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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VII
1.
Martedì 3 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

Audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Sandro Bondi, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Aprea Valentina, Presidente ... 3 12 19 21 24 28 29 29 31 32 33 36 40 47 51 52
Barbareschi Luca Giorgio (PdL) ... 18 19 24 28
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 14 16 31
Bondi Sandro, Ministro per i beni e le attività culturali ... 3 49 51
Caldoro Stefano (PdL) ... 35
Capitanio Santolini Luisa (UdC) ... 33
Carlucci Gabriella (PdL) ... 17 21
Ceccacci Rubino Fiorella (PdL) ... 42
De Biasi Emilia Grazia (PD) ... 28 43
De Torre Maria Letizia (PD) ... 46
Farina Renato (PdL) ... 37
Frassinetti Paola (PdL) ... 12
Ghizzoni Manuela (PD) ... 12 15 16 17
Goisis Paola (LNP) ... 29 32
Granata Benedetto Fabio (PdL) ... 19 21
Grimoldi Paolo (LNP) ... 39
Levi Ricardo Franco (PD) ... 43
Mazzarella Eugenio (PD) ... 36
Nicolais Luigi (PD) ... 28
Palmieri Antonio (PdL) ... 28 40 51
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 31 32

ALLEGATO: Testo integrale della relazione svolta dal Ministro Sandro Bondi ... 53
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

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COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 3 giugno 2008


Pag. 53

ALLEGATO
TESTO INTEGRALE DELLA RELAZIONE DEL MINISTRO SANDRO BONDI

Caro presidente, cari onorevoli colleghi, ho accettato l'incarico di Ministro per i Beni e le attività culturali con la ferma convinzione che il rilancio del nostro Paese debba passare per una nuova stagione della cultura italiana. Dopo decenni di scontri ideologici, di insanabili fratture, di pesanti egemonie è giunto il momento di badare innanzitutto al bene comune, e non solo all'interesse di parte. Per lungo tempo siamo stati indotti a credere che la cultura potesse essere di destra o di sinistra, mai abbiamo pensato che sussistessero prima ancora delle divisioni, valori identitari e condivisi a fondamento della nazione. Valori che sedimentano vivi nel nostro immenso patrimonio artistico e che hanno ancora la forza per essere modelli con i quali progettare, insieme, il futuro.
Al Festival di Cannes, dove mi sono recato pochi giorni fa, ho capito che i nostri film davano al mondo il segnale chiaro che sta rinascendo un cinema italiano forte, impegnato, forse anche scomodo, diretto da magistrali registi e interpretato da valenti attori italiani. Ma anche i nostri musei rinascono, si stanno adeguando ai bisogni dei turisti di oggi, forse meno sofisticati di un tempo, certo più esigenti e numerosi. Basti pensare alle lunghe code davanti ai nostri complessi museali, e a come si affollano i teatri e i luoghi dove si parla di letteratura, poesia, filosofia, scienza o i concerti e gli spettacoli, come ad esempio l'arena di Verona e gli altri splendidi anfiteatri.
Sono dunque orgoglioso di dovermi occupare della tutela del nostro patrimonio, della sua fruizione e di incoraggiarne il «divenire», cioè di ciò che sta per nascere nel contemporaneo che sia arte, architettura, musica, letteratura, o spettacolo.
Sono consapevole di avere la responsabilità di un dicastero da cui dipendono i centri di eccellenza per il restauro che sono guardati da tutto il mondo con ammirazione. I nostri restauratori compiono missioni straordinarie in Paesi devastati dalla guerre quali l'Afghanistan, l'Irak...
Sono infine grato ai miei predecessori che hanno fatto utili e necessarie riforme nell'apparato ministeriale e che hanno redatto, con successive modifiche, il Codice dei beni culturali e della tutela del paesaggio, non dimenticando mai di guardare alla lezione di Giovanni Spadolini e di Alberto Ronchey.

Non voglio dilungarmi oltre. Ed entro nello specifico del mio programma di governo.

Sono convinto che il mio compito sia innanzitutto quello di proseguire la tutela dell'immenso patrimonio culturale del nostro Paese. Un compito che deve essere svolto dallo Stato, così come prevede il Codice dei Beni culturali.
Credo tuttavia che questo compito, pur fondamentale, cioè di custodire quanto ci è stato tramandato, non debba limitare la nostra possibilità di contemporanei di lasciare segni tangibili di quest'epoca. In questo senso, una seria politica in questo settore deve incoraggiare e sostenere anche le opere degli artisti di oggi.
Per questo intendo, come mia prima proposta, indire un concorso nazionale per le arti figurative, riservato ai giovani artisti, in collaborazione con il ministro delle politiche giovanili, Giorgia Meloni.


