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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione I
8.
Mercoledì 21 dicembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Bruno Donato, Presidente ... 3

Audizione del Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Bruno Donato, Presidente ... 3 7 21 24
Amici Sesa (PD) ... 24
Bertolini Isabella (PdL) ... 12
Bressa Gianclaudio (PD) ... 7
Calderisi Giuseppe (PdL) ... 22
Cancellieri Anna Maria, Ministro dell'interno ... 3 22 24
Fiano Emanuele (PD) ... 8
Giachetti Roberto (PD) ... 19 21
Giovanelli Oriano (PD) ... 11
Lanzillotta Linda (Misto-ApI) ... 15
Lusetti Renzo (UdCpTP) ... 21
Minniti Marco (PD) ... 9 21
Pastore Maria Piera (LNP) ... 15
Pollastrini Barbara (PD) ... 16
Stasi Maria Elena (PT) ... 15
Tassone Mario (UdCpTP) ... 13
Vanalli Pierguido (LNP) ... 7
Vassallo Salvatore (PD) ... 20
Zaccaria Roberto (PD) ... 18
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI.

COMMISSIONE I
AFFARI COSTITUZIONALI, DELLA PRESIDENZA DEL CONSIGLIO E INTERNI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 21 dicembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DONATO BRUNO

La seduta comincia alle 15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro dell'interno, Anna Maria Cancellieri, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Do la parola al Ministro Cancellieri, che ringrazio per la presenza a nome mio e di tutta la Commissione.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Signor presidente, onorevoli deputati, desidero porgere il mio saluto al presidente Bruno e a tutti i componenti della Commissione affari costituzionali, ringraziandovi fin d'ora per l'attenzione che presterete alle mie parole.
Per il profondo rispetto che devo a questa Commissione, il mio intervento non sarà una semplice riproposta degli argomenti e delle riflessioni che hanno formato oggetto dell'audizione al Senato del 6 dicembre scorso, in occasione della presentazione delle linee programmatiche della mia azione di governo, alla quale integralmente rinvio. L'intento che mi anima, muovendo certamente dai contenuti della precedente audizione, è quello tuttavia di riprenderne i temi più significativi, vivificati alla luce dei successivi e più recenti avvenimenti. Questo non soltanto perché l'urgenza dei fatti che sono accaduti, nonché la rilevanza e la gravità degli stessi, sembrano suggerire, e direi quasi imporre, una simile scelta, ma anche per allontanare la sola idea che l'audizione di oggi possa apparire come iscritta in una serie di ritualità e non essere, invece, quell'importante momento di confronto istituzionale costruttivo e fecondo che mi auguro che sia.
Non vi è dubbio che queste ultime due settimane hanno visto il susseguirsi di episodi che, per quanto sia mia intenzione esaminare con il massimo dell'obiettività, senza indulgere in toni allarmistici, bensì inquadrandoli ed affrontandoli con indispensabile rigore pragmatico, chiamano in causa la sicurezza delle persone e il grado di coesione della nostra società.
Non mi sottrarrò all'onere di offrire il mio contributo alla lettura di questi accadimenti, disponibile fin d'ora ad ascoltare e a rispondere, sulla base degli elementi di cui ho notizia, ad ogni vostra domanda, nonché ad accogliere ogni vostro suggerimento che possa rendere questa audizione ancora più interessante e proficua.
Il dramma di Firenze rappresenta una lacerante ferita per la città e per il Paese. È comprensibile che, di fronte a un gesto così scellerato e carico di odio, abbiano prevalso, in un primo momento, sbigottimento ed angoscia; vi è stata subito, tuttavia,


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una reazione composta, civile, ferma e al tempo stesso generosa, una vicinanza autentica alla comunità senegalese che ben si è espressa attraverso le parole e i gesti del sindaco Renzi e delle altre autorità che hanno sentito il dovere di prendere posizione e dare solidarietà alle vittime e ai loro concittadini.
La dinamica dei fatti è ora all'attenzione degli inquirenti e non spetta certamente a me trarre le conclusioni di questo lavoro, cui guardo con profondo rispetto. Vorrei qui, tuttavia, rigettare interpretazioni semplicistiche e in qualche modo forzate, che possano oscillare tra un estremo e l'altro, cioè tra la tentazione di archiviare l'eccidio del 13 dicembre come gesto sconsiderato quanto imprevedibile di un folle e quella di ritenere gli stessi fatti come la prova irrefutabile di una deriva xenofoba che rischia alla fine di prevalere sul senso di civiltà e tolleranza.
Gli altri episodi di Torino e Verona, pur meno gravi nella loro triste contabilità di dolore e sofferenza umana, possono dare l'impressione o ingenerare il timore, anche per una certa concentrazione temporale, che si stia per imboccare un sentiero regressivo, al fondo del quale ci attendono pulsioni di cieca violenza. Non è così, tuttavia. Dobbiamo e possiamo credere che non sia così. La concomitanza di questi fatti, intanto, non sembra essere il frutto avvelenato della campagna di odio, né vi sono tra loro elementi di collegamento, un filo rosso, cioè, che in qualche misura ne spieghi e unifichi le ragioni.
I dati in nostro possesso raccontano, invece, di una realtà alla cui origine, in grandissima parte, vi è una disperata iniziativa individuale o l'attività di piccolissimi gruppi privi di un'anima organizzativa e ancora più approssimativi sul piano delle radici e dei riferimenti ideologici.
Anche se riportato in queste giuste dimensioni, il fenomeno dell'estremismo ideologico, permeato da esplicite ed esibite venature razziste, costituisce un fattore in preoccupante evoluzione, per il quale credo sia fondamentale non sottovalutare nulla e sviluppare, al contrario, ogni potenzialità di precoce intercettazione, grazie ad antenne sensibili in grado di percepire i segnali d'allarme che provengono, in particolare, dal mondo del web.
Occorre contrastare una lettura di questi episodi che accrediti una sorta di declinismo sociale. L'Italia è un Paese che ha grandi tradizioni di accoglienza; lo dimostra la ricchezza in cui prende forma l'offerta di assistenza e di protezione del migrante e la capacità di risposta del nostro sistema di welfare, anche se entrambe costrette a misurarsi con difficoltà di ogni genere. Non credo che una società matura possa seriamente mettere in dubbio che il fenomeno dell'immigrazione, governato alla luce delle due istanze, del tutto conciliabili nella loro ragionevolezza, di umanità e legalità, rappresenti un fattore di crescita del capitale sociale.
Quella di Firenze è al tempo stesso una tragedia e una lezione, una di quelle lezioni che non lascia indifferenti e che deve, proprio per questo, stimolare istituzioni e società a un rinnovato e responsabile impegno di vigilanza che si ispiri a equilibrio e sensibilità e scacci il pericoloso torpore delle coscienze.
Il rispetto della legalità è l'altro punto di riferimento di un discorso che esige una continua capacità di mediazione e di esplorazione di ogni possibile convergenza, come, al tempo stesso, una decisa attività di contrasto verso ogni forma di sfruttamento illegale, specie quando questo fenomeno è espressione di una turpe logica schiavista imposta dalla mano della criminalità organizzata.
Confermo, perciò, il mio impegno, che ho già affermato in Senato, ad operare in una direzione che abbia la forza di contemperare esigenze ineludibili per una comunità civile ed aperta: una comunità che non voglia lasciarsi scoraggiare dalle difficoltà e dalle paure, ma che sappia invece farsi guidare dai princìpi supremi e dai valori universali della nostra Costituzione.
È in tal senso, dunque, che darò impulso all'utilizzazione del Fondo europeo per l'integrazione, orientandone l'impiego verso forme che agevolino i percorsi di inserimento dello straniero, nel più sincero


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rispetto delle diversità e delle plurime identità culturali e religiose che sono presenti nel nostro Paese.
Allo stesso modo, mi impegnerò per dare applicazione all'accordo di integrazione tra lo straniero e lo Stato, seguendone attentamente le fasi della verifica e le rispondenze e coerenze ai princìpi solidaristici di ispirazione comunitaria, facendomi carico di assicurare la piena funzionalità delle prefetture, chiamate a sostenere, su questo fronte, lo sforzo maggiore e più rilevante.
In questi giorni si sono verificati episodi che, per la loro probabile matrice e per le stesse tipiche modalità esecutive, hanno riportato all'attenzione delle cronache la minaccia terroristica. Non occorre una particolare capacità diagnostica per ipotizzare che, con l'aggravamento delle condizioni socio-economiche che ha investito le democrazie occidentali e che non cessa di preoccupare anche le autorità finanziarie per la crisi dei bilanci pubblici, le frange più aggressive della galassia estremista possono trovare lo slancio per una ripresa d'azione, strumentalizzando e speculando sulle ragioni della protesta.
Ciò nondimeno, gli elementi di analisi di cui si dispone non registrano una ripresa di vitalità dell'area marxista o leninista. Si mostra, invece, più rilevante la minaccia legata all'attività di gruppi di natura antagonista o di ispirazione anarco-insurrezionalista, che sembrano avere acquisito, per alcuni versi, anche una fisionomia più strutturata e meno legata allo spontaneismo delle origini.
Sarà massima, dunque, la nostra attenzione in questo periodo di più accese tensioni: dovremo essere pronti a cogliere i segnali, anche quelli più deboli, che potranno indicarci un pericolo di radicalizzazione del fenomeno eversivo.
Anche in presenza di acute conflittualità, le istituzioni repubblicane non possono mai smarrire il senso della misura democratica e hanno l'obbligo di non venire meno alla loro vocazione garantista e pluralista. Questo è anche l'orizzonte a cui guardano, senza alcun cedimento e nessuna compromissione sui princìpi di libertà partecipativa, le nostre forze di polizia, chiamate innanzitutto al rispetto del diritto, al dissenso attuato nella legalità.
Assicuro, a questo riguardo, l'impegno mio personale in assoluto spirito di servizio: sarò disponibile a intervenire in Parlamento per dare quelle risposte che la trasparenza del dibattito e l'esigenza del controllo democratico potranno richiedere.
Le poche settimane trascorse tra le due audizioni, quella al Senato e quella di oggi alla Camera, possono fortunatamente essere ricordate anche per qualche aspetto assai più che positivo, che non sembrerà enfatico ricordare. Lo scorso 7 dicembre, un'eccezionale operazione investigativa, condotta con ammirevole tenacia e grande spirito collaborativo, ha portato alla cattura di Michele Zagaria, boss indiscusso della camorra campana, latitante da molti anni.
Si è trattato di un risultato straordinario, salutato dal plauso e dalla soddisfazione unanime per la vittoria limpida e indiscutibile dello Stato. Come ho già detto al Senato, la lotta alle mafie, quelle autoctone e quelle transnazionali, non è tuttavia affidata soltanto alla nostra capacità di disarticolarne la struttura, colpendole, ancorché duramente, sul piano militare.
La criminalità organizzata è oggi innanzitutto una potenza economica e ha coscienza di esserlo, nel senso che ha provveduto con il tempo a professionalizzare l'attività di riciclaggio, mimetizzando abilmente la sua presenza negli ingranaggi delle economie di mercato, e rendendo sempre più difficile agli apparati investigativi la possibilità di mettere le mani su enormi ricchezze accumulate.
L'obiettivo della mia azione ministeriale sarà rivolto a rafforzare gli strumenti di contrasto all'inquinamento dell'economia legale e a restituire fiducia alle imprese sane, nell'effettività dei valori del mercato e della libera concorrenza. Darò seguito a questo mio proposito operando in maniera che possa essere anticipata il più possibile l'applicazione delle disposizioni del Codice antimafia in materia di contratti pubblici e per il controllo degli impieghi delle risorse pubbliche, completando


