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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
20.
Mercoledì 26 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale nonché sulla riforma della politica comune della pesca (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 8 11 17 19
Beccalossi Viviana (PdL) ... 14 15
Callegari Corrado (LNP) ... 8 12
Delfino Teresio (UdCpTP) ... 13
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 11
Fiorio Massimo (PD) ... 8
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 8
Pepe Mario (PD) ... 8
Romano Francesco Saverio, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali ... 3 15 17 19
Zucchi Angelo (PD) ... 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 26 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 14,45.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale nonché sulla riforma della politica comune della pesca.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali, Francesco Saverio Romano, sulla riforma della politica agricola comune, anche in relazione al prossimo quadro finanziario dell'Unione europea, sullo stato di avanzamento dei programmi di sviluppo rurale nonché sulla riforma della politica comune della pesca.
La Commissione ha ritenuto opportuno estendere anche a quest'ultimo tema l'oggetto dell'odierna occasione di confronto col ministro che, pertanto, ringrazio per aver assicurato la sua disponibilità in tal senso.
Ricordo che nella seduta del 29 settembre sono intervenuti i colleghi Di Giuseppe, Callegari, Delfino, D'Ippolito Vitale e Cenni, mentre l'intervento di replica del Ministro non si è esaurito a causa della necessità di concludere i nostri lavori per l'inizio della seduta dell'Assemblea.
Do subito la parola al Ministro affinché possa integrare il suo precedente intervento e riferire anche sul tema della pesca.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. La ringrazio, presidente.
Il 29 giugno scorso la Commissione ha presentato le proposte per il bilancio pluriennale 2014-2020. La spesa proposta è complessivamente pari, a prezzi 2011, a 1.025 miliardi di euro di stanziamento di impegno (1,05 per cento del PIL) e 972 miliardi di euro di stanziamento di pagamento (1 per cento del PIL). Si tratta di un aumento del 5 per cento in valori costanti rispetto al 2007-2013, in linea con quanto richiesto dal Parlamento europeo.
Per la Politica agricola comune (PAC) si propone il congelamento in valori correnti e, quindi, un ridimensionamento in termini reali, con una spesa complessiva annua - sul primo e secondo pilastro - che passa da 57,4 miliardi di euro nel 2013 a 50,2 miliardi di euro nel 2020, ovvero meno 12,6 per cento (prezzi correnti 2011).
Questo dato è mitigato dall'istituzione di ulteriori dotazioni di bilancio che non rientrano nei due pilastri tradizionali della PAC, che la Commissione quantifica in 15,2 miliardi di euro nell'arco dei sette anni, cioè: poco più di 2,2 miliardi di euro all'anno per la sicurezza alimentare; 2,5 miliardi di euro per gli aiuti alle persone povere; 3,5 miliardi di euro come riserva per le crisi del settore agricolo; 2,5 miliardi di euro per il Fondo europeo di adeguamento alla globalizzazione; 4,5 miliardi di euro per la ricerca innovazione in materia di sicurezza alimentare di economia e agricoltura sostenibile.


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In termini reali, si tratta di una riduzione complessiva della spesa PAC pari al 12 per cento alla fine dei sette anni, ovvero al 2020, mentre il peso della PAC sul bilancio UE, per il quale si propone invece un aumento del 5 per cento in termini reali, si ridurrà di quattro o cinque punti, da poco meno del 40 per cento del 2013 a poco più del 35 per cento nel 2020.
La proposta sulle prospettive finanziarie conferma, pertanto, una tendenza a una progressiva riduzione della dotazione agricola.
Per quanto concerne la PAC, come è noto, il 12 ottobre la Commissione ha presentato il progetto di riforma per il periodo di programmazione 2014-2020. Noi c'eravamo visti qualche giorno prima della presentazione. Questa è assolutamente in linea o, anzi, peggiorativa rispetto alle nostre aspettative.
L'unico dato che ci conforta - lo anticipo subito, ma lo dirò nel corso della relazione - è quello di aver eliminato il cosiddetto flat rate al 2028, che sarebbe stato un macigno definitivo rispetto alle prospettive del modello agricolo europeo a cui questa PAC intende ispirarsi.
La struttura giuridica della nuova Politica agricola comune non è cambiata; permane l'articolazione in due pilastri - il primo e il secondo - e la previsione di quattro regolamenti applicativi: pagamenti diretti, OCM unica, sviluppo rurale e finanziamento della PAC.
In merito ai contenuti delle proposte, segnalo che l'impianto relativo agli aiuti diretti comporta un sensibile aumento degli oneri a carico delle imprese. La proposta di regolamento prevede un'articolazione in sei tipologie di pagamenti diretti da attivare entro percentuali del massimale nazionale parzialmente flessibili rispetto alle scelte degli Stati membri; queste tipologie sono: il pagamento disaccoppiato di base, il pagamento disaccoppiato ecologico (o greening), il pagamento disaccoppiato alle aree svantaggiate, il pagamento disaccoppiato giovani agricoltori, il pagamento disaccoppiato piccoli agricoltori, il pagamento accoppiato per settori strategici.
L'aiuto di base riguarderà solo gli agricoltori attivi e sarà decrescente a partire da 150 mila euro, con un massimale annuo pari a 300 mila euro per azienda.
Il testo prevede che il 30 per cento dei pagamenti diretti sia destinato alle pratiche che consentono un uso ottimale delle risorse naturali (il cosiddetto greening); gli agricoltori, dunque, dovranno diversificare le culture praticate nella propria azienda, conservare i pascoli permanenti e salvaguardare le riserve ecologiche del paesaggio.
Per incentivare l'occupazione ed incoraggiare le giovani generazioni a dedicarsi all'attività agricola, la proposta della Commissione prevede un'agevolazione per gli agricoltori che hanno meno di quarant'anni. Sono previste misure di sostegno ai piccoli agricoltori che avranno diritto ad un assegno forfettario annuo di importo variabile tra i 500 e i 1000 euro per azienda. Nel corso dei lavori preparatori, la delegazione italiana ha ottenuto la previsione di un regime differenziato più favorevole per il riso, per le aziende biologiche, per i piccoli produttori e per le colture permanenti.
Tra gli aspetti positivi va segnalata la norma che consente agli Stati membri l'erogazione di sostegno accoppiato ai produttori, stornando una parte delle risorse finanziarie destinate all'erogazione degli aiuti disaccoppiati.
L'Italia ha sempre sostenuto la necessità di ampliare questo strumento già contemplato in forma limitata dalla vigente normativa, al fine di sostenere alcune produzioni per esigenze di mercato o per altri particolari motivi. A seguito di un'azione di sensibilizzazione presso la Commissione, l'Italia potrà erogare sostegni accoppiati fino al 10 per cento del plafond nazionale; tuttavia, devo rilevare che le proposte della Commissione appaiano complessivamente insoddisfacenti. Le nuove misure previste comportano ulteriori oneri per le imprese ed implicano un'accresciuta complessità burocratica e rigidità, che tradiscono tutte le richieste di semplificazione che sono state avanzate negli ultimi anni.


