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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione VIII
13.
Martedì 18 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo,Presidente ... 2

INDAGINE CONOSCITIVA SULLE POLITICHE AMBIENTALI IN RELAZIONE ALLA PRODUZIONE DI ENERGIA DA FONTI RINNOVABILI

Audizione di rappresentanti di Confindustria:

Alessandri Angelo, Presidente ... 2 5 8 9
Margiotta Salvatore, Presidente ... 3 5 12
Beccarello Massimo, Vicedirettore politiche per lo sviluppo, energia e ambiente di Confindustria ... 11 12
Conte Agostino, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria ... 2 3 4 6 8 10 11
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 4 7 8
Realacci Ermete (PD) ... 3 4 6 7 8 9
Zamparutti Elisabetta (PD) ... 5
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

COMMISSIONE VIII
AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI

Resoconto stenografico

INDAGINE CONOSCITIVA


Seduta di martedì 18 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 13,20.

(La Commissione approva il processo verbale della seduta precedente).

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione di rappresentanti di Confindustria.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, nell'ambito dell'indagine conoscitiva sulle politiche ambientali in relazione alla produzione di energia da fonti rinnovabili, l'audizione di rappresentanti di Confindustria.
Li ringrazio per la presenza e, scusandomi per il ritardo, do loro subito la parola.

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Cercherò di utilizzare solo cinque minuti per svolgere cinque argomentazioni.
La prima: esiste, secondo noi, un problema di ordine e di merito complessivo, nel quale le fonti rinnovabili classiche (eolico, fotovoltaico) devono essere pensate congiuntamente alla tecnologia per l'efficienza energetica. Loro sanno perfettamente, invece, che oggi abbiamo un'incentivazione fortissima sulle rinnovabili e nulla sull'efficienza energetica.
La seconda argomentazione deriva da una costatazione: il mercato elettrico europeo è un mercato integrato, e anche il mercato dei capitali, purtroppo, come loro sanno benissimo. Gli incentivi, secondo noi, devono essere dati coerentemente con i livelli prevalenti. Oggi, invece, come loro sanno, ad esempio sul fotovoltaico l'incentivazione è di circa 400-450 euro più il costo dell'energia, a fronte di una media europea di 200-250 euro incluso il prezzo dell'energia. Questo ha una rilevanza enorme sul costo complessivo dell'energia per il sistema industriale; è un costo devastante.
Onorevole Realacci, ripeto che gli incentivi in Italia sono più del doppio di quelli europei, anche perché la cifra di 400-450 euro si somma al costo dell'energia, mentre, ad esempio, nei 200-250 euro tedeschi è incluso il prezzo dell'energia, che in questo momento è di 70 euro per megawattora.
Vengo alla terza argomentazione: per come si è sviluppato tutto questo processo delle rinnovabili, una riflessione va fatta, secondo noi, anche sulle ragioni di una particolare concentrazione in alcune regioni del Paese. È chiaro che c'è più sole nel sud che nel nord Italia, ma il problema di fondo su cui va fatta una riflessione è se lo stesso valore dell'incentivazione non finisce per dare un extra rendimento in alcune regioni rispetto ad altre. Questo è un problema di fondo, perché è chiaro che se una fonte si può fare anche nel nord, dove ci sono mediamente tre o quattro ore di insolazione in meno, potete immaginare qual è il rendimento che si ottiene nel sud. Questo è un problema serio. Non è un


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ragionamento antimeridionale, dico soltanto che va fatta anche una riflessione sul costo. Abbiamo, infatti, la sensazione che il costo di questa fonte è particolarmente alto anche a seguito della mancanza di un ragionamento sulla territorialità di queste fonti.
Questa è una Commissione ambiente e io, come sa l'onorevole Realacci, sono un appassionato ambientalista, pur essendo dirigente di un'azienda siderurgica dove, peraltro, cerchiamo di fare tutto al meglio. Ebbene, come sapete, le pale stanno solo in certe parti del Paese e su questo è necessaria una riflessione.
Addirittura la Giunta provinciale di Bolzano e quella di Trento hanno emanato un'ordinanza che stabilisce che l'unica pala che era stata installata va tolta. Mi chiedo perché queste pale debbano stare tutte in una parte del Paese...

SALVATORE MARGIOTTA. Erano quelli di Bolzano, però, che l'avevano voluta!

