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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(VIII e X)
2.
Martedì 14 agosto 2012
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3

Comunicazioni del Governo sulla situazione dell'ILVA di Taranto e sulle prospettive di riqualificazione:

Alessandri Angelo, Presidente ... 3 7 18 30
Barbato Francesco (IdV) ... 28
Bratti Alessandro (PD) ... 25
Cesa Lorenzo (UdCpTP) ... 23
Cicchitto Fabrizio (PdL) ... 14
Clini Corrado, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare ... 3 9 11 13 15 17 19 21 22 24 25 27 29 30 31
Della Vedova Benedetto (FLpTP) ... 21
Evangelisti Fabio (IdV) ... 7
Iannaccone Arturo (Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia) ... 20
Lulli Andrea (PD) ... 30
Mariani Raffaella (PD) ... 16
Piffari Sergio Michele (IdV) ... 31
Prestigiacomo Stefania (PdL) ... 18
Realacci Ermete (PD) ... 10
Turco Maurizio (PD) ... 24
Vico Ludovico (PD) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, Democrazia Cristiana): PT; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A; Misto-Noi per il Partito del Sud Lega Sud Ausonia: Misto-NPSud; Misto-Fareitalia per la Costituente Popolare: Misto-FCP; Misto-Liberali per l'Italia-PLI: Misto-LI-PLI; Misto-Grande Sud-PPA: Misto-G.Sud-PPA; Misto-Iniziativa Liberale: Misto-IL.

COMMISSIONI RIUNITE
VIII (AMBIENTE, TERRITORIO E LAVORI PUBBLICI) E X (ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 14 agosto 2012


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

La seduta comincia alle 11.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Comunicazioni del Governo sulla situazione dell'ILVA di Taranto e sulle prospettive di riqualificazione.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca le comunicazioni del Governo sulla situazione dell'ILVA di Taranto e sulle prospettive di riqualificazione.
Prima di dare la parola al ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, Corrado Clini, comunico ai colleghi che, prima della chiusura dei lavori parlamentari per la pausa estiva - immediatamente dopo la presentazione alle Camere del decreto-legge 7 agosto 2012, n. 129, recante disposizioni urgenti per il risanamento ambientale e la riqualificazione del territorio della città di Taranto - alla luce dell'inserimento nel calendario dell'Assemblea del medesimo decreto-legge a partire da lunedì 10 settembre, il sottoscritto, d'intesa con il presidente della X Commissione attività produttive, onorevole Dal Lago, ha fissato la data di inizio dell'esame in sede referente per martedì 4 settembre, in modo da consentire alle Commissioni riunite di disporre del congruo e necessario tempo per l'istruttoria e di rispettare altresì i tempi di esame in Assemblea, stabiliti dalla Conferenza dei presidenti dei gruppi.
Aggiungo che le disposizioni recate dal decreto-legge n. 129 sono vigenti dalla data di presentazione del provvedimento d'urgenza medesimo, quindi dallo scorso 8 agosto, per cui qualsiasi modifica che il Parlamento ritenesse opportuno, nella sua sovranità, apportare al testo del decreto-legge presentato dal Governo avrebbe efficacia solo dal momento della sua conversione in legge.
I recenti sviluppi della situazione dell'ILVA di Taranto, anche alla luce delle pronunce della magistratura, hanno comunque indotto il sottoscritto e il presidente della X Commissione a convocare oggi le Commissioni riunite per acquisire dal Governo, che ha manifestato immediatamente la sua disponibilità, elementi di informazione e valutazione sulla grave situazione determinatasi nella città di Taranto. Sono pervenute, peraltro, anche richieste di alcuni deputati in questo senso.
Do, quindi, la parola al Ministro Corrado Clini.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Grazie, buongiorno a tutti. Mi concentrerò sulle procedure in corso rispetto all'ILVA. Poi, se volete, possiamo anche parlare del decreto-legge, che riguarda, però, il contesto dell'area di Taranto, a prescindere dagli interventi sull'ILVA, in modo da offrire un quadro sintetico, ma chiaro della situazione attuale.
Gli impianti siderurgici di Taranto che, come sapete, rappresentano il centro siderurgico


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più importante d'Europa per capacità di produzione, sono stati autorizzati all'esercizio dall'autorizzazione integrata ambientale (AIA), introdotta a seguito della direttiva europea del 1996 per la prevenzione e il controllo integrato dell'inquinamento, che è stata recepita in Italia in un momento successivo, con il decreto legislativo n. 152 del 2006, e successive modificazioni.
L'autorizzazione integrata ambientale è stata rilasciata il 4 agosto 2011, con decreto del Ministro dell'ambiente, al termine di una lunga istruttoria, che è durata quattro anni e mezzo. L'autorizzazione contiene 462 prescrizioni, quindi una mole importante di regole che ILVA deve rispettare per l'esercizio degli impianti, che fanno riferimento puntualmente agli obiettivi che devono essere conseguiti e alle misure che devono essere adottate per assicurare la compatibilità della produzione con la protezione dell'ambiente.
Si è trattato, quindi, di una procedura molto più lunga di quanto previsto dalla legge, che prevede un termine massimo di 300 giorni, giustificata dalla complessità degli impianti e dall'esigenza di dare indicazioni puntuali per ogni singolo punto di emissione, ma che è anche il risultato di un lungo confronto, spesso conflittuale, tra le amministrazioni e l'impresa.
A seguito di questa autorizzazione e nonostante la lunga procedura concertata, ILVA ha presentato ricorso al tribunale amministrativo regionale, osservando che una parte delle prescrizioni prevedevano obiettivi e impegni che vanno oltre quanto stabilito dalla legge italiana e dalle direttive europee e sostenendo, quindi, che l'autorizzazione dava disposizioni troppo restrittive rispetto alle normative attuali. Il tribunale amministrativo regionale di Lecce ha riconosciuto, in parte, le buone ragioni di ILVA e perciò ha disposto la parziale modifica dell'autorizzazione.
Nel frattempo - mi riferisco al mese di marzo 2012 - sono intervenuti due fatti nuovi.
Il primo, previsto nell'autorizzazione stessa, riguarda le informazioni acquisite in merito all'inquinamento da benzoapirene, un idrocarburo policiclico aromatico cancerogeno che è emesso nel ciclo della cokeria. Gli elementi raccolti sono stati trasmessi dal presidente della regione al Ministro dell'ambiente, chiedendo una valutazione in merito. Inoltre, più o meno negli stessi giorni, l'8 marzo 2012, la Commissione europea ha pubblicato la lista delle migliori tecnologie disponibili che devono essere utilizzate dalle imprese industriali siderurgiche europee per rispettare obiettivi di qualità ambientale.
Va precisato, però, che la disposizione della Commissione europea prevede che queste tecnologie debbano essere il riferimento per le nuove procedure di autorizzazione ambientale a partire dal 2016. Perciò, rappresentano uno scenario di riferimento per i nuovi investimenti industriali e per i programmi di riqualificazione degli impianti esistenti, ma, da un punto di vista formale e legale, diventano riferimento vincolante solo a partire dal 2016.
A fronte di questi due elementi, ho ritenuto opportuno riaprire la procedura di autorizzazione, tenendo conto della situazione di emergenza presente a Taranto e delle sentenze del TAR che avevano rimesso in discussione alcune delle prescrizioni che avevamo dato, per aggiornare l'AIA alla nuova situazione, con riferimento sia alle disposizioni della Commissione europea, ancorché non vincolanti, sia ai dati che riguardano l'inquinamento da benzoapirene, sia, appunto, alle sentenze del TAR.
Anche in questo caso, ILVA ha presentato ricorso contro la decisione di riaprire la procedura di autorizzazione, osservando che la procedura chiedeva, di fatto, di anticipare i tempi in merito alle migliori tecnologie disponibili rispetto a quanto previsto dalla decisione della Commissione europea dell'8 marzo 2012.
Questo è avvenuto a marzo. Ad aprile, il presidente della regione Puglia, il sindaco di Taranto, il presidente della provincia di Taranto e i rappresentanti dei gruppi parlamentari che costituiscono la maggioranza di governo hanno chiesto, congiuntamente, al Governo di avviare


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un'iniziativa per affrontare le tematiche ambientali presenti nell'area di Taranto, con riferimento all'ILVA, ma anche, più in generale, all'inquinamento ambientale del territorio.
Il Presidente Monti, dopo l'incontro con i rappresentanti della regione Puglia, delle amministrazioni locali di Taranto e delle forze politiche, mi ha incaricato di coordinare un tavolo politico-tecnico, insieme con i Ministri Passera e Barca, per predisporre le iniziative del Governo nell'area di Taranto, assumendo come criterio di riferimento l'obiettivo di salvaguardare la continuità produttiva degli stabilimenti, compatibilmente con la protezione dell'ambiente.
In questo contesto, si è inserita un'iniziativa, di cui eventualmente potremmo parlare più avanti, che è significativa dell'impegno del Governo. Infatti, il 26 aprile è stato sottoscritto un accordo per il porto di Taranto, diventato operativo con un protocollo nel giugno, che ha definito i tempi per gli interventi di risanamento ambientale dell'area, anche ai fini del rilancio del porto di Taranto come hub nel Mediterraneo, in particolare nei confronti del traffico proveniente dall'Estremo Oriente.
Non appena nominato presidente dell'ILVA Bruno Ferrante, gli ho chiesto di ritirare i ricorsi contro il Ministero dell'ambiente per avviare una procedura diversa da quella seguita fino ad allora. Tale procedura consiste nel lavorare insieme per individuare le soluzioni migliori in grado di consentire la convergenza tra gli obiettivi industriali e quelli ambientali. Il presidente Ferrante ha, quindi, ritirato i ricorsi contro il Ministero e abbiamo avviato, congiuntamente con il presidente Vendola e con i Ministri Corrado Passera e Fabrizio Barca, un'iniziativa comune che si inserisce nell'ambito della revisione della procedura di Autorizzazione integrata ambientale per l'esercizio dello stabilimento e che, allo stesso tempo, ha come sfondo il programma per il risanamento ambientale di Taranto, che ha poi dato vita al decreto-legge approvato il 3 agosto scorso dal Consiglio dei ministri.
In merito alla situazione di ILVA, abbiamo cominciato a esaminare in dettaglio le questioni ancora aperte, tenendo conto delle disposizioni, da un lato, del TAR e, dall'altro, della Commissione europea, avviando una collaborazione concreta alla quale partecipano i ministeri, la regione e ILVA.
Nel frattempo, è intervenuta la prima ordinanza del GIP, che è finalizzata al risanamento ambientale e alla protezione della salute delle popolazioni attraverso la chiusura degli impianti del ciclo integrato a caldo. Successivamente, il tribunale del riesame ha parzialmente accolto il ricorso di ILVA contro l'ordinanza del GIP, sia nel merito - mi riferisco alle misure cautelari a cui erano stati sottoposti i responsabili degli impianti, che sono stati liberati - sia per quanto riguarda la strategia di risanamento, perché il tribunale del riesame ha disposto che l'esercizio degli impianti deve essere finalizzato al risanamento degli impianti stessi, nominando Bruno Ferrante custode dello stabilimento per conto del tribunale.
Questa decisione è stata accolta positivamente dal Governo e dalla regione Puglia perché ha consentito di integrare in un processo coerente la procedura avviata per il riesame dell'AIA da parte del Ministero dell'ambiente e l'iniziativa della magistratura. Infatti, nel momento in cui ILVA ha accettato di essere partner del programma per l'individuazione delle misure di risanamento ambientale e, nello stesso tempo, il presidente di ILVA è custode, si realizza una saldatura di obiettivi che abbiamo considerato un passo avanti importante.
A questo punto, però, sono intervenute due ordinanze del GIP, successive al tribunale del riesame e ancora in assenza delle motivazioni del riesame stesso, che interpretano il riesame o forse rappresentano un'iniziativa nuova. Questo è un aspetto su cui è difficile esprimersi. Tuttavia, il GIP, con un'ordinanza, ha disposto nuovamente che gli impianti del ciclo a caldo devono essere sequestrati e non in uso (cioè, praticamente devono essere spenti) ai fini del risanamento ambientale


