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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(VI e X)
1.
Mercoledì 14 aprile 2010
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Conte Gianfranco, Presidente ... 3

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge C. 3350, di conversione del decreto - legge n. 40 del 2010, recante disposizioni tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi fiscali, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno alla domanda in particolari settori (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Conte Gianfranco, Presidente ... 3 5 7 9 12 13 14 15 16 17 18
Comaroli Silvana Andreina (LNP) ... 12
D'Avanzo Giovanni, Direttore della direzione studi e ricerche economico-fiscali del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 16 17
Fluvi Alberto (PD) ... 9 17
Fogliardi Giampaolo (PD) ... 12 14
Lapecorella Fabrizia, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze ... 3 4 9 10 11 12 14 16 17
Leo Maurizio (PdL) ... 12 14 15 17
Lulli Andrea (PD) ... 11 17
Vico Ludovico (PD) ... 6 8 10 11 17

ALLEGATO: Documentazione consegnata dal direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, Fabrizia Lapecorella ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Noi Sud/Lega Sud Ausonia: Misto-NS/LS Ausonia.

[Avanti]
COMMISSIONI RIUNITE
VI (FINANZE) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 14 aprile 2010


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE
GIANFRANCO CONTE

La seduta comincia alle 9,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge C. 3350, di conversione del decreto-legge n. 40 del 2010, recante disposizioni tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi fiscali, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno alla domanda in particolari settori.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze, nell'ambito dell'istruttoria legislativa sul disegno di legge C. 3350, di conversione del decreto-legge n. 40 del 2010, recante disposizioni tributarie e finanziarie urgenti in materia di contrasto alle frodi fiscali, di potenziamento e razionalizzazione della riscossione tributaria, di destinazione dei gettiti recuperati al finanziamento di un Fondo per incentivi e sostegno alla domanda in particolari settori.
La professoressa Fabrizia Lapecorella è accompagnata dall'ingegner Carlo Vaccari, direttore della direzione federalismo fiscale, dal dottor Ilario Scafati, dirigente della direzione legislazione tributaria, dal dottor Giovanni D'Avanzo, direttore della direzione studi e ricerche economico-fiscali, e dal dottor Vincenzo Persi, direttore della direzione federalismo fiscale.
Professoressa Lapecorella, lei conosce bene le questioni di cui ci dobbiamo occupare, in considerazione del fatto che sulla vicenda di Tributi Italia Spa - sulla quale interviene il decreto-legge n. 40 del 2010, che esamineremo nei prossimi giorni - si è già svolta, presso la VI Commissione, un'apposita audizione. Naturalmente, ci aspettiamo qualche novità. Ci riferisca, quindi, sullo stato dell'arte.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Signor presidente, ho predisposto una relazione concernente il complesso delle disposizioni tributarie recate dal decreto-legge n. 40 del 2010; tuttavia, se lei preferisce, potrei cominciare la mia esposizione prendendo subito in esame la questione che riguarda Tributi Italia.

PRESIDENTE. Sì, grazie.


Pag. 4

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Come lei accennava, signor presidente, con il decreto-legge n. 40 si è inteso porre rimedio, attraverso una disciplina speciale, alle crisi aziendali delle società di riscossione delle entrate degli enti locali.
In particolare, l'articolo 3 del decreto-legge prevede che tali società, qualora ricorrano le condizioni esplicitamente richieste dalla norma, siano ammesse di diritto alle procedure di ristrutturazione di grandi imprese in stato di insolvenza, disciplinate dal decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347.
Com'è noto, il citato decreto-legge ha introdotto una disciplina speciale orientata ad accelerare l'avvio e la definizione dei procedimenti per l'ammissione immediata all'amministrazione straordinaria delle grandi imprese in stato d'insolvenza, nonché la gestione dello stato d'insolvenza, mediante un programma di ristrutturazione economica e finanziaria dell'impresa e del gruppo in cui la stessa è inserita, ovvero di cessione dei complessi aziendali, al fine di assicurare - questo è importante - la continuazione delle attività industriali.
L'ammissione di diritto alle predette procedure opera in presenza di una serie di presupposti.
È richiesto, innanzitutto, che le funzioni di accertamento e riscossione di tributi e altre entrate di enti locali, di cui all'articolo 52 del decreto legislativo n. 446 del 1997, siano esercitate per conto di non meno di cinquanta enti locali.
Occorre, inoltre, che sia intervenuta la cancellazione, ancorché con deliberazione non definitiva, dall'albo per l'accertamento e la riscossione delle entrate degli enti locali (disciplinato dall'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997), secondo quanto previsto dall'articolo 11 del decreto del Ministro delle finanze 11 settembre 2000, n. 289. La cancellazione è disposta ex officio nei casi dettagliatamente indicati dal comma 2 dello stesso articolo 11 (ad esempio, per gravi irregolarità o reiterati abusi commessi nell'acquisizione e nella conduzione dei servizi o per il venir meno dei requisiti finanziari e di onorabilità) e comporta la decadenza da tutte le gestioni.
È infine richiesta la presentazione di apposita domanda da parte della società interessata. Le norme in commento prevedono, comunque, l'ammissione di diritto alle procedure, anche in assenza di domanda, delle società di cui il tribunale dichiari lo stato di insolvenza.
Nel caso di ammissione alla procedura, il commissario straordinario viene nominato dal Ministro dello sviluppo economico, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze.
L'ammissione di diritto alle anzidette procedure non è, comunque, l'unica precauzione contenuta nel decreto-legge n. 40 del 2010. Bisogna considerare attentamente anche altri profili, alcuni dei quali riguardano situazioni di crisi che si erano già manifestate all'atto dell'adozione del provvedimento d'urgenza.
Infatti, è espressamente stabilito che l'ammissione alle procedure, fino all'esaurimento delle stesse, comporta la persistenza, nei riguardi delle società, delle convenzioni per l'affidamento dei servizi di accertamento e riscossione vigenti con gli enti locali immediatamente prima della data di cancellazione dall'albo, fatte salve in ogni caso le riaggiudicazioni eventualmente effettuate nel frattempo con gara.
Si prevede che permangano anche i poteri di riscossione di cui le società disponevano anteriormente alla data di cancellazione.
È altresì previsto - si tratta di una novità molto importante - il potere del commissario di certificare, su istanza degli enti locali creditori, se il relativo credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire agli stessi la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente.
Le norme da ultimo richiamate attengono a situazioni di crisi che si sono già manifestate. Altre, invece, riguardano il futuro e le prospettive di questo delicato


