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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione I
3.
Mercoledì 25 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 3 13 17 21 22
Ascierto Filippo (PdL) ... 13
Dal Lago Manuela (LNP) ... 13
Lo Presti Antonino (PdL) ... 17
Maroni Roberto, Ministro dell'interno ... 3 19 20 21
Minniti Marco (PD) ... 17 19 20
Volontè Luca (UdC) ... 14
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 25 giugno 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 14,20.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'interno, Roberto Maroni, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Saluto il Ministro a nome di tutta la Commissione e anche dei colleghi che non sono di questa Commissione che noi ospitiamo molto volentieri. Ci fa piacere, infatti, che ci sia questa partecipazione all'audizione.
Prima dello svolgimento della relazione, ai fini dell'organizzazione dei nostri lavori, chiedo al Ministro quanto tempo può dedicarci.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Posso rimanere fino alle ore 16.

PRESIDENTE. Eventualmente lei è disposto a ritornare, laddove ciò si renda necessario per rispondere alle domande che i colleghi le porranno?

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Certamente.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la relazione.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor presidente, ripeterò oggi la relazione che ho svolto ieri nella 1a Commissione del Senato, illustrando le iniziative che il Ministero ha in programma. Molte di queste sono già state anticipate e realizzate nei provvedimenti legislativi che sono stati approvati dal Consiglio dei ministri e portati all'esame del Senato (uno è stato approvato proprio ieri).
Farò una rapida relazione, ma consegnerò un documento che indica, punto per punto, i programmi del Ministero.
Abbiamo suddiviso la relazione nelle tre aree principali di intervento di competenza del Ministero: la sicurezza, il soccorso pubblico (cioè l'attività legata al corpo dei Vigili del fuoco) e il tema delle autonomie locali. Quest'ultimo riveste una particolare importanza, nella prospettiva di un'iniziativa che è stata annunciata e che è contenuta nel DPEF sulla riforma federale dello Stato, federalismo fiscale e riforma del rapporto tra centro e periferia. Mi riferisco al Codice delle autonomie, di cui parlerò più avanti.
Queste tre aree riguardano, come ho detto, le attività principali del Ministero. In particolare, in merito alla sicurezza, nei provvedimenti legislativi che abbiamo adottato come Governo si riassumono gli interventi più urgenti e più importanti per garantire un maggior livello di sicurezza ai cittadini. Abbiamo adottato, come Governo, sei provvedimenti: un decreto-legge approvato ieri dal Senato, un disegno di legge che inizia oggi l'iter di discussione


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nella 1a Commissione del Senato, tre decreti legislativi di attuazione di deleghe di leggi approvate nella precedente legislatura e ancora aperte, come delega, in attuazione di direttive europee. Ciò a dimostrazione del fatto che su temi come i ricongiungimenti familiari, lo status di rifugiato e la libera circolazione e stanziamento dei cittadini comunitari non c'è nulla, nelle iniziative e nei provvedimenti del Governo, che sia contrario alle normative europee, come qualcuno ha ipotizzato. Si tratta di polemiche senza fondamento, perché in realtà noi abbiamo dato attuazione alle deleghe ancora aperte di leggi approvate dal Parlamento che riguardano il recepimento di direttive europee.
È chiaro che queste direttive vengono recepite in senso restrittivo rispetto alle ipotesi precedenti, ma sono sempre e comunque provvedimenti conformi alle direttive europee. Ho avuto modo di incontrare, nelle prime settimane della mia attività di Ministro, numerosi esponenti della Commissione europea, delle Nazioni Unite, del Consiglio d'Europa, che si occupano dei rifugiati e degli immigrati. Ho avuto modo di spiegare loro che le iniziative del Governo sono assunte sempre e comunque nel pieno e totale rispetto delle normative europee e dei trattati internazionali.
Ho avuto un incontro, nei primi giorni della mia attività, con il ministro dell'interno romeno. Abbiamo avuto un colloquio molto cordiale, dal quale è emersa la piena conferma della collaborazione tra i nostri due Governi per quanto riguarda quella che è stata un po' enfaticamente definita la «questione romeni». In realtà, è una cosa un po' diversa, che riguarda l'intervento che abbiamo studiato e realizzato nei confronti dei campi nomadi - ne parlerò dopo - che c'entra solo marginalmente con la questione rom e ancora più marginalmente con la Romania.
Con il ministro dell'interno romeno, che ho incontrato di nuovo nel Consiglio GAI di Lussemburgo, abbiamo stabilito un'ottima collaborazione. È stato intensificato il rapporto di cooperazione tra i due Paesi. Un contingente di poliziotti romeni si trova stabilmente in Italia e collabora con la polizia italiana nello spirito di garantire ai cittadini romeni presenti stabilmente in Italia la possibilità di esercitare le loro attività nel modo migliore, ma anche di intervenire per colpire efficacemente tutte le forme di criminalità che siano riconducibili in qualche modo ai cittadini romeni stessi.
Sono stati predisposti - lo ripeto - tre decreti legislativi in materia di ricongiungimenti familiari di cittadini stranieri, di riconoscimento e revoca dello status di rifugiato e di libera circolazione dei cittadini comunitari.
Infine, il sesto dei provvedimenti emanati è un disegno di legge per l'adesione dell'Italia al Trattato di Prüm che istituisce la banca dati nazionale del DNA.
Alcuni di questi provvedimenti o parte di essi sono stati presi dall'archivio del Ministero dell'interno - archivio recente, formatosi negli ultimi due anni - quindi si tratta di iniziative che il Governo precedente aveva assunto, che erano state in alcuni casi portate all'approvazione del Consiglio dei ministri e in Parlamento, ma mai approvate da quest'ultimo.
Una parte del pacchetto sicurezza è composta da provvedimenti che il Ministro Amato aveva studiato e realizzato e che io ho ripreso, considerando che si trattasse di un buon lavoro, un lavoro che doveva essere ripreso. Mi riferisco non solo ai due famosi decreti-legge - prima e seconda versione - che poi furono ritirati dal Governo, ma a tutta la parte che riguarda, per esempio, i nuovi poteri attribuiti ai sindaci.
Una delle parti più importanti di questi provvedimenti che abbiamo ripreso è l'operazione di coinvolgere il mondo delle autonomie sul tema della sicurezza, del controllo del territorio. Abbiamo dato una grande importanza al ruolo dei sindaci delle comunità locali e, nello specifico, abbiamo modificato nel decreto-legge l'articolo 54 del Testo unico degli enti locali, che consente al sindaco, in particolari momenti, in presenza di gravi pericoli per l'incolumità pubblica, di emanare ordinanze contingibili e urgenti, come rappresentante


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del Governo. Ebbene, abbiamo esteso questa possibilità introducendo il concetto di sicurezza urbana: quindi il sindaco può intervenire come descritto in caso di pericoli non solo per l'incolumità pubblica, ma anche per la sicurezza urbana, che riguarda l'ordinato svolgersi delle attività all'interno della città o della comunità che il sindaco governa. Con un successivo provvedimento saranno meglio definiti i confini di sicurezza urbana, ma è importante aver introdotto il concetto.
Inoltre, introducendo la parola «anche» tra «provvedimenti» e «contingibili e urgenti», consentiamo al sindaco di emanare ordinanze «anche» contingibili e urgenti. Questo significa che possono anche non esserlo, dunque questa possibilità del sindaco può esplicarsi anche in assenza di quel grave pericolo che oggi è richiesto affinché egli possa emanare un'ordinanza.
In altre parole, consentiamo al sindaco di intervenire, regolando con provvedimenti l'ordinato svolgersi dell'attività nel comune che governa, in particolare nel settore della sicurezza urbana.
Penso che questa sia una svolta importante nel concetto di sicurezza, in quanto si introduce per la prima volta in modo istituzionale l'intervento del sindaco, come capo della comunità, al fianco delle forze di polizia per garantire un più efficace controllo del territorio.
Al sindaco saranno garantiti i poteri per contrastare, ad esempio, la contraffazione, la vendita di prodotti contraffatti e senza licenza. Il primo caso di applicazione concreta delle norme del decreto-legge ha riguardato il sindaco di Venezia Cacciari, che ha emanato un'ordinanza per vietare la circolazione nel centro di Venezia di sacchi e borsoni presumibilmente contenenti merce contraffatta.
Per contrastare l'accattonaggio, prevediamo delle norme contro l'induzione allo stesso, togliendo ai genitori la potestà genitoriale qualora utilizzino dei minori a questo scopo.
Questo è il pacchetto sicurezza che noi chiediamo al Parlamento di approvare rapidamente - entro la chiusura estiva, se sarà possibile, o comunque immediatamente alla ripresa - perché crediamo che esso contenga tutte le norme utili, necessarie e urgenti, a prescindere dal fatto che siano state inserite nel decreto o nel disegno di legge, per dare una risposta più efficace ai cittadini in termini di sicurezza e di contrasto alla criminalità, di qualunque forma e colore essa sia.
Nel provvedimento ci sono, ovviamente, anche norme contro la criminalità organizzata. In particolare, abbiamo recepito delle proposte avanzate a suo tempo dal giudice Falcone per l'aggressione ai patrimoni illeciti della mafia. Prevediamo la possibilità di avviare indagini patrimoniali finalizzate all'applicazione delle misure di prevenzione, di proporre la confisca dei beni sequestrati anche nei casi in cui non venga giustificata la legittima provenienza, di applicare le misure di prevenzione patrimoniali e personali anche disgiuntamente. In pratica, si consente all'autorità giudiziaria di aggredire il patrimonio mafioso anche in caso di morte, distinguendo il patrimonio di origine mafiosa dalle sorti di chi ne è titolare e ponendo fine, quindi, a quella operazione che consentiva alla mafia di evitare la confisca intestando il patrimonio, per esempio, a minorenni o, in caso di morte del mafioso intestatario, del patrimonio stesso.
Con questa misura, quindi, noi colpiamo più efficacemente il patrimonio della mafia. Si tratta di una misura particolarmente efficace - abbiamo avuto su questo la consulenza del procuratore Piero Grasso - anzi è la misura oggi più efficace, la nuova frontiera contro ogni tipo di mafia.
Sempre parlando di mafia, abbiamo intensificato l'intervento a tutela per contrastare le recenti minacce che la mafia ha rivolto al mondo dell'informazione. È una nuova frontiera - potremmo dire anche vecchia, in quanto ci sono tanti episodi nel passato - nel senso che si è riprodotta proprio in questi ultimi giorni. Mi riferisco, in particolare, al caso di Roberto Saviano, che tutti conoscete, ma anche al caso più recente di un giornalista dell'ANSA di Palermo, Lirio Abbate, che