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e, con un'altra, ha dichiarato decaduto o estromesso - non so come dire - il presidente Ferrante dal ruolo di custode degli impianti a caldo, annullando il dispositivo del tribunale del riesame.
È, dunque, evidente la divergenza tra il programma per il risanamento degli impianti avviato dal Ministero dell'ambiente, congiuntamente ai Ministeri dello sviluppo economico e della coesione territoriale, alla regione Puglia e alle amministrazioni locali, con la partecipazione di ILVA, e la decisione del GIP. A questo proposito, in questi giorni, abbiamo avuto consultazioni sia con il presidente della regione Puglia sia con il presidente dell'ILVA. Ieri, peraltro, il presidente Vendola ha incontrato quello dell'ILVA a Bari.
La linea del Governo è molto semplice: proseguire nella procedura per il riesame dell'autorizzazione integrata ambientale che intendiamo concludere entro il 30 settembre 2012, cioè in tempi molto rapidi. A questo fine, abbiamo acquisito, nell'ambito dell'istruttoria, le disposizioni del GIP, nella parte che riguarda il risanamento degli impianti. Difatti, il GIP ha dato delle indicazioni, che abbiamo, appunto, deciso di incorporare nell'istruttoria, nella quale sono coinvolte la regione Puglia, ma anche ILVA, in termini di partecipazione volontaria.
Gli obiettivi individuati riguardano l'integrazione dell'AIA del 4 agosto 2011 con le disposizioni per il monitoraggio delle emissioni, con la registrazione documentale dei fenomeni di slopping (cioè la fuoriuscita di nubi di colore rossastro che oggi sono assolutamente poco frequenti, ma che comunque rappresentano un evidente fenomeno di inquinamento ambientale), e con gli interventi nella sezione delle cokerie, finalizzati all'attivazione della videosorveglianza e alla riduzione delle emissioni di benzoapirene, soprattutto con riferimento all'esposizione del quartiere Tamburi di Taranto, che è situato ai margini del parco geominerario dello stabilimento, il più grande d'Europa, con circa 78 ettari.
Tra l'altro, voglio ricordare che tale quartiere, che esisteva anche prima, ma in dimensioni molto ridotte, è cresciuto contestualmente alla fabbrica. Dico questo per avere chiaro il contesto. Il problema di Taranto, infatti, non è soltanto quello dell'ILVA, ma riguarda anche la gestione urbanistica e lo sviluppo di questa città industriale, com'è avvenuto in altre realtà italiane.
Comunque, l'altra linea di lavoro riguarda il parco geominerario, che è la sorgente della polverosità diffusa, soprattutto per alcuni materiali che vi sono stoccati e per i quali è necessario adottare delle misure di contenimento della polverosità che non possono essere soltanto le barriere fisiche, cioè le reti di contenimento o le barriere arboree, ma che richiedono anche interventi tecnologici.
Queste linee prioritarie di intervento che sono state concordate nella riunione dello scorso 6 agosto a Bari, con la regione Puglia, con i Ministeri e con ILVA, hanno come sfondo l'utilizzazione delle migliori tecnologie disponibili individuate dalla Commissione europea con la decisione dell'8 marzo.
A questo proposito, è stato chiarito con la Commissione europea che, nel caso in cui venissero adottate soluzioni tecnologiche che consentano di raggiungere in anticipo, cioè prima del 2016, gli obiettivi di qualità ambientale fissati l'8 marzo 2012, gli investimenti dell'impresa per l'utilizzazione di queste tecnologie possono anche accedere a finanziamenti europei. In sostanza, i finanziamenti europei non intervengono per finanziare gli interventi che l'impresa deve fare per rispettare le norme in vigore, ma per sostenere le imprese che investono in soluzioni tecnologiche più avanzate rispetto a quelle stabilite dalla normativa che si applica attualmente.
A ogni modo, stiamo continuando a lavorare su questa linea. Il 17 agosto, cioè venerdì prossimo, io e il Ministro Passera ci incontreremo con le autorità locali, con l'impresa, con la regione e - mi auguro - con la procura della Repubblica. La mattina del 20 agosto, cioè lunedì prossimo, qui a Roma, ci sarà una riunione della


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Commissione istruttoria AIA IPPC per concordare il calendario dei lavori da qui alla fine del mese di settembre.
Naturalmente, è un lavoro molto complesso al quale parteciperanno non soltanto gli esperti di ISPRA (Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale), ma anche quelli della Commissione europea del gruppo tecnico di Siviglia, cioè il centro dalla Commissione europea che lavora nel settore dell'identificazione dei migliori tecnologie disponibili nei settori industriali, per fare in modo che l'autorizzazione che verrà rilasciata sia in grado di incorporare le soluzioni più avanzate che, fra l'altro, oltre a quello di ridurre l'inquinamento ambientale, hanno anche il vantaggio di mettere ILVA in una posizione più avanzata rispetto agli altri concorrenti europei, rendendola perciò più competitiva. Si tratta di un'opportunità che ILVA ha accolto, nel senso che il presidente Ferrante ha dichiarato la sua concreta disponibilità a lavorare in questa direzione.
Questo è quello che stiamo facendo. È, però, sorta una problematica complicata che riguarda l'attribuzione di competenze. La Presidenza del Consiglio sta valutando, infatti, la possibilità di sollevare un conflitto di attribuzione, la cui finalità è di chiarire i termini delle responsabilità e dei ruoli, non quella di aprire un conflitto con la magistratura. Nello stesso tempo, proseguiamo con la linea che ho appena indicato. Mi auguro che la riunione del 17 a Taranto possa risolvere queste problematiche, rendendo più semplice l'evoluzione e la gestione della situazione, nonché la nostra successiva attività.
A ogni modo, va detto con molta chiarezza che in Italia, come in tutta Europa, le autorità competenti a rilasciare le autorizzazioni, a dare le disposizioni in materia di protezione dell'ambiente nell'esercizio degli impianti e a effettuare il monitoraggio ambientale delle attività industriali sono identificate dalle leggi, oltre che dalle direttive europee. Nessuna legge o nessuna direttiva europea attribuisce questo compito all'autorità giudiziaria. Questo deve essere molto chiaro perché questa situazione rischia di creare un'incertezza che riguarda non soltanto l'ILVA di Taranto, ma l'intero sistema industriale italiano, nonché l'affidabilità dell'Italia nei confronti degli investimenti esteri, che cerchiamo di attirare nel nostro Paese.
Tuttavia, non è una questione riconducibile - ripeto - a uno scontro tra il Governo e la magistratura, bensì alla chiarezza dei ruoli, delle responsabilità e delle competenze che in questo momento è quanto mai urgente, essendo tutti impegnati in uno sforzo per la crescita della nostra economia e del nostro Paese.
Grazie.

PRESIDENTE. Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

FABIO EVANGELISTI. Innanzitutto, ringrazio i presidenti delle Commissioni riunite per questa convocazione tempestiva e gli esponenti del Governo per essere intervenuti a fornire le loro comunicazioni. Credo che non sfugga a nessuno la complessità della vicenda, tantomeno a noi. Tuttavia, non sarei onesto, con me stesso prima di tutto, se non cogliessi nelle affermazioni del Ministro una contraddizione di fondo.
Il Ministero dell'ambiente non è proprio fra i più antichi, ma è un'acquisizione tutto sommato recente nel governo della cosa pubblica, che ha accompagnato una crescita culturale, prima ancora che politica, del nostro Paese e di quelli più industrializzati.
Ecco, francamente, oggi mi aspettavo di sentir parlare il Ministro dell'ambiente, invece non ho ascoltato nessuna accentuazione in questo senso. Lei, correttamente e legittimamente, dal suo punto di vista, ha manifestato diverse problematiche, tutte assolutamente serie e fondate, ma non mi sembra - le assicuro che ho prestato la massima attenzione - che abbia speso una sola parola per descrivere la situazione ambientale all'interno dello stabilimento ILVA e nella città di Taranto.
Non ci ha fornito un solo dato, né ha fatto alcun riferimento alle iniziative tese


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a ridurre l'impatto sull'ambiente e a tutelare la salute dei lavoratori e dei cittadini di Taranto. Ha espresso - ripeto - legittimamente, come avrebbe fatto un ottimo Ministro dell'industria o del lavoro, le sue preoccupazioni per l'impatto che questa vicenda ha, soprattutto dal punto di vista economico e occupazionale.
Ribadisco che non sfugge la complessità della situazione, specialmente a chi nella propria esperienza politica ha vissuto da vicino alcune terrificanti problematiche ambientali. Le faccio dei nomi che a molti colleghi appariranno strani e comunque lontani nella memoria, ma che lei sicuramente, anche per il suo passato, ricorderà benissimo. Mi riferisco all'ACNA di Cengio o alla Farmoplant Montedison di Massa Carrara, in cui più di vent'anni fa, per la prima volta, si evidenziò in maniera drammatica la contrapposizione fra l'ambiente e il lavoro.
Vorrei, quindi, che fosse chiaro che, in questo caso, non si può pensare di lavorare sulla base del ricatto occupazionale. Dalla lettura dei quotidiani, in questi giorni, sembra che la responsabilità della situazione che si è determinata a Taranto sia imputabile a quei magistrati che chiedono il rispetto delle regole, a fronte di chi ha inquinato, inquina e probabilmente non si perita di continuare a inquinare. So bene che le responsabilità vengono da lontano e non sono soltanto di un gruppo imprenditoriale privato, ma innanzitutto dello Stato, che ha costruito quell'impianto che per lungo tempo ha determinato l'inquinamento dell'area.
Tuttavia, lei è il Ministro dell'ambiente e avrei voluto sentir dire da lei se sono vere le cose che abbiamo letto in questi giorni sui giornali, per cui ci sarebbe un'incidenza tumorale di oltre il 30 per cento per chi lavora e vive intorno a quella fabbrica, oppure se è vera la tesi - riportata questa mattina su un giornale autorevole - che, con riferimento ai problemi che sono imputati all'ILVA di Taranto, sostiene che non si tiene conto che Taranto è anche uno dei maggiori porti di distribuzione di sigarette di contrabbando contraffatte, contenenti sostanze dannose, probabilmente fumate dai tarantini; ciò per affermare che anche quando l'aumentata incidenza dei tumori fosse dovuta a una reale causa, il magistrato - colpendo l'obiettivo sbagliato - distoglie l'attenzione da quello vero, causando più danni di quelli che si presume siano causati dall'ILVA. Per capirci: i tumori a Taranto non vengono dall'ILVA, ma dalle sigarette di contrabbando. Ebbene, vorrei sapere dal Ministro dell'ambiente se questa è una tesi sostenibile.
Qual è, insomma, l'incidenza reale che gli sversamenti delle produzioni in mare e nelle fogne determinano? Lei ha fatto giustamente riferimento alle disposizioni della Commissione europea che si applicheranno dal 2016, ma che, appunto, hanno evidenziato quali sono le tecnologie all'avanguardia che esistono in altri complessi industriali. ILVA, che è il più grande stabilimento d'Europa, produce soltanto il 30 per cento del fabbisogno italiano. Ci sono altri siti industriali nel nostro Paese. Penso a Piombino, che presenta caratteristiche non proprio dissimili, ma anche a Brescia che, invece, ha un ciclo elettrico, rispetto al quale conosco la differenza. Abbiamo, poi, altre realtà in Germania che dimostrano come si possa fare attività produttiva senza necessariamente inquinare.
Lei, invece, è venuto qui a ricordare le buone ragioni dell'ILVA rispetto ai provvedimenti della magistratura. Insomma, sento riecheggiare un coro, che ritrovo sulla stampa, secondo cui la responsabilità è dei magistrati e di chi cerca di far applicare le leggi. Lei ha addirittura concluso il suo intervento facendo riferimento a un problema di attribuzione di competenza. Di questo la ringrazio perché ha parlato dell'intenzione, che spero nelle prossime ore possa essere riconsiderata, di un ricorso alla Consulta, dopo che c'è stata da parte del suo collega Ministro della giustizia addirittura un'acquisizione degli atti, per sollevare, appunto, un conflitto di attribuzione. Lei stesso, peraltro, ha parlato della non competenza della magistratura a intervenire su alcune questioni. Non so


