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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(V e XIV)
6.
Mercoledì 7 settembre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, Raffaele Fitto, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Giorgetti Giancarlo, Presidente ... 3 8 12 14
Alfano Gioacchino (PdL) ... 8
D'Antoni Sergio Antonio (PD) ... 11
Fitto Raffaele, Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale ... 3 12
Gozi Sandro (PD) ... 10
Occhiuto Roberto (UdCpTP) ... 9
Pescante Mario, Presidente della XIV Commissione ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONI RIUNITE
V (BILANCIO, TESORO E PROGRAMMAZIONE) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 7 settembre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA V COMMISSIONE GIANCARLO GIORGETTI

La seduta comincia alle 15,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, Raffaele Fitto, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, Raffaele Fitto, sul quadro finanziario dell'Unione europea 2014-2020.
Do la parola al Ministro Fitto per lo svolgimento della relazione.

RAFFAELE FITTO, Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. Grazie, presidente. Cercherò di essere breve nel mio intervento. Per questioni di rapidità, preannunzio che depositerò, con il permesso del presidente, un intervento più dettagliato mentre nella mia esposizione seguirò uno schema un po' più rapido, riservandomi eventualmente, sia nel corso del dibattito, sia successivamente, di poter continuare a interloquire su questo tema.
Vi ringrazio per l'opportunità che mi viene data di approfondire alcuni temi cruciali per lo sviluppo del nostro Paese, soprattutto perché, come è noto, il Trattato di Lisbona ha affidato un ruolo molto più incisivo al Parlamento europeo e ai Parlamenti nazionali e, quindi, penso che sia quanto mai utile e positivo che sia in queste Commissioni sia a livello europeo ci possa essere un'azione congiunta che possa mettere in campo un interesse di carattere nazionale da tutelare e difendere in modo adeguato.
Seguendo questa linea, ho avuto l'opportunità di incontrare, nello scorso mese di luglio, tutti i parlamentari europei del nostro Paese, con i quali ho avuto un primo scambio di impressioni in merito alla proposta relativa al quadro finanziario pluriennale 2014-2020. Su tale quadro abbiamo iniziato un'interlocuzione molto utile e positiva, anche se, in questa occasione, anziché illustrare gli aspetti di carattere generale del quadro, che so essere stati già trattati dal Ministro Frattini, cercherò di entrare più nel merito di alcune criticità e problematicità che riguardano in modo più diretto i temi collegati alle politiche di coesione e all'impatto che le politiche di coesione per il periodo 2014-2020 hanno rispetto a questi temi.
Il 29 giugno scorso è stata adottata dalla Commissione europea la proposta relativa al quadro finanziario pluriennale 2014-2020, che prevede, come è noto, un importo di 336 miliardi di euro per la coesione dei 27 Stati per il periodo 2014-2020 corrispondente al 5 per cento in meno rispetto al periodo 2007-2013. La Commissione non ha ancora reso noto quali sono i criteri posti alla base del


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riparto fra gli Stati membri dei fondi, da destinare alle diverse categorie di regioni.
In mancanza di questi elementi il nostro Paese si è riservato di esprimere in seguito un giudizio compiuto, perché evidentemente si tratta di un aspetto decisivo. Una premessa di carattere generale è quella che noi non possiamo in alcun modo accettare una proposta che penalizzi le regioni meno sviluppate dei Paesi prosperi, essendo questa una condizione che riguarda in modo specifico il nostro Paese e soprattutto che incide in modo particolare sulle quattro regioni italiane inserite nell'obiettivo Convergenza.
Uno dei primi punti in discussione, che è stato oggetto anche del dibattito e del confronto che abbiamo tenuto, è relativo all'introduzione di una categoria intermedia di regioni. È un tema che ha attirato molta attenzione e che è oggetto anche di un confronto piuttosto aperto. In merito penso che sia opportuno svolgere una considerazione preliminare riguardo alla dimensione quantitativa del tema di cui stiamo parlando. Esso riguarda meno del 12 per cento dell'intero pacchetto in questione, cioè dei 39 miliardi di euro, e include anche il finanziamento alle regioni in uscita dall'obiettivo Convergenza. In questo caso penso che sia importante ricordare che questa categoria interesserebbe in Europa un totale di 51 regioni, con circa 72 milioni di abitanti.
Svolgo questa premessa per arrivare a uno degli aspetti che potrebbero apparire per alcuni territori italiani un elemento positivo, ma che invece vanno sottolineati. Di questi 72 milioni di abitanti 17 milioni sono in Francia, 15 milioni in Germania, 14 milioni in Spagna, 9 milioni nel Regno Unito e meno di 4 milioni in Italia. Il tema delle regioni della categoria intermedia riguarda, come è noto, l'Abruzzo, la Basilicata, il Molise e la Sardegna.
Su questo punto fino a quando non avremo un'informazione precisa e sufficiente da parte della Commissione sui criteri in base ai quali si allocheranno le risorse per tale categoria, non potremo che continuare a dichiarare quanto meno la nostra non convinzione e a manifestare le nostre perplessità. Lo scetticismo deriva dal fatto che il vantaggio potenzialmente arrecato alle quattro regioni italiane, come mostrano i numeri che ho citato, potrebbe essere abbondantemente vanificato dall'onere complessivo che l'Italia dovrebbe sostenere come Paese contribuente netto. Questo è un primo punto che voglio affrontare, perché è una questione molto importante per il nostro Paese. Evidenzio che abbiamo già avuto modo di discutere e condividere con l'intera deputazione europea del nostro Paese i temi che sto affrontando.
Un altro aspetto molto importante riguarda l'introduzione della politica di coesione quale strumento per il conseguimento degli obiettivi posti dalla strategia «Europa 2020». Ci sono alcuni aspetti di carattere generale e alcuni di carattere specifico.
L'intervento della politica di coesione, per quanto riguarda la posizione del nostro Paese, è necessario in tutte le regioni, così come è accaduto e sta accadendo nell'attuale programmazione. È un aspetto molto importante, anche nelle regioni più sviluppate, per accompagnare i processi più importanti di adeguamento alle nuove sfide globali e soprattutto per potenziare il contributo che noi stiamo portando avanti rispetto al conseguimento degli obiettivi indicati all'interno della strategia «Europa 2020».
Per quanto ci riguarda, l'impianto sul quale ci stiamo confrontando a livello europeo appare debole e insoddisfacente, perché le regole delineate dalla proposta presentata riprendono in modo inadeguato alcuni elementi di riforma, che sono quelli della concentrazione, dell'orientamento ai risultati e delle adeguate condizionalità. Sono tre elementi fondamentali sui quali l'Italia ha fondato il proprio appoggio alle proposte formulate dalla Commissione nella quinta relazione sulla coesione.
In particolare, i tre elementi che non soddisfano il nostro Paese sono l'introduzione di una riserva di premialità a livello europeo, la previsione di condizionalità di tipo strutturale e la settorializzazione della