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abbiamo provveduto a tutelare immediatamente poiché ha subìto delle minacce dalla mafia.
L'aggressione ai patrimoni significa anche casi e modalità del sequestro dei beni. Anche in questo caso interveniamo in modo più efficace. Tra l'altro, abbiamo deciso di conferire ai prefetti la competenza per l'assegnazione dei beni confiscati alla mafia, togliendola all'Agenzia del demanio.
Pensiamo che questo sia un modo più efficace di intervenire nel procedimento di assegnazione dei beni confiscati. Non è sufficiente, infatti, confiscare i beni. La mafia spesso si vanta del fatto che certi beni sono stati confiscati, ma lo Stato non riesce ad utilizzarli: quei beni, infatti, rimangono fermi per anni, a dimostrazione dell'impotenza dell'autorità. Siccome questo è derivato anche da pressioni, da incapacità della struttura di utilizzare i beni confiscati, abbiamo deciso di conferire ai prefetti questa competenza.
Su questo punto, peraltro, è stato presentato dall'opposizione un emendamento che io intendo recepire, se non vi saranno obiezioni, per andare perfino oltre, cioè costituire un'agenzia per i beni confiscati alla criminalità organizzata. Ciò al fine di rendere ancora più efficace questo passaggio, oltre che pratico - mettere nella disponibilità della comunità i beni confiscati è di un'utilità evidente - anche simbolico, perché vuol dire completare il processo di espropriazione dei beni alla mafia. In altre parole, non ci si limita a confiscarli per tenerli congelati, ma li si utilizza, in questo modo sottraendoli definitivamente al patrimonio mafioso.
Questa proposta è stata avanzata nell'ambito del disegno di legge di conversione del decreto-legge, ma noi abbiamo chiesto - e ringrazio i presentatori per avere aderito alla richiesta - di inserirlo nel disegno di legge, per una migliore valutazione. Ho già espresso ieri ai colleghi del Senato la disponibilità del Ministero ad accogliere questo emendamento, che mi pare vada assolutamente nella direzione giusta.
Abbiamo introdotto una disposizione per contrastare l'uso illecito del cosiddetto money transfer, ossia trasferimenti di denaro in molti Paesi del mondo. Ci siamo accorti, infatti, che questi flussi di denaro in certi Paesi non corrispondevano alla presenza in Italia di cittadini o comunità di quei Paesi tali da giustificare un ingente trasferimento di denaro. Questo significa una sola cosa, cioè che questi flussi vengono convogliati per altre finalità, quasi sempre di tipo criminoso, non per mandare alle proprie famiglie il frutto del lavoro.
Abbiamo introdotto, dunque, delle restrizioni che costringono chi esercita questa attività a chiedere documenti e permesso di soggiorno, pena la revoca della licenza.
Infine, nel decreto è previsto l'impiego del personale militare e delle Forze armate, un contingente fino a 3 mila unità, per il controllo del territorio. Anche su questo punto c'è stata polemica. Nell'ultima versione, che come Ministro dell'interno considero assolutamente soddisfacente, si stabilisce che l'uso del personale militare viene deciso dal Ministro dell'interno, in quanto autorità nazionale di pubblica sicurezza (è già successo in passato, quindi non ci sono modifiche in questa struttura); inoltre, il personale militare viene utilizzato su richiesta dei prefetti nelle aree maggiormente popolate e viene selezionato preferibilmente tra gli appartenenti all'Arma dei carabinieri, prioritariamente per il controllo di siti sensibili e per il pattugliamento.
Noi stiamo già lavorando alla definizione dell'impiego, in modo tale da essere pronti appena la legge di conversione del decreto entrerà in vigore. Abbiamo infatti l'esigenza di utilizzare questo contingente anche per fare fronte alla riduzione che abbiamo dovuto operare nell'invio di nuove unità per i programmi estivi di rafforzamento della presenza delle forze dell'ordine nelle zone turistiche, da Trieste, Grado fino a tutta la riviera romagnola.
Nel 2007 sono state inviate circa 3.200 unità nel periodo estivo per rafforzare il


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controllo sul territorio. Quest'anno, con i tagli previsti al Ministero dell'interno dalla legge finanziaria 2008, questo contingente è stato dimezzato. Noi pensiamo, dunque, di utilizzare il contingente militare, circa 1.500 unità, per il presidio dei siti sensibili - ad esempio, a Roma, tutte le ambasciate - e di liberare così personale da utilizzare per rafforzare, almeno nella misura dello scorso anno, il contingente delle forze delll'ordine nella campagna estiva.
Stiamo definendo il PON sicurezza riguardo alle regioni del Mezzogiorno, con l'obiettivo di creare condizioni di maggiore sicurezza e di finanziare numerosi progetti, che sono stati portati all'attenzione del Ministero, per l'installazione di sistemi di videosorveglianza in molti comuni del sud, con particolare interesse ai fini del miglioramento dei controlli e della sicurezza nel porto di Gioia Tauro, oggetto in passato di attenzioni non propriamente lecite da parte della criminalità organizzata (alcuni traffici sono stati possibili proprio in assenza di sistemi di controllo e di sicurezza efficaci). Noi intendiamo investire nel PON sicurezza principalmente in questa direzione.
Il capitolo dell'immigrazione riguarda i cittadini extracomunitari e i cittadini comunitari. Partirò da questi ultimi. Noi intendiamo applicare la direttiva del 2004 che prevede naturalmente la libera circolazione dei cittadini comunitari - su questo punto non si interviene, né lo si potrebbe fare - ma prevediamo l'applicazione rigorosa delle norme previste dalla direttiva per lo stanziamento dei cittadini. Un cittadino comunitario può liberamente circolare in tutti i Paesi comunitari, ma può stabilirsi in un Paese comunitario, oltre i tre mesi di libera circolazione, solo se sussistono alcune condizioni: in particolare, la disponibilità di risorse economiche sufficienti, derivanti da attività dimostrabili come lecite, per sé e per i propri familiari, e l'iscrizione obbligatoria al sistema di sicurezza sociale, che consenta di non considerare il cittadino comunitario a carico del sistema di protezione sociale italiano.
Questi sono i requisiti previsti dalla normativa europea che noi inseriamo in uno dei tre decreti legislativi che ho citato. A controllare che tutto questo avvenga è il sindaco che, in base alle nostre nuove misure, può concedere o negare la residenza e l'iscrizione anagrafica anche ai cittadini comunitari, verificando la presenza di questi requisiti e anche che l'immobile indicato come residenza abbia le condizioni igienico-sanitarie tali da definirlo abitabile.
Si prevede, quindi, un controllo efficace e puntuale dei sindaci per quanto riguarda le richieste di residenza dei cittadini comunitari ed extracomunitari. Questo consentirà di evitare per il futuro i fenomeni dei campi nomadi, che sono nati proprio in questo modo. Il testo unico prevede l'obbligo del sindaco di concedere la residenza, sulla base di un'autodichiarazione nella quale il richiedente specifica di essere in possesso di un'abitazione e ne elenca le caratteristiche. Oggi è consentito anche avere una grotta come abitazione.
L'indicazione delle condizioni igienico-sanitarie, che il sindaco valuterà, evita il formarsi di campi abusivi; circostanza che ha portato, soprattutto in Italia - è un fenomeno tipicamente italiano - all'insediamento di cittadini in condizioni disumane. Non è possibile accettare, in un Paese civile, che minori, bambini debbano essere costretti a convivere con i topi.
Noi intendiamo intervenire per eliminare questo obbrobrio, affermando il diritto a stare di chi può stare, ma in condizioni decorose, e affermando altresì che chi non può stare deve tornare da dove è venuto, in base alle direttive europee e in base alle leggi.
La mancata iscrizione anagrafica è un motivo imperativo di pubblica sicurezza che consente l'immediata espulsione sia del cittadino extracomunitario che del cittadino comunitario.
Per quanto riguarda l'immigrazione clandestina, alcune norme le conoscete già: ad esempio, la confisca degli immobili nel caso di cessione o di locazione a un clandestino. Si sono già verificati dei casi - a Bergamo, in particolare - di confisca;


