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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione V
6.
Martedì 24 luglio 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Stefano Scalera, in merito all'impatto sulla finanza pubblica e ai profili di carattere economico e finanziario del programma di dismissione di immobili pubblici finalizzato alla riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento): ... 3

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 6 7 9 10
Baretta Pier Paolo (PD) ... 7 9 10
Causi Marco (PD) ... 7 10
La Malfa Giorgio (Misto-LD-MAIE) ... 9
Nannicini Rolando (PD) ... 6
Scalera Stefano, Direttore dell'Agenzia del demanio ... 3 7 9 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE V
BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 24 luglio 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 13.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Stefano Scalera, in merito all'impatto sulla finanza pubblica e ai profili di carattere economico e finanziario del programma di dismissione di immobili pubblici finalizzato alla riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Direttore dell'Agenzia del demanio, Stefano Scalera, in merito all'impatto sulla finanza pubblica e ai profili di carattere economico e finanziario del programma di dismissione di immobili pubblici finalizzato alla riduzione del rapporto tra debito pubblico e prodotto interno lordo.
Sono, inoltre, presenti, sempre in rappresentanza dell'Agenzia del demanio, l'avvocato Stefano Mantella, la dottoressa Alessandra Manente Comunale e la dottoressa Silvana Masella, che ringrazio per essere intervenuti. La trattazione del tema delle dismissioni è stata sollecitata da alcuni colleghi, anche a seguito delle dichiarazioni del Ministro dell'economia e delle finanze e considerato il particolare momento che stiamo vivendo.
Do ora la parola al dottor Scalera per lo svolgimento della relazione.

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Ringrazio il presidente e la Commissione per questa opportunità. Tenterò di inquadrare l'argomento dal punto di vista dell'Agenzia del demanio, che è quello della gestione degli immobili da parte dello Stato.
Con gli articoli 33 e 33-bis del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, è stato creato un meccanismo nuovo e importante per la trasformazione degli immobili pubblici di proprietà dello Stato, degli enti territoriali e delle società collegate allo Stato e agli enti territoriali in beni che possano avere un proprio sviluppo sul mercato.
Questo meccanismo mira a una trasformazione innanzitutto urbanistica del bene. Fintanto che il bene, sia esso una caserma o un ufficio pubblico, è nella disponibilità dello Stato, questo ha una sua destinazione specifica, che dal punto di vista urbanistico deve essere ridefinita con la collaborazione o, per meglio dire, sotto la direzione dell'ente territoriale e del comune in particolare. I citati articoli 33 e 33-bis del decreto-legge n. 98 del 2011 fissano tempi e strumenti tali per cui questa trasformazione sia rispettosa delle competenze costituzionalmente garantite agli enti territoriali, ma segua una procedura definita.
Questo meccanismo accresce l'efficienza del processo di sviluppo, perché prevede risorse economiche per le trasformazioni edilizie. L'edificio pubblico, sia esso ufficio o caserma - così come è -, anche qualora avesse avuto una destinazione urbanistica diversa, ha necessità di


