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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
43.
Giovedì 28 giugno 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Audizione del sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, sulle problematiche relative alla ricostruzione e alla messa in sicurezza dei beni culturali nei territori colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 7
Tortoli Roberto, Presidente ... 10 12
Cecchi Roberto, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali ... 3 10 11 12
Garagnani Fabio (PdL) ... 7 8
Mariani Raffaella (PD) ... 8 12
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 8 9 10
Realacci Ermete (PD) ... 10
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 28 giugno 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 10,10.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione del sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, sulle problematiche relative alla ricostruzione e alla messa in sicurezza dei beni culturali nei territori colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali, Roberto Cecchi, sulle problematiche relative alla ricostruzione e alla messa in sicurezza dei beni culturali nei territori colpiti dagli eventi sismici del 20 e del 29 maggio 2012.
Nel ringraziarlo per la presenza, do la parola al sottosegretario Cecchi per la relazione.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Saluto e ringrazio tutti i quanti i presenti per l'opportunità che viene data al Ministero per i beni e le attività culturali, che in questo periodo è stato molto impegnato nelle zone dell'Emilia-Romagna colpite da questa serie di eventi sismici. Ho presentato un documento, di cui cercherò di sunteggiare i punti che ritengo più rilevanti. Se ci sarà necessità, svolgerò poi gli approfondimenti che riterrete opportuni.
Il terremoto ha interessato, come sapete, un'area molto vasta dell'Italia del nord e non ha limitato i propri effetti alla sola Emilia-Romagna, per le province di Bologna, Ferrara e Modena, ma si è esteso anche alle regioni della Lombardia e del Veneto con riferimento alle province di Mantova e Rovigo. Si tratta di territori di grande valore sotto il profilo socio-economico e ovviamente culturale.
Come in tutti i terremoti che ho avuto la disgrazia di seguire, a partire dal 1976, numerosissimi sono stati i danni che ha subito il patrimonio culturale per la sua intrinseca difficoltà a rispondere alle sollecitazioni sismiche. Anche in questo caso le chiese, i palazzi, le torri, i campanili, i centri storici hanno subito danni e lesioni, in alcuni casi estremamente gravi, e sono addirittura avvenuti dei crolli. Sono stati rilevati i danni anche a strutture quali musei, archivi, biblioteche appartenenti sia allo Stato sia agli enti locali, sia alla Conferenza episcopale italiana (CEI) e alle università.
I danni sono considerevoli sotto il profilo economico, ma direi altrettanto importanti sotto il profilo storico e artistico. Per quanto riguarda gli elementi di dettaglio rimando alle memorie che sono allegate alla documentazione che ho depositato: la prima è una memoria informativa sul terremoto della Direzione regionale per i beni culturali e paesaggistici dell'Emilia-Romagna del 21 giugno 2012; la seconda, che è dell'Ufficio per i beni culturali ecclesiastici della Conferenza episcopale