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Per quanto riguarda le misure di mercato, la proposta di regolamento che istituisce una Organizzazione comune di mercato per i prodotti agricoli - il cosiddetto regolamento OCM unica - non apporta novità di rilievo che garantiscano strumenti più efficaci per la prevenzione e la gestione delle crisi.
In caso di turbativa di mercato, è previsto il mantenimento dell'intervento pubblico per alcuni settori - cereali, riso, burro, latte in polvere, carni bovine - e dell'ammasso privato per zucchero bianco, olio d'oliva, lino da fibra, carni bovine fresche o refrigerate, burro, latte scremato in polvere, carni suine, bovine e caprine. Inoltre, si prevede la soppressione di alcuni aiuti settoriali - per esempio: latte scremato in polvere, luppolo e bachi da seta - e la cessazione del sistema delle quote di zucchero a partire dal 2015.
L'assenza di adeguate novità in materia costituisce un limite evidente alla proposta, considerato che nella fase attuale appaiono necessari strumenti di tutela dei produttori di fronte alla sempre maggiore volatilità dei mercati.
Gli orientamenti della Commissione appaiono, pertanto, deludenti anche per quanto riguarda gli strumenti di gestione dei mercati. Una politica comunitaria basata su misure poco flessibili non è più in grado di gestire situazioni di estrema volatilità dei prezzi e della domanda; sarebbe necessario introdurre, di conseguenza, degli strumenti che siano in grado di prevenire e gestire le crisi nell'ambito di una strategia complessiva diretta a rafforzare la posizione degli agricoltori sul mercato.
In merito al secondo pilastro, la Commissione non ha inserito alcuna disposizione che eviti l'applicazione del disimpegno nazionale delle risorse destinate ai piani di sviluppo rurale regionale. La proposta italiana di prevedere compensazioni finanziarie tra i programmi già avviati e quelli per i quali si rende necessario il disimpegno non ha trovato accoglimento; sarebbe, invece, importante dotare gli Stati membri a programmazione regionalizzata di una maggiore flessibilità finanziaria che, introducendo meccanismi di compensazione tra regioni, superi il problema del disimpegno a livello nazionale.
Più in generale, va segnalato che il quadro normativo per l'attuazione delle politiche di sviluppo rurale potrebbe rivelarsi più complesso di quanto non sia allo stato attuale. L'inserimento dello sviluppo rurale in un quadro programmatico più ampio potrebbe lederne l'autonomia.
Questo, in conclusione, il contenuto della proposta di riforma della PAC che, come è noto, sarà oggetto di un lungo e difficile negoziato sul cui andamento mi impegno fin d'ora a rendervi edotti.
Passando, poi, alla disamina della riforma della Politica comune della pesca (PCP) deliberata nel 2002, la Commissione nell'aprile 2009 ha presentato un Libro verde sulla situazione della pesca europea, dal quale è emerso che gli obiettivi di sostenibilità generale ambientali economici e sociali non sono stati completamente raggiunti. Sulla base del Libro verde, negli ultimi due anni è stato svolto un processo di consultazione che ha portato alla presentazione del pacchetto di riforma della PCP, sul quale il Consiglio dei ministri dell'Unione europea ha avviato il dibattito nella sessione del 19 luglio ultimo scorso.
Il pacchetto è articolato in due comunicazioni della Commissione (una sulla riforma, l'altra sulla sua dimensione esterna) e in due proposte di regolamento (una sulla PCP e l'altra sull'Organizzazione comune di mercato), e consiste in un rapporto sull'attuazione dell'attuale PCP. La presentazione della proposta per il regolamento del nuovo fondo strutturale di settore (FEAMP, Fondo europeo per gli affari marittimi e la pesca) è attesa per il 30 novembre 2011.
Gli aspetti più salienti dell'impianto di riforma proposto alla Commissione possono così essere riassunti. La Commissione prevede l'obiettivo del raggiungimento del rendimento massimo sostenibile (MSY) entro il 2015 per tutti gli stock. A tal fine, grande attenzione è posta sulla necessità di poter contare su dati scientifici - non


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solo biologici, ma anche ambientali ed eco sistemici - appropriati per l'attuazione dei piani pluriennali di gestione.
Occorre rilevare, però, che le definizioni di Maximum Sustainable Yeld (MSY) sono, così come quelle di approccio ecosistemico e principio di precauzione contenuto della bozza, molto limitate e non adatte a tutti i contesti e bacini europei. La MSY è, infatti, un concetto elaborato negli anni Cinquanta del secolo scorso per l'attività di pesca su stock isolati e la sua applicazione a contesti più complessi è ancora oggetto di dibattito scientifico. Sarebbe, quindi, necessaria - e su questo concordano diversi Stati membri anche dell'area nord dell'Europa, tra cui l'Irlanda e il Regno Unito e, in parte, anche la Polonia - una più approfondita definizione e un diverso uso dell'MSY per le differenti aree di pesca europea.
È previsto, inoltre, entro il 1o gennaio 2016, il divieto della pratica del rigetto in mare. La misura sarà introdotta progressivamente attraverso l'obbligo di sbarco di tutto il pescato con varie scadenze per le diverse specie. Anche in merito a tale misura, la posizione degli Stati membri è concorde nel ritenere che, in contesti di pesca multispecie quali quello mediterraneo, non basta il semplice divieto a limitare il fenomeno dei rigetti in mare, ma andrebbero piuttosto previsti incentivi per lo sbarco di navi che pescano specie non commerciali.
La Commissione europea individua, inoltre, nelle Concessioni individuali trasferibili (CIT) un importante strumento di gestione finalizzato, tra l'altro, alla riduzione di capacità delle flotte europee.
Secondo quanto proposto in sede europea, il regime trova applicazione solo per le imbarcazioni superiori a 12 metri, a meno che non pratichino lo strascico; in tal caso, possono beneficiare della concessione individuale tutte le imbarcazioni anche se inferiori a 12 metri.
Tali concessioni, la cui gestione dovrà poi essere disciplinata mediante disposizioni nazionali, configurano un diritto soggettivo con una durata minima di 15 anni e determinano la cessazione di ogni sostegno economico alla demolizione delle imbarcazioni.
In tal senso, dunque, le CIT rimarrebbero l'unico strumento per la riduzione di capacità delle flotte; esse presentano, tuttavia, numerose debolezze, sia sotto il profilo della certezza del valore economico, sia per i rischi di concentrazione di quote presso pochi grandi gruppi.
Allo stato attuale, non è ben delineata la volontà della Commissione in merito alla concreta gestione dello strumento delle concessioni, se debbano, ad esempio, basarsi sulla quantità di pescato, ovvero su un quantitativo di sforzo o, in alternativa, sui giorni di pesca. Vi sono, pertanto, problemi non risolti per la definizione e la gestione dello strumento.
In proposito, segnaliamo che l'Italia, insieme con Francia, Spagna, Portogallo, Belgio e Irlanda, ha presentato una dichiarazione congiunta per il mantenimento della misura di aiuto alla demolizione del prossimo fondo strutturale di settore.
Riguardo alla dimensione internazionale, la Commissione sottolinea gli aspetti di compliance rispetto alle regole e controllo, così come l'attenzione ai temi della sovracapacità della pesca illegale non regolata e non segnalata (IUU). La proposta per l'organizzazione di mercato prevede un maggiore ruolo per le organizzazioni di produttori e misure di tracciabilità e di etichettatura, anche se principalmente su base volontaria.
L'attuale regime di accesso alle acque inoltre è mantenuto in vigore fino al 2022, ma è prevista una riforma del settore dell'acquacoltura basata sulla introduzione di singoli piani nazionali. Il pacchetto, però, risulta privo di misure in materia di regionalizzazione o decentramento e non prende in considerazione il ruolo della piccola pesca artigianale o costiera.
Sotto il profilo formale, inoltre, le proposte non sono del tutto immediatamente applicabili e richiedono ulteriori interventi normativi. Gli strumenti da utilizzare al fine possono essere molteplici: ulteriori