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da dove possa aver desunto questa convinzione, ma davvero non riesco a condividerla.
Mi permetta di dire che, tuttavia, le contraddizioni non sono soltanto da una parte. È evidente che, talvolta, ci sono contraddizioni negli stessi pronunciamenti della magistratura. Credo che meriti tutto il rispetto il giudizio del riesame, come quello del GIP, ovvero della dottoressa Todisco. Non voglio dire che il presidente Ferrante nominato custode di quegli impianti sia come la volpe messa a custode del pollaio, ma sarebbe come se ieri il Presidente della Camera, di fronte all'onorevole Barbato che ha occupato gli uffici della Presidenza della Camera per chiedere questa riunione della Commissione, lo avesse messo a custodire gli uffici della nostra istituzione. Insomma, ci sono contraddizioni che vanno sanate.
Noi chiediamo, quindi, al Governo che cosa intende fare per il risanamento di quell'area e della città e per la salvaguardia dell'ambiente e della salute, mettendo in evidenza - e chiudo - soltanto due elementi di evidente incongruenza. A fronte dei 336 milioni di euro stanziati dal Governo per il risanamento, da parte dei privati ne vengono investiti soltanto 7. Inoltre, manca un piano complessivo per garantire la produzione in sicurezza, che deve essere l'obiettivo del Governo, del Parlamento e di ciascuno di noi. Grazie.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Ho rispetto per le sue valutazioni, tuttavia, vorrei farle presente che l'autorizzazione ambientale integrata rilasciata il 4 agosto 2011 contiene 462 prescrizioni ambientali. Questo è il mestiere del Ministro dell'ambiente. Se vuole possiamo intrattenerci su questo tema. Abbiamo 1.160 pagine di prescrizioni. Se vuole leggerle, il documento è pubblico.
Il mestiere del Ministro dell'ambiente è, quindi, in corso di esercizio. D'altra parte, il Ministro dell'ambiente ha riaperto la procedura di autorizzazione a seguito degli ulteriori elementi di cui ho parlato prima. Si tratta di una procedura integrata ambientale che entra, quindi, nel merito delle questioni ambientali. Su questo stiamo lavorando e ci stiamo concentrando.
Vorrei chiarire - l'avevo detto prima, ma evidentemente mi sono spiegato male - che il piano di risanamento per Taranto non include gli interventi a carico delle imprese, che sono, appunto, a spese delle imprese stesse. I 7 milioni di euro di finanziamento privato da lei richiamati riguardano il risanamento delle aree esterne di competenza di un privato che partecipa al risanamento, ma non si tratta di un'attività produttiva. La nuova autorizzazione integrata ambientale relativa allo stabilimento richiederà all'ILVA ingenti investimenti necessari per aggiornare le tecnologie rispetto agli obiettivi stabiliti dalla Commissione europea. Questo è il lavoro del Ministro dell'ambiente.
Lei ha citato Farmoplant e l'ACNA di Cengio, vicende che risalgono alla fine degli anni Ottanta. A questo proposito, mi permetto di ricordarle che, nel 1982, chi le parla è stato il primo a denunciare alla procura della Repubblica di Venezia il primo caso di angiosarcoma epatico provocato da cloruro di vinile monomero nello stabilimento Montedison di Porto Marghera. Per cui, abbia pazienza, ma credo che ognuno debba aver chiaro con chi sta parlando.
Da ultimo, spero che non le sfugga che tutte le direttive europee in materia ambientale, dalla metà degli anni Ottanta a oggi, in tutti i settori, dall'automobile, alla siderurgia, alla chimica, alla carta o ai trasporti in generale, hanno avuto come obiettivo la modificazione delle tecnologie e hanno cambiato il sistema industriale europeo. Le tecnologie che ci sono oggi nelle fabbriche, che si usano per produrre le automobili e quant'altro, non sono il risultato di un disegno industriale, bensì della scelta di assumere gli obiettivi di qualità ambientale come driver per lo sviluppo industriale.
Ebbene, questo è esattamente quello che stiamo facendo a Taranto. Io qui rappresento il Governo, ma sono il Ministro dell'ambiente, ben incardinato nella


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cultura europea dello sviluppo sostenibile, che ha tre pilastri: la protezione dell'ambiente, la crescita economica e la giustizia sociale.

ERMETE REALACCI. Ringrazio il Ministro dell'esposizione. Vorrei fare alcune richieste, anche perché il primo tema di cui ci dobbiamo occupare alla ripresa dei lavori parlamentari sarà proprio un decreto che riguarda questa materia, quindi è utile avere ulteriori informazioni. Prima, però, faccio due considerazioni di base.
In primo luogo, ci stiamo occupando di una vicenda che è figlia di una cultura industriale del passato, che ha lasciato nel nostro Paese molte tracce, non solo quelle di cui si parlava poc'anzi. Per esempio, ho in questi giorni rintracciato un brano delle norme tecniche del Piano regolatore di Venezia del 1962 che sembra estratto da un racconto dell'Ottocento. Come il Ministro sa bene perché ha lavorato a Venezia, in un documento ufficiale, nel Piano regolatore di Venezia, si diceva testualmente che «nella zona industriale di Porto Marghera troveranno posto prevalentemente quegli impianti che diffondono nell'aria fumo, polveri o esalazioni dannose alla vita umana, che scaricano nell'acqua sostanze velenose, che producono vibrazioni e rumori». Questa è quella cultura di cui è figlia anche l'Italsider di Taranto, visto che gli anni sono gli stessi.
Il problema è che, negli anni, questa cultura ha continuato ad affermarsi, anche grazie a forme di disattenzione, di complicità o di connivenza da parte delle istituzioni, della politica, delle forze sociali e forse anche di alcuni settori della magistratura. Dobbiamo, tuttavia, essere grati all'azione della magistratura che ha sollevato il velo. Del resto, che a Taranto l'ILVA producesse dei danni non è un fenomeno che si è scoperto adesso. Ciò nonostante, c'è stato un consenso sociale, con un atteggiamento che l'ILVA ha mantenuto a lungo perché, come ricordava il Ministro, l'azienda ha fatto ricorso contro le norme dell'AIA e contro la riapertura della procedura. Ci sono norme - penso al benzoapirene - che sono state scritte per salvare l'ILVA, che aveva emissioni superiori a quelle previste dagli standard europei.
Ora, bisogna capire se siamo capaci - indipendentemente dall'attività della magistratura, su cui non mi esprimo - di mettere quell'impianto in condizioni di continuare a produrre, utilizzando le migliori tecnologie e facendo i conti con questa pesante eredità. Ricordiamoci, infatti, che stiamo parlando di un'area enorme, di circa 80 chilometri quadrati. Il parco minerario, che è una delle aree più delicate per la produzione di polveri, è di 78 ettari.
Insomma, il problema attuale è capire come mettere questo stabilimento nelle condizioni di continuare a produrre, bonificando anche i danni del passato. Credo, infatti, che uno stop immediato allo stabilimento non risolverebbe tutti i problemi ambientali che, in parte, sono legati anche all'eredità, senza considerare i disagi sociali ed economici che questo produrrebbe.
Tale impostazione, però, implica un drastico cambiamento di rotta e una maggiore efficacia dell'azione pubblica perché è vero che le prescrizioni sono 462, ma tutto il tempo che è stato necessario per dare l'AIA - ben 4 anni - non è affatto giustificato. L'autorizzazione ambientale, con le stesse prescrizioni, poteva essere rilasciata in un periodo molto più breve e si poteva spingere molto di più l'ILVA nella giusta direzione.
In fondo l'avvicendamento al vertice dell'ILVA, con l'arrivo di Ferrante, è legato - spero - alla percezione della necessità di cambiamento. Insomma, l'ILVA era abituata ad avere un occhio «languido» da parte delle forze politiche e delle istituzioni. C'era un'attenzione nei confronti dell'ILVA che la portava ad agire con arroganza. Bisogna, quindi, capire se effettivamente stiamo voltando pagina e se le istituzioni, mettendosi assieme, sono in grado di orientare l'azienda in questa direzione, anche non abboccando più alle vicende del passato.
Per esempio, detto in parole povere, l'ILVA è una di quelle industrie che si è


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sempre lamentata per il costo dell'energia in Italia, che è di certo alto, ma solo per le piccole imprese italiane. Infatti, l'ILVA paga l'energia molto meno delle analoghe acciaierie tedesche, quindi ha avuto un vantaggio competitivo che non è stato restituito in termini di politiche ambientali, accumulando, viceversa, un debito ambientale che adesso è il caso di colmare.
Personalmente, penso che il Governo stia facendo quello che è giusto in questa vicenda. Si tratta, però, di capire se ne ha la forza, anche nel rispetto dei tempi, e se gli interlocutori permettono di andare in quella direzione. Una sola richiesta vorrei avanzare al Ministro: sono d'accordo con l'onorevole Evangelisti nel richiedere un diagramma dell'andamento delle emissioni nel corso del tempo, che sarebbe molto utile, data la pesante situazione sanitaria di quel territorio.
Aggiungo che, d'altronde, ciò vale in tanti casi in Italia perché vi sono diversi impianti industriali che hanno effetti sanitari. Oltretutto, secondo l'Organizzazione mondiale della sanità, nelle nostre città ogni anno muoiono migliaia di persone in più per le polveri sottili. È chiaro che nessuno di noi pensa di fermare le nostre città, ma occorre pensare a come risanarle e metterle in condizioni di non produrre danni per la salute, rendendole, magari, più vivibili e più belle. Pertanto, per quello che è possibile, mettendo assieme tutte le istituzioni, avere un quadro chiaro dell'andamento delle emissioni dell'ILVA, del percorso in atto e degli obiettivi che si propongono è essenziale, anche per la valutazione del decreto-legge per Taranto che dovremo esaminare all'immediata ripresa.
En passant, aggiungo anche che tale provvedimento attinge per una parte alle risorse stanziate sul Fondo di Kyoto, che, però, non c'entra nulla. Infatti, Kyoto era fatto per favorire l'industria pulita del futuro, mentre una parte dei fondi viene usata per coprire una grana del passato. Questo si può anche fare, ma a patto che abbia un senso.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Condivido l'approccio dell'onorevole Realacci. Vorrei chiarire ancora una volta che non c'è nessun conflitto e nessuna critica nei confronti della magistratura, che sicuramente ha svolto, nel caso di Taranto, un ruolo positivo di accelerazione. Nello stesso tempo, però, c'è bisogno di chiarire i ruoli. L'autorizzazione all'esercizio degli impianti non spetta - ripeto - al magistrato, né il magistrato può decidere qual è la tecnologia che deve essere usata. Questo deve essere chiaro. Stiamo lavorando nel contesto delle normative attualmente vigenti, che attribuiscono competenze e responsabilità in maniera chiara.
L'autorizzazione ambientale integrata rilasciata il 4 agosto 2011 ha avuto una procedura così lunga per molte ragioni. La prima è la complessità, perché si tratta di un'autorizzazione relativa a tutto il centro siderurgico; la seconda è perché ILVA ha sottoposto, per tre volte, tra il 2007 e il 2010, successivi aggiornamenti della richiesta di autorizzazione, con integrazioni e modifiche; inoltre, l'altra ragione è che l'autorizzazione è il risultato - come speso avviene in questi casi - di una concertazione, soprattutto con la regione Puglia.
Forti di questa esperienza, stiamo cercando di fare in modo che queste procedure riescano a identificare i punti infrastrutturali che devono essere affrontati con un'autorizzazione, lasciando i dettagli a una successiva declinazione, in modo che l'autorizzazione sia rilasciata nei tempi previsti dalla legge e ci sia un meccanismo di monitoraggio nell'attuazione.
A chi ha sollevato obiezioni rispetto a quest'autorizzazione, vorrei chiarire che ritengo che questo, oggi, sia il punto di riferimento dell'iniziativa a Taranto. Non dobbiamo cambiare quell'autorizzazione, ma integrarla e aggiornarla in relazione a quello che ci hanno detto il TAR, accogliendo il ricorso dell'ILVA, e la Commissione europea. Non c'è nessuna intenzione di assumere quell'autorizzazione come un elemento negativo da superare.