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lavori all'interno per poter essere utilizzato. In questa fase di mercato - che ormai perdura da molto tempo - è difficile trovare le risorse necessarie per effettuare tali trasformazioni. L'articolo 33 provvede anche alle capital expenditure (Capex), cioè alle spese per gli investimenti necessari a una prima trasformazione dell'immobile.
Questo meccanismo si aggiunge a quelli esistenti, come la concessione ordinaria di valorizzazione o la semplice vendita, ma è un meccanismo ripetuto, che continua nel tempo e aiuta il settore pubblico ad attribuire ai propri immobili una destinazione per il mercato.
Le norme, che sono state approntate già nell'estate dello scorso anno e poi completate nel mese di dicembre, fino ad approdare nel decreto-legge 27 giugno 2012, n. 87, attualmente in discussione in Parlamento, riguardano sia gli immobili dello Stato sia gli immobili degli enti territoriali sia gli immobili che appartengono a società partecipate dai suddetti enti. Nell'ambito della rispettiva autonomia, anche le singole società possono, quindi, partecipare all'iniziativa.
Quest'ultimo è un aspetto importante, perché molto spesso nel processo di definizione urbanistica degli immobili entravano diversi attori pubblici in modo non coordinato, creando in capo al comune un problema di gestione delle enormi cubature che entravano nel mercato. Basti pensare agli immobili della Difesa o ai grandi riassetti dei nodi ferroviari. In entrambi i casi, sono stati rimessi in discussione, nell'ambito del territorio comunale, molti immobili ed è importante che il comune sappia cosa ha a disposizione per definire lo strumento urbanistico.
Queste operazioni sono dette a valore aggiunto. Non si tratta cioè di operazioni di sale and lease back, ma di operazioni che hanno a oggetto immobili non utilizzati o che non possono essere utilizzati per i piani di razionalizzazione. Riguardano immobili che, ad esempio, non possono essere utilizzati per uffici pubblici in relazione alla riduzione degli affitti passivi oppure utilizzati nelle permute, altro strumento importante che è stato messo a disposizione dall'Agenzia del demanio - ad aprile scorso - per ridurre le locazioni passive. Si tratta, quindi, di immobili che hanno la vocazione a essere sviluppati nel senso economico e commerciale del termine.
La normativa prevede anche due importanti forme di tutela. La prima è riferita al fatto che l'apporto al fondo avviene solo quando il comune ha definito il percorso di valorizzazione urbanistica. In altre parole, una caserma non entra nel fondo così com'è, ma solo dopo che il comune ha stabilito che cosa potrà diventare e quale sarà il suo destino commerciale. La seconda tutela - finalizzata a preservare il valore dell'immobile - prevede che l'ente territoriale e lo Stato non possano alienare la maggioranza delle quote ricevute in cambio dell'apporto del fondo, se non a conclusione del processo di valorizzazione.
Vorrei entrare nei particolari del meccanismo, perché esso prevede tre macro-categorie di fondi. Il primo tipo è definito «fondo dei fondi», perché è dotato di liquidità che investe in altri fondi. C'è, poi, un fondo per lo sviluppo degli immobili pubblici, siano essi dello Stato, degli enti territoriali o delle società controllate. Infine, ci sono una serie di fondi dedicati agli immobili dismessi dalla Difesa. Queste tre categorie sono tutte disciplinate dall'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011, che dal luglio scorso a oggi è stato emendato.
Complementare al sistema, come ho detto all'inizio, è l'articolo 33-bis del medesimo decreto-legge, perché il legislatore nel cosiddetto decreto «salva Italia», il decreto-legge 6 dicembre 2011, n. 201, all'articolo 27, comma 1, ha attribuito all'Agenzia del demanio il compito di sostenere la promozione dei processi di formazione di questi strumenti di sviluppo, a beneficio degli enti territoriali che ne facciano richiesta e li ritengano necessari. Si tratta, quindi, di un'attività non imposta, ma eseguita su richiesta degli enti territoriali e a carico dell'Agenzia del demanio,


