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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VII
26.
Mercoledì 12 ottobre 2011
INDICE

Sui lavori della Commissione:

Aprea Valentina, Presidente ... 3
Barbieri Emerenzio (PdL) ... 3
Ghizzoni Manuela (PD) ... 3

Sulla pubblicità dei lavori:

Aprea Valentina, Presidente ... 3

Seguito dell'audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo Dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Aprea Valentina, Presidente ... 3 7 9 18 22 23 28 29 31
Barbareschi Luca Giorgio (Misto) ... 16 18
Capitanio Santolini Luisa (UdCpTP) ... 27
Carlucci Gabriella (PdL) ... 22
De Biasi Emilia Grazia (PD) ... 18
De Pasquale Rosa (PD) ... 20
Frassinetti Paola (PdL) ... 27
Galan Giancarlo, Ministro per i beni e le attività culturali ... 3 21 28 29
Ghizzoni Manuela (PD) ... 24
Giulietti Giuseppe (Misto) ... 15
Goisis Paola (LNP) ... 21
Levi Riccardo Franco (PD) ... 13
Lusetti Renzo (UdCpTP) ... 9
Martella Andrea (PD) ... 8
Mazzarella Eugenio (PD) ... 23
Motta Carmen (PD) ... 26
Pes Caterina (PD) ... 11
Polledri Massimo (LNP) ... 12
Rivolta Erica (LNP) ... 18
Scalera Giuseppe (PdL) ... 12
Zazzera Pierfelice (IdV) ... 19
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE VII
CULTURA, SCIENZA E ISTRUZIONE

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 12 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE VALENTINA APREA

La seduta comincia alle 14,25.

Sui lavori della Commissione.

PRESIDENTE. Do la parola all'onorevole Ghizzoni che ha chiesto di intervenire sui lavori della Commissione.

MANUELA GHIZZONI. Presidente, chiedo di rinviare l'esame dei provvedimenti all'ordine del giorno della Commissione per i quali siano previste votazioni, sia per la giornata di oggi che per quella di domani. Ritengo infatti che la situazione politica in atto non consenta di svolgere altre sedute se non l'audizione del Ministro Galan e la riunione dell'ufficio di presidenza.

PRESIDENTE. Avverto che nell'odierna riunione della Conferenza dei Presidenti dei gruppi è stato convenuto che, in presenza della richiesta di un gruppo, le Commissioni non procedano allo svolgimento delle sedute già programmate. Sulla base quindi della richiesta della collega Ghizzoni, si procederà nella seduta odierna solo allo svolgimento del seguito dell'audizione del Ministro Galan e alla successiva riunione dell'ufficio di presidenza. Pertanto le altre sedute già convocate per la giornata odierna e per domani, giovedì 13 ottobre 2011, non avranno luogo.

EMERENZIO BARBIERI. Ricordo che il termine per l'espressione del parere sull'atto del Governo n. 402 è fissato al 13 ottobre 2011.

PRESIDENTE. Si acquisirà per le vie brevi dal Governo la disponibilità ad attendere l'espressione del parere da parte delle Commissioni riunite, prima dell'adozione definitiva del provvedimento.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Seguito dell'audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, il seguito dell'audizione del Ministro per i beni e le attività culturali, Giancarlo Galan, sulle linee programmatiche del suo Dicastero.
Ringrazio il Ministro e gli do la parola, anticipandogli che abbiamo numerosi iscritti a parlare; vorremmo concludere oggi l'audizione, rinviata da ultimo nella seduta del 29 giugno 2011, senza avere la pretesa di sequestrarlo per molto tempo.

GIANCARLO GALAN, Ministro per i beni e le attività culturali. Comincio con due rapide premesse. Spero di non essere noioso, ma ho preparato la risposta alle vostre domande e la consegnerò agli atti


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della Commissione. In secondo luogo, ci tengo a sottolineare che vengo sempre volentieri in Commissione.
Ho sempre partecipato volentieri ai lavori in commissione, vengo molto più volentieri in questa sede a discutere di cultura. Dunque, non ho alcun problema a venire anche ogni quindici giorni in questa Commissione.
Vorrei cominciare da alcuni temi che sono stati introdotti dall'onorevole Giulietti relativi a Cinecittà. In proposito, voglio rivendicare con orgoglio una riforma che è diretta a razionalizzare un sistema che ormai era divenuto insostenibile, con l'obiettivo di salvaguardare la missione storica, la mission di Cinecittà, distinguendola dalle attività commerciali e industriali che lo Stato non può continuare a caricarsi nel suo bilancio, facendo inoltre concorrenza - anche un po' sleale - ai privati.
La riforma che ho fatto approvare produrrà un risparmio, a regime, per i prossimi anni, a vantaggio del Fondo unico per lo spettacolo, di 20 milioni di euro all'anno, dei quali più della metà derivanti dai minori costi del personale e la restante parte dalla riduzione dei costi indiretti di gestione.
In sostanza, ho voluto una riforma complessiva dell'ente, con una riconduzione della sua attività alle sue finalità di interesse generale, con esclusione delle attività estranee come è quella commerciale.
Questo assicurerà un migliore proseguimento delle funzioni storiche proprie, che sono: la conservazione, il restauro e la valorizzazione del patrimonio filmico; la distribuzione delle opere prime e seconde e dei cortometraggi e dei documentari; la promozione del cinema italiano all'estero.
Quanto al personale, il nuovo istituto assorbirà pressoché completamente quello che attualmente svolge le tre funzioni che ho citato, mentre il restante sarà trasferito al ministero. Non si pone, pertanto, alcun problema per i dipendenti.
Inoltre, credo di poter fornire le più ampie rassicurazioni in ordine alla salvaguardia della destinazione d'uso degli immobili. La nuova società resta proprietaria dell'attuale patrimonio immobiliare e sono confermati tutti i vincoli. Non hanno alcun fondamento, pertanto, le preoccupazioni che qualcuno, anche legittimamente, ha avanzato di speculazione edilizia.
Per quanto riguarda la sorte degli studios, resterà in piedi, come è naturale, il contratto di locazione con una società privata che dura fino al 2018, con possibilità di proroga fino al 2027. Anche in questo caso non vi sarà, quindi, alcun mutamento. Il ricorso a Fintecna serve esclusivamente come strumento tecnico per mettere in liquidazione la vecchia società.
Riassumendo, ribadisco che non ci sarà nessuno smantellamento del patrimonio culturale di Cinecittà, che il personale è pienamente garantito, che il patrimonio resta in capo a una società pubblica e sotto tutela, che non vi potrà essere alcuna speculazione, che il personale degli studios ha un contratto di natura privata che non subirà logicamente alcuna modifica.
Stiamo procedendo alla fase attuativa della riforma con la costituzione della nuova società. Ho anche avviato le procedure per la nomina di un nuovo consiglio d'amministrazione, composto da tre soli membri, rispetto ai cinque precedenti e ai sette di quello ancora precedente. Credo fortemente che le personalità che ho indicato, tutte di altissimo profilo e di grande esperienza, sapranno assolvere, con le diverse competenze, al meglio i loro compiti e sapranno traghettare la società verso il conseguimento degli obiettivi che la riforma ha imposto.
Devo inoltre una risposta all'onorevole Giulietti anche su un altro tema, anch'esso molto importante, relativo al Palazzo del cinema di Venezia. In proposito, l'onorevole Giulietti mi ha chiesto quali fossero nel merito le nostre intenzioni, con particolare riguardo alla prosecuzione del mandato commissariale (e su questo le risponderò).
Riguardo a questa questione, credo utile in primo luogo una precisazione preliminare. I poteri decisionali sugli interventi da realizzare sono attribuiti alla


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Conferenza dei servizi, che può anche introdurre varianti agli strumenti urbanistici vigenti. Il commissario, invece, non ha pieni poteri, tanto meno quello di decidere in materia di edificazione senza dover rispettare il piano regolatore, le normative urbanistiche ed edilizie, i pareri, i visti della commissione di salvaguardia. Il ruolo del commissario è limitato all'attuazione delle determinazioni assunte in Conferenza dei servizi.
In ogni caso, in base all'ordinanza presidenziale restano ferme tutte le norme di tutela dei parchi, delle costruzioni storiche e di pregio architettonico, dei luoghi di interesse artistico e ambientale, che possono essere fatte valere dalla sovrintendenza in sede di conferenza dei servizi.
Credo, quindi, che in questo specifico momento non ci siano motivi validi per una conclusione anticipata della gestione commissariale, il cui venir meno, anzi, potrebbe determinare conseguenze negative sul completamento delle diverse iniziative in corso.
Io stesso assicuro che proporrò la revoca del commissario non appena verranno a crearsi le condizioni minime per la utile ed efficace prosecuzione degli interventi in regime ordinario.
Per quanto riguarda, poi, le domande sulla gestione di ARCUS poste dall'onorevole De Biasi, ho già assicurato nel corso dell'audizione la presentazione di una completa relazione sull'attività svolta dalla suddetta società; relazione, peraltro - lo voglio ricordare - che la legge istitutiva di ARCUS già prevede come adempimento istituzionale, poiché ARCUS già presenta al Parlamento una relazione annuale sulla sua attività, che sarà sicuramente molto presto a disposizione anche di questa Commissione. È un dovere.
Nella stessa seduta, peraltro, ho io stesso svolto con franchezza alcune considerazioni non del tutto positive sulle precedenti gestioni di ARCUS. In particolare, ho detto che questa società non deve essere utilizzata per finanziare un'infinità di piccole opere con un indesiderato effetto di dispersione delle risorse che già sono scarse, ma deve unicamente sostenere interventi di grandissimo spessore, che abbiano la giusta massa critica per essere utili prima di tutto, ma anche per poter essere percepiti nella società come qualcosa di concreto e di significativo per la tutela del patrimonio, e non come un'inutile distribuzione a pioggia di risorse pubbliche per far piacere a questo o a quello.
In relazione agli impegni assunti in quella sede, voglio far presente che ho presentato nel decreto-legge Sviluppo n. 98 del luglio scorso un'apposita norma di rifinanziamento di ARCUS: dall'anno 2012 una quota fino al 3 per cento delle risorse del Fondo infrastrutture ferroviarie e stradali, che avrebbe dovuto avere - ma lo stiamo verificando - una dotazione di 930 milioni di euro per il 2012 e 1.000 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2013 al 2016.
I miei uffici, inoltre, stanno studiando una modifica al regolamento del 2008 diretta proprio a centrare gli obiettivi programmatici appena indicati.
Voglio portare a termine questa riforma entro breve tempo, in quanto è necessario fornire ad ARCUS un percorso più semplice e meglio definito che, attraverso una griglia selettiva più efficace dei criteri di valutazione, potrà consentirci di centrare l'obiettivo di spendere meglio le poche risorse disponibili.
L'onorevole De Biasi ha posto anche la questione dell'impatto dei tagli, paventando correttamente gli effetti negativi della manovra finanziaria sui fondi della cultura. Sul punto tengo a precisare che sono riuscito - e non è stato certo facile - ad affermare il principio che i fondi per la tutela del patrimonio e per il FUS non si toccano.
Abbiamo fatto inserire, sempre nel decreto-legge di luglio, n. 98, una norma che esclude i capitoli di bilancio destinati al recupero, al restauro e alla manutenzione dei beni culturali nonché al FUS dai tagli lineari imposti dalle necessità di pareggio del bilancio.
Certo, poi è arrivato il decreto di agosto, n. 138, che ha tolto altri 6 miliardi di euro circa ai ministeri per i prossimi tre


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anni. Noi, anche in questo caso, siamo quelli che hanno subìto il taglio minore tra tutti i ministeri. È un taglio che cade solo sui capitoli di funzionamento, non sulla tutela e sul FUS, preselettivamente esclusi.
Questo, però, non deve tradursi in un boomerang. Sarebbe assurdo salvare i fondi per la tutela e poi impedire di funzionare all'amministrazione che deve spenderli. Stiamo lavorando affinché già nel prossimo decreto Sviluppo o nella legge di stabilità (credo nel primo, più che nella seconda) siano poste le premesse normative idonee per dare una soluzione ragionevole al problema.
Io non posso entrare - lo capirete - nei dettagli tecnici, ma vi assicuro che questo problema è stato ed è affrontato e seguìto, e in buonissima parte sarà risolto. Vi garantisco anche che farò di tutto perché sia confermato e rafforzato il principio dell'eccezione culturale, in base al quale i fondi per la cultura, come quelli per la ricerca, devono essere fatti salvi dai tagli lineari.
Resta fermo che tutti dobbiamo fare la nostra parte e nessuno si può chiamare fuori dai sacrifici. Pertanto, lo dico sin d'ora, occorrerà mettere mano a una seria riforma di riorganizzazione del ministero che dovrà ricevere una sana cura dimagrante, perché i tempi della moltiplicazione, della duplicazione degli uffici sono finiti, così come sono finiti i tempi in cui era possibile programmare le attività sulla base della disponibilità di decine di migliaia di custodi. Oggi si dovrà guardare a forme nuove di gestione che mettano in campo nuove tecnologie e rendano possibile la fruizione dei siti e dei musei senza dover necessariamente impiegare una pletora di uscieri, custodi, operai che lo Stato, nessuno Stato al mondo, può più permettersi di pagare.
Sempre l'onorevole De Biasi ha introdotto la questione della Grande Brera. Io ribadisco il mio personale impegno a vigilare affinché gli accordi stabiliti nel protocollo di intesa, che oltre un anno fa il mio predecessore siglò con i colleghi Ministri Gelmini e La Russa, nonché con le amministrazioni locali interessate, possano trovare utile ed effettiva realizzazione.
È vero che a questo punto, però, si è creato un gap notevole tra le risorse disponibili e quanto occorrerebbe per completare il progetto che dovrebbe costare circa 100 milioni di euro. Certo, dovremmo impegnarci tutti per la ricerca di soluzioni di finanziamento anche alternative, per esempio pensando - qui sì - ad ARCUS, in base ai nuovi criteri di spesa di cui vi ho parlato.
Sin da subito, tuttavia, ci si dovrà impegnare - e lo farò - ad attuare almeno la parte relativa all'avvio del trasferimento dell'Accademia nei locali della caserma Mascheroni. Almeno su questo, con l'aiuto dei colleghi Gelmini e La Russa e con la disponibilità del comune di Milano, e anche sulla base degli utili suggerimenti che anche questa Commissione mi vorrà dare, potremmo definire un percorso attuativo condiviso da avviare già nel 2012. Non è semplice, ma sapete benissimo che questo della Grande Brera è un progetto molto difficile, assai impegnativo, di cui si parla - ho scoperto - da più di cinquant'anni. Noi almeno proveremo ad avviarlo concretamente; poi, chissà, forse saranno i miei successori, prima o poi, a portarlo a termine.
Esiste, poi, ed è stato a lungo discusso da questa Commissione, il tema - molto importante peraltro - del Festival verdiano e delle celebrazioni per il secondo centenario della nascita di Verdi. Sul tema vi è una proposta di legge sulla quale, come sapete, io ho espresso forti perplessità, che mantengo. Stiamo parlando di una proposta di legge che sottrae fondi di parte corrente al FUS (10,5 milioni euro) per coprire spese anche di investimento a favore di una serie di comuni; spese che, francamente, dovrebbero essere pescate da altre fonti di finanziamento più appropriate.
Io sono perfettamente d'accordo sulla necessità che Verdi debba essere celebrato nella miglior maniera possibile. Per questo, prendo l'impegno di mettere a disposizione, nel 2012, con la nuova programmazione,