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settore, delle quali avevamo avuto occasione di discutere, in parte, durante l'audizione dello scorso novembre.
La disposizione prevede un aggiornamento a breve - entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge, ovvero entro il 25 maggio 2010 - dei regolamenti emanati in attuazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo n. 446, che dispongono in ordine alle condizioni e ai requisiti per l'iscrizione all'albo, alla tenuta dell'albo, alle modalità per l'iscrizione e alla verifica dei presupposti per la sospensione e cancellazione dall'albo, ai casi di revoca e di decadenza della gestione.
Si specifica che l'aggiornamento delle norme deve comprendere, in particolare, tra i requisiti per l'iscrizione all'albo, quelli tecnico-finanziari, di onorabilità, professionalità e di assenza di cause di incompatibilità, da disciplinare graduandoli - questa è una novità - in funzione delle dimensioni, della natura, pubblica o privata, del soggetto che chiede l'iscrizione, del numero degli enti locali per conto dei quali lo stesso soggetto, singolarmente ovvero in gruppo di impresa, svolge le funzioni di accertamento, e della sua storia, quindi dell'eventuale sospensione, cancellazione o decadenza dall'albo in precedenza disposta.
Queste sono le previsioni contenute nell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010.
Con specifico riferimento a Tributi Italia Spa, nell'audizione del 12 novembre 2009 avevamo informato la Commissione finanze della gravissima situazione debitoria della società, come risultava agli uffici del Dipartimento sulla base degli esposti presentati dagli enti locali.
Nel frattempo, abbiamo seguito con attenzione l'evoluzione della vicenda, e posso oggi riferire che, alla data di ieri, 233 comuni hanno comunicato a Tributi Italia Spa la risoluzione o la scadenza del contratto avente ad oggetto l'affidamento di servizi relativi ad entrate locali. Per 99 di questi 233 comuni, pari al 42 per cento del totale, sono state acquisite informazioni circa le misure adottate, dopo la risoluzione del contratto, per garantire la gestione delle entrate. Ebbene, 66 comuni hanno assunto la gestione diretta delle entrate, mentre gli altri 33 l'hanno affidata, con gara, a soggetti esterni. Allo stato, signor presidente, la situazione è quella ora descritta.
Credo che le previsioni recate dal decreto-legge n. 40 del 2010 rispondano, in qualche maniera, agli impegni contenuti nella risoluzione approvata dalla Commissione. Tale atto d'indirizzo, che ha dettagliatamente previsto, allo scopo di incidere profondamente nel delicatissimo settore della riscossione delle entrate degli enti locali, una serie di ambiti di intervento, impegna il Governo ad assumere urgentemente tutte le iniziative necessarie a dare soluzione alla vicenda che vede coinvolta Tributi Italia, ponendo in essere tutte le misure atte a ripristinare condizioni di legalità e normalità nella gestione delle entrate degli enti locali e provvedendo all'affiancamento istituzionale degli enti locali interessati dal rapporto con la società, «al fine di garantire la corretta effettuazione dell'attività di riscossione dei tributi locali e il riversamento delle somme riscosse agli stessi enti, adottando adeguate misure per la tutela occupazionale dei lavoratori della società Tributi Italia».
A mio avviso, le disposizioni recate dal decreto-legge n. 40 del 2010 - che troverete illustrate più dettagliatamente nel documento consegnato - possono essere considerate una risposta adeguata.
Ovviamente, aspetto le vostre domande per approfondire qualsiasi questione dovesse sembrare poco chiara.

PRESIDENTE. Poiché la professoressa Lapecorella ha predisposto una relazione, il cui testo, per quanto riguarda la parte dedicata all'analisi delle disposizioni di natura tributaria recate dal decreto-legge n. 40 del 2010, è già estremamente chiaro, do subito la parola ai colleghi che intendano porre quesiti o formulare osservazioni in merito alla vicenda di Tributi Italia, restando inteso che eventuali domande sulle altre parti del provvedimento potranno essere poste successivamente.


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LUDOVICO VICO. Signor presidente, mi sia consentito, innanzitutto, rivolgere un saluto alla professoressa Lapecorella e al suo staff.
Le mie domande riguarderanno l'efficacia delle proposte del Governo e - verificata eventualmente tale qualità - la praticabilità della stessa.
Qualora l'estensione della cosiddetta legge Marzano alle società cui è affidato il servizio di riscossione delle entrate degli enti locali fosse intesa come il salvataggio di un ramo d'azienda sano di un'azienda industriale - dunque, fosse estesa a un'azienda la cui tipologia è decisamente nuova, se si ha riguardo all'ambito nel quale ha finora trovato applicazione la legge medesima - mi permetto di dire che l'azienda alla quale facciamo specifico riferimento non merita di essere salvata in alcun modo, in considerazione degli ingenti danni che ha causato all'erario, ai cittadini, agli enti locali e ai lavoratori. Peraltro, rilevo la mancanza di qualsivoglia considerazione per il capitolo delle fideiussioni, su cui auspichiamo ancora l'apertura di un'indagine della Banca d'Italia che porti a conclusioni definitive.
La disposizione che la professoressa Lapecorella ci ha illustrato appare costruita su misura per Tributi Italia (e, forse, si tratta dell'unico caso di intervento di tal genere fino a questo momento). Tuttavia, se l'illegittimità dei comportamenti posti in essere dalla società è da ricondurre anche all'assenza di un'adeguata normativa di merito, non possiamo limitarci a confezionare una camicia per Tributi Italia, ma è necessario trovare una soluzione per ripristinare quelle condizioni di legalità che non si è finora riusciti a garantire.
In tale ottica, è probabile che la norma da scrivere debba essere di tutt'altro contenuto, attesa la situazione contingente di quelle aziende di riscossione che si sono trovate nella condizione di essere cancellate dall'albo.
Potremmo ipotizzare, in particolare, l'imposizione al soggetto cancellato dall'albo, per i successivi tre anni, di una serie di condizioni a tutela degli enti locali, e un intervento in base a richiesta volontaria.
Considero molto interessante la scheda, di cui professoressa Lapecorella ha dato lettura, relativa all'attuale situazione dei comuni che hanno avuto problemi con Tributi Italia. Non ci è stato riferito, tuttavia, se Tributi Italia abbia fatto avere ai 233 comuni che hanno comunicato la risoluzione o la scadenza del contratto i supporti elettronici contenenti gli archivi dei contribuenti, che la società ha continuato a detenere con una certa arroganza (eppure, si tratta di un patrimonio che appartiene ai singoli enti).
Come dicevo, la norma deve essere riscritta, o quanto meno integrata.
In altre occasioni, il presidente Conte ha lasciato chiaramente intendere che si farà carico della necessità di un intervento in materia. A tale proposito, già il futuro prossimo dovrebbe vederci impegnati, come legislatori, a risolvere la critica situazione che si è determinata. Probabilmente, si dovrà stabilire che, per i prossimi tre anni, i comuni interessati abbiano la possibilità di accedere a un credito effettivamente esigibile, per tutte le ragioni illustrate anche nella relazione. Il soggetto in grado di garantire ciò è la Cassa depositi e prestiti (la quale ha interessenze, attraverso l'ENI, in importanti reti di trasporto del gas naturale verso i Paesi europei).
Sono interessati alla soluzione del problema moltissimi comuni, tra i quali Aprilia, Bologna, Ferrandina, il cui sindaco è venuto in audizione. Fatta salva la libertà di scelta dei singoli enti che stanno per stipulare nuovi contratti o che sono orientati a gestire in proprio la riscossione dei tributi, gli altri potrebbero rivolgersi, nella fase di transizione, anche a Equitalia. Questo è un altro suggerimento che offriamo alla professoressa Lapecorella e al Dipartimento, ai fini dell'elaborazione di una norma più adatta alle circostanze.
Ovviamente, vogliamo anche segnalare che c'è il problema dei lavoratori. Quelli licenziati da Tributi Italia sono stati posti