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le somme ricavate dalla vendita di questi immobili sono state devolute al potenziamento delle attività di prevenzione e repressione dei reati in materia di immigrazione clandestina.
Considero pienamente legittima la previsione dell'aggravante, perché equiparata allo status di latitante; certamente è una condizione soggettiva quella che costituisce l'aggravante.
Nel disegno di legge sono introdotte, tra le numerose altre norme che potenziano l'azione dei sindaci, anche due norme che sono state contestate dall'opposizione (ma non solo, anche a livello europeo): l'aumento della possibilità di detenzione nei CIE (ex CPT) fino a diciotto mesi (oggi sono due mesi al massimo) e il reato di ingresso illegale nel territorio dello Stato, noto come reato di immigrazione clandestina.
Il primo punto - possibilità di detenzione fino a diciotto mesi nei CIE - forse rappresenta un record per l'Italia: è la prima volta che avviene che noi recepiamo una direttiva europea prima ancora che sia definitivamente approvata; di solito siamo sempre condannati per il ritardo nel recepimento.
In realtà, noi abbiamo valutato che era in corso di approvazione la direttiva europea - che è stata poi approvata dal Consiglio GAI in giugno e dal Parlamento europeo con quel voto che conoscete, e che francamente mi ha anche un po' sorpreso, in quanto mi aspettavo molta più battaglia - che prevede la possibilità di detenzione nei CPT fino a diciotto mesi. Noi riprendiamo, dunque, una norma contenuta in una direttiva europea.
La direttiva europea che sembra, dal nostro punto di vista, estendere questi termini, in realtà ha voluto porre un limite perché ci sono Paesi europei, come l'Inghilterra, la Danimarca e la Svezia, che possono detenere nei CPT cittadini extracomunitari senza limite, per anni.
La direttiva, dunque, ha voluto porre un termine massimo, quello già vigente in Germania, che ci consente di passare dagli attuali due a diciotto mesi. Non si prevede una detenzione di diciotto mesi, ma fino al limite massimo di diciotto mesi, attraverso una serie di controlli e verifiche esercitati dal giudice, non dal prefetto, che consentono di stabilire se è utile, necessario e legittimo estendere la detenzione di due mesi in due mesi; altrimenti il cittadino extracomunitario viene rimesso in libertà.
In più, la direttiva europea questa volta va oltre e disegna una normativa molto più restrittiva di quella prevista dal nostro ordinamento. Noi, infatti, prevediamo che si possa prendere un cittadino extracomunitario e detenerlo in un CIE per l'identificazione. Se questo cittadino non dice da dove viene, se non è possibile identificarlo, lo si può trattenere di due mesi in due mesi, fino a un massimo di diciotto mesi. Una volta identificato, però, quel cittadino o viene espulso o deve essere rimesso in libertà.
La direttiva europea aggiunge che anche una volta identificato lo si può trattenere fino a che il Paese di origine non ha concesso il visto per il rimpatrio; questo significa che, nei casi in cui il cittadino viene da un Paese che non ha con l'Italia un accordo bilaterale di rimpatrio, il visto non arriva mai. Questo mi sembra assurdo. A quel punto, secondo la direttiva europea, lo si può detenere fino a diciotto mesi. La normativa italiana non lo prevede, è molto più garantista da questo punto di vista.
Nonostante questa previsione contenuta nella direttiva europea, non abbiamo voluto inserire, nella norma italiana, questa possibilità, che personalmente ritengo ingiustificata; allo stesso modo non abbiamo voluto recepire altre norme molto più pesanti nei confronti dei minori che, secondo la direttiva europea, possono essere espulsi.
Inoltre, non abbiamo recepito nemmeno il divieto di reingresso in Italia per tutti costoro, anche se dovessero chiedere asilo, per i cinque anni successivi: è una norma che, francamente, ritengo un po' sballata.
La direttiva europea, così dura su questo fronte, è al contrario eccessivamente lassista sul fronte opposto. Prevede, infatti, che eseguito il riconoscimento e ottenuto il


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visto dal Paese di provenienza, non si possa rimandare il cittadino extracomunitario nel suo Paese, ma lo si debba invitare a farlo concedendogli un tempo non inferiore a sette giorni. Questo significa, nei fatti, nessuna espulsione: nella nostra esperienza, il foglio di via significa nessuna espulsione.
La direttiva prevede, tuttavia, l'eccezione che si possa procedere all'immediata espulsione se il provvedimento di espulsione è conseguenza diretta o indiretta di una sentenza di condanna penale.
Da qui l'assoluta necessità - al di là delle diverse valutazioni sui motivi che spingono gli immigrati a venire in Italia o in Europa alla ricerca di una vita migliore, per ragioni che conosciamo e comprendiamo - di introdurre il reato di ingresso illegale.
Ci interessa il reato di immigrazione clandestina per poter procedere a espulsioni immediate. Senza il reato di immigrazione clandestina, quando la direttiva sarà recepita, non sarà più possibile espellere se non chi è stato condannato e i cittadini comunitari per gravi e imperativi motivi di ordine pubblico. A tutti gli altri si dovrà dare il foglio di via.
Dobbiamo calibrare il reato di immigrazione clandestina per evitare sovraffollamenti nelle carceri (non vogliamo mettere in galera migliaia di persone) e intasamenti dei processi. Ci interessa di più, rispetto alla sanzione principale, la sanzione accessoria, ossia prevedere un provvedimento giudiziale di espulsione, che ci consente appunto l'espulsione immediata. L'alternativa, come ho detto, è il foglio di via.
Chi sostiene che il reato di immigrazione clandestina è un obbrobrio, dovrebbe spiegare perché esiste in Francia, in Germania, in Inghilterra, ma soprattutto dovrebbe avere l'onestà di dire che, secondo le regole europee, togliere il reato significa non procedere più a nessuna espulsione, se non per i criminali incalliti e condannati.
Prevediamo una disciplina più restrittiva sui ricongiungimenti familiari, con criteri più rigorosi, e sul riconoscimento e la revoca dello status di rifugiato politico. Su questo punto vorrei essere più preciso, perché anche su questo si è fatta molta polemica.
Ho incontrato recentemente i rappresentanti delle Nazioni Unite e del Consiglio d'Europa sui rifugiati ed ho spiegato loro che non c'è alcuna restrizione del diritto a chiedere asilo e ad ottenerlo se ci sono i requisiti. Noi interveniamo per combattere quel fenomeno che utilizzava la richiesta dello status di rifugiato per ottenere di fatto la permanenza senza averne i requisiti.
Prevediamo che, nel caso ci sia il diniego della concessione da parte della commissione, il ricorso al TAR contro il diniego non consenta la libera circolazione, come avveniva finora - quindi si poteva fare ricorso al TAR e sparire - e non sospenda il decreto di espulsione. Il richiedente asilo non viene espulso, ma deve permanere in un centro indicato dal prefetto fino a che il TAR non abbia dato la sua risposta.
Rispetto ai ricongiungimenti familiari, come ho già detto, si tratta di condizioni limitative dell'esercizio di questo diritto nei confronti di coniugi, figli maggiorenni e genitori. In alcuni casi, quando l'autorità italiana all'estero non ha la certezza che si tratti di un rapporto di parentela vero, è previsto il ricorso all'esame del DNA per consentire i ricongiungimenti. Il soggetto che vuole venire in Italia si sottopone volontariamente all'esame del DNA e, stabilito il rapporto di parentela, può farlo alle nuove condizioni previste.
Infine, sull'immigrazione, la strada principale, lo sappiamo tutti, è quella degli accordi in materia di immigrazione. Noi abbiamo 32 accordi sottoscritti con altrettanti Paesi nel mondo e 15 nuovi accordi sono in fase di negoziato.
In particolare, un Paese con cui dobbiamo intensificare questi accordi è la Libia. Il 29 dicembre dello scorso anno il Ministro Amato ha sottoscritto un nuovo accordo con la Libia che prevede il pattugliamento, nelle acque territoriali libiche, di navi fornite dal Governo italiano, con equipaggio misto italiano-libico.