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tutti i fondi sufficienti alla costituzione di un comitato che proceda all'organizzazione di quanto necessario. Ma non ritengo che queste celebrazioni possano essere finanziate a carico del FUS che così faticosamente abbiamo cercato di «rimpinguare» per riportarlo al minimo vitale e che così faticosamente dobbiamo difendere dalla minaccia costante, ricorrente, reiterata di ulteriori tagli.
D'altra parte, abbiamo ripetuto tutti mille volte, e mille volte ce l'ha spiegato la Corte costituzionale annullando varie leggi statali, che lo Stato non può e non deve dare soldi con una specifica finalizzazione alle autonomie territoriali. Allora, cosa facciamo, una sussidiarietà all'incontrario? Ribadisco quindi le mie perplessità a quel disegno di legge. Ribadisco anche, però, il mio favore all'approvazione di una risoluzione che cerchi un punto di mediazione equilibrato, come del resto mi pare che fosse stato ipotizzato con una proposta di risoluzione presentata dallo stesso relatore, onorevole Barbieri, con la quale si ipotizzava una soluzione sui cui indirizzi e obiettivi il mio ministero ha manifestato un orientamento sostanzialmente favorevole.
Infine, la presidente Aprea mi ha sollecitato a dire una parola conclusiva sulla legge quadro sullo spettacolo dal vivo presentata dagli onorevoli Carlucci, De Biasi ed altri. In merito, mi pare che si sia raggiunta un'intesa su un testo finale che tiene conto del lavoro svolto da parte di questa Commissione e del Servizio bilancio della Camera, e delle osservazioni pervenute dagli uffici interessati.
Io credo che questo testo, a questo punto, sia soddisfacente perché riesce a contemperare tutti i vari aspetti coinvolti, ponderando attentamente gli interessi in gioco. Condividendo oggi il contenuto di questo disegno di legge e avendolo in pratica di forza imposto anche all'onorevole Giorgetti pochi minuti fa, credo di poter senz'altro concedere il mio assenso alla sede deliberante per la sua approvazione.
Tengo infine, avendo letto qualche critica da parte dell'onorevole Granata, a evidenziare che i miei uffici hanno dato la massima disponibilità e collaborazione nella definizione di questo testo conclusivo e che taluni - peraltro relativi - ritardi che si sono dovuti registrare nell'ultimo mese sono stati dovuti unicamente al sopravvenuto mutamento parziale del testo a seguito dell'esame della V Commissione, nonché al susseguirsi di diverse versioni dell'articolato.
Il ministero ha risposto sempre, mi pare, abbastanza puntualmente, dando nei termini stabiliti i previsti pareri che sono a disposizione degli onorevoli membri della Commissione.
Infine, vorrei rispondere ad alcune osservazioni dei giorni scorsi in merito al mancato parere di questa Commissione sulla nomina di alcuni componenti del consiglio d'amministrazione del Centro sperimentale di cinematografia. Voglio chiarire, ai fini dell'acquisizione da parte vostra di tutti gli elementi per permettervi di esprimere il parere, come peraltro emerge dalla documentazione, che non si tratta di scelte effettuate dal sottoscritto - dunque, non avete bocciato il Ministro e le sue proposte - ma dalle regioni, cioè dalla Conferenza dei presidenti delle regioni, che esprime in seno a quel consiglio due rappresentanti. Il Ministro, in questo caso, si limita a inviare alle Commissioni parlamentari le designazioni e ad attendere il parere per poi ratificare la nomina; un'attività prettamente notarile, quindi di assoluta irrilevanza politica.
Mi scuso se sono stato anche più noioso del previsto, ma abbiate pazienza.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Galan.
Nel dare la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni, avendo numerosi iscritti, vorrei stabilire con il Ministro dei tempi congrui, per i nostri lavori anche perché abbiamo detto che non vogliamo trattenerlo per un tempo eccessivo. Direi che fino alle 16 possiamo procedere.
Ai numerosi colleghi iscritti a parlare già dalla seduta precedente si sono aggiunti dei colleghi che non sono della nostra Commissione. Eccezion fatta per


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l'onorevole Martella (la richiesta è concordata con il Partito democratico), ho aggiunto le richieste degli onorevoli Barbareschi, Polledri e Motta. Se siamo veloci riusciremo a parlare tutti.

ANDREA MARTELLA. Grazie, presidente, anche per aver accolto la nostra richiesta di poter intervenire in questa seduta. Vorrei rivolgermi al Ministro Galan non per parlare delle dichiarazioni programmatiche e della replica che abbiamo ascoltato, sulle quali sono intervenuti i colleghi del mio gruppo e altri interverranno ancora, ma per parlare in maniera specifica di un tema al centro dell'attenzione in questi giorni: la designazione, da parte del Ministro, del presidente della Biennale di Venezia.
È una questione nazionale, di rilevanza culturale internazionale; una questione che riguarda profondamente Venezia. Le porrò alcune domande precise, signor Ministro, anche in tempi molto stretti e con una certa schematicità. Mi auguro che lei vorrà rispondere a tali quesiti.
In primo luogo, lei aveva garantito, anche in sede pubblica, un dibattito ampio e di merito sul futuro, sulle prospettive della Biennale e sui problemi ancora aperti. Di questo dibattito non c'è stata traccia; a un certo punto lei ha annunciato questa nomina, peraltro anticipandola rispetto alla scadenza naturale, e ha scelto Giulio Malgara.
La sua scelta, Ministro, non mi pare che abbia a che fare con quei criteri di merito, di valutazione dei risultati ottenuti; quei criteri che dovrebbero ispirare un riformista come lei dice di essere e tutti quanti noi quando assumiamo delle decisioni. Spero che almeno in questa sede, la sede parlamentare, lei voglia riferire le ragioni vere, le motivazioni per cui ha fatto questa scelta, che mi auguro siano diverse da quella che lei ha detto ai giornali, riferendo della sua amicizia con Malgara, della vicinanza delle vostre case, o altre motivazioni di questo genere che sinceramente trovo, da parte di un Ministro dei beni culturali, non adeguate all'importanza della nomina.
Se lei avesse guardato al merito e ai risultati concreti ottenuti, signor Ministro, si sarebbe reso conto che nonostante i tagli di questi anni la Biennale ha ritrovato smalto, prestigio e un ruolo internazionale che aveva in parte smarrito. In questa sua crescita, cosa davvero molto importante, ha saputo trascinare con sé il territorio, gli enti locali, in un ottimo rapporto con il comune, con la provincia, con la stessa regione, peraltro da lei presieduta e governata in anni precedenti. La Biennale ha ritrovato al contempo quell'immagine di capitale mondiale della cultura, per la vivacità e per l'articolazione delle sue proposte, ma rimanendo profondamente agganciata al territorio.
Una bella espressione definisce Venezia «la città di provincia più cosmopolita al mondo», ed è proprio così, come lei sa bene. Bisogna sapere coniugare questi due livelli.
Se questi risultati si sono ottenuti, credo che il presidente Baratta abbia dei meriti: ha guidato questa rinascita, si è sottratto a una cultura del lamento che qualche volta rischia di essere presente, ha preferito i fatti alle polemiche, ha proceduto in maniera attiva e costruttiva al suo lavoro.
Certo, i problemi non mancano, a cominciare - lei ne ha parlato adesso - dal cratere del nuovo Palazzo del cinema, sul quale mi auguro che lei voglia dire una parola definitiva, Ministro. In questa sede non l'ha fatto, ha solo detto che nel più breve tempo possibile vorrebbe interrompere la gestione commissariale, appena ci saranno le condizioni per farlo; non ha detto, però, che cosa farà del Palazzo del cinema, se intende proseguire i lavori, né ha detto se sono state sprecate delle risorse pubbliche in proposito.
Ricordo, signor Ministro, che lei - non io - da Cannes dichiarò in un'intervista «non faremo più il Palazzo del cinema». Lo ricorderà anche lei, quindi sa di che cosa sto parlando.
Infine, vorrei dire che a Venezia la nomina di Malgara, ovviamente, per il suo profilo, il suo curriculum, per il fatto di non essersi occupato di temi riguardanti la


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cultura né di un ente importante come la Biennale, è stata giudicata inadeguata da tutti, a cominciare dal sindaco di Venezia. Il consiglio comunale ha approvato un ordine del giorno, in tal proposito, con parole chiarissime. Il presidente della regione ha detto di non conoscerlo, esprimendosi con un tono che definire glaciale sarebbe un soave eufemismo. È inoltre in corso, contro questa nomina, una raccolta di firme che attraversa il mondo della cultura, dell'economia, dell'università, degli intellettuali. Insomma, signor Ministro, le domando perché non ha voluto sentire davvero l'opinione del comune, della provincia di Venezia e della regione che siedono nel consiglio di amministrazione e sono stati messi di fronte al fatto compiuto.
Ancora, le vorrei chiedere perché ha già annunciato di nominare il suo capo di gabinetto, che è qui presente, dottor Nastasi, membro del consiglio di amministrazione della Biennale. Abbiamo il sospetto che lei voglia già «commissariale» il presidente della Biennale che annuncia di voler nominare.
Si è giustificato dicendo che Giulio Malgara è un manager pubblicitario e riuscirà a trovare più sponsor. Questa è una delle motivazioni che lei ha dato, ma lei non sa - o forse lo sa - che sotto la presidenza Baratta la mostra di arti visive e quella di architettura sono arrivate all'autofinanziamento grazie a entrate proprie e sponsorizzazioni.
Signor presidente, vorrei dire qualcosa che riguarda anche lei, ossia un problema di rispetto delle istituzioni, del Parlamento, della Commissione. Il dottor Malgara sta già rilasciando interviste nelle quali annuncia che sarà confermato direttore della Mostra del cinema Marco Muller, che il direttore del settore arti visive sarà un italiano. Insomma, poiché dobbiamo ancora esprimerci, c'è un dibattito in corso, si dovranno esprimere le Commissioni, sarebbe opportuno che il dottor Malgara non rilasciasse interviste di questo genere, anche per rispetto del Parlamento.
Chiudo, signor Ministro, dicendo che sarebbe opportuno - mi appello alla sua sensibilità, responsabilità e intelligenza - che si facesse un passo indietro, da questo punto di vista, che lei riproponesse un dibattito serio sulla Biennale di Venezia, su come ripartire, che coinvolga profondamente comune, provincia e regione, che le Commissioni parlamentari potessero esprimere il proprio parere, procedendo quindi diversamente da come si è fatto finora.

PRESIDENTE. Colleghi, è arrivata proprio oggi in Commissione la richiesta di parere parlamentare sulla proposta di nomina del dottor Malgara a presidente della Biennale di Venezia; quindi si svolgerà un regolare dibattito all'interno della Commissione e poi valuteremo, magari con l'ufficio di presidenza, se chiamare anche il Ministro ad intervenire in questo dibattito. Preannuncio che il relatore sarà il capogruppo di maggioranza onorevole Barbieri.
Considerato dunque che su questo argomento si svolgerà in Commissione un dibattito specifico, chiedo ai colleghi certamente di porre anche questa tra le altre questioni - e mi pare di capire che si tratti di una questione che scotta - ma di non limitarsi a questa richiesta di informazioni al Ministro, proprio perché avremo sull'argomento ulteriori momenti di discussione.
Per il Partito Democratico si sono iscritti tantissimi colleghi, quindi chiedo almeno a loro di svolgere interventi più brevi.

RENZO LUSETTI. Signor Ministro, lei è venuto quattro mesi fa e quattro mesi sono lunghi, nel senso che in questo periodo è successo di tutto. Allora lei ha fatto una bellissima audizione, partendo da lontano, dalla Costituzione, dall'articolo 9, ed ha parlato come se avesse davanti cinque anni di governo. Io presumo che lei ne abbia ancora uno e mezzo se va bene, ma mi pare che il tempo sarà ancora più breve. Non lo dico per lei, ma per il Governo di cui fa parte.