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Come sente dal mio accento e come può desumere dal mio cognome sono un misto perfetto. Tuttavia, è necessario riflettere. Ormai girando per le montagne - mi rivolgo all'onorevole Realacci perché so per certo che è del centro Italia - si vedono dappertutto anemometri. Il Parco d'Abruzzo è pieno di anemometri poiché si pensa di realizzare sempre nuovi parchi eolici. Ritiene possibile questo una Commissione ambiente?
Da ultimo, affronto un discorso delicato. La rete di trasmissione del Paese, come è noto, era obsoleta, come del resto tutto il sistema elettrico italiano, prima della riforma. Basti pensare che abbiamo fatto circa 30 miliardi di investimento nelle centrali e oggi abbiamo sicuramente il miglior parco di centrali a gas del mondo, nel modo più assoluto. In Italia ormai le centrali che funzionano a petrolio si contano su una mano e quelle a carbone, le poche che abbiamo, sono di ultimissima generazione.
Come dicevo, in una situazione del genere avevamo anche una rete obsoleta. Quando abbiamo cominciato a fare investimenti ragionavamo in una maniera piuttosto semplice: c'erano grandi centrali e c'erano i poli di consumo. Oggi il problema delicato che riguarda la rete è che la presenza di queste nuove fonti fa sì che i punti di generazione siano diffusissimi. Si misurano decine di migliaia di punti di generazione. Come capite, da questo punto di vista, non è semplice connettere tutti questi punti di generazione alla rete nazionale, essendo peraltro il consumo prevalentemente al nord, per tanti motivi. In primo luogo, per la presenza in quella parte del Paese del sistema industriale, in secondo luogo per un maggiore uso dell'energia in maniera più «voluttuaria». Ad esempio, sicuramente c'è maggiore riscaldamento al nord - a Roma non sono ancora accesi i termosifoni, a Bolzano sono accesi da dieci giorni per legge provinciale - per non parlare del raffreddamento nei mesi estivi.
Oggi, allora, il problema molto delicato è che tutte queste nuove fonti sono, per la stragrande maggioranza, nel sud. Il risultato è che l'anno scorso - cito dati del GSE - non abbiamo potuto vettoriare 500 gigawatt di energia, che sono stati quindi normalmente pagati a quel livello di incentivazione che richiamavamo prima per non essere utilizzati. Questo è un problema drammatico. Se non fate una riflessione seria sul fatto che la nuova produzione...

ERMETE REALACCI. Noi l'abbiamo fatta, ma il problema è che Terna dovrebbe fare le connessioni. Lei ci sta facendo una sorta di concione, dicendo «se non fate una riflessione seria».

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Dottor Realacci, il problema che io pongo è che non c'è nessuna norma. Chiedo scusa se la mia sembra una concione.

ERMETE REALACCI. Noi sappiamo benissimo...


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SERGIO MICHELE PIFFARI. Però, Realacci, lasciamoglielo dire...

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Comunque sia, esiste un problema molto serio. Questa rete prima vedeva pochi punti, perché le centrali erano in numero limitatissimo, e grandi poli di consumo: oggi non è più così.
Fare questa operazione - a prescindere che Terna la stia facendo o no, non è mio compito valutarlo, lo faranno loro ascoltando Terna - ha un costo enorme. In questo momento si sta pensando, ad esempio, se è opportuno installare batterie per accumulare questa energia.
Ebbene, ascoltate in audizione Terna, fatevi dire qual è il costo delle batterie e immaginate che anche questi costi andranno sull'A3. Come voi sapete, l'ammontare della bolletta elettrica è determinato dal costo della commodity più la cosiddetta A3. Quando è partito questo meccanismo, l'A3, ai tempi di Bersani, valeva 8-9 euro, oggi siamo tendenzialmente a 35 euro, cioè la metà del prezzo della commodity. Se continuiamo così, per l'energia elettrica, il fiscale e il parafiscale, sarà come per la benzina.
Siccome, tra l'altro, abbiamo un'autorità che costa tanto, cominciamo a risparmiare su questa. Non servirà più l'autorità, dovremo discutere in sede politica qual è il costo sostenibile per l'apparato industriale italiano.
Come loro sanno (vengo all'ultimo tema) in questo momento di gravissima crisi del Paese per fortuna abbiamo raggiunto - siamo a settembre, ci sono i dati oramai consolidati dell'export del sistema industriale - i picchi «storici» di prima della grande crisi del 2007-2008. Quindi, se tutto il Paese funzionasse così, i livelli dell'apparato industriale italiano sarebbero ritornati al 2007-2008. Quest'anno otteniamo nuovamente questo straordinario risultato che è riconducibile tutto all'export perché il mercato interno, come è noto, è molto più depresso. Ebbene, noi seguitiamo a competere con Paesi come la Francia che, ad esempio nel settore siderurgico, paga l'energia 35 euro a megawattora. La Germania paga molto meno dell'Italia...

ERMETE REALACCI. La Germania sul grande paga di più...