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italiana, è una memoria scritta relativa alla tutela dei beni culturali, dei monumenti eccetera. Abbiamo voluto mettere insieme le due visioni più rilevanti. Anche se ce ne sono altre di cui tenere conto, queste sono molte vicine a rappresentare l'universo delle problematicità.
Il patrimonio architettonico coinvolto comprende 1.395 beni oggetto di specifico provvedimento di tutela, cioè sottoposti a vincolo, ma vanno aggiunti i beni tutelati ope legis, quelli cioè a cui fa riferimento il Codice dei beni culturali e del paesaggio. Per il patrimonio pubblico, infatti, c'è una sorta di presunzione di culturalità, che viene sciolta al momento della verifica dell'interesse culturale ai sensi dell'articolo 12 dello stesso Codice. Questo valore di 1.395 beni è del tutto marginale rispetto all'universo dei beni culturali coinvolti.
In questo periodo, per la parte che riguarda l'amministrazione dei beni culturali, si sono alternati sul territorio gruppi di lavoro che hanno impiegato trentuno architetti, venti storici dell'arte, quattro archeologi, nove assistenti tecnici e due fotografi.
Fino alla data del 18 giugno sono pervenute oltre 1.300 segnalazioni, ma, poiché continuano a giungerne di ulteriori, il numero complessivo è ancora lontano dall'essere definitivo.
Sulla base dei dati raccolti, le segnalazioni sul territorio riguardano 239 complessi ed edifici di proprietà pubblica, 382 complessi ed edifici di proprietà ecclesiastica, 90 complessi ed edifici di proprietà privata, 332 sopralluoghi effettuati da funzionari della soprintendenza, 25 archivi pubblici, 807 beni mobili recuperati, cioè sottratti dai luoghi dove sono accaduti fenomeni di dissesto, per un totale di 1.355 segnalazioni.
Al 18 giugno, tra Ministero per i beni culturali e Vigili del fuoco, sono stati compiuti venticinque interventi.
Si segnalano anche - per altro hanno occupato le cronache dei giornali - gli interventi di demolizione urgente relativi a due campanili nella provincia di Ferrara, campanili ridotti in condizioni di estremo dissesto strutturale, pericolosi per pubblica incolumità e adiacenti a edifici giudicati non recuperabili. Non entro nel merito della questione più «filosofica» a proposito di ciò che deve essere fatto dopo una demolizione. Sono riflessioni che eventualmente potranno essere fatte più avanti.
Le squadre organizzate sul territorio sono costituite da un funzionario architetto, da un funzionario storico dell'arte, da un ingegnere strutturista e da una squadra di vigili del fuoco, composta da un funzionario ingegnere e da un vigile del fuoco.
Come dicevo prima, i beni mobili posti in salvo fino a oggi sono 807 (di cui 250 ricoverati presso il Palazzo ducale di Sassuolo e presso la Pinacoteca di Cento e 186 in altri i luoghi sicuri), provenienti grosso modo da ventidue chiese danneggiate. Poiché tale ricostruzione risale alla metà di giugno 2012, probabilmente questi dati si sono ulteriormente incrementati... Sicuramente non sono diminuiti.
Quello che dobbiamo fare e stiamo facendo in questo momento è rimboccarci le maniche e, per quanto possibile, cercare di porre rimedio a questo disastro.
Non possiamo esimerci, tuttavia, dal prendere in considerazione tutti gli aspetti riconducibili alle problematiche legate alla relazione o alla correlazione tra il rischio sismico e la vulnerabilità degli edifici. Sottolineo questo perché è bene ricordare che il nostro Paese è a rischio sismico per poco meno del 70 per cento del suo territorio.
Ho già avuto modo di accennare, nel corso di una recente audizione presso la 7a Commissione del Senato, al delicato aspetto della vulnerabilità del territorio e del patrimonio culturale in generale. Del fenomeno sismico in Italia sappiamo molto: conosciamo intensità, probabilità, estensione e localizzazione. Quello che ancora non conosciamo - e per certi versi è paradossale doverlo sostenere - è la parte deterministica del problema, cioè la reale consistenza del patrimonio culturale, in particolare di quello a rischio sismico.
Ce lo chiedevamo già all'inizio degli anni Ottanta. Se lo chiedeva in modo


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particolare Giovanni Urbani, che è stato uno dei direttori dell'Istituto centrale per il restauro. Molto è stato fatto, ma l'individuazione del patrimonio non ha ancora quel carattere di sistematicità che dovrebbe avere a fronte di un fenomeno, qual è quello sismico, che si manifesta nel campo probabilistico.
La classificazione del 70 per cento del territorio come soggetto a rischio sismico discende dalla riclassificazione effettuata nel 2003 sulla carta base della Protezione civile. Vale dunque la pena premettere che, quando si parla di prevenzione del danno e mitigazione del rischio sismico, si è a pieno titolo nell'ambito della tutela del patrimonio culturale, come chiaramente indicato in un articolo iniziale del Codice dei beni culturali, che discende in maniera diretta dall'articolo 9 della Costituzione, il quale impone al Paese la tutela dei beni culturali e del paesaggio.
Nel 2010 sono state messe a punto le linee guida per la valutazione del rischio sismico del patrimonio culturale. Si tratta di una circolare dell'amministrazione dei beni culturali che è stata integralmente pubblicata in Gazzetta ufficiale come direttiva del Presidente del Consiglio dei ministri del 9 febbraio 2011. Esisteva una direttiva precedente del 12 ottobre 2007, che è stato necessario aggiornare perché nel 2008 sono entrate in vigore le nuove norme tecniche per le costruzioni. Con la pubblicazione della direttiva la materia trova sistematicità per la prima volta, attraverso un percorso metodologico che si fonda tanto sulla teoria del restauro quanto sulle tecniche di costruzione, ponendo al centro del ragionamento la fabbrica architettonica.
I contenuti della direttiva si sviluppano intorno ad alcuni argomenti cardine: quali debbono essere le prestazioni di una costruzione storica in relazione ai sismi attesi in un territorio; qual è il ruolo della conoscenza della valutazione della sicurezza di una struttura storica; quali possono essere i motivi per valutare la sicurezza sismica dell'intero patrimonio culturale italiano, che sappiamo avere dimensioni enormi, anche ai fini della programmazione degli interventi. Vorremmo, cioè, che la programmazione fosse fatta sulla base delle esigenze, delle criticità e della vulnerabilità del patrimonio culturale attraverso questo strumento dei lavori pubblici.
La prospettiva a cui abbiamo lavorato è quindi quella di legare la prevenzione del danno nel patrimonio culturale a un doppio obiettivo: effettuare le verifiche almeno a livello territoriale e raggiungere un'adeguata conoscenza della fabbrica storica. In questo modo, oltre a monitorare il rischio, si costituiscono le premesse per interventi di consolidamento fondati sull'effettivo comportamento strutturale delle costruzioni storiche.
Aggiungo che per effetto dell'articolo 29 del Codice dei beni culturali e del paesaggio gli interventi sul patrimonio culturale si devono limitare al miglioramento strutturale e non tendere all'adeguamento, parola che contiene in sé un insieme importante di interventi che talvolta hanno la capacità e la disgraziata possibilità di azzerare i valori culturali.
L'applicazione del percorso metodologico della direttiva sopra menzionata dimostra che l'incremento della conoscenza del patrimonio culturale porta quasi sempre a una migliore calibrazione degli interventi e molto spesso a una riduzione degli stessi.
Cerchiamo, peraltro, di trovare in questo enorme disastro alcuni elementi che possano essere portati a positività. La gestione dell'emergenza, infatti, può essere un momento importante per dare efficace risposta al tema della prevenzione. È una fase molto delicata, in quanto rappresenta l'unica possibilità residua di limitare i danni provocati dal terremoto.
Il rilevamento del danno va accompagnato da una valutazione della vulnerabilità delle costruzioni storiche. Nelle immagini inserite all'interno del documento che è stato depositato potete vedere, ad esempio, i danni prodotti alla Chiesa del Rosario di Finale Emilia dal terremoto, di ben minori dimensioni, del 1987. Il quadro fessurativo della facciata si è riproposto identico nel 2012.