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così l'importante percorso di riforma avviato nel corso di questa legislatura.
È un impegno comune quello di fronteggiare l'inquinamento della criminalità organizzata nella realizzazione delle grandi opere infrastrutturali, destinate alla crescita e alla modernizzazione del Paese. In questa direzione si collocano gli specifici accordi stipulati e quelli che a breve andranno sottoscritti tra le amministrazioni aggiudicatrici, le imprese e le Prefetture, riguardando alcuni interventi di livello strategico, fra i quali quelli relativi all'Expo Milano 2015.
In essi si afferma un metodo nuovo di guardare e di affrontare il rischio mafioso, anche con il coinvolgimento delle parti sociali, chiamate dal Ministero dell'interno a costruire e a condividere un percorso di legalità che non si appiattisca sulle verifiche cartolari, ma che in maniera significativa si apra verso nuovi scenari, ponendo attenzione al contesto dell'opera, specie con riferimento alla sicurezza dei luoghi di lavoro e al rispetto delle norme di protezione sociale dei lavoratori.
Intendo, quindi, indirizzare il ruolo dei prefetti e delle prefetture verso una condivisibile esigenza, tesa a trasformare l'amministrazione pubblica in un soggetto protagonista del cambiamento. È un'opportunità che si può cogliere in vari settori degli interventi pubblici, dando seguito sollecitamente anche alle recenti indicazioni del Parlamento, che già si è espresso in tal senso in occasione dell'approvazione delle norme sulla realizzazione del Piano straordinario delle carceri, affidando proprio ai Prefetti la regia dell'esecuzione dei controlli di legalità.
È doveroso, a questo punto, che mi soffermi sul tema del controllo del territorio e del coordinamento delle forze di polizia, a poche ore dalla mia presenza alla sottoscrizione del nuovo Patto per Roma sicura. Anche in questo caso, ho potuto apprezzare il taglio innovativo dell'accordo, che tende a rafforzare strumenti e metodi condivisi, per meglio monitorare la mobilità dei fenomeni delinquenziali di inciviltà e di degrado urbano, che aggrediscono l'ampio contesto capitolino.
Specie nelle aree metropolitane di grande conurbazione, occorre coniugare le complesse esigenze di governance dei territori con quelle di flessibilità dei dispositivi di tutela della cittadinanza, di economicità dei servizi, di efficacia e di efficienza, in una congiuntura difficile che, anche attraverso l'attuazione del programma di spending review, impone il più esteso ricorso a meccanismi di sussidiarietà e di integrazione operativa.
Quanto al coordinamento delle forze di polizia, esso non potrà che continuare a giovarsi di un clima fervidamente collaborativo, divenuto ormai una connotazione stabile del loro modus operandi.
Tuttavia, con la presenza di una molteplicità di operatori di polizia, in un quadro che coinvolga anche le polizie locali, non può non porsi il problema dell'ottimizzazione delle risorse e della sostenibilità finanziaria del sistema nel suo complesso, che mira a garantire il bene della sicurezza non tuttavia come variabile indipendente dalle stringenti necessità di contenimento della spesa pubblica.
Sento molto l'impegno di sostenere l'azione degli enti locali, pienamente coinvolti dal disegno di risanamento della finanza pubblica. Bisogna dare vita a uno sforzo importante di armonizzazione del quadro normativo in materia di finanza locale e di federalismo fiscale, in maniera da accompagnare il processo di riforma cercando di attenuare i possibili traumi che possono derivarne per le comunità territoriali e per i loro enti di riferimento, che sono e rappresentano la prima istanza di un modello orizzontale di presenza dei poteri pubblici.
A questo indirizzo mi ispirerò, anche nella mia funzione di Presidente delegato della Conferenza Stato-città e autonomie locali, nell'attività preparatoria di tutti i provvedimenti attuativi della normativa sul federalismo, in piena sintonia con la Presidenza del Consiglio e con i responsabili degli altri dicasteri coinvolti, nonché


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perseguendo con convinzione l'obiettivo di uno spassionato e produttivo confronto con il sistema autonomistico.
Sarà essenziale seguire le indicazioni che potranno venire dagli esiti della discussione parlamentare sulla Carta delle autonomie, che, come ho affermato al Senato, rappresenta uno snodo fondamentale per il completamento della riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione.
Signor presidente, onorevoli deputati, le occasioni offerte dell'audizione in Commissione sulle linee programmatiche danno modo a ciascun Ministro di interagire e di ascoltare i vostri contributi, così da mettere a fuoco gli obiettivi dell'azione di governo. Ascolterò, pertanto, con la più grande attenzione gli interventi degli onorevoli deputati, che sono certa non faranno mancare il loro prezioso apporto in termini di suggerimenti e di stimolo.
Nel ringraziarvi, colgo l'occasione per porgere a tutti i più fervidi auguri per le prossime festività.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro. Anche noi auguriamo buone festività a lei, alla sua famiglia e ai suoi collaboratori.
Desidero intanto scusarmi con il Ministro, a nome di tutta la Commissione, per il fatto che un ritardo nei lavori dell'Assemblea ci ha impedito di iniziare l'audizione all'ora stabilita, ossia alle 14.
Avverto peraltro che alle 17 il Ministro ha un altro impegno, dovendo recarsi a firmare il Patto per Roma sicura, al quale faceva riferimento prima: vi sarei grato, pertanto, se formulaste le domande senza dilungarvi negli interventi, in modo che si possa portare a conclusione l'audizione entro le 16.45, comunque così da permettere al Ministro, che ringrazio sin d'ora, di lasciarci in tempo utile per il suo appuntamento delle 17.
Il Ministro si dichiara comunque disponibile, una volta ascoltate le domande e ove qualcuno dei colleghi non avesse la possibilità di intervenire, a concordare, eventualmente, l'invio di una sua risposta scritta o la prosecuzione dell'odierna audizione in altra seduta.
Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

PIERGUIDO VANALLI. Vorrei solamente rivolgere un saluto al Ministro, perché purtroppo lo slittamento dei lavori ci costringe, per impegni assunti in precedenza, a far rimanere in Commissione solo parte del gruppo. Mi scuso di ciò e ne approfitto per rivolgere anch'io al Ministro i miei auguri di buon lavoro.

GIANCLAUDIO BRESSA. Rivolgo un saluto di benvenuto al Ministro. Auguri di buon lavoro, oltre che di buon Natale. Svolgerò un intervento molto breve e metodologico, mentre altri miei colleghi entreranno nel dettaglio degli aspetti specifici.
Ho parlato di un intervento metodologico perché ritengo che, considerata la particolarità della Commissione affari costituzionali, il rapporto che si instaura tra il Parlamento e il Governo non sia banale. Noi sappiamo, per le dichiarazioni che sono state rese dal Presidente Monti e dai presidenti di gruppo durante la discussione e la votazione per la fiducia, che il Parlamento ha rivendicato per sé un ruolo da protagonista su alcuni temi, che non sono quelli più strettamente connessi alle manovre di risanamento economico e alle politiche di sviluppo.
La nostra Commissione è titolare di una parte significativa di questi argomenti. Siamo alla fine della legislatura. Questa è una Commissione che è stata impegnata molto e, probabilmente, è la Commissione che ha formulato il maggior numero di ipotesi di lavoro per l'Assemblea, ma è anche una Commissione che non è riuscita ad affrontare alcune questioni che rappresentano un'emergenza per il Paese.
È del tutto evidente che non possiamo immaginare, perché sarebbe velleitario, che il lungo catalogo delle questioni all'ordine del giorno di questa Commissione e su cui sono state presentate proposte di


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legge possa essere affrontato ed esaurito. Sarebbe quanto mai opportuno e importante riuscire, però, a definire alcune priorità.
Io mi limito ad indicarne in modo esemplificativo un paio, che servono a farci capire l'importanza del rapporto che potrebbe e dovrebbe instaurarsi tra il Governo e lei, signor Ministro, da una parte, e questa Commissione e il Parlamento, dall'altra parte.
Le due questioni che voglio sottoporre alla sua attenzione sono le seguenti. Lei sa perfettamente che nel decreto-legge adottato dal Governo di cui lei è parte è contenuto un intervento in materia di province, che questa Commissione ha giudicato in maniera piuttosto critica: è piuttosto improprio, infatti, considerato che nel nostro Paese è ancora in vigore la legge n. 400 del 1988, affrontare con decreto-legge questioni che ineriscono a temi costituzionali o elettorali.
Anche grazie al lavoro che è stato svolto nelle Commissioni bilancio e finanze, il testo iniziale del Governo è stato modificato, ragion per cui abbiamo di fatto un anno di tempo per affrontare la questione delle province. È del tutto evidente, se non vogliamo seguire pedissequamente l'ordine del giorno dettato da alcuni giornali, che essa ha a che fare molto poco con i costi della politica e molto con l'efficienza e l'organizzazione dello Stato.
In questa Commissione abbiamo iscritto all'ordine del giorno - e credo che celermente procederemo ad arrivare alla conclusione e, quindi, a portare un testo all'attenzione dell'Assemblea - la riforma della disciplina costituzionale delle province, quella che servirà anche ai colleghi del Senato a meglio definire quali saranno le funzioni fondamentali e proprie delle province nella Carta delle autonomie, cui lei ha fatto riferimento. A nostro modo di vedere, questa è una priorità, perché la questione delle province è una questione giustamente aperta, ma che - io credo - deve essere risolta razionalmente e non emotivamente.
Passo alla seconda questione che voglio sottoporle. Ho apprezzato molto il taglio che lei ha voluto dare alla sua introduzione, quando, partendo dal dramma di Firenze, ha affrontato la questione dell'integrazione e dell'immigrazione ed ha affermato - testualmente - che ci dobbiamo ispirare a princìpi di umanità e legalità.
Io credo che ci sia un tema emergente nel nostro Paese, che non può e non deve essere continuamente messo sotto il tappeto: si tratta non tanto del tema della cittadinanza in quanto tale - un tema molto complesso e che a noi sta molto a cuore, ma che vede ancora, nel confronto tra le forze politiche presenti in Parlamento, distanze notevoli -, quanto piuttosto del tema della cittadinanza per i minori, per i ragazzi stranieri nati in Italia. Io credo che questo sia un tema attorno al quale sia ragionevolmente e seriamente possibile compiere passi in avanti di civiltà, che sarebbe tempo che questo nostro Paese riuscisse a compiere.
Mi sono limitato a indicare due temi, ma il catalogo potrebbe essere molto lungo. Credo, però, che ragioni di serietà e di rispetto reciproco non ci possano far affollare le rispettive agende, ma ci debbano consentire di convergere su alcune questioni, che possono essere risolte nell'arco del tempo - un anno e pochi mesi - che resta a disposizione di questa legislatura.
Altri miei colleghi interverranno, invece, su punti specifici con riferimento a questioni legate agli enti locali, alla sicurezza, al terrorismo, al riordino e al coordinamento della polizia.