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finalizzata ad accompagnare l'ente territoriale in un percorso di valorizzazione, definizione del portafoglio di gestione ed anche alienazione.
Siccome gli strumenti sono complessi, a maggio scorso abbiamo predisposto un vademecum, disponibile sul sito dell'Agenzia. Si tratta di una guida esplicativa che ripercorre gli strumenti disponibili al mese di maggio ed è stata redatta insieme ad ANCI, Cassa depositi e prestiti, all'organizzazione no profit «Urban Land Institute», ad Assoimmobiliare e ANCE. L'obiettivo è quello di spiegare le singole norme in modo che per gli enti territoriali sia facile seguire la procedura ed eventualmente attivarla, con o senza l'ausilio dell'Agenzia del demanio.
Il fondo dei fondi è il primo strumento a essere stato concepito ed è disciplinato all'articolo 33, comma 1, del decreto-legge n. 98 del 2011. La liquidità in suo possesso deve essere messa a disposizione di progetti di sviluppo locale, basati sugli immobili di proprietà degli enti territoriali. Se un comune avviasse un'operazione di sviluppo immobiliare e questa fosse compatibile - in termini di orizzonte temporale di riferimento - con quanto dovrà realizzarsi con questo fondo, questo comune potrebbe beneficiare di un investimento da parte del fondo dei fondi.
Se un edificio sede di un municipio, ad esempio, dovesse essere trasformato - da un punto di vista non urbanistico, perché le leve urbanistiche sono già in mano al comune, ma economico - nella sede di una multinazionale e necessitasse di lavori di adeguamento, si porrebbe un problema di finanziamento. Se una simile operazione avesse senso economico, il fondo dei fondi attuerebbe l'investimento, dando modo di sviluppare questa iniziativa locale.
Il tema è importante. Ogni immobile ha un suo destino ed è sostenibile per sé. L'investimento del fondo dei fondi è basato sulla sostenibilità e sulla ragionevolezza economica dell'iniziativa locale. In questo caso, il compito dell'Agenzia del demanio, se c'è la volontà dell'ente territoriale, è quello di accompagnare il percorso di valorizzazione o costituzione del fondo o di un'altra iniziativa idonea allo sviluppo territoriale.
Il secondo strumento - introdotto più di recente nella normativa che si sta discutendo in queste ore - è il fondo che noi denominiamo, per semplicità, «fondo per lo sviluppo degli immobili pubblici», ancora una volta ricomprendendo gli immobili dello Stato e gli immobili degli enti territoriali. L'idea è quella di fornire un contenitore nel quale diversi soggetti possano conferire, in modo sinergico, i propri patrimoni immobiliari a fini di sviluppo. Lo Stato, un ente territoriale o una società dello Stato o dell'ente territoriale potranno unire parte del proprio portafoglio immobiliare e conferirla al fondo, perché diventi oggetto di un'operazione di sviluppo territoriale.
Questo veicolo offre agli enti territoriali una possibilità di anticipare in parte il valore dei cespiti. Il testo del decreto che è stato presentato in Parlamento prevedeva una quota del 25 per cento, per così dire, di acconto rispetto al valore complessivo del bene conferito. In sede parlamentare si sta proponendo, invece, un anticipo del 30 per cento. Ciò significa che all'ente apportante verrà riconosciuto, in contanti, il 30 per cento del valore del bene conferito al fondo. Come detto, il restante 70 per cento sarà corrisposto all'ente in titoli e strumenti finanziari, che potranno essere venduti soltanto quando la valorizzazione sarà completata per non disperdere il valore del progetto di sviluppo.
Tale strumento è importante affinché il portafoglio immobiliare abbia una logica sia territoriale sia vocazionale. Si evita, cioè, che diversi soggetti pubblici propongano allo stesso ente territoriale il proprio bene con la stessa destinazione. Per il comune, nella pianificazione urbanistica è importante avere davanti a sé un plastico che mostri i pezzi in gioco, così che possa definire in modo più corretto la destinazione urbanistica di interesse.
Non tutte le destinazioni urbanistiche, però, sono oggetto di valorizzazione e, quindi, non tutti i beni potranno essere


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apportati ai fondi. Il primo compito dell'Agenzia del demanio è quello di conferire gli immobili dello Stato. In questo senso abbiamo identificato 350 beni che, progressivamente, saranno conferiti a questi fondi immobiliari e abbiamo già attivato le azioni necessarie per le opportune verifiche di mercato, prima del conferimento. Spetta, inoltre, all'Agenzia sollecitare l'adesione a questo percorso dei comuni, delle regioni, delle province e di tutte le società interessate dall'articolo 33 del decreto-legge n. 98 del 2011.
La terza categoria di fondi riguarda gli immobili che saranno dismessi dalla Difesa. L'articolo 33, comma 8-quater del suddetto decreto-legge prevede un processo di dismissione specifico, con l'individuazione, a cura del Ministero della difesa, sentita l'Agenzia del demanio, dei beni che non sono più utilizzabili per la difesa del territorio. Il compito è qui ben più complesso, perché questi beni vanno, innanzitutto, presi in consistenza e assunti al catasto e alle schede patrimoniali dello Stato. Occorre, poi, svolgere un'analisi preliminare di valorizzazione, in quanto non tutti i cespiti dismessi dalla Difesa potranno essere valorizzati. Quelli che possono essere valorizzati saranno conferiti - per conto del Ministero della difesa - al fondo immobiliare. Gli altri saranno avviati alla gestione ordinaria degli immobili, mediante concessioni, permute, utilizzi da parte dei comuni e così via.
Io mi fermerei qui per lasciare spazio a eventuali domande, che forse sono più utili per l'attività conoscitiva.