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Nell'ambito dei beni architettonici di interesse culturale andrà quindi analizzato se i crolli delle chiese avvenuti a seguito dell'ultimo terremoto non siano da mettere in relazione con i danni rilevati nelle medesime zone a seguito del più modesto terremoto del 1987. Allora furono rilevati pochi danni, ma forse non l'incremento della vulnerabilità e ciò spiega forse il riprodursi degli stessi identici fenomeni addirittura negli identici punti.
Una riflessione che mi piace sottolineare, anche sulla scorta di esperienze molto recenti, è quella relativa al sistema delle opere provvisionali. Decidere il puntellamento di un edificio storico presuppone un giudizio complessivo non solo sul danno, ma anche sulla sicurezza residua e sulla vulnerabilità della costruzione. Si legge tra le righe che il sistema delle opere provvisionali deve essere ridotto al minimo esattamente definito per quel che serve, senza dimensionare il sistema di puntellamento oltre il necessario. Dove è possibile si deve, invece, intervenire fin da subito direttamente con progetti di miglioramento strutturale.
Il segretariato generale del Ministero lo scorso maggio ha adottato un decreto con il quale si è istituita una struttura organizzativa da attivare in occasione di eventi emergenziali derivanti da calamità naturali, che vede come diretto riferimento la direzione regionale territoriale competente, al fine di coordinare e monitorare le diverse fasi emergenziali connesse alla salvaguardia del patrimonio culturale.
Questo gruppo di lavoro, costituito a seguito del verificarsi di piccoli eventi sismici, ha dimostrato immediatamente di essere particolarmente efficace per la collaborazione che riesce a stabilire - cosa che non posso dire sia accaduta in occasione di eventi sismici precedenti - con prefetture, Protezione civile, Vigili del fuoco, forze dell'ordine e corpi volontari. I direttori delle tre direzioni regionali interessate dal fenomeno, Emilia-Romagna, Lombardia e Veneto, hanno già decretato la costituzione delle rispettive unità di crisi.
Ulteriori riflessioni riguardano lo strumento normativo che è a fondamento delle operazioni che stiamo compiendo, cioè il decreto legge 6 giugno 2012, n. 74, il cui testo è all'esame delle Commissioni parlamentari competenti. Credo possibile e auspicabile che siano apportati in sede di conversione taluni piccoli miglioramenti e alcune integrazioni che possono servire a rendere più efficace e ad agevolare l'esecuzione dei compiti che il personale ministeriale è chiamato a svolgere.
Voglio pertanto evidenziare che, anche grazie al lavoro svolto dal segretariato del Ministero e alla sensibilità e disponibilità del presidente Errani, talune lacune presenti nel testo del decreto legge sono state risolte e superate in sede di intesa con il Commissario, con il quale si sta creando un clima di proficua collaborazione. Parrebbe utile, tuttavia, intervenire sul DPCM previsto all'articolo 2, comma 2 del decreto legge e provvedere a introdurre nel disegno di legge di conversione del decreto-legge alcune modifiche.
Sotto il primo profilo, occorrerebbe che nel DPCM fosse chiarito che le azioni di messa in sicurezza, catalogazione, ricovero temporaneo dei reperti e avvio della ricostruzione siano costantemente concordate con gli uffici periferici del Ministero (direzioni regionali e soprintendenze) sul piano sia giuridico sia tecnico e che a svolgere l'azione di tutela culturale a livello professionale siano questi uffici, che hanno una competenza diretta derivante dalla legge.
Sotto il secondo profilo, parrebbe proficuo, in fase di conversione in legge del decreto, intervenire sui seguenti punti. All'articolo 4, comma 1, lettera a) occorrerebbe eliminare l'espressione «formalmente dichiarati» contenuta nell'ultimo periodo. Questo significherebbe, infatti, concedere contributi per edifici che hanno un vincolo diretto, mentre, come ho cercato di dire all'inizio, il Codice dei beni culturali e del paesaggio stabilisce un valore di culturalità che rappresenta un'estensione molto più ampia del sistema