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in cassa integrazione, con l'impegno anche di regioni ed enti locali a favorirne il reimpiego presso i nuovi soggetti affidatari. Tuttavia, posso citare il caso di un comune della Puglia che ha proceduto all'affidamento del servizio di riscossione a un'altra società: l'unico ex dipendente di Tributi Italia non è stato assunto dalla società subentrante. Mi sembra una scelta un po' strana, non dal punto di vista giuridico, ma tenendo conto della situazione attuale.
Forse, sarebbe meritevole di accoglimento, anche sotto quest'ultimo profilo, il suggerimento che il Partito Democratico ha invano formulato in occasione dell'esame del decreto-legge n. 2 del 2010, recante interventi urgenti concernenti enti locali e regioni. Mi riferisco, in particolare, all'articolo aggiuntivo 4.070, a mia prima firma, ma sottoscritto da molti altri colleghi del mio partito. Esso prevedeva, nel caso di cancellazione dall'albo di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997, che il servizio di riscossione, qualora richiesto dall'ente locale interessato, fosse assicurato, per un periodo non superiore a tre anni, dal soggetto gestore del servizio nazionale della riscossione, in qualità di commissario governativo, avvalendosi del personale della società cancellata dall'albo. La proposta fu colpita da declaratoria di inammissibilità, per estraneità alle materie oggetto del predetto decreto-legge, ma potrebbe costituire una prima idea per affrontare il problema.
La parte del Paese che è interessata alla vicenda di Tributi Italia attende le risposte legislative del Parlamento, con il quale il Governo, che ha adottato il decreto legge n. 40 del 2010, deve essere capace di instaurare il giusto rapporto. Soltanto in questo modo saremo in grado di rispondere con equità e giustizia alle violazioni consumate e alle scatole cinesi create da Tributi Italia, rispetto alle quali nessuno, finora, ha potuto levare una voce.
Il Paese auspica un provvedimento e una vigilanza che, allo stato, non esistono, un ruolo e una competenza ministeriali più chiari. Ciò nonostante, il comma 3 dell'articolo 3 non impegna in alcuna direzione il Ministero. Io ribadisco che la vigilanza debba competere al Ministero dell'economia e delle finanze, non alla Commissione preposta alla gestione dell'albo (che, fortunatamente, esiste).
Di iniziative provenienti dal sistema di vigilanza non vi è traccia in questa vicenda, a meno che non si ritenga che la funzione di vigilanza sia esercitata dalla magistratura ordinaria (ma, naturalmente, non è così).
Se non saranno assunte le appropriate iniziative, la vicenda di cui ci stiamo occupando sarà una delle tante che troveranno soltanto in un futuro lontano, forse, quelle risposte di giustizia invano attese, finora, dai cittadini che hanno versato i tributi, dai comuni che non ne hanno ottenuto il riversamento e da chi ha lavorato per la società Tributi Italia.

PRESIDENTE. Vorrei sollevare alcune questioni per capire meglio la vicenda.
Da quanto ricordo, i comuni per conto dei quali Tributi Italia gestiva la riscossione dei tributi erano circa 350; se 233 sono già usciti dal circuito della società, ciò significa che il requisito previsto dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge - avere esercitato le funzioni di accertamento e riscossione per conto di non meno di cinquanta enti locali - è pienamente rispettato.
Francamente, ho una visione diversa da quella del collega Vico.
Innanzitutto, ritengo che il Parlamento dovrebbe interessarsi maggiormente alle vicende delle società miste, a partecipazione pubblica e privata. In particolare, è curioso che, come abbiamo constatato durante le audizioni, i comuni, pur essendo creditori nei confronti della società di riscossione, non si siano mai attivati per riscuotere i loro crediti, salvo nella fase finale. Nell'inattività dei comuni, i quali avrebbero potuto chiedere - ma non l'hanno fatto - la risoluzione dei contratti, per evidente violazione degli obblighi posti a carico della società Tributi Italia, mi sembra possibile ravvisare una sorta di connivenza delle altre parti del rapporto.


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Pur ritenendo, quindi, che Tributi Italia si sia comportata in maniera scorretta, che abbia incassato tasse e imposte provenienti dalle tasche dei contribuenti distraendole per altri fini, considero esagerato sostenere che, una volta emerso il problema, lo Stato debba pagare per le inadempienze della società e per l'inattività dei comuni interessati.
A mio avviso, è necessario sottolineare che, in caso di procedura concorsuale, per quanto riguarda i tributi riscossi dalla società per loro conto, i comuni non possono essere messi sullo stesso piano di tutti gli altri creditori. Condivido, quindi, la norma che consente al commissario di certificare se il credito sia certo, liquido ed esigibile, anche al fine di consentire agli enti locali la cessione pro soluto a favore di banche o intermediari finanziari riconosciuti dalla legislazione vigente. In proposito, desidero chiedere alla professoressa Lapecorella se sia possibile considerare i comuni, per quanto riguarda i tributi incassati per loro conto da Tributi Italia, creditori privilegiati, rispetto a tutti gli altri, nell'eventuale procedura di concordato preventivo.
Proprio questa mattina leggevo di un caso veramente singolare. Il sindaco del comune di Aprilia ha fatto affiggere un avviso nel quale comunica ai cittadini che la società Aser Srl, nonché il suo socio operativo Tributi Italia Spa (che hanno continuato a emettere accertamenti e a inviare bollettini, nonostante la situazione non chiara), non hanno più diritto di procedere all'accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi e delle entrate del comune di Aprilia. Il sindaco ha quindi invitato i cittadini a versare i tributi non alla predetta società, ma al comune. Intanto, a fine febbraio, il Consiglio di Stato aveva sospeso l'esecutività della sentenza e, anche in considerazione dell'imminenza dell'udienza davanti al tribunale ordinario, aveva rinviato al prossimo 11 maggio la decisione dell'appello nel merito. Insomma, i cittadini non sapevano a chi pagare: da un lato, continuavano a ricevere le richieste di pagamento della concessionaria del servizio di riscossione; dall'altro, il comune li avvisava che la società non aveva più alcun titolo per riscuotere i tributi e le entrate comunali, ponendo in essere un'evidente inadempimento contrattuale.
Ora, tenendo conto di quanto ci ha rappresentato, professoressa, ci troviamo di fronte a una pluralità di situazioni. Non si può dire, quindi, che la norma è dettata con riferimento a una situazione specifica: ci sono i comuni che hanno un contratto scaduto, quelli che hanno affidato temporaneamente il servizio, quelli che hanno scelto la gestione diretta, quelli che, invece, hanno bandito la gara e hanno affidato il servizio a terzi, quelli che non hanno fatto alcunché. In breve, la situazione è complicatissima e riguarda qualche centinaio di comuni.
Al di là del fatto che, come io credo, la norma recata dal decreto-legge n. 40 del 2010 fotografa, per così dire, una situazione riferibile a sei mesi fa, al momento, cioè, della presa di coscienza della situazione di difficoltà di Tributi Italia, cosa possiamo fare per venire incontro all'esigenza, espressa dall'onorevole Vico, di dare certezza agli introiti dei comuni? Cosa possiamo fare, materialmente, per predisporre una norma - certamente di difficile elaborazione - che tenga conto delle diverse fattispecie?
Ad esempio, l'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010 prevede che l'ammissione delle società di riscossione in crisi alle procedure di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, fino all'esaurimento delle stesse, comporta la persistenza delle convenzioni vigenti con gli enti locali immediatamente prima della data di cancellazione dall'albo, ferme in ogni caso le riaggiudicazioni eventualmente effettuate nel frattempo con gara. Orbene, vi sono casi di revoche deliberate dagli organi comunali, di affidamenti provvisori e di gestioni affidate senza gara: anche rispetto a questi comportamenti dovremmo dare una risposta.

