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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(III-V-XIV Camera e 3a-14a Senato)
1.
Martedì 9 dicembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Stefani Stefano, Presidente ... 3

Comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008:

Stefani Stefano, Presidente ... 3 6 11 14
Bellotti Luca (PdL) ... 10
Boniver Margherita (PdL) ... 9
Dozzo Gianpaolo (LNP) ... 10
Duilio Lino (PD) ... 7
Evangelisti Fabio (IdV) ... 9
Frattini Franco, Ministro degli affari esteri ... 3 11
Mecacci Matteo (PD) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 8
Perduca Marco (PD) ... 7
Pianetta Enrico (PdL) ... 7
Tempestini Francesco (PD) ... 6
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONI RIUNITE
III (AFFARI ESTERI E COMUNITARI) - V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) - XIV (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DELLA CAMERA DEI DEPUTATI E 3a (AFFARI ESTERI, EMIGRAZIONE) - 14a (POLITICHE DELL'UNIONE EUROPEA) DEL SENATO DELLA REPUBBLICA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 9 dicembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA III COMMISSIONE DELLA CAMERA DEI DEPUTATI STEFANO STEFANI

La seduta comincia alle 14,25.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sul Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi articolo 3, comma 5, della legge 4 febbraio 2005, n. 11, comunicazioni del Governo sul prossimo Consiglio europeo dell'11-12 dicembre 2008.
Saluto i presidenti delle Commissioni esteri del Senato e delle politiche dell'Unione europea della Camera e del Senato. Saluto, altresì, il presidente e i colleghi della Commissione bilancio della Camera che, in questa occasione, hanno ritenuto di associarsi alla nostra riunione, in considerazione del fatto che l'ordine del giorno dell'imminente Consiglio europeo include significativamente la crisi finanziaria e il suo impatto sull'economia.
Avverto che la seduta non potrà protrarsi oltre le 15,20, in relazione ai lavori dell'Assemblea della Camera. Pertanto, sarà necessario che gli interventi successivi alla relazione del Ministro siano sintetici, al fine di consentire al maggior numero di colleghi di prendere la parola.
A questo proposito, se siete d'accordo, fisserei un tempo di tre minuti per le repliche.
Come ho già detto poco fa in Commissione, mi auguro che ci venga data la possibilità di lavorare con tempi diversi.
Ringrazio il Ministro Frattini per la cortese disponibilità e lo invito a svolgere la sua relazione.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Grazie, presidente, sarò anche io particolarmente breve, sperando di riuscire a concentrare l'ordine del giorno del Consiglio europeo.
Ieri, l'intera giornata di lavoro dei Ministri degli esteri a Bruxelles è stata dedicata alla preparazione dei lavori di questa settimana, che avranno sostanzialmente tre grandi punti all'ordine del giorno: il primo punto è dedicato al Trattato di Lisbona, il secondo alle misure per il rilancio dell'economia e per il tentativo di superamento della crisi economico-finanziaria e il terzo all'adozione del pacchetto energia-clima.
Vi saranno anche alcune questioni specifiche, relative alla politica estera, che figureranno nelle conclusioni: in particolare - tocco questo tema, sul quale non tornerò - quella della strategia dell'Europa per il Medio Oriente e di come l'Europa potrà presentare una propria proposta, un proprio contributo alla nuova amministrazione americana, per


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impegnarla, sin dal primo giorno, a riprendere in mano il tema del Medio Oriente e della pace.
Per quanto riguarda la strategia di Lisbona, abbiamo ascoltato l'Irlanda e abbiamo riflettuto a lungo.
Credo che vi siano tre prospettive ragionevoli non alternative. La prima di esse riguarda la possibilità che il Consiglio questa settimana tracci una sorta di road map per la ratifica del Trattato di Lisbona, indicando - come l'Italia ritiene sia ragionevole fare - l'obiettivo della fine del 2009 come momento dell'entrata in vigore del Trattato di Lisbona.
La seconda prospettiva è che vi sia accordo per delle dichiarazioni politiche - il che non vuol dire né un protocollo, né una rinegoziazione del Trattato, dunque niente che richieda nuove ratifiche - per chiarificare all'elettorato irlandese, in vista di un secondo referendum, i tre punti che l'Irlanda ritiene necessari.
Mi riferisco, innanzitutto, alla caratteristica nazionale del diritto di famiglia - che a mio avviso è già nel Trattato di Lisbona, ma che evidentemente non era abbastanza chiara - con riferimento allo status dei rapporti familiari, al regime di separazione, di divorzio e via dicendo.
Il secondo punto riguarda la natura nazionale delle aliquote fiscali. L'Irlanda teme che nel Trattato di Lisbona - anche questa è una preoccupazione ingiustificata, ma chiarificare non è male - vi sia il pericolo di un'armonizzazione europea o di una decisione europea sulle aliquote fiscali. Si chiarirà che questo non è il compito dell'Unione europea e non rientra nelle caratteristiche e nelle competenze stabilite dal Trattato di Lisbona.
Il terzo punto è la riaffermazione della neutralità dell'Irlanda, cosa questa assolutamente pacifica.
In aggiunta, credo che sarebbe particolarmente utile l'adozione di un'altra decisione politica, quella per la quale, quantomeno per la prossima legislatura, il numero dei membri della Commissione europea resti invariato. L'idea di ridurre il numero di commissari, che sarebbe la conseguenza automatica del Trattato di Nizza, se il Trattato di Lisbona non entrasse in vigore, è una prospettiva che viene vista dagli irlandesi come estremamente pericolosa. Oggi, la possibilità di perdere il commissario nazionale - che pure non rappresenta lo Stato, come tutti sappiamo, ma è comunque visto come una presenza intorno al tavolo della Commissione europea - è una delle leve più importanti su cui, a mio avviso, si potrebbe agire per spiegare all'elettorato irlandese perché votare «sì» in un secondo referendum.
La mia valutazione è che vi sia la possibilità di una road map, quindi che si possa indicare a dicembre, già questa settimana, la prospettiva di una ratifica del Trattato di Lisbona con un secondo referendum irlandese. Ritengo non plausibile l'idea che il referendum si tenga prima delle elezioni europee.
A mio avviso, questo referendum si potrà tenere nella seconda parte dell'anno, quindi nell'autunno del 2009. È comunque ragionevole immaginare che con la fine del 2009 il meccanismo di ratifica si sia completato.
Il secondo grande tema dei lavori è il pacchetto energia-clima. Come avete visto, molti Paesi membri hanno compreso, a differenza delle posizioni originarie, come l'obiettivo doveroso di salvaguardia dell'ambiente non possa essere raggiunto con la sofferenza grave dei sistemi industriali, in questo momento di crisi economica, o con la perdita di milioni e milioni di posti di lavoro. Avete preso atto della chiara presa di posizione tedesca, per citarne una tra le tante, o anche di molti Paesi dell'Europa orientale.
L'Italia ha mantenuto una posizione negoziale. Accettiamo l'idea di un compromesso, in questo mese, che deve essere equilibrato. Abbiamo già ottenuto dei risultati significativi: la clausola di revisione al 2014 per le fonti rinnovabili, il principio del cosiddetto carbon leakage, per il quale le imprese manifatturiere in settori strategici debbono essere salvaguardate attraverso l'emissione di certificati gratuiti e non a pagamento (quantomeno