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dei vincoli. Quella specificazione letterale limiterebbe il campo a una serie molto contenuta di beni.
Al comma 2 dell'articolo 4, ultimo periodo, alle parole «nei limiti delle risorse all'uopo individuate» occorrerebbe aggiungere «d'intesa con il Ministero per i beni e le attività culturali», al fine di consentire un minimo di coerenza tra la programmazione degli interventi e le disponibilità finanziarie.
Infine, mi pare molto opportuno sottolineare la necessità di autorizzare una spesa non rilevantissima, intorno ai 300.000 euro, per gli anni 2012, 2013, 2014 perché l'amministrazione dei beni culturali possa far fronte agli oneri connessi all'utilizzo delle risorse umane e strumentali anche provenienti da altri ambiti territoriali del Ministero. Ci stiamo, cioè, organizzando per portare personale tecnico da altre soprintendenze, evitando costi aggiuntivi e un esborso di danaro per operazioni che in passato si sono talvolta dimostrate ridondanti.
Lo strumento giuridico c'è. Alla copertura di queste risorse si provvede, infatti, mediante la riduzione dell'autorizzazione di spesa di cui all'articolo 1, lettera b) del decreto legge 31 marzo 2011, n. 34, convertito con modificazioni nella legge n. 75 del 2011.
Desidero ringraziare in questa sede il personale degli uffici periferici dell'amministrazione, dirigenti, funzionari e tecnici, per il senso di responsabilità e la professionalità dimostrati e il locale comando del Nucleo tutela patrimonio culturale dei carabinieri per gli interventi realizzati e per l'assidua attenzione nei confronti delle problematicità emerse in questa disgraziata situazione.
Grazie per l'attenzione.

PRESIDENTE. Ringrazio il sottosegretario Cecchi e do la parola ai colleghi che vogliano intervenire per porre domande o formulare osservazioni.

FABIO GARAGNANI. Ringrazio anch'io il sottosegretario per la relazione esaustiva. Di questo argomento abbiamo già parlato in Commissione attività produttive e in modo informale in Commissione cultura.
Come lei sa, si è parlato in questi giorni di un'assicurazione da parte del Governo nei confronti degli interventi effettuati da imprenditori che avevano necessità di rimettere immediatamente in funzione le aziende e recuperare subito determinati indici di produttività. Sulla base di questo e alla luce delle richieste emerse nel corso di un'audizione informale in Commissione cultura del rappresentante dei vescovi delle cinque diocesi colpite, le chiedo: può esservi la garanzia di un rimborso immediato, come avviene per le imprese, anche per le chiese non totalmente inagibili nel caso in cui la comunità dei fedeli o la parrocchia si impegni a ristrutturare o i tempi di risarcimento sono prolungati?
Per una comunità di fedeli, infatti, il ripristino della chiesa nella sua funzionalità, anziché servirsi di un tendone all'aperto, è cosa particolarmente significativa ed emblematica, che credo debba essere tenuta in considerazione. Per questo le chiedo se, come per la ripresa delle attività economiche è stato garantito un rimborso immediato a fronte delle spese anticipate dall'imprenditore, ci sarà la stessa possibilità per ciò che anticiperanno eventualmente il parroco o la diocesi.
Inoltre, le faccio presente che chiese come quelle di Crevalcore e Pieve di Cento, in provincia di Bologna, ad esempio, sono totalmente inagibili e per ristrutturarle occorrerà un impegno ben maggiore, mentre la basilica di San Petronio o la Cattedrale Metropolitana a Bologna come pure le chiese di San Giovanni Persiceto, dove io abito, potrebbero essere invece ristabilite e riaperte al culto con interventi minimi. Le chiedo: per attivare gli interventi di restauro delle chiese totalmente inagibili basta un'iniziativa locale dei responsabili ecclesiastici e con quale scadenza verrà effettuato il rimborso?