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regolamenti di pari forza giuridica, regolamenti approvati attraverso le procedure di comitato, delega piena alla Commissione.
A partire dal mese di gennaio 2012, potendo contare sull'esame parallelo delle misure finanziarie previste dal Regolamento del fondo strutturale, si procederà, quindi, ad un secondo esame finalizzato al raggiungimento di un accordo in sede di Consiglio, auspicabilmente entro la fine del semestre di presidenza danese (1 gennaio-30 giugno 2012).
Complessivamente, pur condividendo gli obiettivi di sostenibilità e salvaguardia della risorsa, permangono forti elementi di perplessità in ordine alla aderenza delle soluzioni e proposte alla realtà del Mediterraneo.
Gli elementi di maggior novità della riforma, infatti, oltre alle perplessità precedentemente espresse, in linea generale sembrano più aderenti alla realtà della pesca monospecie praticata nell'Atlantico che alla pesca multispecie del Mediterraneo.
Al momento si riscontra, comunque, un atteggiamento generalmente critico da parte della maggioranza degli Stati membri nei confronti dei contenuti principali della proposta che lascerebbe ben sperare nella possibilità di un positivo confronto in sede europea per il superamento delle problematiche emergenti nell'esame della politica comune della pesca.
In conclusione, vorrei aggiungere, poiché la scorsa settimana ho partecipato al Consiglio dei ministri, sede nella quale è stata presentata la proposta PAC del Commissario, che le valutazioni critiche che ho espresso in questa sede, ma anche in quella sede, non sono affatto isolate. Quella proposta scontenta tutti, poiché rappresenta un modello di agricoltura che soprattutto i Paesi che hanno partecipato fino ad oggi alla PAC non gradiscono; essa, infatti, si rifà a un modello di agricoltura che è in controtendenza anche in ordine alle ultime vicende relative alla volatilità dei prezzi, in ordine alle ultime vicende relative alla deficienza del prodotto agricolo come elemento di sostegno e di nutrizione della popolazione mondiale.
Questa è una PAC che premia, ovviamente, soltanto la superficie, ma dà un'indicazione ben precisa verso il latifondo, verso coloro i quali hanno tanto terreno e poca attività produttiva. Non aver previsto chiave di riparto o prodotto lordo vendibile significa consentire alle grandi proprietà terriere di potere anche lasciare il pascolo e realizzare quella quota aggiuntiva di cosiddetto greening, e significa, invece, far chiudere quelle aziende agricole medie e piccole che, se dovessero realmente applicare questo principio del 30 per cento, così come per le colture che non sono più a rotazione durante gli anni ma a rotazione nello stesso anno (la multicoltura), veramente non potrebbero fare più economie di scala e si consegnerebbero al fallimento o alla chiusura stessa.
Queste critiche sono venute da Paesi come il Belgio e l'Olanda, anche in ordine alla quotazione della superficie. Noi avevamo avuto un impegno anche abbastanza formale da parte del Commissario sulla ridefinizione della superficie, impegno che non è stato mantenuto a causa - a suo dire - di una ridefinizione dei conteggi che avrebbe portato una premialità a Paesi come la Spagna e nessun vantaggio a Paesi come il nostro.
Tuttavia, al di là di queste valutazioni, ripeto, assai critiche, io ho sottolineato in quella sede come, sulla linea che noi stavamo interpretando ed esponendo, ci trovavamo insieme non soltanto ad alcuni Paesi partner ma anche alla maggioranza della Commissione agricoltura del Parlamento europeo. Evidenziai che, dopo il Trattato di Lisbona, è il Parlamento europeo insieme al Consiglio dei Ministri ad essere il proponente e poi il decisore sulle scelte da compiere in ordine alla Politica agricola comune e che il Commissario non ha che il compito di elaborare le proposte. Al contrario, questa proposta è stata elaborata esattamente disattendendo non soltanto la proposta del Parlamento, ma


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anche quella dei Paesi membri che si sono così espressi in sede di Consiglio dei Ministri.
Altro impegno che era stato preso da parte del Commissario, e che è stato disatteso, è quello in ordine al secondo pilastro, cioè al cosiddetto disimpegno automatico. Noi abbiamo chiesto che ci fosse una garanzia certa sul disimpegno per consentire anche un allineamento ai parametri che ci vengono dati nel momento in cui dobbiamo rispettare il Patto di stabilità che, invece, difformemente viene utilizzato nel momento in cui si tratta della redistribuzione delle risorse.
Abbiamo espresso, dunque, un no deciso e chiaro a questa proposta. Stiamo incontrando le organizzazioni professionali; il giorno 18 sarà a Roma Dacian Ciolos e allo stesso manifesteremo tutta la nostra disapprovazione. Stiamo seguendo, quindi, la linea del negoziato in maniera contrapposta. Mi conforta il fatto che non ci sia stata una sola voce di plauso in quel Consiglio dei Ministri; nessun Paese che era presente a quel tavolo ha manifestato giubilo per questa proposta che, ripeto, non dà un'anima al modello agricolo che, invece, noi vogliamo realizzare, non soltanto nel nostro Paese, ma anche in Europa.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei chiedere di utilizzare tutto il tempo che abbiamo a disposizione per consentire ai colleghi di esporre i loro interventi. L'Assemblea non dovrebbe iniziare prima delle 16.30 da quello che comprendo, quindi potremmo utilizzare il massimo del tempo, così come abbiamo fatto anche altre volte, se il presidente è d'accordo.

PRESIDENTE. No, non sono d'accordo. Vorrei rendere compatibili le due esigenze: quella di consentire ai colleghi parlamentari di esporre le legittime considerazioni sulla relazione, ma anche di avere dieci minuti di coda di replica, altrimenti rischia di essere, di volta in volta, un soliloquio di una delle due parti.
Poiché sono le 15,10, abbiamo quaranta minuti abbondanti per consentire di parlare a un rappresentante per gruppo - per garantire che tutti i gruppi possano intervenire - e, in via eccezionale, qualche ulteriore intervento dei Gruppi maggiori. Non mi pare né una sottrazione di potestà né mi pare una sottrazione di responsabilità; però dobbiamo anche consentire di avere un'efficacia dei lavori, altrimenti il rischio è che diventiamo parlamento.

MARIO PEPE (PD). Il problema è che non parliamo più! Qui si viene a limitare...

PRESIDENTE. La Commissione non solo ha sempre limitato, ma può limitare. Vorrei evitare di essere parlamento.

CORRADO CALLEGARI. Presidente, se perdiamo tempo su tali questioni...

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Noi abbiamo impegni di Assemblea a partire alle ore 16, ma non iniziamo subito a votare.

PRESIDENTE. Intanto avviamo il giro di interventi, vediamo dove arriviamo. Altrimenti, come dice il collega Callegari, poniamo la questione nel metodo e ci dimentichiamo del merito.

MASSIMO FIORIO. Signor presidente, spetta anche a lei regolare i tempi degli interventi, in modo da allargare il più possibile la partecipazione dei commissari.

PRESIDENTE. Questo è un invito che accolgo con piacere.
Do la parola ai colleghi deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Signor presidente, ho colto nella relazione del Ministro alcune parole che ricorrono spesso e sono gli aggettivi che qualificano sia la relazione di Ciolos, sia anche l'attività del Governo, del Ministero: deludente, insoddisfacente, peggiorativa. Noi potremmo dare questi attributi direttamente anche al Governo che non è riuscito


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a portare avanti la tesi del Parlamento italiano e anche la posizione dell'Italia.
Del resto, anche da quello che si vede dalle agenzie, anche sulla legge di stabilità e sul decreto sviluppo non ci sono particolari elementi che ci facciano gioire ulteriormente.
La PAC fa registrare, così come dice il Ministro, un significativo ridimensionamento delle risorse: da 57,4 miliardi di euro del 2013 a 50,2 miliardi di euro del 2020, ovvero meno 12,6 per cento. Gli altri dati sono palliativi: 2,2 miliardi di euro in più per altre misure che mitigano, però non fanno altro che far registrare il fatto che la riduzione complessiva della spesa è del 12 per cento. Rispetto agli anni precedenti, insomma, 5 punti in meno, dal 40 al 35 per cento.
Questo è il risultato delle tre linee politiche distinte, contraddittorie e non coordinate portate avanti da lei, signor Ministro, dal Ministro Tremonti, dal Ministro Fitto, e i primi a farne le spese rischiano di essere gli agricoltori italiani e in particolare i giovani che intendono avviare l'attività.
D'altra parte, l'Italia in maniera improvvida ha sposato la linea rigorista opponendosi ad un adeguato aumento del bilancio comunitario ed ora i frutti arrivano, i nodi arrivano sempre al pettine e non si fanno mai attendere. Si riduce anche la PAC italiana.
Il Governo si è limitato soltanto a lanciare qualche lagnanza, qualche lamento per modifiche sostenute da Paesi rigoristi come la Francia, la Germania e la Svezia. Insomma, a Bruxelles siamo stati veramente messi in un angolino.
Signor Ministro, lo abbiamo fatto altre volte senza alcun successo. Oggi le chiediamo: ma qual è la nostra proposta politica? E con quali alleati intendiamo realizzarla? L'Italia, per la prima volta, pare stretta tra vecchi Stati membri rigoristi e nuovi Stati con aspettative e ambizioni troppo elevate e nostri concorrenti. Rischiamo di rimanere stritolati dalla mancanza di autorevolezza del Governo (e gli sberleffi di Sarkozy e della Merkel la dicono lunga): gli agricoltori italiani ne saranno le prime vittime.
Il negoziato della PAC avrebbe necessitato di una decisione politica che non poteva e doveva essere demandata solo ai pur bravi funzionari che ringraziamo. Così come lei ha candidamente ammesso nel corso dell'ultima audizione, era un negoziato rimasto soltanto in mano loro.
Il processo di convergenza dei pagamenti diretti, ovvero quel meccanismo che sottrae risorse a Paesi con elevati pagamenti diretti ad ettaro come l'Italia, a favore di Paesi con bassi pagamenti diretti ad ettaro ci penalizza fortemente. Con la convergenza, l'Italia perde il 6 per cento delle risorse, circa 240 milioni di euro l'anno. L'Italia è il Paese più penalizzato dalla convergenza, più della Germania e più anche della Francia. Il saldo dell'Italia oggi è particolarmente negativo e in questo settennio continuerà a peggiorare.
Si parla, poi, anche di greening; il testo presentato in Commissione prevede il 30 per cento, ma questo testo è una scelta che potrebbe apparire discutibile in un momento in cui le priorità sono l'occupazione e la produzione di cibo sano.
Queste proposte prevedono che i pascoli siano greening, ma non gli uliveti, non gli agrumeti e non i frutteti. Si tratta, quindi, di un greening che va bene per l'agricoltura irlandese francese e tedesca. E l'Italia? Un uliveto italiano non è più verde di un pascolo irlandese?
Signor Ministro, qual è stato il ruolo del nostro Governo su questo tema? A me sembra veramente un negoziato fallimentare.
La regionalizzazione, che è un altro punto rilevante dei pagamenti diretti, che significa l'azzeramento dei titoli storici e la loro sostituzione con titoli omogenei - circa 260 a ettaro - crea ulteriori svantaggi. Ciò significa lo stravolgimento dei pagamenti diretti in aiuto. Ad esempio, che gli aiuti agli olivicoltori passeranno da una media di 800 euro a circa 260 euro; per gli allevatori, si andrà da una media di 900 euro a 260 euro; ancora peggio per gli agricoltori e i tabacchicoltori.