PRESIDENTE. Ringrazio il dottor Scalera e do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ROLANDO NANNICINI. Ringrazio il direttore Scalera. Quando si impostò quello che sarebbe diventato il decreto legislativo 28 giugno 2010, n. 85, sul cosiddetto federalismo demaniale, discutemmo di tale aspetto e facemmo molte osservazioni. La valorizzazione sembra un po' burocratizzata. Sarebbe, cioè, opportuno che la conferenza dei servizi, che è prevista dalla legislazione nazionale e riunisce il comune, la provincia, la regione e l'Agenzia del demanio, effettui un'analisi tecnica e poi approvi gli elementi da valorizzare, essenzialmente nell'ambito dei beni della Difesa, visto che per gli altri patrimoni l'iter è già in moto.
Ci scontriamo, però, con la situazione del mercato immobiliare. In questa fase possiamo accelerare quanto vogliamo le procedure, ma - ad esclusione delle grandi aree metropolitane, dove vengono collocati anche immobili di pregio a prezzi abbastanza adeguati - per una parte del territorio l'inserimento nel mercato è molto difficile. La procedura dei fondi deve essere, quindi, la più veloce possibile e la meno stancante da un punto di vista burocratico. Quello che ci farà fallire e che ha sempre fallito è la burocrazia legata a questi beni in termini, ad esempio, di accertamento su chi siano i proprietari e sulla possibilità di utilizzo dei beni. Io non ho grande fiducia in questa operazione, perché sarà necessario superare l'elemento burocratico.
Vorrei citare due dati: 700 milioni di euro all'anno di affitti passivi e 136 milioni di euro di entrate per lo Stato derivanti dalle concessioni a privati. Le coste e gli altri beni demaniali hanno scarsa redditività, ma non voglio aprire un capitolo su questo. Molti privati cominciano, per esempio, a incentivare il recupero del bosco e del sottobosco per produrre biomassa da cui ricavare energie alternative, ma non ho mai visto una stima del demanio forestale presente nel nostro territorio.
La logica dei fondi è giusta, anche se io, personalmente, la sento burocratizzata e difficile per il settore, ma, forse, occorrerebbero più movimento e attenzione intorno al grande patrimonio pubblico italiano. Stiamo dando la sensazione di essere immobili: le varie società per la cartolarizzazione SCIP 1, SCIP 2 e così via non hanno, di fatto, mai rappresentato la nostra reale dimensione.
Lei ha illustrato gli articoli 33 e 33-bis del citato decreto n. 98 del 2011, che nascono


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anche da una vostra elaborazione. Potreste fare uno sforzo aggiuntivo, eseguendo una verifica puntuale del patrimonio o facendo un campione dei beni? Non siamo ancora in grado di sapere se queste procedure avranno efficacia sia per il mercato sia per i risultati. Si potrebbe fare una ricerca statistica ex ante o ex post nonché accelerare, se possibile, questo rapporto concernente la riqualificazione degli immobili.
Non ci sono solo gli immobili. Le proprietà pubbliche sono tante. Lei pensa che solo questa iniziativa del decreto cosiddetto «salva Italia», modificata dal decreto-legge 6 luglio 2012, n. 95, possa dare risultati o ci sarebbe bisogno di fare uno sforzo maggiore, anche dal punto di vista della vostra elaborazione? Poiché la gestione spetta a voi e ne sapete più di noi, vi chiediamo uno sforzo di fantasia aggiuntivo.
Questi meccanismi stancano e di grandi risultati non se ne vedono.

PIER PAOLO BARETTA. Ringrazio il dottor Scalera per la relazione. Questa discussione è benvenuta nell'agenda dell'attività politica. Attribuisco una certa importanza a questo itinerario, tenendo conto del quadro difficile nel quale ci troviamo.
Le chiedo se è in grado, anche approssimativamente, di darci una valutazione quantitativa del valore dell'operazione che ci ha illustrato. È già possibile stimare non il valore complessivo degli immobili, ma questo particolare spaccato del patrimonio immobiliare e i tempi che ritenete realistici, tenendo anche conto della situazione generale del mercato?