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L'Italia può ancora svolgere un ruolo importante in Europa e nel mondo se scommette sulla cultura, in tutti i suoi vari aspetti. E per questo motivo risulta fondamentale l'azione degli Istituti di cultura all'estero. E desidero avere a questo proposito un dialogo costante con il Ministro degli Esteri, Franco Frattini, che ha tenuto per sé la delega della cultura.
«La repubblica promuove - così recita l'articolo 9 della nostra Costituzione - lo sviluppo della cultura e la ricerca scientifica e tecnica. Tutela il paesaggio e il patrimonio storico e artistico della Nazione». I due commi sono legati da un preciso nesso, in forza del quale la tutela del patrimonio costituisce il fondamento della cultura che, con il contributo delle arti e delle diverse forme di conoscenza, rappresenta il motore dello sviluppo e della crescita della società.
Per questo motivo credo sia strategico l'investimento in questo settore, e compatibilmente con le risorse finanziarie disponibili e con gli equilibri delle politiche di bilancio, intendo impegnarmi per una progressiva crescita dell'intervento economico dello Stato a favore delle politiche culturali, attualmente attestato sulla modesta percentuale dello 0,28 per cento del bilancio statale complessivo.
Un'analisi del trend delle risorse finanziarie decennio 1998/2008 mostra, in termini di incidenza in percentuale sul bilancio generale dello Stato, un'oscillazione che va dallo 0, 22 per cento del 1998, a un massimo dello 0,39 per cento nel 2000, e quindi ad una progressiva flessione negli anni successivi che si assesta per il 2008 sullo 0,28 per cento (pari a 2,3 miliardi di euro, contro i 8,3 miliardi della Svezia, i 6,5 della Finlandia, e i 3 della Francia). Dato questo che ci pone agli ultimi posti tra gli Stati europei, i quali sono dotati peraltro di un patrimonio di minore valenza rispetto al nostro.
È mia intenzione impegnarmi, insieme a voi, per una significativa inversione di questa tendenza negativa al fine di assicurare un maggiore impegno economico pubblico in questo campo, fermo restando l'essenziale e imprescindibile apporto dei privati, nella logica della sussidiarietà, che va in ogni modo favorito e sostenuto.

Una politica del fare, più che del legiferare.

Vorrei, a questo punto, sottolineare un altro aspetto del mio programma che ritengo fondamentale. Dopo decenni di faticoso lavorìo, in cui la legislazione di settore è stata per intero riscritta e dopo anni in cui la stessa macchina burocratica è stata riformata più volte, è giunto il momento di mettere in pratica le norme che abbiamo a disposizione, evitando un'ulteriore inflazione normativa.
Abbiamo bisogno di raggiungere risultati concreti e tangibili: restaurare, recuperare, migliorare la fruizione pubblica del nostro patrimonio. Riuscire a spendere al meglio i fondi disponibili. Inventare progetti per il recupero e la riqualificazione di aree, per la valorizzazione di itinerari coinvolgendo in modo intelligente i privati. Le norme ci sono. Servono gli uomini che le attuino e le capacità di tradurre le idee in fatti.
Il governo Berlusconi, Ministro Giuliano Urbani, ha introdotto nel 2004 il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Il testo è stato integrato e reso definitivo dai successivi Ministri, Rocco Buttiglione e Francesco Rutelli. Il codice - è importante sottolinearlo - è stato inoltre elaborato con la preziosa collaborazione delle Regioni e delle altre autonomie territoriali. Ne è derivato un ampio e condiviso apprezzamento da parte degli operatori del settore.
Condivido pienamente il pensiero del professor Salvatore Settis, Presidente del Consiglio nazionale dei beni cuturali, quando osserva che «il nuovo Codice sia un importante passo avanti nell'attuazione della Costituzione repubblicana. Può esserlo. Dipende da noi».
Ora occorre sperimentare sul campo la nuova disciplina. A tal fine è mio intendimento di costituire, presso il Ministero, un tavolo di coordinamento per l'attuazione del codice, aperto naturalmente alla Regioni e agli enti locali.


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La tutela il recupero della bellezza dei nostri paesaggi.

