Camera dei deputati

Vai al contenuto

Sezione di navigazione

Menu di ausilio alla navigazione

Cerca nel sito

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

Strumento di esplorazione della sezione Lavori Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Resoconti stenografici delle audizioni

Torna all'elenco delle audizioni
Commissione IX
18.
Mercoledì 18 gennaio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 2

Audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Corrado Calabrò, sulle prospettive di realizzazione in Italia delle reti NGN (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Valducci Mario, Presidente ... 2 8 11 14
Calabrò Corrado, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni ... 2 12 14
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 10
Mereu Antonio (UdCpTP) ... 10
Meta Michele Pompeo (PD) ... 9
Monai Carlo (IdV) ... 9
Nizzi Settimo (PdL) ... 9 14
Toto Daniele (FLpTP) ... 8

ALLEGATO: Documento depositato dal presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Corrado Calabrò ... 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 18 gennaio 2012


Pag. 2

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 14,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Corrado Calabrò, sulle prospettive di realizzazione in Italia delle reti NGN.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2 del regolamento, l'audizione del presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni, professor Corrado Calabrò, sulle prospettive di realizzazione in Italia delle reti NGN.
Do la parola al professor Calabrò per lo svolgimento della sua relazione.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Onorevole presidente, onorevoli deputati, l'audizione dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni sulla materia delle reti di nuova generazione interviene in corrispondenza di due significative decisioni adottate dal Consiglio dell'Autorità la settimana scorsa: l'individuazione degli obblighi regolamentari relativi ai servizi di accesso alle reti in fibra e la segnalazione al Governo e al Parlamento nella quale si propone l'adozione di un'agenda digitale per l'Italia in grado di governare la modernizzazione del Paese instradandola sulle reti e i servizi di nuova generazione.
I due interventi, per quanto di natura regolamentare e aventi ambito di applicazione diverso, vanno letti in parallelo, in quanto sono accomunati dalla medesima ratio ispiratrice e forniscono la rappresentazione del punto di vista dell'Agcom sullo sviluppo delle reti di nuova generazione, sia nella mission di regolatore, sia nella promozione di un'attività di advocacy per lo sviluppo.
Proverò a inquadrare la tematica nel suo complesso. Spesso, infatti, i pur necessari tecnicismi regolamentari rischiano di distogliere l'attenzione dal tema complessivo.
Innanzitutto, che cosa sono le reti di accesso di nuova generazione e perché sono così importanti, tanto da meritare l'appellativo di «nuovo petrolio»?
In secondo luogo, vengo a riferire al nostro massimo referente, il Parlamento, che cosa ha fatto l'Agcom fino a oggi e che cosa si appresta a fare.
Da ultimo, illustro a che punto è l'Italia nella dotazione di questa fondamentale infrastruttura e che cosa si può fare per accelerarne la dotazione.
Con il termine di «reti di nuova generazione» si intendono le reti di accesso cablate costituite in tutto o in parte da elementi in fibra ottica e in grado di fornire servizi d'accesso a banda larga con caratteristiche più avanzate (quale una maggiore capacità di trasmissione) rispetto a quelle fornite tramite le reti in rame esistenti. Si tratta di una sorta di autostrade


Pag. 3

informatiche per veicolare traffico dati a grande velocità in sicurezza e senza strozzature.
Su queste autostrade digitali si stanno indirizzando importanti investimenti pubblici e privati nei principali Paesi del mondo: Stati Uniti, Cina, Corea, India, Australia. Ricordo i 19 miliardi di dollari per gli Stati Uniti, di 100 miliardi di dollari o forse molto di più per la Cina, di 50 miliardi di dollari per il Giappone, di 40 miliardi di dollari per la Corea e di 30 miliardi di dollari, per l'Australia.
Più timidi, anche per una regolamentazione sugli aiuti di Stato che limita oltremodo l'investimento pubblico - l'ho affermato in sede europea numerose volte - ma non inattivi, sono i Paesi europei a più elevato tasso di digitalizzazione, come il Regno Unito, l'Olanda e le economie scandinave.
Com'è possibile che un'infrastruttura condizioni lo sviluppo dell'economia e della società tanto da essere individuata a livello mondiale come una priorità di investimento?
Il punto è che stiamo parlando di particolari autostrade digitali come fondamento per realizzare la «svolta» digitale. Non è il cavo in fibra in sé che fa da moltiplicatore dell'economia e da modernizzatore della società, ma sono l'economia e l'organizzazione sociale che si possono sviluppare grazie alle prestazioni di quel cavo.
L'infrastruttura di nuova generazione acquisisce, dunque, valore nella misura in cui abilita la circolazione di contenuti, transazioni, forme di comunicazione e contribuisce a creare lo sviluppo di quell'ecosistema digitale che è alla base del recupero di produttività per migliorare la competitività internazionale di un Paese e per creare nuova occupazione qualificata.
È per questo motivo che, a nostro avviso, l'azione di promozione delle nuove reti va coordinata con un'azione mirata di policy a favore della diffusione dei servizi digitali evoluti che, proprio grazie a queste reti, possono propagarsi. È il binomio reti-servizi (offerta-domanda) nel suo complesso che deve essere al centro di un'opportuna politica industriale, non singoli segmenti. Ci vuole una visione olistica.
Al giorno d'oggi nessun altro settore come quello delle tecnologie dell'informazione e della comunicazione è in grado di accelerare in misura comparabile la crescita e lo sviluppo di un Paese, in un momento in cui se ne avverte così fortemente la necessità. Questo, ormai, è un punto fermo, supportato da evidenze e stime accreditate da parte di studiosi e organismi internazionali.
Io ho cominciato a sostenerlo quattro anni fa. Allora mi basavo solo su studi nostri e di università, mentre oggi ci sono l'OCSE e la Banca mondiale, oltre a Confindustria e ad altri organismi, che accreditano tali valutazioni.
Sono tutti studi di caratura internazionale che evidenziano che le reti intelligenti di nuova generazione, fisse e mobili, possono promuovere la crescita almeno di un punto di PIL ogni 10 per cento aggiuntivo di diffusione della banda larga e, al contempo, generare importanti risparmi. Confindustria li valuta in quasi 40 miliardi all'anno a regime per l'Italia.
L'Europa, in questo senso, si è dotata di un'agenda digitale che traguarda ambiziosi risultati entro il 2020. In termini di reti, questi sono: il 100 per cento di copertura della popolazione entro il 2013; il 100 per cento di copertura con un collegamento di velocità superiore a 30 Mbps al 2020 (in Giappone i 100 Mpbs sono la base e così in Corea); almeno il 50 per cento degli abbonamenti a velocità superiore a 100 Mbps al 2020.
Di pari importanza sono gli obiettivi sul fronte servizi. Occorre far sì che il 50 per cento della popolazione si rapporti con la pubblica amministrazione attraverso il canale digitale; che il 50 per cento dei cittadini abitualmente utilizzi l'e-commerce; che il 75 per cento effettui utilizzo regolare di internet; che almeno il 33 per cento delle piccole e medie imprese venda attraverso internet.
A che punto è l'Italia in questo percorso? Siamo lontani dai traguardi del 2020. Ci sono ombre e alcune luci in un contesto complessivamente ancora troppo