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politica di coesione. Sono queste le tre questioni sulle quali abbiamo espresso la nostra insoddisfazione.
Per quanto riguarda la riserva di premialità a livello europeo, penso che sia importante ricordare che l'Italia è stato l'unico Stato europeo che ha applicato una riserva di performance con un meccanismo che stabiliva con regole chiare come assegnare tale premialità e, quindi, possiamo ribadire con forza e consapevolezza la contrarietà all'introduzione di una riserva di performance a livello europeo, sapendo che è assai difficile individuare criteri e indicatori di riferimento che siano validi in modo uguale per tutti gli Stati membri.
Il secondo motivo di insoddisfazione è relativo alla previsione di condizionalità di tipo strutturale. Tale sistema mette insieme le condizionalità ex ante, che sono strettamente legate all'efficacia degli investimenti, di cui l'Italia è convinta sostenitrice, con le condizionalità ex post, che sono quelle di tipo macroeconomico legate al rispetto degli impegni assunti con il patto di stabilità e crescita e al rafforzamento del coordinamento della governance economica. Sono criteri importanti, ma estranei alla politica di coesione.
Il nuovo quadro finanziario pluriennale, e questo è un tema che vorrei richiamare, è stato oggetto di una discussione che anche quest'estate si è sviluppata sulla base di una posizione espressa dalla Francia e dalla Germania rispetto ai temi della politica di coesione e a eventuali modifiche in questa direzione, ossia a penalità che potrebbero e dovrebbero essere introdotte, con una posizione unilaterale che è stata oggetto appunto della discussione che quest'estate ci ha visto interloquire e dibattere su aspetti importanti e fondamentali.
Il nuovo quadro finanziario pluriennale introduce anche un nuovo strumento, il Fondo per la connettività - in inglese Connecting Europe Facility - , che può disporre di 10 miliardi di euro di fondi strutturali in aggiunta ai 40 miliardi di euro propri del Fondo. L'elenco indicativo dei progetti che possono essere finanziati con tali risorse, però, non riflette le proposte presentate dall'Italia ed esclude alcuni terminali dei corridoi di trasporto, mentre la carenza di indicazioni sui criteri di allocazione delle risorse tra i Paesi e tra i progetti non consente di confidare nell'ottenimento per l'Italia delle risorse necessarie alla realizzazione dei progetti prioritari per lo sviluppo regionale.
Il terzo punto di insoddisfazione è quello relativo alla settorializzazione della politica di coesione. Il rafforzamento strategico è senza dubbio un elemento positivo della proposta della Commissione, ma vi è un'indicazione molto ambigua a riportare il Fondo europeo agricolo per lo sviluppo rurale nell'ambito della programmazione integrata della politica regionale. Emerge, cioè, in diverse parti della proposta della Commissione, una tendenza alla settorializzazione nella politica di coesione. Tutto ciò, per quanto ci riguarda, è molto preoccupante, perché la politica di coesione non può essere confusa con uno strumento di puro sostegno finanziario al servizio delle politiche settoriali.
Illustrerei adesso rapidamente la posizione italiana nel complesso del quadro negoziale che si sta delineando. Noi siamo in una situazione di oggettivo isolamento in questo quadro, perché siamo l'unico Paese contribuente netto che mantiene un forte interesse alla politica di coesione. È una caratteristica che sicuramente pone un problema di impostazione poiché la nostra posizione rispetto a questo tema non trova un sostegno più ampio.
Come ricordavo in premessa e voglio ribadire anche in questa circostanza, è questo il motivo per cui ho colto immediatamente l'invito delle Commissioni: è molto importante, e ne abbiamo discusso trovando grande attenzione e disponibilità da parte dell'intera deputazione italiana al Parlamento europeo. Peraltro, anche in un incontro tenuto precedentemente presso la Presidenza della Repubblica con tutta la rappresentanza delle diverse delegazioni italiane al Parlamento europeo sono scaturiti alcuni elementi altrettanto importanti, volti a consolidare la visione unitaria nelle rivendicazioni e nella difesa di alcuni punti ai quali ho fatto riferimento.


