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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-IV Camera e 3a-4a Senato)
10.
Martedì 15 maggio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Comunicazioni del Governo sul vertice NATO di Chicago (20-21 maggio 2012):

Stefani Stefano, Presidente ... 3 8 15 17 22
Boniver Margherita (PdL) ... 10
Cabras Antonello (PD) ... 8
Cirielli Edmondo, Presidente della Commissione difesa della Camera dei deputati ... 13
Dini Lamberto, Presidente della Commissione affari esteri e emigrazione del Senato della Repubblica ... 3 12 21
Di Paola Giampaolo, Ministro della difesa ... 6 20 21
Di Stanislao Augusto (IdV) ... 11
Frattini Franco (PdL) ... 17
Gamba Pierfrancesco Emilio Romano (PdL) ... 16
Mogherini Rebesani Federica (PD) ... 15
Negri Magda (PD) ... 16
Ramponi Luigi (PdL) ... 14 15
Torri Giovanni (LNP) ... 10
Terzi di Santagata Giuliomaria, Ministro degli affari esteri ... 3 17
Vernetti Gianni (Misto-ApI) ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - IV (DIFESA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E
3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 4a (DIFESA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 15 maggio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sul vertice NATO di Chicago (20-21 maggio 2012).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sul vertice NATO di Chicago (20-21 maggio 2012).
Prima di dare inizio ai lavori, credo di interpretare il sentimento di tutti i colleghi presenti nell'esprimere il più profondo cordoglio per la scomparsa del senatore Giampiero Cantoni, presidente della Commissione difesa del Senato.
Pregherei pertanto il presidente Dini di ricordare l'amico e collega.

LAMBERTO DINI, Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica. Presidente Stefani, la ringrazio di avermi permesso di prendere la parola all'apertura di questa nostra seduta, un confronto importante con i ministri, che avevamo programmato da tempo insieme al collega Giampiero Cantoni.
L'anzianità e la lunga amicizia mi assegnano il triste compito di ricordare in quest'aula la sua figura di brillante imprenditore, fin dai suoi più giovani anni, economista e accademico, formatosi all'Università Bocconi, dove ha anche insegnato, quindi banchiere ai più alti livelli, dal vertice dell'IBI a quello della BNL, che in anni difficili guidò con vigore e oculatezza.
Noi tutti qui lo ricordiamo come politico, dal 2001 senatore, membro attivo e vicepresidente della Commissione finanze prima, e quindi in questa legislatura presidente della Commissione difesa del Senato. Un amico per me e per molti di noi, un uomo che, come ha detto il Capo dello Stato con parole eloquenti, ha saputo unire, anche nei rapporti istituzionali, professionalità, serietà ed equilibrio, con un'estrema signorilità e una naturale simpatia.
Oggi lo voglio ricordare, duramente colpito come sono dal vuoto che ci ha improvvisamente lasciato, accanto ai ministri che sono stati suoi interlocutori lungo la legislatura, e di fronte a voi, colleghi, che avete saputo apprezzarlo in questi anni di lavoro comune. Grazie (Applausi).

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Giulio Terzi di Sant'Agata e quindi al Ministro Giampaolo Di Paola per lo svolgimento della relazione.

GIULIOMARIA TERZI DI SANT'AGATA, Ministro degli affari esteri. Signori presidenti, onorevoli senatori, onorevoli deputati, innanzitutto consentitemi di aggiungere alle parole di cordoglio del presidente Dini anche un forte senso di rimpianto e di cordoglio da parte del Governo, ma soprattutto


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da parte mia personale per la lunga consuetudine di contatti di lavoro che avevo avuto con il presidente della Commissione difesa del Senato Giampiero Cantoni in questo incarico di Governo e in precedenza.
Ringrazio le Commissioni per questa opportunità di fare il punto sul prossimo vertice NATO di Chicago. Come sapete, i principali temi all'ordine del giorno saranno tre: l'Afghanistan, le capacità strategiche di cui l'Alleanza dovrà dotarsi nel 2020 nel quadro del nuovo concetto strategico, e i rapporti fra la NATO e i partner esterni. Si tratta di tre tematiche distinte, ma chiaramente collegate dal filo conduttore di continuare in futuro a dare centralità all'Alleanza nel quadro dei rapporti euro-atlantici.
Nel 2010, a Lisbona abbiamo portato l'Alleanza atlantica indubbiamente oltre il perimetro della guerra fredda e, con il nuovo concetto strategico, abbiamo iniziato ad affrontare più in profondità le nuove sfide alla sicurezza, al di là di quelle che, ai sensi del Trattato di Washington, erano le consuete frontiere atlantiche, al fine di trovare un modo per trasformare la funzione della NATO da quella di gendarme globale, come è stato detto, a quella di protagonista centrale e inclusivo della sicurezza internazionale.
Sull'Afghanistan, il primo punto in agenda, a Chicago saremo chiamati a valutare le decisioni da prendere per concludere la transizione da qui al 2014. Occorrerà definire l'impegno dell'Alleanza nell'assistenza al Governo e al popolo afgano dopo tale anno secondo due direttrici essenziali: la formazione delle forze di sicurezza afgane e l'assistenza finanziaria per il loro sostentamento. A queste due dimensioni, formazione e assistenza finanziaria, continuerà ad affiancarsi la fondamentale azione per lo sviluppo delle istituzioni civili e per la governance del Paese.
L'Afghanistan resta un test assolutamente cruciale per la capacità dell'Alleanza di proteggere la nostra sicurezza fuori dall'area tradizionale del Trattato di Washington. Resta però un concetto fondamentale, che appartiene alla lunga storia dell'Alleanza dalla firma del trattato, cioè quello della responsabilità collettiva nella sicurezza. Anche in Afghanistan continuerà ad essere valido il principio del together in, together out, senza scardinamenti di questo senso di responsabilità collettiva.
Chicago dovrà constatare la validità degli obiettivi e delle scadenze fissate dal vertice di Lisbona per quanto riguarda la transizione delle responsabilità di sicurezza alle forze afgane, da completare nel 2014, tenendo presente che l'avvio della terza fase, ribadito ancora in queste ore dal Presidente Karzai, eleva al 75 per cento la fascia di popolazione affidata alle responsabilità afgane.
La comunità internazionale ha investito moltissimo per l'Afghanistan e, per consolidare i progressi ottenuti e per stabilizzare il Paese, dovremo certamente proseguire nei nostri sforzi, avvalendoci di tutte le risorse disponibili rese maggiori dalla riduzione progressiva degli oneri finanziari per la spesa militare.
L'Italia ha ricevuto dai partner internazionali, dall'opinione pubblica e soprattutto dalla popolazione afgana, un apprezzamento unanime per il ruolo svolto a Kabul e a Herat. Grazie anche al contributo del nostro Paese, insieme agli altri partner sono stati raggiunti traguardi che fino a dieci anni fa sembravano impossibili. Sono cifre che abbiamo menzionato diverse volte, ma che vale la pena continuare a ricordare. In Parlamento siedono 69 donne, è stata approvata una Costituzione che riconosce parità di trattamento tra uomini e donne, nei diritti civili, nei diritti umani, nonché garanzie che almeno sul piano del livello costituzionale vengano reiterate e assicurate.
La scolarizzazione ormai riguarda 7 milioni di bambini, il 40 per cento dei quali sono ragazze, che vanno oggi a scuola rispetto a meno di 1 milione ai tempi del governo talebano. La presenza femminile nelle università è salita quasi al 20 per cento, mentre i servizi sanitari raggiungono il 64 per cento della popolazione, rispetto al misero 8 per cento di undici anni fa.


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La condizione femminile e i diritti dell'infanzia restano una delle priorità del Governo nel continuare ad essere presenti in Afghanistan, in piena linea con il mandato ricevuto dal Parlamento con diverse mozioni e risoluzioni, che hanno sostenuto l'attività del Governo in questi ultimi mesi. La nostra azione si avvarrà anche di un inquadramento di insieme, dato dall'accordo bilaterale di partenariato di lungo periodo firmato nel gennaio scorso dal Presidente Monti e dal Presidente Karzai.
Questo testo verrà presto esaminato dalla Commissione esteri della Camera, con l'auspicio che possa essere rapidamente ratificato.
È un accordo che, come dicevo, riconduce a un quadro unitario i diversi filoni di collaborazione. La prevede nel campo politico, con un rafforzamento delle consultazioni del dialogo politico tra i due governi, nella cooperazione, dove si confermano i settori prioritari di intervento (agricoltura, infrastrutture, sanità, governance, stato di diritto, tematiche di genere, diritti umani), nel campo della sicurezza per l'attività di formazione a favore delle Forze armate e di polizia, nel contrasto al narcotraffico e nel campo economico, con sostegno all'imprenditoria privata e ai trasferimenti di tecnologia.
Vi è anche un volet che riguarda la collaborazione culturale, la formazione nel restauro, la promozione della lingua italiana e l'archeologia. Nel confermare questo impegno di ampio respiro, ribadisco che le relazioni fra Italia e Afghanistan continueranno sempre più ad intensificarsi. L'Italia sostiene il cosiddetto «processo di Istanbul», che mira a coinvolgere tutti i Paesi della regione in una dimensione di cooperazione, attraverso misure di rafforzamento di fiducia, proprio per questo stiamo lavorando alla preparazione della riunione ministeriale prevista a Kabul il 14 giugno, basata sulla cooperazione regionale.
Il quadro è quindi quello di una strategia ben definita, di cui l'Italia è partner di rilevante significato, per la sicurezza, per la cooperazione regionale, per lo sviluppo economico, in risposta alle aspettative e alle sollecitazioni del Parlamento.
Il secondo aspetto del vertice di Chicago che sarà in forte evidenza è quello dei partenariati. Naturalmente a noi interessa molto il ruolo della NATO nel Mediterraneo e nel Nord Africa, così come nell'area balcanica, al fine di mantenere aperte verso questi Paesi le prospettive di una collaborazione sempre più stretta con l'Alleanza atlantica.
Il concetto strategico ha individuato già nel 2010 le nuove minacce del XXI secolo, che possono e devono essere affrontate anche attraverso lo strumento del partenariato, ovvero la minaccia del terrorismo, della proliferazione delle armi di distruzione di massa, della guerra cibernetica, delle questioni di approvvigionamento energetico.
Nella dimensione del partenariato sarà importante - e questa è un'iniziativa nuova - il vertice con i 13 Paesi che condividono con la NATO valori e obiettivi, ma che non sono stati sinora associati in strutture specifiche. Questo avrà luogo soprattutto su impulso americano, ma alla sessione ministeriale alla quale ho partecipato qualche settimana fa a Bruxelles è emerso un ampio consenso sull'opportunità di utilizzare questa nuova forma di contatto tra i Paesi che hanno contribuito per l'Afghanistan o per la Libia alle operazioni dell'Alleanza per avvicinarli anche sul piano politico.
Vi è poi il rapporto con l'Unione europea, che indubbiamente è riduttivo definire di partenariato, perché si tratta di due dimensioni che devono essere sempre più integrate e generare gli spazi per quella che auspichiamo possa essere una difesa europea. Nel rapporto fra NATO e Unione europea si è appunto declinato l'impegno anche dell'Italia nei Balcani e in Corno d'Africa.
Il problema di una convergenza più strutturata fra NATO e Unione europea è sicuramente il contenzioso turco-cipriota ed alcuni aspetti polemici di questo contenzioso sono emersi nell'ultima riunione ministeriale Bruxelles. Nonostante queste difficoltà, però, l'Unione europea sarà presente