Pag. 4

tiepido verso il digitale. Spicca la contrapposizione tra lo sviluppo del mobile e lo stallo del fisso, un quadro asimmetrico in cui si assiste a una forte contrazione delle linee fisse e a una crescita esponenziale di quelle mobili, con 13,3 milioni di accessi a banda larga fissa, circa il 22 per cento della popolazione, contro una media europea del 26 per cento.
Se poi guardassimo solo ai 15 Paesi che costituiscono il nucleo dell'Europa, con i quali propriamente dovremmo confrontarci, la media salirebbe al 28 per cento, mentre la nostra è del 22.
Per non parlare delle connessioni in fibra. In Italia, dove pure la fibra ottica aveva cominciato a essere posata con largo anticipo negli anni '90, la copertura territoriale è al 10 per cento, con poco più di 2,5 milioni di edifici passati in fibra e solo 300.000 accessi attivi, pari allo 0,6 per cento della popolazione. Sorprende che gli attuali 300.000 utenti in fibra rappresentino un dato che grosso modo non varia da quattro anni.
In compenso gli Italiani si stanno dotando di smartphone e chiavette USB per navigare molto più che in altri Paesi europei (48 per cento contro una media del 39 per cento). Il mobile viene assunto sempre di più come la finestra sulla rete, pur non avendone le stesse performance.
La recente esperienza di successo dell'asta per le frequenze di quarta generazione, con oltre 4 miliardi di euro, è la cartina di tornasole del valore atteso dall'investimento nel radiospettro, mentre i progetti per la realizzazione della rete di accesso in fibra ottica languono.
Lo sviluppo del mobile, però, non riduce l'importanza della realizzazione di una rete in fibra, anzi, anche la rete mobile ha bisogno di collegamenti di rilegamento in fibra (backhauling) fra stazioni radio-base e centrali. Sarà la rete in fibra l'infrastruttura che permetterà di realizzare davvero la velocità di connessione che la LTE, la trasmissione mobile di quarta generazione, promette.
Anche a livello di rete di accesso un modello equilibrato deve vedere le due reti completarsi a vicenda e non sostituirsi. La LTE migliora la connessione per i servizi in mobilità, ma non potrà mai consentire quell'uso massiccio della rete che le nuove tecnologie rendono possibile, quale il consumo di video, per esempio.
Più volte ho sottolineato come la realizzazione della rete in fibra ottica, quantomeno sulle porzioni di territorio a utenza più densa, rappresenti una condizione imprescindibile per completare la modernizzazione del Paese e per estrarre i benefici dell'economia digitale, a maggior ragione se si inserisce in un contesto di avvenuta infrastrutturazione mobile, che vediamo con piacere, ma che non è autosufficiente.
In questa direzione ricordo solo alcuni dei recenti interventi dell'Agcom che hanno concretamente dato corpo a una strategia regolamentare di promozione delle nuove reti, fisse e mobili: trasformazione del sistema delle telecomunicazioni italiane in un'unica grande piattaforma internet attraverso la migrazione delle reti telefoniche su protocollo internet; accelerazione dello sviluppo delle reti mobili di quarta generazione, grazie alla liberazione dello spettro radio e all'utilizzo del dividendo digitale per lo sviluppo delle reti mobili LTE; modalità per favorire gli investimenti da parte di investitori istituzionali, utility e imprese di telecomunicazioni in infrastrutture di base, attraverso il riconoscimento di un risk premium; promozione dell'upgrade progressivo delle reti in rame con tecniche Vdsl.
In un momento di transizione come questo, connotato da una marcata sensibilità per i temi dello sviluppo, i ruoli dell'Esecutivo, che ha la responsabilità per la politica industriale, e del regolatore sono ancor più complementari e una stretta collaborazione è necessaria.
Si tratta di una collaborazione della quale, per la verità, vediamo i segni. Non è mancata in passato, ma di certo non si è attenuata in tempi recenti. Vanno, dunque, salutati positivamente i passi avanti compiuti dall'attuale Governo, con il quale è iniziata un'interessante interazione per la diffusione della banda ultra larga.


Pag. 5


Sul fronte privato i principali operatori avanzano ancora con il freno a mano tirato. Quelli che procedono più piano di tutti sono proprio gli operatori. Le esperienze più interessanti a livello territoriale riguardano l'utilizzo di infrastrutture esistenti, anche non di telecomunicazioni, come ad esempio Metroweb, e le iniziative di alcune amministrazioni locali.
Per la rete mobile registriamo, invece, un grandissimo interesse da parte di tutto il mercato a investire nella banda larga (LTE). Per questo motivo la completa conversione alla televisione digitale deve avvenire entro la prima metà di quest'anno - le istanze a rallentare e rimandare vengono da ogni parte, ma non possono essere assecondate; è un processo che non si può arrestare, né rallentare - e le frequenze del dividendo digitale già aggiudicate (e già pagate) devono essere assegnate agli operatori mobili.
Noi faremo la nostra parte approvando entro gennaio il piano delle frequenze per Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia. Dopodiché, spetta alle istituzioni nazionali e locali far rispettare le leggi dello Stato e gli impegni presi.
Diamo un segnale concreto che il far west dell'etere in questo Paese è finalmente finito. Abbiamo compilato il catasto delle frequenze e ora ne traiamo le conseguenze. Abbiamo elaborato il piano delle frequenze per la prima volta in Italia.
Diamo un segnale concreto di serietà anche al settore televisivo, rilasciando dopo decenni di provvisorietà i titoli autorizzatori definitivi. Sapete come è avvenuta l'occupazione, ossia per spontaneismo, col ministero che apponeva il timbro. Abbiamo riscontrato che emittenti venivano denunciate e che c'erano frequenze utilizzate in comune. In realtà, non c'era nulla di ciò, perché in pratica si accordavano, ma le comunicazioni al ministero erano queste e il ministero apponeva il timbro. Il discorso vale dal 1979 in poi e non solo negli ultimi anni.
Diamo un segnale di serietà presentandoci per la prima volta alla prossima Conferenza mondiale delle radiocomunicazioni, che avrà luogo ai primi di febbraio a Ginevra, e che sarà un appuntamento importante, con idee chiare in linea con l'Europa.
Ricorderete che nel giugno 2006, quando andammo a Ginevra, in Italia non risultavano utilizzate frequenze. Di fatto ne utilizzavamo 24.000 e non ce ne volevano dare nessuna. Ne abbiamo ottenute 3.943 sudando sette camicie.
In tema di offerta, all'Agcom spetta il compito di dettare le regole per l'accesso alle nuove reti in fibra. Non è un compito facile regolare qualcosa che ancora non c'è, incidendo, attraverso la regolamentazione, sui profitti attesi e, quindi, sull'incentivo a investire. Troppe regole ingessano un mercato che deve ancora svilupparsi, ma poche regole potrebbero favorire alcuni soggetti a scapito di altri.
Di un fatto, però, sono sicuro: replicare l'impianto delle regole del rame anche per la fibra significherebbe pregiudicarne il futuro, perché in tal modo le nuove reti non si realizzerebbero mai. Per questo motivo la definizione del quadro regolamentare per le reti di accesso di nuova generazione è un processo che richiede un notevole impegno e una certa dose di fantasia da parte delle Autorità nazionali di regolamentazione, in quanto si tratta di un compito diverso da quello «tradizionale», consistente essenzialmente nel disciplinare l'accesso da parte dei nuovi entranti alla già esistente rete dell'ex monopolista.
Per le reti in fibra, si tratta, invece, di conciliare la promozione di norme che favoriscano forme di concorrenza effettiva nei mercati finali con la previsione di misure che non scoraggino, ma anzi promuovano, gli investimenti degli operatori.
In quest'ottica l'Agcom, a partire dal 2009, ha condotto un processo volto alla definizione delle regole da applicare in materia di servizi di accesso alle reti NGA. Questo percorso ha recentemente raggiunto un importante traguardo con l'approvazione della delibera n. 1/12/CONS.
Come già richiamato, le nuove regole delineano un approccio regolamentare equilibrato ai temi della concorrenza e della promozione degli investimenti. In tal