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Mi rendo conto che non possiamo immaginare di evitare la regionalizzazione, ma come si gestisce il passaggio dall'attuale regime di pagamenti diretti al nuovo regime, senza compromettere la vitalità di tante imprese agricole?
Signor Ministro, in attesa di uno studio di impatto e di una proposta, che ancora manca, non ci resta che ascoltare un fastidiosissimo e assordante silenzio.
Così anche per il giovane agricoltore, per incentivare l'occupazione e incoraggiare le giovani generazioni a dedicarsi all'attività agricola, la proposta della Commissione prevede un'agevolazione per i primi cinque anni, diceva lei. Ma quale politica il Governo può vantare di aver messo in campo in merito al necessario ricambio generazionale di cui tanto si è parlato fin dai tempi del Ministro Zaia, facendo intravedere la terra promessa che non è stata mai raggiunta?
Sul regime differenziato, poi, si è verificata la stessa situazione, signor Ministro.
Insomma, va bene che ci siano dei comparti favoriti, ma gli altri settori di che morte dovranno morire?
Le proposte della Commissione, afferma il Ministro, appaiono complessivamente insoddisfacenti; condividiamo il suo giudizio. Ma lei, signor Ministro, non è mica un passante magari irresponsabile. La politica deve fare ben altro: deve favorire almeno le condizioni migliori per difendere la nostra agricoltura e l'assenza di adeguate novità per quanto riguarda le misure di mercato rappresenta un limite evidente, soprattutto nella fase attuale. Occorrono strumenti di tutela dei produttori di fronte alla sempre maggiore volatilità dei mercati.
Per il Ministro gli orientamenti della Commissione appaiono deludenti, per quanto riguarda gli strumenti di gestione dei mercati, ma non basta affermarlo; occorre promuovere una battaglia di civiltà. Prima di scendere in guerra, tuttavia, è necessario individuare le alleanze e le prospettive. Una politica comunitaria basata su misure poco flessibili, diceva lei, non è più in grado di gestire situazioni di estrema volatilità dei prezzi e della domanda.
Per quanto riguarda i piani di sviluppo, questo è un tema che deve essere affrontato con particolare attenzione almeno su tre aspetti: l'assegnazione delle risorse, la nuova definizione delle zone svantaggiate, e il nuovo sistema di programmazione, gestione e monitoraggio. Inoltre, la proposta italiana di prevedere la compensazione finanziaria tra i programmi già avviati e quelli per i quali si rende necessario il disimpegno non ha trovato accoglimento, diceva il signor Ministro. Eppure, questa maggioranza voleva risolvere la questione attraverso una leggina che non avrebbe potuto mai trovare applicazione.
Signor Ministro, a parte le accuse di cialtroneria rivolte dal suo collega Tremonti, in un'epoca ormai giurassica, agli amministratori del Mezzogiorno, le chiediamo come intende lavorare in Unione europea per superare il problema del disimpegno automatico delle risorse e per dotare gli Stati membri a programmazione regionalizzata come l'Italia di una maggiore flessibilità finanziaria.
Noi, signor presidente, esprimiamo la nostra profonda preoccupazione per l'assenza politica del Governo italiano in questo negoziato, per le sue contraddizioni e per le sue incoerenze. La mozione che abbiamo presentato e approvato alla Camera dei deputati su iniziativa del PD ha conferito al Governo un forte mandato politico che, se fosse stato esercitato, avrebbe dato più forza all'Italia in Europa. Tuttavia, spiace constatare che il Governo - e in particolare lei, signor Ministro - affronti un tema di così grande importanza politica ignorando gli indirizzi politici del Parlamento, in maniera distratta, rinunciataria e burocratica.
Il partito democratico conferma la sua volontà di difendere l'agricoltura italiana, di valorizzare il lavoro degli operatori, di sostenere i redditi degli agricoltori, di tutelare i prodotti del made in Italy, dando la massima disponibilità a promuovere un lavoro comune, per sostenere il modello


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agricolo italiano e per mettere in campo un'azione politica forte e coraggiosa, in Italia e in Unione europea.
Anche per questo abbiamo promosso un'iniziativa che si terrà il prossimo 28 ottobre a Cremona, con la partecipazione dell'eurodeputato Louis Capo la Santo, relatore della riforma della PAC del Parlamento europeo, e dell'onorevole Paolo De Castro, Presidente della Commissione agricoltura del Parlamento europeo.
Per concludere, signor presidente, vorrei concludere con un contributo che non riguarda la PAC, ma un interesse più generale che noi abbiamo verso l'agricoltura e verso il Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali. Vorrei leggere un passo della Genesi, il capitolo decimo, che è interessante per tutti noi. Per noi che veniamo dal mondo cattolico - mi scuso con chi non ne fa parte - credo che sia indicativa.
«Mosè stese il bastone sul Paese di Egitto e il Signore diresse sul Paese un vento d'Oriente per tutto quel giorno e tutta la notte. Quando fu mattina il vento di Oriente aveva portato le cavallette. Le cavallette assalirono tutto il Paese d'Egitto e vennero a posarsi in tutto il territorio. Fu una cosa molto grave, tante non ve ne erano mai state prima, né vi furono in seguito. Esse coprirono tutto il Paese così che il Paese ne fu oscurato, divorarono ogni erba della terra e ogni frutto d'albero che la grandine aveva risparmiato. Nulla di verde rimase sugli alberi e delle erbe dei campi».
Vi ringrazio e propongo a ognuno una lettura di quello che ho voluto significare.

PRESIDENTE. Delle due l'una, però: o decidiamo di parlare tutti poco o decidiamo di parlare tanto, ma parleranno meno colleghi. Non è uso di questa Presidenza togliere la parola, però vi prego davvero di aiutarmi, altrimenti è inutile qualunque percorso organizzativo.
Mi dispiace tanto aver espresso questa raccomandazione ora che deve intervenire la collega Di Giuseppe, perché è sempre così rispettosa e garbata.