LUDOVICO VICO. Vi sono anche altri casi...


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PRESIDENTE. Nell'ambito dei rapporti contrattuali la legge prevede specifici rimedi contro l'inadempimento; quindi, è più che normale che la società reagisca.
Comunque, la casistica è talmente ampia che non riusciremmo mai ad accontentare tutti con una sola norma. Mi chiedo, allora, se non sia il caso di definire dei principi generali, lasciandoci un margine di manovra per decidere come procedere in relazione alle diverse fattispecie specifiche.
Credo che a questa Commissione interessi - come a me - che non vengano buttate in un pozzo nero, quale sembra essere Tributi Italia, le imposte pagate dai cittadini, che sono altra cosa rispetto ai comuni. Torno al dato che ho sottolineato in apertura del mio intervento: per responsabilità anche delle amministrazioni, i tributi riscossi non sono stati riversati nelle casse comunali e non sono stati utilizzati, quindi, per offrire servizi utili ai cittadini.

ALBERTO FLUVI. Signor presidente, il suo intervento mi fornisce lo spunto per alcune considerazioni, che desidero svolgere prima di ascoltare la replica della professoressa Lapecorella.
Innanzitutto, il comma 3 dell'articolo 3 del decreto-legge n. 40 del 2010 nulla ha a che vedere con la risoluzione che abbiamo approvato, la quale non impegnava affatto il Governo a salvare la società Tributi Italia.
Al di là di questa doverosa precisazione, mi pare di ricordare - correggetemi se sbaglio - che la Commissione di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 abbia adottato il provvedimento di cancellazione nei confronti di Tributi Italia intorno alla metà di dicembre.
Immediatamente dopo, sono partite le comunicazioni ai comuni interessati, per informarli che, dal 14 o dal 15 dicembre, la predetta società non poteva più esercitare il servizio di riscossione, in quanto cancellata dall'albo. Ora, i comuni si sono attrezzati diversamente anche a seguito di tali comunicazioni, assumendo la gestione diretta del servizio, procedendo ad affidamenti provvisori ad altri concessionari, oppure avviando le procedure di gara.
Mi sembra che il terzo comma dell'articolo 3 del decreto-legge n. 40 del 2010 - il cui testo, ovviamente, è suscettibile di miglioramenti - faccia riferimento a quei comuni che hanno riaffidato il servizio con gara. Tuttavia, dobbiamo tener conto di due elementi: in primo luogo, l'espletamento delle gare degli enti pubblici è molto complicato; in secondo luogo, poco dopo il 14 dicembre vi sono state le festività natalizie. Stando così le cose, può anche darsi che qualche comune sia riuscito ad affidare nuovamente il servizio con gara, ma certamente non l'hanno fatto tutti.
Penso, quindi, a una norma che faccia salve le decisioni - di qualunque tipo - assunte dagli enti locali, ma che non preveda la persistenza pura e semplice delle convenzioni.

PRESIDENTE. Credo di aver detto la stessa cosa.

ALBERTO FLUVI. La seconda esigenza alla quale il presidente faceva riferimento è quella di considerare privilegiati i crediti vantati dai comuni relativamente ai tributi e alle entrate riscossi e non riversati nelle casse comunali.
A mio avviso, non si tratta di veri e propri crediti: la società Tributi Italia svolgeva il servizio di riscossione per conto dei comuni ed era obbligata a riversare le somme riscosse. Credo, quindi, che non si possa discutere se si tratti di credito privilegiato o meno: non si tratta di soldi di Tributi Italia, ma di soldi dei comuni, che Tributi Italia deve riversare ai legittimi proprietari. Dubito che un tribunale possa attardarsi a verificare se i crediti dei comuni siano privilegiati o meno soltanto perché è mancato il riversamento dei tributi da parte della concessionaria del servizio di riscossione.
Più che porre domande, ho svolto una riflessione a voce alta.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze.


Pag. 10

Provo a rispondere a tutti, poiché alcune delle questioni sollevate sono comuni, cercando di seguire un ordine logico volto a rendere chiara la portata dell'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010.
La perplessità dell'onorevole Vico riguarda l'efficacia della norma. Devo dire che si è cercato di assicurare che la disposizione sia davvero efficace: la parte nella quale si prevede, nei riguardi delle società che accettano la gestione commissariale, la persistenza delle convenzioni vigenti, facendo salve esclusivamente quelle riaggiudicate nel frattempo con gara, ha proprio questa finalità generale.
La disposizione è la risposta ad un problema molto grave che riguarda Tributi Italia, ma ha una portata generale e, in realtà, reca una disciplina che consente di affrontare le crisi aziendali di questi delicati operatori che sono i concessionari del servizio di riscossione.
Per quanto riguarda la particolare situazione di Tributi Italia - aspetto emerso già nella nostra «chiacchierata» di novembre -, sembra acclarato che questa terribile vicenda non sia il risultato di un'attività aziendale fallimentare, dal momento che la gestione del business dell'accertamento e della riscossione dei tributi è, in tutta franchezza, piuttosto lineare. Essa è, invece, il risultato di una gestione finanziaria alquanto scellerata.
L'ammissione alla procedura e la nomina di un commissario da parte del Ministro dello sviluppo economico, su proposta del Ministro dell'economia e delle finanze, con gli obblighi previsti dalla legge Marzano, dovrebbe consentire - credo non vi siano dubbi al riguardo - di riprendere una corretta gestione aziendale, nonché di porre rimedio, per quanto possibile, agli effetti disastrosi prodotti da una gestione finanziaria dissennata.
Un altro profilo in considerazione del quale va riconosciuta una valenza positiva all'intervento legislativo di cui stiamo discorrendo è collegato al fatto che i soggetti cui è affidato il servizio di riscossione dei tributi locali svolgono, in realtà, sia l'attività di riscossione sia quella di accertamento. Ora, se per l'attività di riscossione dei tributi erariali è stata fatta la scelta, più generale, di affidarla a un soggetto pubblico, Equitalia, che ha la veste di società per azioni, non necessariamente la stessa scelta può essere riproposta tout court per i tributi locali, poiché, per la parte che riguarda l'accertamento, molti degli 8.100 Comuni italiani possono non essere attrezzati.
La differenza fra tributi erariali e tributi locali è proprio questa: per quelli erariali, l'accertamento lo effettua l'Agenzia delle entrate e la riscossione, a un certo punto, è passata dal sistema dei concessionari della riscossione a Equitalia, apparentemente con buoni risultati. Questa soluzione non si può ...