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a Chicago in tre circostanze specifiche: nella riunione di apertura del Consiglio atlantico con la partecipazione del Presidente Van Rompuy, al pranzo di lavoro dei Ministri degli esteri con il l'Alto rappresentante Ashton e alla riunione con i Paesi non membri della NATO contributori di ISAF, alla quale parteciperanno sia Van Rompuy che Barroso.
Il Consiglio Affari Esteri, a cui ho partecipato ieri a Bruxelles, ha formalizzato l'impegno dell'Unione europea a lavorare in Afghanistan anche dopo il 2014, impegno che, anche come contenuti e funzioni che l'Unione europea intende mantenere, è parallelo a quello dell'Alleanza atlantica.
Vorrei soltanto spendere una parola per quanto riguarda i partenariati sul dialogo mediterraneo e sull'iniziativa di cooperazione di Istanbul, sui quali continuiamo a puntare anche per la promozione dei valori e dei princìpi che sono alla base dell'Alleanza atlantica. Questo è un auspicio, che riferendomi alla collaborazione con la NATO, ho espresso nelle mie missioni in Tunisia, in Libia, in Egitto, in Algeria e ancora più di recente negli incontri a Roma, da ultimo quello di sabato con il collega libico. Speriamo di poter continuare a lavorare nel dialogo mediterraneo anche per riattivare formule di dialogo fra questi Paesi e Israele, dialogo che purtroppo, anche per la nota situazione creatasi con la Turchia, in questi ultimi tempi è stato piuttosto compromesso.
Veniamo alle capacità strategiche di difesa - sulle quali si soffermerà soprattutto il Ministro Di Paola - e al tentativo di puntare su una dinamica evolutiva dell'Alleanza atlantica attraverso formule definite di smart defence, di alliance ground surveillance e di difesa missilistica, corredate sul piano della cooperazione industriale da un accresciuto profilo dell'Agenzia europea di difesa.
Il rapporto fra NATO e Russia è un rapporto al quale teniamo molto, un obiettivo che intendiamo mantenere presente nel contesto NATO, ma anche nella leadership russa. Ne abbiamo parlato a fondo negli incontri due più due, negli incontri esteri e difesa a Mosca insieme agli omologhi russi e con il Presidente Medvedev. Per il momento non è possibile ottenere una sessione del Consiglio NATO-Russia a Chicago così come la partecipazione alla sessione ISAF, ma è stato significativo, almeno per l'Italia, il fatto che nell'ultima sessione ministeriale NATO a Bruxelles il collega Lavrov abbia sottolineato l'importanza di mantenere vivo quello spirito di Pratica di Mare, al quale non ci stanchiamo di riferirci.
Dopo queste brevi annotazioni, vorrei lasciare al collega Di Paola le osservazioni più dirette sugli aspetti di strategia militare.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Grazie presidenti e grazie onorevoli senatori e deputati. Anch'io vorrei innanzitutto esprimere una parola in ricordo del presidente Cantoni, con il quale, come presidente della Commissione difesa del Senato in questi sei mesi della mia esperienza di governo ho avuto ovviamente un'intensa relazione.
Vorrei soltanto aggiungere alcune note che completano quanto il Ministro Terzi ha detto, perché ovviamente c'è una sola posizione del Governo su queste tematiche e quindi non potrei che riconfermare ciò che il Ministro Terzi ha detto e che ritengo il Presidente del Consiglio dirà al summit di Chicago.
Al di là di ciò che si legge sui giornali, il summit di Chicago cade in un momento particolarmente delicato, a sei mesi dalle elezioni negli Stati Uniti, a due settimane dall'elezione del nuovo Presidente francese Hollande, a varie settimane da elezioni svoltesi in vari Paesi europei, che hanno certamente impresso una scossa alla mappa politica di molti Paesi dell'Alleanza. Questa sensibilità politica quindi c'è, rimane e sarà evidente.
È però anche un momento in cui bisognerà riflettere sul post 2014, perché il post 2014 non è soltanto un post ISAF, laddove Chicago confermerà la prospettiva di Lisbona o almeno questa è l'attesa.


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Per la prima volta l'Alleanza si troverà dopo oltre due decenni nel post-guerra fredda ma anche all'indomani di un periodo di intenso impegno operativo, un impegno cominciato in Bosnia, continuato in Kosovo, in Iraq con membri importanti dell'Alleanza, in Afghanistan e in Libia.
Il mondo presenta sempre sorprese, quindi mai dire mai, ma un periodo di intenso impegno operativo verrà presumibilmente a completamento, per cui l'Alleanza opererà ma con un'intensità diversa. Credo che i Capi di Stato e di Governo dovranno cominciare a riflettere su questo post 2014 in termini globali, su come dare attuazione in questa nuova realtà alla visione del concetto strategico che è stata elaborata a Lisbona.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, vorrei solo brevemente aggiungere che, con la dichiarazione dell'avvio della terza fase fatta da Karzai domenica scorsa, in particolare per la regione di nostro maggiore interesse, cioè l'occidente, parecchi distretti saranno interessati da questa fase di transizione e quindi questo ci tocca da vicino.
Ciò consentirà a noi come a tutti gli altri una progressiva riduzione dei nostri contingenti da qui fino alla fine del 2014, come è stato ripetutamente detto; ma è stato anche ribadito che a Chicago, al di là della transizione, si parlerà del post ISAF 2014, cioè di quale sarà e in quali forme l'impegno degli alleati nel partenariato strategico di lungo periodo, che è stato firmato con l'Afghanistan. Le forme di impegno che questo vedrà saranno di continua presenza e assistenza alle forze di polizia afgana, ma anche di tipo finanziario per sostenere le forze di sicurezza afgane.
Credo che la comunità internazionale, e non solo la NATO o ISAF, vogliano evitare l'errore che fecero i sovietici, una volta lasciato l'Afghanistan: due anni dopo l'esercito afgano, che allora non era così male relativamente parlando, crollò perché gli venne a mancare ogni tipo di sostegno. Questo è un errore che la comunità internazionale non vuole ripetere, anche per portare a compimento i frutti dell'impegno così oneroso che ha sostenuto.
Per quanto riguarda l'aspetto delle capacità militari, il tema di fondo è come continuare a preservarle e a svilupparle in un contesto di austerità finanziaria profonda. Questa è la vera sfida in cui i Capi di Stato e di Governo si impegneranno. In particolare, è stato elaborato un documento, che, se riterranno, dovranno approvare, denominato A defence package for the Chicago summit, in cui si esplorano le vie con cui continuare a sostenere le capacità necessarie all'Alleanza, pur in un contesto di austerità finanziaria.
Il concetto della smart defence è quindi lavorare sempre più insieme, sempre più in maniera interoperabile con gli alleati, insieme anche allo sviluppo di progetti importanti. Tra questi certamente vi è quello citato dal Ministro Terzi, l'Alliance Ground Surveillance (AGS), che peraltro avrà il suo hub in Sicilia, a Sigonella; credo che questa sia una cosa importante per noi e per la NATO, che consentirà a tutta l'Alleanza di disporre di una possibilità di ricognizione e sorveglianza, di acquisire informazioni a grande distanza per periodi prolungati, esigenza che è stata avvertita sia in Afghanistan sia in Libia.
Un'altra capacità che verrà sviluppata sarà una prima capacità interinale per la difesa balistica, del territorio dell'Alleanza: Ballistic Missile Défense, la protezione quindi di tutto il territorio dell'Alleanza sia in Europa che negli Stati Uniti. Questa capacità iniziale si svilupperà nel tempo, fino a raggiungere nell'arco di un decennio una capacità completa.
Questa capacità è uno degli elementi più innovativi, perché la minaccia missilistica sta crescendo e quindi credo sia dovere dei Paesi dell'Alleanza e dei Capi di Stato e di Governo assicurare ai propri cittadini e ai propri territori la protezione progressiva da questa minaccia. Come ha ricordato il Ministro Terzi, il problema di fondo è il rapporto con la Russia e la percezione che la Russia ha di questa iniziativa della NATO.