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Di più perché ha meno nucleare.
Ho richiamato questa questione perché, secondo me, dovremmo valutare appieno quella parte dell'apparato industriale italiano che è interessata al tema dell'efficienza energetica. Mentre sulle altre fonti, come è noto, stiamo con difficoltà cominciando a creare un sistema industriale italiano - sapete che ancora oggi i pannelli fotovoltaici sono per il 92,7 per cento di importazione, e così le pale, salvo la Vestas, società danese, che ha sedi in Italia - nel settore del risparmio energetico noi siamo i leader nel mondo. Lo dice uno che non fa parte di questo sistema (mi occupo di siderurgico), quindi non vi sono conflitti di interesse, richiamando l'articolo di Giavazzi di oggi.
Noi abbiamo, nel settore del risparmio energetico, una leadership indubbia in Europa. Questo settore, peraltro, secondo i dati dell'ENEA, ha tre milioni di addetti, comprendendo ovviamente l'indotto in edilizia. Nel sistema industriale proprio sono 1.300.000 addetti, e non è poco.
Oggi, come loro sanno, sull'efficienza energetica il settore non ha sostanzialmente nulla. Il nostro invito è quello di fare, sull'efficienza energetica, uno sforzo vero. Occorre, inoltre, in tempi di risorse scarse, ripensare attentamente dove mettiamo i soldi.
Mi permetto di dire che l'incentivazione sul fotovoltaico vale circa 120 miliardi per dieci anni. Quest'anno andiamo molto oltre le previsioni: al 2020 erano previsti, complessivamente, tra fonti termiche e fotovoltaico, 10.000 megawatt, siamo già a 12.000 e chiudiamo nel 2013 a 16.000 e, stando ai dati del GSE, andremo a 25.000. Ebbene, si deve sapere che con questa escalation è necessario ripensare in maniera


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decisa il livello degli incentivi e fare un discorso serio sulla parity grid. Vedo con disperazione il fatto che, ogni anno, sembra di assistere alla programmazione dei sovietici, laddove i piani quinquennali si allungavano sempre di un anno. La parity grid è sempre di tre anni, ma ogni 31 dicembre si sposta all'anno successivo. Ci avevano garantito il termine del 2013, ma adesso è stato spostato al 2014, e l'anno prossimo magari si sposterà ancora.
Su questi aspetti - questo è il mio invito finale - bisogna porre molta attenzione. Chiedo scusa se in qualche momento sono stato poco professionale, ma seguirà un testo scritto.

PRESIDENTE. La ringrazio, dottor Conte, anche per lo sforzo di sintesi che ha compiuto e per la chiarezza della sua esposizione.
Do la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

ELISABETTA ZAMPARUTTI. Considero molto importanti le informazioni che ci avete voluto riferire, e di questo vi ringrazio.
Vorrei sapere se, rispetto a questo grave fenomeno di mancata immissione in rete dell'energia prodotta in particolare nel Meridione, voi riscontrate che il problema riguardi in particolare l'eolico piuttosto che il fotovoltaico. Di fronte allo scenario preoccupante che avete descritto, con l'enorme costo che, in particolare sulle rinnovabili e sul fotovoltaico, abbiamo deciso di fissare, con le gravissime ricadute che sappiamo sul costo dell'energia per gli utenti o per i consumatori industriali, vi chiedo se non ci sia anche un problema di mancata programmazione complessiva.
La famosa strategia energetica nazionale che era stata promessa a inizio legislatura ancora manca. Questo incide, secondo noi, su questo mal governo del sistema produttivo dell'energia del nostro Paese.
Infine, avete accennato ai dati occupazionali del settore dell'efficienza energetica. In particolare, vi chiedo se, in una prospettiva di maggiore incentivazione o sostegno a questo settore, le possibilità occupazionali sarebbero più forti nell'ambito del settore dell'efficienza energetica piuttosto che in quello delle rinnovabili. Rispetto a queste ultime, a quanto ho capito, il nostro Paese è più arretrato, mentre è in una posizione di maggior vantaggio nel settore dell'efficienza energetica.

SALVATORE MARGIOTTA. Nell'esprimere alcune riflessioni sull'esposizione di Confindustria, voglio anche io sottolineare - come era già nelle parole del collega Realacci - che se si spreca energia prodotta da rinnovabili, poiché non arriva in rete, non si deve rispondere che si deve produrre meno da rinnovabili. Peraltro, facciamo ancora parte dell'Unione europea (e spero che anche Confindustria sia d'accordo che ci dobbiamo rimanere) e questa ci dice che dobbiamo produrre ancora molto di più in energie rinnovabili per conseguire gli obiettivi fissati. Obiettivi dai quali, peraltro, come Paese siamo i più lontani dalla media europea di quantità di energia rinnovabile rispetto al totale.
Il tema è, dunque, costringere Terna ad adeguare, e non produrre di meno.
Passando alla seconda riflessione, devo dire che ormai mi tocca farla sempre e la faccio anche oggi con Confindustria. Ci sono molti motivi per cui soprattutto al sud ci sono le pale eoliche e gli impianti fotovoltaici. Il motivo principale è che effettivamente al sud c'è più vento e più sole; su altri motivi potremmo a lungo ragionare e riflettere, ma sono assolutamente secondari.
Per il vento questo vale ancora di più. Non è vero quel che si dice con molta approssimazione, ossia che le imprese hanno convenienza a realizzare centrali eoliche anche laddove non c'è vento in ragione degli incentivi. Non è assolutamente così. Le centrali eoliche costano molto e conviene installarle dove c'è vento. Non conosco ancora un imprenditore del settore che abbia realizzato un impianto in una zona in cui non c'è vento.
Al di là di queste breve riflessioni, vorrei ora porre una domanda che in


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qualche modo vi riguarda direttamente. Mi ha molto colpito un'affermazione che so rispondere al vero: l'industria italiana è assolutamente preminente nel campo dell'efficienza, mentre i pannelli e le pale si producono tutti all'estero. Questo non può essere visto anche in una chiave autocritica da parte dell'industria italiana? Perché l'industria italiana non aggredisce anche questo settore? Perché non ci scommette, visto che, essendo noi nell'Unione europea, questo è un settore che comunque nei prossimi anni darà lavoro, reddito e produzione?
Non ritiene che ci sia un ritardo dell'industria italiana, quindi anche di quelle che voi rappresentate, nell'aggredire un settore di sicuro interesse e di sicuro sviluppo?