LUDOVICO VICO. Scusi, professoressa, ma non capisco, e immagino dipenda da me.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Non mi sono spiegata bene io, onorevole Vico.

LUDOVICO VICO. La Commissione di cui all'articolo 53 del decreto legislativo n. 446 del 1997 ha cancellato dall'albo un'azienda perché ha violato la norma più elementare, ossia non ha riversato ai comuni i tributi e le entrate che ha riscosso per loro conto, e noi costruiamo una norma per salvarla: siamo a questi livelli!

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. No, assolutamente: non si tratta di una norma per salvare Tributi Italia.
La disposizione chiarisce che, nei confronti delle società ammesse alle procedure di cui al decreto-legge 23 dicembre 2003, n. 347, la persistenza delle convenzioni vigenti con gli enti locali immediatamente prima della data della cancellazione dall'albo - ferme in ogni caso le riaggiudicazioni eventualmente effettuate


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nel frattempo con gara - dura fino all'esaurimento delle procedure medesime.
Consentendo ad una società cancellata dall'albo, senza intervenire sul suo stato di società cancellata, di non sparire completamente dall'orizzonte, la norma fa in modo che la gestione aziendale passi nelle mani di un commissario governativo, con tutti i relativi poteri e responsabilità.

LUDOVICO VICO. La cosiddetta legge Marzano non prevede questo.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Le procedure di cui alla cosiddetta legge Marzano prevedono la definizione di vari piani di gestione. La società Tributi Italia è cancellata dall'albo e, in quanto cancellata, accede alla gestione commissariale, perché si è chiesto...

ANDREA LULLI. È molto chiara la questione: è per questo che non siamo d'accordo.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Volevo dire che bisogna tener conto dei due aspetti della riscossione e dell'accertamento. Quest'ultimo è molto delicato: richiede expertise particolari, di cui si ritiene che la società disponga; infatti, il disastro si è verificato non per l'incapacità di Tributi Italia di svolgere le funzioni proprie, ma piuttosto - lo ripeto - per una gestione finanziaria non attenta, non accorta.
Per quanto riguarda, invece, la proposta di garantire il finanziamento attraverso la Cassa depositi e prestiti agli enti locali che vantano un credito accertato ed esigibile, essa è rimessa a una valutazione politica.
Dal punto di vista strettamente tecnico, considero equilibrata la disposizione che assegna al commissario il potere di certificare i crediti, al fine di consentire ai comuni di poterli cedere pro soluto alle banche e agli intermediari finanziari. Infatti, la norma si fa carico del problema finanziario dei comuni, consentendo loro di ottenere un finanziamento a fronte di un credito certificato come esigibile e, quindi, di gestire i bilanci.
Sotto un diverso profilo, si potrebbe nutrire qualche dubbio circa la correttezza di un meccanismo di sostegno a favore dei comuni, poiché, evidentemente, una vicenda di questa portata non si sarebbe mai potuta verificare senza rapporti di collusione tra la società e gli enti locali. Sembra altrettanto chiaro che i comuni non possono affidare un servizio così importante come la riscossione e l'accertamento dei propri tributi, in maniera superficiale, a soggetti indegni di svolgerlo senza sopportare in alcun modo le conseguenze delle proprie scelte: significherebbe incentivare quello che gli economisti chiamano il moral hazard, il rischio di un comportamento sleale. Io credo che quella prevista dalla norma sia una forma di sostegno corretta.
Per quanto riguarda la sua osservazione più importante, signor presidente, concernente la possibilità di prevedere un privilegio a favore dei comuni, posso dire due cose. In maniera del tutto informale, posso riportarvi, innanzitutto, uno degli interna corporis tecnici relativi alla fase di elaborazione della norma di cui ci stiamo occupando. Non è stato banale convincere i tecnici del Ministero dello sviluppo economico della possibilità di consentire l'accesso alle procedure di cui alla cosiddetta legge Marzano - che è importante per le aziende industriali in crisi - a una situazione aziendale di natura così particolare. L'idea era che un intervento normativo di questa natura dovesse essere limitato al massimo, ossia che le procedure e le regole di cui al decreto-legge n. 347 del 2003 dovessero essere forzate il meno possibile. Quindi, considero difficile, dal punto di vista tecnico, accogliere il suggerimento.
Dal punto di vista giuridico, invece, condivido in parte le considerazioni dell'onorevole Fluvi: il punto dirimente è che quelli dei comuni non sono crediti. Il commissario incaricato dovrebbe considerare che quanto spetta ai comuni a titolo di tributi riscossi non farà parte dell'attivo


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da distribuire tra tutti i creditori, perché, in effetti, si tratta di somme di proprietà dei comuni, non di Tributi Italia. Qualora la società acceda alla procedura, il commissario si occuperà immediatamente di riversare ai comuni tutto quanto spetta loro a titolo di tributi.
Per il passato, allo stato, sono due le tutele offerte dalla gestione commissariale: quella di consentire l'accesso dei comuni al credito ordinario, per esigenze di gestione dei bilanci, e quella di ripianare il debito pregresso con una parte dell'utile che si dovrebbe realizzare.

MAURIZIO LEO. Un problema da evidenziare riguarda anche l'impatto di tali misure sulla gestione dei bilanci comunali.
Com'è noto, il bilancio degli enti locali è organizzato secondo criteri di competenza finanziaria; quindi, le entrate e le uscite non sono iscritte secondo i principi della competenza economica, ma devono essere imputate secondo il criterio dell'accertamento.
Una delle anomalie causate dalla vicenda di cui ci stiamo occupando consiste nel fatto che, avendo i comuni iscritto in bilancio le entrate, senza avere ricevuto, tuttavia, i riversamenti, le somme accertate ma non riscosse possono aver generato residui attivi.
Nell'ipotesi in cui si generino residui attivi, bisogna verificare le modalità di contabilizzazione. Se si eliminano i residui attivi inesigibili, si può determinare uno sbilancio: le spese potranno superare le entrate, con la conseguenza del dissesto del comune. Se, invece, le somme sono state considerate riscosse, la situazione è ancora più grave e paradossale, perché i soldi in cassa non ci sono.
Inviterei, quindi, a riflettere sulle conseguenze che si possono produrre a livello di gestione dei bilanci e dei rendiconti degli enti locali, perché il problema è rilevante.