ANITA DI GIUSEPPE. Rispetto le regole, da buona insegnante. Ho preso alcuni appunti e cercherò di essere breve; reminiscenze scolastiche.
Signor Ministro, la sua è stata chiaramente una relazione su come si presenterà la PAC dal 2014 al 2020 e ci sono delle considerazioni. La spesa annua complessiva passerà a fino al 2020 da 57 miliardi di euro a 50 miliardi di euro; la politica europea non è più in grado di contrastare la volatilità dei prezzi e della domanda; il quadro normativo per l'attuazione delle politiche di sviluppo rurale potrebbe rivelarsi molto più complesso; l'inserimento dello sviluppo rurale in un quadro programmatico più ampio potrebbe ledere l'autonomia.
Tutti gli Stati membri sono scontenti. Ma sono gli Stati membri poi a stabilire o ad accettare la stessa politica. Tuttavia, non possiamo dire «mal comune mezzo gaudio», assolutamente. Che gli Stati membri siano tutti scontenti non significa che, siccome sono stati penalizzati anche loro, noi possiamo consolarci. Questo non lo possiamo fare, perché l'agricoltura italiana ha dei problemi gravi e quindi soprattutto dobbiamo guardare in casa nostra. Ma come la metteremo, Ministro?
Le proposte per la PAC vedono il bilancio agricolo diminuire del 12,6 per cento dal 2013 al 2020; questo per tutta l'Unione europea. Tuttavia, occorre precisare che l'Italia con la convergenza perde il 6 per cento delle risorse, quindi è Paese più penalizzato.
Signor Ministro, lei ha espresso la sua opinione? La politica delle considerazioni non basta, perché gli agricoltori italiani non ne possono più: di promesse ne sono state fatte tante, ma di soluzioni ai problemi dell'agricoltura italiana, poi, in realtà, non ce ne sono state in questi tre anni e mezzo.
Fra i vari pagamenti c'è quello di base - lei lo ha descritto - l'ecologico o greening, quello per le aree svantaggiate, per i giovani agricoltori, per le microimprese, il pagamento accoppiato per i settori strategici. Vorrei esprimere, però, questa mia considerazione: per quanto riguarda il


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pagamento ecologico, sono state considerate pratiche ecologiche i terreni a riposo e i terrazzamenti; ma lei, Ministro, ha pensato anche alle nostre pratiche ecologiche?
Pensiamo agli agrumeti caratteristici. C'è una proposta di legge in questa Commissione - peraltro condivisa - che giace da tempo; forse quello degli agrumeti poteva essere inserito nel settore relativo proprio al greening, all'ecologico, ma questo non è stato fatto.
Ministro, qui mancano le proposte vere, le proposte concrete dell'agricoltura italiana e ci chiediamo come vivranno le imprese agricole italiane con questo stravolgimento dei pagamenti diretti agli agricoltori.
Quali misure, adesso, Ministro, lei dovrà adottare? Misure che siano veramente concrete, che siano proprio a sostegno dell'agricoltura italiana, visto che questa politica agraria comunitaria ha penalizzato fortemente l'Italia. Quale piano il vostro Ministero metterà in atto, anche per contenere un po' questa politica europea che non è a vantaggio dell'agricoltura italiana? Qui non si può rimanere a guardare, Ministro. Lei soprattutto non può rimanere a guardare, ed è anche ora che ci dica, appunto, quale piano programmatico per il rilancio dell'agricoltura italiana lei vuole mettere in atto.

CORRADO CALLEGARI. Signor presidente, ringrazio il signor Ministro per l'audizione e per essere qui con noi. Sarò breve, come è mia consuetudine, e mi concentrerò su quattro domande: due le avevo già poste nel corso della precedente audizione, però di fatto su una non avevo avuto risposta, mentre sull'altra sono cambiati i termini.
La prima riguarda la figura dell'agricoltore attivo: poiché è cambiata la versione rispetto all'ultima che avevamo, vorrei capire come ci posizioniamo di fronte a questa individuazione della figura dell'agricoltore attivo con i parametri che prevede la PAC.
Un'altra domanda riguarda la regionalizzazione: noi sappiamo che la regionalizzazione porterà il passaggio da un modello storico a un modello uniforme di regolamento dei contributi e questo mi fa venire in mente un po' il passaggio che noi vivremo in futuro tra la spesa storica e i costi standard. Ebbene, vorrei capire, di fronte alla regionalizzazione, innanzitutto se si intende assegnare il massimale nazionale su base regionale e, quindi, applicare per intero l'articolo 20 della proposta di regolamento; in secondo luogo, vorrei capire, come Paese, come siamo intenzionati a considerare la suddivisione del territorio, se in regioni amministrative o in regioni e aree omogenee.
Inoltre, le chiedo se si intende applicare l'articolo 22 della proposta di regolamento nella parte in cui si consente la possibilità di limitare il calcolo del valore unitario dei diritti all'aiuto ad un importo di almeno il 40 per cento, come sarebbe previsto nel periodo transitorio, che mi pare sia previsto tra il 2014 e il 2019. Mi interessa capire, quindi, come ci posizioniamo rispetto all'articolo 20 e all'articolo 22.
Per quanto riguarda il greening - ne hanno già parlato altri colleghi ed io stesso avevo sollevato la questione nell'audizione precedente - la mia preoccupazione è che questo possa diventare, al di là dei princìpi validi a cui si ispira, un costo enorme per il nostro mondo agricolo (con certificazioni, con enti che vengono a stabilire cosa è ammesso e cosa non lo è, e altro), soprattutto per la proporzione del trasferimento che è prevista nella misura del 30 per cento per tutti gli aiuti.
L'ultima domanda riguarda l'articolo 14, che prevede la flessibilità con riferimento ai pilastri. A questo proposito, visto che tale articolo prevede una parte volontaria, vorrei sapere se il nostro Governo è intenzionato a utilizzare questo strumento per trasferire il 10 per cento - oppure anche una percentuale inferiore - dal primo pilastro al secondo.
Se posso, verrei anche al tema della pesca, di cui sono relatore in questa Commissione. La preoccupazione che noi abbiamo sul pacchetto della pesca, in relazione alla struttura del nostro Paese che non è sicuramente quella atlantica ma è


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mediterranea, riguarda due argomenti importanti: quello delle concessioni individuali trasferibili e quella dei rigetti.
Per quanto riguarda il discorso delle concessioni trasferibili, per noi sarebbe importante capire come siamo intenzionati a muoverci sulla scorta delle indicazioni contenute nel pacchetto della pesca, perché, ovviamente, abbiamo visto che già altre volte in agricoltura abbiamo applicato il principio delle quote e queste sono miseramente fallite, soprattutto a causa della peculiarità del nostro territorio. Mi interesserebbe, dunque, sapere come il nostro Governo si posiziona di fronte a questo argomento.
L'altro argomento spinoso è, ovviamente, quello dei rigetti, perché la maggior parte delle nostre imbarcazioni non sono strutturate per questo tipo di prospettive che dà l'Unione europea sul pacchetto. Pertanto, anche in questo caso, vorrei capire come ci posizioniamo nei prossimi mesi di fronte a questa situazione.
Infine, suggerirei la massima attenzione sugli atti delegati che l'Unione europea, grazie anche al Trattato di Lisbona, cerca di utilizzare per andare al di sopra delle nostre leggi nazionali.

TERESIO DELFINO. Signor Ministro, noi condividiamo la valutazione di insoddisfazione che lei dà nella sua relazione per quanto riguarda la proposta. Abbiamo perso delle battaglie, abbiamo sentito organizzazioni professionali diverse che, tra l'altro, hanno fatto emergere - stante comunque la continuità del Governo in questa legislatura - una scarsa e insufficiente presenza del Governo in sede europea. Tuttavia, capisco che c'era altro da fare, e che vi erano altri interessi da tutelare.
Adesso lei non può certamente portare responsabilità e colpe che erano di altri, anche perché per un tratto di strada eravamo insieme all'opposizione, quindi sentivamo il collega Ruvolo esprimere certe considerazioni in questa sede. Vorrei, quindi, porre solo tre o quattro domande. Noi abbiamo perso la battaglia del budget; non solo noi, l'hanno persa tutti i Paesi agricoli. Abbiamo perso la battaglia per quanto riguarda la distribuzione delle risorse finanziarie ancorata all'ettaraggio piuttosto che ad altri parametri; abbiamo mancato sostanzialmente un elenco vero di priorità per tutelare, nella fase preliminare e costituente della proposta, gli elementi forti a tutela del nostro essere agricoltura di qualità. Queste sono le battaglie che abbiamo perso.
Ebbene, adesso, come diceva per la verità il collega della Lega, noi dobbiamo vedere cosa realisticamente possiamo fare inserendoci in questo tessuto. Sicuramente, sono d'accordo sul fatto che la prima questione è chiarire la figura del produttore agricolo, dell'imprenditore agricolo; una figura che non può essere da noi accolta così come è stata formulata. Questo è un tema che noi poniamo assieme ad altri e siamo lieti di poter convergere.
Allo stesso modo, vorremmo capire, rispetto agli aiuti, qual è il minimo aiuto che viene garantito rispetto alla proposta. Vorremmo capire cosa sosteniamo noi e qual è il tetto che viene assicurato, quale modulazione, quale spazio ci sarà rispetto a quest'altra importante questione. Se noi, infatti, vogliamo tutelare l'agricoltore attivo, giustamente non possiamo dare risorse a chi esercita l'agricoltura per hobby ed ha altri redditi significativi.
Queste sono due questioni, dunque, che noi poniamo con forza. L'altro punto su cui ci preme insistere assolutamente è la questione - anche lei, per la verità, vi accennava - del secondo pilastro. A questo proposito, vogliamo capire come riusciamo a intervenire per l'attuazione delle politiche rispetto a questo tema, perché riteniamo che la proposta, così come è prevista, richieda una diversa articolazione e una maggiore attenzione alla nostra agricoltura. Poiché questa è basata sulla qualità, riteniamo che su questo debba essere posta una forte attenzione. Inoltre, vorrei segnalare un'altra questione che pure è stata già richiamata, ovvero quella delle risorse per il cosiddetto greening. Anche qui, dalla lettura e dalle informazioni che abbiamo, lo Stato italiano diventerebbe