ERMETE REALACCI. Con Conte e con Beccarello ci conosciamo da tempo ed è per questo che il dialogo a volte è così serrato.
Devo dire con franchezza che a me colpisce l'ottica con cui si fanno certe affermazioni, alcune vere, altre discutibili. Bisogna capire se l'ottica è quella di guardare al futuro e capire quali sono le linee di sviluppo del Paese oppure se è un'ottica un po' vecchia, come se si dovessero giustificare altre scelte.
Dico con franchezza che ho ascoltato con interesse e con piacere - e anche con un po' di ironia - un dato che lei citava. Ho letto con attenzione il documento in cinque punti di Confindustria, Rete Imprese Italia, ABI e via elencando, in cui il punto più propulsivo è quello del risparmio energetico e della green economy. Ora, che la Confindustria scommetta sulla green economy lo ritengo un fatto positivo, ma i numeri sono completamente fuori dalla grazia di Dio. Essendo io un fan della green economy e conoscendo la materia, mi permetto di dire che le cifre di 400 mila imprese, fra diretto e indotto, e tre milioni di occupati, soltanto nel settore del risparmio energetico, sono fantasiose. Però è importante che in quel documento, allorché si è voluto indicare una strada positiva, si è fatto riferimento a quel settore.
Potremmo citare casi infiniti. Le piastrelle di Sassuolo consumano la metà dell'energia dei concorrenti stranieri ed è anche per questo, oltre che per la bellezza e la qualità, che ogni anno continuiamo a produrre a Sassuolo tante piastrelle quante ne basterebbero per coprire il territorio del comune di Parigi. Si potrebbero citare casi in tanti settori.
Cerchiamo però di capire quali sono i problemi veri. Noi siamo sempre stati favorevoli al fatto che gli incentivi siano decrescenti sulle fonti rinnovabili, che non si coprano con gli incentivi i ritardi burocratici - molto spesso in Italia gli incentivi sono più alti perché è più complicato fare le cose - e che si accompagnino queste fonti verso una competitività non commettendo errori.
Francamente il fronte principale di errore lo vedo sulle biomasse, non tanto sul fotovoltaico. Sulle biomasse si sta avanzando una quantità di domande abnorme rispetto alla necessità del Paese, dettata dagli incentivi, mentre la materia prima, per quelle centrali (soprattutto se si tratta di centrali da 20 o 40 megawatt), viene solo da fuori. Questo, quindi, è un fronte da monitorare con maggior attenzione.
Per il resto, cerchiamo di capire come muoverci, ovviamente per difendere la bellezza italiana. L'altro giorno ho percorso il tratto tra Bari e la Campania: lo trovo bello, perché lo guardo da un punto di vista diverso. Francamente, un conto è se si tratta delle Tre Cime di Lavaredo, diverso è se parliamo del Campidano, laddove non trovo affatto brutte quelle pale. La pala eolica realizzata da Renzo Piano e presentata l'altro giorno io la trovo bellissima.

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Collarmele, per fare un esempio qui vicino...