EMANUELE FIANO. La ringrazio, presidente. Saluto lei e anche i colleghi, essendo oggi il mio primo giorno in questa Commissione.
Ringrazio e saluto anche il Ministro. Ho molto apprezzato il suo intervento e la ricchezza plurale di sensibilità sui diversi aspetti che lei ha toccato in questa presentazione delle linee programmatiche del suo Dicastero.
Mi soffermerò su un aspetto e preciso subito, signor presidente: mi auguro che in questa Commissione si possa aprire uno


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spazio parlamentare di confronto trasversale tra tutti i Gruppi su questo tema e che il Parlamento possa essere sprone per il Paese, anche nei mesi non lunghissimi che ha di fronte questa legislatura, per attuare un passo avanti in ordine ad un determinato aspetto tra quelli che ha trattato il Ministro.
Mi riferisco al tema dell'organizzazione delle forze dello Stato che nel nostro Paese si occupano della sicurezza e, in alcuni casi, del soccorso pubblico, perché credo che, mentre quest'anno celebriamo i trent'anni della legge n. 121 del 1981, sia giunto il momento di affrontare con decisione, con intelligenza, con esperienza e forse anche con coraggio la necessità di una riorganizzazione di queste forze.
Si tratta di una questione che comporta un ragionamento sul numero, in alcuni casi troppo elevato, di forze dello Stato che sovrappongono i loro compiti, sia nel campo dell'ordine pubblico, sia in altri campi. Questo ragionamento ci deve portare - e credo e mi auguro che ciò possa avvenire e rivolgo un auspicio in tal senso a lei, signor Ministro - ad affrontare anche da subito, a prescindere dal lavoro parlamentare, aspetti più immediati di efficientamento della macchina. Penso al numero inusitato di stazioni appaltanti che in questo Paese corrispondono a ciascuna forza dell'ordine per l'acquisto di mezzi e strumentazione e ritengo che il Ministro possa intervenire già d'ufficio per un primo approccio di riordino in quel campo.
Evidentemente, mi riferisco anche alla disposizione e alla strutturazione delle forze sul campo. Penso che sarebbe molto utile se questa Commissione - sono l'ultimo arrivato, ma lo propongo comunque - potesse istituire, in parallelo all'altra Camera del Parlamento, un comitato ristretto specifico per lavorare su una rivisitazione o una riforma della legge n. 121 del 1989, che porti a un progetto di riorganizzazione delle forze dell'ordine, in una direzione che valuteremo, ma che certamente dia maggiore efficienza in direzione di un beneficio per i cittadini e per lo scopo per cui le forze dell'ordine lavorano.
Sappiamo che ci sono troppe sovrapposizioni: deve essere risolto un problema di dislocazione di queste forze sul territorio, ossia della dislocazione di alcune di loro nei territori urbani e di altre, più frequentemente, in territori non urbani. Penso, signor Ministro, che si possa fare questo lavoro, che secondo me spetta al Parlamento.
Ho motivo di ritenere che tutte le forze politiche abbiano una sensibilità comune sulla necessità di compiere questo lavoro. Dove si possa arrivare ovviamente nessuno di noi può dirlo, ma penso che l'obiettivo comune sia quello di una maggiore efficienza, intanto di fronte alle necessità di bilancio, che sono sotto gli occhi di tutti. Lei, signor Ministro, si trova a presiedere un ministero che ha subìto tagli imponenti negli ultimi anni, che hanno certamente avuto un effetto sull'efficienza e sulle possibilità delle forze dell'ordine. Tuttavia, non è solo in ragione della risposta a questi tagli che è necessario rimettere mano all'organizzazione delle forze dell'ordine, ma anche per la circostanza che lei ha descritto succintamente, e che però è sotto gli occhi di tutti, ossia che sono cambiate le esigenze della società italiana, per molti dei motivi che lei ha citato.
Infine, signor Ministro, lei ha citato all'inizio del suo intervento la questione relativa ad un risveglio, seppur latente o parziale, di gruppi che diffondono idee di razzismo e di discriminazione razziale. Penso che gli strumenti oggi presenti nella legislazione italiana non siano sufficienti per affrontare e descrivere il fenomeno che si ripercuote sulla rete Internet. Ad esempio, la cosiddetta legge Mancino e successive modificazioni non è adeguata al fenomeno che è presente su Internet, di cui nelle ultime ore abbiamo sentito parlare.
Penso che su questo tema specifico un approfondimento anche parlamentare sarebbe d'uopo. Grazie.

MARCO MINNITI. Signor presidente, signor Ministro, ieri il Presidente della Repubblica richiamava la politica e, in particolare, il Parlamento a utilizzare proficuamente questa fase di impegno del


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Paese su alcuni grandi temi in sinergia con il Governo Monti.
Penso che, se questo è vero in generale, sia ancora più vero - e secondo me c'è una finestra di opportunità straordinaria che sarebbe giusto che questa Commissione cogliesse - per quanto riguarda il tema della sicurezza pubblica. In generale, ho sempre pensato che su questi temi un impegno comune sarebbe stato preferibile a un'attenzione permanente, magari con l'uso esagerato di parole. Tuttavia, in questa nuova fase, che mi auguro si rafforzi nel Parlamento italiano, su questi temi bisogna affrontare un confronto positivo e senza pregiudizi.
Penso che la sua relazione ci consenta di avere un buon punto di riferimento. Su molte delle cose che lei ha detto sono d'accordo. Mi si consenta, tuttavia, di sottolineare alcune questioni, sulle quali sono già intervenuti i colleghi Bressa e Fiano. Mi permetto soltanto di fare qualche rapidissima specificazione.
In primo luogo, noi non dobbiamo discutere sui tagli passati, né penso che serva una polemica retrospettiva su questi temi. Tuttavia, non sfugge a nessuno che siamo di fronte a una situazione, soprattutto per quanto riguarda il comparto sicurezza e difesa del nostro Paese, in cui c'è il rischio di avere un punto di non ritorno nell'efficienza operativa delle forze. Mi si consenta, da italiano e non soltanto da parlamentare della Repubblica, di essere molto preoccupato, perché, se si raggiunge un punto di inefficienza operativa, per correggere quel punto occorreranno diversi anni, e non poche settimane.
Se questo è il tema, noi dobbiamo darci un obiettivo e, secondo me, deve darselo il Parlamento italiano: correggere la curva negativa. Dobbiamo farlo nel 2012: ci possiamo riuscire, e per poterlo fare, tenendo conto delle compatibilità di finanza nazionale e internazionale, dobbiamo affrontare di petto il tema che il collega Fiano ha sollevato nel suo intervento, cioè quello del modo in cui costruiamo e mettiamo in campo un nuovo modello di sicurezza nazionale.
Mi si consenta, signor Ministro, di ricordare - ma lei lo sa perfettamente, molto meglio di me - che abbiamo un modello di sicurezza nazionale che ormai ha sessanta anni, come la Repubblica. Poi sono stati aggiunti dei pezzi, ma singolarmente: non c'è stata mai una rivisitazione complessiva del modello.
Penso che questa fase di tregua parlamentare e di cooperazione delle forze parlamentari, debba servire per affrontare questi temi. Se non lo si fa in questa condizione di tregua parlamentare, quando si potrà farlo? Si tratta di temi di una tale delicatezza che non possono essere interesse di una parte contro un'altra, ma devono essere visti nell'interesse del Paese. Per questo motivo penso che sia importante che da questa Commissione, dal confronto tra le forze politiche, possa giungere al Ministero dell'interno, come un'interlocuzione diretta, un punto di vista.
Oggi celebriamo un paradosso assurdo: celebriamo i trent'anni della legge n. 121 del 1981; tutti diciamo che questa legge ha trent'anni ma che è largamente inapplicata. È pazzesco. Solo in un Paese come il nostro si può dire, di una legge tanto strategica e che è in vigore da trent'anni, che essa è largamente inapplicata. Del resto, questa è la verità.
Forse è giusto che il Parlamento cominci a pensarci, con lo spirito unitario e positivo di cui parlavo prima.
Passo alla seconda questione. Non entro nel merito del Patto per Roma sicura, che non conosco, tuttavia ho molto apprezzato - lo dico sinceramente - che con uno dei primi atti della sua azione di governo lei firmi il nuovo patto di sicurezza per Roma. Lo considero importante per diverse ragioni. In primo luogo, considero una scelta strategica molto importante il fatto che il nuovo Governo abbia inteso andare avanti sulla strada pattizia. A dire il vero, anche il precedente Governo aveva continuato su questa strada; si tratta di fare, se mi è consentito, patti veri. Questo, a mio avviso, significa che ognuno dà qualcosa: danno qualcosa gli enti locali, dà qualcosa lo Stato, però ognuno deve dare qualcosa.