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il maggiore contributore della misura. Pertanto, in sede di definizione dell'utilizzo di queste risorse, noi sosteniamo la necessità che ci sia una più ampia possibilità di inserire tutte le specificità della nostra realtà rurale e di non subire soltanto l'iniziativa di altri Paesi che si assicurano l'inserimento di prati, pascoli eccetera, mentre noi, per quanto riguarda gli uliveti, e altre caratteristiche agricole e ambientali di grande valore, risulteremmo esclusi.
Concludo, presidente, annunciando che noi ovviamente, nel confronto che avremo, intendiamo condurre un'analisi molto più dettagliata di quanto ho detto adesso, però vorremmo capire - per poter avere un confronto chiaro col Ministro - quali sono le scelte e le priorità che d'ora in avanti il Ministro porrà in Europa; evidentemente, infatti, potremmo convergere su alcune indicazioni e potremmo, invece, chiedere un ampliamento o una diversa articolazione di queste priorità.

VIVIANA BECCALOSSI. Signor presidente, vista l'ora e vista la richiesta di brevità, preciso che molti dagli interventi che mi hanno preceduta - compreso quello pastorale - mi vedono assolutamente concorde. Credo che, al di là degli scherzi, se su alcune questioni ci possiamo dividere - non ultimo il tema delle quote latte - e non necessariamente tra maggioranza e opposizione, la riforma della PAC, invece, debba vederci tutti insieme protagonisti di una battaglia che deve avere come obiettivo quello di riuscire ad ottenere una riforma che sia il più possibile vicino alle esigenze degli agricoltori italiani che noi sappiamo avere esigenze spesso assai diverse rispetto a quelle dei colleghi tedeschi o francesi. Di conseguenza, certamente il ruolo, ma soprattutto la funzione del Ministro italiano, chiunque esso sia, è assai difficile.
In più, se aggiungiamo che negli ultimi quattro anni - anzi tre anni e mezzo - tre sono stati i ministri dell'agricoltura che si sono susseguiti, al netto del fatto che anche le ultime vicende europee dimostrano come è più facile che si mettano d'accordo Francia e Germania rispetto agli Stati del Mediterraneo, sono fortemente preoccupata per il futuro della PAC rispetto alle esigenze del nostro mondo agricolo. Lo dico con estrema franchezza.
Dobbiamo cercare di raccogliere più istanze possibili dal mondo agricolo, e lo si deve fare non tanto in Commissione Agricoltura della Camera o del Senato, quanto ascoltando le organizzazioni professionali agricole e, a mio avviso, soprattutto il sistema regionale al quale ormai da tempo l'agricoltura è affidata in termini politico-istituzionali e soprattutto di programmazione delle risorse, se è vero come è vero, per esempio, che i piani di sviluppo rurale ormai sono scritti dalle regioni e addirittura portati dalle singole regioni in Europa. Ritengo, dunque, che il primo soggetto politico istituzionale al quale il Ministro si deve rapportare sia assolutamente il sistema regionale.
Preciso che dalle anticipazioni che ci ha portato il Ministro nella relazione preparata per oggi emerge che molte sono le perplessità. Gli ultimi piani di sviluppo rurale, che sono lo strumento regionale di gestione della PAC, ha visto le regioni, chi più e chi meno - forse più al nord che al sud ma comunque tutte - cercare di ottenere lo stesso obiettivo, ovvero semplificare la vita degli agricoltori, rendendo meno oneroso per le aziende agricole il diritto di accedere a determinati finanziamenti.
Dalla relazione che oggi ci ha presentato il Ministro, invece, mi sembra di capire che non ci siano grandi novità nell'ultima proposta della Commissione e trovo che questo sia assolutamente preoccupante, dal momento che tutto viaggia con una velocità pazzesca, moltissimi possono essere i mutamenti che non possiamo prevedere e la PAC rimane ferma. Pochi sono gli strumenti per poter tutelare il mondo agricolo in caso di profonde crisi - e ci saranno di sicuro - o di cambiamenti. Cito un esempio: l'aglio e il pomodoro, per come sono stati importati dalla Cina negli ultimi anni, hanno raggiunto percentuali a doppia cifra più vicine al 100 per cento che al 50 per cento.


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FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Si tratta di estratto di pomodoro.

VIVIANA BECCALOSSI. Peggio ancora! E non avremo nessuna forma di garanzia e di tutela del mondo agricolo.
D'altro canto, se non ci sono grandi novità che ci consentano di mettere in campo strumenti per poter aiutare gli agricoltori in caso di questo tipo di eventi, è altrettanto vero che la vita si complicherà per il mondo agricolo, perché nella relazione il signor Ministro ci spiega che le misure saranno sempre più rigide e, di fatto, per un agricoltore sarà sempre più complicato accedere ad un finanziamento.
Questa situazione mi preoccupa molto e credo che non ci siano grandi ricette, se non - molto umilmente mi permetto di suggerirlo, anche se magari il Ministro lo ha già fatto - quella di potersi confrontare in maniera forte col sistema regionale. La Conferenza Stato Regioni agricola è sempre stato uno strumento che ha funzionato bene; in secondo luogo, possibilmente, l'essere accompagnato da più ministri a Bruxelles.
C'è una sostanziale differenza che ha reso sempre debole l'Italia in Europa: quando si trattava di giocare partite importanti in Europa, noi, nella migliore delle ipotesi, mandavamo il sottosegretario all'agricoltura pro tempore o, a volte - non me ne voglia nessuno - qualche grigio funzionario che cercava di fare bene il suo lavoro, ma ovviamente non aveva l'autorevolezza che invece altri Stati avevano, perché mandavano a trattare il Presidente del Consiglio o comunque la massima autorità politica del Paese. Questo spiega perché nel sistema tecnico burocratico europeo l'Italia ha più autisti e funzionari di ultima fascia, ma ha - credo che il Ministro abbia già avuto modo di rendersene conto - pochissimi funzionari di altissima fascia. Questi ultimi, però, sono quelli che fanno la differenza, perché sono coloro che scrivono poi i regolamenti, quei regolamenti che sembra che abbiano come contenuto misure di carattere igienico-sanitario, ma che di fatto vanno ad agevolare l'agricoltura dell'Olanda, della Svezia, della Germania o dell'Austria (al di là di chi fa parte o no dall'Europa) ma certamente non l'agricoltura che si affaccia sul Mediterraneo, come l'agricoltura italiana.
Anche su questo aspetto, dunque, esprimo il consiglio, laddove è possibile, che il Ministro possa essere accompagnato possibilmente da più ministri e dal Presidente del Consiglio, chiunque esso sia; e non si legga una sfumatura polemica in questo. Veramente l'Italia, a mio avviso, ha perso di autorevolezza nel caso di più ministri italiani. Ricordo che l'allora Commissario Fischler prendeva in giro l'allora Ministro Alemanno che si era seduto nel suo ufficio promettendo regole certe sulla questione delle quote latte; ebbene, l'allora Commissario Fischler, scherzando, disse che Alemanno era il quarto Ministro che sedeva su quel divanetto e gli faceva quella promessa che poi puntualmente non veniva mantenuta.
Mi auguro che su questa riforma della PAC si riesca a prescindere da tutto, a fare squadra come Paese e come sistema Italia, per portare avanti queste battaglie.
Vedete, non si tratta di un provvedimento che durerà sei mesi o un anno; si tratta di un provvedimento che riguarda i prossimi anni dei nostri agricoltori che già oggi vedono riconoscere al prodotto della loro azienda un prezzo - qualunque prodotto realizzino, dal latte ai cereali, dalla frutta alla verdura - sempre inferiore rispetto a quello di qualche anno fa, a fronte di costi all'azienda sempre superiori, perché sono aumentate le materie prime e perché si chiede loro non solo di fare gli agricoltori, ma anche - come qualcuno li definiva - i cesellatori di zolle, si chiede loro di curare il paesaggio, si chiede loro di tutelare l'ambiente, si chiede loro di concorrere alla sicurezza alimentare, ma poi non viene loro riconosciuto niente dal punto di vista economico.
Credo, dunque, davvero che lei abbia davanti una missione difficile e che su questa partita si debba giocare tutti insieme per una volta, senza sbeffeggiare il


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Presidente del Consiglio o il Ministro di turno che va a rappresentare l'Italia, ma riuscendo finalmente a trovare una sintesi per lavorare tutti insieme.