ERMETE REALACCI. No, non è fatto come andrebbe fatto, ma è un problema di


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pianificazione del territorio. È chiaro che se qualcuno vuole installare delle pale eoliche a Piazza dei Miracoli, mi viene da pensare che Basaglia abbia sbagliato e che qualcuno lo si dovesse tenere chiuso per impedirgli di fare danni.
Peraltro, ci sono Paesi europei che sull'eolico stanno facendo operazioni molto più spinte dell'Italia. Certo, essendo l'Italia più bella deve muoversi con più cautela, ma se non diamo regole certe di lungo periodo l'industria italiana non sarà mai competitiva in materia.
Mi permetto, tra l'altro, di dire che in alcuni settori delle rinnovabili l'industria italiana è già molto competitiva. Nel solare termico abbiamo l'azienda migliore d'Europa, tant'è vero che la Siemens ne ha acquistata quasi la metà. Parlo di Angelantoni che ha appena aperto un nuovo stabilimento. Anche per quanto riguarda il fotovoltaico, in tanti segmenti siamo ipercompetitivi. Ho inaugurato, pochi giorni fa, un nuovo reparto della Power-One a Terranuova Bracciolini, dove assumono cento giovani ricercatori. La Power-One è un'azienda di proprietà americana, ma i due terzi del fatturato lo fa in Italia, e non perché la produzione venga consumata in Italia (da Terranuova Bracciolini il 55-60 per cento della produzione è per l'export).
Il problema è che noi siamo competitivi quando abbiamo regole e un indirizzo certo.
Vorrei conoscere il vostro punto di vista su alcune questioni. Per quanto riguarda i dati, ho citato l'esempio della Germania perché, conoscendo molto bene la materia, so che il primo grande Paese manifatturiero d'Europa è la Germania e noi siamo il secondo; dunque, il nostro punto di riferimento è la Germania e io so bene che il costo dell'energia in Italia è più alto per le piccole imprese (piccole rispetto al consumo), è simile per le medie imprese, è più basso per i grandi consumatori. Se, quindi, la Germania è più forte nella chimica e nell'acciaio, non è perché paga di meno l'energia, anzi la paga di più, ma evidentemente hanno scelto i settori nei quali essere più competitivi, mentre noi siamo un po' «straccioni» in alcuni campi. Ma il ragionamento sarebbe lungo.
In particolare, mi interessa conoscere il vostro punto di vista sull'ipotesi di condono sul fotovoltaico. Noi siamo assolutamente contrari, lo dico da subito. Noi pensiamo che la furbizia e l'illegalità non debbano mai essere premiate e che, quindi, qualsiasi ipotesi di condono sull'insediamento di fonti rinnovabili debba essere combattuta.
In secondo luogo, siccome c'è una risoluzione in Commissione, credo abbastanza condivisa, sulla questione del 55 per cento, che è stata di gran lunga l'iniziativa anticiclica più forte condotta nel nostro Paese, in particolar modo nel campo dell'edilizia, che come sapete è un campo in grande sofferenza, vorrei conoscere il vostro punto di vista in materia. Oltre a mettere in campo - e siamo d'accordo - nuovi strumenti e nuovi incentivi, dobbiamo intanto difendere quello che esiste.
Peraltro, quello è stato il vero piano casa, in Italia, in quanto lo hanno usato un milione di famiglie italiane. Anche in quel campo c'è da migliorare; si tratta di avere un sistema che misuri effettivamente i risparmi e non semplicemente le tipologie degli interventi. Tuttavia, mi pare che questo sia uno dei campi in cui l'Italia ha cercato di mettersi un po' alla pari.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Grazie per la relazione. Ho colto...

ERMETE REALACCI. Chiedo scusa. Sono d'accordissimo quando si dice che è uno scandalo il fatto che vengano pagate fonti di energia che non vengono incassate, ma non dimentichiamo che la bolletta più alta che l'Italia ha pagato per limiti della rete elettrica è quella che abbiamo pagato alle centrali dell'ENEL siciliane che funzionano perché manca la rete di connessione. Questo ci costa 700-800 milioni di euro all'anno, ma al riguardo non ho visto, negli anni passati, sollevare critiche, forse perché quelle centrali appartenevano a soci di Confindustria.


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AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Questa è una cattiveria gratuita. Ci sono centinaia di prese di posizione sulla...

PRESIDENTE. Non apriamo il capitolo Legambiente...

ERMETE REALACCI. Non c'entra Legambiente. Sto parlando di soldi. Quella questione vale dieci volte di più degli incentivi...

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Non dieci volte, anche se quella è una vergogna.

ERMETE REALACCI. Insisto, dieci volte di più.

SERGIO MICHELE PIFFARI. Stavo cercando di partire dall'impressione che ho avuto dalla relazione. Siccome la Commissione si stava concentrando sulla questione delle politiche ambientali in relazione alle produzioni di energia da fonti rinnovabili, in realtà mi pare che Confindustria abbia lanciato un grido d'allarme per gli effetti negativi di una serie di norme e di decisioni sul sistema industriale italiano.
Si parla degli obiettivi che ci stiamo ponendo, sicuramente quelli di andare incontro alle fonti rinnovabili, dell'efficientamento del sistema, ma non credo che sia tutto così efficiente in Italia. Se guardiamo il settore dei trasporti, anche lì si consuma energia e sicuramente ne buttiamo via tanta. Se guardiamo il mondo dell'agricoltura, con un parco macchine che ha una media di trenta anni, forse quelle macchine non sono efficienti, oltre i danni e gli incidenti che provocano.
Vorrei chiedere se è possibile che al comparto di Confindustria interessi anche spostare le risorse dal contributo a chi produce energia a chi, invece, magari sostiene la filiera. Se continuiamo a importare i pannelli solari e le pale eoliche, pur avendo sicuramente una capacità di ricerca e, dal punto di vista industriale, una capacità di reagire subito e anche di mettere in piedi sistemi di questo tipo, non è forse il caso di valutare dove queste risorse devono ricadere? Non all'utilizzatore finale, in questo caso, ma a chi realizza l'impianto di produzione mettendo in campo ricerca e innovazione, quindi creando nuovi posti di lavoro.
Conosciamo tutti i mali della rete, ma credo che dovremmo anche dire perché tutto questo è successo: se una mucca la si munge quattro volte al giorno, è chiaro che a fine anno rimane ben poco, e questo è successo sulla rete.
Almeno da questo punto di vista, mi pare che adesso un piano ci sia, mentre sul piano energetico nazionale non abbiamo ancora visto niente. Le regioni brancolano al buio intervenendo con proprie leggi, ogni tanto. È opportuno che le risorse ricadano sul sistema industriale proprio per sostenere la filiera in queste fonti rinnovabili?