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Questo è l'unico modo per bloccare gli sbarchi a Lampedusa. Non c'è altra possibilità, a meno di bloccarli in mare aperto, come fece l'Australia qualche anno fa, e respingerli. Ma è una possibilità che vorremmo evitare, visto che lo strumento esiste.
L'accordo è stato firmato, sono stati definiti i dettagli tecnici, è stata persino mandata, proprio in questi giorni, una verifica sul luogo autorizzata dal Governo libico da parte della Marina italiana. Manca solo che Gheddafi dica: «Si fa».
Venerdì prossimo, il Presidente Berlusconi incontrerà Gheddafi e, naturalmente, sulla base del dossier realizzato dal Ministro dell'interno e dal Ministro degli esteri, chiederà che questo accordo sia attuato.
La Libia chiede che, contestualmente a questo accordo, venga realizzato un sistema di controllo degli ingressi in Libia sulla frontiera sud, quella in mezzo al deserto; tale controllo può essere effettuato attraverso un sistema che noi abbiamo già sviluppato dal punto di vista tecnologico - è pronto presso Finmeccanica - che prevede un meccanismo di controllo radar satellitare proprio sui confini sud della Libia.
Questo sistema, come dicevo, esiste dal punto di vista tecnologico, ma ha un costo. La Libia è disposta a finanziare una parte di questo investimento. Io credo che il Governo italiano debba dare il via libera e contribuire al finanziamento e alla realizzazione di questo sistema di controllo, perché è l'unico modo per consentire l'attuazione degli accordi che abbiamo già preso con la Libia che prevedono il pattugliamento nelle acque territoriali libiche.
Quanto alla lotta al terrorismo interno e internazionale, prosegue con rinnovato impegno l'azione di contrasto al fondamentalismo islamico e alle altre forme di fondamentalismo. Ricordo i successi più recenti, quelli del mese di giugno, ottenuti su questo campo: la Digos di Napoli ha eseguito il fermo di 30 cittadini srilankesi di etnia Tamil sospettati di gestire la rete italiana di finanziamento del gruppo terroristico delle Tigri Tamil; sempre la Digos, stavolta di Palermo, ha eseguito sette provvedimenti di fermo nel mese di giugno nei confronti di altrettanti appartenenti a questa medesima organizzazione.
Sulla sicurezza stradale sono previsti provvedimenti nel decreto e nel disegno di legge. Ad esempio, nel decreto legge è prevista la confisca dell'autoveicolo guidato da chi lo conduce in stato di ebbrezza oltre certi limiti, essendo proprietario dell'autoveicolo. Abbiamo inserito nel disegno di legge la norma - c'erano rilievi di legittimità - che riguarda il caso in cui il veicolo sia condotto da chi proprietario non è. Io ho insistito affinché venisse equiparato il possessore al proprietario per evitare il trucco dello scambio dei veicoli, in modo da eludere la norma. Questa norma, come ho detto, si trova nel disegno di legge, quindi su questo bisognerà prestare attenzione per evitare che si eluda la sanzione ma anche per evitare di colpire chi non ha responsabilità, il proprietario inconsapevole. Su questo tema abbiamo allo studio campagne di sensibilizzazione.
Ho incontrato ieri il commissario europeo Antonio Tajani, che si occupa di trasporti, per capire meglio quali sono i fondi che la Commissione mette a disposizione degli Stati membri. Ci sono molti fondi che l'Italia non ha mai utilizzato sul terreno della sicurezza stradale, perché di competenza del Ministero dell'interno, che ha considerato suo interlocutore solo il commissario per l'immigrazione e la giustizia. Ci sono molti fondi che il commissario Tajani ha scoperto e che intendiamo assolutamente utilizzare; del resto, se non li utilizziamo noi li utilizzerà qualche altro Paese dell'Unione europea.
Quello degli enti locali, a mio avviso, è il capitolo più importante. Abbiamo in previsione, per il prossimo autunno, una serie di interventi riformatori molto significativi su questo terreno, che abbiamo inserito nel DPEF: federalismo fiscale, riforma delle competenze e dei rapporti tra Stato e mondo delle autonomie e - terzo vagone di questo treno federalista - attuazione


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della norma prevista nella Costituzione per quanto riguarda il ruolo di Roma capitale.
Su Roma capitale voglio spendere qualche parola per quanto riguarda le polemiche derivanti dalla dichiarazione del sindaco Alemanno sullo stato di dissesto. Esiste una procedura, che tutti voi conoscete, per la dichiarazione di dissesto da parte dei comuni. In passato sono stati dichiarati dissestati comuni importanti come Napoli, e perfino la provincia di Napoli, insieme a circa 400 comuni, dal 1990 in poi, alcuni dei quali città capoluogo di provincia. Il comune di Roma non ha iniziato la procedura di dissesto, ma ha fatto presente di essere in condizioni economico-finanziarie di pre-dissesto.
Penso che dovremmo mettere mano anche alla normativa che riguarda i controlli sui comuni, non solo per ciò che riguarda le infiltrazioni mafiose - al riguardo saremo ovviamente molto attenti - ma anche per quanto riguarda una gestione che, nel rispetto delle competenze del sindaco (che per me sono sovrane), eviti situazioni come quelle di chi inavvertitamente o troppo avvertitamente crea debiti astronomici. Il dissesto dei comuni, peraltro, viene coperto dalle risorse pubbliche; non si tratta di una società che fallisce e il patrimonio viene diviso tra i creditori. Lo Stato interviene comunque, ma senza sanzioni rilevanti per chi ha provocato il dissesto. Su questo credo che occorra intervenire per garantire controlli accurati, al fine di evitare che si arrivi in condizioni di pre-dissesto.
Per esempio, dovremmo impedire l'utilizzo, per creare liquidità, di strumenti finanziari troppo disinvolti, che poi determinano debiti di miliardi di euro francamente inaccettabili.
Per quanto riguarda il rapporto con gli enti locali, ho già citato i nuovi poteri dati al sindaco in materia di sicurezza urbana. Come Ministro dell'interno, avendo avuto il nulla osta da parte delle autorità di pubblica sicurezza, penso che si possano trasferire ai sindaci alcune competenze che oggi sono proprie della Polizia, ad esempio quelle in materia di rilascio dei passaporti e dei permessi di soggiorno. Se diamo al sindaco la possibilità di verificare se un cittadino extracomunitario ha diritto o meno di ottenere l'iscrizione all'anagrafe e la residenza, penso che sia coerente - con tutte le cautele derivanti dai costi e dall'organizzazione di questo servizio - trasferirgli anche la possibilità di decidere se vi sono i requisiti per rilasciare o meno il permesso di soggiorno. Di questo si potrà parlare nel disegno di legge.
Sto preparando una proposta di legge per la revisione delle funzioni e dell'ordinamento dei corpi di polizia municipale sulla base di una proposta presentata dall'ANCI, dall'UPI e dalla Conferenza dei presidenti delle regioni e delle province autonome. Anche in questo caso si tratta di un provvedimento già formulato nella passata legislatura, sul quale intendo riprendere il confronto, per ripresentarlo prossimamente nel Parlamento.
Intendo dare attuazione ai patti per la sicurezza siglati con numerose città, ma rimasti sulla carta. Abbiamo anticipato e già dato attuazione ad una norma prevista nei patti per Milano, Roma e Napoli, riguardante la nomina del prefetto come commissario straordinario di governo per l'emergenza nomadi. Non è l'emergenza Rom, cioè un'emergenza relativa a un'etnia, ma è quella dei campi nomadi. In questi campi c'è di tutto: Rom, cittadini italiani, cittadini comunitari, cittadini extracomunitari, persone perbene, tanti minori e infine criminali.
Di questi campi ne sono nati decine. Per quanto riguarda Roma, abbiamo censito finora quelli all'interno del grande raccordo anulare, contandone quasi cinquanta. Al di fuori del raccordo ce ne saranno altrettanti.
Sono campi di dimensione variabile, che ospitano da dieci a qualche centinaio di persone. Abbiamo chiesto ai prefetti di fare prima di tutto il censimento degli abitanti dei campi, prendendo le impronte digitali di tutti, anche dei minori, in deroga alle normative vigenti (a tutela degli stessi, per evitare che siano adibiti all'accattonaggio o peggio).


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Una volta effettuato il censimento, sapremo chi vive nei campi, chi ha diritto di rimanere (cittadini italiani e comunitari) e chi no. Chi ha diritto di rimanere, però, dovrà essere messo nella possibilità di farlo in condizioni decenti.
Faremo tutto questo con il coinvolgimento dei comuni - dei servizi sociali dei comuni - e della Croce rossa. Abbiamo ottenuto da quest'ultima la disponibilità ad accompagnare i prefetti e le forze di polizia nell'attività di censimento, proprio per evitare che sia considerata un'attività di schedatura, magari etnica. Non è così. È un censimento per garantire, a chi ha il diritto di rimanere, le migliori condizioni possibili, e per assicurare altresì il rispetto della legge.
Noi prevediamo, come ho detto, il reato dell'impiego di minori nell'accattonaggio e la sottrazione dell'esercizio della patria potestà ai genitori che si rendono complici di questo reato.
Inoltre, intensifichiamo l'intervento per quanto riguarda il soccorso pubblico: prevenzione degli incendi e difesa del patrimonio boschivo.
Stiamo istituendo, altresì, appositi nuclei specialistici in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro. Vogliamo dare il nostro contributo operativo per migliorare l'efficienza della prevenzione in materia di sicurezza nei luoghi di lavoro, attraverso nuclei specialistici che intervengano non solo quando l'incidente è avvenuto, ma anche per dare indicazioni di prevenzione, luogo di lavoro per luogo di lavoro, fabbrica per fabbrica, cantiere per cantiere.
Le norme ci sono e sono tra le più avanzate in Europa, ma il problema è che spesso non vengono applicate per superficialità. In alcuni dei più recenti casi si è visto che taluni incidenti avvenuti, ad esempio, per asfissia, si sono verificati sebbene sul furgone vicino ci fossero le maschere antigas; quelle maschere non sono state utilizzate non si sa perché. Questo è francamente inaccettabile.
In conclusione, accenno alle misure riguardanti le autonomie locali. Come ho detto, nel DPEF sono previsti il federalismo fiscale, il ruolo di Roma capitale, ma anche il nuovo Codice delle autonomie. Anche qui mi avvalgo del lavoro svolto dal precedente Governo. Noi vogliamo valorizzare ciò che di buono ha fatto il precedente Governo, e questa è un'iniziativa meritevole del Ministro Amato e del Ministro Lanzillotta: in un disegno di legge delega al Governo sono state inserite una serie di norme - note come Codice delle autonomie - che definiscono meglio i confini delle attività di comuni, province, regioni e Governo centrale, nell'ottica di attuare il principio di sussidiarietà e un moderno sistema federale.
A settembre sarò pronto per portarlo come collegato alla finanziaria, modificando alcune norme contenute nel provvedimento, dopo un confronto che intendo fare nel mese di luglio con tutti i soggetti interessati.
Questo Codice prevede anche l'istituzione delle aree metropolitane con l'eliminazione delle province. Ci sarà da discutere, perché ci sono alcune province e aree metropolitane, come quella di Venezia, Roma, Milano, Napoli, Torino, Palermo, che sono da valutare.
Le province vanno eliminate, ma per sostituirle con che cosa? Al riguardo vengono formulate diverse ipotesi. Personalmente ritengo che il presidente e il consiglio provinciale non possano essere sostituiti con altri organismi, ad esempio il sindaco metropolitano e il consiglio metropolitano, altrimenti cambiamo solo nome. Possono, però, essere sostituiti da una forma di governo delle competenze dell'area attraverso l'unione volontaria dei comuni, che mettono insieme queste competenze attraverso forme come quelle previste nella regione Trentino-Alto Adige, con il consiglio regionale che è la somma dei due consigli provinciali. Comunque, ci sono varie proposte e io presenterò quella del Governo, lasciando al Parlamento la decisione.
Questa sarà l'occasione anche per definire bene il ruolo delle province. Sono convinto che debbano rimanere, tranne quelle delle aree metropolitane, perché rappresentano un ente intermedio assolutamente necessario a tutela dei piccoli e