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In quella occasione lei ha detto che il settore dei beni culturali non avrebbe subìto tagli. Sono arrivate due manovre nei mesi estivi e lei afferma oggi, replicando agli onorevoli Giulietti e De Biasi, che i tagli sono inferiori a quelli che avremmo potuto subire.
Le chiedo se esistono le priorità. Poiché non si può fare tutto e lei ha tracciato un programma di vastissime dimensioni, credo che lei dovrebbe dirci quali sono le priorità da qui ai prossimi sei-otto mesi. Lei ha parlato di piano rooseveltiano, ma di Roosevelt ne vedo pochi in questo periodo. Tuttavia, immaginiamo che lei abbia qualche idea su come reperire le risorse, le chiedo quali sono le priorità che lei riconosce rispetto alle poche risorse a disposizione del ministero.
In secondo luogo, nella scorsa audizione lei ha disegnato un quadro disastroso dell'utilizzo dei fondi comunitari, soprattutto per il Sud. Le chiedo come intende recuperare altre risorse. Ha parlato, signor Ministro, di 105 milioni di euro da investire sul sito archeologico di Pompei. Ora, io non so se questa somma sia già arrivata, sta arrivando, è per la via, e cosa ha fatto per il sito di Pompei, ma le ricordo che il suo predecessore ha avuto molti problemi nella gestione della vicenda che riguardava il sito archeologico di Pompei. Vorrei capire, quindi, se veramente esistono questi fondi, se sono arrivati, se c'è un piano di sviluppo del sito archeologico e cosa vuol fare dei fondi che eventualmente riuscirà a recuperare dalla Comunità europea per altri importanti siti archeologici.
Inoltre, lei afferma - e oggi l'ha ribadito - che proporrà che ARCUS possa fare affidamento sul 3 per cento di tutti gli stanziamenti statali destinati ai lavori relativi a infrastrutture strategiche. A me pare di ricordare che il suo collega Matteoli ha detto che non ci sono soldi per le infrastrutture: se non ci sono soldi per le infrastrutture, non so come possa lei trovare i finanziamenti per ARCUS, ammesso che lei creda in questa struttura. Mi è parso di capire, infatti, che qualche perplessità sulla vita di ARCUS - una struttura non creata da lei, ma da qualche suo predecessore qualche legislatura fa - lei ce l'ha.
Signor Ministro, io non sono veneto - ma poi parlerò anche della Biennale - come lei e come il collega Martella; io sono emiliano, quindi credo nella possibilità del festival verdiano, ma la realtà vera è che lei ha bloccato i fondi per questa iniziativa.
Se lei qui afferma di aver bloccato i fondi, ma si impegna per il 2012 a reperire risorse, è un impegno talmente generico che non riusciamo a capire quali siano le sue reali intenzioni. Del resto, prima questo Governo si mostra vicino alle autonomie locali, poiché la Lega è particolarmente attenta al riguardo, e poi sostiene di non poter dare soldi ai comuni. Insomma, mettetevi d'accordo almeno tra di voi, nella maggioranza.
Infine, la Biennale. Appunto perché non sono veneto posso parlarne liberamente, in quanto la Biennale non è un patrimonio di Venezia, ma di tutto il Paese, e forse possiamo anche andare oltre il Paese. Lei è stato presidente della regione Veneto, quindi sa cosa significa.
Francamente, la proposta di mandare a casa Baratta è per certi versi incomprensibile, sia in considerazione del lavoro che ha fatto Baratta, sia perché egli non mi pare un estremista di sinistra, un bolscevico (uso termini spesso utilizzati dal Presidente del Consiglio). È veramente incomprensibile questa sua proposta, signor Ministro. Si cambia al vertice quando le cose vanno male, ma non mi pare che vadano così male, anche in base alle considerazioni che lei ha svolto.
Niente di personale su Malgara, ma pare all'UDC che il suo curriculum non corrisponda ai criteri utilizzati per la cultura - trasparenza, competenza, assenza di conflitti di interesse - che secondo me vanno evidenziati in una nomina così importante.
Capisco, lei è il Ministro, ma mi sembra che il sindaco di Venezia non sia d'accordo. Cosa avrebbe fatto se, anziché Orsoni, ci fosse stato Brunetta? Come ha detto prima Martella, il presidente Zaia


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non ha accolto con grande entusiasmo questa nomina, anzi mi è parso che abbia espresso qualche perplessità. Cosa ne pensa la Lega? Lo dirà a suo tempo.
La presidente Aprea ha affidato l'incarico di relatore al capogruppo della maggioranza, collega autorevolissimo, ma vorrei capire cosa pensa la Lega Nord di una nomina di questo tipo.
A questo punto, vorrei dare un consiglio al Ministro. Considerato che, in questa Commissione, qualche volta la maggioranza è andata «sotto» e qualche volta si è dileguata in altre vie del Parlamento, consiglio al Ministro di blindare bene la sua maggioranza, perché un parere negativo su Malgara potrebbe essere deleterio per la nomina stessa, sebbene il parere non sia vincolante.
Infine, se questo signore rilasciasse meno interviste, non essendo ancora nominato, renderebbe un servizio utile soprattutto ai fini della decenza del Ministero dei beni culturali. Grazie, signor Ministro.

CATERINA PES. Signor Ministro, mi è piaciuto molto il suo richiamo al piano rooseveltiano della cultura, di cui ha parlato anche il collega Lusetti. Trovo il termine suggestivo.
Anch'io mi sento di accogliere la sua richiesta di operare con unità di intenti in questo momento e apprezzo molto il suo richiamo all'articolo 9 della Costituzione. Vorrei partire proprio dalla sua relazione per porle alcune domande ai fini di un chiarimento.
Lei ha parlato, nella scorsa audizione, di fondi a disposizione del ministero. Ha detto che ci sono tante risorse che non sono state spese e ha fatto un richiamo ai fondi comunitari di cui il ministero, stando alla sua ultima audizione, avrebbe speso soltanto il 16 per cento. In quell'occasione ha aggiunto che c'erano ancora 31 miliardi di euro da spendere.
La prima riflessione che intendo esprimere è che in Italia abbiamo un patrimonio culturale incommensurabile. Non mi riferisco solo ai beni di natura culturale, ma anche ai quarantacinque siti UNESCO. Siccome tra il 2009 e il 2010 le spese del ministero si sono ridotte, vorrei chiederle se questi soldi sono ancora gli stessi; oggi, rispetto a quattro mesi fa, ci sono ancora questi soldi da spendere oppure il ministero li ha già spesi, tutti o in parte? Se questi fondi sono ancora utilizzabili sono già destinati in bilanci di spesa per progetti programmati o sono anche rimodulabili?
La seconda domanda che avrei voluto rivolgerle era relativa ad ARCUS, ma siccome ha già risposto su questo argomento passo immediatamente alla questione successiva, che peraltro mi interessa maggiormente. La domanda riguarda l'applicazione corretta del codice Urbani. Nella sua audizione ha parlato di questo profilo, così come ha fatto riferimento ad ARCUS e alla necessità di garantire che il 3 per cento di tutti i finanziamenti statali vengano effettivamente ricondotti alle possibilità di gestione di ARCUS. Contemporaneamente, ha affermato che si sarebbe impegnato per la piena attuazione del codice Urbani. Ora, nel codice c'è una definizione del paesaggio come «volto del territorio», che io trovo molto corretta. Il territorio dell'intero Paese e soprattutto della mia regione, la Sardegna, spesso e volentieri è massacrato da interventi di carattere speculativo. In particolar modo, penso alle colate di cemento che nell'ultimo periodo, perlomeno dalle mie parti, con il Piano casa, sono state realizzate.
Un punto importante del codice Urbani recita che l'attività di tutela e di valorizzazione del territorio ha sempre la precedenza rispetto agli interessi locali di natura economica. Noi siamo convinti che, ad esempio, questa attività di cementificazione legata al Piano casa violi profondamente la natura del codice Urbani. Vorrei chiederle, Ministro, se è al corrente di quello che sta accadendo in buona parte del nostro territorio e se c'è veramente una sensibilità per questo problema e l'intenzione - appunto rooseveltiana, di cui lei ha parlato all'inizio - di operare per il bene comune.


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MASSIMO POLLEDRI. Signor presidente, rivolgo gli auguri al Ministro che so persona concreta e di poche parole. Tra l'altro, la vedo ottimista, signor Ministro, perché oggi ha annunciato una riforma profonda del ministero, quindi questo ci fa ben sperare. Lei è una persona coraggiosa.
Vorrei ora invitarla a riflettere su tre questioni. La prima è quella della leale collaborazione tra Governo e Commissioni. Ci conviene sempre agire d'accordo: lei sa, essendo persona del fare, che è sempre meglio fare le cose bene e insieme. Questo ha anche un risvolto istituzionale che poi spiegherò.
Partirò da ARCUS. Lei più volte ha parlato di interventi a pioggia, degli interventi affidati ai comuni, ha ricordato addirittura la Corte costituzionale, le leggi statali, le autonomie territoriali. Signor Ministro, dopo dieci anni mi sono convinto che, rispetto ad alcune leggi cosiddette «mancia», non ci sono soldi che sono stati spesi meglio. Parlo di soldi dati giustamente. Sappia che, a parte Italia dei Valori, tutto il Parlamento difende in qualche modo quella cosiddetta legge «mancia» tanto vituperata che ha portato quei 30.000 euro al comunello di montagna. L'intervento su ARCUS, mutatis mutandis, è giusto, per carità, e se ne può discutere. Ma quei 30 o 50.000 euro per la chiesa, per la sistemazione del cimitero, per la piazza non sono spesi male. A parte la soddisfazione del parlamentare, che non va trascurata.
Signor Ministro, noi non concordiamo con il suo giudizio su Verdi, e glielo dico con tono fraterno. In primo luogo, dovreste parlarvi tra ministeri. Più volte, come sa l'onorevole Aprea, leggi che sono uscite da qui erano completamente scoperte. Possiamo anche scrivere leggi bellissime, ma poi in altre sedi vengono bocciate perché è necessaria una copertura. Per questo dico che conviene sempre essere uniti.
La legge sul Festival verdiano è una legge parlamentare a cui tengono la destra, la sinistra e il centro. Glielo dico come membro leale della sua maggioranza che nutre stima nei suoi confronti. Dunque, se il problema è la copertura - approfitto per farle i complimenti per aver risparmiato, come ha detto all'inizio, 20 milioni di euro - faccio presente che la legge sullo spettacolo la coprite con il FUS. O trova quelle risorse da un'altra parte, oppure per la legge sullo spettacolo bisogna trovare i soldi e devono essere verificati dalla Ragioneria e dagli altri organi. Secondo me, per quello che lei ha anticipato e per quello che posso saperne dopo aver parlato con l'onorevole Giorgetti, arriveranno dal FUS. Se, dunque, attingete al FUS per lo spettacolo, non si capisce perché non potreste farlo per Verdi. Attenzione, non ci sono interventi che vanno nei rivoli di qualche comune, ma ci sono interventi destinati alla casa in cui è nato Verdi e alla casa bellissima - venga a vederla - dove è vissuto. Verdi è stato un grandissimo e amatissimo Mecenate, ha fatto cose bellissime. Abbiamo una casa ancora come lui l'ha lasciata, dunque non si tratta di un intervento a pioggia o sprecato.
Oltretutto, signor Ministro, stiamo parlando di una legge, una legge che è stata voluta. Il suo predecessore era d'accordo. Ecco, credo che un po' di concertazione, di fiuto politico e di rispetto istituzionale, in questo caso, se posso permettermi un consiglio, andrebbero adottati.

GIUSEPPE SCALERA. Vorrei ringraziare il Ministro Galan soprattutto per l'onestà intellettuale con la quale ha affrontato il suo delicato impegno e anche per la sostanziale onestà con la quale ci ha parlato nella sua introduzione.
Mi sembra che i suoi primi passi siano oggettivamente positivi. Intendo far riferimento innanzitutto al disegno di legge del 22 settembre, dopo lo sfregio di piazza Navona, che introduce la possibilità di arresto fino a sei anni per coloro che si rendono protagonisti di furti d'arte. Non dimentichiamo che, nella nostra nazione, solo nell'ultimo anno per 1.500 volte abbiamo assistito da parte dei tombaroli a furti nell'ambito dei beni culturali. Ora, al di fuori di questo disegno di legge, questi episodi finiscono per essere puniti esclusivamente con una multa da 31 a 516


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euro. Questo è il quadro della situazione rispetto alla quale era necessario un intervento e mi sembra che questo disegno di legge si muova in maniera sintonica rispetto alle nuove caratteristiche di una criminalità organizzata sempre più vivace anche per ciò che riguarda i beni culturali.
In chiave più generale, eviterò di ripetere alcune delle domande già poste dai miei colleghi, ritenendo che su alcuni temi generali siano state espresse positivamente alcune interlocuzioni alle quali il Ministro risponderà in sede di replica.
Voglio fare un riferimento direttamente connesso alla mia realtà territoriale, la Campania, con particolare riguardo all'auditorium di Ravello. Lei sa, signor Ministro, che questa struttura è costata 16 milioni di euro, realizzata soprattutto con fondi di provenienza europea, su progetto architettonico di uno straordinario architetto come Oscar Niemeyer, che ha offerto la sua consulenza gratuita su questo piano. Ma dal gennaio 2010, quando l'auditorium è stato inaugurato in pompa magna, i concerti - soprattutto nella famosa sala da quattrocento posti, la vela sul mare che sembrava il punto di riferimento fondamentale della struttura - sono stati oggettivamente pochissimi.
Il comune, proprietario dell'Auditorium, concede la sala a discutibili eventi di natura folkloristica. Su questa questione si sono accesi anche i riflettori della stampa internazionale: il Guardian, ad esempio, ha avuto modo di sottolineare come la situazione oggi a Ravello appare insostenibile anche perché la Commissione europea potrebbe chiedere ragione dell'utilizzo, probabilmente improprio, dei fondi europei che sono stati destinati.
La struttura al momento non è visitabile, subisce un degrado oggettivo in tutti i suoi aspetti. La situazione complessiva è particolarmente delicata con riferimento alla Fondazione Ravello, a capo della struttura, alla cui guida era stato precedentemente chiamato il sociologo Domenico De Masi. Dopodiché abbiamo assistito al suo licenziamento, alla liquidazione dei tanti eventi programmati, alla dimissione di una serie di consiglieri, a un susseguirsi di appelli, minacce, denunce.
Ne deriva che oggi il Ravello Festival, inteso soltanto come realtà di pochi mesi, è l'unico punto di riferimento di natura culturale nell'intero anno.
In tutto questo, il comune per tre mesi, da ottobre in poi, affida a un consorzio locale una serie di manifestazioni.
Credo che su questa situazione, che ha rappresentato nel recente passato una sorta di fiore all'occhiello per la realtà culturale del Mezzogiorno d'Italia, qualcosa si potrebbe ancora fare.
Concludo rapidamente sottolineando al Ministro l'attenzione forte che abbiamo - e spero anche lui abbia - per quanto riguarda i problemi delle Accademie di belle arti. È un problema che viene esaminato, in questa fase, anche dal Ministro Gelmini. I direttori di venti Accademie di Belle arti si sono riuniti a Brera, come il Ministro sa, nel mese di luglio. Poiché si parla di una riforma della legge n. 508 del 1999, essi sono stati auditi all'interno della 7a Commissione del Senato e mi auguro, presidente, che anche noi avremo modo di audirli nelle prossime settimane.
C'è la necessità di un riconoscimento di uno status giuridico ed economico dei docenti e dell'istituzione dei dottorati e degli assegni di ricerca che attualmente mancano e fanno delle Accademie di Belle Arti sostanzialmente una realtà ghettizzata nell'ambito della realtà universitaria italiana.
Credo che anche a questo riguardo il Ministro non mancherà di soffermarsi con la dovuta attenzione, anche perché oggettivamente facciamo riferimento a quello che, in questa fase, è un tema particolarmente vivo e sentito ormai in tutto il Paese.