Pag. 6

senso, la disciplina dettata dall'Autorità risulta in linea con quanto espresso nella Raccomandazione NGA della Commissione europea, in quanto: incentiva gli operatori di ogni dimensione ad arricchire progressivamente le proprie dotazioni infrastrutturali; riconosce le differenze nelle condizioni concorrenziali esistenti tra le differenti aree geografiche del nostro Paese (negarlo sarebbe chiudere gli occhi di fronte alla realtà); remunera il rischio di investimento (risk premium); promuove le iniziative di coinvestimento e ripartizione del rischio imprenditoriale fra gli operatori; valuta la possibilità di imporre obblighi di accesso simmetrici, cui eventualmente assoggettare tutti gli operatori che detengono il controllo di infrastrutture che possano costituire strozzature concorrenziali.
Il provvedimento produrrà effetti concreti immediati, in quanto Telecom Italia dovrà pubblicare entro i prossimi due mesi la prima offerta di riferimento per tutti i servizi, attivi e passivi, di accesso all'ingrosso su rete NGA.
In tal modo, l'Italia si va a collocare nel ristretto novero di Paesi che hanno disciplinato concretamente la fornitura di servizi all'ingrosso per le reti in fibra, così da permettere a tutti gli operatori, a prescindere dal loro grado di infrastrutturazione, di offrire alla clientela i servizi innovativi consentiti dalle reti a banda ultra larga.
La nuova delibera dell'Autorità prevede una combinazione di rimedi attivi e passivi volti a garantire il livello più alto possibile di apertura della rete, sicuramente la gamma più ampia oggi disponibile in Europa - basti pensare al servizio «end to end», tutto innovativo e di nostra creazione - e questo in maniera indipendente dalle scelte dell'incumbent in merito alla tecnologia e alla propria architettura di rete. L'allegato tecnico che distribuiremo illustra i principali aspetti della regolamentazione adottata.
In virtù della disciplina dettata dall'Autorità gli operatori alternativi hanno così la possibilità di scegliere diverse soluzioni per offrire servizi di accesso alla propria clientela finale, a seconda del livello di infrastrutturazione e dei programmi di investimento e sviluppo da loro prescelti.
Mi sento di poter affermare, in tutta modestia, che abbiamo trovato la possibile conciliazione tra l'esigenza di mantenere la concorrenza sui servizi e quella di una rete aperta con la necessaria flessibilità. Le regole ora ci sono e sono avanzate.
Il lavoro non è finito. Nei prossimi mesi ci aspetta un lavoro che concerne la valutazione delle condizioni tecniche ed economiche di accesso alla rete. Lavoreremo più in dettaglio sulla definizione del risk premium e sulle regole sulle verticali di palazzo.
Inoltre, coinvolgendo tutti gli operatori, valuteremo gli impatti del technology mix che prevede la copertura del territorio con soluzioni miste radio-rame-fibra (in sigle tecniche LTE-VDSL-FTTH).
La politica delle infrastrutture ha, in ogni caso, i suoi tempi, anche rispetto agli ambiti geografici di intervento, ed è tanto più efficace quanto più è inserita in un contesto in cui offerta e domanda si alimentino reciprocamente.
Questo è ciò che abbiamo segnalato al Governo in termini di interventi di sistema per aumentare la domanda di servizi digitali.
Nel campo dell'innovazione è l'offerta a creare la domanda e la domanda innescata retroagisce sull'offerta. Steve Jobs era solito affermare: «Non puoi dare agli utenti quello che chiedono. Finché non l'hai creato, quelli vorranno qualcos'altro.». Una buona offerta di reti e servizi suscita una domanda che, a un'analisi precedente, sarebbe risultata invisibile. Il motivo è che il consumatore non può sapere di volere qualcosa di veramente innovativo prima ancora di averlo visto e provato.
C'è una forte contrapposizione fra i lusinghieri risultati della politica di liberalizzazione delle telecomunicazioni in Italia, con un calo dei prezzi del 33 per cento dal 1997, a fronte di un aumento del costo della vita del 31 per cento, e il poco confortante posizionamento del nostro Paese, fanalino di coda nella larga banda e nei servizi digitali.