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piccolissimi comuni. Io abito in un comune di mille abitanti e, se non ci fossero molti assessori provinciali, il sindaco del mio paese farebbe probabilmente prima a venire a Roma che non a Milano.
Ma gli enti intermedi tra comune e provincia, le comunità montane, gli ATO e i consorzi devono rimanere? Possono essere sostituiti da competenze svolte dalle province? Questa è l'occasione per discutere di tutto ciò.
Ho chiesto e ottenuto dal Governo lo stralcio dalla finanziaria di due norme che erano state lodevolmente inserite, che prevedevano la riduzione del numero delle comunità montane, delle aree metropolitane e delle province, proprio perché penso che sia meglio che il Parlamento si occupi organicamente di tutta la materia, sulla base di una proposta del Governo che arriverà alla ripresa autunnale, che regolamenterà tutto questo settore.
Lascio a disposizione della Commissione le schede - molto più articolate dell' intervento - e ovviamente rimango a disposizione per le richieste di chiarimento da parte dei deputati.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per la relazione svolta; la documentazione consegnata verrà acquisita e messa in distribuzione.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

MANUELA DAL LAGO. Signor presidente, poiché il Ministro ha già fatto sapere che alle 16 dovrà assentarsi ed ha anche consegnato alla Commissione un testo scritto - del resto, non credo che quella odierna sarà la sua unica presenza in Commissione - mi chiedo se non potremmo riprendere gli interventi in una prossima seduta. Credo che sarebbe più opportuno.

PRESIDENTE. Lei è già iscritta per oggi, ovvero per la prossima volta, laddove il tempo fosse tiranno. Come da prassi, darò la parola alternativamente a un deputato della maggioranza e dell'opposizione, al di là dell'ordine di iscrizione.
Non do alcuna indicazione in merito ai tempi degli interventi, perché è giusto che ciascuno possa dire al Ministro quello che ritiene opportuno.

FILIPPO ASCIERTO. Signor presidente, cercherò di essere estremamente sintetico. Voglio ringraziare il Ministro per la sua articolata e chiara relazione, che sento di condividere in pieno (del resto, diversamente sarei dall'altra parte).
Signor Ministro, mi consenta un'osservazione. Forse non ha avuto modo - lo verificherò tra le schede - di esporre il problema del personale delle forze dell'ordine. Sull'immigrazione clandestina siamo d'accordo su tutto. Chi dovrà contrastare questo fenomeno è il personale delle forze dell'ordine, che dobbiamo impiegare sul territorio, così come per qualsiasi altra forma di reato, dalla criminalità organizzata ai crimini più diffusi sul territorio. Ahimè, in questi ultimi due anni, tranne che in quest'ultima finanziaria, sono stati previsti dei tagli sotto il profilo delle assunzioni, che hanno messo in ginocchio le forze dell'ordine. Abbiamo circa 14 mila unità in meno negli organici. Questa è un'emergenza, ecco perché mi sento di condividere l'impiego dei 3 mila militari al quale lei ha accennato. Fino a quando non avremo nuovi poliziotti, nuovi carabinieri, non possiamo abbandonare le città alle emergenze, così come le abbiamo trovate.
La presenza dello Stato con la «s» maiuscola è fondamentale per un'inversione di tendenza. Dobbiamo dare avvio alle assunzioni - erano 5 mila quelle previste nell'ultima finanziaria -, che i tagli scellerati del 2007 hanno di fatto bloccato, così come hanno bloccato quei processi di immissione di personale nelle strade. Anche se provvediamo a presidiare i posti sensibili, non potremo mai sopperire a quelle carenze che stanno diventando sempre più croniche.
Occorre, dunque, più personale da immettere nelle strade. Abbiamo alcune centinaia di carabinieri impiegati presso il Ministero della difesa. Chiunque potrà


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verificare che, nella sede sul lungotevere, i carabinieri chiedono i documenti all'ingresso.
Anche alla Camera, del resto, sono impegnati molti carabinieri. Se parleremo di sicurezza sussidiaria, come lei ha accennato, in futuro possiamo anche integrare sul modello aeroportuale questi servizi. Per modello aeroportuale si intende forze dell'ordine e vigilanza privata. Non sto parlando di funzioni estese, ma di collaborazioni.
Dobbiamo recuperare personale e cercare di utilizzarlo in servizi operativi, ad esempio quello del nucleo radiomobile e delle volanti. Abbiamo ereditato una situazione per cui fino all'inizio del 2009 - è bene che i cittadini lo sappiano - sarà difficile avere più mezzi. A causa dei tagli del 2007 (mille milioni di euro) e con gli stanziamenti del 2008, per la programmazione materiale dovremo arrivare alla fine dell'anno e all'inizio del 2009 per avviare alcuni processi di cui la macchina ha bisogno per funzionare.
Mi permetta di spendere alcune parole su un aspetto sul quale ho condotto una battaglia, avversando il centrosinistra: i trattamenti economici delle forze dell'ordine, la vergogna dell'ultimo contratto, la truffa perpetrata alla funzione pubblica di un patto sulla sicurezza che è stato disatteso all'inizio di quest'anno. Ebbene, non possiamo pensare che nell'ambito della sicurezza non siano previsti stanziamenti idonei per i miglioramenti stipendiali delle forze dell'ordine e anche per lo straordinario. Se non c'è personale e gli impegni da assolvere sono così forti, necessariamente aumenteranno le ore di straordinario. Signor Ministro, lo straordinario costa 6 euro all'ora per questa categoria: è il costo di lavoro straordinario più basso, in senso assoluto, tra il pubblico e il privato e a livello europeo. Anzi, vorrei sottoporle la necessità, per la funzione pubblica, di avviare immediatamente lo sblocco di quei 200 milioni che devono integrare sia lo straordinario sia il buono pasto.
Pertanto, dobbiamo invertire la tendenza. Se in Italia vi sono delle priorità - e la sicurezza lo è - noi difenderemo il suo operato perché quelle priorità vengano rispettate e perché siano assicurati i fondi necessari per le forze dell'ordine e per il Ministero dell'interno.
Ho appreso con estremo piacere la sua volontà di confiscare in modo più diretto i beni alla criminalità organizzata. Si tratta di miliardi di euro che noi possiamo sottrarre alla malavita confiscando non solo i beni, ma anche i depositi di denaro sparsi nelle banche in giro per l'Europa, che corrispondono alla finanziaria di uno Stato. Se potessimo usufruire di questo denaro per finanziare direttamente le forze dell'ordine e per provvedere all'ammodernamento delle loro tecnologie, sicuramente faremmo un grande passo avanti.
Ritengo che la strada che lei ha tracciato, signor Ministro, sia estremamente condivisa. Dobbiamo solo aggiungere la parte che riguarda il personale delle forze dell'ordine e inserire, nell'ambito della prossima finanziaria, questa seria ed importante priorità.

LUCA VOLONTÈ. Intervengo brevemente per ringraziare il Ministro - la materia che riguarda le competenze del Ministro Maroni è molto ampia ed anche gli stimoli che vengono dalla sua relazione potrebbero aprire una riflessione molto vasta - per la sua disponibilità di oggi e per quella che ha anticipato per il prosieguo del dibattito.
Devo dirle, signor Ministro, che il ringraziamento è doppio, perché attraverso la sua relazione ci ha anche introdotto al dibattito sui provvedimenti che il Governo ha posto in essere di fronte a un'emergenza sicurezza che era stata fatta oggetto, anche legittimamente, da parte di molte forze politiche, della preoccupazione dei cittadini e degli impegni elettorali.
Se posso permettermi, la inviterei ad ampliare - nell'intervento successivo, che lei ha già anticipato - il raggio del suo ragionamento a tutte quelle parti delle competenze del Ministero dell'interno che non sono direttamente collegate all'emergenza