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con un phasing-in, ossia con un periodo d'ingresso, evidentemente non per sempre).
La terza grande domanda dell'Italia è quella di computare, nell'ambito della quota di energie rinnovabili, quegli investimenti in energie rinnovabili realizzati su finanziamento o su contributo italiano non in Italia, ma nel bacino del Mediterraneo.
Questo è un principio che sta prendendo piede.
I due principali punti che ho citato prima sono già inseriti nel documento presentato ieri, che mercoledì sera sarà riformulato e trasmesso a tutti gli Stati membri. Se passasse anche il terzo punto, gli investimenti in Paesi non europei del Mediterraneo - pensate agli investimenti italiani in Albania, nel campo dell'energia eolica - verrebbero computati nella quota di rinnovabili intestata all'Italia, il che favorirebbe sia la promozione di interventi in Paesi strategicamente importanti per noi, sia la protezione dell'ambiente nel bacino del Mediterraneo. Questo è il terzo punto sul quale in queste ore stiamo lavorando. Registriamo importanti passi avanti e manteniamo una posizione negoziale per favorire un accordo.
Vi è un'ulteriore richiesta di ordine generale, che credo dovremo formulare allorquando il quadro strettamente normativo sarà stato chiarito, e sarà una richiesta di tipo politico.
Noi apriremo, nel corso della presidenza italiana del G8, alla fine del 2009, la Conferenza di Copenaghen sul cosiddetto «post-Kyoto». È evidente che quel negoziato, che dovrà proseguire almeno per due anni perché possa entrare in vigore nel 2012 il nuovo trattato post-Kyoto, risentirà dei cambiamenti di atteggiamento e di strategie delle grandi economie sviluppate (penso agli Stati Uniti d'America) ed emergenti. Pensate che le emissioni in atmosfera della sola Cina rappresentano l'otto per cento dell'intera quota di emissioni del pianeta. L'intera strategia europea mira ad abbassare del due per cento la quota di emissioni nel pianeta.
Questo porta a una richiesta politica di rivedere il pacchetto - che adotteremo, se vi saranno le condizioni, questa settimana - alla luce dell'atteggiamento, nei prossimi anni, delle grandi economie mondiali. Non possiamo immaginare di non tener conto, se l'America cambierà atteggiamento, del mutato atteggiamento americano, oppure della circostanza che Cina e India decidano di confluire in questi obiettivi, qualora ciò avvenga.
Ecco, quindi, una richiesta di riconsiderare ciò che stiamo discutendo adesso alla luce dei cambiamenti che si realizzeranno nel post-Kyoto. Questo vuol dire accordiamoci pure oggi su un compromesso equilibrato, ma non dimentichiamo che, se dobbiamo tutelare l'ambiente, dobbiamo tener conto di ciò che fanno i cosiddetti «grandi emettitori» nell'atmosfera.
Il terzo tema riguarda il pacchetto di misure per l'economia. Abbiamo apprezzato le misure proposte dalla Commissione e abbiamo evidentemente sottolineato, e lo faremo ancora, tre punti.
Il primo punto riguarda il fatto che non si può «scassare» il Patto di stabilità. Dobbiamo lavorare negli ambiti di flessibilità di quel Patto, non dare vita a un meccanismo di libertà di spesa e di indebitamento che minerebbe i pilastri del mercato unico e del Patto di stabilità stesso.
Secondo «caveat»: dobbiamo tener conto di una disciplina di aiuti di Stato che si basi su regole europee. Non possiamo immaginare che ogni Stato porti avanti la sua politica di aiuto con categorie di destinatari che si scelgono Stato per Stato. Tali categorie vanno invero individuate sulla base di regole comuni europee. Se qualcuno deve essere aiutato, tutti debbono poter essere aiutati secondo parametri eguali.
Il terzo punto riguarda il criterio che si sta in qualche modo determinando sulla quota importante di risorse non spese della Politica agricola comune (PAC). Sta emergendo un importo molto elevato di risorse che non sono state spese. Ebbene, la proposta della Commissione è di destinare