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In questo senso è essenziale che ci sia una collaborazione piena con il Parlamento e con il Governo, condividendo questi obiettivi negoziali e difendendoli senza incertezze e ambiguità. Poiché stiamo entrando nella fase negoziale finale, penso che sia altrettanto importante che ci sia un'impostazione di fondo che possa essere, nell'ambito dell'interesse europeo e italiano, collegata allo sviluppo delle regioni europee e italiane.
L'Italia sostiene un bilancio dell'Unione europea all'altezza delle ambizioni dell'Unione stessa, tenendo conto della contingenza economica e degli stringenti vincoli di bilancio che pesano sugli Stati membri. Per il prossimo ciclo finanziario l'Italia deve innanzitutto ottenere che si riduca significativamente il proprio saldo netto, fortemente negativo e non sostenibile nell'attuale situazione economica del Paese. Occorre conciliare - svolgo una considerazione che potrebbe aprire un dibattito specifico lunghissimo - rigore e sviluppo, ma, se parliamo di politiche di coesione, evidentemente la parte dello sviluppo è fondamentale, ragion per cui ho fatto riferimento anche al dibattito che si è aperto quest'estate sulla posizione della Francia e della Germania.
Bisogna portare avanti una politica di coesione nella quale il nostro Paese resti uno dei principali beneficiari anche nel prossimo periodo di programmazione, per la peculiarità alla quale ho fatto cenno poco fa. Su questo punto, come è stato già più volte ribadito dal Ministro Frattini, resta una priorità assoluta la difesa della politica di coesione ed è fondamentale il mantenimento di questo impianto.
La politica di coesione mette a disposizione dell'Italia risorse certe e destinate agli investimenti per lo sviluppo, che sono fondamentali in uno scenario così complesso. Ne scaturisce in merito un tema che è oggetto di discussione e che io non voglio in alcun modo evitare di affrontare, ma che dovrebbe far parte di una discussione sia quando rivendichiamo la quantità e la difesa delle risorse, sia quando ne parliamo in termini di efficacia dei risultati. È una discussione collegata a una serie di critiche piuttosto note ed evidenti sull'efficacia dei risultati di queste politiche nel nostro Paese, soprattutto nelle regioni che ne hanno maggiormente beneficiato negli ultimi anni. È evidente che è un argomento fondamentale.
Non voglio ripetermi, perché questo tema è stato oggetto già di altra audizione, sulle azioni che abbiamo portato avanti. L'elemento innovativo che voglio sottolineare, però, richiamando lo spirito di collaborazione al quale ho fatto cenno prima e che forse era assente nel momento in cui ho partecipato ad un'altra audizione sulla fase di attuazione e di avanzamento dell'attuale programmazione, è costituito dal fatto che ciò che poteva essere rappresentato come un auspicio in quella circostanza oggi è un dato concreto, ossia la piena collaborazione che il Governo e, in particolare, il Dipartimento per lo sviluppo e la coesione economica del Ministero dello sviluppo economico hanno attivato in modo diretto con le regioni.
Come è noto, i provvedimenti varati in questo periodo sono condivisi in perfetta sintonia fra il Governo e le regioni interessate. Abbiamo messo in campo, sia per la quota nazionale del Fondo per le aree sottoutilizzate, sia per la quota europea, meccanismi stringenti.
Per quanto riguarda la parte delle risorse europee, mi piace ricordare che abbiamo indicato alcuni obiettivi nell'ambito di alcune delibere CIPE che stanno producendo i loro risultati. Penso a quello relativo all'obbligo dell'impegnabilità del 100 per cento delle risorse dell'attuale programmazione entro maggio, impegno mantenuto, e a quello della spesa di una parte importante delle risorse entro il 31 ottobre di quest'anno, pena la revoca di questi finanziamenti, per giocare la partita del risultato della spesa al 31 dicembre di quest'anno, che è la partita più importante.
Non mi dilungo su questo punto, perché ne abbiamo già parlato in altre circostanze, ma lo richiamo, perché l'elemento di miglioramento che noi abbiamo


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posto in essere è un obiettivo fondamentale per rendere credibile il percorso che stiamo portando avanti.
Lo voglio ripetere anche in questa circostanza, ma è evidente che si tratta di un elemento fondamentale: perderemmo credibilità nelle rivendicazioni che ho prima citato, indicandone anche le criticità, se, mentre ci avviamo alla fase di definizione dei criteri e degli obiettivi della politica di coesione per i prossimi anni, ci trovassimo a dover perdere le risorse nell'attuale programmazione. I due aspetti risulterebbero in contrasto evidente e non ci consentirebbero di rappresentare in modo efficace la posizione che ho citato e che rappresenta, per quanto ci riguarda, una peculiarità tutta italiana, che non è semplice difendere.
Il lavoro che è stato posto in essere ci ha permesso, e lo voglio sottolineare, perché è molto importante, di individuare elementi di collaborazione con la Commissione europea. La fase alla quale ho fatto rapidamente cenno ha trovato una coesione istituzionale molto importante dal basso e dall'alto.
Le posizioni che noi abbiamo portato avanti hanno visto una piena condivisione tanto della Commissione europea, del Commissario europeo alla politica regionale, Johannes Hahn, in modo particolare, quanto delle regioni. Il percorso attivato rende il meccanismo molto credibile, perché gli obiettivi che ci stiamo ponendo in questa fase e su questa programmazione sono propedeutici sia per la fase di trattativa e di discussione in atto, sia, soprattutto, perché ci consentono di poter mettere in campo un meccanismo nuovo, che ho richiamato citando le delibere CIPE, ma che voglio anche richiamare sotto un altro aspetto; è un modello nuovo che abbiamo immaginato anche all'interno dei decreti legislativi attuativi della legge n. 42 del 2009 in materia di federalismo fiscale, un modello che è stato approvato e condiviso in un percorso, come ricordavo, d'intesa con le regioni.
L'attuale fase di discussione, alla quale sto facendo rapidamente cenno, è una fase che stiamo continuando a condividere con tutte le regioni; penso sia un elemento molto importante, che potrebbe, secondo il mio punto di vista, rivelarsi fondamentale.
Se noi abbiamo una posizione unica e unitaria che guardi con attenzione all'obiettivo di allontanare i rischi per il nostro Paese e affermi con forza gli elementi propositivi che servono all'Italia, e se tale posizione è condivisa dalla delegazione dei nostri parlamentari europei, dal Parlamento nazionale e dalle regioni, abbiamo la possibilità di rappresentare con forza e con una visione unitaria elementi che possono essere decisivi in questa fase. Troppo spesso si guarda all'interesse specifico diretto, ma si perde la visione di interesse generale.
Prima ho fatto cenno ad alcuni dati sul tema dell'introduzione delle regioni di categoria intermedia; voglio evidenziare che tale tema è uno degli elementi che apparirebbero in condizione di dividere un po' il fronte del nostro Paese, perché potrebbe mettere in movimento quattro regioni del nostro Paese che rappresentano 4 milioni di abitanti, spingendo il sistema Paese all'interno di un meccanismo nel quale il risultato sarebbe nettamente negativo dal punto di vista del saldo complessivo. Su questo punto penso che sia molto importante aver trovato una condivisione, per esempio, con la delegazione italiana al Parlamento europeo, che comprende anche rappresentanti di queste regioni. È un salto di qualità, un passo in avanti molto importante, perché ci consente di avere una visione d'insieme.
Voglio ritornare rapidamente, avviandomi alla conclusione, sul tema delle condizionalità, uno dei passaggi cruciali sul negoziato della politica di coesione. Ciò ci consente di poter ribadire alcune posizioni del nostro Governo, che sono collegate al tema specifico delle condizionalità ex ante, perché sono obiettivi che ci assicurano dall'inizio della programmazione il massimo dell'efficacia degli investimenti. È un tema che noi ritroviamo come elemento di criticità nei risultati che finora hanno caratterizzato le politiche di coesione nel nostro Paese: porsi in modo strategico e complessivo il tema della condizionalità ex