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Poi, per quanto riguarda le emissioni, uno dei punti dell'autorizzazione del 4 agosto 2011 fa riferimento proprio al monitoraggio e, in particolare, alle polveri, alle diossine e agli idrocarburi policiclici aromatici, specialmente benzoapirene, tenendo conto che c'è un sistema di monitoraggio a camino, cioè dove ha luogo l'emissione, e un altro nell'area.
Ora, i sistemi di monitoraggio a camino sono regolamentati dalle leggi esistenti. I dati ci dicono che ovunque nello stabilimento siano stati effettuati gli interventi per l'abbattimento delle diossine, con l'applicazione degli elettrofiltri, nell'area a caldo, le emissioni puntuali a camino rientrano nell'ambito degli obiettivi stabiliti dalle leggi. A questo proposito, voglio chiarire che le perizie della procura della Repubblica non hanno messo in evidenza un'inosservanza delle leggi, ma altri aspetti che riguardano la gestione degli impianti in relazione, per esempio, al monitoraggio.
Questa è una delle problematiche che stiamo affrontando ora. ILVA si è finalmente resa conto e quindi si è detta disponibile a investire, per esempio, sul monitoraggio in continuo degli inquinanti nel perimetro dello stabilimento. Questo è un passo avanti importante. È una prescrizione, ma diventa anche un dato acquisito dall'impresa.
Ci sono, poi, i dati che riguardano l'inquinamento ambientale nella città di Taranto, che sono contraddittori perché, se confrontati con quelli di altre città italiane, mettono in evidenza che ci sono alcuni punti di sicura esposizione, come il quartiere limitrofo allo stabilimento, per il quale non possiamo immaginare una situazione diversa. Si tratta, però, di un'esposizione che oggi è prevalentemente agli ossidi di ferro, non più quella precedente e pesante al benzoapirene, che oggi si rileva soltanto nelle giornate nelle quali c'è la direzione del vento che soffia sul quartiere Tamburi. Per questo, abbiamo immaginato una misura immediata di riduzione del ciclo, in maniera tale da ridurre automaticamente le emissioni in presenza di circostanze climatiche locali sfavorevoli.
Emerge, però, un dato che è stato già messo in evidenza da molte parti. C'è un inquinamento ambientale nella città di Taranto paragonabile a quello di altre aree urbane del nostro Paese. Anche qui, lo sforzo analitico aggiuntivo che deve essere fatto è quello di capire quali siano i bersagli da colpire in uno stabilimento industriale diverso da altri. È ridicolo immaginare che dobbiamo aggredire il problema delle sigarette di contrabbando. Questa è una battuta. Dobbiamo, invece, intervenire per fare in modo che - come prescrive la legge e le direttive europee - le emissioni dagli stabilimenti stiano all'interno dei limiti compatibili con la protezione della salute.
A questo proposito, vorrei aggiungere che ho chiesto all'Organizzazione mondiale della sanità - che ha già dato la sua disponibilità, in particolare il Centro europeo su ambiente e salute di Copenaghen - di lavorare con noi proprio per l'approfondimento di queste tematiche. Peraltro, ho avuto proprio ieri la conferma dell'adesione da parte del direttore di questo centro.
Infine, in merito al decreto-legge per Taranto, le risorse stanziate sul Fondo di Kyoto sono destinate a sostenere uno dei progetti inseriti all'interno dell'area, anche su proposta della Confindustria, in particolare del vicepresidente Laterza. Si tratta di «Taranto città intelligente», un progetto finalizzato alla realizzazione di una «Smart City» che ottimizzi la gestione dei flussi, delle informazioni, dei monitoraggi e anche gli interventi di riqualificazione sulla piccola e media industria, nella direzione degli obiettivi del Fondo di Kyoto; quindi, si tratta di una focalizzazione di questi obiettivi e non ha nulla a che vedere con investimenti per le bonifiche ambientali.

LUDOVICO VICO. Signor Ministro, la seduta di oggi è stata chiesta anche da gruppi che non hanno occupato la Presidenza e che, evidentemente, pongono un problema a valle del suo intervento, ovvero


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di come si debba uscire rapidamente dalla situazione che si è determinata a Taranto. Questo è il primo punto.
Da deputato tarantino che ha seguito tutte le vicende importanti di questa settimana, chiedo che ogni parte svolga la sua funzione. Sono molto d'accordo con l'impegno da Lei già assunto nei giorni scorsi, e che ha ribadito oggi, di continuare il riesame dell'AIA e di agire per l'attivazione delle prescrizioni già disponibili e di quelle che si completeranno entro il 30 settembre prossimo, che, accanto a quelle di emergenza della sorveglianza delle cokerie e quant'altro, sono importanti in relazione sia al ruolo, sia alle funzioni di ciascuna parte.
Ho l'impressione positiva che ieri a Bari si sia ribadito questo. Di conseguenza, a Bari si è deciso, nei ruoli e nelle funzioni di competenza, di impegnare il dottor Ferrante, quindi ILVA, a svolgere la sua parte, non solo quella dichiarata e annunciata, ma quella di disponibilità, nei punti di competenza della stessa azienda, nei confronti della procura della Repubblica. Insomma, bisogna uscire dalla situazione data e tutti possono contribuire.
Solo gli eschimesi sono pronti a dettare norme per come nel Congo debbano affrontare la calura. Noi non siamo, in questo caso, gli eschimesi, ma forse quelli del Congo. Penso, quindi, che questo sia il percorso da attivare da parte delle istituzioni a tutti di livelli. Non a caso citavo gli incontri della giornata di ieri a Bari.
Aggiungo, poi, signor Ministro, che il decreto-legge per Taranto, quindi l'azione del Governo fin qui svolta, è un simbolo prezioso di quello che con l'emergenza si può fare. Come è stato detto dai colleghi, ragionare del passato significa anche pensare a come l'AIA si sia incagliata a partire dal 2006. Allora, il decreto-legge per Taranto è un punto importante nel quadro generale di tutto ciò che, dal punto di vista emergenziale, può consentire di uscire rapidamente da questa situazione, affinché la comunità sia tranquillizzata e i lavoratori tornino a lavorare con gli impianti in marcia.
Mi permetto, però, di aggiungere che, usciti dallo stallo attuale, bisogna costruire un più lungo profilo, anche in relazione a quanto ci ha relazionato fin dal primo intervento in Aula e in Commissione, e, per chi la segue, anche sulle vicende regionali e locali. Il profilo più lungo riguarda il modo in cui si costruisce l'accordo di programma. L'area industriale di Taranto è ILVA, ma anche ENI, Cementir e il sistema difesa. Dare, quindi, una svolta a questa situazione, significa evitare nuovi interventi sanzionatori per affrontare le problematiche.
Nell'accordo di programma, di cui ha esperienza sia da direttore sia da ministro, esistono tutte le condizioni per - oserei dire, sebbene si tratti di una situazione di emergenza - avviare una fase di prevenzione, che implica la individuazione e l'alimentazione delle risorse pubbliche e private, come giustamente ella ha detto, al netto degli interventi diretti delle aziende sulle migliori tecnologie. Mi permetto di aggiungere questo perché si tratterebbe di un percorso che va a completarsi sempre più e meglio, probabilmente anche in relazione - se confermata la visita a Taranto del 17 agosto da parte sua e del Ministro Passera - agli interventi già in essere.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Credo che l'accordo firmato per il porto prima e il decreto-legge ora rappresentino il background per un accordo di programma.
Prima non ho parlato del tema delle bonifiche, che è un'altra questione aperta su Taranto e un altro degli aspetti che vanno inseriti all'interno di un accordo di programma che renda chiare e semplifichi tutte le procedure e identifichi quelle aree sulle quali sono possibili ulteriori investimenti pubblici, nell'ambito, in primo luogo, delle direttive europee. Infatti, indipendentemente dal fatto che la Puglia sia regione obiettivo, in questo momento sono in apertura significativi programmi europei che riguardano la portualità, l'industria e lo sviluppo di tecnologie a valle,


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per esempio, del ciclo dell'acciaio, che potrebbero essere utilizzati per lo sviluppo dell'area di Taranto.
Con i Ministri Fabrizio Barca e Corrado Passera, stiamo cercando di immaginare questa rete di strumenti di supporto a livello europeo che consentano di lanciare anche un accordo di programma di lungo profilo, come dice lei.
Vorrei ricordare che sul punto abbiamo già cominciato a lavorare con il vicepresidente della Commissione europea, Antonio Tajani, e stiamo identificando concretamente i primi binari sui quali mettere un'iniziativa che sia, tra l'altro, alla pari - usiamo questo termine - con quelle prese in Germania, piuttosto che in Polonia, in Francia o in Spagna, a supporto della siderurgia. Ecco, penso che questa sia la prospettiva sulla quale vorremmo avviare, come Governo, l'impegno per Taranto.