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Se infatti da un lato la NATO ha l'obbligo e il dovere di proteggere i suoi cittadini e i suoi territori da una minaccia prudenziale, al contempo ha una necessità e un dovere di cercare di confrontarsi con la Russia, per riuscire a trovare un'intesa. La Russia infatti non disconosce che ci sia una minaccia missilistica per cui anche loro vogliono sviluppare il sistema, ma il problema è come raggiungere questa difesa.
È lì che ci sono differenze di percezione, in particolare da parte russa; quindi bisogna continuare a impegnarsi fortemente (l'Italia lo sta facendo) per superare queste differenti visioni e percezioni, perché, se ci si riuscisse, sarebbe veramente un salto di qualità strategico nelle relazioni tra l'Alleanza e la Russia, che avrebbe portata rilevantissima sul quadro di sicurezza euroatlantico.
Un altro aspetto importante, in merito al quale questa mattina la Camera ha approvato alcune mozioni, è la Defence and deterrence posture review, cioè la revisione della difesa e deterrenza dell'Alleanza, soprattutto sul dossier nucleare, che più sollecita l'attenzione politica. Si riconosce innanzitutto che, finché ci sono le armi nucleari, l'Alleanza dovrà mantenere una deterrenza nucleare, perché questo è indispensabile per la sicurezza dell'Alleanza e degli alleati.
Ci saranno tuttavia dei linguaggi evolutivi sui trend anche alla luce dei noti discorsi di Obama a Praga e soprattutto in un quadro di confronto con la Russia, che ha elevatissime dotazioni di armi nucleari substrategiche dislocate sul territorio europeo, per cercare di aprirsi a una maggior trasparenza ed eventualmente, se ci fossero le condizioni, anche per rivedere i requisiti in questo settore.
Per quanto riguarda infine la riflessione sul post 2014, ci sono spunti differenti tra gli alleati, ma pensare di tornare alle origini, cioè l'attesa di essere attaccati, significherebbe rinnegare venti anni di impegno, dopo la caduta del Muro di Berlino, per costruire in Europa e con la Russia un rapporto di partenariato.
Non bisogna cadere in questa regressione politica, ma bisogna impegnarsi verso una piattaforma aperta, perché l'Alleanza rimane un fattore indispensabile di sicurezza nel contesto nazionale. Questo non vuol dire che intendiamo essere il poliziotto del mondo, ma certamente un'Alleanza aperta ai problemi della sicurezza del mondo, perché globali sono i problemi della sicurezza.
In questo senso, sarà importante lo sviluppo del rapporto con l'Unione europea, e il Ministro Terzi ha citato le forme e i modi in cui l'Unione europea sarà presente ben tre volte a questo summit. Quindi l'esigenza che gli europei si assumano una maggiore responsabilità nel rapporto anche transatlantico è un grosso tema politico, che non può essere eluso. Credo che a Chicago ci sarà un avvio di riflessione in questo senso.
Per i partenariati, al di là di quelli che ha citato il Ministro Terzi, si pone il problema dei rapporti con le potenze emerse (non le definirei più emergenti), come India, Cina, Brasile, Sudafrica e altri. Ci sarà quindi una sorta di riflessione su un partenariato più ampio, al di là di quelli tradizionali.
Questi sono i punti importanti, su cui volevo fare una riflessione a complemento di quanto esaurientemente ha detto il Ministro Terzi.

PRESIDENTE. Ringrazio i ministri. Faremo un primo giro di domande con un rappresentante per gruppo, pregandovi di contenere gli interventi in 3-4 minuti, per poi passare agli altri colleghi in base al tempo disponibile.
Do la parola ai colleghi che desiderino intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANTONELLO CABRAS. Ringrazio i ministri per la loro introduzione. Condivido la riflessione secondo cui il prossimo vertice di Chicago risentirà inevitabilmente della temperatura politico-elettorale. Infatti, alcuni Paesi propongono un partecipante al meeting per la prima volta, mentre


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per altri partecipanti non si sa se sarà l'ultima.
Se pensiamo per un momento a questa contingenza e a queste coincidenze non frequenti, in questa situazione nuova nella quale ci troviamo il vertice può essere anche interessante, perché alcuni temi, che inevitabilmente non saranno risolti nel summit, tuttavia potranno essere affrontati.
Per brevità, vorrei richiamarne in particolare tre, il primo dei quali, già ricordato, è cosa capiterà in Afghanistan dopo il 2014. Ritengo che qui dovremmo fare grande appello alla responsabilità collettiva, perché questo è un terreno sul quale si rischia di entrare in profonda crisi. Alcuni Governi sono caduti in virtù della discussione interna a Paesi che avevano una missione in Afghanistan sull'opportunità di rimanere, quindi immagino che dopo il 2014 questa sarà una discussione ancora più coinvolgente e preoccupante.
Ritengo che l'Italia debba tenere ferma la sua posizione di responsabilità collettiva, perché diversamente tutto ciò che è stato fatto finora rischia di essere vanificato. È vero che non abbiamo colto tutti gli obiettivi, ma quelli importanti che sono stati ricordati rischiano di essere messi in discussione, se dopo il 2014 questa responsabilità collettiva non sarà confermata.
Il secondo punto sul quale volevo richiamare l'attenzione dei ministri è che ciò che non è riuscito a fare finora la politica forse riuscirà a fare la crisi finanziaria. I problemi di budget dei Paesi dell'Alleanza ci hanno portato a varare questa terminologia di difesa intelligente, come se in passato la difesa non fosse intelligente, e so che altri su questo si sono soffermati, ma tuttavia non mi appare ancora chiaro quali siano i confini e soprattutto come operativamente questa prospettiva di smart defence si svilupperà, superando tutte le difficoltà incontrate in passato in altre fasi di interoperabilità sperimentate.
Come sappiamo, le esperienze maturate in passato in qualche caso sono rimaste sulla carta e non si sono concretizzate. Sarebbe opportuno capire se effettivamente le ristrettezze finanziarie saranno la molla che costringerà i Paesi dell'Alleanza a rendere più concreta questa prospettiva.
Il terzo punto, che volevo richiamare e che è stato ricordato dal Ministro Di Paola nelle sue conclusioni, è quello della difesa missilistica, che, come sappiamo, prima di essere un tema tecnico e di difesa, è politico. Ricordo una battuta carpita leggendo il labiale al Presidente Obama, mentre si rivolgeva all'allora Presidente Medvedev in un'occasione recente, in cui diceva «se sarò rieletto, potrò sicuramente venirvi più incontro».
Siccome il Presidente russo è cambiato, anche se la politica probabilmente non cambierà, e il carattere del nuovo Presidente è un po' diverso da quello del precedente, nella discussione che si svilupperà a Chicago il tema del rapporto con la Russia finirà per influenzare tutti gli altri aspetti che vengono trattati. Se continuiamo a immaginare che la Russia sia sempre quella della guerra fredda, e in taluni momenti così sembra, rischiamo la regressione citata dal Ministro Di Paola.
Da questo punto di vista, dobbiamo insistere perché il tema dalla difesa missilistica venga vissuto dai russi esattamente nello stesso modo in cui lo percepiamo noi, come un dispositivo che serve a mettere in sicurezza tutti i Paesi della NATO e anche i Paesi con i quali la NATO ha una partnership e la vuole mantenere (Russia compresa).
Questo punto politico è molto importante perché poi, se si risolverà positivamente, finirà per influenzare anche tutti gli altri aspetti di difficoltà che incombono nella regione asiatica. Ricordiamo che gli Stati Uniti nel budget recentemente approvato come spese per la difesa hanno fatto una scelta per noi europei molto impegnativa: si sono spostati verso l'Asia, dando per scontato che tutti i problemi e le problematiche di difesa riguardanti l'Alleanza relativi all'Europa e al Mediterraneo siano prevalentemente affidati alla parte europea dell'Alleanza.


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Questo serve a sottolineare come sia importante che il rapporto con la Russia non si deteriori, anzi tenda a migliorare sempre di più.