PRESIDENTE. Poiché nessuno della maggioranza intende intervenire, dico qualcosa io, sebbene non a nome della maggioranza. Esprimo una posizione completamente personale, ma voglio che rimanga agli atti, dopo aver ascoltato i vari interventi.
Da artigiano stranamente mi trovo a concordare con la tesi (ma questo è notorio) di Confindustria, perché credo che questo Paese - è la mia personale posizione - abbia perso la tramontana con le fonti rinnovabili in questi anni.
Dai dati abbiamo visto che in Italia gli incentivi per il fotovoltaico sono cinque volte quelli di alcuni Paesi europei e per l'eolico addirittura nove volte più di alcuni Paesi europei. All'inizio questo aveva un senso perché queste fonti andavano incentivate, poi gli incentivi sono stati dirottati sui CIP6 per anni e qualcuno ci ha fatto le vacche grasse, qualcun altro si dice la squadra di calcio.
Credo che il problema sia arrivato negli ultimi anni. Ho sempre detto che in questo Paese, oltre ai piani regionali energetici, si dovesse predisporre il piano nazionale.


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Peraltro, molte regioni non hanno mai riferito i dati e nemmeno redatto i piani.
Dopodiché, in relazione agli impianti che oggi non si riesce a collegare, è chiaro che non si dovrebbero fare fino a che non esiste la certezza che Terna è pronta a collegarli. Non ha senso costruire l'impianto e poi correre dietro a Terna perché lo colleghi. Noi partiamo dal tetto e poi pretendiamo che Terna faccia il collegamento, e intanto si prendono gli incentivi. Adesso c'è stata la corsa al business perché i comuni introitavano qualche soldo, qualcuno ci guadagnava. Ci sono anche pale che non girano, purtroppo, onorevole Margiotta, e in giro per l'Italia io ne ho trovate.
A volte il sospetto, come per qualche off-shore, è che sia più facile per la mafia e la 'ndrangheta investire in questo campo, in modo che prendendo gli incentivi riescono a pulire i soldi. Qualche imprenditore che fa investimenti senza guadagnare c'è, perché pulisce i soldi, e qualche esempio lo abbiamo trovato in giro per l'Italia.
Credo che non dovremmo più prevedere incentivi. Lo dico da artigiano: se, facendo l'artigiano, avessi gli stessi incentivi che vengono destinati a questo settore, sarebbe molto più facile per me fare l'artigiano. Addirittura il finanziamento è quasi a fondo perduto per l'intero investimento, si può pagare in dieci anni. In nessun altro settore esiste una possibilità del genere. L'incentivo, secondo me, deve essere tale, cioè piccola roba. Dopodiché, il business arriva solo se si produce. Ma di fronte a un finanziamento a fondo perduto, di fatto, che va a finire sulla bolletta dei cittadini io mi indigno.
I cittadini, gli indignati dell'altro giorno, dovrebbero parlare di queste cose. I posti di lavoro non possiamo costruirli; abbiamo fatto una scelta - legittima, con un referendum - di rinunciare al nucleare, ma dobbiamo sapere che questo ci costa, che porta via aziende (siderurgiche, ma non solo) che non vengono a investire in questo Paese, che paghiamo uno scotto.
Onorevole Realacci, i dati di tutto quello che abbiamo speso in fonti rinnovabili per l'autosufficienza di questo Paese...

ERMETE REALACCI. È ancora molto meno del nucleare.

PRESIDENTE. I dati citati prima, 120 miliardi in dieci anni...

ERMETE REALACCI. Ma sono veri 120 miliardi in dieci anni per il fotovoltaico?

PRESIDENTE. Noi paghiamo sulle bollette un costo enorme, ma per non creare autosufficienza.
Grazie a Dio, abbiamo l'idroelettrico realizzato negli anni Cinquanta e Sessanta, che ci tiene un 7-8 per cento di autosufficienza in questo Paese. Quella, secondo me, è la vera fonte primaria rinnovabile. Per il resto - qui mi riallaccio all'intervento dell'onorevole Piffari, dandogli ragione - personalmente se penso che buona parte di questi investimenti vanno a finanziare o il monopolio del silicio cinese o tecnologie che vengono da altri Paesi mi chiedo, come ritorno reale per questo Paese, quanto abbiamo ottenuto, considerando quello che abbiamo pagato, e quanti posti di lavoro e quante opportunità, invece, abbiamo eliminato.
Ognuno ha i suoi interessi da difendere e difende la propria teoria, però, se guardiamo alla vicenda con occhio distaccato - come la guardo io, non avendo interessi da difendere - mi sembra che abbiamo esagerato e sarebbe ora, con un po' di sano realismo, anche venendo incontro alle famiglie in un momento come questo, di cominciare a dire che questo business forse ha superato anche il limite del non ritorno, e un passo indietro dovremmo farlo.
Tuttavia, sapendo che anche nell'ambito della maggioranza non tutti la pensano così, ribadisco che questa è una posizione totalmente personale.
Do la parola ai rappresentanti di Confindustria per la replica.