ANGELO ZUCCHI. Signor presidente, cercherò di essere brevissimo e la ringrazio per avermi concesso l'eccezione e per avermi garantito questa opportunità.
Ministro, ho letto e ho ascoltato con grande attenzione la sua relazione. Noi tutti sappiamo un po' come si è evoluta la situazione in ambito europeo; non possiamo solo sostenere che Ciolos abbia avanzato questa proposta senza ascoltare nessuno, perché questo non mi pare stia nella realtà delle cose. È evidente che Ciolos ha avanzato e ha costruito la sua proposta anche cercando di intercettare e di interloquire con alcune parti dei mondi europei. Forse noi non siamo stati parte di quel mondo, questo possiamo dirlo, ma certo non possiamo pensare che la proposta avanzata da Ciolos sia solo figlia del suo pensiero.
Tuttavia, detto questo, noi sappiamo che quella proposta non è accettabile per il nostro Paese per tutte le ragioni che sono state qui ricordate dai colleghi e che lei per primo ha ricordato nella sua relazione. Quello che però, adesso che abbiamo questo stato dell'arte, adesso che ci accingiamo ad avere - come lei ha detto - un anno di negoziati nel tentativo di recuperare le questioni più delicate e anche più negative, io vorrei sapere è: quali sono gli obiettivi su cui intende spendersi il nostro Paese?
Naturalmente, penso che il nostro Paese abbia degli obiettivi, che questi obiettivi realistici stiano dentro una strategia, stiano dentro una visione dell'agricoltura del futuro in questo Paese; sono convinto che li abbiamo, ma resta il fatto che non li ho ascoltati.
È evidente che non può essere più una questione di risorse, perché nel momento in cui l'Italia chiede all'Europa di non aumentare di un euro il bilancio europeo, investendo poco anche sulla politica europea complessivamente, poi non può essere il Paese che chiede di salvaguardare le risorse dentro il bilancio in ambito agricolo; questo mi sembra abbastanza evidente. Quindi non è più questione di risorse.
Noi dovremmo fare i conti con i tagli che ci saranno e possiamo anche affrontare questo tema se abbiamo un'idea vera di rilancio e di riforma dell'agricoltura di questo Paese.
È stato ricordato da qualcuno; uno dei passaggi secondo me più significativi sarà come superiamo i pagamenti che fin qui sono stati distribuiti agli agricoltori avendo come riferimento un certo periodo storico? Abbiamo idea che la regionalizzazione, che altri Paesi hanno affrontato prima di noi, rischia di creare un conflitto dentro un settore economico come quello italiano che probabilmente genererà tensioni fra nord e sud del Paese, e fra i diversi settori produttivi?
Abbiamo idea, magari, di condurre una battaglia in ambito europeo su che cosa intendiamo essere agricoltore attivo? Su questo c'è molto discrimine, perché se le risorse sono e saranno poche, forse abbiamo bisogno di decidere come darle e a chi darle in relazione a che cosa ci si aspetta dall'agricoltura inserita nei processi economici.
Allora forse, Ministro, è ragionevole per l'Italia avere come obiettivo quello di chiedere che l'identificazione dell'agricoltore attivo sia lasciata ad ogni Stato membro, piuttosto che decidere in termini solo - per così dire - ragionieristici e burocratici quali possono essere i livelli, sapendo che l'Italia è il Paese di 1,6 milioni di imprenditori agricoli, 900 mila partite IVA, 200 mila imprese? Su questo, forse, dovremmo condurre un'operazione di chiarezza e di chiarimento.
È questo un nostro obiettivo? Lavoreremo per questo obiettivo? In altre parole, noi pensiamo che davvero dobbiamo accettare che ci sia questa visione del greening che può essere così penalizzante, oppure pensiamo di superare questo aspetto, per le ragioni che qualcuno ha menzionato? Inoltre, con quali alleanze, per esempio, pensiamo di poterlo superare?
Insomma, penso, Ministro, che noi potremmo anche cogliere l'occasione di questa


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situazione di necessità per compiere un grande ragionamento sull'agricoltura affinché questa sia più moderna e anche, dal punto di vista dalla sua capacità economica, più efficace rispetto a quella che abbiamo qui visto.
Abbiamo saputo dall'ultimo censimento che l'agricoltura, malgrado noi, si sta perfino muovendo, cioè che ci sono meno imprese, ma queste imprese coltivano più ettari e quindi ci sono in corso forme di aggregazioni, e vi è un'idea di farsi impresa più efficace di quanto non fosse stato nel passato. Ebbene, questo movimento, questo percorso, questo camminare lento dell'agricoltura, come intendiamo sostenerlo, Ministro?
Come cogliamo l'opportunità della PAC? Smettendo solo di piangere e di lagnarci per le risorse che non arrivano, ma magari mettendo in campo un'azione politica incisiva? Questa è la mia domanda: quali sono gli obiettivi che noi intendiamo difendere in Europa? Rispetto a quale strategia?
Piangere della mancanza di risorse è una cosa che effettivamente possiamo fare tutti, ma non so se in questo momento sia l'azione più utile per l'agricoltura.

PRESIDENTE. Io mi taccio, quindi rappresentando e rispettando la sollecitazione che ho fatto a voi, riserverò ad altra occasione l'opportunità di sollecitare il Ministro su questioni specifiche che pur ci ha rappresentato.
Do la parola al Ministro per la replica.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Ringrazio il presidente e tutti voi per l'interessante e franco dibattito.
Devo dire, però, che anche in questo caso bisogna fare una premessa che renda giustizia dei pregiudizi che nel corso del tempo si consolidano anche in ordine all'attività del Governo. Vedete, non perché questa attività possa essere attribuita al sottoscritto, ma perché io ci tengo a ringraziare - lo faccio anche in questa sede - il capo dipartimento del Ministero, il dottor Catania, che per lunghi otto anni ha lavorato a Bruxelles e gode della mia totale stima e fiducia, il quale, insieme ai nostri uffici, quotidianamente in questo negoziato ha speso tutta la sua professionalità, oltre ad averci dato conferma della stima e del rispetto di cui gode a livello europeo.
Questo per dire che il negoziato, cari colleghi - e mi permetto di chiamarvi colleghi perché sono un deputato come voi - non lo conduce il Ministro, non lo conduce il Governo. Il Governo e il Ministro danno indicazioni, concordandole anche con gli uffici, e poi gli uffici sono portatori di questo indirizzo politico. A questo proposito, vi posso assicurare che il lavoro che hanno svolto i nostri uffici è da encomio e va apprezzato; adesso dirò anche il perché.
A poco vale, infatti, che il sottoscritto abbia fatto venticinque bilaterali prima di oggi, che abbia presenziato a tutti i Consigli dei Ministri formali e informali, tranne un solo Consiglio dei Ministri, che abbia fatto tre incontri bilaterali con Ciolos e uno con la Damanaki, se poi il contesto non è quello che io auspico sin dall'insediamento.
Come ha detto l'onorevole Beccalossi - e mi fa piacere ribadirlo - al di là di chi oggi rappresenti la politica agricola italiana in Europa, proprio per le difficoltà che in questi venti anni, cioè dalla chiusura del Ministero dell'agricoltura, abbiamo incontrato a riguadagnare credibilità e autorevolezza parlando con una sola voce, c'è bisogno che tutti insieme (Parlamento, Governo e organizzazioni professionali) stabiliscano cosa vogliono per l'agricoltura italiana e la rappresentino con una sola voce a livello europeo.
Vi devo dire che, nonostante io raccolga e poi abbia avuto modo anche di sintetizzare iniziative a livello trasversale da parte delle organizzazioni professionali, ma anche dei gruppi parlamentari, abbastanza sintonici sul modello di agricoltura, ho poi ascoltato interventi critici che non mi fanno male perché possono essere riferiti alla mia persona, ma che possono essere considerati come di ostacolo a un obiettivo che invece noi dobbiamo raggiungere.