Pag. 7


Per questo motivo l'Autorità ha suggerito alcuni interventi complementari all'iniziativa del Governo e di alcune regioni, con l'obiettivo di incrementare la domanda di contenuti e servizi digitali e di semplificare il quadro amministrativo per le realizzazioni infrastrutturali.
Il commercio elettronico, per esempio, è poco sviluppato. L'Italia è agli ultimi posti in Europa per la diffusione dell'e-banking; le piccole e medie imprese italiane, ovvero la parte preponderante del sistema produttivo nazionale, non utilizzano internet per l'e-commerce o per la fatturazione elettronica; pochissimi cittadini completano transazioni elettroniche con la pubblica amministrazione.
Lo stesso giorno in cui il Consiglio dell'Agcom deliberava la segnalazione, la Commissione europea adottava una comunicazione che presenta 16 azioni concrete intese a raddoppiare entro il 2015 la quota del commercio elettronico nelle vendite al dettaglio e quella dell'economia di internet nel PIL europeo.
Tra i motivi che frenano la diffusione dell'e-commerce la Commissione ha individuato una serie di problemi: le regole applicabili spesso non sono conosciute o lo sono in maniera incerta; le offerte sono scarsamente trasparenti e difficilmente comparabili; i pagamenti e le modalità di consegna sono spesso costosi e inadeguati.
Si parla molto in questi giorni di liberalizzazioni di servizi tradizionali, ma il principale settore che ha generato valore nelle economie avanzate in questi anni è la cosiddetta economia di internet. Per la prima volta nella storia economica mondiale la prima azienda per capitalizzazione è un'azienda che ha come principale fattore di produzione la conoscenza.
I campi d'azione sono molteplici, dai sistemi di pagamento ai servizi postali, dall'educazione ai lavori pubblici, dalla sanità al fisco. Le conseguenze del mancato intervento si riflettono, sia per i cittadini che per le aziende, sugli indici di digitalizzazione, che si attestano su posizioni di retrovia: i dati di alfabetizzazione informatica, di copertura di rete fissa e di sviluppo dei servizi online, sia sotto il profilo di utilizzo da parte dei consumatori che delle imprese, sono nettamente al di sotto della media europea.
Non a caso, il peso di internet nel PIL italiano è ancora al 2,5 per cento contro, per esempio, il 7 per cento dell'economia inglese. Questo dato da solo spiega forse meglio di tutti il differenziale di crescita fra l'economia italiana e le economie occidentali che mantengono una prospettiva di sviluppo.
C'è di più. Nel 2015 nel Nord Europa il peso sul PIL dell'economia internet raddoppierà, mentre, senza inversione di tendenza, per l'Italia il peso dell'economia digitale rimarrà modesto. L'Autorità auspica, dunque, che la legge sulla concorrenza divenga il veicolo per l'istituzione dell'Agenda digitale per l'Italia, documento programmatico e operativo che indichi la road map per raggiungere gli obiettivi dell'Agenda digitale comunitaria.
A tal fine è necessaria un'effettiva cabina di regia gestita dal Ministro dello sviluppo economico - bisogna individuare una persona e affidarle la competenza e la responsabilità; ce l'ha già, ma bisogna far sì che la concentri in sé - che coordini e renda trasparente l'azione dei diversi attori coinvolti (Governo, regioni, enti locali, Autorità).
In quest'ottica l'Agcom ha proposto una serie di interventi legislativi, misure di semplificazione degli adempimenti burocratici e amministrativi, nonché iniziative diverse dagli investimenti pubblici per facilitare la creazione di un ecosistema digitale e fluidificare il percorso di aziende e cittadini nella produzione e fruizione dei contenuti digitali. Per il dettaglio delle misure rimando al testo integrale della segnalazione, che è stato trasmesso anche a questa Commissione.
Tra i principali interventi puntuali da adottare abbiamo individuato i seguenti: promozione delle reti di telecomunicazione di nuova generazione, attraverso la semplificazione delle procedure amministrative con abolizione delle autorizzazioni, delle concessioni e di tutti gli altri atti amministrativi non indispensabili (pensate a quale trafila occorre attraversare


Pag. 8

per uno scavo); condivisione dei lavori di scavo - che magari non si avvertono l'uno con l'altro - da parte di differenti fornitori di servizi a rete (elettricità, gas, acqua); incentivi alla circolazione dei contenuti digitali per favorire un ambiente più concorrenziale nell'accesso alle risorse per i media; promozione delle transazioni online attraverso norme pro-digitalizzazione improntate alla riduzione dei costi e degli adempimenti, oltre che alla facilità di accesso ai contenuti digitali, che sono un diritto per il cittadino; sviluppo della moneta elettronica e dell'e-commerce attraverso la diffusione delle tecnologie near field communication per i pagamenti in mobilità; possibilità di notifica degli atti giudiziari e delle infrazioni al codice della strada a mezzo di posta elettronica certificata; nullità delle clausole contrattuali in accordi di distribuzione che vietino la vendita diretta su canale online; alfabetizzazione digitale, utilizzando il canale scolastico e quello dei media; uso sociale della tecnologia nel mercato del lavoro e per una sanità digitale.
Sono interventi che dovrebbero essere completati dall'adozione di una politica dello spettro radio coerente con i princìpi comunitari, in cui siano valorizzate le risorse frequenziali, liberando più risorse per la larga banda.
Presiedere alla regolamentazione di un settore ne presuppone la conoscenza del valore e del potenziale, oltre che degli equilibri in gioco e dei conflitti. Ecco perché, inevitabilmente, accanto al tema delle regole adatte all'ecosistema digitale, si pone sempre di più l'esigenza di regole incentivanti lo sviluppo del settore chiave della new economy. È l'internet economy che può innescare un ciclo virtuoso di sviluppo e di crescita.
In particolare, la necessità di istituire una cabina di regia per l'Agenda digitale in Italia non è più procrastinabile. Il passaggio a un'economia digitale di sistema è uno snodo cruciale per passare da un'economia di redistribuzione a una di crescita.
È tempo di agire. La scarsità di risorse non può costituire un alibi all'inazione. Molte riforme possibili sono a costo zero e, in ogni caso, bisogna guardare al rapporto costi-benefici dell'azione politica. Non basta ridurre il debito pubblico, quello che più conta, oggi, in questa fase di stagnazione, è il rapporto tra deficit e Pil. Grazie.

PRESIDENTE. Grazie, presidente, per la relazione che mi sembra sia stata molto approfondita.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

DANIELE TOTO. Sarò breve, presidente, come sempre. Chiedo scusa al presidente Calabrò se sono arrivato un po' più tardi. Trovo molto interessante la sua relazione, anche considerato il fatto che, dopo un'ampia discussione, durata circa due anni, l'Autorità ha licenziato le nuove regole per le reti NGN, la cui importanza è stata spiegata magistralmente dal presidente.
Senza dubbio l'unbundling c'è, e non poteva essere altrimenti, perché la Commissione europea lo ha sollecitato in maniera espressa. Ciò è temperato, però, se non sbaglio, dall'obbligo che l'unbundling ci sia ove tecnicamente è possibile. Noi sappiamo che la rete del monopolista, cioè quella del GPON, non rende tecnicamente possibile l'unbundling.
A ciò, se ho ben capito, si è ovviato tramite il progetto «end to end» da parte dell'Autorità. Tale progetto obbliga Telecom, su richiesta degli operatori, cioè degli OLO, a portare la fibra all'interno di coloro i quali ne facciano richiesta.
La prima criticità che immagino e che lei comunque ha spiegato è il prezzo, cioè quanto costerebbe questa operazione nell'ambito di un mercato. Suppongo che il corrispettivo possa essere concepito o come un canone o come un usufrutto. Nel caso di usufrutto suppongo, però, che ci siano criticità relative al fatto che il rischio in questo caso sarebbe sugli OLO e che ci sarebbe poi un rallentamento probabilmente sulle decisioni da prendere in ordine alla rete.
Fermo restando ciò, vorrei sapere, in relazione al corrispettivo del prezzo, quale


Pag. 9

soluzione sia stata adottata dall'Autorità, se un canone o un usufrutto, e, nell'ambito della costruzione della rete, considerando che è noto che la costruzione di più reti in fibra non è possibile, se vi sia comunque una soluzione che non vada a rallentare l'impegno assunto sulla rete stessa. Grazie.