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PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE SALVATORE MARGIOTTA

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Dividerò il compito con il professor Beccarello, vicedirettore politiche per lo sviluppo, energia e ambiente di Confindustria, che risponderà con precisione assoluta sui numeri.
Sull'impostazione generale, noi non guardiamo al passato, anzi stiamo guardando assolutamente al futuro. E non c'è dubbio - non solo perché siamo in Europa - che il futuro sono anche le tematiche di cui stiamo parlando. L'unico invito che rivolgiamo è a tener conto con più attenzione del problema dei costi generali del sistema. Questa è la riflessione di fondo che noi chiediamo sia svolta.
Non guardiamo, dunque, nello specchietto retrovisore. Il problema di fondo che noi poniamo è di stare attenti a un equilibrio generale in presenza di risorse scarse. Noi abbiamo l'impressione netta - e i numeri, purtroppo, la suffragano - che oggi stiamo incentivando troppo alcune fonti e stiamo correndo troppo, con rischi di perdere partite tecnologiche importanti, dal momento che si consuma tutto adesso, sull'attuale livello tecnologico, mentre sono in atto grandissimi mutamenti. Paesi molto più attenti - credo che l'onorevole Realacci sarà d'accordo - hanno una programmazione annuale tale che tutti i vari step tecnologici potranno essere colti. Noi stiamo rischiando, invece, di concentrare tutto adesso.
D'altro canto, la velocità di crescita di queste fonti sorprende chiunque, a meno che non siamo ciechi. Non si tratta di essere divisi tra reazionari e progressisti, quello che è successo è sorprendente. Ogni giorno si legge sui giornali italiani e internazionali che siamo passati in testa a tutti in questo settore. Mi chiedo se, dal punto di vista tecnologico, noi non stiamo passando in testa a tutti su tecnologie che fra poco saranno abbondantemente sorpassate. Questo è il primo problema.
Sull'efficienza energetica - rispetto ai dati risponderà il professor Beccarello - noi seguitiamo a dire che l'apparato industriale italiano è un signore apparato industriale, e non lo si deduce a spanne, l'export sta lì a dimostrarlo. Che siamo il secondo Paese non c'è dubbio, che abbiamo recuperato il 2008 è una circostanza spettacolare e straordinaria. All'onorevole dell'Italia dei Valori mi permetto di dire che non è un problema di parco macchine del contadino, non è una responsabilità dell'apparato industriale; per le macchine agricole siamo indubbiamente leader nel mondo, in quanto le nostre macchine agricole sono vendute dappertutto, abbiamo una iper-eccellenza. Questo, dunque, è un caso che va nel senso che dicevamo noi: che il contadino non disponga di queste macchine, è un conto, ciò dipende da diversi motivi, ma che le nostre macchine siano le migliori è noto e questo conferma la mia tesi.
Per quanto riguarda il condono, siamo assolutamente contrari. Abbiamo subito preso posizione contro; è un'autentica follia, anche perché annunciare un condono significa permettere che si sviluppino ulteriori illegalità rispetto a quelle precedenti.
Vengo all'ultima questione. In Europa il quadro è il seguente: il costo dell'energia italiana è il più alto, il costo dell'energia dei cosiddetti «energivori» (categoria alla quale io appartengo, lavorando nel campo dell'acciaio) è nella media europea, leggermente più basso per alcuni segmenti, tanto è vero che nel settore siderurgico (lo dico per conoscenza all'onorevole Realacci) noi siamo di gran lunga più efficienti e più grandi della Germania. Quella della chimica è una storia vecchia; la grandezza della chimica tedesca non rinvia all'apparato industriale, ma all'università eccetera. La Germania ha fatto tre guerre con la sua superpotenza chimica, quindi questo tema non rientra nella discussione sull'apparato industriale italiano.
Il problema di fondo rimane soprattutto quello delle piccole aziende. Dovunque si va in Confindustria, oramai, si ascolta un grido di dolore sul costo dell'energia,


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e oggi non stiamo parlando del gas e del suo costo. Questo è il vero problema. Secondo noi, il rischio è che le fonti rinnovabili, gestite come stiamo facendo, contribuiscano ulteriormente a questo iper-costo.
Infine, sul discorso Terna, mi chiedo perché in altri Paesi europei dove c'è il fotovoltaico e dove ci sono tantissime pale eoliche è obbligatorio avere il backup, che è compreso nei loro costi. Questo significa che quando si realizza un impianto si deve prevedere o la capacità di accumulo o, come si diceva prima, la certezza che la rete possa immettere. Non può succedere che in questo Paese le stesse regioni che danno tutte le autorizzazioni sul fotovoltaico e sull'eolico, onorevole Margiotta, sono quelle che non danno alla Terna alcuna autorizzazione (a prescindere dall'efficienza della Terna) a passare.
Io ho uno stabilimento siderurgico a Milazzo, quindi potete immaginare il prezzo che pago, ma lasciamo stare per carità di patria. Perché non si fa la Rizziconi, stando alla Terna? Ci sono stati milioni di ore di riunioni con i comuni interessati e le regioni.
È un po' strano, onorevole Realacci, che nel sud si diano tutti i permessi per il fotovoltaico, tutti i permessi per l'eolico, e nessun permesso per la rete. Questo mi sembra sospetto.