PRESIDENTE. L'argomento sarà sicuramente oggetto di discussione durante l'esame in sede referente del provvedimento.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Il presidente Leo ha anticipato una considerazione che anch'io intendevo svolgere. Comunque, vi sono altre questioni che non mi sono chiare.
Generalmente, l'ente locale affida il servizio di accertamento, liquidazione e riscossione dei tributi e delle altre entrate a terzi, segnatamente a società autorizzate e iscritte nell'apposito albo, dopo di che le rilevazioni attinenti alle entrate accertate e a quelle riscosse confluiscono nel bilancio.
La professoressa Lapecorella ha fatto un chiaro riferimento alle responsabilità dei comuni. Ebbene, poiché sono stato sindaco per dieci anni, so che, quando si affida in appalto un servizio - ad esempio, il servizio di tesoreria - si ricorre a società autorizzate, con le quali si instaura un rapporto e delle quali ci si fida. L'ente locale, quindi, si fida.
Ciò premesso, non mi è chiaro un aspetto. Per accedere alle procedure di cui alla cosiddetta legge Marzano, la società Tributi Italia deve risultare cancellata. Tuttavia, l'operazione non mi pare corretta, perché, se una società è cancellata dal registro delle imprese, è giuridicamente inesistente. In questo caso, invece, siamo in presenza di una società che si trova in una sorta di limbo, in attesa di capire cosa succederà.
Dal punto di vista del diritto societario, si potrebbe comprendere l'intervento nel caso in cui una società cessi la sua attività e si apra la fase di liquidazione, ovvero nei malaugurati casi in cui pendano procedure concorsuali, quali il concordato, l'amministrazione straordinaria o addirittura il fallimento. Qui, invece, non siamo in presenza né dell'una né delle altre ipotesi.
Parlare di società cancellata mi sembra improprio, non corretto. Credo che l'esatto inquadramento giuridico della situazione in cui si trova la società Tributi Italia possa aiutare il legislatore a trovare il provvedimento più appropriato da adottare.

SILVANA ANDREINA COMAROLI. Intervengo per fare una precisazione.


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La relazione della professoressa Lapecorella, che ho ascoltato con attenzione, ha fatto emergere come questo intervento legislativo sia volto a cercare di salvare l'attività di Tributi Italia (non è in discussione l'attività in sé, perché la procedura garantirà la riscossione delle entrate e il loro riversamento ai comuni; quindi, l'attività aziendale resta in piedi).
Se la colpa di quanto è accaduto è attribuibile alla gestione aziendale, vuol dire che c'è una responsabilità degli amministratori. Vorrei sapere, quindi, quale sorte toccherà agli amministratori quando si insedierà il commissario: cacciati via dalla porta, potranno rientrare, per caso, dalla finestra? Mi auguro di no, perché hanno la responsabilità di ciò che è successo, a maggior ragione se, come sembra, lo svolgimento dell'attività di riscossione dei tributi non presentava particolari difficoltà.

PRESIDENTE. Professoressa Lapecorella, avrà notato che sono state espresse molte contrarietà sull'impianto della norma e che, quindi, molti problemi dovranno essere affrontati.
Vorrei rivolgerle una domanda. La società Tributi Italia si è trovata in una situazione critica a causa di problemi di carattere finanziario: avendo compiuto la sciagurata scelta di comprare Gestor, ha pagato la gestione fallimentare della società acquisita, che ha scaricato sull'acquirente le proprie passività.
Orbene, se Tributi Italia non aveva le necessarie disponibilità finanziarie quando era ancora attiva, mi domando come possa averle il commissario per proseguire l'attività. Qualcuno ci deve spiegare come la gestione commissariale possa trovare le risorse per proseguire l'attività quando la società non aveva nemmeno le disponibilità per pagare le retribuzioni ai dipendenti. Questo mi sembra un tema fondamentale.
In precedenza, evidenziavo come la norma sia datata, in quanto elaborata con riferimento a una situazione che è ulteriormente peggiorata. Quando affronteremo l'esame del provvedimento in sede referente, dovremo fare, per così dire, una fotografia più aderente allo stato attuale delle cose, fermo restando che non condivido la proposta dell'onorevole Vico, il quale chiede, sostanzialmente, che lo Stato corrisponda ai comuni le somme che non sono state riversate da Tributi Italia.
Ciò premesso, condivido pienamente l'esigenza di approfondire tutti i temi che sono stati affrontati. Si tratta di vedere come correggere situazioni che sono molto diverse l'una dall'altra.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Signor presidente, vorrei dare due chiarimenti.
Per quanto riguarda le considerazioni svolte dall'onorevole Fogliardi, ricordo che, allo stato, la Commissione ha deliberato la cancellazione dall'albo di Tributi Italia, la quale ha proposto impugnazione davanti al TAR del Lazio, che ha in un primo momento accolto l'istanza cautelare della società, sospendendo l'esecutività del provvedimento e infine, decidendo nel merito in forma semplificata, ha confermato la legittimità della cancellazione. Tributi Italia ha proposto appello al Consiglio di Stato, che ha sospeso l'esecuzione della sentenza impugnata, fissando all'11 maggio l'udienza per la decisione nel merito. Se la società, alla fine, sarà cancellata dall'albo o no, dipende dal contenuto che avrà la sentenza del Consiglio di Stato.
La norma prevede - è chiaro che si tratta di una disciplina speciale - che alle procedure di cui al decreto-legge n. 347 del 2003 siano ammesse di diritto, anche in assenza di domanda, le società per le quali è stato dichiarato lo stato di insolvenza. Pertanto, la dichiarazione dello stato di insolvenza è un presupposto per accedere di diritto alla gestione commissariale.
L'idea è esattamente quella che ispira la natura stessa dell'attività da svolgere. Si tratta dell'attività di riscossione per conto degli enti locali, ai quali le somme riscosse devono essere riversate, dei tributi dovuti dai cittadini. Ebbene, signor presidente, allo stato attuale, sulla base dei rapporti


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contrattuali in essere con i comuni, le condizioni sono piuttosto vantaggiose per Tributi Italia. I livelli degli aggi che vengono trattenuti dalla società per effettuare le attività di accertamento e riscossione sono davvero molto alti: per la riscossione, gli aggi arrivano al 30 per cento; per l'accertamento vigono condizioni diverse, ma si tratta comunque di somme significative.
Presumibilmente, dunque, sono queste le disponibilità finanziarie alle quali faceva riferimento lei, signor presidente: se, anziché finire nel buco nero di una mala gestio finanziaria, saranno razionalizzate e utilizzate per pagare i dipendenti e i debiti della società, ci auguriamo che esse possano consentire di chiudere la vicenda.