Un capitolo importante, in questo lavoro di attuazione della nuova legislazione, è costituito dalla tutela, dal recupero, e dalla riqualificazione dei paesaggi, sulla base della Convenzione europea del paesaggio di Firenze del 2000, ratificata con legge n. 14 del 9 gennaio 2006. Ho avuto modo di osservare che nelle città devastate dalla bruttezza e dal degrado si annidano fenomeni allarmanti di disagio sociale: la bruttezza e il degrado generano violenza. Per questo dobbiamo investire nella bellezza. Riportare l'arte nel cuore delle città.
Su queste premesse sono convinto che occorre avviare una grande politica nazionale per il recupero delle immense periferie senza volto e senz'anima che devastano il paesaggio italiano e generano disagio sociale, infelicità, degrado e, quindi, povertà. Dove non c'è Bellezza, né il piacere di riconoscersi come a casa propria, lì non c'è creatività, non c'è voglia di fare, non c'è l'humus indispensabile perché possano svilupparsi processi di crescita civile e produttiva. Solo riportando a livelli di dignità civile e di vivibilità, anche estetica e non solo funzionale, vaste aree così densamente popolate potremo sperare di aver assolto al nostro compito di uomini di governo garantendo le condizioni per uno sviluppo armonioso, equilibrato e sostenibile.
Come dice Michael Novak in «Gli eroi della mia infanzia» «Il vostro paese è sempre stato tenuto in altissima considerazione dagli artisti e dagli architetti americani. Non solo. L'Italia ha insegnato agli Stati Uniti che gli spazi pubblici civilizzati necessitano di bellezza come il cuore necessita d'amore e i polmoni di aria respirabile. Come potrebbero le persone acquisire uno spirito nobile se intorno a loro non ci sono opere d'arte che rappresentano la nobiltà d'animo? L'effetto del post-modernismo ha disumanizzato i nostri spazi vitali, per sottrarre alla nostra visione la lotta morale caratteristica dello spirito, il dramma umano. Se trattenute a terra da cavi arrugginiti, le ali dello spirito umano non possono spiccare il volo».
Occorre dunque avviare una collaborazione con le Regioni per la definizione di nuove regole d'uso del territorio compatibili con la tutela paesaggistica, mediante l'inserimento di più specifici contenuti prescrittivi e mediante la redazione di nuovi piani paesaggistici. Questi regole non dovranno essere fattori di limite né un peso sulla libera iniziativa privata, bensì costituire le basi per una gestione sostenibile e razionale dei beni paesaggistici in un contesto di miglioramento del marchio di qualità territoriale.
Dobbiamo far comprendere a tutti i cittadini che la tutela del patrimonio culturale, nonostante le rinunce che sembra imporre nell'immediato, significa in realtà più ricchezza e opportunità di sviluppo nel medio e lungo periodo. La tutela è pratica di lungimiranza che restituisce domani alla collettività, molto di più di quello che chiede oggi in termini di rinuncia.
Si tratta di principi condivisi in tutta Europa. Dobbiamo renderci conto che il territorio, specie in una realtà come quella italiana, è un bene prezioso e richiede dunque un utilizzo attento, misurato e prudente.
Il che non vuol dire che politiche territoriali sagge si pongano in contrasto con le esigenze di crescita economica. Occorre invece, ed è qui il punto di equilibrio vero della formula dello «sviluppo sostenibile», puntare al riutilizzo dell'immenso patrimonio immobiliare, pubblico e privato, delle periferie degradate che imbruttiscono le nostre città, al recupero delle aree industriali dismesse, delle troppe «cattedrali nel deserto» sorte senza adeguati progetti e rimaste incompiute.
Il Paese non può permettersi una nuova fase di cementificazione non pianificata né razionalizzata, con l'eccezione di opere necessarie di interesse nazionale.
Nell'ottica di un recupero della bellezza del territorio, è mio fermo proposito dare impulso alle azioni volte al recupero dei paesaggi compromessi e degradati,


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anche secondo le previsioni dell'ultima finanziaria, e soprattutto dando applicazione all'articolo 167 del Codice, che prevede la stipula di un'apposita convenzione tra il Ministero di cui ho la responsabilità e il Ministero della difesa per gli interventi demolitori per iniziativa delle Soprintendenze.
Al riguardo è mio intendimento portare una semplificazione in materia, al fine di consentire una ragionevole accelerazione delle pratiche di controllo preventivo, sì da renderle quanto più possibile meno onerose e impegnative per il cittadino.
Ma intendo sin d'ora precisare che occorre preservare la pietra angolare su cui poggia l'intero edificio della tutela, vale a dire un controllo preventivo reale sui singoli interventi di trasformazione dei beni protetti, da assicurarsi attraverso un atto espresso del soprintendente. Qui è e resta a mio avviso il nocciolo duro del nostro modello di tutela che si è legittimato in un secolo di storia e che fa perno su questa specialissima «magistratura tecnica», costituita dalle nostre soprintendenze che rappresenta un bagaglio inesausto di risorse professionali di assoluta eccellenza, che va difeso e, per quanto possibile, potenziato.
Intendo tuttavia introdurre, nell'ambito delle mie prerogative di indirizzo politico, indirizzi operativi che orientino la prassi della tutela secondo criteri di intelligente proporzionalità e ragionevolezza nella gestione, in modo che i diritti e le libertà del cittadino qualora debbano essere sacrificati, lo siano nella misura strettamente indispensabile al conseguimento delle superiori finalità di interesse pubblico.
La tutela del nostro patrimonio, inoltre, che non può non essere esercitata dallo Stato, deve però trovare a livello locale degli strumenti aperti alla collaborazione con gli enti locali e corretti da rigidità burocratiche talvolta incomprensibili e irragionevoli.

Riportare l'arte nel cuore delle città.

Come ho già detto, sono convinto che si debba investire nella Bellezza, che si debba riportare l'arte nel cuore delle città; promuovere il lavoro dei nostri artisti; arricchire il patrimonio che abbiamo ereditato, poiché l'Italia contemporanea - a differenza di altre realtà dell'Occidente (penso a Londra, Parigi, Berlino, Barcellona, Rotterdam) - è stata povera di nuove creazioni artistiche. La rigorosa e prioritaria tutela e valorizzazione del prezioso patrimonio ereditato non devono costituire un freno all'espressione della capacità creativa delle nuove generazioni. Le città sono organismi che hanno bisogno di nuove opere artistiche e architettoniche, che ne arricchiscano la vita.
Intendo a tal proposito valutare il progetto inerente al disegno di legge AS 2867 presentato al Senato nel marzo del 2004, dal titolo «legge quadro sulla qualità architettonica». E naturalmente tenere nella massima considerazione anche i disegni di legge presentati nella scorsa legislatura (onorevoli Zanda, Rampelli e Marras), aventi oggetto analogo.

