo di aver risposto a tutte le domande.

PRESIDENTE. Le analisi delle procedure vengono svolte dal Consiglio di Presidenza o dal vostro Dipartimento?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. In che senso?

PRESIDENTE. Vorrei sapere se esistano dati sui ricorsi respinti per questioni procedurali di cui non avete cognizione.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Abbiamo dati parziali.

PRESIDENTE. Quanti sono?

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Sono distinti a seconda che siano di merito o di rito. Sono complessivi, nel senso che non sono distinti per ente.

PRESIDENTE. Nella verifica delle bad practice - non delle best practice - rilevate dei problemi procedurali che vanno affrontati?

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Nella definizione della missione istituzionale della Direzione c'è «la rilevazione e l'esame delle questioni di rilevante interesse o di ricorrente frequenza nelle controversie pendenti dinanzi agli organi di giurisdizione tributaria, sulla base di segnalazioni periodiche dei presidenti degli stessi». Segnalazioni che - mi dice il dottor Sirianni - cominciano ad arrivare.
Inoltre, c'è l'analisi della giurisprudenza in materia tributaria e fiscale, che evidenzia i casi in cui non vi sia un univoco orientamento giurisprudenziale. Questo è ciò che il citato decreto del Presidente della Repubblica n. 43 del 2008 ci assegna come missione istituzionale. Il Consiglio di Presidenza non svolge sicuramente questa analisi.

FIORENZO SIRIANNI, Direttore della Direzione della giustizia tributaria del Dipartimento delle finanze. Noi stiamo cercando, attraverso gli obiettivi che assegniamo ai nostri direttori, di segnalare, con riguardo a questa missione, quelle sentenze che hanno un certo rilievo dal punto di vista del diritto tributario o che sono controverse, così da acquisire una serie di informazioni. Cercheremo, nel 2011, di elaborare una rendicontazione su


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fattispecie ben definite di determinati tributi per offrire a tutti gli attori del contenzioso dati su come la giustizia tributaria si sta evolvendo con riguardo a quella fattispecie che ha generato un contenzioso.
Questo può essere utile sia per le parti in giudizio sia per la possibilità di modificare norme o renderle più operative, laddove la normativa sia carente o non raggiunga gli effetti avuti di mira.

PRESIDENTE. Ringrazio la professoressa Lapecorella e i suoi collaboratori per questa interessante audizione.
Comunico ai colleghi che prossimamente si terrà l'audizione del sottosegretario Luigi Casero, al quale chiederemo quale sia lo stato dell'arte e quali siano le sue riflessioni sui temi di cui ci stiamo occupando.
Dichiaro quindi conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,15.

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