MARGHERITA BONIVER. Desidero ringraziare il Ministro degli esteri Terzi e il Ministro della difesa Di Paola per questa utilissima informativa alle Commissioni riunite, alla vigilia del vertice di Chicago, che per i motivi illustrati sarà un appuntamento molto importante, ma che certamente non potrà presentare rilevanti novità, né provocare scosse che potrebbero essere utilizzate negativamente dal Congresso americano nei confronti del Presidente Obama, che non a caso ha scelto la sua città per ospitare questo vertice.
Questo ha luogo a distanza di due anni da quello di Lisbona, che si era caratterizzato soprattutto per una sorta di cambio di orizzonte per la vicenda afgana, perché inizialmente si era parlato di un ritiro nel 2012 ma, siccome il 2012 coincideva con un anno elettorale negli Stati Uniti, si era poi deciso per il 2014.
Comunque siano andate le cose, mi sembra assolutamente evidente che ci troviamo già nel dopo 2014, perché tutti gli sforzi della nostra presenza collettiva in quel Paese non debbono deflettere dall'impedire quella che potrebbe essere una vera implosione del fragilissimo governo di Karzai, sostenendo un controllo del territorio che certamente ha fatto passi avanti soprattutto grazie all'eccellente training profuso, anche da parte italiana, nei confronti dei militari afgani.
Non dobbiamo però assolutamente dimenticare che il problema in assoluto più importante, nonché più pericoloso, è l'irrisolto rapporto fra Afghanistan e Pakistan, in cui, se ci si dilunga, si arriva in una situazione di gravissimo allarme, pari a quello che sta succedendo, in un'altra area del mondo, nella situazione irachena e in Iran. Credo che su questo dovremmo concentrare non soltanto i nostri sforzi intelligenti per rimanere nel modo più utile possibile agli afgani e per i nostri interessi strategici, che sono assolutamente identici a quelli del 2001, essendo evidente che, se stiamo lì per combattere il terrorismo, il terrorismo continua a infuriare e vi è una vera e propria guerra civile all'interno della grande comunità pashtun, di cui la metà è in favore del Governo Karzai ma l'altra metà porta il turbante nero dei talebani. Anche quella parte della problematica afgana non ha ancora trovato una ragionevole via di uscita.
Sempre sull'Afghanistan, sono molto fiera di quello che ha appena enunciato il Ministro Terzi, ovvero che la nostra presenza nel 2014 è condizionata all'osservanza da parte afgana di quei minimi comuni denominatori di diritti delle donne, che hanno richiesto un grandissimo tributo di sangue anche da parte italiana, perché questo è uno dei punti dirimenti per farci capire se e quanto la nostra presenza militare, di cooperazione, di incoraggiamento e di aiuto ad esempio per la riforma dei Codici penale e civile afgani ad opera di un grande esperto italiano come Giuseppe Di Gennaro, potrà trovare ancora una lunga vita.
È quello che ci auguriamo tutti dal vertice di Chicago, che dovrà fare soprattutto i conti con una grandiosa novità, cioè il fatto che le risorse per il budget della difesa sono in diminuzione non solo in Europa, ma ancora più pesantemente negli Stati Uniti. Se dovessimo vedere un'improbabile vittoria repubblicana a novembre, ci sarebbe uno slashing out delle risorse per la difesa nel budget americano, che non potrebbe che avere ulteriori ripercussioni negative anche sull'Alleanza atlantica.

GIOVANNI TORRI. Molto brevemente vorrei soffermarmi su alcuni punti. Ringrazio i ministri per le relazioni e sento innanzitutto di condividere con il senatore Cabras il discorso della posizione inerente al tema missilistico.
Dobbiamo infatti fare in modo che cada questo tabù che aleggia della guerra fredda, perché i tempi sono cambiati e dobbiamo assolutamente ragionare in un altro modo e far sì che anche gli altri lo facciano perché così si può dare un aiuto concreto a tutti i Paesi dell'Alleanza. Su questo punto si è già soffermato il senatore


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Cabras, ed è importante che questo concetto venga riportato anche a Chicago.
Per quanto concerne la smart defence, insieme al senatore Gamba sono reduce da un incontro in Albania. Tutti chiedono di portare questa voce all'interno dei nostri Paesi, per fare comprendere ai cittadini e ai nostri colleghi parlamentari il concetto della smart defence. È importante, ma bisogna trovare una via corretta per metterla in atto. Dobbiamo comunque salvaguardare i diritti e la sovranità dei vari Paesi; il Ministro citava come in questo momento di rilevanti tornate elettorali sia importante che i vari Capi di Stato si esprimano in maniera corretta nella gestione di questa smart defence.
Il nostro Gruppo, al riguardo, ha idee abbastanza moderne, però è importante ribadire molto quel concetto. La smart defence è però importante se gestita in maniera corretta, altrimenti facciamo una serie di riunioni e di sessioni che non ci portano da nessuna parte. Sarebbe quindi corretto spiegarlo a Chicago.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, sono rammaricato perché - è oggetto di un mio question time - il Presidente del Consiglio qualche settimana fa ha puntualmente affermato di aver detto a Rasmussen che l'impegno post 2014 continuava da parte dell'Italia, ma credo che sia corretto prima discuterne nelle sedi parlamentari.
Purtroppo vorrei far capire a tutti che il 2014 non riguarda molto il discorso del Governo Monti, per cui non so come vada a finire. È corretto che l'impegno ci sia, perché in Afghanistan si è fatto tanto e convengo con lei che sia difficile pensare di mollare il colpo in un momento in cui bisogna aiutare in maniera concreta gli afgani, però è altresì corretto spiegare a Karzai che non può fare tanto tempo il Presidente di un Paese che non riesce a gestire.
Si può magari cominciare a pensare che qualcuno possa pian piano sostituirlo, per favorire il processo di svecchiamento anche in quel Paese, perché dopo undici anni che lo aiutiamo dovrebbe prendersi la responsabilità di capire se abbia la maggioranza concreta per fare dei passi importanti, non ultimo quello enunciato dalla presidente Boniver, laddove il discorso delle donne è uno dei fattori principali per fare in modo che la popolazione si apra anche a un certo concetto di democrazia.
È già stata ventilata l'idea che alla sessione dell'Assemblea parlamentare della NATO a Tallinn, una settimana dopo Chicago, Rasmussen non sia presente e invii il suo vice, ma sarebbe corretto spiegare a Rasmussen che alle sessioni parlamentari della NATO deve essere presente, far parlare i parlamentari ma soprattutto ascoltarli, altrimenti di questo passo non si andrà molto avanti, come peraltro gli avevo già annunciato nella sessione precedente.

AUGUSTO DI STANISLAO. Ringrazio i ministri, ma devo dire francamente che considero deludenti le loro relazioni per due motivi. Abbiamo a che fare con un'anomalia tutta italiana: arriviamo a questa audizione dopo essere andati in Assemblea a parlare delle mozioni sul vertice di Chicago, fatto che ci copre di grottesco, se non di ridicolo.
Nei Paesi normali (e non cito gli Stati Uniti) si presume che il Governo proponga e il Parlamento disponga su ogni cosa abbia a che fare con materie così sensibili, che danno la cifra di uno Stato, ossia la difesa, gli esteri e il welfare. Si va invece al vertice di Chicago incamerando un risultato parlamentare prima che il Governo venga in Aula a dichiararci la sua posizione, che auspico sia la posizione del Parlamento e anche dell'Italia, ma questo non succede.
Un tema sensibile come l'uscita dall'intervento afgano che non è tutto rose e fiori come ci racconta il Ministro Terzi - che rispetto e stimo - dovrebbe essere prima sostanziato da un'iniziativa parlamentare, dove ci si rappresenti la storia e l'attualità della situazione e ci si dica quale sia l'impegno vero a partire dal 2014. Infatti, non si spiegano bene le cose quando si dice post ISAF, e ringrazio il Ministro Di Paola per aver citato questo, perché quando la nostra missione, che per vocazione


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è quella degli aiuti umanitari, degli interventi di addestramento e formazione è rimasta su queste basi ed è percepita così dal Parlamento e dall'intera comunità non ci sono state vittime tra i nostri soldati lì impegnati nelle missioni internazionali.
Quando invece la nostra missione ISAF è stata fagocitata e prevaricata dalla missione Enduring Freedom, in cui non siamo stati più capaci di riorientare costantemente la nostra presenza, perché McChrystal ci ha tolto il pallino, allora siamo spariti non come dipartimento e come difesa, ma come Stato. Pensavo che almeno oggi da parte vostra si recuperasse un minimo della rappresentatività e della responsabilità che chiedete al Parlamento.
I temi che ci rappresentava il Ministro Terzi sull'Afghanistan (infanzia, donne) sono ancora di là da venire rispetto a risultati così forti e importanti perché, se ci ostiniamo a non sostenere la società civile con forze e risorse, e se si continua a sostenere un Governo clientelare e corrotto come quello di Karzai, la comunità internazionale non può farcela.
Chiedo quindi che per quanto riguarda i temi dell'Afghanistan, del partenariato - e del nostro ruolo rispetto agli altri Paesi, e in particolare rispetto al rapporto NATO-Russia - nonché del terrorismo, sarebbe auspicabile che fossero rappresentate le posizioni del nostro Stato e non quella esclusiva del Governo, che come tale non rappresenta l'intera volontà della comunità nazionale.
Credevo che, all'interno di questo approfondimento che arriva a Chicago, ma ancor prima da Lisbona, in quanto quello è il dato più importante, e arriva a Tallin, un Governo responsabile informasse compiutamente il Parlamento. Non è vero che si possono dire altre cose che non possiamo sapere. Il Governo in quelle sedi deve rappresentare noi. Non dobbiamo essere informati a posteriori perché potremmo anche non essere d'accordo. La stessa maggioranza potrebbe non essere d'accordo su talune impostazioni che hanno a che fare con alcuni titoli e contenuti della nostra Costituzione. La postura aperta non si confronta con l'articolo 11, che non ha niente di dinamico. L'articolo 11 è preciso e non ammette alcun dinamismo.
Io penso che occorra confrontarsi con il Parlamento nell'ambito delle sue prerogative e con esso definire una cifra complessiva e condivisa nella sua totalità, non in parte. Deve essere il Governo a conquistarsi i voti unanimi del Parlamento, invece di costringerci a intervenire criticamente.
Da ultimo, pensavo che oggi ci diceste che cosa vuole fare l'Italia, che ruolo vuole ricoprire e in che modo vuole far valere le proprie prerogative, la propria storia, la propria disponibilità e la propria presenza istituzionale in tutti questi anni per non bruciarla e depauperarla. Pensavo che qualcuno dicesse che porteremo i nostri contenuti, le nostre priorità e differenze, che rappresentano un valore aggiunto, all'interno degli organismi internazionali, dei quali fino a oggi siamo stati totalmente subalterni. Avrei voluto sentire uno squillo di tromba che annunciasse un cambiamento, una diversità - se il termine discontinuità non piace - e il superamento di alcuni temi, come si è detto per altri settori.
Bisogna superare i temi contenuti nelle mozioni che sono state votate oggi in Parlamento. Credo che invece siate stati convitati di pietra, mentre io avrei voluto essere meno suggestionato e più rappresentato e tranquillizzato da ciò che direte a Chicago.
La posizione dovrebbe coincidere con quella dell'intero Parlamento e non solo di una parte.