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Dobbiamo evitare di fare patti che siano soltanto declamazioni - non entro nel merito -, perché quello finisce per svilire lo stesso sistema del patto. Il patto significa chiamare ciascuno alla propria responsabilità.
In questo quadro, è anche molto importante che ci sia attenzione su Roma. Su Roma c'è una vera specificità e - possiamo dircelo con grande chiarezza - c'è un'emergenza sicurezza. La questione va affrontata attraverso una cooperazione tra gli enti locali e lo Stato nazionale, comprendendo però che c'è un'emergenza, che in questo caso non andrebbe in alcun modo sottovalutata.
Infine, lei ci ha parlato del terrorismo. Condivido le sue impostazioni e la sua analisi, tuttavia, aggiungerei qualche considerazione in merito agli elementi di preoccupazione e di prevenzione relativi alla tematica dei cyber attack. Penso che una nuova dinamica dell'attacco terroristico al nostro Paese, fermo restando quello che lei ha detto sul terrorismo interno e sulle relative preoccupazioni, che io sottoscrivo, riguardi il tema dell'attacco cibernetico, del cyber attack appunto, che può mettere in ginocchio un Paese.
Le chiedo di non abbassare la guardia. Sulla protezione delle infrastrutture critiche abbiamo sicuramente compiuto passi avanti, ma non siamo ancora un Paese in sicurezza. Se mi è consentito, su questo aspetto richiamerei molto l'attenzione sua, nella qualità di Ministro dell'interno, e del Presidente del Consiglio, nella misura in cui - se non ho capito male - ha tenuto per sé le deleghe relative ai servizi di sicurezza del nostro Paese.
La vicenda della black list sull'immigrazione è di una gravità inaudita. Se posso permettermi - su questo sono molto netto - quel sito va chiuso. Questa è una richiesta che le rivolgo formalmente e mi auguro che su questo ci sia una larga convergenza. Quel sito va chiuso perché siamo un Paese civile che non può permettersi questo.
Infine, una piccolissima considerazione su un aspetto più locale, che riguarda la mia regione, ossia una vicenda che riguarda la città di Reggio Calabria. Questa mattina è stato arrestato un consigliere comunale, ma c'è una sequenza di indagini giudiziarie che hanno investito il comune di Reggio Calabria. La preoccupazione è stata già sollevata da colleghi che, attraverso un'interrogazione, le hanno chiesto quale sia l'opinione del Ministero dell'interno. La collega Doris Lo Moro e la collega Villecco Calipari sono tra i firmatari di quell'atto di sindacato ispettivo.
Le chiedo se il Ministero dell'interno abbia intenzione di fare qualcosa e come intenda farlo, sapendo che c'è un incrocio tra questioni relative al bilancio e questioni relative alle infiltrazioni che va valutato con la massima attenzione e non con spirito di parte, bensì con la preoccupazione di chi pensa che bisogna far di tutto perché su una città della Repubblica italiana non si posi un'ombra lunga. In questo caso si tratta di una città della Calabria, ma la Calabria è ancora Italia, anche se qualcuno di noi la considera ai margini.
Le chiedo su questo un'attenzione particolare.

ORIANO GIOVANELLI. Signor presidente, signor Ministro, ho da fare solo tre domande. Innanzitutto vorrei chiedere al Ministro, a cui auguriamo buon lavoro, se è sua intenzione prendere in mano la questione dell'attuazione degli Uffici territoriali del Governo.
Nel momento in cui chiediamo a tutto il Paese uno sforzo di razionalizzazione - e, se ho capito bene, in questo senso andrà la seconda fase del lavoro di questo Governo, a seguito di una spending review sistematica - credo sia inaccettabile che un provvedimento previsto dalla fine degli anni Novanta continui a rimanere inattuato, con la conseguenza di una proliferazione degli uffici dei ministeri centrali in tutte le sedi locali e dei ruoli dirigenziali, a fronte di una scarsissima utilità dal punto di vista della spesa rispetto al riscontro in termini di servizio.
L'attuazione degli Uffici territoriali del Governo, la chiusura degli uffici ministeriali presenti nel territorio e la loro riorganizzazione all'interno delle cosiddette


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nuove prefetture credo siano obiettivi coerenti con lo sforzo di riorganizzazione amministrativa che questo Governo dice di voler compiere e che non può essere fatto soltanto a casa degli altri, cioè nei comuni, nelle province e nelle regioni. Bisogna cominciare innanzitutto da casa propria, vale a dire dai ministeri.
La seconda questione rilevante, secondo me, è quella che riguarda la Protezione civile, a seguito del dibattito che abbiamo letto sui giornali. Esprimo il mio parere e vorrei conoscere il suo. Io sono contrario all'idea che la Protezione civile venga riorganizzata all'interno del Ministero dell'interno sotto la regia dei Vigili del fuoco. Nonostante abbiamo avuto modo in questi anni, purtroppo, di parlare di Protezione civile non sempre in termini positivi, a causa degli scandali che l'hanno accompagnata, la Protezione civile ha una funzione di coordinamento di servizi di altri Ministeri e quindi sta bene dove sta, cioè alla Presidenza del Consiglio dei ministri.
Vorrei che ci dicesse, se le è possibile, una parola definitiva e chiara in merito, il che non significa non affrontare gli aspetti negativi legati al modo in cui finora la Protezione civile è stata organizzata e gestita, con la variante, anche piuttosto scandalosa, delle assunzioni operate in deroga al blocco delle assunzioni, seguendo percorsi tortuosi che hanno finito per premiare clientele e rapporti familiari.
L'ultima battuta riguarda una piccola questione, un po' fastidiosa. Tutti gli anni ci ritroviamo con gli uffici immigrazione coperti con personale a tempo determinato e con l'ansia di sapere se questi uffici potranno continuare a lavorare oppure mancherà il personale per un servizio decisivo e chiaro: quello di rendere semplice la regolarizzazione in questo Paese. Gli uffici immigrazione lavorano bene e tutti gli anni ci troviamo di fronte questa spada di Damocle.
Se fosse stata fatta qualche assunzione clientelare in meno alla Protezione civile e fosse stata invece trovata qualche soluzione definitiva in più per gli uffici immigrazione delle prefetture e delle questure, si sarebbe fatta cosa buona e giusta.

ISABELLA BERTOLINI. Ringrazio il Ministro anche per la sintesi che ha voluto utilizzare. Siccome mi rivolgo al Ministro di un Governo tecnico, le porrò alcune domande di carattere operativo perché credo che l'obiettivo di questo Governo sia quello di fornire risposte concrete.
Parto dalla questione dell'immigrazione, che lei oggi ha affrontato parlando soprattutto di integrazione. Condivido soprattutto il fatto di dare impulso all'accordo di integrazione che è stato firmato di recente, perché è un atto sicuramente importante, come pure condivido l'indignazione che lei ha espresso rispetto ai fatti di Firenze, che tutti condanniamo.
Mi piacerebbe, tuttavia, che la stessa indignazione che si è sollevata nel Paese, che è condivisibile e giusta, si sollevasse ogni qual volta si verifica un episodio grave come quello di Firenze. È vero che è stato compiuto un omicidio drammatico, ma è anche vero che spesso, per esempio, donne straniere vengono ammazzate dai propri mariti in nome del fondamentalismo o di precetti culturali, religiosi e tradizionali, senza che poi si svolga una fiaccolata di 15.000 persone.
È di oggi una sentenza importante che condanna all'ergastolo l'omicida della donna pachistana uccisa nel modenese. Ne è stata uccisa un'altra nel reggiano pochi giorni fa. Chiedo intanto al Ministro, a proposito di integrazione, quali impegni si vogliono assumere a favore e a vantaggio delle donne straniere che vivono in situazioni di minorità e di segregazione nel nostro Paese. Anche questo fa parte dell'integrazione e anche per questo motivo i fondi europei di cui lei prima ha parlato potrebbero essere utilizzati.
Io credo, Ministro, che immigrazione non sia solo integrazione, ma sia soprattutto contrasto all'illegalità e alla clandestinità. Le chiedo come il Governo intenda portare avanti gli impegni che erano già stati presi - e che potranno essere modificati, ma vorremo sapere in che modo - rispetto alla questione dei Centri di


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identificazione ed espulsione (CIE) nel nostro Paese. Come sappiamo, oggi sono insufficienti e dovrebbero esistere progetti di ampliamento e di radicamento su tutto il territorio nazionale. Vorremmo, quindi, sapere come ci si intende muovere su questo fronte.
L'altra domanda che le vorrei rivolgere non riguarda l'immigrazione, perché ne parleranno altri miei colleghi, ma una questione di cui si è discusso e che il vostro Governo ha portato alla nostra attenzione in questi giorni, cioè la proposta del Ministro Severino sull'utilizzo delle cosiddette camere di sicurezza per i processi per direttissima. Siccome la questione riguarda da vicino il suo Ministero, volevo chiederle se ci può fornire dati precisi su come è stata impostata la proposta. Per alcuni colleghi potrebbe essere un'idea condivisibile, ma per quanto mi riguarda non lo è: comunque, saremo chiamati a discutere e a votare. Ci risulta, ma forse lei è in possesso di altri dati, che nel nostro Paese ci sono circa 700 camere di sicurezza presso le questure e i commissariati e che quasi 380 non sono idonee. Oltre 35 questure non avrebbero alcuna camera di sicurezza.
Vorrei capire se si tratta di una iniziativa che rimarrà sulla carta e, se invece non lo è, come intendete attuarla, visto che il provvedimento è già in discussione presso un'altra Commissione e nei prossimi giorni, come parlamentari, saremo chiamati a discuterne.

MARIO TASSONE. Svolgerò qualche riflessione e porrò qualche breve domanda.
Signor Ministro, sicurezza può essere un concetto molto largo che riguarda non soltanto l'ordine pubblico, ma tutta la realtà connessa. Può riguardare anche l'ambiente e tutte le situazioni che si possono verificare a livello del territorio.
Non c'è dubbio che spesso anche gli uffici territoriali sono responsabilizzati e hanno un'incombenza rispetto all'esigenza di fronteggiare situazioni a volte estremamente difficili.
Svolgo una riflessione ad alta voce. Il Ministero dell'interno può essere un riferimento per un coordinamento su tutta la problematica riguardante la sicurezza, che potrebbe non essere soltanto un problema di forze dell'ordine. È un aspetto che riguarda certamente il presente, ma anche il futuro. Mi rendo conto che pongo una problematica che deve essere vissuta e affrontata e che esiste in termini molto seri. In alcuni Paesi, quando si parla di sicurezza, il Ministro che ha tale incombenza tratta alcuni temi e soprattutto ha competenze molto varie.
Per quanto riguarda la sua impostazione, ritengo che ci sia un aspetto che anche altri colleghi hanno rilevato, ossia un dato culturale e una dimensione umana che io ho potuto riscontrare in termini anche forti. Quando si parla di integrazione, partendo dalla vicenda di Firenze - ma potrei anche aggiungere la vicenda di Rosarno (qualche giorno fa ho avuto un confronto con il Sottosegretario Ruperto, il quale ha fornito una risposta molto attenta, per dire la verità) -, ci sono temi e argomenti che devono essere affrontati non in termini liturgici, rituali o di occasione e circostanza, ma come un dato molto forte, su cui si affrontano i tempi, con una sfida un po' diversa rispetto al passato.
Lei faceva riferimento al Fondo europeo. La domanda che mi pongo in questo momento riguarda una politica europea. Il Fondo europeo, da solo, può significare tutto o nulla, se non c'è una politica europea sull'integrazione, ma, soprattutto, se non si pone in essere un'azione forte e intensa. Per questo motivo, poco fa, parlavo di coordinamento e facevo riferimento ad un ministero dell'interno che non fosse semplicemente l'organizzatore delle forze di polizia o l'istituzione che coordina o sopravanza le prefetture, in termini di responsabilità, ma che fosse qualcosa di più. Questo è un dato culturale che va vissuto in prospettiva.
Aggiungo un altro paio di domande. Per quanto riguarda le forze di polizia e la legge n. 121 del 1981, mi scuso con i colleghi che hanno fatto riferimento a