FABRIZIO CICCHITTO. Vorrei ringraziare il Ministro perché ha svolto una relazione in cui si è fatto carico del suo ruolo di Ministro dell'ambiente, ma anche del problema industriale. Infatti, se qualcuno pensa che i problemi dell'ambiente si risolvano distruggendo l'industria è evidente che ci troviamo su un terreno che può avere conseguenze distruttive per l'ILVA e per tutto il sistema Italia.
Vorrei dire, non tanto per coloro che stanno in questa aula, ma in risposta a una campagna martellante che è stata fatta in questi giorni, che se c'è una vicenda sulla quale dal 4 agosto 2011 - non prima, né rispetto ad altri governi o ad altri ministri - non è vero che c'è stato un vuoto della politica surrogato dalla magistratura, questa vicenda è proprio quella dell'ILVA. Questa è la realtà.
Poi, se vogliamo raccontarci delle balle e vogliamo dire che nell'assoluta assenza della politica c'è stato un intervento salvifico che può portare alla chiusura degli impianti a caldo e alla distruzione dell'ILVA, facciamolo pure. La realtà, invece, è che mai come in questa vicenda c'è stato, a partire dal precedente Governo, un intervento assai forte, anche attraverso il confronto con l'azienda. Questo è ciò che emerge chiaramente dall'esposizione del Ministro Clini, che è Ministro dell'ambiente, ma si fa anche carico dei problemi dell'industria.
Quando sentiamo dire che nel decreto di autorizzazione integrata ambientale del 4 agosto 2011 c'erano ben 462 prescrizioni da rispettare per l'ILVA e che questa ha proposto un ricorso innanzi al tribunale amministrativo, abbiamo il senso che la politica ha fatto il suo lavoro e che, caso mai, il tribunale amministrativo è andato incontro ad alcune richieste dell'ILVA.
Dico ciò per chiarire, anche fra di noi, alcuni aspetti della questione. A questo voglio aggiungere che c'è magistratura e magistratura, nel senso che questa è una vicenda nella quale la magistratura non dovrebbe assolutamente entrare. Anzi, il Ministro mi ha fatto venire qualche brivido nella schiena quando ha detto che il 17 agosto si recherà a Taranto insieme al Ministro Passera per incontrare le varie autorità, tra cui spera vi siano anche quelle della procura. Questo vuol dire che in questo Paese, anche in questo settore, vi è un rovesciamento totale di quelli che dovrebbero essere i rapporti reali e corretti tra Governo, imprese e così via. Invece, ci troviamo di fronte a iniziative inusitate.
Insomma, non è che si può - letteralmente - scherzare con il fuoco perché, se si chiudono gli impianti a caldo, abbiamo distrutto l'ILVA. Questa è la responsabilità che il GIP si sta assumendo e che va assolutamente denunciata, cogliendo anche il fatto che c'è stato un tribunale del riesame che, invece, si è comportato, nei limiti del possibile, con assoluta ragionevolezza.
A ogni modo, se si giunge a un estremismo di questo tipo non cogliamo il fatto che nel passato si è indubbiamente verificato un estremismo di altro tipo. Infatti, in passato non c'è stata un'Autorizzazione integrata ambientale come quella del 4 agosto 2011 sia per l'ILVA di Taranto sia per altre realtà aziendali di questo Paese, e si sono chiusi non uno bensì due occhi. Se passiamo da un estremo all'altro - da uno per il quale l'inquinamento delle industrie


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ha comportato una miriade di malattie nella gente che viveva senza tutela nei pressi delle realtà industriali, a un altro che punta a chiudere queste realtà industriali - questo Paese non troverà mai un punto di equilibrio e poi ci lamenteremo della qualità della nostra struttura industriale e del fatto che non arrivano investimenti stranieri sul nostro territorio.
Allora, questo GIP è un pericolo non solo per Taranto, perché qualunque investitore straniero che viene a scoprire una cosa del genere si guarda intorno e va a investire da un'altra parte. Non possiamo essere subalterni a tutta la magistratura, a quella ragionevole come a quella estremista, tanto da non comprendere il senso di una situazione che così non può reggere.
Del resto, se il Governo o altre autorità della stessa magistratura non introducono elementi di variazione profondissima nell'ultimo deliberato del GIP, andiamo a «sbattere» perché l'ILVA si chiude. Chiunque si occupa di questo settore può dire che, se si fermano gli impianti a caldo, l'attività non si riprende più. A quel punto, daremmo un colpo durissimo a Taranto, ma anche ad altre realtà industriali, oltre che un segnale devastante per quello che riguarda il sistema Italia nel suo complesso.
Quindi, chiedo al Ministro Clini che il Governo sia contemporaneamente industrialista e ambientalista, perché altrimenti l'effetto di questa vicenda rischia di essere devastante, in una situazione nella quale - ripeto e concludo su questo - non si può dire che, dal 2011, le autorità sia del Governo Berlusconi sia del Governo Monti non si siano fatte carico di questo problema. Peraltro, non c'è dubbio che a Taranto vi sia un deterioramento non determinato dalle sigarette; tuttavia, la situazione va superata mantenendo la struttura produttiva, perché se questa si distrugge l'ambiente è salvo, ma a condizioni devastanti, non soltanto per i lavoratori dell'ILVA, dal momento che dobbiamo considerare anche tutte le conseguenze che ciò può avere per l'indotto.
Devo, quindi, esprimere la mia valutazione positiva sull'esposizione che abbiamo sentito da parte del Governo, ma rivolgo anche una richiesta molto netta al Governo affinché individui tutte le strade, anche di tipo giuridico, per affrontare e risolvere una situazione che, se sottovalutata, stando ai testi che abbiamo letto, può avere conseguenze distruttive e devastanti per l'ILVA, per Taranto e per tutto il nostro Paese.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. L'onorevole Cicchitto ha colto un punto che forse è stato sottovalutato nelle discussioni di queste ultime settimane. C'è, infatti, un evidente conflitto tra le disposizioni del TAR e quelle della procura della Repubblica, perché il TAR considera troppo severe le prescrizioni dell'autorizzazione integrata del 4 agosto 2011. Più precisamente identifica, nel merito, alcune delle prescrizioni contenute nell'autorizzazione come eccessive rispetto ai termini stabiliti dalle leggi in vigore, e perciò, chiede al Ministero o di eliminarle o di riformularle.
Ora, quelle stesse prescrizioni sono considerate dalla procura della Repubblica non sufficienti a garantire la protezione dell'ambiente. Questo deve essere chiaro. Non c'è il Governo contro la magistratura, ma c'è, evidentemente, un approccio diverso all'interno delle diverse «sezioni» della magistratura. Questo è un altro dei dati di cui bisogna tener conto in questa vicenda.
Inoltre, occorre dire con chiarezza, altrimenti non ci capiamo, che se si chiudono gli impianti a caldo si chiude il centro siderurgico, ma non soltanto per una ragione tecnica. Basta considerare il mercato dell'acciaio in Europa. Per spegnere ci vogliono otto mesi, poi bisogna risanare e ripartire, ma il mercato dell'acciaio non aspetta che ILVA si rimetta in moto. Questa può essere una considerazione industrialista, ma deve essere chiaro che, se vogliamo risanare l'ambiente e, al tempo stesso, garantire la continuità produttiva, il ciclo a caldo non si può spegnere. Si possono fare, come abbiamo chiesto, interventi selezionati, come av


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viene sempre nelle grandi manutenzioni industriali, per cui vi sono parti di impianto che progressivamente vengono spente per essere sostituite. Tuttavia, se si chiude il ciclo, è chiuso il centro siderurgico di Taranto. Non c'è proprio speranza.
Onorevole Cicchitto, l'incontro con la procura della Repubblica mi è stato chiesto dal procuratore perché dieci giorni fa, nel momento in cui il tribunale del riesame stava cominciando la discussione sul ricorso di ILVA, è uscita sulla stampa la notizia che nel 2010 due signori, l'uno capo delle relazioni istituzionali di ILVA e l'altro non so chi sia, parlando al telefono, avrebbero detto che io sono un uomo di ILVA e che, perciò, bisogna fidarsi di me.
Personalmente, ho considerato questa una mascalzonata di quelle che abbiamo già visto in passato e ho chiesto al procuratore della Repubblica che mi confermasse o smentisse. Lui ha smentito formalmente con un comunicato e ha detto che non ci sono intercettazioni che mi riguardano negli atti depositati, ma, nello stesso tempo, questa notizia - uscita non si capisce bene da dove - ha dato spunto a molti per dire che stavamo giocando a carte false, cioè che stavamo favorendo ILVA in questo gioco, o che facevo il Ministro dell'industria e non quello dell'ambiente. Quindi, il procuratore ha chiesto un incontro per chiarire la situazione. Io credo che tale incontro sia utile anche per rivelare qual è il gioco, altrimenti rischiamo che, mentre lavoriamo per risolvere i problemi, qualcuno possa metterci fra le gambe delle barre di acciaio (quelle vere) che ci impediscono di operare.

RAFFAELLA MARIANI. Grazie, Ministro. Siamo molto soddisfatti per l'incontro di oggi, ma allo stesso tempo siamo anche preoccupati per il fatto che uscire dal senso di responsabilità che contraddistingue i rappresentanti del popolo italiano e, in questo caso, anche coloro che dovranno eventualmente approvare un decreto-legge con molti lati positivi (dal nostro punto di vista), possa incautamente comportare una polemica che sicuramente non gioverà al lavoro che tutti insieme vorremmo fare per aiutare il territorio di Taranto a risollevarsi. Tale territorio, infatti, presenta profili di compatibilità tra l'ambiente e il sistema economico e industriale che hanno visto situazioni molto delicate, non solo in relazione agli ultimi eventi.
Signor Ministro, noi abbiamo ricostruito la storia di quell'impianto industriale e, se oggi vi sono dei dubbi rispetto ad accordi di programma o anche all'atteggiamento di questo Governo, ciò è dovuto anche al fatto che - citando solo gli ultimi anni - dal 2003 a oggi, quindi anche con i Governi precedenti, sono stati siglati quattro accordi di programma tra l'industria, il Governo e le istituzioni locali. Sicuramente, questi accordi sono stati ogni volta siglati con il massimo della responsabilità e anche con la fiducia che ogni istituzione, compresa l'industria, avrebbe assicurato il massimo impegno nel rispetto delle normative comunitarie, ma anche nazionali e regionali. Tuttavia, quegli accordi di programma non hanno sortito nessun effetto, quasi fossero stati scritti solo per rispondere all'esigenza di mettersi tutti insieme attorno a un tavolo. Pertanto, se oggi ci sono dei dubbi e persino delle strumentalizzazioni, in alcuni casi anche esagerate, è per questo motivo.
Per quanto ci riguarda, non vorremmo mai vedere in contrapposizione ambiente e industria. Peraltro, penso che questo ragionamento sia ormai superato. Sotto questo aspetto, è utile oggi fare riferimento al decreto-legge che discuteremo, perché lei ci ha dato alcune notizie importanti, come il fatto che l'ILVA potrebbe usufruire di finanziamenti per l'innovazione tecnologica, rispettando in anticipo normative che diventeranno esecutive dal 2016. Dal nostro punto di vista, questa è un'opportunità, ma anche una sfida che il nostro Paese deve poter cogliere. Sarebbe, del resto, la prima volta, perché la storia delle nostre grandi aree industriali dice il contrario.
Riguardo a questo, ripongo moltissima speranza e fiducia nel fatto che si possa