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immigrazione, che è stata oggetto dei provvedimenti e di gran parte del core business del suo intervento.
Voglio sottolineare innanzitutto il tema delle risorse, che sono mancate nella disponibilità del Ministero dell'interno fin dalla scorsa legislatura, alcuni dicono addirittura dalla legislatura ancora precedente. Comunque la si guardi, questa è una brutta piaga pur nell'ambito delle buone intenzioni e dei concreti impegni che ogni Ministro dell'interno vuole mettere in campo.
Le risorse sono carenti per i mezzi delle forze di polizia. Dopo averlo detto in tutte le salse nella scorsa legislatura e in quella precedente, oggi ripetiamo che laddove ci sono autovetture disponibili e guidabili manca il carburante. Dall'altro lato, c'è un problema reale di recupero delle forze di polizia e dell'Arma dei carabinieri rispetto a compiti di «distrazione».
Troppe persone sono occupate in scorte «decorative», per usare un termine eufemistico. Nei ministeri e nelle questure siedono ancora troppi rappresentanti delle forze dell'ordine a svolgere compiti che facilmente si potrebbero attribuire ai pubblici dipendenti che non appartengano a forze di polizia.
Su queste emergenze - quella relativa ai mezzi economici, che purtroppo mi sembra sia ancora poco approfondita da parte del Ministro dell'economia e delle finanze, ed io le anticipo il nostro sostegno, e l'altra concernente la distrazione di forze di polizia in compiti di pura amministrazione - si gioca il futuro del controllo ordinario del territorio.
La criminalità ordinaria, del resto, non è immediatamente riconducibile a un tema grave ed emergente qual è quello dei crimini legati dall'immigrazione, ma comprende i furti, le truffe, le rapine e le vessazioni che il singolo cittadino subisce quotidianamente.
Credo che sarebbe opportuno mettere nell'agenda degli approfondimenti - le offro uno spunto per la sua prossima riflessione - la possibilità di un reale coordinamento tra le forze di polizia e l'Arma dei carabinieri. Cito un solo esempio: le caserme dei Carabinieri da un certo orario della sera sono assolutamente inutilizzate sul territorio e le caserme delle forze di polizia fanno altri tipi di lavoro. Ebbene, il cittadino normale che abita, come chi vi parla, in un paesino della provincia di Varese, si trova in difficoltà, perché ha la caserma dei Carabinieri a un chilometro e la caserma della Polizia a tre chilometri, ma da una certa ora in poi della notte non può fare altro che attaccarsi al telefono e talvolta aspettare che arrivino i carabinieri di una caserma molto più lontana.
Evidentemente non è un disagio personale, ma la situazione descritta spiega come questo coordinamento tra le forze di polizia e l'Arma dei carabinieri, anche sul territorio e non solo a livello nazionale, anziché essere funzionale per il cittadino, talvolta, con tutta la buona volontà da parte dei singoli e delle due armi, produce un effetto distorsivo rispetto a quella criminalità ordinaria che è il tema della sicurezza quotidiana del cittadino.
Ho apprezzato molti aspetti della sua relazione, ad esempio il riferimento alla creazione della banca nazionale del DNA. Ha fatto bene a ricordare che il dibattito, a questo riguardo, da molti di noi era non solo auspicato, ma anche condiviso, pubblicamente e a livello parlamentare. Allo stesso modo, guarderemo costruttivamente al decreto e al disegno di legge, l'uno approvato ieri al Senato, l'altro in discussione in questi giorni.
Certo, sul tema dell'immigrazione si potrebbe parlare moltissimo e si potrebbe anche proporre - lo dico al presidente Bruno - una riflessione, oltre a quella che ci ha prontamente fornito il Ministro dell'interno, con il Ministro degli affari esteri e con il Ministro del welfare. Non dimentichiamo che il tema dell'immigrazione riguarda la politica delle quote e dei flussi, ma anche una politica che dai tempi del commissario Vittorino - il cui mandato è scaduto nel 2004 - non ha riguardato l'Europa.
Dobbiamo dirci con grande chiarezza, in merito alla riflessione che ha fatto il


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Ministro Maroni sui rapporti con la Libia - sui quali ho un'opinione drammaticamente critica - che è necessario che tutta l'Europa stabilisca rapporti con la riva sud del Mediterraneo.
Il commissario Vittorino era l'unico a considerare come strategia europea non solo quella di non abbandonare i singoli Paesi del continente europeo nei rapporti bilaterali, ma anche quella di coinvolgere l'Europa con i Paesi a sud di quelli che si affacciano sul Mediterraneo, ossia i Paesi subsahariani o centro-africani. Diversamente, con qualsiasi sistema di controllo delle frontiere della Libia e dell'Egitto, dell'Algeria e del Marocco, è difficile immaginare di fermare il flusso di intere popolazioni che fuggono dai loro Paesi di origine per tante ragioni, la prima delle quali non è certamente quella di venire in Europa a delinquere, ma di trovare aspettative positive per sé e per la propria famiglia.
Da questo punto di vista, sono importanti le anticipazioni rese dal Ministro Maroni nonché le sue riflessioni, che attendono, per quanto ci riguarda, un ulteriore ampliamento. Se manteniamo queste politiche dei flussi e questa inazione sulle politiche di immigrazione dell'intera Europa poco potranno fare, come poco hanno potuto fare i ministri e i Governi precedenti, il Ministro Maroni e il Governo Berlusconi.
Signor Ministro, sarebbe importante che nella prossima riflessione che farà in questa Commissione spendesse qualche parola sul terrorismo interno che, diversamente da quello che pensava il suo predecessore, non è finito nel settembre 2006.
Abbiamo visto - i casi sono sotto gli occhi di tutti, a partire dagli arresti di Padova di un anno e mezzo fa - come ci siano sacche di intolleranza che, a volte, non si fermano alla discriminazione delle opinioni altrui, come è accaduto pubblicamente da parte di alcune frange non prettamente pacifiche nel nostro Paese, ma si organizzano (spero che lei ci dirà che non c'è più questo pericolo) per incendiare sedi di quotidiani, per intimidire e uccidere persone impegnate nelle questioni del lavoro, ma non solo. Purtroppo lo abbiamo visto recentemente nel nostro Paese, con gli arresti di terroristi di una certa matrice, che potrebbero tuttavia essere anche di altra ideologia.
Accenno soltanto superficialmente, per ragioni di tempo, a un altro capitolo, che avremo certamente modo di approfondire, anche a partire dai provvedimenti che il Ministro ci porterà. Il Ministro ha già anticipato la valorizzazione del Codice delle autonomie anche attraverso gli incontri che sta tenendo, di cui abbiamo notizia sui quotidiani nazionali, con gli amministratori pubblici, sindaci in primis.
Non sono assolutamente contrario all'idea di un sindaco «sceriffo», che abbia cioè una responsabilità e una cura nei confronti della propria comunità. Sarò curioso di approfondire il tema, anche a partire dal Codice delle autonomie, per vedere quanto questo si colleghi al principio di sussidiarietà - una sussidiarietà nella quale il sindaco non solo è responsabile, ma è anche controllabile da parte del cittadino - e quanto si debba lavorare per valorizzare questo principio, che prevede sì una responsabilità allargata del sindaco ma deve anche prevedere, attraverso maggiori poteri nel consiglio comunale o maggiore possibilità di controllo nella trasparenza degli atti da parte del cittadino, un rapporto di lealtà tra lo stesso sindaco e i cittadini della comunità.
Tutto ciò nell'auspicio, onorevole Ministro, che lei possa lottare con il sostegno di tutti per aumentare le risorse finanziarie, umane e di mezzi destinate al suo Ministero, quindi alla sicurezza del nostro Paese. Mi aspetto di poter sentire la sua opinione, nel prossimo intervento che farà in questa Commissione, sugli altri aspetti che mi sono permesso di sottolineare e che sono importanti - sebbene non facciano parte dei provvedimenti immediati e urgenti che approverà il suo Governo - per delineare una politica complessiva sulla sicurezza e sull'ordine pubblico, che compete non solo alla sua persona, ma anche al suo Ministero.


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MARCO MINNITI. Anch'io ringrazio il Ministro per la cortesia che ha avuto nel venire in questa Commissione a riferirci i suoi intenti e il suo programma di lavoro.
Penso che, solitamente, quando si avvia un ragionamento all'inizio di una legislatura forse è più giusto - mi auguro che il Ministro possa farlo nella sua replica conclusiva - offrire un quadro più strategico dell'andamento delle questioni della sicurezza, riferire i proponimenti anche di medio periodo del Ministro e del suo Ministero. È chiaro che noi non dobbiamo collegare questa discussione esclusivamente alla contingenza parlamentare. Avremo altri momenti per farlo: tra qualche giorno, ad esempio, arriverà all'esame di questa Commissione il decreto-legge sulla sicurezza, che poi andrà in aula, dunque discuteremo in quella occasione.
Penso che in questa sede si debba approfittare della presenza del Ministro per avviare una discussione di carattere più strategico, riguardante quello che è necessario o, meglio, quello che si propone per la sicurezza del nostro Paese.
Se così è, consentitemi di fare una riflessione iniziale. Signor Ministro, nella sua relazione è emersa una straordinaria, quasi assoluta coincidenza tra le questioni della sicurezza e le questioni dell'immigrazione. Posso dirle che questa coincidenza, che forse è anche subliminale, è il punto principale che non mi convince del suo intervento.
Vorrei che ci intendessimo fino in fondo. Se pensiamo che tutto il tema della sicurezza di un Paese derivi soltanto da provvedimenti di correzione e di intervento sul tema dell'immigrazione noi commettiamo un gigantesco errore di prospettiva per l'Italia. Dobbiamo comprendere, invece, che il tema della sicurezza di un Paese deve essere affrontato in termini meno emotivi e, se mi è consentito, meno emergenziali, nel senso che è fondamentale che su questi temi ci sia un orizzonte di medio e lungo periodo.
Cito un esempio per entrare immediatamente in medias res. A un certo punto lei ha citato, quasi fosse un piccolo incidente di percorso - o una questione tutto sommato contenuta dentro i limiti di una ordinaria straordinarietà - il tema dell'uso dei militari per funzioni di controllo e di ordine pubblico nelle strade delle città italiane.
Ebbene, lei ha parlato di una circostanza che costituisce - penso che lo sappia bene - un'assoluta straordinarietà e novità per la vita del nostro Paese. Non è mai successo che i militari fossero impegnati per il pattugliamento nelle città, addirittura nelle grandi città.