Nuovi modelli di gestione razionale e integrata dei beni culturali.

Il tema della gestione dei beni culturali richiede particolare cura. Anche in questo caso, un articolato lavoro normativo è stato condotto nell'arco delle ultime tre Legislature: dalla mai realizzata società Sibec (per la promozione e il sostegno finanziario ed organizzativo di progetti per gli interventi di restauro, recupero e valorizzazione dei beni culturali), passando al decreto «Veltroni» del 1998, ove si dava la possibilità per il Ministero di stipulare accordi con amministrazioni pubbliche e con soggetti privati, fino alla legge 16 ottobre 2003 che ha costituito la società Arcus s.p.a. per lo sviluppo dell'arte, della cultura e dello spettacolo.
Si tratta ora di trovare una sintesi operativa tra le diverse visioni in campo, in modo da coniugare il principio della prevalenza della tutela con quello della sussidiarietà orizzontale e del riconoscimento del proficuo apporto dei privati, che è prezioso non solo in termini economici,


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ma anche in termini di capacità ideativa, progettuale e gestionale.
A questo proposito, desidero affrontare il tema dei musei. Abbiamo in Italia oltre 3500 siti museali statali, per non parlare dei quasi 100 mila tra monumenti e chiese, 300 mila dimore storiche e 2000 siti archeologici. Si tratta di un patrimonio inestimabile, che però molto spesso versa in condizioni difficili se non di abbandono. E comunque un patrimonio che stenta a diventare una risorsa per lo sviluppo del nostro turismo.
Ho già affidato, perciò, ai preposti uffici del ministero l'incarico di individuare una figura giuridicamente capace di coordinare e sviluppare un piano nazionale dei musei, secondo i moderni canoni di gestione economica dei beni culturali, con la missione di meglio tutelarli e di meglio utilizzarli al fine della loro fruizione e valorizzazione anche turistica.
Sempre in questo ambito, è mio proposito valorizzare la società Arcus s.p.a., che rappresenta un importante, innovativo strumento operativo per elaborare nuovi approcci di gestione e di intervento, assicurando un più stretto raccordo con la programmazione ministeriale, anche ai fini delle definizioni degli obiettivi di intervento.

Migliorare la tutela e la fruizione del nostro patrimonio archeologico.

Innanzitutto occorre rendere operativa l'archeologia preventiva, mediante l'elaborazione di linee guida e la scrittura dei regolamenti attuativi. L'archeologia preventiva consente di conoscere, conservare e proteggere, nonché di rendere fruibile e valorizzare ulteriore e nuovo patrimonio archeologico. Conoscere prima il «rischio» archeologico e prevenirlo è il modo migliore per evitare che importanti opere pubbliche restino bloccate per anni.
Per questo è necessario anche una messa a punto degli strumenti operativi, quali il potenziamento della struttura del personale tecnico-scientifico delle Soprintendenze, la creazione di una rete di laboratori-magazzini (da gestire con le Università) per la logistica degli scavi preventivi, la realizzazione di una cartografia nazionale digitalizzata archeologica (da realizzarsi in forma di rete partecipata da altri Enti e Istituzioni pubbliche), l'elaborazione di piani di gestione e valorizzazione degli scavi di archeologia preventiva interessati dai grandi lavori infrastrutturali.
Ma sono altresì deciso a potenziare il settore dell'archeologia subacquea mediante l'estensione alle regioni settentrionali del progetto Archeomar, che ha coperto il Sud e il Centro della penisola e con l'introduzione di modelli più efficaci di gestione e valorizzazione del patrimonio archeologico.
In proposito intendo dare un forte impulso al modello gestionale delle Fondazioni, e in genere delle nuove strutture giuridiche previste dal Codice, con attivazione di accordi con le Regioni e gli Enti locali, nonché con gli stessi proprietari di beni culturali e con persone giuridiche private senza fine di lucro, anche al fine di assicurare l'attivazione di meccanismi di controllo a campione. In questo contesto una particolare attenzione dovrà essere posta al miglioramento delle forme di gestione dei parchi archeologici mediante il varo di apposite linee guida per la loro costituzione e gestione.
Sul piano internazionale il settore dell'archeologia è tra quelli nei quali gli ultimi Governi hanno ottenuto grandi successi ampliando la sfera di prestigio di cui l'Italia gode nel mondo.

Sviluppo e sostegno al turismo culturale di qualità.