MARCO CAUSI. Mi associo ai ringraziamenti al dottor Scalera.
Noi siamo interessati anche al rapporto tra questo lavoro sul patrimonio immobiliare e le possibili misure per il debito pubblico. È il filo conduttore di questa audizione. Le chiedo, sulla base della vostra conoscenza del mercato immobiliare, se è vero che, come molti analisti e commentatori hanno proposto in questi mesi, si potrebbero cercare sul mercato finanziatori che anticipino una parte consistente del ricavato che i fondi realizzeranno nei prossimi tre o cinque anni.
Considerando le proposte che circolano nel mondo accademico e scientifico e, ancora di più, l'annuncio fatto dal Ministro Grilli nella sua prima intervista, mi pare di capire che, mentre si svolge un processo di valorizzazione ordinato - sono d'accordo con lei che gli articoli 33 e 33-bis mettano ordine, prevedendo che si venda soltanto il pieno per il vuoto e solo dopo il completamento della valorizzazione e che si creino studi territoriali in modo che in ciascuna città si possa controllare l'insieme delle valorizzazioni - che durerà alcuni anni, dovremo cercare risorse sul mercato finanziario internazionale. Alcuni parlano addirittura di 300 miliardi di euro, ma mi sembra un'esagerazione.
Ho accolto con interesse l'intervista del Ministro Grilli, che ha parlato di un'operazione da 10 o 15 miliardi all'anno per cinque anni ma, secondo voi, sarebbe possibile questa finanziarizzazione, non nel senso di cartolarizzazione, ma di reperimento di soggetti pronti a investire nel fondo dei fondi o nei vari fondi che state costituendo a un tasso di rendimento non speculativo e con un obiettivo di rendimento a medio termine, anticipando una parte delle risorse?
Che dimensioni potrebbe realisticamente avere un'operazione di questo tipo?

PRESIDENTE. Do la parola al dottor Scalera per la replica.

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Proverò a rispondere a tutte le domande.
I tre punti toccati dall'onorevole Nannicini sono importanti. È stato compiuto un notevole sforzo. Queste norme, sfruttando tutti gli strumenti esistenti e, soprattutto, rispettando le competenze costituzionalmente garantite agli attori coinvolti, puntano sui tempi delle procedure e sul fatto che le conferenze di servizi devono terminare entro un certo periodo di tempo.