LAMBERTO DINI, Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica. Vorrei rivolgere una domanda agli onorevoli ministri.
Il Ministro Terzi e il Ministro Di Paola hanno parlato di NATO come del protagonista centrale e inclusivo della sicurezza. Mi sembra che questa definizione coincida esattamente con la nozione che gli Stati Uniti vogliono promuovere, tanto che chiedono ai Paesi europei membri della NATO


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di prendere in carico una parte più importante dei costi della difesa non solo della NATO stessa, ma della difesa collettiva mondiale.
Gli Stati Uniti affermano che il loro bilancio della difesa equivale al 75 per cento del totale dei bilanci della difesa di tutta la NATO e, quindi, chiedono ai Paesi europei non solo di contribuire di più, come ho detto, alle spese NATO, ma anche alla difesa e sicurezza mondiale. Noi pensiamo o crediamo che l'Europa abbia l'ambizione o voglia essere una potenza militare mondiale? Mi chiedo, quindi, quale sia la posizione del Governo rispetto a questa fondamentale richiesta americana.
In ogni caso, chiedo che il Governo venga in Parlamento prima di assumere nuovi impegni che vanno al di là della nostra partecipazione alla NATO, che finora è stata una struttura di difesa euro-atlantica.

EDMONDO CIRIELLI, Presidente della Commissione difesa della Camera dei deputati. Innanzitutto vorrei chiedere scusa alla presidenza - so che il presidente Dini e i colleghi ne hanno già parlato all'inizio dell'audizione - ma anch'io desidero ricordare in maniera non formale la scomparsa del presidente della Commissione difesa del Senato, Giampiero Cantoni, che non era soltanto un amico e un galantuomo, ma un uomo che in questi anni si era sinceramente appassionato alla difesa ed è stato un amico delle Forze armate.
Purtroppo sono riuscito ad ascoltare solo la parte finale della relazione del Ministro della difesa, ma conoscendo sia il Ministro Terzi, sia il Ministro Di Paola e seguendoli nel loro lavoro, mi sento di condividerne le linee generali. Si mantengono ovviamente su quello che si deve dire. Credo che il percorso dell'Alleanza sia un solco già tracciato e mi sembra assolutamente compatibile con gli interessi nazionali. Come presidente della Commissione difesa, mi preme però sottolineare un aspetto non secondario, che sta a cuore a me come a molte altri. Mi riferisco alla vicenda dei nostri marinai in India.
Come sappiamo, l'India è uno dei principali attori, se non il principale, nel teatro dove opera la missione Enduring freedom, ovvero in Afghanistan, e questo alla NATO interessa molto. Senza scomodare l'articolo 5 del Trattato - che stabilisce il principio secondo cui l'aggressione a un Paese membro è un'aggressione a tutti i membri della NATO stessa e, lo ricordo, il territorio di una nave in acque internazionali è territorio nazionale - credo che su tale questione ci sia stato il silenzio della NATO nel suo complesso e che il Ministro Terzi, in maniera garbata, diplomatica e intelligente, come sicuramente sa fare anche per la sua esperienza professionale, dovrà porre il tema.
Rispetto a questo atto di terrorismo internazionale, l'Italia non può essere lasciata sola in ragione degli interessi più importanti dell'Alleanza stessa.

GIANNI VERNETTI. Anch'io ringrazio i ministri. Condividendo sia l'impianto generale sia, in particolare, la posizione sull'Afghanistan, vorrei proporre una breve riflessione sui partenariati.
Mi pare che questo sia uno dei temi cruciali del vertice di Chicago, nonché del futuro dell'Alleanza. La conformazione che ha assunto l'Alleanza in questi anni, un po' per necessità e un po' per scelta, la fa diventare naturalmente - è una sottolineatura del Ministro Di Paola che condivido - un soggetto che si occupa di sicurezza globale, al di là dei mandati statutariamente definiti.
Per occuparsi di sicurezza globale le partnership sono fondamentali. Io ritengo, per esempio, che la partnership nel Mediterraneo vada ripensata e aggiornata per vari motivi. È mutato il panorama geopolitico del Mediterraneo e con fatica si affacciano sul nostro mare interno democrazie in transizione. Inoltre il Governo di Israele assume con responsabilità una scelta di unità nazionale e il partenariato fra NATO e Paesi arabi include lo Stato di Israele. Mi pare un elemento di eccezionalità che andrebbe coltivato e soprattutto


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rilanciato e ripensato positivamente, anche in vista di una trasformazione democratica.
Lo stesso vale per i rapporti fra NATO e Consiglio di cooperazione del Golfo. Ritengo che il ruolo assunto dal Qatar e dagli Emirati Arabi Uniti nel conflitto libico rappresenti una novità davvero eccezionale. Ritengo che, non soltanto nell'ottica del contenimento iraniano, il partenariato fra la NATO e questi Paesi sia un altro dei capitoli fondamentali per i prossimi anni. Giudico, infine, di grande interesse l'apertura di relazioni con Paesi con i quali la NATO non ha un rapporto ufficiale di partenariato, ma con i quali condivide valori. Mi riferisco alle grandi democrazie, quali l'Australia, la Nuova Zelanda e l'India.
Se il presidente Cirielli mi permette, la vicenda dei due marò è senz'altro una difficoltà contingente, che certamente in futuro risolveremo, ma il rapporto con l'India per le grandi democrazie europee e americane e per la NATO è in prospettiva un tema prioritario, una scelta positiva di campo. Oggi l'India è un grande attore, un grande Paese, una potenza economica e militare, una grande democrazia, e non c'è dubbio che la NATO debba guardare a quel Paese come a un partner potenzialmente privilegiato.
Certo, non può essere argomento sul tavolo della nostra riflessione finché non risolveremo la vicenda dei marò, ma strategicamente non possiamo subordinare il rapporto, anche militare, con la grande democrazia indiana a una contingenza che ovviamente ci pone in difficoltà.

LUIGI RAMPONI. Ringrazio anch'io i signori ministri. A mio avviso, la procedura che stiamo seguendo sembra perfetta. Se qualcuno ha delle osservazioni da fare o dei suggerimenti da dare si faccia avanti, anziché esaurirsi in critiche su una procedura che - ripeto - a me pare perfetta. Alla vigilia del vertice i ministri sono venuti in Commissione e ci hanno prospettato il quadro generale. Non trovo che vi sia alcuna osservazione da fare in proposito.
Dagli interventi complessivi dei due ministri mi pare si possa desumere la sensazione di gravitare in ambito NATO più per attività di carattere preventivo e diplomatico che non per attività di intervento vero e proprio. Lo desumo dal fatto che il Ministro Terzi, per l'Afghanistan, parla di individuazione di una soluzione riferita, al di là delle contingenze, a una cooperazione di carattere regionale, che da molto tempo auspichiamo, e dal fatto che, sul piano strategico, si insiste sui partenariati, cioè sulla predisposizione di accordi per evitare situazioni di crisi in area periferica.
Entrando nel dettaglio, Ministro Terzi, lei ha detto che l'Italia ha condiviso l'opportunità di interpretare un forte impegno, in ambito NATO, con riguardo soprattutto all'area del Corno d'Africa e all'area balcanica. Le sarei grato se volesse precisare questo concetto.
Inoltre, lei ha aggiunto che nell'ultima riunione del Consiglio europeo da parte dell'Unione europea e di tutti i partner è stato dichiarato apertamente che lo sforzo in Afghanistan proseguirà. Oggi però in Afghanistan l'Unione europea come tale non c'è, come non c'è nel Libano, nonostante che da Helsinki in poi - ci tornerò nelle domande che rivolgerò al Ministro Di Paola - abbia pensato a un corpo d'armata per le missioni di Petersberg e per le operazioni del Berlin Plus e di altri accordi sulla carta. Questa dichiarazione del Consiglio prelude a un impegno dell'Unione europea come tale oppure no?
Il Ministro Di Paola ha detto molto correttamente che l'avvenire è nella cooperazione e integrazione. Possiamo anche chiamarla «soluzione intelligente», ma trovo giusta la considerazione che prima non eravamo comunque cretini. Come dicevo, certamente l'avvenire è nella cooperazione e integrazione. Il presidente Dini ha menzionato delle cifre, 75 per cento e 25 per cento, ma il fatto è che questo 25 per cento non rappresenta affatto una capacità operativa pari al 25 per cento. Anche qui vi è un cattivo modo di spendere.


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Cooperazione e integrazione sono essenziali, ma il corpo d'armata per i compiti di Petersberg e per il Berlin Plus, le previsioni del Trattato di Lisbona, la cooperazione rinforzata e la cooperazione integrata - tutte cose di cui parliamo ormai da almeno dieci, sette e cinque anni - a che punto sono? La realizzazione di queste premesse e di questi accordi sarebbe già una risposta alla cooperazione e all'integrazione.
Si prende, poi, in considerazione la difesa vettoriale. Certamente gli attacchi missilistici sono una delle minacce. Le attuali minacce sono, infatti, l'attacco missilistico con testate di distruzione di massa e il terrorismo, alle quali si aggiungono però la minaccia cibernetica, secondo me molto superiore a quella nucleare, e la pirateria, che non ho sentito citare, ma che invece è la vera area di impegno di NATO ed Ue.