ANTONINO LO PRESTI. A Palermo è successo.

MARCO MINNITI. Non mi interrompa, altrimenti sono costretto a spiegarle che cos'è successo a Palermo. Evidentemente, anche se lei è di Palermo, non è ben informato.
Come dicevo, si tratta di un provvedimento che non ha precedenti nella vita del nostro Paese. Per venire all'osservazione del collega, abbiamo avuto un impegno dei militari nell'operazione «Vespri siciliani» (quella a cui si riferiva il collega Lo Presti), che non era di questo tipo. In quel caso, infatti, l'impiego di militari riguardava esclusivamente il controllo di obiettivi fissi e non il pattugliamento per strada.

ANTONINO LO PRESTI. Ti sbagli...

PRESIDENTE. Onorevole Lo Presti, per cortesia. Ognuno di noi ha la possibilità di esprimere quello che ritiene. Se lei vuole, si può iscrivere a parlare e potrà replicare al collega Minniti.

MARCO MINNITI. La ringrazio, presidente, per il suo autorevole intervento.
Dicevo che oggi si parla del pattugliamento per strada. Questo è un segnale a mio avviso preoccupante. Lo dico per lei, signor Ministro dell'interno, perché nel momento in cui si dà la sensazione che il tema dell'ordine e della sicurezza pubblica nel nostro Paese è arrivato a un tale punto di difficoltà da dover pensare che è utile, anzi assolutamente necessario e inderogabile utilizzare le Forze armate per compiti


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di vigilanza e di controllo del territorio, si trasmette un segnale che è esattamente contrario a quello che si dovrebbe dare, quello di una situazione che rischia di apparire fuori controllo.
Aggiungo un'altra considerazione. A me preoccupa moltissimo quando si dice, ad esempio, che poi si approfondiranno le regole di ingaggio. L'idea che per un servizio di ordine e di sicurezza interna si debba discutere preventivamente delle regole di ingaggio dei militari, sinceramente mi crea una certa difficoltà. Io sono sempre stato abituato a pensare che le regole di ingaggio riguardassero l'impiego dei militari in situazioni molto più delicate, spesso fuori dai confini del nostro Paese.
Il problema è che mi sarei aspettato che accanto a questa valutazione venisse specificato che questa scelta è di carattere emergenziale. Sinceramente non ne comprendo la ragione, penso che sia una scelta sbagliata in sé. Non è un caso che essa abbia provocato - noi non ne abbiamo parlato, ma è giusto che lo facciamo - un grande malessere, ad esempio, tra i rappresentanti delle forze di polizia. C'è un certo malessere anche tra gli stessi rappresentanti delle Forze armate, perché si rischia di chiedere alle Forze armate di fare ciò che non devono fare e alle forze di polizia di non fare ciò che sono addestrate a fare.
In più, signor Ministro, lei non ci ha detto nulla in prospettiva su tutto ciò. Noi siamo un Paese che oggi deve affrontare un grande tema, sul quale vorrei che lei esprimesse la sua opinione. Noi abbiamo 300 mila uomini impegnati tra le varie forze di polizia. Voglio anche dirle, en passant, che tutta la partita dei Carabinieri in questa sede non la utilizziamo neppure. Lei sa perfettamente, infatti, che i Carabinieri al 100 per cento, quando sono impegnati in funzioni di ordine pubblico, dipendono direttamente dal suo Ministero, non c'è bisogno di alcun decreto e di alcun provvedimento di legge. Lei può utilizzare, dunque, se lo ritiene opportuno, in qualunque momento, il 100 per cento dell'Arma dei carabinieri. Come lei sa, per le funzioni di ordine e di sicurezza pubblica, l'Arma dei carabinieri dipende funzionalmente dal suo Ministero. Ho cercato di spiegarlo anche al suo collega La Russa, spezzando una lancia nella sua direzione.
Al di là di questo, c'è un grande problema che riguarda 300 mila uomini. Il problema vero che emerge - e di questo, forse, dovremmo discutere anche con i colleghi del centrodestra, non sto facendo qualcosa di propagandistico - è di comprendere come si ridefinisce un nuovo modello di sicurezza nel nostro Paese. Negli ultimi cinquant'anni abbiamo avuto sempre lo stesso modello di sicurezza. La distribuzione sul territorio delle forze di polizia e dell'Arma dei carabinieri è sempre stata la stessa. Poi, di volta in volta, ognuno ha aggiunto, a seconda della sua particolare forza sul territorio, una stazione dell'Arma dei carabinieri e un commissariato di Polizia. Il problema è che quel tipo di distribuzione sul territorio delle forze di polizia non è più adatto al nostro Paese.
Se si vuole affrontare seriamente il tema del controllo del territorio, anziché prevedere misure emergenziali, che lasciano il tempo che trovano, bisogna affrontare due temi fondamentali. Il primo è quello di ridefinire un nuovo modello di distribuzione delle forze di polizia sul territorio. Lo si può fare attraverso un rapporto positivo con le istituzioni locali, perché dobbiamo ascoltare ciò che viene dal territorio. Quello è il nodo - ne discuteva prima l'onorevole Volontè, a mio avviso con grande ragione - strategico. So bene che è più complicato affrontarlo, ma se non lo si affronta non si capisce come ci muoviamo.
Il secondo tema, molto più complesso, è quello relativo al coordinamento delle forze di polizia. Capisco che di questi temi più complicati non si parli, anche perché la soluzione non può essere un decreto-legge, che viene utilizzato per affrontare questioni più semplici.
Davvero si pensa - lo dico al Ministro dell'interno, ma con spirito positivo - di non affrontare, in questa legislatura, un tema costituente così rilevante come il coordinamento delle forze di polizia e la


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capacità di costruire una piena complementarietà tra le stesse? Quando dico «piena complementarietà» mi riferisco a tre livelli. Innanzitutto la complementarietà tra le forze di polizia nazionali, che sono cinque. Noi dovremmo stabilire una capacità di rafforzare la sinergia, evitando le sovrapposizioni o conseguire quella che si può chiamare una sovrapposizione intelligente.
Il secondo livello è la complementarietà tra le forze di polizia nazionali e le forze di polizia locali. In questo caso è assolutamente necessaria una riforma. È chiaro che la bozza di riforma dell'articolo 54 prevista nel decreto allude alla riforma delle polizie locali. Se non c'è la riforma delle polizie locali, anche quell'articolo 54, che è riformato dal decreto, rimane monco.
Infine, signor Ministro, c'è il livello della complementarietà con le polizie private. È necessaria anche una riforma delle polizie private. Noi pensiamo a un modello di sicurezza proprio perché vogliamo il controllo da parte delle forze di polizia, in un rapporto di complementarità e di integrazione: forze di polizia nazionali, forze di polizia locali e polizia privata. Di questo, però, non si discute.
Passo a un'altra questione. Signor Ministro, lei ha affrontato il tema relativo alla lotta alla clandestinità. Ora, il punto è abbastanza impegnativo per non affrontarlo con una certa serietà, anche per interloquire con lei sulle cose che ha detto. A me non convince l'equazione immigrazione, sicurezza e criminalità, per una ragione semplicissima. Se noi dovessimo considerare giusta quell'equazione terremmo fuori una parte significativa dei reati che avvengono nel nostro Paese.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. È un'uguaglianza, non un'equazione.

MARCO MINNITI. Come vuole lei. Su questo sono aperto ai suggerimenti.
Quell'uguaglianza significa tenere fuori un'altra parte di quello che avviene nel nostro Paese. Faccio un esempio. Come lei sa perfettamente, per le statistiche del Ministero che lei dirige, gli immigrati integrati hanno un tasso di delittuosità che è pari a quello dei cittadini italiani. A questo tasso di delittuosità bisogna aggiungere quella dei clandestini. Tuttavia, rimangono circa due terzi dei reati italiani che non sono commessi da clandestini. Quindi, rimane aperto un grande fronte della sicurezza del nostro Paese che non può essere affrontato solo con le politiche di immigrazione. C'è bisogno di altro, ma su questo «altro» non ho sentito nulla (Commenti)!
Ascoltiamoci pacatamente; discuteremo, il ministro replicherà, è tutto normale, questo è ordinario dibattito. Ascoltiamoci reciprocamente ... (Commenti del deputato Souad Sbai). Io sono calmissimo. Mi ha visto particolarmente aggressivo nei suoi confronti? Se lo sono stato le chiedo scusa, non volevo.
Io penso che nel nostro Paese dobbiamo condurre una severa lotta alla clandestinità. Su questo, signor Ministro, le strategie sono radicalmente differenti. Lei non ci ha detto una cosa che, a mio avviso, è molto importante. Uno degli aspetti fondamentali della lotta alla clandestinità è la capacità di integrare coloro che hanno già una casa e un lavoro e che sono mediamente soltanto irregolari. Su questo non ha detto una parola. Lei sa perfettamente che, in questo momento, in Italia il range di questa figura di cui ho parlato è tra 650 mila e 800 mila persone.
Signor Ministro, forse questo dovrebbe farla riflettere su quello che è stato l'effetto della legge Bossi-Fini. Vorrei ricordare in questa riunione che a un certo punto, nel momento in cui si è approvata la legge Bossi-Fini, che doveva essere lo strumento principale contro la clandestinità, nel nostro Paese si fece anche una sanatoria. L'allora Ministro Buttiglione disse che nel momento in cui avessimo fatto una legge severa sulla clandestinità avremmo sanato tutte le situazioni precedenti.
Considerato che questa legge severissima sulla clandestinità ha prodotto 800 mila irregolari, evidentemente qualcosa