È stata da più parti sottolineata la necessaria connessione tra la valorizzazione dei beni culturali e la promozione del territorio. Il nostro patrimonio culturale, infatti, è così fittamente intrecciato con il territorio da costituire un tutt'uno con il paesaggio circostante: è ciò che


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chiamiamo paesaggio storico, o museo diffuso, o distretto culturale.
Il turismo culturale di qualità è la nuova frontiera per una gestione efficace del sistema dei beni culturali che, con la responsabile partecipazione di tutti i soggetti coinvolti, pubblici e privati, può realizzare un'offerta capace di generare uno sviluppo benefico per l'intero territorio interessato.
Per raggiungere questo ambizioso obiettivo occorre che siano messe in campo tutte le forze disponibili, non solo quelle pubbliche e istituzionali, ma anche quelle imprenditoriali e del terzo settore. Vanno inoltre incentivate le forme del mecenatismo, della sponsorizzazione, della collaborazione pubblico-privato, fino ai nuovi modelli di sviluppo che mettono in campo la responsabilità sociale dell'impresa e il volontariato manageriale.
A questo fine, intendo mettere al lavoro una commissione di esperti, in collaborazione con le maggiori associazioni operanti nel mondo della cultura, quali il Fai, Mecenate 90, Civita ed altri, con il compito di approntare una serie di itinerari e di circuiti turistico-culturali che privilegino l'Italia minore, l'Italia delle cento città, l'Italia da scoprire e da conoscere anche da parte degli stessi italiani. Un piano, anche di comunicazione, per «vendere» l'Italia agli italiani.

Nuovo dinamismo alla macchina burocratica.

Ho già rilevato come questo settore sia reduce da due riforme organizzative ravvicinate, i cui effetti sono ancora lontani dall'essersi stabilizzati. Vale anche per il campo dell'organizzazione interna la massima che ho posto in testa al mio programma: «prima fare».
Per quanto attiene all'apparato burocratico è dunque mio intendimento puntare sul rafforzamento degli organici, attraverso l'assunzione di nuovi funzionari che garantiscano la continuità della tradizione tecnico-amministrativa delle Soprintendenze. Si tratta di un organico inadeguato a far fronte alle funzioni che gli sono attribuite; un organico di età ormai mediamente non più giovane, che non dispone di nuove leve cui tramandare le esperienze accumulate in decenni di gestione, così da assicurare la preziosa continuità della tradizione tecnico-giuridica che caratterizza questa dirigenza. Occorre dunque completare le procedure di reclutamento già avviate, indicendo concorsi per la copertura delle piante organiche.
Un altro capitolo che valuterò con massima attenzione è quello del miglioramento della capacità di spesa degli organi centrali e periferici dell'amministrazione per i beni e le attività culturali. Saper spendere bene, in modo trasparente, significa fare fruttuoso impiego delle risorse pubbliche. Noi dobbiamo essere in grado di mettere a frutto queste risorse, che i cittadini ci affidano, impiegandole in modo veloce, efficiente ed efficace per tradurle in beni restaurati e resi fruibili, in paesaggi riqualificati, in nuovi e migliori servizi di accoglienza nei musei.
Ho dovuto purtroppo registrare, all'esito di una prima e approssimativa ricostruzione affidata ai miei Uffici, che permangono tuttora notevoli difficoltà ad utilizzare le risorse finanziarie a disposizione, non consentendoci di far fronte adeguatamente alle richieste che da più parti arrivano.
In tale contesto credo sia indispensabile:
snellire e sveltire le procedure di spesa;
migliorare la capacità progettuale dell'amministrazione, anche ricorrendo a forme operative di partenariato pubblico-privato;
creare uffici di staff, presieduti da funzionari amministrativi specializzati, che svolgano un servizio di consulenza delle procedure di gara per l'appalto di servizi, forniture e lavori.


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Difendere e rilanciare l'eccellenza della nostra cultura del restauro.

Nel settore del restauro dei beni archeologici l'Italia, come ho già accennato, vanta una posizione di eccellenza nel mondo, come testimoniato di recente dalle missioni in Cina ed in Iraq.
L'articolo 29 del Codice ha dato dignità normativa alle diverse professioni della filiera delle attività conservative, tutte indispensabili alla ottimale riuscita degli interventi. Non sono state ancora definite le norme alle quali è demandata la definizione dei ruoli e delle responsabilità, dei percorsi formativi delle diverse figure professionali, in primis dei restauratori dei beni culturali. Si tratta di disciplinare l'accesso e lo svolgimento dell'attività professionale favorendo l'incontro e l'integrazione tra la tradizione delle scuole di alta formazione statale (come l'Istituto Centrale per il Restauro e l'Opificio delle Pietre Dure) e le esperienze universitarie che sono state attivate da alcuni anni, così da definire degli standard formativi che coniughino le diverse esperienze. In proposito intendo recepire il lavoro svolto negli ultimi mesi da un tavolo tecnico che ha visto la proficua collaborazione tra rappresentanti delle amministrazioni statali e delle università, disciplinando un corso a ciclo unico quinquennale, caratterizzato dalla prevalenza degli insegnamenti tecnico-operativi e dall'interdisciplinarietà. A garanzia di tale modello formativo, verrà istituita una sede di verifica e accreditamento dei corsi che i soggetti pubblici e privati intendono attivare.
Un punto delicato è la definizione della prova di idoneità che, in via transitoria, consentirà di accedere alla qualifica di restauratore anche a coloro che, pur non essendosi diplomati nelle poche e selettive scuole di alta formazione, hanno lavorato nei cantieri di restauro. Al riguardo è mio intendimento far sì che questa prova d'idoneità non divenga una sanatoria generalizzata, semmai costituisca un momento di verifica imparziale e rigorosa, per salvaguardare l'eccellenza professionale, garanzia imprescindibile di qualità degli interventi.
Espletati questi adempimenti, si potrà compilare l'elenco dei restauratori, per dare certezza ad un'attività strategica ai fini dell'effettiva tutela del patrimonio.
La definizione dei profili di competenza e dei percorsi formativi dei restauratori consentirà di dettagliare la qualificazione delle imprese nelle categorie degli appalti pubblici, come prevede il Codice dei contratti pubblici. La disponibilità di operatori qualificati, infatti, è il vero requisito che caratterizza questo settore.