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ante, quindi dal punto di vista del processo programmatorio, ci consente di poter raggiungere, relativamente ad alcuni settori fondamentali, risultati che garantiscano l'utilizzo di queste risorse in modo molto più efficace.
Il tema è quello della concentrazione delle risorse per evitare una dispersione in mille rivoli di spesa, un tema che purtroppo ha rappresentato fino a oggi un meccanismo problematico, che, da una parte, mette in campo una corsa verso la rendicontazione effettuata con ritardo e con obiettivi non certamente positivi e, dall'altra, ci fa perdere di vista i grandi obiettivi strategici che dovrebbero essere fondamentali per i territori interessati.
Voglio tornare su questi aspetti, perché c'è un'insistenza, come ho richiamato prima, da parte della Commissione e anche da parte di alcuni Stati membri per l'introduzione di condizionalità di diversa natura.
Un aspetto, in particolare, è legato al tema del patto di stabilità che per noi già oggi comporta una difficoltà non di poco conto, laddove la parte di risorse comunitarie è esclusa dal calcolo del patto di stabilità, mentre la parte di risorse a titolo di cofinanziamento non lo è, il che pone un problema.
Se oggi dovessimo confrontarci sulle proposte di condizionalità di diversa natura che si legano per la futura programmazione al rispetto del patto di stabilità e alle proposte alle quali ho fatto riferimento prima e che noi abbiamo garbatamente ma decisamente respinto - ossia quelle di Germania e Francia, che proprio quest'estate hanno indirizzato una lettera al presidente del Consiglio europeo nella quale propongono pesanti sanzioni a danno della politica di coesione per i Paesi che non rispettino il patto di stabilità - noteremmo che tali proposte sembrano costituire un vestito cucito su misura per il nostro Paese, che non può che essere da noi respinto con decisione e con forza. Non siamo in alcun modo disponibili a condividere un percorso di questo tipo.
Come ricordavo, sono state espresse con forza le nostre contrarietà, ma questo è un punto che va ribadito con forza e portato avanti, perché è evidente che questa proposta sarà sostenuta da chi ha un interesse nettamente inferiore sui temi della politica di coesione.
Non aggiungerei altro - come ho detto - poiché metto a disposizione delle Commissioni un documento più dettagliato, che può essere oggetto anche di un confronto ulteriore rispetto a questi argomenti, e solleciterei, come affermavo all'inizio e anche nel corso del mio intervento, la necessità che sui temi indicati, sui criteri di riparto dei fondi, sulle forti criticità, sulla peculiarità del nostro Paese e sulle proposte che ultimamente vengono avanzate da alcuni Paesi, ci sia una posizione compatta.
Il lavoro che nelle Commissioni e in Aula si può svolgere su tali temi può essere raccordato con quello svolto dalla deputazione italiana al Parlamento europeo, con la quale ho stabilito un percorso di confronto costante. Ci rivedremo a breve per verificare nuovamente lo stato d'avanzamento, dal momento che il Trattato di Lisbona assegna ai Parlamenti in questa direzione un ruolo maggiore, che dobbiamo utilizzare al meglio, perché, se riusciamo a mettere in campo posizioni unitarie da parte del nostro Paese, ne trarremo certamente un beneficio.
È chiaro che questo elemento - importantissimo per il nostro Paese - si inserisce nella riflessione molto più ampia sulla trattativa complessiva che il Governo sta portando avanti sulla quale, come ricordavo, il Ministro Frattini ha avuto già modo di relazionare. In merito ci saranno poi sicuramente occasioni, nel corso dell'evoluzione di questa fase, per rivederci e confrontarci direttamente anche sui temi specifici.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Fitto. Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

GIOACCHINO ALFANO. Grazie, presidente. Voglio solo ringraziare, perché non voglio togliere tempo all'opposizione, in