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davvero voltar pagina e cogliere quell'opportunità. Abbiamo visto in alcune situazioni, anche relative a decreti passati, rispetto ai quali si è assistito a uno scontro all'interno della maggioranza che oggi sostiene questo Governo - penso alle vicende della riorganizzazione di L'Aquila dopo il terremoto - che i fondi europei possono essere gestiti con più o meno efficacia. D'altronde, la semplificazione si può leggere in tante maniere. In generale, non credo che la semplificazione debba corrispondere a un allentamento delle regole o del rispetto delle norme comunitarie, ma di certo non si può più ripetere una situazione come quella di una procedura di AIA della durata di quattro anni, quando questo Paese prova a spiegare a tutti, e soprattutto alle istituzioni territoriali, che le commissioni tecniche e le conferenze dei servizi devono essere più efficaci.
Dico, peraltro, a futura memoria, che quando la Commissione ambiente ha discusso nel 2010 una mozione che riguardava i parametri del benzoapirene, rispetto ai quali vi è oggi l'opportunità di ridiscutere l'AIA, non tutta la Commissione ha votato quella mozione finalizzata al rispetto delle normative comunitarie, poiché c'era una distinzione tra l'allora maggioranza e l'allora opposizione, che sosteneva, appunto, il rispetto di quella norma. Dico questo perché oggi quel rispetto e quella responsabilità che sono richieste a tutti non possono non tenere conto del fatto che qualcuno è più vicino a questo o a quel settore. Per noi non esiste quella lettura, ma solo una rapida applicazione delle nuove tecnologie e di tutti gli apporti tecnici e scientifici che, come lei ha indicato, possono essere di aiuto oggi.
Accogliamo, inoltre, con una certa fiducia quanto lei ha affermato circa il fatto che il Governo sta valutando la possibilità di aprire un conflitto di competenza con la magistratura. Noi ci auguriamo che quel conflitto non si debba aprire e che vi sia la possibilità di una ricomposizione della divergenza, a seguito degli incontri che vorrete mettere in piedi a partire dal prossimo 17 agosto, leggendo con maggiore cognizione di causa le motivazioni di cui ancora non disponiamo, grazie alle quali potrebbe essere possibile non arrivare a punti estremi.
Da ultimo, è vero che abbiamo la necessità di essere molto più credibili anche con gli investitori stranieri. A volte ci viene detto che l'unico elemento che gli investitori stranieri osservano rispetto al nostro Paese è la troppa burocrazia e la farraginosità delle leggi. Tutto questo è vero. Sotto tale aspetto, penso tuttavia che dobbiamo essere un Paese che punti sul rispetto della legalità e della trasparenza delle procedure relative alla regolazione, al controllo e al monitoraggio di questi settori così delicati, parlando con una sola voce, senza distinzione tra chi vuole il rispetto delle norme ambientali e sanitarie e chi crede che il lavoro sia il primo diritto, per cui un'azienda importante come l'ILVA dovrebbe comunque andare avanti. In questo senso, mi auguro che dal Governo nel suo complesso venga il massimo impegno nei tempi più brevi possibili.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vorrei prima di tutto ricordare che i diversi accordi che sono stati sottoscritti nel corso degli anni hanno fatto riferimento a questioni e a problematiche specifiche. Alcuni di questi hanno, peraltro, avuto esiti positivi perché, per esempio, le imprese diverse da ILVA hanno avviato le bonifiche, per cui sta andando avanti il processo di riqualificazione dei suoli. ILVA, invece, anche sulla bonifica, ha presentato un ricorso contro il Ministero dell'ambiente che, a sua volta, si è rivolto al Consiglio di Stato, che dovrebbe esprimersi entro la fine dell'anno, perché il TAR aveva dato ragione a ILVA.
Seguendo l'esempio che abbiamo realizzato in concreto a Porto Marghera, credo che dovremmo cercare di fare un accordo che riunifichi i vari segmenti delle problematiche di Taranto in maniera tale da consentire una cabina di regia degli interventi e, quindi, anche la capacità di accedere a fondi europei e di spendere le


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risorse in modo più adeguato. D'altra parte, questo è quello che abbiamo fatto per il porto di Taranto, perché l'accordo firmato si muove esattamente in questa direzione e mi pare che abbia rimesso in moto un meccanismo fermo da anni.
Per quanto riguarda il benzoapirene, vorrei ricordare che con il decreto legislativo 13 agosto 2010, n. 155, è stata posticipata la data entro la quale va rispettato il valore obiettivo di 1 nanogrammo al metro cubo. Valore obiettivo vuol dire valore di riferimento per la qualità dell'aria; non si tratta di un campionamento su un singolo punto per vedere qual è l'emissione. A ogni modo, questo tetto deriva dalla direttiva 2008/50/CE. Ora, poc'anzi è stato osservato che lo spostamento al 31 dicembre 2012 sia stato determinato dall'ILVA, ma vorrei far presente a tutti quelli che sanno leggere i dati che questo problema è molto diffuso. La questione è analoga a quella delle polveri sottili perché abbiamo un obiettivo di qualità che è molto complesso da raggiungere, soprattutto in alcune aree del nostro Paese, per cause e sorgenti diverse, non solo per l'ILVA.
Comunque, il limite entra in vigore alla fine di quest'anno e mi auguro che saremo in grado di rispettarlo. Questo richiederà un monitoraggio diverso anche, per esempio, nelle aree urbane per capire meglio qual è l'andamento della concentrazione di questo inquinante. Insomma, è un'impresa non facile proprio per la natura di questo contaminante e per le molte sorgenti che sono causa delle emissioni.

PRESIDENTE. Ricordo che abbiamo previsto un'ora e mezza di tempo per lo svolgimento delle comunicazioni. Il Governo è disponibile a rimanere anche più a lungo, ma chiedo ai deputati che devono ancora intervenire di essere il più possibile sintetici.

STEFANIA PRESTIGIACOMO. Grazie, presidente, accolgo l'invito a essere sintetica, ma desidero aggiungere alcune considerazioni dopo che, a nome del mio gruppo, ha parlato l'onorevole Cicchitto. Innanzitutto, ringrazio anch'io il Ministro dell'ambiente della puntuale ricostruzione di tutta la vicenda che riguarda l'autorizzazione integrata ambientale dell'ILVA, che è stata rilasciata durante il periodo in cui rivestivo la carica di Ministro dell'ambiente.
In riferimento ai ritardi storici di questo procedimento previsto dalla normativa dell'Unione europea, rilevati dall'onorevole Realacci, voglio solo ricordare che quando ho assunto la responsabilità di Ministro dell'ambiente erano state rilasciate solo cinque AIA. Peraltro queste non erano state rilasciate dal mio predecessore, l'onorevole Pecoraro Scanio, che faceva parte di un Governo con una spiccata sensibilità ambientalista, cui partecipava anche, onorevole Evangelisti, il Gruppo dell'Italia dei Valori con l'onorevole Di Pietro, bensì dal precedente Ministro dell'ambiente, l'onorevole Matteoli. In sostanza, erano state rilasciate cinque AIA durante un precedente Governo Berlusconi.
Durante il mio mandato, sono state rilasciate 140 AIA; ne restano solo 30, segno che abbiamo recuperato un ritardo che ha anche evitato al Paese una procedura di infrazione da parte dell'Unione europea. Non c'erano amici dell'ILVA in quel Governo e ritengo non ce ne siano neanche in questo, dal momento che ILVA ha ritenuto di fare ricorso al TAR perché ha valutato come particolarmente pesanti le prescrizioni previste. Incoraggio, pertanto, il Ministro dell'ambiente e questo Governo ad assumere ogni iniziativa che possa scongiurare la chiusura degli impianti dell'ILVA.
Voglio ricordare che, purtroppo, un precedente analogo è accaduto durante l'autorizzazione VIA (valutazione di impatto ambientale) dell'impianto ENEL di Porto Tolle, quando, durante un procedimento amministrativo in capo al Governo, un magistrato di Rovigo quasi intimò, con una lettera, i membri della Commissione VIA di non procedere a rilasciare l'autorizzazione all'ENEL perché, secondo la sua valutazione, erano stati forniti dei dati non veritieri.


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Voglio dire, quindi, che ha ragione l'onorevole Cicchitto. Ho assistito a tanti interventi che hanno puntualizzato i diversi aspetti delle prescrizioni ambientali. Credo che il ministro stia procedendo bene, quindi lo incoraggiamo ad andare avanti. Tuttavia, oggi siamo in presenza di un atto abnorme da parte di un magistrato. Il caso ILVA è, infatti, un fatto politico importante, che, ancora una volta, manifesta come un singolo magistrato possa sconfinare oltre i propri poteri e intervenire in un ambito in cui non ha alcuna responsabilità. Personalmente, ritengo deleterio questo estremismo da parte del singolo magistrato.
Tra l'altro, non si comprende come un GIP possa mettere in discussione una decisione assunta dal tribunale del riesame, con una scelta che denota una forma di «talebanismo» giudiziario, che non tiene conto della condizione in cui versa la città di Taranto e l'intero Paese, dal punto di vista economico. D'altra parte, questa decisione ha degli effetti deleteri anche sul piano ambientale, perché, chiudendo gli impianti, di fatto, si chiude anche la possibilità di realizzare quegli interventi di risanamento che sono in corso e che sono stati prescritti.
Credo, quindi, che faccia bene il Governo a valutare ogni ipotesi, compresa quella di sollevare - come abbiamo letto oggi sui mezzi di informazione - un conflitto di attribuzione presso la Corte costituzionale. Non è pensabile, infatti, che nel nostro Paese la politica economica e industriale possa essere rimessa in capo a un singolo magistrato.
Voglio ricordare al Ministro Clini che in tante realtà dove c'è un ritardo storico sulle bonifiche o su interventi di risanamento del territorio si è anche dialogato con la magistratura, che, a livello locale, aveva avviato dei procedimenti circa le responsabilità, e si è lavorato insieme con senso di responsabilità per evitare che un intervento della magistratura potesse aggravare, anziché risolvere, i problemi di un territorio. Purtroppo, però, non tutti i magistrati hanno questo senso di responsabilità. Anche in questo caso, ci troviamo, dunque, di fronte a una situazione incredibile perché, rispetto a un'ampia concertazione di tutte le istituzioni preposte per legge a definire un programma di risanamento ambientale (il Ministero dell'ambiente, la regione, l'Istituto superiore di sanità, gli enti locali e così via), il singolo magistrato decide la chiusura di un impianto.
Insomma, per il nostro Gruppo, se questa seduta di Commissioni riunite alla vigilia di Ferragosto deve avere un senso, questo deve essere di incoraggiare il Governo ad andare avanti per scongiurare quello che nessuno di noi auspica, cioè la chiusura dello stabilimento che - come giustamente ha sottolineato il Ministro - sarebbe definitiva, perché non si può pensare di riaccendere un impianto di quella natura in pochi mesi.
Concludo dicendo che nel mondo ci stanno osservando perché il caso ILVA è rimbalzato ovunque sulla stampa internazionale. Quindi, ancora una volta l'Italia rischia, di fronte a tutti gli investitori stranieri che potrebbero avere interesse a venire da noi, di essere vista come un Paese inaffidabile, in cui nemmeno le norme derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea rappresentano una certezza, per cui ancora una volta rischiamo, di fronte alla comunità internazionale, di fare una pessima figura. Grazie.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE RAFFAELLO VIGNALI

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vorrei ricordare all'onorevole Prestigiacomo che la procedura AIA 2011 è stata condivisa con il presidente della regione Puglia, Vendola. Essa è, quindi, anche il segnale di una condivisione politica molto importante e rappresenta un punto di riferimento sul quale stiamo lavorando.
È vero che chiudere gli impianti vuol dire creare un effetto ambientale difficilmente governabile, soprattutto nel ciclo della siderurgia di Taranto. La chiusura degli impianti vuol dire prima di tutto l'apertura


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di una vertenza, che non si sa quando possa finire, tra l'impresa e le amministrazioni locali e tra l'impresa e la magistratura, ma significa anche non avere più la leva della produzione, cioè dell'interesse a investire. Se, poi, non vi fosse l'impresa ad investire, occorre considerare se vi è la possibilità - come credo qualcuno abbia suggerito - che il pubblico subentri per fare il risanamento.
Forse l'onorevole Evangelisti ricorda il caso della Stoppani di Genova, il cui sito è ancora a Cogoleto, ma non si può utilizzare perché è una sorgente continua di inquinamento e non ci sono risorse pubbliche sufficienti per risanarlo. Cito questo caso perché è molto emblematico. Insomma, tenere aperte le produzioni dell'ILVA vuol dire anche garantire il programma di risanamento ambientale. Su questo, mi auguro che si riesca a trovare un punto di equilibrio con la magistratura, perché è evidente che questa situazione difficile potrebbe creare conseguenze che porteranno molti problemi ambientali, oltre che occupazionali ed economici.