RICARDO FRANCO LEVI. Signor Ministro, tornerò sull'argomento - affrontandone, nel tempo concessomi dalla presidente, alcuni altri - sul quale è intervenuto l'onorevole Martella, la Biennale di Venezia, che ha preoccupanti analogie con il tema che ci occupa in queste ore alla


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Camera. Laddove, infatti, si parla di consuntivo dei conti dello Stato e laddove si parla della Biennale, in entrambi i casi si tratta di questioni nazionali con un forte rilievo internazionale. Lì si gioca, infatti, il prestigio dell'Italia. Tornerò, dunque, sul tema della Biennale.
Mi pare che il quadro tracciato con precisione dall'onorevole Martella si presti a tre considerazioni: una di merito, una di metodo e una di prospettive che le designazioni da lei annunciate e che presto saranno sottoposte al nostro voto aprono.
Nel merito delle designazioni - parlo al plurale perché ritengo che la questione non sia soltanto e nemmeno in via assoluta quella della Presidenza, ma riguardi la coppia di designazioni da lei annunciate, ossia presidente e due dei cinque membri del consiglio d'amministrazione, così come disegnato dalla legge - vedo una preoccupante scelta a favore di una persona, nel primo caso, le cui qualifiche ed esperienze professionali affondano principalmente nel mondo della pubblicità; per l'altra nomina, invece, parliamo di un suo stretto collaboratore, il capo di gabinetto.
Per il metodo, altrettanto preoccupante, vedo una totale assenza di concertazione con le autorità locali. Dopo una stagione della presidenza Baratta che aveva ricostruito un tessuto di relazioni tra la Biennale, la città di Venezia e il territorio, interrompere in modo così evidente e brutale questa rete di rapporti, al punto che tanto il sindaco, membro di diritto e non sostituibile nel consiglio d'amministrazione, quanto il presidente della regione, che ha già annunciato che parteciperà personalmente al consiglio d'amministrazione, e il presidente della provincia hanno espresso perplessità (per non dire altro) sulle nomine, credo che apra la prospettiva di un consiglio d'amministrazione nel quale i designati da parte del ministero saranno in minoranza, con un rapporto con il territorio e prospettive particolarmente preoccupanti.
Mi pare di poter dire con grande preoccupazione che la Biennale di Venezia è un caso che riflette scelte e metodi di gestione che si trovano ripetuti nella conduzione del suo dicastero. Nel merito, ritroviamo in alcune delle recenti nomine da lei effettuate una predilezione per la provenienza da esperienze strettamente interne al mondo della pubblicità, e dunque non così direttamente collegate al tema dei beni culturali. Peraltro si ripetono con un accentramento di potere e di funzioni nella persona del suo capo di gabinetto che desta preoccupazioni per il sistema di governo del suo ministero, del quale lei ci ha preannunciato una seria riorganizzazione.
Se si dovesse andare nella direzione di accentrare funzioni di direzione, commissariali e di ordinaria presenza in consigli di amministrazione sull'unica persona del suo capo di gabinetto, questo ci lascerebbe profondamente perplessi.
Detto tutto questo, alla fine risulta estremamente preoccupante oggi, ma ancora più preoccupante nella capacità di governo, vedere musei costretti alla chiusura l'uno dopo l'altro. Da un lato la mancanza di fondi e dall'altro problemi di gestione li portano a chiusure ravvicinate. Gli archivi - ma credo che su questo vorrà dire qualcosa il capogruppo Ghizzoni - sono in una situazione analoga. Dunque, il ministero versa in una situazione molto preoccupante, sulla quale vorremmo delucidazioni da parte sua.
Mi lasci concludere con due appunti molto brevi. Quasi mai si parla, quando si tratta di attività culturali non solo del ministero, ma del Governo in genere, di quella che è l'attività culturale di base, cioè la lettura. In Italia, del libro e della lettura nessuno nel sistema di governo italiano - e non è una responsabilità di oggi del ministero - è di fatto responsabile. Io le chiedo, signor Ministro, se si propone di assumere la responsabilità del tema della lettura e del sostegno alla lettura stessa e al libro come uno dei capisaldi obbligatori del suo ministero. Sempre su questo tema vorrei sollecitarla a prendere in mano la questione specifica, ma non di poco conto, del Comitato per il diritto d'autore, che attualmente è acefalo e bisognoso di essere rimesso in vita. Copyright


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e diritto d'autore sono, infatti, essenziali per la protezione dei beni culturali.
Mi auguro che, avendoci espresso il suo piacere - queste le sue parole - di essere con noi, possa passare un tempo più breve prima che lei ritorni per fornirci le sue risposte e potere così aprire un dialogo proficuo e continuo.

GIUSEPPE GIULIETTI. Intervengo quasi per fatto personale, Ministro, ma voglio essere tutt'altro che polemico. Siccome sono davvero convinto che serva un rapporto trasparente con questo ministero e ho apprezzato alcune cose dette, do per acquisito quanto da lei dichiarato sullo spettacolo dal vivo, su cui la Commissione ha lavorato, così come la promessa di presidiare i fondi rispetto ai tagli lineari. Premetto, quindi, che non mi interessa la bagarre.
Però c'è un nodo, Ministro, che hanno posto l'onorevole Polledri ed altri, ed è il rapporto con il Parlamento. Vorrei formularlo in modo più chiaro. È un piacere reciproco e anche un dovere reciproco, tuttavia, ascoltare le Commissioni. Se lei avesse detto prima parte di quanto ha detto oggi su Cinecittà o sulla Biennale, il rapporto sarebbe stato diverso. Lei oggi ha tolto dal tavolo alcune questioni sulla privatizzazione e lo smantellamento di Cinecittà e lo apprezzo. Capisco ancora meno le ragioni della rimozione dell'amministratore delegato, Luciano Sovena, personalità espressa dalla destra di questo Paese - vorrei essere molto chiaro - che io con altri appoggiai perché convinto della serietà di un progetto. Non sono questioni di rapporti privati, sono questioni che furono poste in questa Commissione.
Le questioni vanno sempre motivate e spiegate altrimenti non si capiscono. Perché non parlarne prima in Commissione? Perché non legarle a un progetto? Non lo capisco. Sto ponendo una questione non di nomi - sui nomi ciascuno esprime il giudizio che vuole - ma di scelte che non vengono giustificate in Commissione, a maggior ragione quando sono scelte di parte opposta. Una opposizione che viene chiamata a dare un voto su una personalità, sbagliata o giusta che sia - Barbareschi mi ha capito bene - poi deve essere almeno coinvolta e avvertita, qualunque sia quel nome. Altrimenti viene meno un elemento di credibilità reciproca.
Quello usato con la Biennale, Ministro, è un metodo non adeguato alla storia della Biennale, non adeguato alla sua tradizione, non adeguato alla sua proiezione internazionale e territoriale. Non strumentalizzerò le parole del sindaco, della presidente della provincia o della regione perché non mi interessa. Se soggetti così diversi esprimono una critica, c'è un elemento profondo che non può essere liquidato e di cui la Commissione andava informata prima.
La questione non è chi è Malgara, e mi asterrò da ogni battuta anche se lo ricordo in una meravigliosa foto in cui correva alle Bermuda nel 1994. Non credo che sia quella la questione fondamentale. A me interessa la rimozione del presidente in carica. Io voglio comprendere le ragioni della rimozione di un presidente giudicato positivamente non da Giulietti o da Barbareschi, ma da Galan. La contraddizione non è tra Giulietti e la nomina, è tra il Ministro e la rimozione. La questione è diversa e non ne ho capito le ragioni.
Noi due abbiamo un antico rapporto. Giustamente lei dice che il conflitto di interessi non c'entra, ma il problema non dovrebbe porlo all'opposizione. Quando c'è un «filotto» di nomine - ed è questione che ha posto anche il collega Barbareschi -, quando Resca rimane sempre al suo posto al ministero, quando arriva la nomina a Cinecittà di persona sicuramente capace, ma che proviene del medesimo gruppo, Publitalia, e quando arriva Malgara, il sospetto non lo deve creare a noi. Il sospetto andava eliminato all'origine, sia perché non c'erano le ragioni della rimozione sia perché sono sbagliate le ragioni di intestardirsi su questa questione.
Le chiedo, pertanto, senza nessun elemento polemico, di levare di mezzo questa nomina. È sbagliata. Io non partecipo a «cecchinaggi» delle persone, non voglio


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arrivare a votare contro qualcuno nel voto segreto. Voglio che si segua un metodo diverso, che si riapra la discussione con la città, la regione, la provincia, che si individui un percorso. Può essere persino un percorso di riforma statutaria perché, quando sento dire che obbligatoriamente tutti i rappresentanti politici devono sedere in consiglio, evidentemente qualcosa nel più grande ente culturale italiano va rivisto, ma rivisto con coerenza. Non si capisce perché una presidenza solida non debba gestire un percorso di questa natura. Qualunque sia la soluzione deve essere comunque discussa con questa solidità, non con un sospetto. Questo vale anche a parti rovesciate, e infatti votai contro altri presidenti.
Sul Palazzo del cinema, Ministro, mi permetto solo di dirle che il commissariamento non ha più senso, non ha più luogo. Il commissario straordinario doveva realizzare il Palazzo del cinema entro il 2011, ma l'unità d'Italia è passata. Non si può sospendere e non ci può essere un commissario straordinario. Ci sono 40 milioni di euro in una voragine. Chiedo al ministero una commissione interna per capire il perché. Non sono così sciocco da pensare che ne siate responsabili, non ho mai detto sciocchezze del genere, Ministro. Ma capire come vengano utilizzati 40 milioni, ricostruire la catena degli errori è fondamentale per la serietà delle istituzioni e della politica.
Non serve più proseguire in un progetto morto e decotto.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Grazie per avermi ospitato in una Commissione che non è di mia competenza. Vorrei fare tre ragionamenti insieme.
Ho ascoltato con attenzione le parole del Ministro e anche gli altri interventi. Quando sento gli interventi dell'opposizione mi scatta sempre qualcosa di strano. Io purtroppo non vengo dalla politica. Lavoro nello spettacolo ormai da quarant'anni: ho prodotto 150 film, ho fatto l'attore e il produttore in Italia e fortunatamente anche all'estero. Forse il Ministro Galan non c'era ancora e non c'erano nemmeno altri ministri, ma negli anni precedenti non ho mai visto fare in questo Paese qualcosa che servisse realmente allo spettacolo.
Assisto sempre a una caccia all'ultima strega, all'«impallinamento» dell'ultimo arrivato e a un dibattito che diventa politico e non entra mai nel merito. Quando la sinistra ha deciso le nomine, nessuno si è mai permesso di criticare Veltroni o chiunque altro. Erano molto più bravi di noi a piazzare le persone d'ufficio. Non si faceva nemmeno in tempo a decidere. Teatri, aziende, tutti sistemati nei posti chiave con i soldi in tasca. Si ringraziavano anche molti artisti che avevano preso in braccio i vari leader. A proposito di gente in scarpe da tennis che corre alle Bermuda, abbiamo avuto fior di comici che hanno preso in braccio leader importanti (Commenti).
Abbiamo avuto fior di artisti internazionali che in ogni legislatura hanno preso in braccio un leader diverso per ottenere benevolenza, fino a quel momento straordinario, dal punto di vista della comunicazione, in cui finalmente Chiamparino ha preso in braccio lui l'altro, mettendo fine a quella buffonata. Benigni si è fatto scacco da solo e ha perso tutto perché il buffone è diventato lui.
Non ho mai visto vere riforme. Non ho visto riforme fatte dalla Melandri, da Rutelli o da Veltroni. Lo so perché io ho fatto lo spettacolo e ho visto solo soldi buttati via per anni. Vedo teatri stabili che stabili non sono perché sono diventati itineranti. Sono riusciti a distruggere, grazie alla presenza in questi anni di questi ministri, quello che era il circuito privato italiano, che funzionava e che è morto grazie al fatto che gli stabili, gestiti politicamente, sono diventati lobby politiche e non luoghi di eccellenza.
Vi invito a leggere un articolo di Alberto Arbasino, che sicuramente ha un po' di storia alle spalle, per vedere che cosa ha detto della Biennale di questi ultimi anni. Secondo me è molto divertente e molto lucido. Bisognerebbe avere il coraggio di criticare anche ciò che è accaduto alla Biennale. Si parla di un luogo di eccellenza