CARLO MONAI. L'opinione del presidente Calabrò su questa Agenda digitale nazionale fu, peraltro, sollecitata anche dal vicepresidente della Commissione europea e dal Commissario europeo per l'agenda digitale, Neelie Kroes, che fu nostra ospite al Senato in un'audizione bicamerale qualche tempo fa, nell'ottobre scorso, se ricordo bene.
Volevo capire più nello specifico l'invito che viene rivolto al Parlamento di normare anche le regole sulle verticali di palazzo, di cui non ho capito i contenuti e le specifiche. Se volesse cortesemente illustrarmi questo specifico punto, sarei interessato a comprenderlo meglio. Grazie.

MICHELE POMPEO META. Anch'io vorrei ringraziare il presidente Calabrò. A conclusione di due anni di lavoro finalmente anche il nostro Paese si dota di un quadro di regole che, da questo punto di vista, ci fanno apparire pienamente europei.
Lei ha rilevato in modo efficace quali devono essere le funzioni anche degli altri attori protagonisti. Mentre l'Autorità nelle comunicazioni ha svolto un ruolo importantissimo, talvolta facendo anche «supplenza» alle assenze troppo vistose di alcuni altri soggetti politici pubblici, quello che noi lamentiamo, e lei lo riferisce chiaramente, è la scarsità delle risorse.
Lei sottolineava una sorta di passaggio epocale. Questo è il tempo giusto, nonostante i ritardi, per investire in informazione, in infrastrutture e in materiali. Sappiamo che, purtroppo, una mancanza di finanziamento pubblico e di coordinamento da parte dell'Esecutivo non ci consentono di recuperare i ritardi e di effettuare questo ammodernamento dell'intero sistema Paese.
Non voglio entrare su alcune mediazioni contenute nella delibera, mediazioni, per esempio, che si riferiscono all'obbligo di fornire l'accesso disaggregato, ove possibile. Sappiamo che cosa significa ciò. Nel complesso, però, mi pare che almeno in questo settore le regole siano chiare e speriamo che possano fare da stimolo anche per l'ingresso di nuovi soggetti protagonisti e di un maggiore pluralismo economico e anche culturale.
Noi siamo qui da due anni a rincorrere poste in bilancio che appaiono e poi scompaiono. Mi auguro che quella del beauty contest sia l'occasione d'oro per liberare un po' di risorse e magari non metterle in settori che possono avere fonti di finanziamento diverse, ma investirle nell'innovazione, nelle nuove reti.
Stiamo parlando di risorse ingenti che possono consentirci di reperire e recuperare gli 800 milioni che appaiono e scompaiono ormai da alcuni anni e che hanno fatto sì che nel nostro Paese si creasse un ritardo davvero spaventoso, fino a far apparire il nostro sistema molto vulnerabile e molto precario da questo punto di vista. È tempo di rivoluzioni culturali, ma le rivoluzioni culturali, in un passaggio epocale, si compiono anche stanziando risorse pubbliche, oltre che creando le condizioni perché gli investimenti privati siano praticabili e abbiano accesso laddove finora non è stato possibile.

SETTIMO NIZZI. La ringrazio anch'io per la relazione, presidente. Noi ci siamo visti più volte in questa Commissione, da quattro anni a questa parte, ma qualcosa è cambiato. Come società e come rappresentanti più o meno meritevoli di esserlo, avremmo sicuramente voluto di più. È mancato uno stimolo forse alla classe politica che ha amministrato il nostro Paese o c'è stata refrattarietà? Queste sono le domande che noi ci poniamo.
Considerato che una delle peculiarità del nostro Paese è questa differenza, questo digital divide esistente nelle diverse parti del nostro Paese, volevo farle rilevare che nella sua relazione lei riferisce che entro gennaio approveremo il Piano delle


Pag. 10

frequenze in determinate regioni importanti della nostra nazione, ossia Abruzzo, Molise, Puglia, Calabria e Sicilia.
Perché non abbiamo messo al primo posto - non perché io provenga da quella regione - la Sardegna? È un'isola, è la parte più lontana, è quella che ha più necessità di essere stimolata e di essere favorita in questi mesi. Noi ci possiamo connettere, possiamo svilupparci e possiamo avere maggiori risposte se ci colleghiamo via etere. In macchina non possiamo venire a Roma e neppure in treno, con le navi abbiamo grossi problemi di trasferimenti e in aereo abbiamo drammi di tutti i generi. In più, vi è la grave crisi nazionale che si ripercuote in maniera importante anche sulla nostra regione.
Potrebbe verificare la possibilità di inserire in questo primo pacchetto anche la nostra regione per stimolare coloro i quali hanno investito quel miliardo di euro a testa per realizzare le infrastrutture necessarie? Grazie.

ANTONIO MEREU. Non vorrei aver capito male, ma, poiché è un problema che mi interessa da vicino, mi pare che il presidente Calabrò abbia fatto cenno nella sua relazione a investimenti limitati dal privato per motivi di regolamentazione e di aiuti di Stato europeo. Ho capito bene? Anche l'Italia, in questo senso, subisce questi effetti negativi? Vorrei che me ne precisasse meglio i motivi e mi portasse un esempio, in modo da permettere eventualmente iniziative da adottare al riguardo. Credo che su questo tema l'Italia effettivamente debba incominciare a reagire in maniera diversa.

VINCENZO GAROFALO. Ringrazio il presidente Calabrò per questo ulteriore incontro e per averci anche fornito una relazione interessante, sulla quale desidero svolgere alcune piccole considerazioni e anche chiedere una nuova riflessione da parte sua.
Presidente, lei ha affermato che bisogna stimolare gli investimenti e che bisogna far sì che il Paese si doti di queste infrastrutture in maniera ampia e accresca la sua rete di nuova generazione, per poter anche andare nella direzione della crescita dei servizi internet.
Noi abbiamo assistito in questi anni a una crescita enorme dei servizi di rete di telefonia mobile. Se ciò è avvenuto, evidentemente le condizioni l'hanno consentito. Mi riferisco alle condizioni con le quali si è dato spazio ad aziende spesso multinazionali, o quasi sempre non esclusivamente italiane, a investire e a credere nel nostro Paese. Esse hanno trovato evidentemente le condizioni per entrare in questo mercato.
Nella rete fissa, invece, probabilmente non ci sono state queste condizioni. Peraltro, nella sua relazione lei giustamente sottolinea come, nel momento in cui c'è un'offerta e si stimola il mercato, il mercato reagisce e chiede sempre di più. Difatti ciò nella rete mobile è avvenuto, al punto tale che oggi è facile che un individuo, un privato, receda da un contratto di rete telefonica fissa e accentui la sua richiesta di servizi mobili.
In alcuni passaggi lei sostiene che la politica italiana non è stata sensibile a questo tema. Io direi più in generale la classe dirigente italiana. Non ritiene che il fatto che ci sia un proprietario di una rete fissa condizioni ovviamente gli investimenti di tutti coloro i quali vogliono entrare in questo Paese a offrire altri servizi, come avviene nella rete mobile?
È soltanto, secondo me, in questa direzione che si può favorire l'investimento. Peraltro, il nostro Presidente del Consiglio va a chiedere investimenti e fiducia nell'Italia. Se ci sono regole con le quali non si stimolano gli investimenti, alla fine questo Paese non troverà investitori.
Io credo che alcuni passaggi che l'Autorità da lei presieduta ha compiuto nella rete mobile probabilmente dovrebbero essere compiuti in maniera ancora più vigorosa in quella fissa, per consentire una crescita di questo mercato, che è necessario per poter dare ad ogni famiglia gli strumenti necessari a far crescere tutti i servizi online, che sono anche quelli dell'amministrazione centrale, che lei ha ben elencato e che io ritengo siano molto


Pag. 11

importanti. Lo stesso vale per quelli del commercio elettronico, che possono far crescere in alcune aree geografiche del Paese attività in maniera più facile rispetto ad altri settori, che si servono di altre infrastrutture, quali quelle fisiche, indubbiamente più note e più tradizionali.