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tutto ciò, ma in Commissione affari interni, nel 1981, affermai chiaramente che la questione non funzionava. Lo affermai con molta franchezza, perché da parte di qualcuno c'era un interesse alla smilitarizzazione. Furono attribuiti gradi e qualifiche, ma ciò non produsse alcun risultato sotto il profilo della qualificazione in campo investigativo. Faccio riferimento alla formazione degli ispettori, che è mancata.
Tutto ciò mi fa venire in mente anche un'altra domanda che volevo porle, signor Ministro. Non sostengo che bisogna ritornare alle vecchie investigazioni, ma per individuare le responsabilità ci sono le intercettazioni, ma c'è anche l'investigazione: c'è anche un modo dinamico di vedere i rapporti.
Quando lei parlava di mediazione e faceva riferimento a queste rispetto ai fermenti sociali e soprattutto all'integrazione, non c'è dubbio che bisogna presupporre anche un personale qualificato. Credo che questo sia un dato imprescindibile, altrimenti chi compie la mediazione? Chi ha la responsabilità della mediazione in questi casi? Questo è un altro aspetto.
Inoltre, tanto per essere chiari, sono convinto che il coordinamento non esista. L'ho sempre sostenuto e manifestato e ho sempre dichiarato che non è possibile che abbiamo una delle strutture e delle articolazioni delle forze di polizia più numerose del mondo, in rapporto agli abitanti. È inutile che le elenchiamo, perché sappiamo quali sono.
Forse bisogna vivere con una visione diversa, attraverso uno sforzo di razionalizzazione delle forze di polizia nel territorio, come la PS e i Carabinieri. Valgono ancora le stazioni, sono efficienti, sono ancora utili quelle con due o tre carabinieri, con commissari dislocati in termini approssimativi anche sul piano dei numeri, senza togliere quello che, invece, è lo sforzo degli uomini? Forse non utilizziamo in termini molto forti le risorse umane, con situazioni economiche squilibrate rispetto ai compiti, agli obiettivi e ai traguardi da perseguire. Questo è un aspetto importante.
Esiste poi il problema delle forze speciali, degli SCO, degli SCICO, dei ROS e quello della DIA: si tratta di problematiche che vanno affrontate.
Noi non chiediamo, in questo momento, di risolvere i problemi. Qualcuno sosteneva che la legislatura volge già al termine, ma c'è più di un anno di tempo e in un anno si possono gettare le basi su cui costruire, attraverso un'articolazione e una visione culturale nuova e diversa, al fine di evitare rendite di posizione.
Signor Ministro, lei è stato prefetto e sa che ci sono strutture del Ministero dell'interno perfettamente inutili. Ci sono Commissioni perfettamente inutili. Abbiamo creato direzioni generali solo per accontentare alcuni dirigenti generali che non sapevamo dove mandare, signor Ministro. Ritengo che questo non vada bene. Esiste la parola magica «interforze», che spesso, quando andiamo a vedere, dice tutto e nulla. Non c'è dubbio che questo sia un aspetto e un dato su cui dobbiamo monitorare tutta la vicenda.
Passo a un'altra domanda. Lei faceva riferimento alla finanza locale e al federalismo fiscale: questa è un'altra problematica che emerge. Le chiedo se può essere più esplicita, perché credo che sia un nodo molto importante parlare delle province. Forse, nel passato, c'è stato un approccio stranamente confuso, perché prima abbiamo attuato il federalismo fiscale e poi abbiamo elaborato il Codice delle autonomie, che oggi è all'esame del Senato: forse occorre una diversa articolazione delle autonomie con riferimento ai servizi da dare e assicurare al cittadino. Di tutto ciò non si è mai parlato, mentre si è parlato di altre questioni.
Concludendo, signor Ministro, le auguro un buon riposo: non mi riferisco alle feste, perché parlare di feste significa che intacchiamo l'economia del Paese. Come lei sa, non si può parlare di feste, signor Ministro, perché il Paese è già a pezzi. Siamo già al tracollo. Ringrazio il Ministro e il presidente.


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MARIA PIERA PASTORE. Signor Ministro, l'ho ascoltata con attenzione e ho notato il suo riferimento relativo all'armonizzazione del quadro normativo in materia di finanza locale e federalismo fiscale, per quanto attiene agli enti locali e all'attuazione dei provvedimenti conseguenti al federalismo fiscale.
Vorrei, però, evidenziare come, a mio parere, con la manovra che noi abbiamo approvato la scorsa settimana si sia davvero dato uno stop al federalismo fiscale e alla sua attuazione. La invito, se vuole, a prestare l'attenzione che, a mio parere, è necessaria nei confronti degli enti locali che tanto fanno per i propri cittadini, ad applicare metodi che premino la virtuosità degli enti locali e, soprattutto, a dare una reale applicazione, per quanto le è possibile, al sistema dei costi standard.
Solo in questo modo potremo davvero andare a pareggio rispetto a costi che, come lei sa meglio di me, vista la sua esperienza, in alcune aree del Paese sono di una data entità e in altre aree del Paese, invece, assumono cifre notevolissime.
Quanto ad altri temi, condivido alcune osservazioni svolte dai colleghi che mi hanno preceduto. Ad esempio, in tema di immigrazione credo sia necessario attuare, come in questo Paese è sempre avvenuto, politiche di integrazione per gli immigrati regolari, che possono ad esempio facilitare anche la conoscenza della nostra lingua, delle nostre tradizioni, del meccanismo che regola le nostre istituzioni. Le chiedo la stessa fermezza che è stata utilizzata anche in passato rispetto all'immigrazione irregolare e al controllo delle frontiere. Noi siamo favorevoli al rispetto delle regole, che quindi valgono non solo per i cittadini italiani, ma anche per coloro che vogliono venire nel nostro Paese.
Ci sono, poi, alcuni temi sui quali questa Commissione ha lavorato molto. Mi riferisco alle province, su cui abbiamo dibattuto quasi per anni: abbiamo esaminato alcuni problemi davvero in modo approfondito, quindi credo che su alcuni temi l'iniziativa governativa debba lasciare spazio all'iniziativa parlamentare.
Ben venga un esame delle province. Noi, ad esempio, riteniamo necessaria l'esistenza delle province, come organo istituzionale, come ente previsto dalla Costituzione, anche se riteniamo opportuna una revisione delle circoscrizioni, e su questo tema mi sembra che ci sia la condivisione anche di altri gruppi politici.
Credo che il Ministro che l'ha preceduta, il Ministro Maroni, abbia sicuramente svolto un gran lavoro, nel rispetto di tutti i ruoli, di tutte le persone e delle leggi che regolano la vita di questo Paese. La invito a proseguire, per quanto le è possibile, su questa strada. Credo che la sottoscrizione del Patto per Roma sicura sia un passo che si collega a iniziative già adottate in passato.
Concludo augurandole buon lavoro, nella speranza che lei voglia confrontarsi con questa Commissione e con tutte le forze politiche, nella considerazione dei diversi modi di vedere. Credo che questa sia una Commissione che ha davvero operato seriamente, come forse anche lei constaterà quando conoscerà tutti i miei colleghi. Le auguro ancora buon lavoro.

MARIA ELENA STASI. Rinnovo gli auguri al Ministro, a cui intendo rivolgere una semplice domanda, la cui risposta probabilmente è contenuta già nella trascrizione dell'audizione del Ministro al Senato e che in parte i colleghi che mi hanno preceduto hanno già posto.
Attesi gli intervenuti tagli che ci sono stati negli ultimi anni, i problemi legati alla sicurezza e le modifiche che sicuramente ci saranno a livello costituzionale con riferimento agli enti territoriali, chiedo se il Ministro ritenga di dover porre mano a una riorganizzazione sia degli uffici centrali del Ministero dell'interno sia di quelli periferici. E, quando parliamo di uffici periferici, chiedo se intenda riferirsi ancora alle prefetture o alla completa attuazione degli uffici territoriali del Governo.

LINDA LANZILLOTTA. Voglio per prima cosa salutare il Ministro e darle il benvenuto nella nostra Commissione.


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Vorrei sottolineare alcuni punti su cui è utile almeno una sua riflessione. Come lei ricorderà, Ministro, nel Governo della scorsa legislatura c'era stata un'innovazione istituzionale, cioè la competenza in materia di autonomie era stata sottratta al Ministero dell'interno: si riteneva che questo fosse maggiormente coerente con l'articolo 114 della Costituzione, quindi con una visione paritaria dei rapporti interistituzionali, e che l'attribuzione della competenza al Ministero dell'interno richiamasse, invece, una relazione gerarchica tra Stato e sistema delle autonomie che il Titolo V aveva teso a superare.
Partendo da questa considerazione, questa scelta, che aveva una valenza simbolica, non è stata confermata, anche se aveva qualche difetto dal punto di vista operativo. Chiedo se e in che modo lei intenda raccordarsi con il Ministro per gli affari regionali per una riforma della Conferenza Stato-regioni e autonomie che garantisca al massimo un'attuazione corretta del dettato costituzionale in materia di parità istituzionale e cooperazione interistituzionale.
Peraltro, poiché la competenza in materia di autonomie è del Ministero dell'interno, non le sfugge che è in funzione di questa competenza che l'allora Ministro delle regioni promosse il disegno di legge in materia di liberalizzazione dei servizi pubblici locali, che hanno in Costituzione la competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza, ma si connettono all'ordinamento delle autonomie.
Da questo punto di vista, vorrei sapere come lei intenda promuovere questa politica, anche ai fini dell'intreccio tra una liberalizzazione dei servizi pubblici locali, una loro trasparente gestione, e i fenomeni di corruzione che invece si manifestano dentro queste aree e dentro una relazione non trasparente tra politica ed economia locali.
In secondo luogo, le chiedo se, nell'ambito delle politiche di riduzione della spesa - al di là di quella che sarà la ridefinizione degli ambiti delle province, che, devo dire, il testo presentato dal Governo non tocca, a mio avviso inopportunamente, perché il problema è più che altro rivedere gli ambiti perché possano gestire funzioni di area vasta - non ritiene che lo Stato possa almeno dare il buon esempio, rivedendo gli ambiti delle prefetture. L'automatismo tra organizzazione dello Stato e articolazione delle prefetture non è un dato obbligato e scontato, quindi, là dove le prefetture sono così frammentate, lo Stato potrebbe almeno avviare una riaggregazione delle strutture.
Il terzo punto è quello relativo alla protezione civile, al quale accennava il collega Giovanelli. Siccome anch'io penso che non sia opportuna una protezione civile che fa capo a uno dei bracci operativi, vorrei sapere se lei non ritiene che possa essere ripresa in considerazione la soluzione dell'Agenzia per la protezione civile, che era stata cancellata e che avrebbe riportato sotto un ambito di alto coordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri una struttura che però deve avere la sua autonomia e, soprattutto, dal punto di vista degli organici e della gestione, non deve stare dentro la Presidenza del Consiglio stessa, che dovrebbe essere invece il più possibile snella.
Infine, le chiedo se lei non valuti di assumere un'iniziativa sulla gestione del Patto di stabilità e la deroga, su cui peraltro c'era stato già qualche passo, per quanto riguarda le attività locali in materia di manutenzione straordinaria del patrimonio pubblico e di assetto del territorio, che dovrebbero possibilmente arrestare un processo di degrado dei patrimoni pubblici molto spinto e, soprattutto, dare un po' di fiato al sistema delle piccole imprese locali che sono in una situazione di sofferenza. Le chiedo se valuti che questa possa essere un'ipotesi percorribile o se, invece, la situazione finanziaria lo escluda.
Ritengo che, peraltro, questo concorrerebbe a dare un po' di ossigeno alla crescita locale, che pure è uno dei fattori su cui credo si debba agire.