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queste risorse in blocco, che altrimenti verrebbero restituite ciascuna agli Stati membri (a noi spetterebbero 600 milioni di euro circa), ad esempio al settore dell'interconnessione energetica. Senza dirlo, si vuole finanziare il «Progetto Nabucco», una linea di connessione energetica che può interessare tre, quattro o forse cinque Paesi dell'Unione europea su ventisette.
L'Italia ha espresso delle riserve, dal momento che non possiamo immaginare che la quota non spesa della politica agricola comune, invece di essere restituita, come chiedono Italia, Germania, Regno Unito, Olanda e altri Paesi, venga impiegata per interventi di cui beneficerebbero un numero molto limitato di Paesi. La nostra proposta è la seguente: o si finanziano tutte le infrastrutture di trasporto transeuropee, di cui tutti - o la grande maggioranza - dei Paesi beneficerebbero, oppure si restituiscano i 600 milioni all'Italia e così via.
Questo è un punto molto chiaro, la cui adozione, come sapete, presuppone l'unanimità. A me non sembra che su questo punto ci sia unanimità, anzi pare che sussista un largo dissenso da parte di Paesi importanti.
Queste sono, in conclusione, le grandi questioni. Sul tema dell'intervento di risanamento e di sostegno al bilancio e all'economia europea c'è una parte molto importante che riguarda l'accelerazione delle procedure per l'assegnazione dei fondi strutturali. Questa è una parte che ci interessa molto e che tutti condividono: l'attenuazione della burocratizzazione per l'assegnazione di quei fondi - che la Commissione ha inserito - ci permetterà, se ben usata, di introitare sin dai primi mesi dell'anno una quota importantissima di fondi strutturali del 2009, che tradizionalmente vengono attribuiti nelle ultime settimane dell'anno.
Mi fermo qui per dare spazio alle domande dei commissari.

PRESIDENTE. Grazie, signor Ministro.
Il presidente Dini osserva che avevamo concordato di dare la precedenza, nella replica, agli interventi dei colleghi già iscritti per il seguito dell'audizione del Ministro della scorsa settimana.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, con la preghiera di attenersi ai tempi che abbiamo indicato.

FRANCESCO TEMPESTINI. Signori presidenti, penso che l'intervento introduttivo del Ministro Frattini della scorsa seduta debba essere integrato con quello che ho ascoltato oggi. Vorrei concentrare il mio intervento sostanzialmente rivolgendo una domanda al Ministro Frattini.
Rispetto all'entità della crisi, per come essa si sta sviluppando e per i segnali negativi che ogni giorno cogliamo, non le pare - signor Ministro - che, complessivamente, l'intervento predisposto dalla Commissione e, più in generale, il complesso degli interventi che l'attuale quadro europeo mette in campo siano largamente insufficienti rispetto alle necessità che dobbiamo affrontare?
Questa è una domanda che non sono il solo a rivolgerle, dato che essa si ricollega a numerosi interventi che, non solo sul foro interno ma anche su quello internazionale, nel corso di queste ultime settimane, sono stati formulati relativi a una sostanziale timidezza e distanza tra i provvedimenti che la crisi imporrebbe di mettere in campo - provvedimenti di ben altro tenore - e quelli che, invece, possiamo registrare allo stato attuale.
Su molte delle questioni che lei ha portato alla nostra attenzione non può che esserci una concordanza. Penso, ad esempio, alla questione del «Progetto Nabucco», che riguarda un problema più generale da affrontare relativo alla nostra politica energetica. Rispetto a movimenti e sommovimenti geopolitici di enorme rilievo, c'è da chiedersi qual è l'azione che l'Europa, sul piano energetico e sul piano politico, è in grado di mettere in campo.
Tutti sappiamo, credo, che il «Progetto Nabucco» è fermo, perché si è sviluppata un'iniziativa molto forte e importante, che non so quanto sia giovevole per noi, da parte della Russia. Si tratta di un condizionamento


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di quel tipo di mercati e di fonti di approvvigionamento che meritano una discussione più ampia di quella che si limita a considerare che i destinatari finali di «Nabucco» non siamo noi, ma altri. Anche da questo punto di vista, emerge una sostanziale difficoltà e apatia della Commissione europea. In generale, mi pare necessario svolgere un'ampia riflessione su questo aspetto.
Insomma, vorrei sapere se le sue considerazioni possono dare qualche risposta alla mia domanda.

ENRICO PIANETTA. Innanzitutto, vorrei ringraziare il Ministro, con riferimento alla sua scorsa audizione sulla presidenza italiana del G8, per la determinazione con cui ha espresso la volontà di individuare argomenti che possano condurre verso la formazione di regole e l'attualizzazione delle istituzioni.
Quindi, la presidenza italiana avrà la grande responsabilità di effettuare un coordinamento in materia tale che ci possano essere delle realizzazioni fattibili, in un momento così importante e strategico come quello caratterizzato dalla necessità di definire nuove regole e di ammodernare le istituzioni.
Invece, per quanto riguarda l'audizione di oggi, vorrei sottolineare la determinazione del Governo italiano relativamente all'energia e al clima.
Mi pare, infatti, che la capacità di assumere fin dalle origini un atteggiamento di compromesso in questo momento stia trovando anche il consenso di altri Paesi, in ragione della capacità di preparare l'incontro di Copenaghen, per il post-Kyoto.
Sottolineo, dunque, il consenso che sta avendo da parte di altri Paesi europei l'azione di compromesso svolta da parte del Governo italiano e che invece era stata particolarmente criticata, credo impropriamente. Mi sembra infatti che non si possano evidenziare elementi che creano grandi difficoltà, soprattutto in un momento così difficile come quello dell'attuale situazione economica internazionale.
Aggiungo solo un'ultima considerazione. Credo che l'Europa debba essere abbastanza preoccupata per quanto riguarda il Patto di stabilità. Non bisogna scardinarlo. Chiedo al Ministro di avere qualche ulteriore elemento a questo riguardo.