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quanto credo che rispetto a noi della maggioranza sia più giusto che siano loro a interloquire con il Ministro e con i presidenti delle Commissioni.
Volevo ringraziare non solo per quanto è stato riferito in generale su questa materia, ma anche per aver mantenuto un impegno assunto prima dell'estate. Io e l'onorevole Vaccaro avevamo presentato la risoluzione in Commissione 7-00667 in materia di strumenti di programmazione delle politiche dell'Unione europea, però avevo già riferito in occasione dell'esame della stessa da parte della Commissione bilancio, che essa era il frutto di un dibattito che coinvolgeva molti altri parlamentari. Inizialmente, avevamo ipotizzato la presentazione di un ordine del giorno riferito alla legge comunitaria 2010 e molti deputati delle diverse forze politiche si erano dichiarati interessati a sottoscriverlo.
Eravamo in imbarazzo perché, nel chiudere i lavori alla Camera, il Ministro chiedeva di rinviare l'approvazione della risoluzione, dichiarandosi disponibile a valutare la sua iscrizione nell'ordine del giorno dei lavori dell'Assemblea per approvarla. Oggi affrontiamo di nuovo questi temi e quindi credo che, in un momento così difficile, pur avendo tale risoluzione contenuti che possono essere per alcuni sufficienti e per altri insufficienti, il Parlamento abbia bisogno di questi segnali. Ci tenevo, perciò, a ringraziare il Ministro personalmente e come capogruppo del PdL.

ROBERTO OCCHIUTO. Anch'io ringrazio il Ministro, che su questi temi ha sempre dimostrato disponibilità e sensibilità, intervenendo nelle Commissioni ogni volta in cui abbiamo richiesto la sua presenza.
Sono contento del fatto che lui ravvisi poche preoccupazioni in ordine al rischio di disimpegno delle risorse nelle regioni incluse nell'obiettivo Convergenza, così come del fatto che abbia evidenziato che occorre contrastare fortemente il pensiero che sta sviluppandosi un Europa in ordine alla possibilità di penalizzare, nel riparto delle risorse legate alla coesione, i Paesi che non raggiungono l'equilibrio di bilancio.
Proprio su questo punto, però, mi risulta che al Senato, in occasione della discussione svolta sulla manovra correttiva contenuta nel decreto-legge n. 138 del 2011, ci siano state proposte emendative che andavano nella direzione di recepire quanto contenuto già nella risoluzione a prima firma Gioacchino Alfano discussa nella Commissione bilancio, al fine di escludere dal computo delle risorse per il patto di stabilità interno la quota di cofinanziamento.
Noi riteniamo che, trovando magari una copertura finanziaria, per esempio nel Fondo per gli interventi strutturali di politica economica, questo sarebbe stato un modo anche per dare sostegno e forza a una battaglia utile a difendere le risorse della coesione e la loro credibilità, che deriva dal fatto di aver velocizzato il percorso di spesa di tali risorse.
Io volevo intervenire, però, oltre che per chiederle un giudizio su questa possibilità, anche per porre due brevissime domande.
Una riguarda la nuova classificazione che si vorrebbe introdurre in Europa fra le regioni. Lei ne ha fatto cenno e noi abbiamo discusso in altre occasioni, anche quando è intervenuto il Ministro Frattini, della possibilità di costituire questa nuova tipologia di regioni, che comprenda sia quelle destinatarie del regime di sostegno phasing in, sia quelle destinatarie del regime di sostegno phasing out.
Lei ci ha spiegato che sarebbe un danno per il nostro Paese in termini di saldi netti, però faceva velatamente riferimento ad alcune tensioni che pure ci sono state nell'interlocuzione con la Commissione europea derivanti dal fatto che evidentemente non tutte le regioni hanno la stessa opinione. Parrebbe che alcune regioni, forse proprio quelle che lei ha indicato e che potrebbero essere parte di questo obiettivo, abbiano espresso un'opinione diversa dinanzi alla Commissione e ciò potrebbe indebolire sicuramente la posizione del Governo, che invece ha fatto


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bene a eccepire il fatto che tale classificazione è dannosa per il nostro Paese. Le vorrei chiedere se ci sono atti ufficiali da parte di queste regioni in tale direzione.
Inoltre, dal momento che lei ha fatto più volte riferimento alla virtuosa collaborazione che il Governo - e il suo dicastero in particolare - ha posto in essere con i parlamentari europei, volevo chiederle se c'è stato lo stesso tipo di collaborazione con la Conferenza delle regioni, per capire se esiste una questione che il Governo ha affrontato insieme alla Conferenza delle regioni e se c'è una posizione unitaria della Conferenza stessa. Se non c'è, come si intende proseguire, al fine di non indebolire la posizione del Governo su questa vicenda?
L'altra domanda riguarda la riduzione dei fondi previsti nel bilancio dell'Unione europea per quelle che si definiscono le politiche di prossimità. Legato al ragionamento sullo sviluppo delle regioni incluse nell'obiettivo Convergenza c'è il problema del Mediterraneo, o meglio, l'opportunità del Mediterraneo. Mi pare che in Europa negli anni passati si sia dato per un determinato periodo di tempo grande rilievo a questa opportunità, per esempio nel Processo di Barcellona, mentre ora parrebbe che ci sia una riduzione delle risorse per le politiche di questo genere e, quindi, anche per le politiche che avvicinino il nostro Paese al Mediterraneo, facendone un'opportunità.
Poiché su questo punto non ho sentito nulla nella sua, pur puntuale, relazione, volevo capire che cosa ne pensasse.