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SERGIO MICHELE PIFFARI. E perché non forniamo direttamente un bancomat ai sacerdoti!?

FABIO GARAGNANI. Ma che discorsi sono questi? Potrò fare una domanda? E poi, le chiese sono segni identitari per una comunità. Sono edifici che hanno cinquecento o seicento anni, sono rappresentativi di una storia e svolgono una funzione sentita dalla collettività. Non capisco perché non debbano essere rimborsati. Il suo è vieto e becero anticlericalismo, che credevo superato.
Ritengo peraltro che anche i le sedi dei municipi debbano avere identiche garanzie visto che molti sono quasi distrutti.

RAFFAELLA MARIANI. Avevamo particolare interesse a sentire il sottosegretario Cecchi e lo ringraziamo per la ricognizione che ci ha fatto della situazione e per le proposte che ci ha illustrato.
Sappiamo bene che il patrimonio culturale danneggiato ha dimensioni davvero preoccupanti, tant'è che nella discussione per la definizione degli emendamenti al decreto-legge che esamineremo la prosa settimana abbiamo ritenuto che forse ci sarà bisogno, a seguire, di una legge speciale che si faccia carico di tutto quello che non riusciremo a coprire con le risorse già destinate.
Ci sembrava importante chiederle, anche se in parte una risposta è già venuta dalla relazione, che l'organizzazione sia la più efficiente e la più coerente possibile così da procedere speditamente nella ricostruzione e che ci sia, quindi, un coordinamento tra le soprintendenze a livello locale, gli uffici regionali e il commissario delegato per la ricostruzione.
Spesso discutiamo provvedimenti per accelerare le procedure burocratiche - abbiamo discusso molto sulle norme che regolano le conferenze di servizi e sulle procedure utili per alleggerire il peso dello Stato e delle regioni - e la nota dolente arriva sempre quando si parla della necessità che i pareri delle soprintendenze siano più veloci.
Noi riteniamo fondamentale che quei pareri ci siano e che la collaborazione sia più attiva (peraltro, in base al Codice dei beni culturali avrebbe dovuto essere ormai consolidata), e dunque questa occasione infausta potrebbe essere una palestra per rendere tale collaborazione più efficace e per infrangere il luogo comune secondo cui le questioni si bloccano sempre perché le soprintendenze pongono solo veti.
Per questo le nostre proposte emendative riguardano, quindi, anche gli strumenti per instaurare una collaborazione più efficiente e individuare le priorità per la destinazione delle risorse. Abbiamo, infatti, la preoccupazione che, siccome le risorse fin qui stanziate saranno sicuramente insufficienti, si lasci fuori proprio il ripristino del patrimonio dei beni culturali, quello pubblico oltre che quello ecclesiastico, considerandolo complessivamente come la «Cenerentola», visto che nell'immediato prevalgono la messa in sicurezza delle abitazioni dei cittadini e la ripresa delle attività economiche, tanto da rendere difficile un'equa ripartizione delle risorse.
Vorrei sapere dunque se la costituzione delle unità di crisi di cui lei ha parlato che operano insieme ai commissari potrebbe essere un meccanismo per sperimentare definitivamente e realizzare, pur nel rispetto dell'autonomia e dell'indipendenza dei responsabili dei beni culturali, una collaborazione più stretta tra le diverse competenze. Occorre riconoscere, infatti, che questo non avviene quasi mai e che, piuttosto, assistiamo, anche in situazioni ordinarie, a una contrapposizione.
Siamo inoltre a conoscenza della disparità di mezzi fra la vostra e le altre amministrazioni dello Stato. È noto a tutti noi che le soprintendenze hanno bisogno, ad esempio, di ammodernare le dotazioni informatiche degli uffici: ci è stato detto più volte che mancano i computer o altri strumenti di cui dispongono altri apparati dello Stato.
A partire da questa tragedia rinnoviamo, pertanto, la richiesta di una forte collaborazione, che rispetti tuttavia l'autonomia delle singole istituzioni dello Stato.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO TORTOLI