ARTURO IANNACCONE. Voglio, innanzitutto, ringraziare i presidenti delle Commissioni riunite e il Governo che hanno assicurato lo svolgimento di questo incontro. Peraltro, proprio ieri mattina, avevo scritto al presidente della Commissione attività produttive per sollecitare una riunione perché è evidente che la vicenda dell'ILVA è fondamentale per il futuro industriale del Paese, in modo particolare per il territorio in cui questa industria ha sede. Parlo, cioè, del contesto pugliese e di quello meridionale più in generale.
Il mio Gruppo esige dal Governo una linea chiara, senza timidezza e senza troppi giri di valzer. Ci troviamo di fronte a una decisione sconsiderata di un GIP che impone la chiusura di uno stabilimento, senza offrire alcun altra soluzione. Faccio riferimento a quello che è stato detto. Il tribunale del riesame aveva assunto una decisione, ma il GIP, prima ancora di leggere le motivazioni, ha emesso una nuova ordinanza. Ecco, ritengo che ci siano, già per questo, tutte le condizioni, le ragioni e le motivazioni per sollevare un conflitto di attribuzione. È evidente, infatti, che ci troviamo di fronte a un atteggiamento giudiziario e professionale che non fa riferimento alle esigenze, da un lato, di bonificare un territorio e, dall'altro, di salvaguardare i livelli occupazionali.
Per quello che mi consta, avendo frequentato spesso la realtà tarantina in quest'ultimo periodo per impegni politici, tranne i due estremi opposti di chi ritiene che si possa andare avanti così, facendo finta di nulla, e di chi ritiene, invece, che si debba chiudere lo stabilimento, perché solo così si può risanare, nella popolazione tarantina c'è la piena consapevolezza - parlo della parte politica che frequento, ma immagino che sia un sentimento diffuso - che bisogna risanare, ma anche salvaguardare i livelli occupazionali.
Sotto questo aspetto, ritengo che il Ministero dell'ambiente abbia agito in piena continuità con il precedente ministro per salvaguardare il futuro produttivo di un'area che è soggetta a una crisi ancor più grave rispetto a quella più in generale che colpisce il nostro Paese. Non è, quindi, in gioco solo il destino dell'ILVA, ma il destino industriale dell'Italia e, in particolare, di una parte del Paese che non può essere ancora emarginata.
C'è un'altra vicenda che sta svolgendosi di pari passo, anche se è di natura diversa. Parlo di Windjet e di un altro grande settore - quello del trasporto aereo - che mette in crisi occupazionale ancora una volta il sud. Ecco, anche su questo, si deve intervenire in maniera chiara.
In generale, esiste, da parte della magistratura, un atteggiamento antico di contrapposizione rispetto alla politica e alle azioni che i vari governi hanno assunto nel tempo. Basterebbe pensare alla vicenda per la quale è caduto il Governo Prodi, cioè l'arresto della moglie del Ministro della giustizia dell'epoca, Mastella. Ecco, questa è una vicenda che si inserisce in maniera del tutto coerente rispetto a un disegno che ritengo pericoloso.
Signor Ministro, esprimiamo dunque pieno appoggio all'azione che sta portando


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avanti il Governo. Il nostro Gruppo, pur essendo all'opposizione, voterà a favore del decreto-legge varato dal Governo per la bonifica e il risanamento ambientale dell'area di Taranto, ma le chiediamo di non avere timidezze, anche rispetto al conflitto o contrasto - non vedo molta distinzione, in questo senso - rispetto alla magistratura. Ritengo, infatti, che la politica industriale di un Paese non spetti alla magistratura.
Condivido, dunque, quello che ha detto stamattina l'onorevole Cesa in una dichiarazione che ho letto da un'agenzia, ovvero che la politica industriale di un Paese non la fa la magistratura. Inoltre, condivido anche quanto ha detto l'onorevole Cicchitto poc'anzi, cioè che, in questo momento, la magistratura non occupa un vuoto lasciato dalla politica, ma tenta di occupare uno spazio che la politica ha gestito con responsabilità e con provvedimenti equilibrati. Pertanto, signor Ministro, la invitiamo ad andare avanti e le raccomandiamo di non essere troppo prudente perché, se a quella ordinanza dovesse essere data attuazione, lo stabilimento chiuderebbe, quindi non vi sarebbe nessun futuro né per i lavoratori, né per risanare, dal punto di vista ambientale, quell'area.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Finalmente c'è qualcuno che mi dice di non essere troppo prudente. Invece, in genere, mi dicono di esserlo.
Comunque, vorrei ricordare che ILVA contribuisce al 75 per cento del prodotto interno lordo di Taranto. È difficile immaginare, quindi, l'impatto della chiusura di quello stabilimento. Inoltre, ILVA è anche il motore del ciclo delle lavorazioni della siderurgia in Italia, perché è il fornitore delle componenti primarie, per cui, se si ferma, altri devono entrare nel mercato per sostenere la domanda di prodotti derivati dalle lavorazioni primarie dell'acciaio. È vero che questi fornitori sono i cinesi, ma anche i tedeschi e i francesi.
L'osservazione che abbiamo fatto con la Commissione europea è che non c'è equilibrio tra l'iniziativa che sarebbe presa a Taranto e quelle di governo delle problematiche ambientali in impianti sottoposti alle stesse normative europee, ubicati in Germania o in Francia, per parlare solo dei due maggiori concorrenti europei. È molto chiaro, dunque, che, nel momento in cui abbiamo l'obiettivo della protezione dell'ambiente, c'è anche questo aspetto urgente che va gestito e che non possiamo ignorare.

BENEDETTO DELLA VEDOVA. Innanzitutto, vorrei rivolgere un ringraziamento non di rito al Ministro Clini, al Ministro Giarda e al Governo per aver tempestivamente, in una data inusuale, riferito alle Camere rispetto alla vicenda dell'ILVA. È già stato detto quasi tutto.
Il problema è che questo dilemma tra risanamento e prosecuzione dell'impianto a pieno regime rischia di riproporre un altro dilemma sempre sul risanamento in cui siamo impegnati. Infatti, il rammarico deriva dal fatto che si apra la crisi, con la drammaticità di queste ore, proprio nel momento in cui, per le ragioni che sono state esposte, il piano di risanamento è partito davvero. Mi auguro, quindi, che questo dilemma si possa affrontare anche nell'incontro di venerdì prossimo di cui ci ha parlato.
Credo che il Ministro Clini abbaia fotografato il punto senza infingimenti. Mi riferisco alla questione della certezza del diritto. In altre parole, la procedura autorizzativa, per l'azienda, deve avere un interlocutore certo. Il rischio sistemico è che le autorizzazioni ambientali e industriali possano essere rimesse in discussione, non andando a colpire l'autorizzazione in sé e chi l'ha data, eventualmente, in modo immotivato, cosa che sarebbe comprensibile. In tal caso, però, l'interlocutore dovrebbe essere chi ha dato l'autorizzazione con quelle prescrizioni. È chiaro che il nodo è questo.
Penso che il Governo, senza nessuna polemica, possa anche proseguire sulla via del conflitto di attribuzione in senso tecnico per chiedere alla Corte costituzionale di affrontare la questione. Tuttavia, i


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tempi di tale via sarebbero difficilmente compatibili con la gestione della crisi. Da questo punto di vista, l'interlocuzione con la procura potrebbe anche essere utile. Banalmente, resta, però, ancora da capire quale possa essere la via d'uscita.
Abbiamo fotografato il problema in tutti i suoi aspetti ambientali, sanitari, industriali, sistemici per il Paese, simbolici, non solo rispetto alla certezza del diritto e agli investimenti, ma siamo riusciti, oppure no, a definire una possibile via d'uscita, anche con delle subordinate? Ecco, mi sembra che questo sia il punto che resta irrisolto anche oggi, pur con i contributi preziosi che da più parti sono arrivati.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Per quanto ci riguarda, proseguiamo nel riesame della procedura di AIA per chiuderla, nel senso che vogliamo rilasciare un documento formale di autorizzazione che incorpora le novità che sono intervenute dopo l'autorizzazione del 4 agosto 2011. Credo che questa sia la via maestra per consolidare la prospettiva anche per ILVA. È evidente - posso dirlo con grande franchezza - che il tentativo implicito che c'è stato e che ancora c'è consiste, come qualcuno ci ha richiesto formalmente, nell'annullare l'autorizzazione integrata del 4 agosto 2011 e riaprire daccapo la questione.
Tuttavia, osservando la situazione in maniera molto chiara e senza prudenza, se la magistratura ritiene che l'attuale Ministro dell'ambiente stia compiendo atti contro la legge, la prego di intervenire, perché non si può non intervenire nel merito dell'impalcatura della procedura e poi agire, di fatto, dal momento che si danno delle disposizioni sull'esercizio degli impianti diverse da quelle che vengono date con una procedura autorizzativa. Questo è un problema aperto, ma il nostro impegno è di continuare sulla linea della procedura ordinaria.
Nello stesso tempo - come ho ricordato prima - abbiamo incorporato nell'istruttoria il dispositivo del GIP nel merito delle prescrizioni, tranne il fatto che tale dispositivo prevede la chiusura degli impianti, prospettiva che noi non assumiamo. D'altra parte, molte delle prescrizioni del GIP sono già nell'autorizzazione del 2011.
Volendo entrare nel merito di questa storia, vorrei citare un ultimo aspetto sul quale siamo impegnati e per cui ho chiesto anche l'intervento dell'Organizzazione mondiale della sanità. L'ordinanza del GIP afferma che l'attuale centro siderurgico è sorgente di rischio per la salute delle popolazioni e come controprova adduce i dati epidemiologici. Tuttavia, questi fanno riferimento a malattie croniche, degenerative o tumorali che si manifestano nel corso degli anni, per cui è tecnicamente impossibile correlare un'esposizione attuale con gli effetti di esposizioni di venti o trent'anni fa.
Allora, qual è la valutazione sul rischio degli attuali impianti? A questa domanda non c'è risposta perché quella che ci danno le autorità competenti, a cominciare dall'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente della Puglia, non autorizza la chiusura degli impianti. Questa è una questione di merito sulla quale oggi non c'è confronto, perché si evidenziano i dati sull'eccesso di mortalità, che sono veri, ma non possono essere riferiti agli impianti attuali. La perizia, peraltro, non dà indicazioni sulla chiusura degli impianti. Questa è stata una decisione del GIP. La perizia - ripeto - non dà questa indicazione, ma entra nel merito dell'analisi epidemiologica che, grosso modo, coincide con le valutazioni dell'Istituto superiore di sanità in merito all'eccesso di mortalità. Poi, entrando ancora più nel dettaglio, si tratta di un eccesso di mortalità molto vario, per cui si presume che ci siano molte sorgenti o che sia un effetto cosiddetto «multisorgente».
Non c'è, però, un rapporto dimostrabile o semplicemente prevedibile tra la situazione attuale degli impianti e il rischio per la salute delle popolazioni. Questo è il nodo. Difatti, se oggi si chiudono gli impianti, ciò deve avvenire perché sono una sorgente di rischio, non perché lo sono stati in passato. Sarebbe come se vietassimo


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il traffico alle auto diesel perché vent'anni fa era dimostrato che provocavano il cancro al polmone, senza considerare che le normative europee che hanno riguardato le auto diesel e gli impianti industriali sono cambiate, per cui sia le une che gli altri non sono più quelli di vent'anni fa. D'altronde, gli investimenti e gli interventi sono stati realizzati.
A dire il vero, c'è ancora un punto critico che riguarda le emissioni fuggitive dalle cokerie che non sono regolamentate e sulle quali stiamo intervenendo, riducendo il carico di produzione, e la polverosità diffusa che, però, può essere circoscritta. Non si può dire, comunque, che questa sia la causa di una mortalità paragonabile a quella rilevata nel corso degli ultimi decenni.
Stiamo lavorando a questo problema per offrire responsabilmente, come amministrazioni pubbliche, una risposta. Infatti, questa è la domanda alla quale le istituzioni non sono state ancora capaci di rispondere. C'è, invece, una pressione mediatica fortissima che sovrappone i piani, per cui riferisce alla situazione attuale delle malattie di vent'anni fa. Viceversa, pensiamo e speriamo che, entrando nel merito, il tribunale del riesame possa, di nuovo, affrontare il tema, prescindendo dalla sollevazione del conflitto di attribuzione. Mi auguro che questo percorso riesca a essere concluso in un arco di tempo tale da non compromettere la continuità produttiva degli impianti.