MASSIMO BECCARELLO, Vicedirettore politiche per lo sviluppo, energia e ambiente di Confindustria. Rimangono due punti inevasi relativi alle domande dell'onorevole Zamparutti, la quale chiedeva da che cosa fossero causati gli effetti di impatto. I 470 gigawatt che abbiamo riportato nella nostra relazione si riferivano prevalentemente alle rinnovabili non programmabili, l'eolico, anche se in questi ultimi mesi si sta avendo un grossissimo problema per quello che viene chiamato tecnicamente la «rampa del fotovoltaico», che impatta prevalentemente in zone che sono strutturalmente eccedentarie in termini di offerta rispetto alla domanda. Si crea, quindi, un grossissimo problema tra le cinque e le sette del pomeriggio e nelle ore di avvio della mattinata.
Nell'ambito della nostra relazione volevamo ricondurre questi due elementi a un obiettivo: va ripensata completamente l'impostazione della rete di trasmissione. Stiamo passando da un modello di generazione centralizzata a un modello sempre più di generazione distribuita. Lo sta studiando anche l'Europa, dunque bisogna, anche nell'ambito della regolazione degli indirizzi di policy, essere perfettamente coscienti che questo è lo stato delle cose.
Voglio tornare su un aspetto, sul quale in parte è intervenuto anche il dottor Conte. In filigrana, ma filo conduttore degli interventi degli onorevoli Zamparutti, Margiotta, Realacci e Pifferi è un tema secondo me veramente importante e ineludibile: la relazione tra l'incentivo pubblico, perché stiamo parlando di componenti parafiscali sulle fonti rinnovabili, e la possibilità di attivare un settore industriale. Su questo vorrei avviare una piccola riflessione perché come Confindustria abbiamo mappato molto bene i distretti; accanto a quelli citati Power-One, siamo andati a vedere quelli che si trovano tra Padova e Vicenza fino a Verona, poi tra Monza e Lecco, quelli nascenti di Rieti, quelli di Ancona.
Se, però, parliamo con questi imprenditori, cioè quei soggetti che comprano sì il cristallino, perché non si può produrre in Italia, ma poi ci mettono una buona parte di industria, di persone che lavorano, vi prego di considerare l'attenzione con la quale ci invitano a usare cautela nei tassi di sviluppo. È evidente che la produzione italiana magari punta sull'innovazione tecnologica, riesce ad abbinare sistemi di accumulo con quelli di produzione, ma se c'è un'escalation stratosferica nelle installazioni allora andiamo su quello.

AGOSTINO CONTE, Vicepresidente del Comitato tecnico energia e mercato di Confindustria. Sapete qual è uno dei problemi per cui i 500 giga si perdono? Tutti gli inverter che abbiamo, o almeno la stragrande


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maggioranza, che sono di importazione, saltano.

MASSIMO BECCARELLO, Vicedirettore politiche per lo sviluppo, energia e ambiente di Confindustria. Ad esempio, in termini di policy, la Germania sta discutendo di passare i 50.2 hertz per quanto riguarda la frequenza. Ora, visto che abbiamo citato un'azienda che produce inverter ed ha sicuramente una leadership a livello internazionale, perché non accompagniamo, attraverso il frame regolatorio, a cambiare e a innovare in questa direzione, che poi significa risparmio di costi per il sistema? Quello che noi sentiamo da chi si assume il rischio di produzione industriale in Italia è questa lamentela.
Su quello che abbiamo sentito, il breakdown del valore di filiera - questa era la sua domanda - dobbiamo evitare di fare quello che abbiamo visto con il cosiddetto «salva Alcoa». Vorrei ricordare i numeri: in un Ebitda di un progetto fotovoltaico dell'85 per cento il problema era una filiera di valore assurda - avevamo chi produceva, ma avevamo una banca, un intermediario finanziario, un fondo pensione - obiettivamente eccessiva, per cui rimaneva molto poco a chi produceva e faceva industria in Italia e a chi installava il pannello; tutto il resto era una dispersione di rendita di tipo finanziario. Ecco dove stava il problema. Infatti, abbiamo visto che nel momento in cui si è cominciato a mettere mano per riorientare tutto c'è stato oggettivamente un maggiore equilibrio e anche pannelli di importazione improvvisamente sono stati ricondotti ai prezzi di importazione e installazione che prevalevano anche negli altri Paesi europei.
È evidente, quindi, che c'era l'esigenza di ripensare a una taratura dei valori, a beneficio di uno sviluppo industriale italiano.

PRESIDENTE. Ringraziamo i rappresentanti di Confindustria per la disponibilità dimostrata e rimaniamo in attesa del contributo scritto che è stato annunciato.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 14,05.

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