MARCO PERDUCA. Vorrei porre solamente alcune domande, una delle quali è relativa alla scorsa audizione. Nei temi affrontati dal programma italiano per il prossimo G8 non sono state incluse le cosiddette «nuove tecnologie». Gli altri G8, invece, si erano caratterizzati per l'informatizzazione, in particolare dei Paesi in via di sviluppo, con un focus principale relativamente all'Africa e al Medio Oriente.
Vorrei sapere se l'esclusione di questo tema è dovuta soltanto all'ampiezza della presentazione o se invece non è stato ancora affrontato.
Naturalmente, aggiungo la raccomandazione, che fu espressa anche nella passata occasione, di ritrovarci eventualmente per sezioni specifiche, perché affrontare tutto il discorso in pochi minuti è sempre piuttosto difficile.
La seconda domanda è relativa a oggi; chiedo cioè che fine ha fatto il prosieguo dei negoziati per la risoluzione del conflitto georgiano e russo. Più o meno, infatti, anche questo tema era stato più volte al centro dell'attenzione del Consiglio; invece mi pare di capire che si torna a parlare in termini generali di politica di sicurezza e di difesa europea, senza scendere nello specifico, dove invece si potrebbe dare un primo esempio di questo tipo di decisioni politiche.

LINO DUILIO. Signor Ministro, riprendendo alcune considerazioni che sono già state svolte, le chiedo se non crede che la misura dell'intervento dell'Unione europea sia la prova provata, se ce ne fosse bisogno, della difficoltà, per non dire impossibilità, di un intervento serio, massiccio dell'Unione europea rispetto alla crisi, considerata l'entità delle risorse proprie dell'Unione stessa a cui


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attingere per attuare un intervento che sia significativo.
Chioso la mia riflessione, chiedendole ancora se non pensa che, considerata la retorica piuttosto consistente, soprattutto nel nostro Paese, sul nostro essere europeisti, forse il tema delle risorse proprie dovrebbe essere ripreso.
Le chiedo inoltre se lei ha intenzione di farlo, considerato che questa esperienza dimostra che ci sarebbe stato bisogno di un intervento molto più massiccio dell'Unione europea. Tuttavia, lo ripeto, non si può andare a nozze con i fichi secchi.
Uscendo dalla retorica, non crede che sarebbe il caso di affrontare il tema delle risorse proprie con iniziative italiane, augurandosi che non succeda ancora, in modo tale che l'Unione europea possa trovarsi in diverse e migliori condizioni?
Vengo alla seconda telegrafica annotazione che riguarda il Patto di stabilità a livello europeo, di cui si è discusso negli anni scorsi. Piuttosto che allargare i cordoni, consentendo di «sforare», sia pur temporaneamente, sul parametro del 3 per cento, non pensa che sarebbe il caso di rivedere la norma che non consente neanche le spese per investimenti? Non pensa che sarebbe meglio utilizzarne almeno una parte, il 50 per cento, in modo tale che non debbano essere conteggiate dentro le regole del Patto?

SANDRO GOZI. Signor presidente, affronterò solo due brevi punti. Il primo di essi è relativo al pacchetto clima. È in atto un'evoluzione, di cui ci rallegriamo. A causa della crisi finanziaria, siamo passati infatti da una messa in discussione degli obiettivi del 2020 da parte del Governo italiano, con minacce di veto, ad una conferma di questi obiettivi e a un negoziato più efficace sui meccanismi di flessibilità.
Ora, se capisco bene, il Governo è soddisfatto della flessibilità ottenuta e non si corre più il pericolo - noi lo vedevamo come tale - di un veto da parte dell'Italia al Consiglio europeo.
Inoltre, vi è una nota aggiuntiva che mi sembra positiva, vale a dire che, anziché voler smontare il protocollo dell'Unione europea sul cambiamento climatico, aspettiamo di vedere a Copenaghen quali saranno gli atteggiamenti degli altri grandi partner mondiali. Poi, alla luce di ciò che accade a Copenaghen, valuteremo quanto il pacchetto risponda alle esigenze.
Se la situazione è questa, direi che l'Unione europea ha confermato la sua scelta, nonostante la crisi economico-finanziaria.
L'Unione europea vuole uscire dal Consiglio europeo con l'affermazione di essere leader nella lotta contro il cambiamento climatico. È necessario allora che il Governo, dopo questo negoziato, non giochi più di rimessa, ma si attivi subito a livello interno, certo non di competenza del Ministro Frattini. Il messaggio che egli poteva inviare ai suoi colleghi, infatti, era quello di attivarsi subito a livello interno, per cominciare a colmare il ritardo accumulato in questo dossier.
Se invece non c'è ancora soddisfazione da parte del Governo italiano, vorrei capire se esiste ancora la possibilità di porre un veto.
Un altro tema è legato al piano di ripresa economica. È chiaro che quello che balza agli occhi del piano della Commissione è la divergenza, il disallineamento tra il ruolo di coordinamento e di impulso assunto dalla Commissione e le risorse stanziate nel bilancio comunitario.
La Commissione chiede ai Governi 170 miliardi di euro aggiuntivi. Il bilancio comunitario prevede 30 miliardi di euro di risorse non aggiuntive. Di aggiuntivo ci sono circa 5 miliardi, per quanto riguarda il finanziamento per le infrastrutture.
A me sembra, quindi, che la crisi finanziaria ci riporti di fronte ad un grande problema politico. Non si può invocare - e questo vale anche per l'Italia rispetto al G8 - l'Unione europea come risposta alle sfide che ci vengono dalla globalizzazione e dalla crisi, se poi non la si dota delle risorse adeguate.
Visto che nel 2009 si riapre la questione della revisione del bilancio comunitario, vorrei sapere se il Governo italiano ha intenzione di porre la questione di un