SERGIO MICHELE PIFFARI. Oltre a rimarcare la necessità della massima collaborazione tra le varie strutture, in particolare le soprintendenze, vorrei chiedere al Governo se siamo in grado di dare le risposte nei tempi strettissimi richiesti. Siccome il bene da salvaguardare e proteggere prevale e il personale delle soprintendenze è poco, si rinviano i pareri e con essi le possibilità di intervenire.
Va bene quindi richiamare nel decreto-legge la necessità di concertare le attività coinvolgendo il Ministero in questi interventi, ma come Stato dobbiamo essere in grado di dare risposte veloci e non creare barriere, che dal punto dei vista dei principi sono necessarie, ma sul territorio vengono vissute con sofferenza. Quando si interviene su beni di questo tipo, spesso si attende due anni per avere un parere. Per quanto riguarda le chiese, le diocesi sono abbastanza strutturate al loro interno in termini di dotazioni di competenze per la salvaguardia architettonica e artistica. Bisognerebbe che le varie strutture si fidassero di più le une delle altre. Le comunità locali non capiscono vincoli così lunghi nel tempo e scoraggianti.
La sua relazione, signor sottosegretario, riferisce soprattutto di ciò che sta succedendo in Emilia-Romagna, dove si situa l'80 per cento dei territori colpiti. Io vorrei, però, sapere qualcosa in più del mantovano e della zona del Veneto interessata dal terremoto. Opere come quelle del Mantegna non possono essere trascurate. Non so se i comuni lombardi o veneti coinvolti abbiano risorse in cassa, ma vorrei chiederle una breve ricognizione anche di questi luoghi.
A tutti sta a cuore che si intervenga con urgenza. Con il passare dei mesi ci si accorge, però, di quante siano le complicazioni. Prima ancora delle risorse, dunque, è fondamentale rendere chiari i passaggi. Le risorse arriveranno in gran parte dai canali messi a disposizione dallo Stato, dalle regioni e dagli enti locali, e per fortuna anche da canali privati. E anche queste ultime dovranno essere finalizzate a realizzazioni efficaci, efficienti e veloci e non trascinate nel tempo.
Rivolgo infine, tramite lei, un appello allo Stato affinché sia coerente. Il 5 per mille, ad esempio, è una fonte di finanziamento per iniziative della società civile e del volontariato che passa attraverso la scelta del singolo cittadino, ma poi succede che il Governo e noi in Parlamento interveniamo sui vari capitoli del bilancio dello Stato, facciamo quello che vogliamo in termini di destinazione delle risorse e allora i cittadini si chiedono che senso abbia destinare dei soldi con lo strumento del 5 per mille.
Questo vale anche per l'8 per mille. Tramite voi che dialogate con i rappresentanti delle curie, rivolgo un invito alla Chiesa, visto che dispone di una buona quantità di risorse, affinché anche la Chiesa faccia uno sforzo di coerenza così come deve farlo lo Stato. Se viene deciso che il 50 per cento di tali fondi sarà destinato a queste priorità, il singolo cittadino firma nella propria dichiarazione dei redditi. Però poi ci vuole coerenza. Non si possono spostare quei soldi su altri interventi appena cambia qualcosa. Anche queste sono forme di assunzione di responsabilità da parte dei cittadini.
Per quanto riguarda l'eliminazione dell'elenco dei beni sottoposti a vincolo dalla soprintendenza, si tratta di un problema di priorità. O ha una logica il riferimento ai vincoli già emanati oppure è il caso di cancellarli in assoluto. I vincoli sono giusti, e in questo momento forse potrebbero essere alleggeriti per intervenire velocemente nel recupero delle strutture, ma diventa difficile capire perché sarebbe necessario togliere il riferimento ai beni formalmente oggetto di vincolo perché così si rischia di togliere valore ai vincoli stessi.
Questo non vuol dire non intervenire sulle centinaia di altri beni culturali esistenti, dalle chiese di seicento anni agli edifici pubblici che ne hanno trecento. Sono tanti e a volte sfuggono a questo elenco dei beni vincolati, ma o abbiamo un quadro di priorità certo, che si riflette nell'elenco dei beni vincolati, oppure rischiamo


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di dare spazio - e in Italia succede facilmente - a chi riesce a farsi raccomandare più velocemente. Credo che di questo bisognerebbe avere il coraggio di discuterne.
Adesso ci accorgiamo che con il terremoto è più facile accedere ai finanziamenti se si rientra in quell'elenco, ma i vincoli, con il loro «prezzo», ci sono stati prima e resteranno anche dopo aver superato l'emergenza del terremoto in queste terre.