PRESIDENTE. La prego di concludere, senatore Ramponi.

LUIGI RAMPONI. Chiedo scusa se ho parlato di più. Noi oggi vediamo in prospettiva questo nuovo tipo di minaccia. Poiché la struttura di un sistema di difesa e sicurezza è basato su forze in grado di rispondere alla minaccia, vi è l'intenzione di porre il problema in ambito NATO?
Io suggerisco di farlo perché tale minaccia sta evolvendo ed è opportuno prendere in considerazione un'evoluzione della struttura operativa e delle forze in ambito NATO.

FEDERICA MOGHERINI REBESANI. Cercherò di essere telegrafica. Vorrei soffermarmi brevemente su alcuni punti.
Per quanto riguarda l'Afghanistan, non credo che sia in discussione il principio together in, together out perché il calendario è già stato ampiamente discusso e confermato. Credo, invece, che sia sempre più in discussione il modo in cui concretamente si aiuta l'Afghanistan a stabilizzare la regione che, come sappiamo, costituisce un elemento strategico per la sicurezza globale, e quello in cui si cerca di garantire la sicurezza interna dell'Afghanistan senza rinunciare ai passi in avanti sul terreno dei diritti delle donne e dei diritti umani in generale.
Credo che l'obiettivo sia questo, e non stabilire chi vada via prima e chi dopo e con quanti uomini. È il principale argomento di discussione anche nell'ambito dell'Alleanza e penso che sarebbe un esercizio e un servizio utile restituire il dibattito all'opinione pubblica italiana concentrando l'attenzione su questi elementi di contenuto e sulle modalità di sostegno alla transizione afgana, anziché ragionare, come talvolta si è portati a fare soprattutto sul fronte mediatico, su un calendario molto relativo. È evidente, infatti, che non esiste un'ora X per smontare tutto.
Sul tema dello scudo missilistico mi ricollego a quanto detto dal senatore Cabras. Credo che ci sia qualcosa di più del fatto che esso è percepito come un problema dalla Federazione russa. Fino a oggi abbiamo sempre detto molto saggiamente che il sistema è finalizzato alla protezione collettiva e non soltanto di alcuni Paesi e che, quindi, non doveva essere percepito dalla Federazione russa come un problema.
Nel momento però in cui l'Alleanza dà inizio alla prima fase del programma e contestualmente si palesa l'impossibilità, come ha detto il Ministro Terzi, di avere un Consiglio NATO-Russia, è evidente che c'è un problema. Non possiamo fare a meno di notarlo. Credo che serva uno sforzo molto forte, sia dal punto di vista delle dinamiche interne alla NATO, sia dal punto di vista diplomatico, per cercare in tutti i modi di superare questo deficit di comprensione.
Quanto alla revisione della postura di difesa e deterrenza, inviterei il Ministro a leggere con molta attenzione, come penso abbia già fatto, le mozioni che sono state approvate dall'Aula questa mattina, in particolare quella firmata da numerosi deputati di diversi gruppi e votata all'unanimità.
Le indicazioni per il Governo italiano sono molto precise. È un orientamento che


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si inserisce in un contesto multilaterale, in cui il processo di formazione del consenso tra alleati è soggetto a valutazioni proprie. Si tratta comunque di un atto parlamentare che all'unanimità impegna il Governo ad assumere posizioni molto precise. Ci tengo a sottolinearlo perché credo che la tempistica, al contrario di quanto diceva l'onorevole Di Stanislao, sia perfetta.
Il Parlamento ha impegnato il Governo ad adottare posizioni molto concrete e precise e si aspetta che, qualora le dinamiche interne all'Alleanza lo permettano, il Governo le sostenga con convinzione.

MAGDA NEGRI. Considero la discussione di oggi integrativa. Condivido l'articolo di oggi sul Corriere della sera del Ministro Di Paola e del Ministro della difesa tedesco per ciò che riguarda i cinque obiettivi di implementazione della difesa comune europea. Ritengo che ciò arricchisca il nostro dibattito.
Dalla lettura di notizie stampa sembra che l'accordo raggiunto tra Karzai e gli Stati Uniti, attraverso il negoziatore Spanta, preveda un onere - premetto che io sono totalmente d'accordo sulla nostra assunzione comune di responsabilità ben oltre il 2014 - di 4 miliardi di dollari annui, che gli Stati Uniti vorrebbero fosse spartito al 50 per cento con il resto dei partner e in particolar modo con l'Europa.
Poiché io credo che si debba restare per conseguire la riduzione e la riconversione dell'esercito afgano e costruire una capacità di difesa in un'area che sarà strategica e pericolosissima per molto tempo ancora, vorrei sapere dal Ministro Terzi se di questo si discuterà a Chicago e se siamo in grado di assumerci delle responsabilità.
Sulla questione della difesa missilistica mi associo a quanto hanno detto altri colleghi. Recentemente il Ministro della difesa russo ha fatto delle affermazioni decisamente dure, qualcosa di più di una percezione. Poiché la cosa sta andando avanti da molto tempo e poiché noi pensiamo di avere anche argomentazioni tecniche per convincere i russi che il progetto non è contro di loro, ma che il rischio viene dalla Corea del Nord, dall'Iran e da altri obiettivi non esplicitati, quale è il vero nodo?
Si può fare un passo in avanti o continuiamo a palleggiarci il rischio e il sospetto?

PIERFRANCESCO EMILIO ROMANO GAMBA. Come è stato ricordato, uno dei temi all'attenzione del vertice di Chicago sarà quello della cosiddetta smart defence. Al di là del nome che, come già è stato sottolineato, non è per nulla innovativo né nel concetto né nella definizione, credo però sia uno dei temi su cui i rappresentanti dei Paesi membri dell'Alleanza si dovranno maggiormente confrontare non soltanto a Chicago, ma anche nei prossimi anni.
La declinazione di questo concetto e di questa indicazione nominale per ora si è tradotta nella predisposizione di una serie di programmi e progetti per la creazione di assetti, capacità, strumenti, forze di proiezione, compartecipati dai vari Paesi dell'Alleanza e dai possibili partner, in un contesto per il momento volontaristico e con diverse possibilità di realizzazione. Alcuni di questi progetti sono già in fase di attuazione sotto la guida di Paesi leader, tra cui l'Italia. Altri sono in fase di predisposizione generale e altri ancora sono stati solo individuati.
Come già ricordato dal senatore Torri, tra alcuni Paesi che nell'ambito dell'Alleanza rivestono minore rilievo dal punto di vista dell'apporto quantitativo sta emergendo la tendenza a un parziale riorientamento di tali forme di compartecipazione in chiave regionale. Credo che potrebbe essere un tema su cui confrontarsi per cercare di favorire la partecipazione dei Paesi più piccoli, tenendo conto delle possibili integrazioni di tipo regionale. Non c'è dubbio che i progetti di ampio respiro di cui abbiamo parlato, come ad esempio la difesa europea citata dal senatore Ramponi, stiano incontrando maggiori difficoltà, forse per questioni di rispetto delle sovranità nazionali e di determinazione


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degli assetti. Considerare questi ambiti in chiave regionale potrebbe semplificare le cose.
L'Italia, a modo di vedere di chi parla e anche in base agli elementi che sono stati raccolti in occasione di alcune conferenze, ha le prospettive per creare una sorta di leadership del quadrante sud orientale europeo dell'Alleanza, senza rinunciare alla partecipazione alla smart defence nei suoi concetti più ampi insieme ai Paesi di maggiori dimensioni.
Potrebbe in tal modo assumere un ruolo primario in una delle regioni più rilevanti della difesa comune.

FRANCO FRATTINI. Ringrazio il presidente e i ministri. È stato detto davvero quasi tutto.
La mia prima considerazione riguarda l'importanza della partecipazione, forse più ampia rispetto a qualsiasi altro vertice, di partner esterni. Qual è a vostro avviso il ruolo, che a mio parere è crescente, di importanti Paesi arabi, in particolare Qatar, Kuwait ed Emirati Arabi, in questo contesto di partenariato? Si potrà raggiungere l'accordo sul centro regionale a Kuwait City?
In secondo luogo, in tema di difesa missilistica condivido le impostazioni date dal Ministro Terzi e dal Ministro Di Paola. Vista la non praticabilità di un vertice NATO-Russia a Chicago e considerata la sensibilità russa sullo sviluppo di una strategia però già decisa, come immaginare un coinvolgimento concreto della Russia nella riflessione ulteriore sull'attuazione della strategia di difesa missilistica?
Come è stato anche da voi accennato, se si potesse, ad esempio, coinvolgere la Russia al tavolo della riflessione, piuttosto che preparare loro un'informativa sulle decisioni già prese, questo potrebbe dare un senso di forte rassicurazione. Mi chiedo inoltre se questo tavolo possa essere un tavolo contestuale, dove riflettere sulla strategia di difesa missilistica e sulla presenza degli arsenali sul territorio. Lì ovviamente anche la Russia avrebbe molto da dare, e non solamente da dire, in termini di riduzione.
Da ultimo, avete parlato dell'Afghanistan e condivido la prospettiva politica post 2014. C'è un punto su cui attirerei la vostra attenzione per una riflessione, ossia il ruolo dell'Iran. Da un lato l'Iran è il tema chiave, se pensiamo alla proliferazione nucleare e quindi alla strategia di difesa missilistica, che è dichiaratamente intesa a prevenire - non si parla ovviamente dell'Iran - possibili attacchi non convenzionali.
Dall'altro lato l'Iran è un attore necessario per la stabilizzazione o per la destabilizzazione del quadro regionale in Afghanistan e Pakistan. Come la mettiamo con l'Iran? Se e come la NATO immagina di considerare al tavolo la ragionevole e pericolosa minaccia della proliferazione insita nel tema Iran e al tempo stesso la possibilità di un contatto per la stabilizzazione regionale di quell'area?
Che ci piaccia o meno, l'Iran ha un ruolo ai fini della stabilizzazione post 2014.