PRESIDENTE. Nel dare la parola al presidente Calabrò, colgo l'occasione per svolgere alcune osservazioni.
Sono ormai settimane e mesi, per non parlare di anni, che il nostro Paese ha aperto un dibattito sulla crescita economica e a mio modo di vedere, qualcosa è mancato assolutamente negli ultimi Governi che si sono succeduti alla guida del Paese, anche in questo. Abbiamo sentito parlare di taxi e di farmacisti, che, per l'amor del cielo, sono importantissimi, ma non penso che cambino la crescita economica del Paese; non abbiamo invece mai avuto la sensazione che ci fosse la vera volontà di rilanciare il nostro Paese attraverso l'innovazione principe degli ultimi dieci anni, che ha cambiato il modo di vivere dei cittadini, delle famiglie, delle imprese e che è in grado di dare un grosso contributo alla crescita attraverso la lotta agli sprechi e alla corruzione, ossia attraverso o sviluppo di una rete di nuova generazione, che significa tutto quello che ho citato prima.
È un tema sempre tenuto a margine. Si parla di tutto lo scibile umano, ma non di questo, che dovrebbe essere uno dei primi, se non il primo, comunque uno dei primi, punti su cui operare.
Mi hanno colpito alcuni passaggi contenuti nella relazione del Presidente Calabrò, non ultimo l'affermazione, peraltro fatta da chi ha contribuito a dare un grande impulso a questo settore, Steve Jobs, ossia che finché non c'è il prodotto o il servizio, non si sa quanto gli utenti effettivamente lo potranno utilizzare. Abbiamo visto, però, che anche l'Italia, seppure da alcune statistiche appaia indietro rispetto agli altri Paesi europei e mondiali, quando ha la possibilità di usare le innovazioni, lo fa. Con 300 mila utenti e lo 0,6 per cento del territorio nazionale, se ben ricordo, di fibra ottica, c'è un ampio utilizzo della fibra ottica, superiore a quello degli altri Paesi.
Ciò significa che l'italiano, se è messo nelle condizioni di poter usufruire di queste innovazioni tecnologiche, non sta a guardarle, ma le utilizza, anche con un grande ritorno economico da parte di chi compie questo tipo di investimenti.
Io sono convinto anche che il tema delle risorse finanziarie, che è sempre importante, sia quasi marginale in questo dibattito. Andando a vedere il lavoro che è stato svolto presso il Ministero dello sviluppo economico e anche presso l'Agcom su un censimento delle reti di nuova generazione, se osserviamo l'attivismo che c'è nelle istituzioni regionali e locali, si mette insieme una costruzione di una presenza diffusa, anche se magari poco utilizzata.
Porto un esempio, anche se ne dimentico altri mille, perché è quello forse più importante. Mi riferisco alla rete Lepida dell'Emilia-Romagna, che mette in comunicazione con la rete in fibra ottica tutti i comuni e tutti gli ospedali di quel territorio, ma che viene poco utilizzata, perché i comuni, anziché offrire i servizi su quella struttura ai propri concittadini, hanno ognuno il piccolo software di casa propria, che serve probabilmente a dare un po' di lavoro a qualche artigiano delle telecomunicazioni, ma che inibisce alcune ricadute molto più importanti anche sul proprio territorio, perché impedisce di sfruttare tali reti.
Sicuramente il Governo dovrebbe come prima cosa chiamare l'ex incumbent per verificare se si può svolgere un ragionamento. Le situazioni cambiano e non sempre le iniziative giuste si riescono a compiere in qualsiasi momento della nostra storia. Le iniziative giuste si compiono solo in alcuni momenti della storia.
Magari oggi questa storia è diversa da alcuni anni fa e, quindi, oggi si può con l'incumbent svolgere un ragionamento. Di reti in fibra ottica in Italia che arrivino fino all'abitazione ne possiamo realizzare una, non tante e, quindi, il coinvolgimento


Pag. 12

dell'ex incumbent, del proprietario della rete in rame, è fondamentale anche per i discorsi di equilibrio finanziario.
Se c'è un massimo coinvolgimento dell'incumbent, esiste la possibilità di un ritorno dell'investimento diverso rispetto a una situazione in cui ci sono tanti operatori, come in parte ci sono - magari non ce ne sono tantissimi, ma ce ne sono anche di sconosciuti - che stanno realizzando, anche attraverso le regole istituite dall'Agcom, la creazione di reti di nuova generazione. Parliamo di realtà marginali, rispetto all'universo, con 60 milioni di abitanti e 25 milioni di famiglie.
Sicuramente la tecnologia sul mobile, che in Italia è più sviluppata rispetto ad altri Paesi, potrà in parte sopperire nei tempi alla carenza di fibra ottica, ma non potrà mai prestare lo stesso tipo di servizio che possono fornire le reti di nuova generazione.
Io penso e spero che anche il Governo rimetterà un po' al centro dell'attenzione questo argomento, convocando dapprima l'incumbent, ma poi anche tutti gli operatori del settore delle telecomunicazioni, perché è un settore che, nonostante la crisi, non si ferma mai. Nonostante la crisi, infatti, anche nel 2011 i risultati di questo settore hanno segnato valori positivi o comunque con lievissime flessioni e il nostro consumatore nel campo delle telecomunicazioni va verso prodotti sempre più sofisticati, non appena gli è possibile farlo. Stiamo parlando di un settore che può essere non solamente l'oggi, ma anche il domani per il rilancio della nostra economia.
Nel rivolgere un ringraziamento, ma anche nel voler sottolineare ancora tutto quanto sta facendo l'Agcom e che va nella giusta direzione, volevo condividere col presidente Calabrò questo messaggio da lanciare al Governo, affinché il tema venga posto con maggiore attenzione nell'agenda di sviluppo dell'economia italiana rispetto a quanto non sia stato fatto fino a oggi. Mi sembra che il tema sia stato molto marginalizzato, nonostante sia uno dei temi principali.
Do la parola al presidente Calabrò per la replica.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Dovrei, in primo luogo, chiarire alcune linee del quadro, perché la situazione della rete in rame è molto differente rispetto a quella della rete in fibra. La prima c'è, c'era da tempo, è un retaggio in capo a Telecom, quindi all'incumbent. Tutti gli altri non avevano che da accedere a quella rete, perché anche per il rame sarebbe stato troppo dispendioso realizzare una seconda rete.
Noi abbiamo adottato regole volte all'apertura, ma ovviamente esse non potevano ribaltare la situazione, ossia far sì che l'incumbent non fosse più tale solo perché doveva dare accesso agli altri.
L'unbundling in Italia sulla rete in rame è, dopo la Germania, il più liberale che ci sia in Europa, il più sviluppato. L'unbundling permette di costruire la propria rete, senza costruirla tutta, ma limitandosi al tratto che serve ed è la scelta più conveniente per l'operatore alternativo.
Le regole, per esempio, per il recesso, sono quelle che tanto frenano, e per il fisso o per il mobile sono analoghe. C'è un rallentamento probabilmente per alcuni adempimenti burocratici, sul quale interverremo.
Nel mobile, invece, il terreno era vergine. Le nostre regole sono state, però, competitive al massimo, le più liberali del mondo. Il nostro è il Paese più concorrenziale del mondo nel mobile ed è vero che molti operatori stranieri sono intervenuti, tra cui alcune grandi compagnie, tra cui la più grande compagnia di mobile del mondo, la quale ancora quest'anno, pur con queste difficoltà, ha realizzato circa 8 miliardi di ricavi, con investimenti solo in tempi recenti e limitati.
Laddove il terreno si poteva arare, l'abbiamo arato e laddove andava diserbato e andavano tolti i cespugli, abbiamo fatto il possibile, però non è questa la