ERMETE REALACCI. Vorrei porre una sola domanda perché non ho da aggiungere molto a quanto ha già detto la collega Mariani.
Trovo di grande interesse il documento che ci ha portato e gli elementi di preoccupazione da lei sollevati. Mi riferisco in particolar modo al rapporto tra investimenti ed effettiva messa in sicurezza dei beni interessati, che, come risulta dall'analisi condotta sul Piemonte, va messo sotto osservazione rapidamente. Non si parla, però, dell'entità dei danni registrati nelle zone colpite al di fuori della regione Emilia-Romagna. Sarebbe possibile avere una nota aggiuntiva per nostra conoscenza, anche senza passare per un'ulteriore audizione?
Sarebbe importante per noi avere il quadro completo della situazione.

PRESIDENTE. Do la parola al sottosegretario Cecchi per la replica.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Grazie. Cercherò di rispondere alle domande così come sono state formulate.
La prima domanda riguardava la possibilità di garantire un immediato rimborso. A memoria, mi pare che in questo momento questa possibilità non ci sia. Ritengo che dovrebbe essere all'interno del decreto e dell'accordo tra regioni, soprattutto fra la regione Emilia-Romagna e l'amministrazione dei beni culturali. Mi riservo di verificare e cercherò di dare una risposta nel senso di indirizzare a una rapida restituzione dei contributi anticipati.
Mi pare che le altre domande siano tutte legate al tema dell'organizzazione. Non a caso ho insistito molto sul punto. Le esperienze precedenti, tra cui l'Aquila, ci dicono che bisogna evitare la duplicazione dei passaggi. A l'Aquila, per esempio, non si è capito più chi avesse la tutela. Pareva - ma non era e non può essere così - che la tutela fosse in capo al commissario per la ricostruzione. Non può un decreto ministeriale, di qualunque portata esso sia, modificare una legge che ha una valenza costituzionale come il Codice dei beni culturali e del paesaggio.
La tutela è in capo all'amministrazione dei beni culturali. I problemi e le discrasie che si sono notate nascono esclusivamente da questa problematicità, cioè dal fatto che l'amministrazione dei beni culturali è stata tenuta totalmente fuori, fino a pochi mesi fa, dalla gestione e addirittura dell'autorizzazione degli interventi.
Ecco perché insistiamo oggi a dire che dobbiamo rafforzare le nostre strutture perché è evidente che se i funzionari sono sul territorio a fare la ricognizione dei danni, non possono essere contemporaneamente in ufficio a rilasciare le autorizzazioni, autorizzazioni che, secondo la legge n. 241 del 1990, devono arrivare entro trenta, sessanta, novanta o centoventi giorni. Non c'è possibilità per valutazioni diverse.
Certo è che, quando si comincia a parlare di questioni particolarmente rilevanti, talune polemiche che abbiamo letto sui giornali non aiutano. Chi ha innescato ad esempio le polemiche sull'abbattimento, autorizzato dalla direzione generale e dalla soprintendenza dello Stato, di quella torre nel ferrarese non è un soggetto alle prime armi. Si tratta di persone che hanno lavorato per almeno trent'anni sul patrimonio culturale e sanno bene di quel che si parla.
Le critiche vengono da un soggetto che è stato trent'anni all'interno dell'amministrazione dei beni culturali e si è occupato esattamente di quella regione.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Era accusato di assenteismo.