PRESIDENTE. Ringrazio i colleghi e do la parola ai ministri per la replica.

GIULIOMARIA TERZI DI SANT'AGATA, Ministro degli affari esteri. Grazie. Mi vorrei concentrare essenzialmente su tre aspetti. Prendo spunto soprattutto dall'intervento dell'onorevole Frattini, che mi sembra abbia seguito alcune direttrici fondamentali, comuni a molti interventi.
I partenariati anzitutto sono lo spazio per il futuro di un'Alleanza atlantica che vede la propria funzione e il proprio ruolo di sicurezza globale fondati su principi nuovi, che stanno chiaramente evolvendo nel senso della prevenzione e della risposta alle sfide globali, ma anche dell'attività diplomatica e della funzione politica.
Dal crollo del Patto di Varsavia e dell'Unione Sovietica, si è parlato della crescente valenza politica dell'Alleanza atlantica rispetto a quella militare. Forse per molti anni è stata una teorizzazione eccessiva, ma adesso l'Alleanza si sta concentrando sulla propria gravitas di interlocutore politico, in quanto grande organizzazione internazionale a tutto campo


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che si collega non soltanto all'Unione europea, ma anche a molte altre organizzazioni, a cominciare da quella globale delle Nazioni Unite fino a organismi regionali e sub-regionali. L'Alleanza è, quindi, un provider di sicurezza sul piano globale in termini anzitutto politici. La sicurezza, del resto, è un fatto politico di evoluzione delle società, dei sistemi e dei regimi politici in una direzione che sia compatibile con i principi della sicurezza e della pace.
Il partenariato è l'autostrada sulla quale corrono tutti questi veicoli di approfondimento dei rapporti. Sono stati indicati i settori principali, quelli che hanno sostenuto, attraverso le strutture logistiche, anche l'attività militare più pesante degli alleati. Il partenariato nel Mediterraneo e il partenariato nel Golfo sono, quindi, importantissimi perché riguardano Paesi che hanno partecipato - ovviamente ognuno per le sue direzioni - non certo alla difesa collettiva, ma a operazioni in Libia o contro la pirateria. Collegandomi alla domanda del senatore Ramponi, nel Corno d'Africa c'è una componente navale integrata che sostiene le operazioni antipirateria insieme a quella europea.
Il partenariato è inteso altresì come sguardo d'orizzonte lontano, e sicuramente si rivolge anche all'Asia centrale, all'Afghanistan e ai Paesi limitrofi, nonché al Pacifico, all'Australia, al Giappone e via dicendo. La NATO ha un ampio e crescente orizzonte di interesse.
Certamente, venendo allo specifico, è un obiettivo italiano quello di radicare questa presenza politica nel maggior numero di Paesi. Con le nostre ambasciate abbiamo rappresentato la NATO in Serbia; la rappresentiamo in Israele e siamo certamente favorevoli alla creazione di centri regionali in Qatar e in Kuwait. Sosteniamo la spinta al partenariato. Da anni e con crescente impegno, in presenza delle primavere arabe e con la necessità di ridare stabilità a Paesi come la Libia e come l'Egitto, l'Italia è da sempre protagonista e voce principale.
Il ruolo italiano è quindi un ruolo di grande protagonista nell'Alleanza atlantica. Questo aspetto deve essere chiaro. Basta leggere con attenzione le nostre iniziative e riscontrarle con i nostri partner. L'Italia è un grande Paese protagonista nell'Alleanza atlantica specialmente su alcuni punti. Per essere estremamente sintetici, siamo sempre stati l'elemento di trazione dell'attenzione della NATO verso il Mediterraneo. Lo siamo stati, continuiamo e vogliamo continuare a esserlo anche nei confronti della Russia.
La Russia non è considerata nella politica dei partenariati, e non è un caso. È di una qualità diversa. Si tratta dell'ex nemico e successore dell'ex nemico bipolare che - in un certo senso - è diventato un super-partner. Pur avendo la NATO anche orizzonti diversi, certamente il principale interlocutore è la Russia. È qui che il Governo italiano continua a svolgere e intende svolgere un ruolo di forte raccordo e collegamento in tutti i settori.
Con riguardo all'Afghanistan, abbiamo speso parole importanti per convincere la Russia a partecipare alle riunioni ISAF e confidiamo che in futuro la partecipazione della Russia a queste riunioni diventi un fatto normale. Fino adesso non è stato così, anche per motivi di transizione politica. Contiamo però di poter influire sui chiarimenti che sono assolutamente necessari nel campo della difesa missilistica.
Non c'è motivo perché sussistano tuttora interpretazioni parziali sullo scopo reale della difesa missilistica. Certamente c'è del lavoro da fare. La conferenza di Mosca sulla difesa missilistica organizzata dai russi una decina di giorni fa a livello di alti funzionari aveva questa intenzione. Emily Tauscher, Undersecretary alle questioni strategiche, era presente e dalle dichiarazioni che ha fatto, certo non completamente risolutive, mi è parso di cogliere l'intenzione americana di lavorare a un coinvolgimento russo all'interno del sistema e non semplicemente nelle consultazioni e nelle informative. È un percorso.
Probabilmente, per come era stata impostata inizialmente, la difesa missilistica forniva ragioni motivate di disturbo, tant'è vero che nel 2010, al momento della


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ratifica congressuale del Trattato START, era stato richiesto con forza dal Presidente Medvedev l'inserimento nella legge di ratifica di un paragrafo che escludesse che la difesa missilistica americana avesse un effetto sull'equilibrio strategico fra Russia e Stati Uniti. È bastata, invece, una dichiarazione politica bilaterale. I russi a quel punto l'avevano accettato, ma per evoluzioni di politica interna russa il problema è riemerso. È un percorso nel quale la parola italiana conta. Lavoreremo: non possiamo predire il futuro, ma è sicuramente un impegno nel quale continueremo a esercitare la nostra influenza.
Si tratta di una questione, come giustamente è stato detto, di percezioni. Teniamo presente che siamo in una fase elettorale, come hanno ricordato il senatore Cabras e il Ministro Di Paola. Le scadenze elettorali e la strumentalizzazione di alcuni temi di politica estera ai fini della competizione elettorale assegnano al rapporto con la Russia un posto centrale nel dibattito fra repubblicani e democratici. Negli Stati Uniti è sempre stato così, come anche in altre parti del mondo. È naturale che in questo momento sia necessario tenere i toni bassi.
Questo è anche il motivo per il quale nei documenti del servizio informazioni dell'Alleanza atlantica che descrivono il summit, usciti in queste ore, si parla di Afghanistan, delle capacità della NATO, dei partenariati, ma non della Russia. La Russia sta in qualche breve riga di questo documento, ma è intuitivo il fatto che nella presentazione del vertice abbia influito anche l'esigenza di alcuni Paesi di mantenere pacati i toni su relazioni portanti della sicurezza occidentale.
Probabilmente, il senatore Ramponi si riferiva essenzialmente agli aspetti di sicurezza militare della nostra presenza in Afghanistan. Considerando quelli civili e di polizia, infatti, l'Unione europea c'è e da tempo. È presente nella cooperazione e nella tutela dei diritti civili, ma anche con una missione finalizzata alla formazione della polizia afgana. Si può discutere di quanto abbia effettivamente ottenuto, ma la missione EUPOL è attiva da quasi sei anni. Io mi riferivo semplicemente alle decisioni del Consiglio affari esteri. Dopo il 2014 in Afghanistan ci sarà l'Unione europea, e con essa l'Italia. L'Italia ci sarà anche con la NATO.
Quando il Segretario generale Rasmussen è venuto in visita a Roma ci siamo impegnati a sostenere lo sforzo collettivo. Ho espresso questa posizione a Bruxelles qualche settimana fa e l'ha ribadita molto più autorevolmente il Presidente del Consiglio al Segretario generale dell'Alleanza. Il Governo è impegnato a dare un contributo. Non so ancora in che forma e dimensione, ma sicuramente c'è un impegno politico da parte del Governo a contribuire in futuro alla formazione delle forze armate afgane e alla sicurezza afgana. Questo ci consente di proseguire sul percorso che farà rientrare le unità di combattimento italiane nel Paese - salvo imprevisti che non siamo in grado di prevedere, il piano è questo - e mantenere, attraverso altri sostegni, la capacità di sicurezza delle forze afgane.
Avrei molte altre considerazioni da fare. Forse la più importante riguarda l'osservazione del presidente Dini sul disequilibrio, maturato negli anni e ora spaventosamente evidente, tra l'impegno americano nel finanziamento della sicurezza occidentale - di questo si tratta - e l'impegno europeo. È un disequilibrio crescente e i tempi di un'inversione di tendenza non sono prevedibili.
Il Ministro Di Paola ha presentato un piano, che non spetta a me illustrare, ma che gli onorevoli membri del Parlamento di certo conosceranno, di caratterizzazione triennale per la ristrutturazione delle Forze armate. Credo, però, che sia noi, sia gli altri Paesi siamo lontani dal poter contribuire rapidamente a un recupero di questo gap di presenza e ruolo sul piano della sicurezza militare nel mondo. È auspicabile che in futuro possa esserci una ripresa. Non c'è dubbio che il ruolo internazionale europeo sia anche collegato alla capacità di dotarsi di una difesa europea. Ne siamo tutti perfettamente convinti in seno alla compagine governativa.