Pag. 13

situazione che ci troviamo di fronte oggi. Oggi si tratta di costruire una rete in fibra operante.
Di fibra morta, inerte, cosiddetta tombata, ce n'è tanta in Italia, anche per l'iniziativa tendenzialmente meritoria di alcune regioni, come ricordava prima il presidente Valducci, quale la regione Emilia-Romagna con il progetto Lepida. Ci sono migliaia di chilometri di fibra tombata.
Che cosa è mancato nella visione di questi interventi dell'amministrazione locale? La fibra in sé, come sostenevo prima, non è nulla. Fino a quando un operatore non l'attiva, fino a quando non la mette a disposizione dei clienti, è lì, morta e non serve a nulla, serve solo potenzialmente.
I risultati migliori si sono avuti laddove le amministrazioni locali hanno creato una sinergia con l'operatore e ciò è avvenuto in una provincia del nostro Paese. Poi ci sono state iniziative diverse. Non c'è solo Telecom nella fibra, c'è anche Fastweb, che ha una rete in fibra notevole, e adesso ci sono alcune iniziative di operatori privati, come Metroweb a Milano e in altre tre città, che sembrano promettenti.
La nostra regolamentazione doveva tener conto di questa situazione, cioè non disincentivare gli investimenti di nessuno. Certo la posizione dell'incumbent sul rame è differenziata rispetto a quella degli altri anche per le ricadute sulla fibra, perché, se Telecom non disattiva progressivamente la rete in rame, il passaggio alla fibra resta rallentato. È questo il versante sul quale la nostra pressione può risultare più utile.
Abbiamo impiegato due anni a tirar fuori queste regole perché bisognava conciliare tutte queste contrapposte istanze. Ci siamo riusciti? Forse sì, ma è stato uno sforzo continuo, settimana dopo settimana.
Vi fornisco alcune spiegazioni su alcune nostre regole. Noi imponiamo l'unbundling laddove è possibile proprio per non rallentare gli investimenti, perché, laddove tecnicamente non è possibile, se noi imponiamo l'obbligo dell'unbundling, né Telecom, né Fastweb, né Metroweb, né la regione Trentino Alto Adige effettueranno l'investimento.
Perché c'è stato tanto investimento nel mobile, anche recentemente con la gara, e non nel fisso? Stante la particolarità, in un dato senso anomala, della domanda italiana, nel mobile la redditività è immediata o, per lo meno, le prospettive sono molto ravvicinate. Nel fisso, invece, le prospettive sono medio-lunghe.
Già quando la situazione non era economicamente difficile come adesso, ma ancor più adesso, tutti gli operatori erano restii a compiere investimenti a lungo termine, con una redditività lontana e in parte incerta. Dobbiamo, quindi, procedere coi piedi di piombo.
Oltre che per questo motivo nemmeno giuridicamente avremmo potuto imporre a un determinato operatore una determinata architettura. È una scelta imprenditoriale. Non possiamo imporre il GPON oppure la fibra al palazzo. Possiamo imporre che, quale che sia la linea, ci sia la massima apertura concorrenziale possibile e noi l'abbiamo imposto mediante l'accesso in centrale con l'end to end, che in definitiva fornisce, fin dove la linea arriva ed è accessibile, un accesso veramente competitivo.
Il prezzo dell'end to end non è stato ancora stabilito. Telecom ci dovrà fare prossimamente un'offerta e noi la valuteremo. La modalità è quella del canone con costo di attivazione, tranne che per le realizzazioni non esistenti, perché, se non incentiviamo le nuove realizzazioni, saranno attivati soltanto tratti della fibra già collocata e non altri.
Quanto alla verticale di palazzo, perché auspicavamo un intervento del Parlamento? Oggi come oggi, il freno alla condivisione delle verticali di palazzo non viene solo dall'operatore che per primo le ha realizzate, ma dai condomini, che hanno un diritto sulla loro verticale. Come si è agito altrove? Guardiamo anche altrove. Le nostre regole sono state copiate in altri Paesi. Teniamo presenti anche noi le soluzioni trovate altrove.


Pag. 14


In Francia è stata una legge a imporre la condivisione. Certamente non si possono collocare due linee in fibra, per tutti i costi che comportano, ma anche la stessa verticale è un costo che è inutile duplicare. Oggi come oggi, noi non possiamo ancora imporlo e soltanto un intervento del Parlamento potrà farlo rapidamente.
A che cosa è dovuta la carenza di investimenti? C'è una grave carenza di investimenti pubblici, dovuta essenzialmente alle regole europee. L'ho affermato, l'ho criticato diverse volte e lo ripeto apertamente: il fatto di limitare l'intervento pubblico solo alle zone a scarsa densità di traffico, le cosiddette zone bianche, escludendolo per le zone nere, cioè quelle ad alta densità, e ponendo una serie infinita di limitazioni per le zone grigie, quelle a media densità, ha impedito gli investimenti in Europa. Nel frattempo, come ricordavo, Stati Uniti, Corea, Giappone, Cina Australia e India sono andati avanti con investimenti pubblici.
Quando il privato non ha convenienza a compiere immediatamente un investimento, lo Stato può soccorrere, quanto meno per le zone dove non è previsto un ritorno dell'investimento in tempi ragionevolmente accettabili. Oggi non ci sarebbero nemmeno i mezzi.
In passato sono stati stanziati 1.200 miliardi, poi ridotti a 800, per questi investimenti nelle zone bianche. Fino ad ora non sono stati utilizzabili. Non so se adesso, con questa situazione, si potranno reperire altre risorse, forse dall'asta delle frequenze o da altre aste, se ne potrà venire un provento.
I privati nel fisso non vedono un ritorno in tempi incoraggianti, né loro, né le banche che li finanziano e ciò vale anche per Telecom. Io non accetto l'affermazione che non ci può essere offerta fino a quando non c'è la domanda. Se per costruire le ferrovie si fosse aspettato che si comprasse il biglietto, saremmo ancora alla carrozza a cavalli. Quando un investimento è innovativo, l'offerta deve precedere la domanda, però è anche vero che, se il cavallo non beve, più che tirarlo per la cavezza e pungerlo da dietro non si può fare.
Questa è la situazione. Chiudo ricordando che la Sardegna è stata la prima regione convertita al digitale. Non è l'ultima, questa volta, ma è stata la prima.