SANDRO GOZI. Anch'io ringrazio il Ministro Fitto. Credo che uno dei punti centrali di questo negoziato rimanga ancora aperto e non sia ancora risolto. L'avevo fatto notare anche al Ministro Frattini e lo ripeto a lei, Ministro Fitto: mi sembra che l'Italia sia in una posizione negoziale molto difficile, perché occorre tenere conto delle istanze di Berlino, di Atene e di Madrid, il che è difficile.
È difficile riuscire a essere efficaci e non ne addosso certo a lei la responsabilità, però, nel momento in cui l'Italia partecipa per la prima volta in una posizione negoziale da contribuente netto - non è la prima volta che siamo contribuenti netti, perché ciò risale ai tempi del Governo Craxi, ma è la prima volta che assumiamo una posizione negoziale da contribuenti netti, per cui il nostro contributo deve diminuire e l'ammontare totale del bilancio non deve aumentare in maniera sostanziale - è difficile mantenere lo stesso livello di partecipazione italiana alla politica di coesione, quando la coesione verrà ridotta in base alle proposte attuali (vedremo poi come si svilupperà il negoziato), di circa il 20 per cento.
È questo il punto. Lei ha svolto oggi un richiamo all'efficacia della spesa, però non basta. Bisogna, a mio parere, nell'interesse nazionale, uscire da questo dilemma, perché, se il Governo rimane in questo dilemma, io temo che poi, quando arriveremo alla sede dei negoziati, non troveremo validi alleati né dal lato dei contribuenti netti, né da quello dei beneficiari della politica di coesione. È evidente che occorreranno alcuni trade-off, alcuni do ut des, come in tutti i negoziati sui quadri finanziari pluriennali e la questione continua a preoccuparmi.
Il secondo aspetto riguarda un'altra proposta, concernente il fondo denominato Connecting Europe Facility, che mi sembra un'operazione molto di facciata, molto estetica, dato che se ne parla nell'ambito della politica di coesione, ma poi questo fondo, la cui dotazione è pari a circa 40 miliardi di euro, dovrebbe finanziare progetti, come il Ministro sa, non inclusi nella programmazione dei fondi strutturali. Tale finanziamento viene, però, computato all'interno della politica di coesione.
Anche su questo punto vorrei sapere qual è la valutazione del Governo e come esso intenda procedere in merito, anche perché le indicazioni contenute nella proposta della Commissione europea per il quadro finanziario pluriennale 2014-2020, del 29 giugno 2011, per l'Italia non erano molto rassicuranti.
Come terzo punto domando, in attesa delle proposte legislative della Commissione


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per il prossimo mese di ottobre, se come Governo avete già effettuato una prima stima, applicando le proposte attuali, di quanto spetterebbe a ogni Stato in termini di obiettivi e di fondi, tenendo conto anche delle regioni in transizione. È chiaro che si potranno aspettare proposte più specifiche della Commissione, però anche questo è un dato molto utile nel negoziato con gli altri Paesi.
Mi sembra, invece, chiara, netta e, per quanto personalmente mi riguarda, condivisibile la distinzione che lei ha svolto tra il sostegno alla condizionalità ex ante e l'opposizione a quella ex post. In merito non aggiungo nulla, ma sollevo, presidente, approfittando della presenza del Ministro, un punto che è indirettamente legato al negoziato, perché riguarda l'utilizzo - del resto, anche il Ministro vi ha fatto riferimento - dei fondi che rientrano nella programmazione 2007-2013.
Signor Ministro, lei si ricorderà dell'interpellanza urgente che le ho rivolto in Aula, in cui tra, le altre questioni, vi era l'esortazione di chiedere al Commissario Johannes Hahn, in via straordinaria, visto il carattere straordinario della crisi economica, che purtroppo si è rivelato nei mesi successivi ancora più grave, di valutare una modifica delle percentuali di cofinanziamento e, quindi, la possibilità di diminuire temporaneamente per uno o due anni, per il tempo necessario a utilizzare le risorse inutilizzate, il cofinanziamento nazionale e arrivare a una percentuale non di 50 e 50, ma magari, secondo il mio esempio, di 75 e 25.
All'epoca diversi colleghi avevano sollevato dubbi sulla fattibilità di questa mia proposta. Devo sottolineare, e non mi fa piacere, che, come lei sa, la Commissione ha poi avanzato una proposta, che riguarda sei Paesi (Grecia, Irlanda, Portogallo, Romania, Lettonia e Ungheria), giustificata dal Presidente Barroso come «risposta eccezionale a circostanze eccezionali» e che consente proprio una variazione dei cofinanziamenti, cioè consente a questi Paesi di diminuire il cofinanziamento nazionale e di aumentare quello europeo per delle finalità che non sarebbero propri inutili con riferimento all'Italia, come la crescita dell'occupazione, la riqualificazione dei lavoratori, la creazione di cluster di imprese, l'investimento nelle infrastrutture di trasporto.
Le domando perché in questo elenco non figuri l'Italia e le chiedo di insistere, proprio anche attraverso la nostra delegazione nel Parlamento europeo e nel Consiglio europeo, affinché in questo elenco venga inserita anche l'Italia. Tra i Paesi che si trovano in circostanze eccezionali e che richiederebbero misure eccezionali in questa fase, oltre a quelli elencati, c'è anche il nostro.

SERGIO ANTONIO D'ANTONI. Io penso che questa sia una questione fondamentale, altrimenti rischiamo non solo di non avere il futuro, ma di perdere quello che abbiamo e, quindi, secondo me, senza questa battaglia europea noi rischiamo tanto. Chiederei, se possibile, di avere una risposta veloce, perché a breve è previsto una riunione del gruppo PD.