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aumento delle risorse a disposizione dell'Unione europea in questa revisione intermedia.
Inoltre vorrei sapere se il Governo, membro dell'Unione europea e presidente in esercizio del G8, ha intenzione di fare delle proposte per migliorare la governance economica dell'Unione europea, magari attraverso una cooperazione rafforzata, che potrebbe stabilizzare quel metodo del vertice di Parigi-due, sulla cui utilità tutti abbiamo convenuto.

MARGHERITA BONIVER. Anche io svolgerò delle brevissime considerazioni: la prima squisitamente di ordine politico, la seconda di merito.
Ho ascoltato con molta attenzione quello che lei ha detto, signor Ministro, e sono molto felice di rimarcare ai colleghi che c'è un altissimo grado di armonia fra quanto dicono i ministri di questo Governo rispetto alle questioni più complesse. Questa - mi creda - è un'assoluta novità rispetto a quanto succedeva nella passata legislatura.
Ciò che lei oggi ha detto sul clima è quanto hanno già ribadito il Ministro Prestigiacomo e il Ministro Scajola. Ciò che lei ha affermato sulla politica agricola comune è quanto sostiene il Ministro Zaia. Peraltro, voi sostenete tali tesi non solo in Consiglio dei Ministri, ma anche nei talk-show e durante le interviste. Quindi, non c'è mai motivo per vedere qualche divisione. Credo che questo sia un gran bene per il nostro Paese.
Entrando nel merito, molti colleghi hanno giustamente sollevato la questione del Patto di stabilità, perché probabilmente è il punto più controverso, delicato e difficile su cui il nostro Paese può giocare con un margine minuscolo, come giustamente lei ricordava. D'altronde, questo è esattamente quel che sostiene il Ministro Tremonti: essendo noi - ahimè - portatori del terzo debito più importante dei Paesi industriali, si comprende la necessità di essere molto rigidi su questo punto.
Le mie, comunque, sono domande molto dirette. Come faranno l'Italia e l'Europa, sulla questione del Patto di stabilità, a conciliarsi con la nuova politica economica degli Stati Uniti d'America, che immagino sarà quella del neoeletto Presidente Obama, rispetto alle decisioni già assunte da Bush, riguardo a un drammatico cambiamento di approccio? Mi pare, infatti, che gli Stati Uniti siano pronti nuovamente a quel complesso di deficit spending, tipico degli anni Ottanta, che aumenterà il livello di debiti del Paese che è già fortemente indebitato. Evidentemente, tuttavia, tale elemento viene considerato dal loro Governo come una necessità all'interno di una crisi, che oltretutto nasce negli Stati Uniti negli anni Novanta.
Ebbene, come pensiamo di comportarci nei confronti di questo nuovo approccio statunitense? Possiamo ignorarlo?

FABIO EVANGELISTI. Signor presidente, cercherò anche io, in pochi minuti, di fare due sottolineature favorevoli all'esposizione del Ministro, che ringrazio.
Intanto, a nome del gruppo dell'Italia dei Valori, esprimo la condivisione del percorso indicato per quanto riguarda il Trattato di Lisbona.
Quanto agli altri due punti, condivido l'affermazione secondo cui dobbiamo fare attenzione a non scardinare il Patto di stabilità.
A lasciarmi perplesso sono le modalità di approccio. Anche se capisco che per chiarezza di esposizione possa essere stato utile al Ministro tenere distinti i due temi di energia e clima e la crisi economica, vorrei che questi due punti venissero tenuti maggiormente insieme.
Infatti, quando il Ministro parla di salvaguardia dell'ambiente sono d'accordo, ma si dice anche che occorre evitare - riassumo brutalmente - di creare sofferenza per il sistema dell'industria.
Il fatto è che per troppi anni in sofferenza c'è stato il clima a favore dell'industria. Forse, bisognerà cominciare davvero a ripensare in termini concettuali il modo in cui operiamo. Pertanto, questa, che è realmente una situazione difficilissima, può rappresentare


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l'occasione, investendo sulle energie rinnovabili e sul risparmio energetico, per ripensare l'equilibrio dei rapporti fra l'economia e l'ambiente.
Dico questo, perché si fa spesso riferimento alla percezione e alla realtà. Voglio sperare che la realtà della presenza del nostro Governo e del nostro Paese al vertice europeo sia diversa dalla percezione. Stando alla percezione, infatti, non solo siamo tiepidi nell'approccio alla difesa dell'ambiente e dei dettati di Kyoto e anche in vista del post-Kyoto, ma sembra addirittura che, con la messa in discussione del pacchetto 20-20-20, invece di portare un contributo di elasticità, si possa introdurre un elemento di rigidità.
Un'ultima osservazione critica fa riferimento alla destinazione delle risorse che possiamo recuperare dalla PAC. Personalmente - in proposito posso solo usare un'espressione personale -, non sono convinto dell'opportunità di una «rinazionalizzazione» di queste risorse. Se non va bene il Progetto Nabucco, individuiamone un altro, ma facciamo in modo che queste risorse restino a livello europeo.
Concludo con una domanda. Ho visto che nell'ordine del giorno si fa riferimento alla European security strategy. Immagino che per brevità il Ministro non abbia potuto farvi cenno nel corso del suo intervento, chiedo quindi di avere informazioni in merito nella replica.