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Sotto l'aspetto della defence posture review e del disarmo nucleare, sono assolutamente convinto, come credo tutti gli altri colleghi del Governo, che l'obiettivo del disarmo nucleare sia un obiettivo a lungo termine, ma sacrosanto. Deve essere ottenuto gradualmente. Non avverto differenze con il documento di strategia americana emanato un anno e mezzo fa. Si tratta di una riduzione graduale concordata tra le due principali potenze, nella quale rientrino anche le armi tattiche. Certamente, se si vuole mantenere un minimo di credibilità per la propria sicurezza e la difesa delle proprie società, non si decide mai di procedere a un disarmo unilaterale.
Non a caso abbiamo sostenuto la mozione dell'onorevole Mogherini e di molti altri deputati. Sul piano della posture review, degli obiettivi di trasparenza nella strategia NATO, del Consiglio NATO-Russia e dell'impegno a fare un salto di qualità nel regime di non proliferazione nucleare siamo assolutamente d'accordo.
Su altre mozioni il parere non è stato favorevole perché non rispondevano alla politica del Governo.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Sarò breve perché il Ministro Terzi ha già toccato tutti i punti.
Per quanto riguarda la difesa missilistica, la senatrice Negri chiedeva quale sia il nodo della questione. Il nodo è politico e dipende da una fiducia reciproca che ancora non c'è. I russi in particolare pensano che non siamo riusciti a essere convincenti, benché ci stiamo provando come dimostra la conferenza di Mosca. Il punto di fondo per i russi è che la difesa missilistica dell'Alleanza atlantica potrebbe alterare l'equilibrio strategico, dal momento che potrebbe rappresentare in una fase avanzata una minaccia al loro arsenale nucleare strategico.
Noi siamo certi che non sia così e stiamo cercando in tutti i modi di convincerli. Gli Stati Uniti, che hanno un ruolo chiave nel sistema di difesa missilistica della NATO condiviso da tutti gli alleati, si stanno impegnando in una negoziazione intensa per far capire ai russi come stanno le cose. I russi chiedono una garanzia legale, ma in questo momento non ci sono le condizioni politiche per accordarla. Come ha detto il Ministro Terzi, l'Alleanza atlantica offre garanzie politiche nonché proposte avanzate, come la creazione di centri di coordinamento comune, ma oggi come oggi quello che i russi chiedono non risponde complessivamente al punto comune degli alleati.
Tuttavia, così come gli alleati si stanno sforzando per cercare di far comprendere ai russi il proprio punto di vista, bisogna che anche la Russia faccia dei passi in avanti. In questo momento la loro posizione è di chiusura. È comprensibile che il Presidente Putin non venga a Chicago. Credo voglia fare le sue riflessioni e aspettare che Obama o chi per lui venga eletto. A quel punto inizieranno altri giochi. Il gioco politico vale in Italia, come in tutti i Paesi del mondo. Ci sono dinamiche che a volte trascendono certi eventi.
Dal punto di vista della defence posture review, non ho nulla di più da dire di quanto è già stato detto. L'onorevole Mogherini sa benissimo che le mozioni che il Governo ha condiviso troveranno riscontro nel documento di programma dei Capi di Stato e di Governo, un documento dove si indica una strada che, però, non si può percorrere da soli. Per questo il Governo ha ritenuto di poter condividere alcune mozioni e respingerne altre.
Per quanto riguarda la smart defence, al di là della definizione, non è solo questione di lavorare insieme. Prima di tutto occorre individuare le capacità chiave di fronte alle nuove minacce, e con questo rispondo al senatore Ramponi. Ciò significa confrontare le nuove capacità richieste e quelle più tradizionali. In secondo luogo, bisogna avere il coraggio sia nella pianificazione nazionale sia in quella alleata di concentrare prioritariamente le risorse su tali capacità.
Infine, occorre cercare di acquisire le nuove capacità in maniera intelligente, attraverso sforzi di cooperazione e tenendo conto, come ricordava il senatore


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Torri, delle varie realtà. Per cooperare bisogna che le capacità chiave siano disponibili. Nel momento in cui servono, il Paese che concorre non può chiamarsi fuori. Serve quindi un apporto di responsabilità da parte dei Paesi e dei Parlamenti nazionali perché ci sia la disponibilità a impiegare quelle capacità condivise. Gli altri contano su di noi come noi contiamo su di loro.
L'approccio regionale a cui faceva riferimento il senatore Gamba è una delle possibilità. Ci sono Paesi che per cultura, tradizione, filosofia e concetti politici si ritrovano più facilmente insieme. Tra i Paesi baltici, ad esempio, c'è maggiore unità ed è più facile cooperare. Noi siamo un grande Paese europeo, ma abbiamo anche un ruolo importante nel quadrante sud-est. Stiamo lavorando in questa direzione, ma nel momento in cui chiediamo più Europa dobbiamo anche contribuire seriamente a realizzarla, senza limitarci alle dichiarazioni di principio, e questo certamente è quanto la difesa italiana sta cercando di fare.
Con riguardo alla riflessione del presidente Dini, la NATO non ha cambiato il Trattato di Washington. Lo scopo è sempre la difesa della realtà euro-atlantica. Quello che è cambiato è la minaccia. La nostra presenza in Afghanistan rientra nell'ambito del Trattato di Washington. L'interpretazione è forse estensiva o innovativa - lascio a lei la terminologia, presidente - ma il contesto è questo. Le minacce e i rischi sono globali e incidono sulla nostra sicurezza euro-atlantica, benché non si abbia più a che fare con l'invasione dei carri armati sovietici.
Non c'è una violazione. È un'evoluzione riconosciuta collettivamente da tutti i Paesi dell'Alleanza.

LAMBERTO DINI, Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica. Però, signor Ministro, partendo dal presupposto che la sicurezza è un concetto indivisibile, gli Stati Uniti chiedono che i Paesi europei membri della NATO partecipino alle spese militari o alle operazioni americane nel Pacifico.
È questa l'innovazione.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Gli Stati Uniti non chiedono questo.

LAMBERTO DINI, Presidente della Commissione affari esteri ed emigrazione del Senato della Repubblica. Indirettamente, sì. Non chiedono che i Paesi europei partecipino maggiormente alle spese della NATO in quanto NATO, ma bensì alle spese di difesa e sicurezza mondiale. Gli Stati Uniti hanno un bilancio enorme - e sappiamo cosa c'è dentro quel bilancio - e hanno responsabilità mondiali perché sono un Paese imperiale. Il punto è se anche l'Europa abbia questa ambizione. Se ce l'ha, allora è giusto pagare di più.
Solo, in questo caso, dovete venite in Parlamento a chiedere i soldi.

GIAMPAOLO DI PAOLA, Ministro della difesa. Io non so se l'Europa abbia un'ambizione imperiale e non tocca a me dirlo. So quello che gli Stati Uniti chiedono. Gli Stati Uniti vorrebbero che i 28 Paesi dell'Alleanza concorressero in maniera adeguata alle operazioni che sono state decise da tutti quanti insieme, come nel caso dell'Afghanistan.
Non mi risulta che ci chiedano di partecipare alla difesa nel Pacifico. Tuttavia, se un domani i 28 alleati ritenessero che una crisi lontana - anche nel Pacifico, benché non spetti a me dirlo - sia una minaccia per la sicurezza collettiva, inclusa quella degli Stati Uniti, che sono membri dell'Alleanza, e decidessero tutti insieme di impegnarsi nel Pacifico, gli americani chiederebbero che tutti quanti siano in grado di contribuire, così come loro si impegnano in Europa, in Afghanistan e in Africa. È una questione di corresponsabilità nelle decisioni collettive. Gli Stati Uniti non ci chiedono di andare a difenderli contro la Cina nel Pacifico.
Per quanto riguarda le domande specifiche del senatore Ramponi, credo sia abbastanza evidente che la riflessione sulla


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difesa europea attraversi un momento di stagnazione. L'Europa ha forse altri problemi a cui prestare attenzione. Certamente il tema della politica di sicurezza e difesa comune, al di là delle dichiarazioni e delle riunioni che si tengono in Europa, non è una attualmente una priorità.
Non credo che, quando si riuniscono a Bruxelles, i Capi di Stato e di Governo parlino per prima cosa della difesa europea, ancorché bisognerebbe discuterne. In questo momento, prevalgono la stabilità monetaria e altre problematiche. Tuttavia, anche l'Europa sta crescendo nelle operazioni di sicurezza. Svolge, per esempio, un ruolo molto importante nel Corno d'Africa nella lotta alla pirateria.
La difesa missilistica non è l'unica minaccia. Le nuove minacce includono tutti gli elementi che lei, senatore Ramponi, ha citato. Dobbiamo fare attenzione soprattutto alla dimensione cyber. In proposito la NATO sta decidendo una grande iniziativa e ha sviluppato una policy. Ha anche installato a Tallinn un centro dedicato. L'Estonia, peraltro, è stata oggetto di un attacco cibernetico importante, se non sbaglio, nel 2007. Stesso discorso si può fare per la pirateria. Il problema delle nuove minacce fa, quindi, parte del nuovo concetto strategico dell'Alleanza.
Credo di aver risposto a tutti i quesiti.

PRESIDENTE. Ringrazio tutti gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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