PRESIDENTE. Se mi permette, professoressa, torniamo sempre alle vicissitudini finanziarie.
Il problema della società Tributi Italia è che non ha trovato più credito sul mercato, dopo avere praticamente esaurito tutte le linee di credito che le erano state concesse.
Se vi fosse il sostegno di qualche istituto finanziario, che si facesse carico di coprire tutte le esposizioni, ivi comprese quelle nei confronti dei comuni, la società potrebbe proporre ai creditori un concordato preventivo, presentando un piano di ristrutturazione che, anche attraverso una gestione lunga, permetterebbe di estinguere i debiti con gli utili dell'attività. Se, però, manca il sostegno finanziario, e qualcuno deve accertare che ci sono le disponibilità per proseguire l'attività, rischiamo di approvare una «Marzanina» - mi si lasci passare il termine - senza contenuti.
Il piano industriale, come sa chi ha potuto prenderne visione, evidenzia accertamenti effettuati per 350 milioni di euro e 100 milioni di euro da versare ai comuni, oltre alle esposizioni con gli istituti bancari da ripianare e quant'altro.
Ci dovremmo occupare anche della questione dei bilanci dei comuni, che in qualche modo devono trovare una soluzione al mancato riversamento delle somme riscosse. Se vi fossero uno o più soggetti disponibili a mettere il proprio denaro nella società, in una prospettiva di proseguimento dell'attività, si potrebbe avere almeno la garanzia che qualcuno si occupi della situazione, nonché l'aspettativa che il maltolto sia restituito. Tuttavia, finché il tribunale fallimentare non farà conoscere la propria decisione, non saremo in grado di intervenire. Poiché anche il provvedimento del tribunale è atteso, se non ricordo male, per i primi di maggio, esso sopraggiungerà nel corso dell'iter parlamentare di conversione del decreto-legge n. 40 del 2010.

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Se è lecito, vorrei porre una domanda tecnica.
L'attività che le società di riscossione svolgono per conto dei comuni, trattenendo un aggio sugli incassi, è ciò che tecnicamente si definisce - mi rivolgo anche al professor Leo - gestione per conto di terzi?

MAURIZIO LEO. È esattamente così!

GIAMPAOLO FOGLIARDI. Il professionista svolge un'attività analoga quando, ad esempio, incassa le imposte o i contributi dai propri clienti per versarli, rispettivamente, all'erario o all'INPS.
La società di cui ci stiamo occupando, però, ha utilizzato le somme riscosse anche per fini propri; dunque, si tratta di truffa, nel vero senso della parola.
Se un professionista, anziché versare le somme relative a contributi e imposte ricevute dai clienti per i quali predispone le buste paga, le utilizza diversamente, viene radiato dall'albo (o comunque colpito da gravi sanzioni). Peraltro, tali somme vanno contabilizzate separatamente, poiché le entrate percepite per conto di terzi, cui fanno seguito corrispondenti uscite, per il versamento a chi spetta di quanto riscosso, danno luogo a partite di giro.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Condivido le


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preoccupazioni espresse e vorrei sottolineare che la situazione è molto complicata.
Tutto sommato, quello che la disciplina in qualche maniera prova a realizzare, nel modo migliore possibile, è un affiancamento istituzionale, misura condivisa anche da codesta Commissione. L'idea migliore per attuare tale affiancamento istituzionale è stata quella della gestione commissariale.
Sono consapevole del fatto che si tratta, nella circostanza, di una situazione davvero delicata; tuttavia, vorrei evidenziare una differenza.
A mio avviso, a livello di sistema, la soluzione proposta dall'articolo 3, comma 3, del decreto-legge n. 40 del 2010 è apprezzabile, nel senso che presenta tante caratteristiche positive.
Ovviamente, se si vanno a guardare in dettaglio le singole situazioni dei 376 comuni interessati, ci si accorge che vi sono casi particolari. Ad esempio, il sindaco di Aprilia farà affiggere avvisi per invitare i cittadini a non pagare più all'Aser, e altri casi, che magari non conosciamo, saranno altrettanto o ancora più drammatici.
Credo, però, che i due piani debbano essere separati.
Sul piano generale, di sistema, il tipo di intervento proposto è positivo. In generale, ci si è preoccupati, in considerazione della delicatezza della questione, di definire una disciplina per le crisi di società di riscossione delle entrate locali. In particolare, si è cercato di garantire l'efficacia dell'ammissione di tali società alle procedure di cui al decreto-legge n. 347 del 2003 e di consentire ai comuni di gestire la difficoltà finanziaria nei loro bilanci, prevedendo una certificazione dei loro crediti.
Si è cercato di evitare, invece, l'incentivo perverso che deriverebbe dalla consapevolezza dei comuni di poter affidare il servizio di riscossione a condizioni eccessivamente vantaggiose per gli aggiudicatari, senza porsi troppi problemi, in base al principio che tanto paga lo Stato. L'intervento normativo non ingenera una simile aspettativa e, quindi, tiene alta l'attenzione dei comuni sulla delicatezza delle scelte da operare nella materia de qua.
Soprattutto, la parte finale del terzo comma dell'articolo 3 prevede l'aggiornamento dei regolamenti emanati in attuazione dell'articolo 53, comma 3, del decreto legislativo n. 446 del 1997, che consentirà di mettere mano, fra l'altro, a una revisione delle norme che disciplinano i requisiti per l'iscrizione all'albo, ridisegnando in maniera seria e importante le cosiddette regole del gioco.
Credo, insomma, che l'intervento normativo di cui stiamo discorrendo risponda alle aspettative. Il decreto-legge può certamente essere migliorato, ma questo compito spetta a voi.

PRESIDENTE. Questo sarà nostro compito.
Vi sarebbero altri aspetti da approfondire, ma mi pare che non ci sia il tempo per farlo, poiché alle 10,30 riprenderanno le votazioni in Assemblea.

MAURIZIO LEO. Relativamente alla questione delle frodi «carosello», è sicuramente lodevole l'inversione di tendenza rispetto all'impostazione di cui all'articolo 168-bis del TUIR. Ai sensi di tale norma vengono individuati non i Paesi a regime fiscale privilegiato (cosiddetti black list) ma quelli che potremmo definire «virtuosi» (cosiddetti white list).
Nella nuova norma relativa alle frodi carosello - ma pensiamo che la tendenza dovrebbe abbracciare anche altri fenomeni, quali le CFC -, l'intento è, invece, quello di individuare le società che effettuano operazioni con soggetti economici aventi sede, residenza o domicilio in Paesi cosiddetti black list (da qui il riferimento, per le persone fisiche, al decreto del Ministro delle finanze 4 maggio 1999 e, per le persone giuridiche, al decreto del Ministro dell'economia e delle finanze 21 novembre 2001).
In buona sostanza, la norma, che riguarda, nello specifico, le frodi IVA, sarà


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estesa anche all'imposizione sui redditi? Sarà superato il disposto dell'articolo 168-bis del TUIR, nel quale si concentra l'attenzione sui Paesi cosiddetti white list? Così facendo, i Paesi cosiddetti white list non ci saranno più e si farà un unico elenco dei Paesi a regime fiscale privilegiato, da utilizzare per monitorare le società che operano nei loro territori.
Per quanto riguarda il contenzioso, premesso che è apprezzabilissima la soluzione di eliminare l'obbligo di prestare fideiussione, nei procedimenti di accertamento con adesione e di conciliazione giudiziale, qualora l'importo delle rate successive alla prima sia inferiore a 50.000 euro, non potrebbe essere colta l'occasione, in una logica di deflazione, per ammettere alla conciliazione giudiziale le controversie pendenti dinanzi alla Commissione tributaria regionale? Se gli obiettivi sono quelli di deflazionare il contenzioso e di portare a casa più soldi, non è opportuno valutare la possibilità di ammettere la conciliazione giudiziale anche in secondo grado? Tutto ciò in una logica di deflazione del contenzioso.