MATTEO MECACCI. Signor presidente, spero di essere più breve del collega Evangelisti. Accanto a questo vertice dell'Unione europea, di cui si è parlato molto, giustamente, in particolare per le questioni economiche coinvolte, era previsto un ulteriore vertice dell'Unione europea che però è saltato. Mi riferisco all'incontro bilaterale con la Cina, che si sarebbe dovuto tenere il primo dicembre a Lione.
Come si è letto sui giornali nazionali e internazionali, la scelta del governo cinese di cancellare questo appuntamento è venuta a seguito della decisione del presidente di turno, Sarkozy, di incontrare il Dalai Lama.
Vorrei sapere dal Ministro se non ritenga che il Consiglio europeo debba essere la sede per una risposta politica dell'Unione europea, come entità politica, se esiste, a questo atteggiamento delle autorità cinesi, e se non pensa che il Governo italiano possa prendere l'iniziativa di mettere quantomeno all'ordine del giorno - al momento non mi risulta che vi sia - tale tema per il prossimo Consiglio europeo.

LUCA BELLOTTI. Signor presidente, cercherò anche io di battere il record dei tre minuti. Svolgerò alcune considerazioni, aspettando una risposta del Ministro, su quanto egli ha affermato.
Ad esempio, sarebbe importante riflettere sulle risorse non spese per la PAC, la cui parte riferita all'Italia è pari a 600 milioni di euro.
In un clima di crisi del settore agricolo, sarebbe importante capire perché non siamo riusciti a utilizzare queste risorse, che poi ci tornano indietro, al fine di poterle usare al meglio.
L'altra questione che vorrei sollevare riguarda la crisi finanziaria che sta coinvolgendo tutto il mondo occidentale.
In questo contesto, mi riferisco alla grande difficoltà che hanno le piccole industrie, anche nell'applicazione prossima futura dell'accordo di Basilea 2 che, sostanzialmente, si regge su tre pilastri: i requisiti minimi patrimoniali delle banche, il controllo delle banche centrali e la disciplina del mercato e della trasparenza.
Il primo dei tre settori di intervento del Basilea 2 impone maggiori accantonamenti di liquidità alle banche, ove, secondo i sistemi di rete perfezionati, esse siano esposte verso creditori con un alto tasso di rischio.
Vedo con preoccupazione l'avvicinarsi di questa data, perché, se applicata, manderebbe nel panico anche le piccole aziende floride che costituiscono l'ossatura e il patrimonio del nostro Paese, le quali si vedrebbero costrette in un regime di grande difficoltà.

GIANPAOLO DOZZO. Signor Ministro, per quanto riguarda la disciplina degli


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aiuti di Stato, lei ha detto che occorre redigere regole uguali a livello europeo.
Posso capire che si voglia tutelare un settore che, dal punto di vista produttivo, è presente nella maggior parte dei Paesi europei, ma, con un appiattimento di questo tipo, non si rischia l'eliminazione di certi settori che per l'Italia, per esempio, sono altamente importanti? Mi riferisco, tra gli altri, al campo automobilistico.
Se si avranno regole uguali, ho paura che tutti gli aiuti andranno a finire in quel settore.
Per quanto riguarda le quote non spese della politica agricola comune, se passa la teoria di far ritornare ai Paesi i fondi non spesi, i 600 milioni di euro della PAC andranno nel pacchetto agricoltura oppure avranno altre destinazioni?

PRESIDENTE. Signor Ministro, se lei lo ritiene, potremmo andare avanti con i nostri lavori fino alle 15,30.