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L'11 e 12 di novembre a Cremona terremo il Forum nazionale dell'agricoltura proprio per questa ragione, ossia per fare in modo che in questo negoziato lungo e difficile - e, onorevole Oliverio, non è un negoziato che si è concluso, ma è soltanto appena iniziato - il nostro Paese sia rappresentato con una sola voce; oggi con questo assetto, domani chissà con quale altro. Tuttavia, il tema che noi dobbiamo affrontare oggi, in questo momento, è che, rispetto a un'analisi che io ho esposto in maniera trasparente, franca e chiara, tutti insieme siamo chiamati a concordare su un percorso che io nella relazione programmatica, sin dal mio insediamento, ho individuato.
Non è vero, dunque, che sugli obiettivi e le priorità non c'è stata un'indicazione chiara da parte del Governo. Quegli obiettivi indicati nella relazione programmatica sono stati gli obiettivi alla base del negoziato che abbiamo perseguito in questi mesi, prima della presentazione della PAC da parte di Dacian Ciolos. Si tratta di obiettivi, vi devo dire, perseguiti anche attraverso un confronto serrato con le organizzazioni professionali e attraverso un confronto serrato anche con i parlamentari della Commissione agricoltura del Parlamento europeo, così come attraverso un confronto con i nostri europarlamentari.
Devo dire che su un modello di agricoltura che noi abbiamo disegnato, attraverso questi confronti ed incontri, non mi pare che vi siano differenze tali da apportare al nostro indirizzo incertezza, come ho sentito - e incertezza non ve ne è - o addirittura resa rispetto all'iniziativa che ha proposto Ciolos durante la scorsa settimana, con la presentazione e poi con la sua relazione al Consiglio dei ministri dell'agricoltura dell'Unione europea.
Noi abbiamo bisogno di unità, è vero, abbiamo bisogno di stare tutti insieme rispetto alle linee che condividiamo.
Poi, capisco che c'è una dialettica politica che ci porta necessariamente a dover dimostrare di essere più bravi degli altri; è normale che sia così. Tuttavia, ritengo che in questo momento occorra altro, lo dico con umiltà. Occorre fare fronte comune, perché la partita che si perde durante questo anno di negoziato, la perde il Paese, la perdono gli agricoltori; non la perde né il Ministro Romano né il Governo Berlusconi. Vorrei che questo fosse assolutamente chiaro a tutti.
Sto facendo la mia parte e invito tutti a fare la propria parte, con umiltà, con la disponibilità che anche in questa occasione penso di stare dimostrando, rispetto a un confronto che deve essere chiaro ma deve avere degli obiettivi certi da perseguire.
Noi ci siamo trovati dentro una vicenda rispetto alla quale questa Politica agricola comune - lungi dall'immaginare che il prossimo futuro possa vedere le agricolture, ad esempio dei Paesi che hanno maggiore prodotto lordo vendibile o che hanno qualità ed eccellenze, preservate perché rappresentano ancora l'unica possibilità di competere sul mercato internazionale, quello delle commodity - rappresenta una inversione di tendenza che mina anche l'affidabilità nei rapporti tra di noi e la Commissione.
Io, con tutto il peso di una responsabilità di Governo, vi dico che non è certo che il Ministro Romano voti in Consiglio dei ministri a favore di questa PAC. Non solo non è certo e non è scontato, ma se la PAC dovesse essere questa, a costo di causare una crisi politico diplomatica, il nostro Paese - e non è il solo - voterà contro questa PAC.
Sono queste le posizioni che noi dobbiamo stabilire, con atteggiamenti forti, perché riteniamo che la difesa di questo modello agricolo che vogliamo rappresentare sia un vantaggio per il nostro Paese e un vantaggio per l'Europa.
Attenzione: le parole che io sto pronunciando in questa sede sono le stesse parole che il presidente De Castro ha pronunciato in sede di incontro con il sottoscritto, con i capi gruppo della Commissione al Parlamento europeo, dicendo che condivideva l'impostazione del negoziato che si era data l'Italia e che gli altri componenti, così come lo stesso, erano indirizzati a dare un voto negativo alla Politica agricola presentata da Dacian Ciolos. Questi sono i termini della questione.


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Non c'è un negoziato fatto in debolezza o una mancata alleanza; c'è una diversa valutazione della premessa. Dopo il Trattato di Lisbona - l'ho detto poco fa - la Commissione avrebbe dovuto elaborare la proposta che veniva dal Parlamento e sottoporla al Consiglio dei ministri. Così non è stato.
Il Commissario ha elaborato una proposta facendo le bilaterali, però impostando - a suo dire - una proposta che, poiché scontenta tutti, certamente è la più giusta.
A me non pare proprio così, perché sono stati premiati, in questa proposta - e lo si vede sulla definizione di agricoltore attivo così come sulla impostazione del greening - Paesi che sono lontani dal modello agricolo europeo. Un greening al 30 per cento, infatti, come può non considerare alcune produzioni? Non occorre andare lontano, non parliamo degli aranci e degli ulivi perché potrei sembrare meridionalista, ma parliamo del riso: come è possibile considerare non greening il riso che è un tappeto verde durante la sua produzione?
Ci sono alcuni elementi, dunque, che mi fanno molto pensare, rispetto a una impostazione che, vi dico subito, ha dei limiti, anche in ordine a ciò che è stata la PAC fino ad oggi. In ordine ai pagamenti diretti, infatti, noi otteniamo una perdita sui valori del prezzo corrente del 5,6 per cento. L'1 per cento lo perdiamo tutti insieme, perché è il contributo che diamo al budget complessivo. Rimane, dunque, il 4,6 per cento.
L'operazione che Ciolos conduce è stata di penalizzare i Paesi che più si discostavano dalla media europea. Il nostro Paese, nonostante questo taglio del 4,6 per cento, rimane sotto la media europea; tuttavia, vi sono altri Paesi come la Germania e come la Francia - quest'ultimo che perde l'1,6 per cento, mentre la Germania che perde poco meno del 3 per cento - che vengono anche compensati rispetto a un sistema che vede questa alleanza (e non c'è da scandalizzarsi) rispetto alla quale noi stiamo cercando di incalzare. Non perché dichiariamo guerra alla Francia o alla Germania, ma perché alla Francia, ad esempio, spieghiamo che noi questa PAC non la sosteniamo e non la votiamo, e se la PAC non diventa più lo strumento dell'agricoltura in Europa, ovviamente un Paese che ha di più rischia di perdere di più.
C'è già in avanzamento, quindi, un altro negoziato, perché la Francia già da oggi si rende disponibile, ad esempio, per trovare un tetto delle perdite. Ciò significa che a fronte di una data situazione, nessun Paese può perdere oltre un certo tetto.
Sono trattative, però, che si conducono anche attraverso un'attività che non può che essere quella di una proposta che viene presentata negli incontri bilaterali.
Avrei da parlare almeno un'altra mezz'ora. Vi chiedo scusa, perché altrimenti mi si rimprovera, giustamente, di non avere toccato tutti gli argomenti. Ho scritto una relazione rappresentativa dello stato dell'arte; se poi volete sapere verso quale indirizzo io mi sto dirigendo, lasciatemelo almeno esporre.

PRESIDENTE. Io avrei piacere di lasciarglielo esporre, ma l'Assemblea ha iniziato i suoi lavori.

FRANCESCO SAVERIO ROMANO, Ministro delle politiche agricole alimentari e forestali. Io sono non solo disponibile, ma anche felice di venire a rappresentare le attività che stiamo svolgendo, perché sono tante e credo che possano essere condivise anche da questa Commissione, così come è stato in Senato.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16,05.

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