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dove l'eccellenza è stata «sbertucciata» da molti. Di fatto, di eccellenza ce n'era poca e si è prodotta un'involuzione culturale, ma questo è un discorso lungo.
A questo punto voglio difendere Giulio Malgara perché trovo vergognoso il pregiudizio. Il pregiudizio è sempre diretto nei confronti di qualcuno che non ha diritto, non si sa per quale ragione, ad appartenere a un luogo di cultura. Chiunque non appartiene alla sinistra in Italia non potrà mai appartenere alla cultura. Vi invito a leggere un libro di David Mamet di prossima pubblicazione che si intitola Il segreto della conoscenza, dove finalmente queste cose vengono spiegate in maniera normale. È avvenuto in RAI, è avvenuto in Internet, è avvenuto in tutti gli ambiti.
Visto che prima parlavamo di copyright, vorrei aprire volentieri un tavolo sul diritto d'autore e smettere di ascoltare le sciocchezze che vengono dette in nome dell'idea del web libero. Oggi c'è una generazione di deficienti che pensa che tutti i prodotti, tutti i contenuti declinati sulle piattaforme siano gratis. Non è ancora chiaro da chi verranno pagati. Tutto deve essere libero e scaricabile gratuitamente.
Io penso che Giulio Malgara abbia una storia personale di professionista e di manager che non è diversa da quella di Croff o di altri prima di lui, dal punto di vista culturale. Non mi sento di stabilire se pesa più Croff o Malgara. Sono due persone serie, che hanno la propria carriera e hanno fatto una cosa utile. Malgara ha inventato l'Auditel, ma non è una bestemmia: l'Auditel ha lanciato l'economia di questo Paese grazie a investimenti che negli ultimi vent'anni hanno permesso a tantissime aziende di crescere. Non mi sembra qualcosa di screditante.
È ovvio che oggi chiunque abbia conosciuto Berlusconi è contagioso. C'è questa iattura a priori su ciò che ha fatto Berlusconi. Berlusconi non può avere amici. È evidente che c'è un pregiudizio. Nessuno conosce Malgara; nessuno sa che a casa ha quadri bellissimi ed è un appassionato d'arte. Io l'ho conosciuto a un paio di cene ed è un uomo di buona sensibilità artistica. Va a teatro, va ai concerti. Non mi sembra una persona che si vergogni.
Detto questo, avendo ascoltato il Ministro anche sulle riforme del teatro e sulle prospettive del futuro, apro un'ultima parentesi sul Teatro Valle. Ne approfitto perché non ho avuto modo di parlare con il Ministro da quando è stato nominato. Il Teatro Valle è l'emblema delle buffonate di questo Paese.
Leggo oggi su Left un articolo divertente secondo cui un libro di Toni Negri, un ex terrorista o ispiratore di terroristi, sarebbe ispiratore di questa nuova gioventù. Leggo anche che nessuno ha mai denunciato il caso alla prefettura. C'è un bene pubblico bloccato da cento ragazzi - di cui tre forse sono professionisti, ma per il resto, lo dico per esperienza, è gente che non ho mai visto in vita mia - che oggi hanno anche tentato di aprire la Biblioteca nazionale e occuparla.
Mi chiedo fino a che punto possiamo fare delle riforme, se permettiamo a cento facinorosi e a due vegliardi, che salgono sul palcoscenico urlando che è giusto ribellarsi - come quel poveraccio di Camilleri, che è diventato miliardario in questi anni grazie a un Paese privo di libertà intellettuale, visto che mi pare che Montalbano vada in onda venti volte all'anno sulla RAI, rendendolo ogni anno ancora più ricco -, di istigare dei ragazzini a occupare un bene pubblico. Il Teatro Valle è un bene della cittadinanza, di tutti noi, non di cento ragazzi che hanno deciso di occuparlo.
Io sono per le riforme e le vorrò vedere. Io ho fatto teatro in questi anni, ma non le ho mai viste, ne ho sempre e solo sentito parlare. Non vedo le riforme che sono state attuate in Inghilterra, alla Schauspielhaus, allo Schaubühne, alla Comedie Françcaise e in tutto il mondo, dove il privato è il dominus con un piccolo aiuto pubblico, ma in base a una vera dinamica meritocratica.
Tornando al Valle, so che la collega Carlucci aveva appoggiato una cordata di imprenditori e non c'è nulla di male in


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questo. Io stesso avevo appoggiato un altro gruppo di imprenditori privati per acquisire il Teatro Valle (Commenti).
Lo sto dichiarando. Non c'è nulla di male nel voler far questo. La sinistra per vent'anni in tutte le strutture si è fatta i fatti propri con i soldi dello Stato. Basta con le bugie. Divertiamoci a fare nomi e cognomi.
Come stavo dicendo, la risposta di questi ragazzi è stata che si voleva fare un bistrot in un teatro. Clive Owen e Kevin Kline sono attori straordinari di cui sono amico. Mi hanno mandato una bellissima e-mail dicendosi orgogliosi che al teatro Old Vic avessero inaugurato finalmente un ristorante con due stelle Michelin. Questi attori, uno dei quali, peraltro, verrà a Napoli a fare il Riccardo III, hanno capito che il teatro è coniugato anche con altre forme di intrattenimento - non c'è nulla di male in un ristorante - ma private. L'Old Vic non ha la gestione privata.
Finché metteremo la politica dentro l'arte, l'arte morirà di politica. Grazie e buon lavoro.

PRESIDENTE. Onorevole De Biasi, l'onorevole Barbareschi parla come ritiene. Non possiamo censurare niente e nessuno.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Questo atteggiamento fascista, onorevole De Biasi, per cui se non la si pensa come lei non si può parlare, è intollerabile.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Chiedo la parola, presidente.

PRESIDENTE. Se è per fatto personale, interverrà alla fine.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Chiedo di parlare sull'ordine dei lavori.

PRESIDENTE. D'accordo. Se intende censurare l'onorevole Barbareschi darò la parola all'onorevole Rivolta.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. È sconcertante che lei decida perfino che cosa io debba dire. Le chiedo di scusarsi.

PRESIDENTE. Assolutamente no. Chiedo io a lei di dirmi qual è l'oggetto del suo intervento. Abbiamo poco tempo, il Ministro ci sta ascoltando e devo concludere il dibattito.

EMILIA GRAZIA DE BIASI. Sull'ordine dei lavori le chiedo, visto che fino a poco tempo fa è stata una Commissione tranquilla e poiché si tratta di un'audizione e si deve, quindi, cortesia istituzionale nei confronti della Commissione e del Ministro, le chiedo di invitare i colleghi a trattare argomenti e valutazioni che esulano dal dibattito all'interno delle sedute in cui di quello si parla.
Mi pare di non chiederle niente di stravagante. Non sono qui ad ascoltare i comizi di chicchessia.

LUCA GIORGIO BARBARESCHI. Non mi sembra un comizio chiedere al Ministro cosa farebbe per il Teatro Valle.

PRESIDENTE. Onorevole Barbareschi, la prego di non intervenire. La ringrazio per il suggerimento, onorevole De Biasi.

ERICA RIVOLTA. Sono felice, Ministro, che sia tornato in questa Commissione e ci piacerebbe, come hanno detto altri colleghi, che il rapporto tra di noi fosse ben più stretto. Molti malintesi e molti malumori probabilmente non sarebbero stati così forti.
Mi riferisco all'apprensione che abbiamo avuto per una realtà come Cinecittà Luce. Come abbiamo appreso dalle sue parole, è stata trovata una formula che garantirà non solo il discorso occupazionale, ma anche il sostegno e la promozione della cinematografia italiana all'estero e il supporto alle opere prime dei giovani registi. Soprattutto, un settore con professionalità così importanti rispetto ai mestieri del cinema avrà la possibilità di mantenere questo prestigio e, anzi, esportarlo il più possibile.
Ci siamo trovati a vivere questo imbarazzo non solo per Cinecittà Luce, ma anche per altre realtà, come la Biennale. Poiché non c'è stata concertazione non


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solo con gli altri soggetti, quali la regione, ma nemmeno con noi, ancora una volta ci troveremo a esprimere un parere su nomine sulle quali non ci siano minimamente confrontati. Su questo io mi attengo all'imbarazzo, ma la mia capogruppo Goisis avrà ben altro da dire.
Dal momento che non c'è stata concertazione e addirittura leggiamo sulla stampa le dichiarazioni della persona della quale si chiede la nomina, lei capisce che l'imbarazzo è grandissimo e che diventa ancora più difficile avere rapporti fluidi e in un clima sereno.
Oltre a questo imbarazzo, voglio anche trasmetterle le difficoltà che, per effetto dei tagli lineari, tante realtà virtuose della cultura, come i teatri di tradizione o il più antico teatro di Milano, il Teatro Litta, si trovano a vivere. Sono enti di cultura, ma anche aziende che già da anni stanno razionalizzando il più possibile le risorse e ottimizzando le produzioni.
Vivendo da vicino realtà come, per esempio, quelle del Teatro Ponchielli o di Aslico (Associazione lirica concertistica italiana), mi chiedo se non sia il caso di porre maggiore attenzione alla serietà, all'abilità e al lavoro di qualità che questi soggetti compiono. Io la prego di porre tutta l'attenzione e tutto il sostegno possibili a queste realtà. I colleghi forse non saranno d'accordo, ma le chiedo anche di continuare a perseguire la lotta agli sprechi, che in alcune sacche, a mio parere, resistono ancora.
Occorre continuare sulla via della razionalizzazione, della lotta agli sprechi e soprattutto del sostegno alle realtà più meritevoli perché costruiscono cose importanti, offrendo occupazione e creando professionalità di grande prestigio.

PIERFELICE ZAZZERA. Volevo raccogliere la provocazione sollevata dal collega Barbareschi e provare a ragionare fuori da un'idea di cultura «mangiata» dai partiti e dalla politica, promuovendo, invece, una cultura che diventi sistema e sviluppo per il Paese.
Mi auguro, però, che, se è vero che dobbiamo togliere la politica dai sistemi di gestione della cultura, non si passi a una lottizzazione politica dei consigli di amministrazione, in cui sia possibile entrare solo se si va in spiaggia con Berlusconi piuttosto che con qualcun altro. Il rischio è che non si faccia più distinzione tra destra e sinistra, ma che subentrino i rapporti di amicizia.
Invito il Ministro a raccogliere il grido di sofferenza che proviene dal mondo della cultura, che è in subbuglio e che è in asfissia per i tagli lineari e per l'assenza di risorse. Non gliene attribuiamo la responsabilità, ma in questo Paese l'assenza di risorse ha tolto ossigeno al sistema della cultura. Credo che la vicenda del Teatro Valle, a cui faceva riferimento il collega Barbareschi, non vada inquadrata nei cento facinorosi che occupano per bloccare un'operazione imprenditoriale. Il problema sollevato dai cento facinorosi che occupano il Teatro Valle è una questione di cultura, è il fatto che non ci sono investimenti e risorse in un mondo che dovrebbe essere il volano dell'economia del Paese.
Lei come me avrà visto la trasmissione Presa diretta quando si è parlato degli investimenti culturali nella regione della Ruhr in Germania. Poiché nel suo intervento, Ministro, ha detto che ci sono 36 miliardi di euro di fondi comunitari per la programmazione 2007-2013, che di questi ne è stato programmato il 9 per cento, che ne è stato utilizzato il 16 per cento e che restano ancora 31 miliardi di euro da impiegare, è compito di tutti noi, a tutti i livelli istituzionali, dal Ministro alle regioni, ai sindaci dei piccoli comuni, utilizzare al meglio quelle risorse.
È vero che servono anche i supermercati accanto ai teatri. Nella Ruhr in Germania è stato dimostrato che si possono attirare tre milioni di visitatori in un gasometro trasformato in teatro - solo 200 mila persone in meno rispetto al sito archeologico di Pompei - mentre in un anno 23 milioni di persone si sono recate per la spesa al supermercato rimettendo in moto l'economia. È una scelta politica di sviluppo della cultura che questo Governo,


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e probabilmente il Paese in passato, non ha saputo fare perché ha pensato a togliere risorse.
Chiudo mettendo in evidenza alcune questioni. Lei ha detto che il FUS non va toccato, però va utilizzato. Il FUS non può rimanere fermo. Le chiedo se servirà a far avviare la legge sullo spettacolo dal vivo. Le chiedo chiarezza sul fatto di fare partire almeno le esperienze virtuose che sono emerse da questa Commissione.
Pur rimanendo da solo a difendere la sua posizione riguardo al Festival Verdiano - io avevo capito che c'era il rischio di utilizzare i fondi del FUS per quel Festival -, è anche vero che il Governo si era impegnato a ricordare il bicentenario verdiano. Mi auguro che si mantenga la parola. Se non sarà fatto attraverso una legge parlamentare, auspico che il Governo, e quindi lei, Ministro, si impegni a ricordare e a promuovere queste iniziative che rendono comunque ricco questo Paese.
C'è poi la situazione delle fondazioni lirico-sinfoniche, che la riforma attuata da questo Governo sta riducendo alla fame. Siccome io provengo dalla Puglia, vorrei sapere, alla luce della riduzione del cartellone stagionale del Teatro Petruzzelli e della mancanza di fondi, che cosa intenderanno fare il Governo e il Ministro su questa questione. Abbiamo già preso contatto con il capo di gabinetto per la vicenda della fondazione lirica di Trieste, che ha quattro milioni di debiti ed è in fase di commissariamento. Anche lì i cartelloni e gli spettacoli sono stati tagliati.
Assistiamo all'impoverimento del sistema cultura. È vero, come diceva il collega Polledri, che la legge «mancia» potrebbe servire per queste piccole opere, ma io chiedo che quelle risorse vengano utilizzate in una programmazione a lungo termine. Non si possono utilizzare poche centinaia di euro per risolvere il problema di un campanile. Dobbiamo programmare il sistema cultura e abbiamo bisogno di tutte le risorse programmabili possibili.
Ci sono siti, Ministro, che potrebbero fare la ricchezza di questo Paese. Gliene cito uno nella mia regione: ad Altamura ci sono 3.000 orme di dinosauro in stato di totale abbandono. I turisti vanno a visitarle nonostante il degrado (Commenti).
Non lo dica a me, che di Vendola non ho parlato molto bene. Sono assolutamente insospettabile. Le posso dire, però, che se vogliamo creare il sistema cultura, gli investimenti devono valorizzare ciò che abbiamo. E, per esempio, in Puglia ci sono realtà su cui si potrebbe investire.
Mi associo al coro di critiche riguardo alla nomina della Biennale di Venezia. Credo che lei abbia fatto uno scivolone. Io non ho vicini di casa da nominare e non ho frequentato le case di Malgara, quindi non conosco le opere d'arte che possiede. Resto alle dichiarazioni del presidente della regione Veneto, della Lega Nord e non dell'IdV, che ha detto di non conoscere Malgara, ma di apprezzare Baratta.