FRANCO FRATTINI, Ministro degli affari esteri. Cercherò di essere rapido.
In primo luogo, quanto ho esposto oggi è il frutto di un lavoro di coordinamento con tutti i ministri competenti. La presidente Boniver ha detto molto correttamente che è stato svolto un lavoro di squadra all'interno del Governo, che verrà portato avanti anche nei prossimi giorni. Questo, finora, ha portato dei risultati importanti.
Alcuni colleghi hanno parlato dell'entità dell'intervento della Commissione e della sua insufficienza quantitativa e qualitativa.
Mi permetto di dire che quello che sta certamente emergendo in queste settimane è un maggiore ruolo intergovernativo dell'Europa. Se vi è un dato su cui oggi ci dobbiamo confrontare, ancor prima di parlare di risorse proprie dell'Unione europea, esso riguarda le risorse disponibili. Queste ultime sono poche e non riescono ad essere impegnate perché gli Stati membri, o alcuni importanti Stati membri, tra cui l'Italia non figura - da questo punto di vista il nostro Paese avrebbe voluto e vorrebbe un approccio più europeo e meno intergovernativo -, hanno rifiutato e si sono opposti anche a quello che alcuni hanno definito un intervento timido della Commissione europea. Non credo che questo atteggiamento cambierà.
Ritengo che sia difficile immaginare oggi di aprire un tema come quello delle risorse proprie, per aumentare il bilancio dell'Unione europea, quando anche sui fondi disponibili c'è indisponibilità di grandi attori, anzitutto la Germania come sappiamo, a utilizzare il denaro del bilancio comunitario per iniziative che potrebbero, in tutto o in parte, non tornare esattamente allo Stato che contribuisce pro-quota.
Se questa è la filosofia, essa è puramente intergovernativa.
Bisogna essere realisti. Quindi, possiamo dire tra noi che l'intervento non è sufficiente, ma quello che ha fatto la Commissione è stato assolutamente il massimo nelle circostanze attuali.
Forse, era oggettivamente insufficiente, ma quando vi sono Paesi che di fronte all'idea di un fondo di solidarietà, da finanziare con i certificati di emissione a pagamento, per interventi di energia pulita nei Paesi dell'Europa dell'est, dicono che in assoluto il fondo di solidarietà non deve esistere, comprendete bene che ragionare di risorse proprie francamente sarebbe quasi velleitario.
Molto più appropriato è ciò che aveva proposto il Ministro Tremonti, ossia dei bond europei e un fondo europeo per finanziare le infrastrutture; il che, a mio avviso, è meglio che sottrarre le infrastrutture dal Patto di stabilità e dai limiti di Maastricht.
Anche queste due iniziative hanno trovato difficoltà, perché alcuni Paesi hanno affermato con chiarezza di non essere disponibili a contribuire pro-quota in misura maggiore rispetto al loro ritorno.
In estrema sintesi, questa è la ragione per la quale il sistema comunitario, alla luce della crisi economico-finanziaria, sta mostrando dei forti limiti. Ecco perché sono partito dal Trattato di Lisbona. Se


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non diamo un rilancio forte alla prospettiva di istituzioni credibili, vi saranno evidenti conseguenze.
In proposito, vorrei dire all'onorevole Mecacci, che ha parlato prima della Cina, che non ci sarà all'ordine del giorno un dibattito sulla Cina. Abbiamo preso atto che la Cina, sbagliando, ha annullato il vertice europeo. Riteniamo che i temi di confronto, anche critico, non debbano mai essere cancellati. La Cina l'ha fatto, ma non credo che al Consiglio europeo ci sarà la volontà di aprire un dibattito politico, perché non si raggiungerebbe l'unanimità necessaria per farlo.
Questo è il cuore del problema. Quando l'Europa si incentra sul carattere intergovernativo, anziché sul ruolo delle istituzioni comunitarie, accadono circostanze di questo genere. Possiamo constatarle, ma non pensare che in pochi giorni tutta la situazione cambierà: in questo sono realista.
In merito alla politica energetica europea, onorevole Tempestini, certamente la nostra linea è quella scritta nel documento approvato dal Consiglio economico all'inizio del marzo scorso, ossia la diversificazione. L'Italia lo sta facendo. Il Progetto Nabucco è una delle strade per diversificare l'approvvigionamento energetico.
D'altra parte, però, quando parliamo di approvvigionamento che viene dall'est piuttosto che dal sud, alcuni Paesi si dichiarano non disponibili a finanziare, con i soldi di tutti, il condotto Nabucco che serve soltanto a cinque Paesi. Questo è il cuore del problema. Ecco perché siamo d'accordo sulla diversificazione, su una politica energetica che guardi a sud e non soltanto a est, e che si rivolga anche alle energie rinnovabili. Tuttavia, non si raggiunge l'unanimità sul fatto di realizzare gli strumenti per questa diversificazione con il denaro europeo di tutti quanti.
Questa realtà a me personalmente non piace, ma è quella che sta emergendo in questa situazione piuttosto drammatica.
Senatore Perduca, l'altra volta non avevo parlato delle nuove tecnologie in particolare, ma nel tema G8-sviluppo ci sarà un capitolo specifico dedicato all'e-government. Presenteremo programmi in questo senso e per le nuove tecnologie ai Paesi in via di sviluppo, che saranno dedicati a dieci Paesi. Quindi, questo argomento sarà ampiamente trattato e lo faremo nel contesto delle politiche di sviluppo per i Paesi in via di sviluppo. Questa è la linea che abbiamo seguito all'inizio e che non abbiamo abbandonato.
Sul conflitto di agosto e sugli esiti della crisi russo-georgiana, mi sembra che l'Europa abbia deciso: il Consiglio europeo ha deliberato di riaprire il negoziato per un accordo strategico tra Europa e Russia. La NATO ha deciso di riavviare i rapporti con la Russia. Il negoziato della Conferenza di Ginevra sta continuando.
Pertanto, credo che dovremo sviluppare i due temi: quello in sede NATO e quello in sede di Consiglio europeo. Non credo che ci sia un terzo foro nel quale affrontare questo esito.
Come sapete, è in corso una missione europea. Tra un mese, avremo il rapporto degli osservatori proprio sulla linea di confine tra Georgia e Ossezia del sud, la regione indipendentista. Evidentemente, anche alla luce di quel rapporto, decideremo se prorogare quella missione di osservatori che, come sapete, era stata decisa solo per un periodo limitato di tempo.
L'insufficienza dell'azione europea è certamente un tema al quale ho accennato.
L'onorevole Duilio ha parlato di retorica europeista. Mi permetto di dire che non ho mai usato questo tipo di retorica, forse sarà stato qualcun altro ad averlo fatto. Oggi dobbiamo piuttosto ricostruire una fiducia reciproca fra i Paesi membri.
Quando alcuni Paesi dubitano persino della possibilità di prevedere un programma comune europeo per finanziare iniziative dedicate all'energia pulita, credo che ci si debba preoccupare, dal momento che si vanno a toccare risorse economiche in un momento di crisi.
Ecco perché mi permetto di dire che la posizione del Governo italiano sul pacchetto clima-energia è stata saggia. Non potevamo dire, dal primo giorno, che eravamo