BARBARA POLLASTRINI. Signora Ministra, aggiungo anch'io i miei auguri sinceri per il suo lavoro. Vorrei rivolgerle una


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sola domanda, spero utile, per sottolineare un capitolo essenziale sul terreno della sicurezza ma anche della civiltà. Peraltro, vi ha fatto cenno la collega Bertolini poc'anzi. Mi riferisco a quel vero e proprio libro nero dei diritti umani che trova nelle molestie e nella violenza contro le donne una delle sue pagine più tragiche e spesso rimosse.
Io mi auguro, e spero, che avere al Ministero dell'interno, ma, aggiungo, alla Giustizia e naturalmente alle Pari opportunità tre ministre, tre donne di valore e autorevolezza, possa determinare in modo significativo uno sguardo più acuto e più sensibile affinché si costruisca un coordinamento delle azioni di contrasto alla violenza e alle molestie contro le donne, senza il quale ogni iniziativa su questo fronte si presenta come parziale e, ahimè, poco efficace.
Lei, anche in ragione della sua esperienza, conosce sicuramente i dati che riguardano il nostro Paese e, quindi, io per brevità e rispetto delle colleghe e dei colleghi non li ricorderò. Cito solo quella cifra davvero drammatica e impressionante che risulta dalla ricerca della dottoressa Linda Laura Sabbatini, la quale ci ricorda come in Italia circa sei milioni di donne fra i 16 e i 70 anni abbiano subito qualche forma di violenza, di natura sessuale o sotto veste di maltrattamenti o di persecuzioni, il cosiddetto stalking, su cui il Parlamento è intervenuto con un provvedimento legislativo votato quasi all'unanimità.
Ora davvero sarebbe lungo illustrare il calvario che riguarda le donne sia italiane sia straniere, queste ultime particolarmente colpite da quel racket e da quella illegalità a cui lei, Ministra, faceva riferimento nella sua relazione davvero molto interessante e - se mi permette questa notazione - appassionata, cosa non secondaria in politica.
Torno a dire che sarebbe lungo davvero illustrare quel calvario. Si tratta comunque di drammi che hanno un denominatore comune e traggono origine da quell'atteggiamento di sopraffazione, direi di sfregio, del corpo della donna e della libertà femminile.
Come lei sa e come ci insegnano gli studi e i rapporti degli organismi sovranazionali - penso alle recenti disposizioni delle Nazioni Unite o dell'Unione europea - per debellare o almeno tentare di ridurre questa piaga non basta una singola azione. Servono piani d'azione coordinati, per quanto ci riguarda in rapporto stretto con la Conferenza Stato-regioni e città, che abbiano almeno quattro pilastri. Li elenco per titoli.
Il primo è quello della prevenzione (campagne, numeri verdi, educazione al rispetto della donna, formazione delle forze di polizia e dell'ordine - è decisivo questo aspetto -, controllo del territorio). Il secondo è quello della tutela della vittima. Noi sappiamo che nei casi di persecuzione è decisiva l'assistenza di chi subisce violenza e persecuzione. Questo vale per le donne italiane e a maggior ragione per le donne straniere, ancora più sole e abbandonate. Gli altri due sono la certezza della pena e i connessi adempimenti legislativi, che sono un compito del Parlamento.
Servono due ultime cose. La prima è sicuramente la reistituzione dell'osservatorio permanente sul fenomeno delle molestie e della violenza sulle donne, in modo che ci venga fornito un aggiornamento costante. Insieme, occorre una forma di coordinamento fra associazioni, enti, forze dell'ordine, esperti e studiosi. Penso innanzitutto alle case delle donne maltrattate e ai centri antiviolenza, che spesso svolgono una funzione di tutela alle vittime che surroga alla rete pubblica inadempiente.
La seconda si collega al riferimento che lei ha fatto al fondo europeo di integrazione e che ha ricordato anche la collega Bertolini. Faccio mie le parole della collega. I quattrini sono pochi, lo sappiamo, ma stiamo parlando di coesione e civiltà. Credo che potrebbe avere l'appoggio di tutto il Parlamento se si volesse investire un capitolo di quel fondo e di altri fondi destinandolo in maniera decisiva alla lotta


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contro le molestie e la violenza e alla difesa dei diritti umani. Sarebbe un fatto di civiltà e anche un dato simbolico.
Le ricordo un ultimo dato collegato a questo tema. L'Europa ha invitato tutti i Paesi membri, fra cui il nostro, a mettere a punto un programma di contrasto di tutte e sei le grandi tipologie di discriminazione. Io ho parlato delle discriminazioni nei confronti delle donne, ma l'Europa ci invita al più presto a occuparci delle discriminazioni nei confronti dei minori, di quelle per ragioni religiose e razziali, a cui faceva riferimento il collega Fiano, delle discriminazioni nei confronti degli anziani, delle persone portatrici di diverse abilità e delle persone omosessuali.
È il richiamo che ci ha fatto l'Europa. Il Ministero dell'interno e altri ministeri sono interessati.

ROBERTO ZACCARIA. Signor Ministro, io volevo sottoporle tre questioni riguardanti alcuni profili di natura normativa. So che i tempi brevi della legislatura non rendono facilissimo affrontare questi profili, ma già alcuni colleghi le hanno sottoposto altre questioni con riferimento al tema sicurezza.
Io vorrei riprendere quanto diceva il collega Bressa con riferimento al tema della cittadinanza e dei minori. Lo dico con la tranquillità che nasce dal fatto che il Presidente della Repubblica - che nella formazione di questo Governo ha esercitato un certo tipo di impulso - ha inviato, a mio giudizio, un vero e proprio messaggio alle Camere, prima il 15 novembre in occasione della cerimonia per i nuovi cittadini italiani e, poi, una settimana dopo, quando su questo tema ha invitato il Parlamento in maniera esplicita. Possiamo dire che si tratta di un messaggio alle Camere - anche se non è scritto nella forma tipica dei messaggi - in cui si dice di esaminare questo profilo perché è più facile trovare un tipo di consenso.
Un altro aspetto di natura normativa riguarda a mio parere il problema della permanenza nei CIE. È stata una questione molto discussa. Non credo che sia facile riaprire temi che hanno diviso profondamente il Parlamento, ma le chiedo di avere una verifica. Già fu traumatico portarla a sei mesi; quando la si portò a diciotto mesi, il Governo pro tempore disse in Assemblea che non era una necessità obiettiva perché questi problemi venivano risolti prima.
Il fatto di tenere in luoghi di forte segregazione - non usiamo un'espressione eufemistica - persone che non hanno commesso reati, credo sia abbastanza delicato. Le chiedo di valutare, sulla base dell'utilizzazione che di quell'istituto è stata fatta - lei possiede certamente questi dati - la possibilità di riconsiderare questo termine, che secondo me non ci fa grande onore.
In secondo luogo, vi sono profili di attuazione normativa. Lei, signor Ministro, come alcuni colleghi, ha parlato della irregolarità. Le confesso che riesce difficile, almeno a un membro di questa Commissione parlamentare, che tra l'altro dovrebbe essere particolarmente edotta su questi profili, capire la misura della irregolarità.
Da alcuni anni si pratica una sorta di disattenzione con riferimento a una norma del nostro ordinamento, cioè l'articolo 3 del testo unico sull'immigrazione, che prevede due tipi di atti da parte del Governo. Penso che dobbiate verificarlo con attenzione. Si fa una programmazione triennale e poi si stabiliscono, attraverso atti annuali, le quote di ingresso regolare nel nostro Paese. Ebbene, da tre anni questa pratica è stata abbandonata e si interviene a posteriori. Credo che, se si vuole invocare il discorso della irregolarità, bisogna avere chiaro il perimetro all'interno del quale alcune persone entrano regolarmente in un Paese, come avviene nel resto dell'Europa.
Noi siamo in una strana situazione, per cui abbiamo alcune regole che i primi a non applicare sono i soggetti dotati di maggiore responsabilità. Mi riferisco al Governo.
Io credo che per un anno si possa anche concepire un'emergenza per cui questo tipo di atto non è possibile, ma rendere stabile tale pratica è una mancanza