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Il suddetto articolo 33-bis, infatti, stabilisce che, se la procedura di individuazione non si conclude nei tempi previsti, la proposta viene considerata inattuabile. La conferenza di servizi, per come è strutturata oggi, chiede a tutti i partecipanti, ivi compreso il Ministero per i beni e le attività culturali, oltre al comune, di esprimersi entro un certo termine. Il punto è che le procedure devono essere messe alla prova dei fatti. Su questo lei ha ragione. Dovranno essere rodate, anche perché sono state introdotte a novembre dell'anno scorso. Esistono da tempo, ma in questa forma così contingentata non sono mai state utilizzate. Ciò non vuol dire che non funzioneranno. Le sperimenteremo molto volentieri già con il primo portafoglio.
Per quanto riguarda il momento del mercato, la sua analisi è corretta. In questo momento le transazioni sono molto ridotte, ma c'è forte interesse da parte di investitori nazionali e internazionali per progetti specifici ben definiti. L'interesse non è, quindi, un interesse generico.
Sul nostro sito pubblicizzeremo una parallela iniziativa di valorizzazione che riguarda un complesso importante che si trova a Peschiera del Garda. C'è un forte interesse a conoscere le potenzialità di questi tre immobili a Peschiera del Garda. Quando il progetto è ben definito ed è certo nei tempi amministrativi, gli investitori nazionali e internazionali guardano molto volentieri all'Italia. Il motivo per cui, spesso, si tengono fuori è che l'eccesso di lentezza burocratica li spaventa.
Il meccanismo che è stato messo in piedi serve ad assicurare che tutto ciò che entrerà nel fondo abbia concluso il proprio iter urbanistico e amministrativo, in modo che l'investitore sappia che non potranno intervenire blocchi a livello amministrativo. Potrebbe succedere che i lavori vadano a rilento, ma questo è un rischio di mercato. Lo spartiacque è tra rischio amministrativo - che spetta a noi, come pubblica amministrazione, gestire - e rischio di mercato, che invece è insito nel fondo e deve essere lasciato agli investitori.
Se mi consente una precisazione sulla scarsa redditività del patrimonio, lei ha ragione, ma bisogna ricordare che il patrimonio in gestione al Demanio - non tutto il patrimonio pubblico è gestito dall'Agenzia del demanio e le foreste, ad esempio, non lo sono - è disciplinato da norme dello Stato che prevedono diverse agevolazioni e concessioni. I beni sono spesso in concessione gratuita o a canone ricognitorio, quindi molto basso, perché la norma prevede, e mi pare sensato, agevolazioni a favore di associazioni, enti e così via. La scarsa redditività dipende dal fatto che il patrimonio è slegato da una logica di mercato.
Per quanto riguarda la quantificazione richiesta dall'onorevole Baretta, i 350 beni prima da me citati hanno un valore di 1,5 miliardi di euro, che, però, rappresenta un valore di libro, risultante dalla scheda dell'inventario patrimoniale. I beni storici sono rivalutati; i beni di più recente costruzione hanno, invece, una valutazione più attuale. Pertanto, questa quantificazione è composta da diversi valori. Essendo di libro, questo è un valore destinato a cambiare e ad aumentare in funzione delle destinazioni urbanistiche. Quasi il 50 per cento di questi 350 beni, grazie al rapporto con i comuni, ha già ottenuto una destinazione urbanistica - diciamo - interessante, in base alla quale non sono più definiti caserme o immobili pubblici.
A Peschiera del Garda, ad esempio, il comune ha assegnato diverse destinazioni turistico-alberghiere ai tre immobili prima citati. Questi non possono essere venduti, perché vincolati dalla sovrintendenza, ma questo non ne impedisce la valorizzazione, perché possono essere oggetto di concessione o diritti reali. I fondi immobiliari possono ricevere anche diritti reali, come il diritto di superficie, il diritto d'uso o la concessione, quindi possono ottenere anche lo sfruttamento di questo tipo di beni, che rimangono di proprietà dello Stato, ma il cui uso viene rimesso sul mercato e riattivato.
Per quanto riguarda i tempi, si tratta di un processo - come ho detto all'inizio -


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continuo. Nell'ambito del nostro portafoglio abbiamo selezionato i beni che, dal nostro punto di vista e dal punto di vista del comune, hanno quasi completato il processo di valorizzazione urbanistica e sono, quindi, pronti per essere immessi sul mercato. Pensiamo che possano essere portati sul mercato già entro quest'anno.
Come ho detto nella prima parte del mio intervento, stiamo facendo dei test sul mercato. Vengo, quindi, alla domanda dell'onorevole Causi. C'è un interesse esterno quando il prodotto è ben definito. Se il prodotto è specifico - ad esempio se si trattasse di una catena turistico-alberghiera, a cui diamo il nome di fantasia di «Dimore d'Italia» - i grossi gruppi avrebbero interesse a entrare nel mercato italiano. Il vero sforzo è quindi quello di avviare iniziative ben delineate e interessanti per gli investitori in Italia e all'estero.
La nostra idea - sulla base dell'input che abbiamo ricevuto dal Ministero - è quella di preparare una serie di operazioni. Mi sembra che il professor Grilli abbia detto nella sua intervista che non si tratta di una operazione, ma di più operazioni, e non tutte concentrate sugli immobili pubblici, per rimettere in circolazione questo patrimonio.
Il Dipartimento del tesoro del Ministero dell'economia e delle finanze ha realizzato un rendiconto a valori di mercato del patrimonio detenuto dalle amministrazioni pubbliche al 2010-2011, sulla base delle risposte fornite dal 53 per cento delle pubbliche amministrazioni a tutti i livelli di governo. Sono state comunicate 530.000 unità immobiliari per un valore compreso tra 239 e 319 miliardi di euro. Di queste, il 9 per cento appartiene alla pubblica amministrazione centrale e l'84 per cento alle amministrazioni locali.
Occorre che gli enti locali, anche con l'aiuto dell'Agenzia del demanio, definiscano la propria strategia. Così come noi stiamo riducendo le locazioni passive e stiamo cercando di razionalizzare gli spazi per liberare immobili, è auspicabile che si avvii un processo generale e coordinato. Non so dire, però, se sia possibile un'operazione da 300 miliardi di euro. Sicuramente, il mercato sarebbe spaventato da un'unica grande iniziativa da 300 miliardi.
Dal mio punto di vista e per la mia conoscenza del mercato, sarebbe più gradita una serie credibile di operazioni di massa più ridotta, disegnate nel miglior modo possibile e in grado di raggiungere l'obiettivo di attrarre investitori.