MARIO PESCANTE, Presidente della XIV Commissione. Anch'io la ringrazio per la sua disponibilità collaudata. Oggi ci sono stati sia un buon ritorno dalle ferie sia una buona inaugurazione dei lavori dell'Aula, con la discussione della risoluzione sugli strumenti di programmazione delle politiche dell'Unione europea poi approvata all'unanimità. Io sono il primo firmatario e, quindi, ne parlo con particolare soddisfazione, ma tengo a sottolineare che essa è stata sottoscritta da tutti i gruppi e approvata all'unanimità.
In questa risoluzione, signor Ministro, lei ha sostenuto l'inserimento di importanti indicazioni. In un apposito paragrafo del dispositivo della risoluzione viene previsto un impegno del Governo a individuare le risorse necessarie per compensare l'esclusione dei cofinanziamenti nazionali relativi ai programmi dei fondi strutturali europei dal computo del saldo finanziario in sede di applicazione delle regole del patto di stabilità interno per regioni ed enti locali per il triennio 2011-2013, anche per consentire la realizzazione


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di spese in favore degli investimenti; per sostenere in sede europea la semplificazione delle procedure relative all'utilizzo e alla rendicontazione dei fondi strutturali, la cui complessità indubbiamente costituisce un freno al loro tempestivo impiego; infine, a sostenere, in considerazione della difficile congiuntura economica, le proposte concernenti l'innalzamento della quota di cofinanziamento comunitario previsto per tutti gli obiettivi.
Fuori tema, ma non tanto, signor Ministro, io credo che in un futuro non lontano chiederemo un incontro e sarei molto lieto se ciò avvenisse in questa sede, che si è già occupata di questo problema, per quanto riguarda la percentuale piuttosto irrituale dei fondi non utilizzati dal nostro Paese nell'ambito della politica di coesione. È un problema serio, del quale non si riesce a capire esattamente dove stanno le ragioni e la responsabilità e soprattutto che cosa si possa fare per modificare questo stato di cose, in particolare riguardo alle nostre zone del centro-sud.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro Fitto per la replica.

RAFFAELE FITTO, Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale. Rispondo con tempi europei per venire incontro al gruppo del PD e parto dalla fine, perché il Presidente Pescante mi offre uno spunto di riflessione.
Noi abbiamo un problema di qualità della spesa, perché, se confrontiamo i risultati della precedente programmazione con quella degli altri Paesi, vediamo che sul fronte delle politiche di coesione abbiamo una percentuale di risorse non spese minima e inferiore a quella degli altri Paesi. È un po' un'anomalia, che appare una contraddizione rispetto alle questioni di cui parliamo, ma questo è il tema. Se poi, invece, ci poniamo il problema delle modalità dell'utilizzo delle risorse e della qualità della spesa, evidentemente l'argomento diventa molto più ampio e dovremmo cercare di approfondirlo. Sono questioni che stiamo cercando di affrontare con le regioni in questo periodo.
Procedo per flash perché alcune questioni richiedono chiarimenti mentre altre riguardano aspetti condivisi. Il primo punto è il tema delle regioni intermedie, sollevato dall'onorevole Occhiuto. Come ho già affermato, noi abbiamo un gruppo di lavoro costituito con le regioni, che poi proporrà una valutazione finale su tale tema in sede di Conferenza Stato-regioni. Si tratta, dunque, di un percorso assolutamente garantito e il fatto che io abbia da un anno la delega per la coesione territoriale, oltre a quella concernente i rapporti con le regioni, rende per me fondamentale, così come sto cercando di fare un po' su tutti i fronti, avere un livello di interlocuzione e di condivisione con le regioni.
Anche la collaborazione con i parlamentari europei alla quale ho fatto riferimento è frutto di questo meccanismo. Uscendo dai riferimenti generici, ci sono parlamentari europei che rappresentano l'Abruzzo, la Basilicata, il Molise e la Sardegna, e queste quattro regioni, magari inizialmente, avevano una posizione un po' più proiettata su questa opportunità, rappresentata dalle regioni intermedie, ma è una valutazione sulla quale ci riserviamo di esprimere un giudizio complessivo, perché ancora non sono chiari i contenuti della proposta. Certamente i dati oggettivi, quali il numero degli abitanti, il numero delle regioni e i benefici a livello nazionale, fanno sì che per noi il tema delle regioni intermedie potrebbe, allo stato dell'arte, rappresentare una sottrazione e non un'addizione.
Prudenzialmente partiamo con una posizione di forte criticità, ma non c'è dubbio che poi, in una trattativa più ampia e nel recupero di questi aspetti, avendo noi come obiettivo quello di riproporre lo schema della programmazione per tutte le regioni, così come è stato anche per il quadro strategico nazionale in corso, non mancheranno le modalità perché anche le quattro regioni interessate, laddove non dovessero avere l'apparente beneficio, che non sarebbe tale per il nostro Paese,