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gravissima, che rende molto difficile la situazione, perché, paradossalmente, o sono tutti irregolari, o sono tutti potenzialmente regolari. Se poi si interviene a posteriori con un provvedimento di sanatoria, perché dobbiamo considerare irregolare qualcuno? Anche questo ha comunque un'aspettativa di essere regolarizzato.
Si tratta di un'attività dovuta in base all'articolo 3 che le ho ricordato e credo che questo Governo, che non deve necessariamente toccare sempre profili normativi, possa dare attuazione a tale principio.
L'ultima questione, signor Ministro, mi pare altrettanto importante sul piano proprio dei rapporti etici e civili di convivenza in una determinata società. Condivido tutto ciò che è stato detto sull'integrazione, ma vorrei sottolineare che in Italia ci sono oggi 5 milioni di stranieri regolari. Da tutti i dati che noi abbiamo a disposizione, compresi quelli forse un po' vecchi del Ministero dell'interno, sappiamo che vengono date 40 mila cittadinanze l'anno. Ora, anche ammesso che non tutti gli stranieri che sono qui, ossia 5 milioni, vogliano avere la cittadinanza, lei pensa che si possa realizzare un'integrazione impiegando cento anni a dare la cittadinanza a coloro che già ora sono nel Paese? Io penso che questa sia una visione un po' capricciosa. Probabilmente lei mi risponderà che non sono aggiornato e che diamo più di 40 mila cittadinanze l'anno.
Le posso comunicare un fatto con certezza, però. Io ho alcune schede, che non le posso leggere. Le compilo dal 1997 ogni volta che incontro persone che sono arrivate nel nostro Paese, albanesi che parlano italiano con l'accento dei loro territori in cui vivono, persone che incontro e che hanno compiuto tutto il corso degli studi, che hanno casa e mutuo, che si sentono italiane, che hanno fatto perfino l'università e che hanno pratiche di immigrazione. Sappiamo tutti che dopo i dieci anni richiesti dalla legge sulla cittadinanza del 1992 se ne richiedono altri due, tre o quattro. È un percorso sconosciuto e inconoscibile.
Se i soggetti vanno davanti al TAR, dopo due anni il TAR attribuisce loro questo diritto. Ma perché dobbiamo incentivare i ricorsi al TAR da parte di persone che, tutto sommato, non hanno grandi possibilità per intentarli e magari impedire a persone che sono nel nostro Paese e sono perfettamente integrate - se hanno frequentato l'università, devo sperare che lo siano, ma anche se non l'avessero frequentata e si fossero fermati alle scuole superiori sarebbe la stessa cosa - di avere la cittadinanza? Capisco se uno è un pericoloso sovversivo, che va controllato, ma individuare queste persone è un problema solo di efficienza amministrativa.
Lei certamente può dare un impulso da questo punto di vista e le chiedo a corredo di fornici dati più aggiornati.
Le faccio poi notare che ultimamente le domande di asilo nel nostro Paese vengono accolte con una grande parsimonia. Alla luce dei processi di cui siamo stati oggetto nel nostro Paese negli ultimi anni, io credo che ci siano più persone che abbiano titolarità per l'asilo. Il trend dovrebbe essere in crescita, anche se controllato, naturalmente. Anche questo è un problema di ordinaria e buona amministrazione delle questioni del Paese.
Infine, sono d'accordo su quanto affermato dai colleghi Giovanelli e Lanzillotta riguardo alla Protezione civile.

ROBERTO GIACHETTI. Mi limito solo a una domanda e a una richiesta.
La domanda parte dal presupposto che io penso che ciò che ha tolto molta credibilità alla politica negli ultimi anni, non solo in questa legislatura, ma anche nella precedente, sia stato il susseguirsi di dichiarazioni di ministri che si smentivano l'uno con l'altro.
Io penso che il Ministro della giustizia stia compiendo un tentativo serio, anche se non risolutivo, di intervenire per ridurre il dramma che si sta realizzando nelle nostre carceri. Sarebbe davvero drammatico, se creassimo aspettative che non sono realizzabili.


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Poiché noi dovremo esaminare il decreto che prevede di dare un piccolo tratto di attenuazione a questo dramma, la pregherei - è la domanda che le pongo - di riferirci se effettivamente i dubbi e le perplessità avanzati dai sindacati di polizia e da tutto il personale interessato sono reali e, nel caso affermativo, se voi davvero pensate attraverso una politica concordata tra i diversi ministri di risolverli per tempo, in maniera che, quando questo decreto sarà, io mi auguro rapidamente, approvato dal Parlamento, questi dubbi siano eliminati e si possa effettivamente almeno su questo piccolo segmento avere una certezza. Lo chiedo non tanto per noi, signor Ministro, come lei può immaginare, ma per coloro che direttamente attendono di vedere modificata la loro situazione.
La seconda richiesta si aggancia alla domanda appena fatta. Anch'io sono convinto che il Ministro Maroni sia stato uno dei migliori ministri del precedente Governo, però, secondo me, ha compiuto un'azione assolutamente inaccettabile, uno sgarbo non solo istituzionale, ma anche pratico, cioè quello di vietare o di rendere impossibile per i parlamentari di svolgere ispezioni all'interno dei Centri di identificazione ed espulsione (CIE) che, spesso e volentieri, pensando alle immagini che le televisioni hanno trasmesso, sono in condizioni forse addirittura peggiori delle nostre carceri.
Lei sa che c'è un diritto dei parlamentari di svolgere ispezioni nelle carceri e che grazie anche a questo diritto, soprattutto - dobbiamo riconoscerlo - per iniziativa dei colleghi radicali in questi ultimi anni, ma comunque anche di tutti noi che abbiamo girato nelle carceri, è stato possibile far emergere con più forza il dramma che si vive all'interno delle carceri.
Credo che per la democrazia e per tutti noi sarebbe utile, e la mia richiesta è questa - basta un tratto di penna - emanare una disposizione, esattamente come è stato fatto in precedenza, per consentire semplicemente che questo livello di ispezione possa essere ripristinato anche all'interno dei CIE.

SALVATORE VASSALLO. Innanzitutto ci tenevo particolarmente a partecipare alla prima seduta nella quale il Ministro si confronta con la Commissione, avendo avuto occasione di conoscere e apprezzare la dottoressa Cancellieri nella sua precedente funzione di commissario del comune di Bologna.
Come i colleghi sanno, ho cercato in diversi modi di accorciare la sua permanenza come commissario di Bologna, con l'intento di far tornare la città il prima possibile a votare, certamente non animato dall'intenzione di allontanare il prima possibile la dottoressa Cancellieri da Bologna. Ella, invece - lo voglio dire benché sia un fatto noto ai colleghi - ha lasciato nella città un ricordo straordinariamente positivo per l'equilibrio e la determinazione con cui ha svolto il suo compito. A maggior ragione, sono lieto di poterle augurare buon lavoro in questo nuovo incarico.
Dopodiché, le pongo solo una questione molto specifica su un tema che è stato già trattato e su cui non ho bisogno di dilungarmi molto, ma che credo sia uno dei più complessi o comunque rilevanti che dovremo affrontare insieme nei prossimi mesi.
Il Governo ha già sostanzialmente dato un indirizzo molto determinato, benché si trattasse di una materia di cui noi abbiamo discusso a nostra volta, quella dell'ordinamento degli enti locali, delle province e degli enti di governo a livello comunale. Il Governo - per ragioni di sinteticità cerco di essere chiaro e, quindi, forse troppo diretto - ha dato un indirizzo, attraverso l'intervento del decreto-legge n. 201 del 2011, apparentemente molto chiaro: con quelle norme alle province vengono attribuite funzioni che esse oggi non hanno - funzioni piuttosto leggere: di coordinamento e, come si diceva forse impropriamente nel testo, di indirizzo politico dei comuni - mentre si sottraggono loro tutte le funzioni più corpose e vere che oggi hanno.
Si disegna, dunque, una forma di governo estremamente leggera, con l'intenzione, almeno apparente, ma che è stata


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anche comunicata all'opinione pubblica, di abolirle. Ciò sembra essere anche l'effetto dell'altra decisione, quella di escludere qualsiasi tipo di indennità o di gettone per chi opera negli organi di decentramento subcomunale. Tale contesto segnala con evidenza un disegno che non può essere portato a compimento con interventi soltanto di legislazione ordinaria e che, quindi, lega insieme i tre pezzi di cui il Parlamento dovrà discutere.
A me sembra che su questi temi il Governo, a maggior ragione avendo fatto questo passo molto impegnativo, debba assumersi in pieno la responsabilità del coordinamento dell'attività parlamentare, che è tanto più necessaria in un sistema fin troppo complicato come quello bicamerale, nel quale noi operiamo.
È chiaro che ci sono tre elementi che vanno tenuti insieme e forse messi in sequenza: la riforma costituzionale, la definizione delle funzioni fondamentali e l'attuazione del federalismo fiscale. È difficile pensare che tali aspetti possano essere affrontati in Camere separate, ciascuna discutendo secondo una filosofia propria. I tre elementi devono essere tenuti insieme da un modello di riferimento e anche da una sequenza procedurale che abbia una sua logica e linearità.
Questo è un onere che normalmente ricade sul Governo e di cui credo il Governo si debba fare carico, nonostante la sua peculiarità, a maggior ragione avendo stabilito un indirizzo con le decisioni contenute nel decreto-legge, naturalmente tenendo conto delle discussioni che sono state fatte anche qui.
Personalmente per molto tempo ho tenuto la posizione minoritaria che va verso un drastico ridimensionamento delle province e continuo a essere convinto che anche il Governo dovrebbe riflettere su questo punto. Può darsi, infatti, che sia più efficace, dal punto di vista della razionalizzazione e della riduzione dei costi, un drastico ridimensionamento che preveda la non necessità delle province, per esempio in alcune regioni troppo piccole, o che preveda l'istituzione di province di secondo grado e un assottigliamento di alcune funzioni attuali, ma anche il raccordo intorno alle province di tanti enti che servono alla gestione di servizi a rete. Insomma, può darsi che questo modello, che non equivale alla cancellazione, ma a un drastico ripensamento delle province, sia più funzionale, rispetto alla prima ipotesi, anche agli obiettivi che il Governo mostra di voler perseguire di razionalizzazione e riduzione dei costi, semplificazione per i cittadini e le imprese.
Tuttavia, è evidente che il Governo deve a questo punto proporci - o definire insieme a noi - un modello e poi metterlo in atto mediante sulla base di una sequenza procedurale. Non so se sarà l'occasione della sua replica quella nella quale ci potrà dare qualche indicazione a questo riguardo, però prima o poi dovremo farlo.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Giachetti per una precisazione.

ROBERTO GIACHETTI. Signor Ministro, ho appreso soltanto adesso che lei ha già provveduto qualche giorno fa a ripristinare la possibilità per la stampa di accedere nei Centri di identificazione ed espulsione. La ringrazio di questo.

PRESIDENTE. Quindi una risposta oggi l'abbiamo ottenuta.

MARCO MINNITI. Addirittura preventiva!