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che non funziona ci deve essere! Discutere del fatto che la legge Bossi-Fini abbia fallito nel suo obiettivo fondamentale mi sembra che sia giusto nel momento in cui affrontiamo il tema dell'immigrazione.
Il primo problema è integrare quelli che hanno una casa e un lavoro, ma sono privi di permesso di soggiorno. Una regola fondamentale delle politiche di sicurezza, cari colleghi, è quella di non mettere mai in comunicazione il vaso buono con il vaso cattivo. Se metto in comunicazione coloro che hanno già una casa e un lavoro - le badanti, per intenderci, o coloro che lavorano a domicilio - con la clandestinità scateno un gigantesco cortocircuito sul terreno della sicurezza perché, di fatto, metto in comunicazione il vaso buono con il vaso cattivo, ovvero spingo i buoni nel confine dei cattivi.
Sulle politiche di integrazione non ho sentito dire una sola parola in questa sede. Eppure le politiche di integrazione sono fondamentali per essere severi, poi, nelle politiche dell'allontanamento e delle espulsioni.
L'altro aspetto delle politiche di lotta alla clandestinità sono le espulsioni, che devono essere, tuttavia, accompagnate da una strategia attenta per quanto riguarda la dinamica internazionale.
Lei su questo è ritornato, signor Ministro, in qualche modo colmando un punto di partenza difficile. A lei non sfuggirà che abbiamo avuto un grande momento di difficoltà nel rapporto con la Libia. Prendo atto positivamente della volontà che ha espresso di recuperare quel rapporto e che il Presidente del Consiglio andrà in Libia per parlare con il Presidente Gheddafi. Non c'è dubbio, però, che ci sia stato un grande problema e che in quei rapporti bilaterali sia la chiave di un punto fondamentale, la possibilità di avere un Paese nel quale poter rispedire i clandestini e di controllare chi vuole venire in Italia.
Stando ai dati che sono stati riferiti - lei è il Ministro dell'interno e potrà su questo correggermi - nei primi sei mesi del 2008 gli sbarchi a Lampedusa sono raddoppiati, o almeno questo è quello che ho sentito dire e che ho letto da qualche parte. Può darmi conferma di questo tipo di andamento? Questo è un elemento importante, perché se, nonostante il quadro sia così duro sul terreno della deterrenza, gli sbarchi raddoppiano, vuol dire che qualcosa non funziona e probabilmente questa è una strada non sufficientemente forte.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Quelli sono avvenuti prima.

MARCO MINNITI. Siccome io penso che l'ambizione del Ministro dell'interno sia quella di guidare questo Paese per un certo numero di anni, penso che avrà la possibilità di verificare quanta distanza ci sia tra gli annunci e i risultati. Come sapete, quando in politica agli annunci che si fanno non corrispondono risultati all'altezza, si ha una crisi di fiducia.
Lo dico perché mediamente una persona ha sempre l'ambizione di governare per cinque anni un Paese. Da questo punto di vista noi abbiamo fatto un miracolo e ci auguriamo che voi facciate altrettanto, ma non vogliamo essere particolarmente cattivi nei vostri confronti.
La seconda questione è quella della effettività delle espulsioni. Ora, nel momento in cui si inseriscono le espulsioni - questo è il punto chiave, signor Ministro - all'interno di un sistema giudiziario di un Paese, non solo si collassa quel sistema (diventerà difficilissimo gestire il sistema giudiziario italiano), ma si fa diventare inefficace e controproducente tutto il percorso. D'altro canto, lei sa che i Paesi dove è previsto il reato di immigrazione clandestina, come la Francia, seguono la via amministrativa e sa anche che il miglior risultato sul terreno delle espulsioni effettive l'ha raggiunto la Spagna - 50 per cento in più - che è un Paese in cui non è previsto il reato di immigrazione clandestina.
Il punto delicato che crea insicurezza tra i cittadini - lei non ne ha parlato assolutamente e la pregherei di ritornare su questo tema nella sua replica - è la mancanza dell'effettività della pena.
Signor Ministro, questo è il punto, non uno dei tanti punti. Esiste un circuito in


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cui la sensazione di avere sliding doors, porte girevoli, nel sistema di sicurezza del nostro Paese è altissima. Questo provoca insicurezza tra i cittadini e frustrazioni fra le forze di polizia. Naturalmente, dovremmo affrontare questo tema sapendo che è un tema chiave. Capisco che è un po' difficile affrontarlo adesso, tenendo conto delle nuove misure aggiunte al decreto-legge sulla sicurezza, ma questo è il cuore della questione. Non è un caso che tutti coloro che si misurano con la sicurezza nel nostro Paese dicono che questo è il punto chiave. Altro che collassare la giustizia! Si tratta di rendere più effettiva ed efficace la pena.
Permettetemi un'ultima considerazione. Lei ha saltato il tema - lo capisco, è una vexata quaestio, e anche per me ogni volta che venivo in Parlamento, sebbene con funzioni molto meno importanti delle sue, era un dolore affrontarlo - delle risorse. Su questo lei non ha detto una parola, ma sono ritornati sul tema gli onorevoli Ascierto e Volontè. Quello delle risorse è un punto chiave, anche perché, tra l'altro, siamo in medias res. Il Governo, infatti, ha da poco varato il documento di programmazione economica e finanziaria, la finanziaria insomma. Lei dovrebbe dirci - in ogni caso, mi auguro che possa farlo nella replica - qual è il quadro delle risorse nel campo della sicurezza.
Non c'è nessuno qui dentro - su questo voglio essere molto sincero e franco - che possa dire di aver fatto chissà cosa nel campo delle risorse. Se guardiamo i dati dell'Eurostat degli ultimi 15 anni ci rendiamo conto che il rapporto tra comparto sicurezza e prodotto interno lordo è rimasto sempre, grosso modo, lo stesso: 0,1 per cento in più o in meno.
Questo è il vero segnale di un cambiamento di qualità. Se la sicurezza è una priorità, c'è bisogno anche di risorse adeguate, che tengano conto delle condizioni del personale, delle condizioni di vita della gente, dei mezzi e delle strutture. Mi auguro che quando lei ritornerà in Commissione, tra qualche giorno, potrà intrattenerci su questo tema.
Infine, signor Ministro, negli anni scorsi si è introdotto il principio del rapporto tra il Ministero dell'interno e il Parlamento italiano per le questioni riguardanti la criminalità nel nostro Paese. In altre parole, il Ministero dell'interno presentava ogni anno un rapporto sull'andamento della criminalità. Considero quel rapporto un «patrimonio» dell'Italia. È importante che il Paese sappia ogni anno come stanno le cose. Dobbiamo liberarci dell'idea che le statistiche sulla criminalità possano diventare elemento di polemica politica. Probabilmente quando si sta al Governo si pensa che è meglio non fornire i dati, che potrebbero impressionare l'opinione pubblica. Io penso, invece, che le politiche di sicurezza abbiano assolutamente bisogno di conoscere i dati. In presenza dell'andamento annuale dei dati, che rivelano che un reato aumenta e un reato diminuisce, è possibile verificare l'efficacia delle politiche di sicurezza messe in campo.
Signor Ministro, non so quale sia il suo orientamento su questo, ma la pregherei dirci, nella prossima occasione, se lei intende confermare quel rapporto annuale al Parlamento. Nel caso in cui lo dovesse fare, io la ringrazio preventivamente perché renderebbe un buon servizio al nostro Paese.

PRESIDENTE. Signor Ministro, considerato il cospicuo numero degli iscritti a parlare (diciotto), la pregherei di indicare, tramite gli uffici, due giorni - non credo ne basti uno solo - in cui potrà tornare in Commissione.
Non sarà possibile incontrarci prima del 10 luglio, dal momento che nel periodo antecedente, come Commissione, dovremo affrontare l'esame del pacchetto sicurezza, che probabilmente ci costringerà a prevedere sedute notturne e fuori dalle giornate canoniche.
Sarebbe importante che dopo il 10 luglio lei potesse dedicarci uno o due giorni (a seconda del tempo disponibile) per il proseguo degli interventi e per la replica.

ROBERTO MARONI, Ministro dell'interno. Signor presidente, posso già dare la


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mia disponibilità per la settimana che inizia lunedì 14 luglio, così come per la settimana successiva, esclusi i giorni 24 e 25, quando dovrò partecipare al Consiglio GAI a Bruxelles.
Peraltro, io stesso avrei suggerito di incontrarci non prima del 10 luglio, dal momento che i giorni 7 e 8 si riunisce il consiglio informale GAI in Francia, che è il primo consiglio con la nuova presidenza francese. Pertanto, dopo il 10 potrei integrare la mia relazione con le misure che il Governo francese proporrà. Come sapete, in primo piano c'è una più ferma lotta all'immigrazione clandestina.
La posizione del governo francese, come ho già avuto modo di dire pubblicamente, ha il pieno sostegno del Governo italiano.

PRESIDENTE. Nell'ufficio di presidenza della Commissione, integrato dai rappresentanti dei gruppi, stabiliremo, secondo le disponibilità del Ministro, in quali giorni dare seguito all'audizione.
Ringrazio il Ministro e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16,10.

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