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ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Non posso aggiungere io né valutazioni né aggettivazioni, benché mi verrebbe voglia di farlo. Certamente però queste polemiche producono rallentamenti paurosi nell'amministrazione perché essa è costretta a confrontarsi, a cercare altri punti di riferimento e a «proteggersi», dal momento che gli esiti per chi prende la decisione sono sempre particolarmente negativi.
Le risposte veloci sono, quindi, connesse al fatto che funzioni quella sorta di cabina di regia, che sarebbe una conferenza di servizi aperta, in cui tutti siedono allo stesso tavolo e decidono nello stesso momento. Le decisioni di più ampio spettro si decidono in quella sede e ricadono a cascata sulle soprintendenze.
L'importante, però, è che le soprintendenze abbiano la capacità di intervenire con adeguato personale. Se, come è successo finora, possono lavorare solo poche persone, questo non è possibile. La presidente Ghizzoni della VII Commissione ha verificato di persona che potevano operare su quel territorio al massimo quattro architetti. In questo modo è chiaro che i tempi si allungano e le difficoltà diventano insuperabili.
Come ripeto, però, quelle polemiche sono più pericolose di qualsiasi altra valutazione si possa fare. Quelle polemiche tendono a irrigidire le amministrazioni e a farle diventare un soggetto che ha difficoltà a rispondere velocemente. Bisogna discernere quindi, soprattutto nelle polemiche, il vero dal falso, lo strumentale dall'essenziale ed io vi leggo molta strumentalizzazione.
Sono d'accordo sulle considerazioni dell'onorevole Piffari a proposito del 5 e dell'8 per mille. Ultimamente siamo stati scippati. Lo dico non da sottosegretario, ma da ex segretario generale dell'amministrazione dei beni culturali. Un 8 per mille ci fu letteralmente portato via all'ultimo minuto, per una causa assolutamente nobile legata al tema delle carceri.
Può succedere ma, come ho cercato di dire nella mia relazione fra le righe, questo Paese, che è un Paese civile, non può permettersi di non fare prevenzione avendo un territorio che al 70 per cento è a rischio sismico e non può permettersi di non svolgere quell'attività di monitoraggio che abbiamo cercato di impostare attraverso le linee guida pubblicate in Gazzetta Ufficiale, destinando non tante risorse, ma destinando almeno pochissime risorse alla comprensione dei fenomeni.
Non l'ho detto e non l'ho scritto, ma al centro dell'Aquila il convento di San Domenico, che adesso ospita la Protezione civile e altro, restaurato con un intervento di miglioramento nel 2008, non ha subito alcun danno dal terremoto. Non è vero, dunque, come ho sentito dire da colleghi autorevoli, che non riusciamo a fare prevenzione sul patrimonio culturale perché è troppo fragile. La prevenzione si può fare e quella del convento di San Domenico a l'Aquila ne è una dimostrazione tangibile.
Con il terremoto paghiamo un rischio in termini di patrimonio culturale, ma soprattutto in termini di vite umane, che è ciò che francamente mi preoccupa di più. Ma a l'Aquila, in Friuli, in Irpinia, in Molise il danno ha riguardato soprattutto il patrimonio culturale. Non possiamo dunque esimerci dall'innescare in maniera virtuosa, magari approfittando di questa vicenda e di questo ultimo evento sismico, un grande progetto, non a costo zero ma quasi, per l'intero territorio nazionale. Non ci possiamo permettere altri disastri come quello che abbiamo subito in queste settimane.
Quanto alla questione relativa alla richiesta di espungere dal testo del decreto-legge il riferimento espresso ai beni formalmente vincolati, cerco di fare un esempio di ciò che significa «formalmente dichiarato» per farmi intendere meglio. È possibile che San Petronio non sia tra gli edifici formalmente vincolati. L'articolo 4 della legge n. 1089 del 1939 introduceva un meccanismo di vincolo automatico e stabiliva che tutte le proprietà di enti riconosciuti sono tutelate e vincolate. Il Codice dei beni culturali e del paesaggio, che riprende la legge n. 1089 del 1939, fa un percorso addirittura inverso, affermando


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che tutto il patrimonio pubblico è presuntivamente di interesse culturale.
I vincoli sul territorio, per effetto dell'articolo 4 della legge n. 1089 del 1939, sono pochissimi. Come ripeto, i grandi edifici non sono vincolati perché la presunzione di culturalità dal 1939 in poi è garantita dalla norma. Quella dicitura «formalmente dichiarato» contenuta nel decreto-legge potrebbe creare dunque problemi per il riconoscimento dei danni subiti forse dagli edifici più importanti, che per mancanza di tempo non abbiamo mai vincolato perché la legge ne riconosce, prima in un modo e adesso in un altro, una sorta di autenticità.
Con questo meccanismo non voglio creare una specie di todos caballeros. È l'esatto contrario. Sto cercando di dire che la norma deve riguardare anche gli altri edifici. Diversamente sorgerebbe un contenzioso. Il Duomo di Milano o Santa Maria del fiore a Firenze sicuramente non hanno vincolo. Per questo abbiamo cercato di fare quella riflessione.
Infine, dico che mi farò carico di chiedere agli uffici e di trasmettere sia a questa Commissione sia alla Commissione Cultura il rapporto dei danni subiti in Lombardia e in Veneto. Non abbiamo ancora avuto una ricognizione attendibile, ma mi riservo nell'arco del breve periodo di incrementare quelle informazioni.

RAFFAELLA MARIANI. Dato che, con i colleghi della Commissione Cultura, ci siamo accordati per definire insieme gli emendamenti da presentare al decreto-legge, le domando se le sue richieste di modifiche saranno oggetto di specifici emendamenti del Governo o se ritiene più utile che siano introdotte attraverso emendamenti del relatore.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Guardi, tutto è dipeso dal fatto che la predisposizione del decreto-legge, nella fretta, ha subito un'accelerazione e il passaggio del «formalmente dichiarato», che avremmo visto subito, non ci è stato sottoposto...

RAFFAELLA MARIANI. Quindi, sarà attraverso il relatore che sia il Governo sia le Commissioni si faranno carico delle modifiche.

ROBERTO CECCHI, Sottosegretario di Stato per i beni e le attività culturali. Esatto.

PRESIDENTE. Ringrazio gli intervenuti e dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,05.

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