Razionalizzare e (se possibile) potenziare la fiscalità di vantaggio per la tutela dei beni culturali.

È nota la cronica e strutturale carenza di risorse finanziarie che affligge la tutela del patrimonio culturale. Per questo è importante una saggia valorizzazione dei beni - con gli introiti derivanti da un'attenta gestione - che possa alleviare i costi erariali di conservazione del patrimonio culturale. Ma è altresì acquisizione condivisa che occorre favorire forme di compartecipazione liberale dei privati, lucrative e/o di utilità sociale, al finanziamento dei beni e delle attività culturali.
Alcune idee in questa direzione che intendo approfondire sono:
una riduzione significativa dell'aliquota IVA per gli acquisti di opere d'arte e per i servizi culturali;
l'introduzione del 5 per mille a favore del restauro e dell'arte;
l'estensione anche alle persone fisiche delle deduzioni fiscali per i contributi alla cultura.

Beni librari: una penetrante azione di promozione del libro.

Un compito che sentiamo primario è la diffusione della lettura, la promozione del libro e il potenziamento del ruolo delle biblioteche.


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Tra gli obiettivi strategici:
lo sviluppo di nuove norme e metodologie in materia di catalogazione dei beni librari e di digitalizzazione degli archivi;
l'attivazione del Centro per il libro e la lettura e l'istituzione dell'Osservatorio del libro e della lettura;
la realizzazione di un nuovo portale dedicato agli «itinerari storici culturali e religiosi» (ad esempio, quello della «Via Francigena»), quale parte integrante del portale Internet del Ministero, contenente documenti testuali, cartografici e audiovisivi;
la revisione della legge n. 633 del 1941 in materia di diritto d'autore;
il rilancio del restauro dei beni librari e l'avvio di importanti progetti di restauro e recupero di patrimoni;
il completamento di importanti interventi di recupero funzionale di istituti;
l'integrazione delle Biblioteche con i Servizi scolastici, i Musei e gli Archivi a supporto del turismo culturale, con la creazione di sistemi di informazione turistica del territorio;
la realizzazione di concrete strategie di lotta alla contraffazione e di tutela della creatività e della proprietà intellettuale.

Andrà poi curato il miglioramento dei servizi istituzionali, mediante l'attività di vigilanza di istituzioni culturali, l'erogazione di contributi per il sostegno dei Comitati Nazionali e delle Edizioni Nazionali, la promozione e il coordinamento delle attività di catalogazione e documentazione, il progressivo incremento del patrimonio del sistema bibliotecario nazionale, la conservazione, la tutela, la valorizzazione del patrimonio bibliografico e la sua migliore fruizione da parte di un'utenza sempre più numerosa e qualificata.

Beni archivistici. Nuovi modelli di conservazione del patrimonio documentario ed e-government.

Il patrimonio documentario conservato negli archivi italiani è uno dei più rilevanti del mondo. Un settore, dunque, di grande rilievo, sul quale si possono costruire strategie vincenti e con forte impatto positivo anche in altri ambiti, come ad esempio l'e-government, la ricerca, le applicazioni tecnologiche.
L'enorme incremento che si è registrato nel corso dell'ultimo secolo della mole di documentazione prodotta dalla Pubblica Amministrazione ha posto grandi problematiche riguardanti gli spazi e i supporti della conservazione. Occorre dunque dare impulso a una forte azione di razionalizzazione degli archivi, sia dal punto di vista organizzativo che logistico. Occorre progettare nuovi modelli organizzativi per la conservazione, con la partecipazione di più soggetti istituzionali, soprattutto gli organi di governo territoriale. Occorre inoltre adeguare edifici e spazi appositamente attrezzati con sistemi tecnologici adatti a gestire il ciclo della sicurezza, territoriale, ambientale, del manufatto.
Occorrerà inoltre lavorare per ricercare idonee soluzioni, che la tecnologia innovativa può fornire, alla difficoltà di conservazione dei supporti materiali dei documenti, sia quelli di tipo tradizionale che quelli su supporto informatico, i primi sempre più fragili e sempre più esposti ai rischi del degrado ambientale, i secondi perché non garantiscono la lunga durata.
Sul fronte della fruizione dei beni archivistici, ossia della consultabilità, occorrerà prioritariamente implementare i sistemi per la fruizione on line (digitalizzazioni delle grandi serie a maggior rischio), migliorare l'organizzazione dei servizi al pubblico, per garantire la consultazione del patrimonio documentario, mediante l'automazione delle sale di studio.
Un ruolo particolarmente importante potrà essere svolto dalle istituzioni archivistiche


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nel passaggio all'e-government, all'amministrazione digitalizzata.