SETTIMO NIZZI. Io non mi riferivo alle reti televisive, presidente.

CORRADO CALABRÒ, Presidente dell'Autorità per le garanzie nelle comunicazioni. Sì. Se è per quello, effettivamente ha ragione da stravendere. La Sardegna in buona parte sarebbe una zona bianca, se i miliardi stanziati, che il CIPE avrebbe dovuto concretamente destinare, fossero stati utilizzati, la situazione sarebbe stata diversa.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente Calabrò per la relazione e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato). Ringrazio anche le persone che l'hanno accompagnata, l'ingegner Viola, il dottor Stazi, il dottor Perrucci, il dottor Calderoni e il dottor Benacchio.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,10.


Pag. 15

ALLEGATO

ALLEGATO TECNICO
La regolamentazione dei servizi di accesso alle reti di nuova generazione
(delibera n. 1/12/CONS)

La nuova delibera dell'Autorità prevede una combinazione di rimedi attivi e passivi volti a garantire il livello più alto possibile di apertura della rete, sicuramente la gamma più ampia ad oggi disponibile in Europa.

a) I servizi all'ingrosso passivi
Quanto ai rimedi passivi si prevede l'obbligo di accesso alle infrastrutture di posa ed alla fibra spenta(1) nonché l'obbligo di accesso disaggregato alla rete in fibra.
Su quest'ultimo aspetto, che tanto ha attirato l'attenzione dei media e polarizzato il dibattito tra gli operatori, in primo luogo, si sottolinea che, in linea con le previsioni della Comunità europea, l'Autorità ha imposto un obbligo generale di fornitura del servizio di accesso disaggregato alla rete in fibra di Telecom Italia nella modalità di unbundling della fibra a livello di centrale locale, laddove ciò risulti essere tecnicamente possibile ed alla luce degli effettivi sviluppi del mercato(2).
D'altro canto, se si vuole fare un esercizio di realtà, si deve considerare che, allo stato attuale, la tecnologia non consente - sempre e comunque - la fornitura di un servizio di unbundling della rete in fibra esattamente analogo a quello fornito sulla rete in rame. Ciò, in primo luogo, perché Telecom Italia, in piena libertà imprenditoriale in materia di scelte architetturali, si sta orientando verso uno sviluppo di una rete di tipo punto-multipunto, sostanzialmente incompatibile con l'unbundling fisico, almeno fino a quando non saranno consolidate le tecnologie WDM(3).


Pag. 16

Pertanto, considerata la scelta architetturale dell'incumbent, l'Autorità ha messo a punto una soluzione innovativa che - di fatto - introduce una nuova modalità di fornitura dell'accesso disaggregato a livello di centrale locale, il c.d. servizio end to end, che consiste sostanzialmente nella fornitura congiunta e coordinata di tutti i servizi passivi necessari a garantire all'operatore alternativo l'offerta di un servizio di connettività a banda ultralarga al cliente finale(4). Tale servizio consente, già da oggi, agli operatori alternativi di avere accesso alla rete in fibra, qualunque sia l'architettura e la topologia di rete che Telecom Italia abbia ad adottare.

b) I servizi all'ingrosso attivi
La delibera prevede anche un insieme di rimedi attivi che consistono nella fornitura del servizio di accesso bitstream su rete in fibra, offerto a vari livelli di rete, nonché dell'innovativo servizio VULA (virtual unbundled local access), fornito direttamente in centrale. Il VULA consentirà all'operatore alternativo una maggiore capacità di configurazione della qualità dei servizi offerti e dunque di introdurre innovazioni in grado di stimolare la competizione(5).
Il carattere innovativo della disciplina dell'Autorità in materia di NGA contempla anche la differenziazione geografica dei prezzi del servizio bitstream(6), in ragione del differente livello di competizione che verrà riscontrato sul territorio italiano. Tale differenziazione sarà specificata nell'ambito di un nuovo procedimento, che l'Autorità si appresta ad avviare, in cui saranno individuate le aree del Paese caratterizzate da una concorrenza sostanziale, nelle quali il servizio bitstream potrà essere commercializzato a prezzi non orientati al costo.
In ogni caso, il percorso non è concluso in quanto si rendono necessari alcuni «decreti attuativi»(7): la definizione dei prezzi dei nuovi servizi di accesso all'ingrosso(8), l'articolazione geografica dei prezzi del servizio bitstream, l'individuazione delle condizioni necessarie per l'imposizione di obblighi simmetrici di accesso alle infrastrutture fisiche di rete, nonché la valutazione dell'impatto regolamentare dell'introduzione di nuove tecniche trasmissive (quale ad esempio il vectoring) nello sviluppo delle reti di nuova generazione.

NOTE:

(1) Obbligo integrato rispetto a quanto anticipato nella delibera n. 731/09/CONS.

(2) Come per la tradizionale rete in rame, l'unbundling è riconosciuto, anche nella Raccomandazione NGA, come il principale strumento in grado di dare rapido impulso alla concorrenza nei mercati della telefonia fissa e dell'accesso ad Internet.

(3) Le tecnologie Wavelength Division Multiplexing (WDM) permettono, in maniera analoga ad un prisma, di separare i colori - ossia le diverse lunghezze d'onda - che costituiscono un segnale ottico, e di associare a ciascun colore un utente. Il controllo separato dei colori consente poi di gestire ciascun utente indipendentemente dagli altri utenti e dagli operatori che li servono, rendendo così possibile l'implementazione del servizio di unbundling della fibra anche su di una rete di tipo punto-multipunto, quale quella che Telecom Italia sta realizzando.
Le tecnologie WDM sono comunemente utilizzate lungo le reti di trasporto e sono attualmente in fase di standardizzazione - sebbene già ampiamente sperimentate sul campo - per l'utilizzo nelle reti di accesso.

(4) I cosiddetti building blocks.

(5) La qualità dei servizi offerti dovrebbe essere in futuro la variabile alla base della concorrenza fra operatori, più del prezzo.

(6) Incluso il VULA.

(7) Anche questi procedimenti avverranno attraverso il consueto confronto con gli stakeholders e la Commissione europea, nonché nella massima trasparenza verso le Istituzioni ed i media.

(8) Attraverso la predisposizione di un apposito modello di costo economico-ingegneristico.

Consulta resoconti delle audizioni
Consulta gli elenchi delle audizioni