PRESIDENTE. L'onorevole Leo precorre sempre i tempi.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. L'onorevole Leo attende ancora una risposta per quanto riguarda i riflessi della vicenda di Tributi Italia sui bilanci dei comuni. Se lo consente, signor presidente, gliela darà il collega D'Avanzo, che è il nostro massimo esperto di bilancio dello Stato (e, quindi, anche di bilanci degli enti locali, che mi pare seguano i medesimi criteri).
Per quanto riguarda le questioni tributarie da ultimo sollevate, la scelta di richiamare le due black list delle persone fisiche e delle CFC era ritenuta particolarmente valida per assicurare il funzionamento della norma. Non si tratta, tuttavia, di una scelta a trecentosessanta gradi. Vige ancora, nell'ordinamento, la disposizione che prevede il passaggio, entro tre anni (in precedenza erano cinque), dalle black list alle white list, una delle quali contenente l'elenco dei Paesi che offrono un adeguato scambio di informazioni. Si tratta di un'attività a buon punto sotto il profilo tecnico, la quale sta procedendo di pari passo con un'intensa attività di sottoscrizione di trattati per lo scambio di informazioni con Paesi a fiscalità privilegiata.
Quanto alle iniziative per deflazionare il contenzioso, ritengo che tale materia debba essere valutata con attenzione. Personalmente, mi farò carico di promuovere un'analisi a livello tecnico, perché la deflazione del contenzioso tributario è una delle priorità.
Per quanto riguarda la domanda posta con riferimento ai bilanci dei comuni e al tema dei residui attivi...

PRESIDENTE. Mi scusi, professoressa, ma prima di dare la parola al dottor D'Avanzo, mi piacerebbe sapere se la «lista Falciani», comparsa improvvisamente, relativa ai clienti della HSBC, rimarrà soltanto nelle mani dei giudici o giungerà anche all'Amministrazione finanziaria.
Prego, dottor D'Avanzo.

GIOVANNI D'AVANZO, Direttore della direzione studi e ricerche economico-fiscali del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Quanto ha affermato l'onorevole Leo è sostanzialmente corretto, per cui mi basterà aggiungere soltanto qualche piccola precisazione.
I principi contabili del bilancio dello Stato sono analoghi a quelli vigenti per i bilanci dei comuni, giacché, normalmente, alcuni tributi vengono accertati contestualmente al versamento.
Nei casi in cui non vi è contestualità, la somma viene prima accertata, poi riscossa e versata. Per la maggioranza dei tributi vale quest'ultimo percorso, che prevede le fasi successive dell'accertamento, della riscossione e del versamento.
Nel caso di specie, poiché i contribuenti hanno pagato, le somme sono state accertate


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e anche riscosse, ma è mancato il versamento. Nel bilancio dei comuni, quando un'entrata è accertata e riscossa, ma non versata, si configura un residuo attivo, che resta in bilancio finché non si accerta l'inesigibilità del credito.

MAURIZIO LEO. Se i revisori dicono che è inesigibile...

GIOVANNI D'AVANZO, Direttore della direzione studi e ricerche economico-fiscali del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Certo.
Quando ne è accertata l'inesigibilità, l'entrata viene cancellata e ciò, naturalmente, si riflette negativamente sui conti del comune. L'analisi dell'onorevole Leo è, quindi, corretta.

PRESIDENTE. Se l'entrata è accertata, ma non riscossa, come viene iscritta in bilancio?

MAURIZIO LEO. Secondo me, dovrebbe essere considerata riscossa a tutti gli effetti.

PRESIDENTE. Ammessa la veridicità di quanto afferma Tributi Italia, la quale avrebbe spedito cartelle di pagamento per 350 milioni di euro, tecnicamente, tale somma dovrebbe essere iscritta nei bilanci dei Comuni, indipendentemente dal fatto che gli accertamenti a monte siano veri (comunque, chi arriva al punto di perpetrare un'appropriazione indebita potrebbe anche aver prodotto accertamenti falsi o gonfiati, per cercare di porre rimedio alla difficile situazione che si era determinata).

ANDREA LULLI. Non c'è dubbio, se vi sono stati accertamenti, le relative somme devono essere iscritte nei bilanci.

ALBERTO FLUVI. L'accertato nei bilanci dei comuni deve risultare. Poi, se Tributi Italia ha fatto altre operazioni, non lo so...

GIOVANNI D'AVANZO, Direttore della direzione studi e ricerche economico-fiscali del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. Se l'entrata è accertata, viene iscritta in bilancio, e il residuo attivo rimane iscritto in bilancio.
Nel caso della spesa, il residuo passivo viene eliminato dal bilancio per perenzione. Per il residuo attivo, invece, non vi è alcun termine: rimane iscritto in bilancio finché non interviene un altro provvedimento che prende atto dell'insussistenza o dell'inesigibilità del credito che l'ha originato.

MAURIZIO LEO. In sede di rendiconto, si procede al riaccertamento dei residui attivi (e passivi). Quando la mancata riscossione delle somme è conclamata, il residuo attivo non viene mantenuto nel bilancio; ciò può generare disavanzi e situazioni di dissesto. I revisori relazionano sul riaccertamento.

FABRIZIA LAPECORELLA, Direttore del Dipartimento delle finanze del Ministero dell'economia e delle finanze. In questo senso, onorevole Leo, il potere del commissario di certificare l'esigibilità dei crediti dei comuni dovrebbe consentire il mantenimento nel bilancio del residuo attivo.

MAURIZIO LEO. Però, se non vi è il versamento...

LUDOVICO VICO. A mio avviso, si stanno mettendo insieme cose diverse fra loro.
Si propone l'applicazione della cosiddetta legge Marzano - che ha una sua filosofia e che non è adeguata al caso - per risolvere un problema contabile? Non è questo il problema! Forse, qualcuno dovrebbe chiedersi se la vigilanza sulle società di riscossione delle entrate degli enti locali competa al Ministero, e a quale livello, perché tutto l'apparato di cui ha parlato lei, professoressa, non ha mai funzionato. Questo è il punto! Se vi sono competenze neglette, non può farsene carico


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la magistratura: né quella penale, i cui tempi sono lunghissimi, né quella amministrativa.
Il dissesto del Comune di Taranto, che ha passività per 900 milioni di euro, è riconducibile a residui attivi per crediti risultati inesigibili, su cui un certo numero di amministratori, in dieci anni...

PRESIDENTE. Bene. Ringrazio la professoressa Lapecorella, e tutti i dirigenti che l'hanno accompagnata, anche per il documento consegnatoci, del quale autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 10,30.

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