Nuovo impulso alle politiche di sostengo al cinema italiano. Nell'audiovisivo, migliorare il rapporto tra l'arte e la TV.

Anche nel campo del cinema, la parola d'ordine è «realizzare». La normativa c'è, ma attende di essere tradotta in atti. Occorre, ad esempio, accelerare l'attuazione delle norme sugli incentivi fiscali al cinema contenute nella legge finanziaria per il 2008 (crediti d'imposta e detassazioni). Sono già pronti i decreti tecnici di attuazione previsti dalla legge finanziaria, in modo da poter rapidamente far entrare in funzione il sistema non appena si concluderà la procedura con Bruxelles.
A questo riguardo, ho l'obbligo di precisare in questa sede che la copertura finanziaria dell'abolizione dell'Ici è stata prevista anche attraverso riduzioni di spesa «dolorose» da inquadrare tuttavia nel più generale contesto di misure urgenti a favore delle famiglie italiane, come primo impegno di questo Governo. Come per tutte le altre amministrazioni pubbliche sono state effettuate alcune riduzioni delle spese a suo tempo autorizzate dalla legge finanziaria. Per quanto concerne la diminuzione delle risorse del Fondo unico per lo spettacolo è da riferirsi alla limitatissima quota del 6,78 per cento degli stanziamenti, di sola parte corrente per l'anno 2010. Quindi, un'annualità lontana, com'è noto puramente figurativa e comunque suscettibile di futuri aggiustamenti. La soppressione degli interventi a favore degli investimenti nel cinema (tax credit) è invece certamente un segnale negativo per questo settore.
Ho già interessato il Presidente del Consiglio, il Ministro dell'Economia, il titolare per i Rapporti con il Parlamento ed il sottosegretario alla presidenza del Consiglio, dottor Gianni Letta, che mi hanno assicurato in sede di conversione del decreto-legge un attento ed approfondito esame che - sono certo - certamente porterà ad un ripensamento di questa decisione. Si tratta, infatti, di una norma che incide limitatamente sui conti dello Stato, ma che costituisce un forte volano per il rilancio di questo settore ed in generale dell'economia italiana. Infine, bisogna ricordare che il decreto-legge sull'Ici prevede un fondo di 100 mln di euro annui a disposizione delle Amministrazioni da utilizzare al reintegro delle dotazioni finanziarie ridotte. Il Ministero potrà eventualmente attivare le procedure per concorrere a tale reintegro.

Intendo peraltro porre mano a un disegno di legge snello e quanto più possibile condiviso, contenente un «pacchetto» di urgenti modifiche alla cd. «legge cinema» (decreto legislativo n. 28 del 2004), il cui impianto - voluto dal mio predecessore Giuliano Urbani - merita condivisione, ma che, nelle prime applicazioni, ha evidenziato la necessità di alcune correzioni. Si tratta di correzioni condivise che tendono a migliorare alcuni aspetti, da quello della valutazione tecnico-artistica dei progetti filmici di interesse culturale da sostenere, al funzionamento del pubblico registro delle opere cinematografiche per la tracciabilità dei relativi diritti, all'innalzamento della quota di spesa minima da effettuare in Italia per la produzione di un film se si vuole ottenere il contributo dello Stato.
Si dovrà conseguentemente predisporre alcune modifiche dei principali decreti tecnici di attuazione della «legge cinema» in modo che il «sistema delle regole», già semplificato dalla «legge Urbani», sia sempre più funzionale e vicino alle reali esigenze degli utenti.
Negli ultimi decenni le distorsioni del mercato cinematografico hanno messo sempre più a rischio la specificità culturale del cinema italiano, mortificandone la forza creativa, impoverendone la capacità produttiva e limitandone la diffusione sul territorio nazionale e in Europa. La polverizzazione delle imprese cinematografiche italiane - caratterizzate da dimensioni ridotte, scarsa patrimonializzazione ed alto tasso di mortalità - unita ad una