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derivante dall'individuazione delle regioni intermedie, possano richiedere finanziamenti e disporre di risorse da indirizzare nei loro territori.
Questo è il dato, però l'audizione di oggi avviene in una fase caratterizzata ancora da un confronto aperto e, quindi, molte di queste questioni sono ancora accennate o saranno oggetto di verifica. Il negoziato dovrà avere una fase ancora più stringente.
Per rispondere a diverse sollecitazioni, per esempio a quella dell'onorevole Gozi, noi ci poniamo il tema della politica di coesione tenendo conto di un problema che abbiamo di fronte. Lo preciso senza intento polemico, perché ho già avuto modo di farlo più volte: è in assoluto corretto sostenere, cosa che noi stiamo facendo, la sua tesi, con la differenza che i Paesi inclusi nell'elenco da lei citato sono quelli oggetto delle misure previste dal Fondo monetario internazionale. Questa è la caratteristica che tiene insieme quei Paesi. Ciò non toglie che noi dobbiamo e possiamo svolgere una battaglia e un confronto perché alcune opportunità possano essere calibrate anche sul nostro Paese ed è questo il motivo per cui non figuriamo in quell'elenco di Paesi. È evidente che in termini assoluti questo ragionamento va portato avanti, perché il tema del patto di stabilità interno per una parte di comuni, province e regioni riguarda i cosiddetti avanzi di amministrazione e per altri l'utilizzo delle risorse comunitarie o delle risorse del fondo per le aree sottoutilizzate.
Per quanto riguarda il tema delle risorse comunitarie ritengo in assoluto che sia corretto sostenere la battaglia in tale direzione, perché sono risorse destinate agli investimenti, che paradossalmente però creerebbero anche un danno qualora tali risorse non venissero utilizzate. Lo affermo, però, in una fase di confronto e avendo svolto la premessa che sostengo e condivido questa battaglia e che stiamo discutendo la questione con la Commissione europea.
Prestiamo attenzione, però, a non nasconderci dietro questo punto. Come tutti sanno, il saldo del patto di stabilità interno è costituito da voci diverse, dagli investimenti e dalla spesa corrente e se - e lo rilevo anche per il mio precedente di amministratore pubblico - nel bilancio di previsione dell'anno in corso viene prevista una quota di cofinanziamento per investimenti molto bassa, evidentemente ho già in mente l'idea di non utilizzare bene e al meglio queste risorse.
Noi abbiamo bisogno di una rivendicazione che allo stesso tempo apporti delle regole. La rivendicazione ha senso, è forte e bisogna portarla avanti, ma a condizione che essa venga finalizzata a una riduzione della spesa corrente e a un aumento della spesa per gli investimenti. Se mettiamo in campo un meccanismo che tocca il principio del patto di stabilità interno e poi su di esso si interviene anche all'interno dei programmi regionali - i programmi operativi regionali hanno diverse voci di spesa, alcune fondamentalmente prioritarie e che devono essere portate avanti per il raggiungimento degli obiettivi previsti a scadenza, e altre, pur importanti, che però andrebbero privilegiate in una seconda fase - anche il confronto e la programmazione, tanto del fondo per le aree sottoutilizzate, quanto dei fondi comunitari, può creare una condizione di interlocuzione.
È chiaro che il concorso percentuale al raggiungimento degli obiettivi del patto di stabilità interno, che ogni regione ha negoziato col Governo, è anche frutto di queste voci diverse. Il tema ritorna anche poi su una serie di iniziative - ho fatto riferimento alle proposte di Francia e Germania - che non ci vanno bene, però su alcune di queste voci dobbiamo avere la consapevolezza che bisogna intervenire per correggerle ed evitare che dietro a questa rivendicazione sicuramente corretta, che condividiamo tutti e che non ho difficoltà a sostenere che sia una scelta che va sostenuta con forza, si nascondano scelte che non corrispondono all'obiettivo che cerchiamo di raggiungere. Lo voglio affermare con molta franchezza.
Questo è il tema sul quale noi dobbiamo, secondo il mio punto di vista,


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lavorare. La questione relativa alle politiche sul Mediterraneo è un altro capitolo, un altro tema pure importante, ma che rientra nel discorso relativo ai saldi netti. La coperta è quella e, quindi, bisognerà muoversi per cercare di immaginare soluzioni diverse. Sono altri argomenti di confronto rispetto al tema della politica di coesione.
Il tema del patto di stabilità è anche collegato alla modifica della quota di cofinanziamento, come è stato ricordato, che rappresenta una questione sulla quale è importante lavorare. Anche su questo tema penso che sia utile confrontarsi.
Per quanto riguarda la richiesta di ridurre il contributo netto, io penso che sia importante collegare tale richiesta anche e soprattutto all'aumento, almeno in termini relativi, dei fondi che vengono assegnati all'Italia. Questo è un elemento di confronto e di discussione che dobbiamo cercare di sostenere.
Io mi limito a discutere delle questioni di merito della politica di coesione, ma è chiaro che c'è il tema più ampio della strategia complessiva - di cui il Governo porta avanti la discussione - e sul quale è necessario rivendicare questi aspetti, che sono peculiari per il nostro Paese e che soprattutto caratterizzano e caratterizzeranno nei prossimi giorni e nei prossimi mesi anche le posizioni sulla possibilità di ottenere maggiori e migliori risultati.
Il tema della politica di coesione, però, in conclusione, rimane per quanto ci riguarda un tema fondamentale, sul quale vi è la necessità di lavorare, da una parte, per recuperare la credibilità in riferimento alla programmazione attuale e, dall'altra, per cercare di mettere in campo un'azione che possa valutare anche le posizioni degli altri Paesi. Al netto delle differenze con i Paesi contribuenti netti, penso di poter affermare che noi stiamo costruendo, all'interno dei diversi luoghi di confronto fra i Governi dei Paesi membri e con la Commissione europea - ho avuto modo di partecipare a tre incontri negli ultimi mesi - alcune posizioni solidali che scaturiscono anche in documenti congiunti, i quali rafforzano molto le posizioni e danno anche la possibilità a noi di poter avere, nell'ambito e nel merito delle politiche di coesione, una possibilità di incidere maggiormente.
È una partita comunque aperta e molte di quelle che sono state sollevate sono questioni che si affronteranno nei prossimi giorni e sulle quali è importante avere una visione unitaria. Colgo molto positivamente anche dagli interventi che ho ascoltato il fatto che non ci sono posizioni sostanzialmente differenti rispetto all'obiettivo dell'interesse nazionale, che va rafforzato in modo sostanziale e portato avanti con lo schema che inizialmente mi sono permesso di indicare e che può e deve trovare, secondo me, in tutti i livelli istituzionali un momento di coagulo sempre più forte per essere incisivo in questo senso. In tale prospettiva, lo voglio ripetere, presidente, con piacere sono a disposizione per ulteriori eventuali aggiornamenti nel corso del confronto che proseguirà.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Fitto e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 16,10.

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