RENZO LUSETTI. Signor Ministro, lei è venuta in Commissione per svolgere una relazione sulle linee programmatiche del suo dicastero e alcune tematiche sono state affrontate nelle domande che le hanno posto: la sicurezza, il ruolo delle sedi territoriali, la Carta delle autonomie, l'immigrazione, il diritto di cittadinanza e via dicendo. Questo fa parte dell'impegno a breve e medio termine del suo dicastero per chiudere questo scorcio di legislatura.
Io vorrei affrontare due questioni specifiche. Una riguarda il tema delle autonomie locali, in particolar modo i piccoli comuni. È un tema importante e molto sentito, perché il Parlamento in questi


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anni ha cercato di valorizzare il problema più complessivo della cooperazione intercomunale per la gestione associata dei servizi e delle funzioni attraverso l'unione dei comuni. Rispetto a questo, in attesa che venga approvata una cornice istituzionale più ampia che riguarda la Carta delle autonomie, nel decreto-legge n. 138 del 2010, adottato dal precedente Governo, c'è una norma che riguarda i piccoli comuni con meno di mille abitanti: sono comuni piccolissimi, ma importanti perché numerosissimi nel nostro Paese. L'articolo 16 del citato decreto, in qualche modo, prevede l'obbligo per questi comuni di costituirsi in associazione di comuni per gestire insieme questi servizi. Sicuramente si risolve il problema della gestione dei servizi, rendendoli più efficienti e abbattendo i costi. Tuttavia, in sede di applicazione di questa norma ci sono stati molti problemi; sono stati segnalati disservizi e difficoltà anche da parte di amministratori che, peraltro, non svolgono questo ruolo a tempo pieno e hanno posto, attraverso l'ANCI e forse anche direttamente alle prefetture, problemi di applicazione effettiva.
Le chiedo se ha già previsto una proroga di un anno...

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Stamattina si è tenuta la Conferenza Stato-città ed autonome locali.

RENZO LUSETTI. Come non detto, allora. È importante per i comuni poter avere questa proroga. Dunque, se non c'è più l'obbligo di provvedere entro il 31 dicembre 2011, è già un passo in avanti.
La seconda domanda riguarda il terremoto avvenuto all'Aquila. Nel cantiere del terremoto, che viene definito forse il cantiere più grande d'Europa, sono stati recentemente arrestati alcuni appartenenti alle 'ndrine, ossia a nuclei territoriali della 'ndrangheta. Le chiedo se non pensa che occorra prevedere in qualche modo il possesso del certificato antimafia anche per quegli affidamenti e subappalti privati che si occupano della ricostruzione. Visto che ci sono contributi pubblici da parte dello Stato nei confronti dei privati, le chiedo - il nostro gruppo, con l'onorevole Tassone, si è fatto carico di questa proposta - se non sia possibile anche individuare una nuova norma che consenta di introdurre il certificato antimafia anche nei casi in cui ci sono sovvenzioni pubbliche anche per l'edilizia privata.

GIUSEPPE CALDERISI. Anch'io saluto il Ministro cui rivolgo i miei auguri di buon lavoro. Il mio intervento vuole essere prevalentemente di carattere metodologico. Lo rivolgo, quindi, a lei ma potrei rivolgerlo più o meno anche a tutti gli altri ministri.
Intendo dire che questo Governo, come è noto, nasce nel pieno rispetto delle prerogative costituzionali, però indubbiamente nella genesi di questo Governo, il segmento «corpo elettorale», che fa parte del circuito della responsabilità politica, è stato escluso. Ribadisco che il nuovo Governo è assolutamente rispondente al dettato costituzionale, poiché c'è stata una volontà delle forze politiche di sostenerlo in questa situazione di emergenza, nondimeno ci troviamo di fronte a un fatto nuovo che richiede una riflessione su come devono essere affrontate, dal punto di vista metodologico, tutte le tematiche che sono rimaste fuori dalle dichiarazioni programmatiche su cui si è espresso il voto di fiducia.
Ci sono tantissime questioni - già in questa audizione ne è emerso un ventaglio - che non hanno fatto parte delle dichiarazioni programmatiche su cui c'è stato il voto di fiducia. È necessario capire tutti insieme come procedere dal punto di vista metodologico.
Credo e spero che tutti quanti - in particolare il mio gruppo, il PdL - vogliano e sappiano muoversi con il massimo spirito di collaborazione e di capacità propositiva. Ritengo che questo sia il metodo migliore per affrontare questa situazione.
Affinché ciò possa avvenire, Ministro, chiederei al Governo una riflessione, nel senso che credo che sia utile che, allorquando il Governo intenda affrontarli,


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questi temi - c'è stato un ventaglio di tutta una serie di tematiche, ma non abbiamo potuto approfondirli singolarmente - siano portati alla riflessione e all'elaborazione del Parlamento nella fase istruttoria, in modo da consentire di raccogliere il contributo propositivo delle forze politiche e trovare una sintesi. Ci sono sicuramente alcune questioni sulle quali, pur in una diversità di posizioni, è forse più facile trovare sintesi fra soggetti che hanno spesso indirizzi contrapposti e ci sono materie nelle quali, invece, la possibilità di trovare un punto di convergenza è molto più problematica. Non voglio escluderlo su nulla in linea ipotetica, ma certamente ci sono questioni su cui le posizioni sono molto divaricate.
Non c'è nessuna preoccupazione ad affrontare alcun tema, ma a maggior ragione si pone la necessità di far sì che il confronto possa avvenire. Invito, quindi, il Governo - a parte le questioni più semplici di ordinaria amministrazione o le emergenze strette - su tutte le questioni che sono più complesse, delicate e significative, a venire incontro alla situazione nuova che si è determinata e con la quale anche noi dobbiamo capire come procedere, perché è la prima volta che l'affrontiamo in questi termini, portandoci in discussione le questioni ancora nella fase istruttoria.
Questo, lo ripeto, dal punto di vista metodologico e di carattere generale. Affronto poi due questioni specifiche. Una è il tema delle province, che è stato già affrontato e quindi posso esimermi dal ritornarci sopra in modo approfondito. Certamente l'intervento del Governo è stato molto deciso. Ad avviso della Commissione era anche al di fuori del dettato costituzionale. L'abbiamo detto ed è stato in gran parte corretto, ma non c'è ombra di dubbio che questo intervento, come altri colleghi hanno già detto, può trovare soluzione compiuta solo a partire dal comprendere qual è la revisione costituzionale che intendiamo apportare. È da lì che poi inevitabilmente si possono risolvere anche gli altri aspetti che non riguardano direttamente il dettato costituzionale.
Ci sono già alcune proposte provenienti da diverse forze politiche e, quindi, in questo caso il Governo si trova ad avere di fronte il ruolo propositivo delle parti politiche che sostengono o meno il Governo. Sono proposte che tendenzialmente vanno verso una responsabilità regionale nella definizione del modo di essere, del come e se dovranno rimanere in vita e con quale ruolo le province. Evidentemente la regione dovrebbe avere un ruolo soprattutto nello sviluppo economico del proprio territorio e, quindi, capire come organizzare il proprio territorio dal punto di vista amministrativo non può essere dissociato dall'ambito dello sviluppo socio-economico. Quindi, il Governo trova già contributi molto precisi e puntuali, proposte molto ben definite e anche urgenti, perché non credo che il tema possa essere portato avanti soltanto con la legislazione ordinaria.
Altri temi sono molto più complessi. È stato toccato più volte quello della cittadinanza. La Commissione ne ha discusso a lungo. Anche sul tema dei minori ci sono profonde differenze, Ministro. Non so come possono essere composte. Per noi la cittadinanza è la conclusione di un processo di integrazione, non è lo strumento per avviare il processo di integrazione. Abbiamo fatto convegni, ci sono elaborazioni, documenti e relazioni.
Per esempio, ma non voglio entrare ora nel merito specifico, anche per i minori vorremmo comprendere - con riguardo a chi è nato in Italia ed è nel nostro Paese da più dieci anni e ha i genitori che vivono qui da più di dieci anni - perché sono i genitori a non richiedere la cittadinanza. Se la chiedessero i genitori, la questione sarebbe già risolta. Vorremmo capire come possa accadere che il genitore non chieda la cittadinanza, pur avendone i requisiti temporali, però poi la deve chiedere per il figlio. Ci sono questioni, Ministro, da approfondire bene. Questo genitore potrebbe anche prendere il figlio e riportarselo all'estero, perché ne ha la patria potestà. Sono questioni molte complesse, sulle quali non voglio entrare nel merito in questa sede.


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Non si può pensare che sia facile risolverli. I problemi certamente esistono. Certamente si pone il problema di rispettare i limiti temporali. Se oggi la legge prevede dieci anni, cominciamo a rispettare i limiti temporali per quanto riguarda questo problema.
Per il resto bisogna che le diverse tematiche siano affrontate nella fase istruttoria e che il Governo capisca come aiutare noi e se stesso a trovare il miglior modo di risolvere i problemi.

SESA AMICI. Svolgo solo una battuta. Vorrei richiamare la questione degli appalti pubblici relativa alle prefetture, soprattutto quelle prefetture, in pezzi di territorio della nostra Italia, dove esistono questioni di sotto-organico. Verrò probabilmente a trovarla in altra sede, signor Ministro, ma, se penso alla provincia di Latina, nota per altri motivi all'interno del nostro Paese, ricordo che, mentre si arrestava Zagaria, in un'eccellente operazione delle forze dell'ordine, in quella stessa provincia venivano svolte operazioni di confisca per il clan Mallardo ai confini della zona del casertano.
Lei sa benissimo qual è la situazione.
Io credo che, per la conoscenza diretta che abbiamo, sia del tutto evidente che in quegli intrecci, quando le questure devono agire dentro una nuova strategia di contrasto alla criminalità, che è effettivamente una potenza economica, abbiano bisogno anche da parte dello Stato di avere alcune certezze in più e non semplicemente un atto di mera sussidiarietà.

PRESIDENTE. Ringraziamo il Ministro, che ci ringrazia a sua volta per i contributi dati. Poiché non può svolgere oggi la replica, avremo cura di mandarle il resoconto stenografico di questa seduta, e subito dopo, alla ripresa dei lavori, ci verrà data risposta. Stabiliremo un'altra giornata per il seguito dell'audizione.

ANNA MARIA CANCELLIERI, Ministro dell'interno. Mi scuso se devo andare via, perché, peraltro, gli argomenti trattati sono molto interessanti e su alcuni stiamo già lavorando. Fisseremo una data a gennaio, in modo che io possa tornare con le risposte precise su tutto quanto richiesto e magari con qualcosa anche di più concreto, oltre alle risposte.
Ci tenevo soltanto a ringraziarvi e a tranquillizzarvi per quanto riguarda il mio atteggiamento nei confronti del Parlamento. Tutto ciò che noi faremo sarà sottoposto al Parlamento. Non ci sarà alcuna forzatura, ma il più grande rispetto verso il Parlamento, perché sarà il Parlamento ad avere l'ultima parola. Da parte nostra c'è soltanto la voglia di portare il lavoro alla vostra attenzione. Assicuro, quindi, massimo rispetto e massima attenzione.
Volevo anche ringraziarvi, perché mi avete dato spunti per alcune idee. A molte delle questioni poste avevo già pensato, ma, lo confesso, ad altre no. Questo mi aiuta e penso che potremmo stabilire un modo di lavorare e di vederci periodicamente perché da questo scambio di idee e di opinioni potremo realizzare forse qualche cosa di più per il nostro Paese.

PRESIDENTE. Grazie a lei, Ministro.
Rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 16,50.

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