ROSA DE PASQUALE. Sarò breve. Io provengo da Firenze e quindi volevo parlarle del Maggio musicale, che rientra nel discorso delle fondazioni lirico-sinfoniche. Come sa, è in corso una vertenza per una riduzione dell'integrativo. I lavoratori stanno cercando di comprendere come fare la propria parte, però bisognerebbe che anche il Governo facesse la sua.
In particolare, al festival del Maggio musicale fino a due anni fa erano destinati 2 milioni di euro. Col taglio del FUS questi finanziamenti sono scomparsi. Ciò sta mettendo molto in difficoltà il festival. Non solo sono stati tagliati molti altri milioni di euro del FUS, ma anche il Maggio musicale a questo punto è fortemente a rischio. Vorrei chiederle un chiarimento a questo proposito.
Inoltre, l'ultima legge sulle fondazioni lirico-sinfoniche prevede che il contratto nazionale sia firmato entro il 2011, pena condizioni terribili per il 2012, come l'impossibilità di effettuare spettacoli senza autorizzazioni e così via. Volevo sapere a che punto è la firma del contratto nazionale per le fondazioni lirico-sinfoniche.
Volevo anche chiederle di avere un occhio di riguardo per il mondo bandistico. Le bande musicali sono diffuse su tutto il nostro territorio, sono un patrimonio


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veramente unico per il nostro Paese sia dal punto di vista culturale sia dal punto di vista sociale, perché mettono insieme generazioni e ceti sociali diversi. Hanno una storia antichissima.
Le nostre bande musicali ricevono all'anno solo 500 euro ciascuna. So che è stato attivato un tavolo con le associazioni di categoria, una delle quali è la ANBIMA (Associazione nazionale bande italiane musicali autonome), che raccoglie moltissime bande, ma ce ne sono anche altre. Vorrei davvero che lei prendesse a cuore questo mondo e che si andasse avanti con il tavolo di lavoro. Si potrebbero anche prevedere alcuni progetti, a patto che non siano legati solamente a piccolissime realtà, come è già successo. Ho, infatti, presentato un'interrogazione, quando c'era ancora il Ministro Bondi, a proposito di una piccola banda che era stata molto agevolata. Ad esempio, si potrebbe lavorare sul fatto che le bande amano molto lavorare in rete. Mi raccomando affinché questa realtà non vada dispersa.
Infine, vorrei accennare alle biblioteche. È una realtà che sta morendo. Non hanno più nemmeno i soldi per acquistare i libri. Ma se non possono acquistare i libri, che biblioteche sono? Questo naturalmente ha una ricaduta anche sul mondo editoriale. È un altro aspetto che pongo alla sua attenzione.
La ringrazio e spero che possa venire più spesso per avere un'interlocuzione più intensa.

PAOLA GOISIS. Poiché il Ministro è del Veneto, gli rivolgo un saluto e un augurio in più rispetto agli altri colleghi, tanto per marcare il territorio.
Voglio introdurre il mio intervento ricordando che, in questi sei anni ormai di mia presenza qui alla Camera e in questa Commissione, i miei colleghi e io ci siamo sempre trovati di fronte a una difficoltà. Quasi sempre ci siamo trovati davanti a nomine che ci sono state presentate e sulle quali non siamo quasi mai stati coinvolti. Ci venivano offerti dei nominativi su cui esprimere un parere, ma naturalmente si rispondeva di sì. La maggioranza di sinistra prima e la maggioranza di centrodestra poi ci presentavano proposte che dovevamo accettare.
La considerazione che sto facendo non è, quindi, rivolta in modo esplicito a lei, che in questo momento è Ministro. È qualcosa che già c'è nel nostro Parlamento. Ma rivolgendomi a lei, mi auguro di poter essere ascoltata, mi auguro cioè che finalmente questa nostra lamentela sia accolta e risolta.
In tanti hanno parlato della cultura nei suoi vari aspetti e delle nomine. Prendendo ad esempio quella relativa alla cinematografia, io non conosco le due persone proposte. Sappiamo che sono state indicate dalla conferenza dei servizi del Piemonte e forse della Lombardia...

GIANCARLO GALAN, Ministro per i beni e le attività culturali. Dalla Conferenza dei presidenti...

PAOLA GOISIS. Bene, quindi saranno sicuramente persone di valore. Noi non discutiamo il merito, ma il metodo, che, come ripeto, è stato tramandato senza che riuscissimo, forse per colpa nostra, a essere incisivi e a ottenere risposte precise.
Se la Commissione cultura, come tutte le altre Commissioni, ha motivo di esistere, deve poter svolgere il proprio ruolo e in questo essere valorizzata e rispettata.
Per quanto riguarda la nomina riferita alla Biennale, non posso dissociarmi dalle parole del nostro presidente. Forse è mancato questo aggancio. So che la nomina è di competenza del Ministro, ma dal momento che si devono esprimere anche le Commissioni, penso che un maggiore raccordo e coinvolgimento sarebbe auspicabile. Il mio augurio è che la cosa possa risolversi in questi termini.
D'altra parte, mi fa specie - come tutti sanno, parlo sempre in modo molto esplicito - che il capo di gabinetto che si occupa di Venezia parli romanesco. Mi riferisco a Salvatore Nastasi, ma non voglio giudicare la persona.
Noi ci dobbiamo pronunciare con un parere. Siamo ben consapevoli che non è vincolante, ma vorremmo poterne parlare.


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Un altro aspetto che volevo sottolineare riguarda il bicentenario verdiano e la legge sullo spettacolo dal vivo. La legge sullo spettacolo dal vivo è stata trattata qui in Commissione. Ci abbiamo lavorato in Comitato ristretto per diverso tempo. È stato un lavoro sicuramente intenso e quindi vorremmo vedere una soluzione. Voglio però ricordare che, così come la legge sullo spettacolo dal vivo, anche la legge sul bicentenario verdiano è una proposta di genesi parlamentare. Mi risulta strano che si dia attenzione a una legge e non all'altra. Se dobbiamo rivendicare il valore e, come dicevo prima, il ruolo delle Commissioni, credo che si debba tener conto di questo aspetto per entrambe.
È vero che abbiamo fornito parere positivo sulla sede legislativa, ma l'assegnazione spetta ai capigruppo, un ruolo che finalmente compete solo alla Commissione. Come avevo già annunciato al presidente in una seduta precedente, è evidente che le due leggi debbano procedere di pari passo. Non è pensabile che una legge vada avanti e l'altra no. I miei colleghi tengono in modo particolare alla legge sul bicentenario. Anche se per prendermi in giro mi si ricorda l'espressione «Viva Verdi! Viva Vittorio Emanuele Re d'Italia!» e quindi potrei non essere particolarmente interessata, io sono però interessata al fatto che si tratta di una legge di genesi parlamentare.
Per noi le due leggi devono procedere di pari passo. Se non sarà così, siamo anche disposti a ritirare il consenso alla legislativa perché si tratta di una legge legata in modo particolare al territorio e a un personaggio di estrema levatura. Questa è la posizione del mio gruppo. Pertanto, come capogruppo della Lega Nord, così come ho concesso la firma per la sede legislativa, sono anche pronta a ritirarla.

GABRIELLA CARLUCCI. Innanzitutto volevo ringraziare moltissimo il Ministro per essere venuto e soprattutto per avere sbloccato l'annosa vicenda della legge quadro sullo spettacolo dal vivo. Oggi il Ministro è riuscito a parlare con la Commissione bilancio e quindi abbiamo la certezza che, con questo accordo tra lui e la Commissione bilancio, finalmente la legge vedrà la luce.
È una legge molto importante perché è una legge di riforma di un intero comparto. Lo dico anche all'onorevole Goisis. (Commenti del deputato Goisis).

PRESIDENTE. Ma è una legge della Commissione!

GABRIELLA CARLUCCI. Certo, è una legge della Commissione. Sto solo dicendo che è un risultato molto importante. Il concetto è che non si possono mettere sullo stesso piano questi due provvedimenti (Commenti del deputato Goisis).

PRESIDENTE. Ma sono questioni politiche, onorevole Carlucci. È un fatto politico, ha ragione l'onorevole Goisis.

GABRIELLA CARLUCCI. Ritengo che l'accordo trovato oggi dal Ministro Galan con la Commissione bilancio sia fondamentale. Infatti, benché la legge avesse già ottenuto il consenso di tutti i gruppi parlamentari, era ferma da un anno proprio perché non si trovava la quadratura del cerchio con la Commissione bilancio. Ringrazio, quindi, il Ministro per la sua presenza e per avere risolto questo problema.
Voglio, però, commentare con dispiacere un altro aspetto. Il Ministro ha parlato dell'importante riforma di Cinecittà. In questi anni Cinecittà ha molto ben operato e non ci dimentichiamo che aveva già subito un accorpamento. Cinecittà aveva, infatti, accorpato l'Istituto Luce e in questo passaggio c'era già stata una verifica del personale che aveva portato a ottimizzare le risorse dell'Istituto Luce.
Questo avveniva sotto la gestione di Luciano Sovena, poi il consiglio di amministrazione è stato ridotto a tre e ora Luciano Sovena non è più amministratore delegato. Mi piace ricordare che Luciano Sovena, artefice di questa unificazione fra l'Istituto Luce e Cinecittà, è stato il primo amministratore di una società pubblica ad avere ottenuto degli incassi.


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Uno dei film prodotti dall'Istituto Luce, poi diventato Cinecittà, che ha garantito incassi anche dopo la fusione, fu Il mercante di Venezia, un film più volte premiato e che ha portato nelle casse di chi l'ha prodotto - e di Cinecittà - 5 milioni di euro. Questi soldi, in parte confluiti appunto nelle casse dell'Istituto Luce e di Cinecittà, sono serviti a realizzare in Marocco la Scuola delle arti e del cinema. Parliamo tanto di immigrazione clandestina e di un modo per aiutare questi popoli che mandano i loro disperati sulle nostre spiagge. Ebbene, c'è qualcuno che, investendo in un settore della cultura, dell'immateriale, ha realizzato in Marocco questa scuola e un centro di cinematografia dove si produce. Ciò rappresenta un ottimo biglietto da visita per la nostra cultura. Oltre a essere riuscito a creare occupazione e risorse in questo Paese del nord Africa, è anche riuscito a produrre, a un costo notevolmente inferiore rispetto all'Italia, film per Cinecittà.
La gestione di Luciano Sovena, che fu nominato dal centrodestra - ed ecco perché il mio appunto al Ministro - è stata una gestione estremamente virtuosa. Ha fatto molte cose, come ad esempio digitalizzare e ottenere tutti i diritti dell'opera filmica di Roberto Rossellini, un grande del cinema italiano, che nel tempo era stata abbandonata ed era diventata inutilizzabile per una questione di diritti.
Mi dispiace molto che una persona e una professionalità così importante, che era stata nominata da noi e che, grazie alle sue qualità, era stata riconfermata dal Ministro Rutelli sia stata rimossa. Lo consideriamo una persona di qualità, una persona che ha portato successo alla sua attività e anche denaro, un fattore non trascurabile soprattutto quando si parla di società pubbliche.
Un'ultima questione che mi sta molto a cuore è la sorte del Teatro Valle. So molto bene che il Teatro Valle non è più di competenza del Ministero dei beni culturali perché, con la legge del 2010 che ha chiuso l'ente teatrale italiano, è stato messo nella disponibilità e poi trasferito al comune di Roma. È chiaro ciò che dice il Ministro, ma in realtà sono fatti del Ministero dei beni culturali perché il Teatro Valle è il più antico di Roma e uno dei più antichi d'Italia. Ha compiuto il 18 giugno 285 anni. Era il teatro nel quale debuttava regolarmente Pirandello.
Mi sembra comunque competenza del ministero occuparsi dell'integrità anche fisica di questo teatro. Abbiamo tentato di capire cosa facessero gli occupanti, che non sono attori, ma persone che si sono piazzate lì dentro, e mi risulta che svolgano funzioni tecniche. Senza avere le autorizzazioni dell'agibilità e dei vigili del fuoco, usano il palcoscenico e tutte le strutture dalla fonica alle luci, senza nemmeno una copertura assicurativa. A rischio ci sono le strutture, le mura, il palcoscenico.
Quindi, seppure il Ministro abbia dichiarato di non avere più la competenza sul Teatro Valle, ritengo che non possa non vedere quanto sta succedendo nel teatro più antico di Roma e tra i più importanti d'Italia. Il sindaco di Roma è stato sollecitato tante volte, ma purtroppo non succede nulla. Chiedo che il Ministro Galan, nella sua veste di Ministro che si occupa dello spettacolo in Italia, esorti il sindaco di Roma a fare chiarezza su cosa succederà di questo teatro. Mi sembra che fosse previsto un bando che non è stato mai pubblicato, anche perché gli occupanti impediscono di entrare. Non c'è una programmazione né altro.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Carlucci per le sue attenzioni sempre concrete verso le realtà culturali nazionali e della capitale.