GIORGIO LA MALFA. C'è una stima del Ministero di quanto potrebbe portare nelle casse dello Stato quella parte di patrimonio?

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Una stima non c'è, perché bisognerebbe sapere quanti sono gli immobili occupati. Credo, inoltre, che sarebbe irrispettoso dal punto di vista istituzionale mettersi a fare calcoli. Diversi comuni si dicono interessati ad applicare le metodologie che utilizziamo per la pubblica amministrazione centrale, allo scopo di compattare gli spazi e liberare edifici, ma non sono in grado di fornirle una stima, se non il dato generale elaborato dal Dipartimento del tesoro.
Il valore complessivo è compreso tra 239 e 319 miliardi di euro, ma non so quanto di questo patrimonio sia liberabile o vendibile. Il dato, inoltre, corrisponde al 53 per cento delle amministrazioni pubbliche, non a tutto il loro universo.

PRESIDENTE. Il campione non sarà statisticamente significativo, perché a non aver risposto sono presumibilmente le piccole amministrazioni.

PIER PAOLO BARETTA. Mi interessa approfondire l'ultimo dato che lei ha menzionato. I 239 miliardi di euro corrispondono alle risposte al questionario o a quello che voi stimate essere il valore complessivo degli immobili?

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Si tratta del valore complessivo degli immobili detenuti dalla pubblica amministrazione, di cui l'84 per cento appartiene agli enti locali.


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PIER PAOLO BARETTA. È una stima dell'Agenzia del demanio?

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Non sono dati dell'Agenzia del demanio, ma del Dipartimento del tesoro, che ha messo a disposizione degli enti pubblici un sistema informativo attraverso il quale comunicare - per obbligo previsto dalla legge - la consistenza del patrimonio di immobili, partecipazioni e concessioni. Questo è il questionario.
Sulla base dei dati forniti dalle pubbliche amministrazioni, nel caso specifico dal 53 per cento di esse - e, come suggeriva il presidente Giorgetti, non è detto che il campione sia rappresentativo -, il Dipartimento del tesoro ha valutato un valore complessivo compreso tra 239 e 319 miliardi di euro.

PIER PAOLO BARETTA. Le cifre pari a oltre 400 miliardi di euro di cui riferiscono vari studi sono destituite di fondamento?

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Non so come siano realizzati questi studi e non le posso rispondere in maniera diretta, ma dovrebbero essere visionati dal Dipartimento del tesoro.

PIER PAOLO BARETTA. In effetti, la domanda andrebbe rivolta al Dipartimento del tesoro.

MARCO CAUSI. Vorrei chiarire questo punto. Dato che ha inserito correttamente i dati nel portale informativo solo il 53 per cento delle amministrazioni pubbliche, le risulta che il Dipartimento del tesoro abbia sommato quelle risposte oppure abbia elaborato una stima statistica riportata all'universo del 100 per cento?

STEFANO SCALERA, Direttore dell'Agenzia del demanio. Sono andati avanti con il censimento e, quindi, potrebbero avere dati più aggiornati di questi, che sono stati pubblicati nel luglio dell'anno scorso. Non credo, però, abbiano fatto una stima del totale, perché sarebbe improprio usare un campione del 53 per cento, ragionevolmente non rappresentativo. Non si può semplicemente moltiplicare per due.
Mancavano qui importanti città, come Roma, Napoli, Bari e Torino, in quanto stavano inserendo i relativi dati, e mancano quindi parti importanti del territorio nazionale. Probabilmente, ci sarà un aggiornamento che potrà fornire un quadro più preciso alla Commissione e al Parlamento.

PRESIDENTE. Ricordo che prossimamente audiremo il dottor Francesco Parlato, del Dipartimento del tesoro, che ci aggiornerà sul tema.
Ringrazio il dottor Scalera per l'esauriente relazione svolta e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,45.

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