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forte presenza delle majors americane sul versante distributivo e dell'esercizio, e da qualche anno anche su quello produttivo, ha determinato una forte presenza di film commerciali ad alto budget, di origine per lo più statunitense. Negli anni, in Italia, si è sempre più configurato un mercato del cinema incapace di sostenere i prodotti filmici a matrice culturale, caratterizzati da una domanda non sufficientemente ampia ed esposti a un processo generalizzato e continuo di costi di produzione crescenti.
In questo senso, sono altresì convinto che vada rivisto l'intervento, comunque necessario, di sostegno economico da parte del Ministero dei Beni Culturali nei confronti del cinema italiano. Attualmente il meccanismo è teso a finanziare la produzione delle sceneggiature meritevoli, ma è carente il sostegno nella fase di pre-produzione e sviluppo dell'idea, ed ugualmente carente il sostengo nella fase di distribuzione. Basterebbe poco per invertire l'approccio, aiutando le case di produzione ad attivare nella fase di pre-produzione e di scrittura tutte quelle sinergie (a livello di soggetto, marketing, cooproduzioni...) indispensabili per poi riuscire ad affrontare le forche caudine dell'uscita nelle sale.
Il miglioramento di questa fase di pre-produzione permetterebbe inoltre di ampliare i target, visto che il cinema italiano ha sottovalutato numerose fasce di pubblico che invece il cinema made in Usa presidia stabilmente: per esempio le famiglie. Non posso dunque che augurare il miglior successo al Family Festival di Fiuggi annunciato in questi giorni, prima iniziativa, sulla scia del Family Day, dedicata espressamente ai film per le famiglie, un pubblico fondamentale per il cinema internazionale e che da noi viene quasi snobbato.
Intendo infine vigilare sulle misure di contenimento dei costi amministrativi annunciate nella legge finanziaria per il 2008, con riferimento a Cinecittà Holding spa e alle società controllate, verificando gli statuti del Centro sperimentale e della Biennale di Venezia, in un'ottica di contenimento della spesa e di riduzione dei componenti degli organi delle società partecipate dalle Amministrazioni pubbliche.
Anche per la tutela della concorrenza e del mercato, intendo determinare una complessiva riforma della società madre e del gruppo, che, anche in relazione alle vicende degli ultimi anni, si rende opportuna per ridare a Cinecittà lo smalto e il prestigio che ha sempre. Sempre le disposizioni contenute nella legge finanziaria, infine, impongono di determinare se sia necessaria una revisione degli Statuti di due altre importanti istituzioni pubbliche vigilate dal Ministero - la Fondazione Centro sperimentale di cinematografia e la Fondazione Biennale di Venezia, con la finalità di eliminare le disfunzioni e gli inutili sprechi.
Un ultimo punto mi preme di evidenziare in questa sintesi delle linee programmatiche cui ispirerò la mia azione di governo: verificare possibili soluzioni operative per favorire iniziative comuni con il Servizio pubblico radiotelevisivo e le aziende specializzate nell'audiovisivo.
In particolare la televisione deve essere informativa e formativa. Deve favorire la vita culturale nei musei e nelle altre istituzioni. Deve inventare il futuro, non soltanto della televisione, ma anche del costume e della cultura di questo Paese.

Semplificare e migliorare la normativa per il settore dello Spettacolo dal vivo.

Per il campo dello spettacolo dal vivo, diversamente da quanto ho rilevato per gli altri settori di competenza del mio Dicastero, ritengo invece opportuno proporre un più significativo riassetto normativo, poiché la fluidità e l'efficacia dell'azione di governo in questo settore scontano negativamente l'eccessiva frammentazione e disorganicità della disciplina vigente.
Sotto questo profilo considererò con attenzione l'esigenza del varo di una legge-obiettivo per lo spettacolo dal vivo, poiché l'attuale assetto generale delle norme non è connotato da univocità di


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lettura; da qui l'esigenza di fissare nei riguardi dell'Amministrazione e degli operatori di settore, le missioni e le linee generali di condotta.
Parimenti è sentita:
la necessità di una profonda rivisitazione della disciplina del Titolo III della legge 14 agosto 1967, n. 800 in materia di attività musicali, le cui norme, dirette a favorire la formazione musicale della collettività mostrano dopo 40 anni di applicazione la loro obsolescenza; l'operatività «aziendale» dei diversi settori, il diverso approccio del pubblico giovanile, la opportunità di razionalizzare interventi in passato conferiti a pioggia e di dislocarli sul territorio compensando le naturali carenze di area geografica postulano un complessivo ripensamento dell'intervento dello Stato;
la necessità di una riforma della disciplina delle Fondazioni lirico-sinfoniche, a partire dalla privatizzazione di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, ottimizzando sia la governance interna (leggasi ingresso di soci fondatori privati), sia restituendo appeal nei confronti di possibili sovventori sia, soprattutto, migliorando la gestione del personale. Il decreto del 1996 non ha dato i frutti sperati, anche a causa di peculiarità storiche di alcuni tra i quattordici teatri d'opera, ed è per questo che si profila un intervento legislativo ad hoc, con precisi obiettivi e risultati da perseguire;
infine, il settore delle attività del teatro di prosa non ha mai goduto di una legislazione organica, e anche gli interventi sporadici accavallatisi nel tempo non sono risultati soddisfacenti, per questo motivo si impone una disciplina di livello primario.

Come vedete, non si tratta di un programma ideologico, di parte, ma di un programma per realizzare il quale quale spero si possa registrare un largo consenso fra le forze politiche e in Parlamento, partendo innanzitutto da una stretta collaborazione con tutti i componenti di questa commissione.

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