EUGENIO MAZZARELLA. Signor Ministro, io ritornerò sulla sua audizione del 15 giugno, dove ci fu un passaggio alquanto ideologico. Cercherò, quindi, di riprendere una sottolineatura ideologica della sua audizione che faceva un riferimento molto concreto ai sovrintendenti e al loro ruolo nella tutela.
Lei diceva che la cultura in Italia è stata monopolio della sinistra e richiamava il concetto di egemonia, auspicando


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che tra gli intellettuali non ci fosse più un contenzioso a difesa della casa matta ideologica della cultura. A suo dire, a non capire la necessità di andare avanti avrebbero tutti da perdere, intellettuali e politica.
È giusto, ma mi consenta di svolgere qualche annotazione. Questo richiamo, che è centrale sul piano dell'impianto metodologico delle linee del suo ministero, si traduce immediatamente in una questione di tipo politico-gestionale, già venuta in discorso col suo predecessore.
Mi sembra, cioè, che dietro questo «altolà», a un certo tipo di polemica e di contrasto nei confronti dell'azione dei ministeri di centrodestra, ci sia tutto sommato una vecchia storia. Per un paradosso della storia, grazie a Gramsci e al suo concetto dell'egemonia, la sinistra, e quindi le opposizioni, in tema di tutela e valorizzazione diventerebbero conservativi, mentre invece la destra sarebbe innovativa perché propugna la valorizzazione.
Se consente un suggerimento, inviterei il ministero, e quindi la sua azione, a non lavorare tanto su questa separazione tra tutela e valorizzazione perché non ha ragione d'essere neanche in termini di una visione aziendalista della gestione dei beni culturali. Generalmente scattano alcuni feedback e associazioni mentali per cui valorizzazione significherebbe managerialità, marketing e, in buona sostanza, recupero di risorse anche per la tutela. Questo sarebbe vero in teoria, se non ci fosse un punto di difficoltà: il primo prodotto che il Ministero dei beni culturali dovrebbe valorizzare è la tutela dei beni, altrimenti si rischierebbe di non avere nulla da valorizzare.
È chiaro che questo dibattito si è innestato nelle amministrazioni dei beni culturali in Italia con quello che connesso alla mancata risoluzione di alcune questioni di indirizzo più complessivo, in particolare quanto il Paese vuole investire su ciò che ritiene essere una sua risorsa nazionale.
Così facendo si ritiene di potere risolvere il problema delle scarse risorse. La valorizzazione, quindi, produrrebbe anche le risorse che bisognerebbe appostare sulla tutela. Il punto critico di un impianto del genere è che il bene che dovrebbe servire a questa valorizzazione, nel frattempo - ammesso che tutto questo succeda - deperisce. Il vero problema, anche per mettere in sequenza logica un piano aziendale di questo tipo, è avere dei capitali di start up per mettere in sicurezza il patrimonio storico-monumentale che si possiede.
Ho la sensazione che il suo ministero debba in realtà non solo fare una grande battaglia ideologica sui benefici della valorizzazione, ma ricordare che, affinché ci sia valorizzazione credibile in questo ambito, ci deve essere la tutela dei beni culturali.
I beni culturali sono storia monumentalizzata o paesaggio che, nonostante tutto e nonostante i nostri interventi valorizzativi di tipo industriale e produttivo, si è salvato. Il vero problema sarebbe, perciò, che una volta tanto il suo ministero riesca a invertire il trend. È difficile assicurare che dalla valorizzazione verranno risorse, perché in realtà si potrebbe non avere il prodotto da valorizzare, cioè il bene intanto deperito.
Penso che questo sia un corto circuito - oserei dire di gestione aziendale - che le segnalo per evitare una polemica ideologica che non ci porterebbe da nessuna parte. Nessuno non vuole valorizzare. Il problema è che per valorizzare c'è bisogno di sapere ben tutelare ciò che si vuole valorizzare.

MANUELA GHIZZONI. Cercherò di essere telegrafica, anche perché molti colleghi del mio gruppo mi hanno preceduto.
Io, signor Ministro, ho colto con favore la sua affermazione, pronunciata all'inizio della seduta in risposta a una domanda dell'onorevole De Biasi sui tagli, in merito al tentativo di inserire nel decreto-legge n. 98 del 2011 una norma che escludesse i capitoli di bilancio destinati al recupero.
È un atto di resipiscenza che trovo positivo, soprattutto rispetto a un'altra sua affermazione, che trovai molto infelice per non dire provocatoria, della prima audizione, nella quale dichiarò che prima di


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chiedere nuove risorse è doveroso spendere quelle che si hanno e che quelle a disposizione erano tante, tantissime. Sono le sue parole rimaste agli atti della Camera.
Come Partito Democratico, sia nella precedente legislatura sia in questa, abbiamo avanzato proposte, ad esempio, perché i residui non fossero tali e perché ci fossero più fluidità e maggiore capacità di spesa. Ma capisce che affermare che le risorse siano tante, anzi tantissime è molto forte. Se, però, come ci ha detto oggi, ha lottato affinché nel decreto-legge n. 98 del 2011 e poi anche per il prossimo decreto «sviluppo» non vengano sottratte altre risorse, evidentemente anche lei ha avuto contezza che forse tutta questa abbondanza non c'è.
Non le sarà sfuggito un dato drammatico che abbiamo rappresentato al suo predecessore più volte e cioè che possiamo vantare il primato di essere il Paese europeo che investe meno in beni culturali. Eravamo allo 0,3 per cento sul PIL, siamo saliti allo 0,4 e siamo tornati allo 0,3. È la cifra riportata nel rendiconto della Corte dei conti per il 2010. Avevamo fatto un passo indietro, ne facciamo un altro nell'anno corrente.
È del tutto evidente che c'è una sofferenza in questo senso.
Io, però - spero che non sia una excusatio non petita - ripeto quanto lei ha sostenuto: state lavorando. Siamo tra amici, apprezzo che lei si stia impegnando affinché nel decreto «sviluppo», che dovrebbe andare al Consiglio dei ministri della prossima settimana, ci siano misure a vantaggio della tutela delle nostre risorse.
Lei non si sofferma a raccontarle, ma io le chiederei un supplemento su questo aspetto, perché penso che anche il mondo fuori, quello delle biblioteche, degli archivi e dei beni culturali, se l'aspetti. A lei non sarà sfuggito, signor Ministro, che questa è una settimana di mobilitazione, chiamiamola così, da parte, per esempio, dei beni culturali più negletti come le biblioteche e gli archivi, quelli cioè che vivono uno status sociale inferiore rispetto ai musei.
Soprattutto gli archivi di Stato - che conservano la nostra memoria, ma sono la manifestazione plastica dell'identità nazionale preunitaria e unitaria, così vi includiamo tutto - chiuderanno e si stanno chiedendo come potranno affrontare tale chiusura imminente.
I musei l'hanno già fatto e chiudono la domenica. Nel giorno in cui gli italiani e gli stranieri possono andare nei musei, la mancanza delle risorse, perché mancano i soldi per pagare gli straordinari, ne determina la chiusura.
Io penso che sarebbe gradito un suo accenno sulle misure che intende intraprendere nel cosiddetto decreto sviluppo affinché, per esempio, i nostri archivi non chiudano.
Aggiungo due considerazioni finali. Lei ci richiama al dato crudele della realtà e a un'idea di riforma del ministero in forma di riorganizzazione. Il collega Polledri l'ha preso come l'auspicio di una prosecuzione serena di legislatura, mentre io do un'altra lettura e la informo - non so se qualcuno abbia provveduto a farlo - che poco meno di due anni fa il suo predecessore si era già prodotto in una riorganizzazione del ministero. Il fatto che lei sostenga che occorre mettere mano a una riforma seria di riorganizzazione significa che quella del suo predecessore non era tale e che si è lavorato invano. Lo rilevo a fronte del fatto che noi votammo contro e chiedemmo una riflessione più generale sulla riorganizzazione di quel ministero.
Prendo atto come di un dato politico delle acque agitate su cui tenta di galleggiare questa maggioranza. Chiudo con una considerazione sulla legge relativa a Verdi.
Quella su Verdi è una legge cui noi abbiamo lavorato con serietà, così come abbiamo lavorato con serietà, come Commissione, sulla legge dello spettacolo dal vivo, perché è tratto di questa Commissione riuscire a lavorare insieme in moltissime occasioni.
È vero, e gliene rendo atto, che lei ha espresso in più occasioni pareri negativi e perplessità su questa legge, però, al di là della copertura del finanziamento, io mi


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sarei aspettata dal Ministro un'articolazione di queste critiche, nell'interlocuzione normale che c'è tra Parlamento e ministero, affinché si potesse trovare una soluzione parlamentare alle sue obiezioni.
Le posso davvero garantire che quella legge è frutto di un lavoro serio parlamentare. Io penso che, se c'è qualcosa di cui ci dobbiamo lamentare, è la scarsa attenzione che i componenti del Governo hanno sempre dimostrato per l'attività parlamentare e segnatamente per quella di questa Commissione. Di ciò mi rammarico molto.

CARMEN MOTTA. Sarò brevissima, perché molti colleghi hanno già toccato l'argomento. Mi riferisco alla legge sul bicentenario verdiano.
Signor Ministro, voglio dirle con grande franchezza e con grande amicizia che lei nell'audizione del 29 giugno 2011 ha espresso un giudizio, secondo me, un po' troppo affrettato su questa legge. È esattamente vero ciò che le ha riferito adesso la capogruppo Ghizzoni. Poiché io sono la prima firmataria di una delle abbinate proposte di legge, ritengo che nessuno di noi, neanche gli altri colleghi, avesse in mente di emanare una legge cosiddetta «mancia» o una legge «marchetta». Scelga lei il termine migliore. Ci siamo impegnati tutti per onorare degnamente una ricorrenza che è di valore non solo nazionale, ma, come lei ben sa, anche internazionale.
Sono di Parma, quindi, di un territorio che ha Verdi nel sangue, e mi è parso corretto e giusto che da parte del Parlamento ci fosse un'azione di questo genere.
Signor Ministro, lei avrebbe potuto interloquire col Parlamento, avendo anche un po' più di attenzione - glielo dico sinceramente - nei confronti del lavoro parlamentare, proponendo tutte le modifiche che lei riteneva utili e necessarie. Saremmo stati pronti a valutarle, ad accoglierle e a decidere insieme quale fosse la soluzione migliore.
In relazione, poi, alla critica che lei ha svolto anche oggi, ovvero che non si finalizzano i fondi alle autonomie locali, anche questa Commissione, come tante altre, molto spesso in sede legislativa ha destinato fondi agli enti locali per il recupero, in questo caso, di beni di valore culturale e via dicendo.
Svolgo alcuni altri flash e ho finito. Lei parla dei finanziamenti del FUS. Signor Ministro, in primo luogo, lei avrebbe potuto indicare dove eventualmente potevano essere reperiti altri fondi. È stata la Commissione bilancio che ha individuato la copertura migliore per la legge.
In secondo luogo, concordo con quanto ha sostenuto il collega Polledri sulle spese di investimento. Signor Ministro, le rivolgo un invito. Venga a Busseto, ma forse è già venuto, a vedere la casa natale del maestro Verdi. Venga a Villanova Sant'Agata a visitare quella meravigliosa villa, quel meraviglioso edificio. Sono musei. Vi passano migliaia di turisti all'anno, e le dirò di più: moltissimi sono stranieri. Noi abbiamo previsto interventi di valorizzazione che restassero nel tempo, legati ovviamente al bicentenario, ma che rimanessero nel tempo.
In terzo luogo, lei sostiene che recupererà i fondi per la costituzione di un comitato. Ma signor Ministro, il comitato che cosa farà? Dovrà indicare quali sono le iniziative e con chi le vuole realizzare, quindi con la rete di enti locali e di regioni che noi avevamo individuato nella legge.
Poiché non ci sono più risorse sul capitolo, perché riguardano i comitati, immagino che lei avrà altre idee al proposito. Ribadisco, però, che il bicentenario verdiano non si valorizza solo costituendo un comitato.
Mi permetto, signor Ministro - mi creda, glielo dico con amicizia - di affermare che forse lei è stato mal consigliato o che qualcuno l'ha indirizzata su una strada non corretta.
La legge sul bicentenario non è la legge sul Festival verdiano di Parma. Noi abbiamo inserito quel Festival all'interno delle possibili iniziative che con il bicentenario avremmo promosso, ma non è la legge sul Festival verdiano di Parma, bensì


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la legge sul bicentenario, una questione molto più grande, che riguardava tutta la nazione.
Infine, signor Ministro, lei ha obiettato che nella legge mancavano altre realtà, come La Fenice di Venezia, per citare un nome, ma potevano essere anche altre. Non credo che nessuno avrebbe avuto obiezioni a fare entrare anche queste nel testo di legge inserendole fra le realtà coinvolte nella valorizzazione delle iniziative per il bicentenario.
La invito, signor Ministro, a riflettere su quanto le abbiamo espresso oggi con grande rispetto e con grande, credo, reciproca comprensione. Secondo me, se non si proseguirà con la legge, commetteremo un grande errore. Grazie.

LUISA CAPITANIO SANTOLINI. Non avevo messo in programma di intervenire, signor Ministro, essendo già intervenuto per il mio gruppo il collega Lusetti, ma ho notato che giustamente lei prende appunti in vista delle risposte che ci fornirà e nel lungo elenco di problemi sollevati dai colleghi - sarò rapidissima e non riprenderò le considerazioni che sono state svolte e sulle quali fondamentalmente concordo - volevo sottolineare due questioni che sono all'ordine del giorno di questa Commissione, ma che sono state accantonate.
Mi piacerebbe se lei potesse non dico darci una risposta definitiva, ma comunque riprendere il discorso dei restauratori. È un problema che noi abbiamo sollevato e affrontato. È un terreno di grande confusione, di grandi conflitti e di grandi competenze che si sovrappongono con storie diverse, perché non è mai stato regolato. Non c'è una norma, non c'è una legge, non c'è nulla che rimetta in riga la situazione dei restauratori. Tutti coloro che hanno una storia diversa rivendicano riconoscimenti diversi. Non è tanto il problema dei corsi, quanto del pregresso, di coloro che hanno lavorato e che richiedono un riconoscimento. È una cosa di cui abbiamo parlato e io, sono disponibile ad affrontare con lei la questione.
L'ultima questione riguardo i beni culturali che era all'ordine del giorno di questa Commissione, poi accantonata per mancanza di fondi - non sono qui a fare la questua, però vorrei potergliene parlare con calma - è il problema dell'abbazia di Subiaco.
Le posso assicurare che i monaci di quelle abbazie stanno vendendo i loro terreni per poter affrontare le spese di manutenzione, non per attuare iniziative «dell'altro mondo». Le abbazie di San Benedetto da Norcia, con tanto di eremo e di posti stupendi, sono un patrimonio che non ho bisogno di precisare a lei che cosa significhi per l'Europa.
Vorrei che lei potesse vedere quei posti per rendersi conto del loro significato e valore. Non trovare neanche un soldo per il restauro di quei monumenti mi sembra davvero un peccato mortale. Grazie.

PAOLA FRASSINETTI. Grazie, Ministro. Sarò davvero telegrafica per sottoporle un problema importante che non è stato trattato, ma che penso rientri nel novero della cultura, ossia la tutela della lingua italiana.
Io presenterò una proposta di legge - ce n'è già una al Senato, ma si è arenata - in quanto ritengo che la situazione della lingua italiana sia davvero precaria. Bisogna intervenire. Non basta più l'importantissima opera che la Società Dante Alighieri e l'Accademia dei Lincei svolgono, essendo istituti specialistici. Bisogna che la politica prenda in mano il problema.
Ormai troppi termini inglesi stanno soppiantando i termini italiani. Abbiamo svolto audizioni anche congiuntamente alla Commissione affari esteri e insieme al Ministro Frattini. Esiste il paradosso per cui nel mondo la lingua italiana è valutata ed è parlata, mentre in Italia spesso e volentieri non riesce più a essere autorevole.
Io chiedo che venga istituito un comitato, come è stato costituito nei Paesi del Nord per tutelare le loro lingue. Prossimamente ripresenterò una proposta di legge che, viste le contingenze di crisi economica, sarà magari un po' più tarata


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su tale contesto. Penso, tuttavia, che sia un problema che, se continuiamo a trascurarlo, senza accorgercene avremo brutte sorprese per quanto riguarda il degrado della nostra lingua.