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d'accordo perché non lo eravamo. Non abbiamo neanche detto che volevamo discutere l'obiettivo 20-20-20 - nessuno di noi l'ha detto -, abbiamo semplicemente affermato che quel pacchetto era dannoso per l'impresa e per i posti di lavoro.
Quando ha espresso tale opinione il cancelliere Angela Merkel, ieri, tutti si sono stupiti del fatto che provenisse dalla madrina del pacchetto europeo. Un capo di Governo di buon senso si rende conto che ci sono esigenze da conciliare: occorre tenere conto della tutela dell'ambiente ma anche del drammatico tema della perdita di posti di lavoro dovuta alla crisi economica.
Faremo un buon compromesso che tenga in considerazione l'uno e l'altro aspetto. Questo è l'obiettivo italiano.
Mi permetto di dire che non abbiamo giocato affatto di rimessa, ma abbiamo introdotto una misura, quella della revisione per le fonti rinnovabili, al 2014, che nessuno aveva individuato. Abbiamo, inoltre, chiesto tutela per le industrie manifatturiere. Credo che in quest'aula non ci sia nessuno che non ritenga giusto tutelare le aziende manifatturiere, che sono il tessuto vivo di questo Paese. Noi lo abbiamo fatto. Poi abbiamo scoperto che molti altri Paesi avevano il nostro stesso interesse a tutelare questo settore, ma noi siamo andati avanti e credo che abbiamo fatto bene. Grazie a noi il tema del carbon leakage è entrato nel negoziato, mentre all'inizio - come voi ben sapete - ne era assolutamente fuori.
Per quanto riguarda le proposte sulla governance europea, onorevole Gozi, io sto parlando di rafforzare la coesione comunitaria e lei parla di cooperazioni rafforzate. Forse andremo alle cooperazioni rafforzate e, a quel punto, dovremo dire che l'Europa è soltanto intergovernativa. Dall'Italia per il momento non partiranno proposte di cooperazioni rafforzate. Spero di poter dire che ricostituiremo un clima positivo a favore dell'azione comunitaria. Se non ci riusciremo, allora dovremo ammettere una crisi profonda del sistema comunitario e del meccanismo di operatività comunitaria.
Quello dell'European security strategy, onorevole Evangelisti, è un tema che non ho affrontato perché c'è accordo tra tutti i Paesi. È un tema che affronteremo praticamente al punto a): si tratta della revisione della strategia europea di risposta alle crisi. Ne abbiamo parlato con Javier Solana: si tratterà di un documento molto articolato di aggiornamento.
Il vero grande tema che è emerso, a proposito della crisi del Congo, riguarda il coordinamento con le Nazioni Unite. In altre parole, come coordiniamo la linea di comando di una missione europea con quella dell'ONU? Come sovrapponiamo o combiniamo la missione dell'ONU - di 17 mila caschi blu in Congo - con un'eventuale missione europea?
Ci siamo fermati all'inizio della discussione perché, purtroppo, non c'è ancora uno strumento forte di coordinamento tra gli interventi di sicurezza umanitaria dell'ONU e quelli dell'Unione europea.
Questo è uno dei temi che lo sviluppo della nuova strategia di sicurezza dovrà affrontare. Peraltro, con riferimento all'unanimità, ora che abbiamo le linee guida tutti approvano, ma quando si deve approvare una specifica missione o uno specifico intervento l'unanimità è assolutamente difficile da raggiungere.
Onorevole Bellotti, le risorse non spese della PAC non sono risorse non spese dall'Italia. Si tratta di risorse del generale serbatoio che non sono state spese. La situazione non è imputabile a questo o quel Paese, in quanto le risorse non sono state distribuite.
Sempre su questo tema, non sono in grado di fornire una risposta all'onorevole Dozzo, non conoscendo il meccanismo di riattribuzione. Le risorse sono riattribuite al bilancio dello Stato, non con un bilancio di destinazione interno. È il bilancio dello Stato a destinare quei 600 milioni di euro ai settori prioritari. Questa, naturalmente, sarebbe una discussione interna di tipo politico, una volta decisa la riassegnazione.
Qualcuno ha affermato di non apprezzare la riassegnazione nazionale. Non piace nemmeno a me. Ieri ho proposto di


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scegliere un settore sul quale, però, non ci sia l'interesse di cinque Paesi su ventisette, ma di venticinque su ventisette. Se finanziamo un settore che riguarda solo quattro Paesi, a quel punto sinceramente anche io mi permetto di proporre che il denaro non speso ritorni nei Paesi di destinazione.
Infine, onorevole Bellotti, i criteri di Basilea 2 sono stati decisi a livello internazionale. Saranno, dunque, gli organismi bancari e interbancari internazionali a valutare gli effetti di cui lei ha parlato. Anche io sono consapevole del fatto che potrebbero esserci dei criteri applicativi pericolosi. Si potrebbe aprire una discussione sull'eventuale sospensione dell'entrata in vigore, ma non sulla rinegoziazione. Credo che questo tema non sia mai stato affrontato.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Frattini.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,25.

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