PRESIDENTE. Avevamo promesso di non sequestrare il Ministro e, invece, l'abbiamo fatto.
Ministro Galan, mentre ci scusiamo, le chiediamo una replica per quanto vuole e intende riferirci. Potrà, eventualmente, farci arrivare anche risposte scritte, intendendo comunque conclusa con oggi la sua audizione.

GIANCARLO GALAN, Ministro per i beni e le attività culturali. Dovrei intervenire per alcune ore e lo farei anche volentieri, partendo magari dall'ultima questione - quella sulla lingua italiana - che mi appassiona, anche perché l'ultimo seminario dell'ASPEN cui sono stato invitato prima di essere «tagliato» riguardava proprio la lingua italiana. Mi piacerebbe affrontare il tema. Non credo di poterlo fare, però, perché su alcuni punti sarei necessariamente vago.
Credo di rendere un po' di onore alla tradizione non eludendo il punto chiave della giornata. Infatti, penso che vi deluderei se non parlassi della Biennale. Parlo, quindi, e rispondo con chiarezza. Esigo, però, come si è sentito più volte riecheggiare anche in questa Aula, rispetto.
Il dottor Giulio Malgara non è uno qualsiasi, ma è uno dei maggiori protagonisti della comunicazione in Italia nel Dopoguerra e merita rispetto.
Entro nel merito. L'Auditel non è un'invenzione di Berlusconi, ma un sistema di rilevazione degli ascolti televisivi accettato e sottoscritto da tutti, dalla RAI a Telemontecarlo, da Canale 5 a tutte le emittenti.
L'Audipress non è uno strumento a favore di questo o di quello, ma un sistema di rilevazione accettato da tutti gli editori, che rileva il numero dei lettori dei quotidiani e dei settimanali, da L'Espresso a Panorama, al Giornale, a Libero, a La Padania, a Il Fatto quotidiano.
Sono due grosse invenzioni che hanno modificato il modo di utilizzare la pubblicità. Il dottor Giulio Malgara è stato presidente dell'UPA, l'unione delle maggiori 500 aziende che investono in pubblicità. Lo è stato per ventitré anni e adesso credo che sia presidente onorario.
Non ha esperienza nel settore esattamente come Paolo Baratta, come Franco Bernabè, come Davide Croff, ossia come altri presidenti della Biennale. Ho citato gli ultimi quattro.
Serve distinguere una tela di Carlevaris da una di Canaletto per poter essere presidente della Biennale? No, serve, a mio avviso, ma posso anche sbagliare, l'essere avvinto a quel sistema delle sponsorizzazioni che può arrecare una grande utilità, perché c'è bisogno anche di quel denaro. Serve essere buoni manager, perché occorre organizzare una buona squadra e la squadra vera è quella che viene composta dai direttori delle diverse sezioni, fra i quali io spero che abbia una capacità da vero non manager, perché è qualcosa di più di un manager. Un manager è uno bravo che rischia i soldi degli altri, mentre lui fa l'imprenditore.
Questo mi sembrava che fosse Malgara. Un po' di rispetto è doveroso. È lecita qualsiasi opinione, ma - ripeto - merita rispetto.
Ho seguito un metodo non corretto? Io sono stato per quindici anni presidente della regione Veneto. In questi quindici anni ho conosciuto come presidenti della Biennale Gianluigi Rondi, Lino Miccichè, Paolo Baratta, Franco Bernabè, Davide Croff e ancora Paolo Baratta. Mai nessuno ha fatto una telefonata al presidente della regione per chiedergli un parere o per parlargli.
È sempre stata un'indicazione, giustificata peraltro. Quando la chiesi al ministro con il quale ho avuto i migliori rapporti e maggiore confidenza, gli chiesi anche perché tenesse in così poca considerazione gli enti locali. Lui mi rispose con una cifra che io vi ripeto tale e quale adesso.
Vi do alcuni numeri. Sapete qual è il contributo dei diversi enti alla Biennale di Venezia? Parlo del 2010, il dato più recente


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che vi posso fornire. Lo Stato italiano investe 14 milioni e 350 mila euro; la regione Veneto 1 milione e 682 mila euro (erano 100 mila quando l'ho presa in mano io, alcuni anni fa); la provincia di Venezia 10 mila euro; il comune zero, eroga solo servizi.
Questa è la risposta che mi diede Francesco Rutelli. La ripeto tale e quale. Dopodiché, per carità, io posso usare tutti i metodi del mondo, ma vi do la mia parola d'onore che in quindici anni mai nessuno mi ha chiesto qualcosa.
Che dire? Nastasi è seduto qui dietro. Se volete, faccio a meno di nominarlo. A me sembra che sia una garanzia maggiore di quella dell'ultimo esempio che è stato portato, quando si scelse Giuliano Da Empoli come componente, anche quello, vi assicuro, senza chiedere nulla né alla Commissione, né ai sottoscritti. Va bene o va male?
Quando Rutelli nominò Nastasi al San Carlo di Napoli, dove peraltro ha agito non bene, ma benissimo, voi della sinistra eravate tutti contenti. Andava benissimo allora, ma adesso non va più bene, perché è il mio capo di gabinetto?
L'ultima questione, che avrei dovuto affrontare prima e me ne scuso, riguarda Baratta. Io esprimo un giudizio largamente positivo sull'operato di Baratta. Non l'ho mandato via. Il suo mandato è scaduto e io ho ritenuto che mai nessuno nella storia fosse rimasto dodici anni presidente della Biennale. Posso aver sbagliato, ma ho ritenuto che fosse giusto cambiare, altrimenti ci ritroveremmo tutti coloro che erano in consiglio d'amministrazione con Giuseppe Volpi di Misurata o con Gianluigi Rondi, che aveva operato male.
Con estrema correttezza, io non ho attuato alcuno spoil system. Semplicemente sono passati quattro più quattro anni, ossia otto anni, e ho ritenuto che fosse giusto, una volta tanto, cambiare. Posso aver sbagliato, ognuno è libero di esprimere il suo giudizio, ma questi sono dati di fatto assolutamente oggettivi, come è oggettivo il fatto che Giulio Malgara, sia pure amico di Berlusconi - forse lo sono stato di più io, ma non credo sia ancora un reato in questo Paese - non è mai stato dipendente del gruppo Mediaset. Leggete ciò che ha fatto nella sua vita e poi esprimerete il vostro parere liberamente.
Quanto alle altre questioni, le posso affrontare oppure vi posso dare una risposta elegante e scritta, che soddisfi maggiormente i vostri quesiti.

PRESIDENTE. Poiché le questioni sono troppe, signor Ministro, potrebbe rispondere nel caso avesse altre considerazioni a caldo da fare. Eventualmente potrebbe rispondere su Verdi.

GIANCARLO GALAN, Ministro per i beni e le attività culturali. Vi prego proprio con il massimo rispetto di ascoltarmi. Dov'è la mia contrarietà a quella legge? È una legge che non finanzia soltanto le celebrazioni. Come si fa a togliere dal FUS finanziamenti destinati al restauro della casa di Verdi? Vi prego di rifletterci. Non è giusto, è sbagliato, occorre trovare altre fonti. Sarebbe proprio un errore destinare risorse del FUS, così faticosamente difeso, per destinarle ad attività che sono diverse da quelle per cui esso esiste. Il giorno dopo sarebbe facile ribattere che, se viene usato per un altro scopo, tanto vale tagliarlo.
Vi prego di riflettere. Dopodiché, volete che abbia preferenze per una legge o per un comitato? Io affermo di nuovo che la celebrazione di Verdi, che è il simbolo della nostra lirica, debba essere adeguatamente gestita. È uno dei vanti italiani. Non sarà risparmiato nulla e sarà fatto tutto nel miglior modo possibile, ma vi prego di non commettere l'errore di utilizzare male le poche risorse che abbiamo a disposizione e di non andare a spogliare un capitolo così faticosamente difeso per finalità che non sono quelle per cui tale capitolo è stato istituito.
Vogliamo trovare una soluzione? Facciamolo. Io non ho particolari preferenze per il comitato, che a me sembra semplice e facile, o per una legge, ma non commettiamo errori che poi non recupereremo più nel corso degli anni.


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A proposito del Teatro Valle, con la cancellazione dell'Ente teatrale italiano (ETI), esso non è mai dipeso dal ministero. Non era il ministero che programmava, ma l'ETI. Con la soppressione di quest'ultimo, i teatri che vi facevano capo, non solo il Teatro Valle, sono passati nelle disponibilità comunali.
Non c'è stata una sola protesta in tutta Italia, tranne che per il Teatro Valle. Qualcuno mi deve spiegare perché. Si è parlato di precari, ma non ce n'è neanche uno, a meno che non si parli di chi stacca i biglietti, ma quelli sono precari anche alla Scala di Milano.
Il Teatro Valle ha finito la sua programmazione nei termini in cui era stata stabilita ed è diventato una questione di competenza comunale. Francamente non posso disinteressarmene, come Ministro della cultura, anche perché mi risulta che il Valle, come ho scoperto stando qui a Roma, è forse il teatro più amato dai romani. Qualcuno dovrebbe suggerirmi quale via prendere.
L'ho già affermato, so che cosa avrei fatto, se fossi stato sindaco, ma ognuno è libero di scegliere strade diverse. Io credo che si sia, per esprimersi con la massima sincerità e senza incolpare nessuno, lasciato adito a ipotesi che non hanno motivo di essere. Che si sostenga che il teatro di maggior tradizione, più amato dai romani, sia trasformato in una paninoteca richiede tutta la fantasia di questo mondo per immaginarlo.
Inoltre, ciò segue ad attività non facilissime, perché mi risulta che ci siano vincoli e che ci sia bisogno di un bando. Per quanto mi riguarda ciò che andava fatto o che va fatto subito è un bando al quale tutti concorrano, ivi compresi gli occupanti del Teatro Valle, e che vincerà il migliore. Non credo che sia stato un reato affidare momentaneamente la gestione al Teatro Argentina. Ho l'impressione che si sia montata una polemica, che coinvolge anche aspetti delicati, come la precarietà, che è sbagliata evidentemente, visto che non è successo da altre parti, con una malevolenza di interpretazione da una parte e una mancanza di comunicazione dall'altra.
Mi fermo sui fondi. È la questione più importante, perché servirebbe per davvero, ma non la posso realizzare oggi, una definizione del programma dei prossimi mesi. Intanto vi comunico qual è quello immediato (Commenti).
Io credo di essere diventato ministro in aprile, se non sbaglio, quindi sono cinque mesi. Io credo che in questi cinque mesi sia difficile criticare chi ha occupato una posizione come quella che è capitata al sottoscritto. È difficile criticare chi è riuscito a far reintrodurre il Fondo unico per lo spettacolo, che era stato abolito. È difficile criticare, in una parola, chi ha invertito una tendenza ormai inveterata negli usi della politica italiana - che a governare fosse la destra o la sinistra - per cui il primo taglio andava effettuato nella cultura. È difficile criticare chi ha sancito il principio che in Italia si può tagliare tutto, ma non la cultura. È difficile.
Stiamo andando avanti per una strada più complicata ancora, in particolare in questo momento, che è la fiscalità di favore a chi dimostra di voler bene alla cultura. Il 5 per mille è una conquista già ottenuta, usando il participio passato, per un miracolo, perché in un'interpretazione della legge avremmo dovuto partire dal 2013.
L'oggi tanto vituperato Nastasi se ne è accorto e ha fatto modificare la situazione e, quindi, nella dichiarazione del 2011, resa nel 2012, avremo la possibilità di vedere quanti italiani vogliono davvero bene alla cultura con il 5 per mille.
La questione prosegue ed è proseguita, però non ve ne posso riferire, perché la trattativa è ancora in corso. Credo, però, che dal decreto sviluppo, che non conosco per il resto secondo le migliori tradizioni «tremontiane», ma conosco soltanto la parte che mi riguarda, avremo motivi di soddisfazione.
Se dovesse riuscire anche questo, possiamo sederci a un tavolo e cominciare a ragionare, almeno in compagnia delle tre nazioni,


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le uniche tre in Europa, che hanno saputo invertire un evidente andamento, che era quello di ridurre i fondi destinati alla cultura.
Quando io ho incontrato gli altri ministri della cultura, ho capito subito che gli unici che ci stanno vicini sono i francesi, anche perché destinano il 3 per cento del loro bilancio alla cultura e ne hanno meno da difendere.
Gli unici che ci stanno vicino sono, dunque, i francesi. Tutti gli altri si accontentano di una posizione di risulta. Sembravano i camerieri di Tremonti, nel riconoscere pubblicamente in una riunione europea che, di fronte a una situazione così difficile, i primi che avrebbero dovuto tagliare i loro bilanci avremmo dovuto essere noi, che ci occupiamo di cultura.
Soltanto la Francia, la Polonia, che però ha un PIL strepitoso negli ultimi tempi, e l'Italia sono riuscite a invertire - la Francia di pochissimo e l'Italia di poco - la tendenza che era in atto. Queste sono le sensazioni. Se dovesse riuscire quello che dovrebbe capitare fra pochi giorni, sarebbe davvero un successo che dovremmo festeggiare tutti insieme.

PRESIDENTE. Grazie, Ministro Galan. Ha dato un senso a questa nostra giornata parlamentare onestamente difficile per maggioranza e opposizione.
Voglio ringraziare anche lo staff del Ministro, il capo ufficio legislativo e il capo di gabinetto dottor Nastasi. Ovviamente non era intenzione della Commissione tenere processi alle persone, in modo particolare alla sua persona, ma il dibattito politico deve essere schietto e lo è stato, come la risposta del Ministro. Ci auguriamo davvero che possa essere l'inizio di una proficua collaborazione.
Ringrazio nuovamente il Ministro Galan e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 17,05.

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