LORENZO CESA. Ringrazio sinceramente il Ministro Clini, il Ministro Giarda e l'intero Governo per quello che sta facendo. Come diceva l'onorevole Della Vedova, ci siamo detti tutto. Il problema è provare a risolvere la questione Taranto, che non è di oggi. Chi conosce quel territorio, come diversi colleghi, sa che c'è un problema enorme di inquinamento che non nasce oggi, ma trenta o quarant'anni fa e che non è mai stato risolto, ma peggiorato anche dal fatto che a livello locale si è fatta una politica edilizia sbagliata. Difatti, costruire un quartiere a ridosso delle acciaierie è stata una scelta disastrosa per quella città, di cui il cittadino oggi paga le conseguenze.
Allora, signor Ministro, le dico di andare avanti. Mi è piaciuto molto il suo approccio. Leggendo i giornali, sembra che sia in atto uno scontro tra magistrati, ma questo non ci interessa. Vogliamo, invece, risolvere il problema e fate bene, se ci sono le condizioni, a sollevare un conflitto di attribuzione perché, se passa questo principio, la questione non riguarda solo l'ILVA di Taranto, ma si possono aprire anche altri casi in Italia. Bisogna, quindi, stabilire chi fa la politica industriale nel nostro Paese, se la magistratura o l'autorità competente, che, in questo caso, sono il Governo, la regione e gli enti preposti a dare l'autorizzazione.
Questo è, allora, il momento del fare. Mi auguro che il 17 agosto, quando lei e il Ministro Passera vi recherete a Taranto, possiate risolve il problema alla fonte, anche con un dialogo con la magistratura. Speriamo che il tribunale del riesame abbia un atteggiamento più responsabile rispetto al problema dell'ILVA, perché chiudere lo stabilimento significa mettere in ginocchio non solo la città, ma tutta la provincia di Taranto e l'intera economia del nostro Paese. L'ILVA, infatti, alimenta il 50 per cento delle forniture delle nostre aziende che hanno bisogno di acciaio. Inoltre, chiudere significa anche fare una cortesia ai cinesi e ai tedeschi, e non è proprio il momento di farlo.
Ci auguriamo, quindi, che possiate fare un lavoro positivo per sbloccare la situazione. Attualmente, il problema è non chiudere i forni, perché questo significherebbe chiudere l'ILVA, con tutte le conseguenze di cui abbiamo detto. Inoltre, bisogna andare avanti con l'accordo di programma. Il nostro impegno è approvare il più velocemente possibile il decreto. Se avessimo più risorse, poi, sarebbe meglio.
In merito all'applicazione delle prescrizioni introdotte nel 2011 - su questo voglio dare un riconoscimento al Governo precedente - è paradossale che una parte della magistratura dica una cosa e un'altra parte ne dica un'altra. La magistratura


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amministrativa dà una mano all'ILVA, mentre poi ci troviamo di fronte a un GIP che blocca tutta l'attività. Mi sembra, però, che l'approccio del Governo sia quello giusto: non cerchiamo sconti, ma vogliamo risolvere il problema alla fonte, senza chiudere l'attività produttiva dell'ILVA.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Con la magistratura, cercheremo di entrare nel merito per definire il contesto nel quale si possa muovere una strategia di risanamento, nel rispetto delle leggi e dei ruoli, tenendo anche conto che prima si mette in moto il programma di risanamento dell'ILVA e più facile sarà avere risorse aggiuntive, perché la richiesta di tali risorse è oggetto di valutazione a livello europeo.
Il nostro problema - come il Ministro Giarda ci ha spiegato tante volte - è che molte risorse che abbiamo non sono state utilizzate. Quindi, per il piano di Taranto abbiamo un pacchetto di risorse, ma è importante farle partire, perché prima si muovono e prima riusciamo a mettere in moto un volàno. Abbiamo, inoltre, le risorse europee a favore degli investimenti nel settore siderurgico che, però, hanno bisogno di progetti. L'Unione europea non dà i soldi all'ILVA, ma a un progetto. Per fare i progetti, è necessario che l'ILVA stia in piedi e che abbia una visione di investimenti di medio-lungo periodo; anche per questo è urgente chiudere la procedura di risanamento.

MAURIZIO TURCO. Ho molto apprezzato un'affermazione del Ministro, quando, rispondendo all'onorevole Della Vedova, ha detto che le istituzioni non sono state capaci di dare una risposta. Infatti, se oggi siamo qui, non è certo per un ravvedimento della politica e della classe di governo in senso lato, ma perché la magistratura ci obbliga a occuparci della questione. Su questo vorrei fare delle osservazioni.
La prima è che parlare di giustizia in Italia è una parola grossa, come dimostra la Corte europea dei diritti dell'uomo con le sue sentenze, ma anche il Comitato dei ministri del Consiglio d'Europa. Siamo un Paese che, dalla metà degli anni Ottanta, vìola sistematicamente lo stato di diritto. Chiudiamo, quindi, questa parentesi, che, però, è la conseguenza di tutto il resto. C'è, infatti, un ritardo della politica, ma c'è un altrettanto grave ritardo della magistratura tarantina, che solo oggi si accorge di qualcosa che tutti sapevano da vent'anni e anche da più. Il polo siderurgico è stato fatto negli anni Sessanta, quindi il problema viene da lontano, sia per la politica sia per la magistratura.
Il nostro compito dovrebbe essere quello di superare il divario che c'è - e chissà perché si continua ad allargare, anziché ridursi - tra lavoro e salute, ovvero tra industria e ambiente. Questo dovremmo fare. Tuttavia, signor Ministro, c'è qualcosa che non quadra. Infatti, parliamo dell'ILVA come di un qualcosa di astratto, mentre il suo proprietario è un signore che è stato condannato per due volte definitivamente per quei reati. Non possiamo, quindi, far finta di niente. Da una settimana, provvidenzialmente, in previsione - credo - di quanto avrebbe fatto la magistratura, è cambiato il presidente del consiglio di amministrazione, che ora è un ex prefetto, ma in realtà non è cambiato nulla, perché ci dobbiamo rifare comunque alla preesistente situazione.
Vi sono state 462 prescrizioni. Lei ha anche parlato di quel fumo rosso, ma quello non è stato individuato e denunciato dalle istituzioni perché quelle fuoriuscite sono avvenute quasi sempre di notte e sono state segnalate da privati cittadini. Ci può dare, allora, un quadro dei controlli fatti nell'ultimo anno, non dico negli ultimi venti, sia di quelli a sorpresa che di quelli notturni? Ecco, avremmo bisogno di questi dati per capire cosa è successo, anche perché non si ripeta. Se ricominciamo con una procedura che dura 4 anni, cui occorrono 6 anni di tempo per applicarla, nel frattempo l'Unione europea avrà trovato sicuramente nuovi strumenti, non dico per evitare, ma per ridurre l'inquinamento,


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quindi dovremmo riaprire la procedura. Insomma, è chiaro che continueremo a fare quello che è stato fatto finora.
Rispetto a tutti gli entusiasmi sul settore siderurgico, vorrei dire che il Commissario per l'industria della Commissione europea, Tajani, lo scorso 27 luglio ha aperto un tavolo sulla grave crisi in cui versa il settore, che pare sia quello più colpito dall'attuale congiuntura economica, con pessime prospettive. In questo contesto, l'aspetto «green», cioè l'industria che non inquina - dice il Commissario Tajani - sarà una delle caratteristiche che continuerà a tenere sui mercati le industrie siderurgiche. Occorre capire, quindi, che, affinché resti aperta, bisogna che l'ILVA faccia quello che non ha mai fatto in questi anni.
Signor Ministro, non voglio aprire il capitolo di quanto è stata pagata e di quanto è costato allo Stato tenere aperta l'ILVA, con il ricorso alla cassa integrazione e una gestione assurda. Insomma, ci sono responsabilità che vanno molto al di là di quelle dell'ILVA stessa e del signor Riva, nonostante sia pluripregiudicato. Grazie.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Vorrei soltanto precisare che le istituzioni non hanno dato una risposta alla domanda che riguarda la relazione tra l'esercizio attuale degli impianti e i rischi per la salute della popolazione. Questa è una risposta difficile perché, per la legislazione europea e nazionale, facciamo riferimento alle emissioni inquinanti che sono stabilite in funzione della protezione della salute e agli obiettivi di qualità dell'aria. Non abbiamo, cioè, un dato per cui all'esposizione del benzoapirene corrisponde una certa malattia in quel momento. Se non chiariamo questo aspetto, si fa demagogia e si crea confusione e allarme, senza motivazioni.
Le do i dati. Abbiamo detto che il valore obiettivo del benzoapirene entrerà in vigore alla fine del 2012, quindi non costituisce ancora una prescrizione di legge. Tuttavia, l'Agenzia regionale per la protezione dell'ambiente ha raccolto e trasmesso le informazioni sui relativi dati all'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale. Nel 2009, su 36 stazioni di monitoraggio, in 14 è stato superato il valore obiettivo di un nanogrammo per metro cubo; nel 2010, cioè l'anno dopo, questo è avvenuto in 9 delle 61 stazioni. Infatti, nel frattempo, sono aumentate le stazioni, ma il numero di superamenti è diminuito in valore assoluto e in percentuale. Soprattutto, questo valore aumenta in un'area, che si chiama Taranto Machiavelli, prossima alla zona industriale. Inoltre, negli ultimi due anni, i valori delle diossine sono diminuiti del 98 per cento.
Dico questo per dare il senso di un processo che è in corso e che ha come riferimento gli obiettivi stabiliti dalle leggi nazionali e dalle direttive europee. Se questi sono rispettati, si assume che la protezione della salute è garantita, perché i limiti di esposizione che vengono stabiliti hanno, ovviamente, come riferimento la protezione della salute. Questo è nella storia della legislazione ambientale europea: i valori limite sono stati progressivamente ridotti perché, in relazione alle indagini epidemiologiche, si è scoperto che una certa concentrazione aveva un certo effetto.
Voglio dire, quindi, che oggi il tema della pericolosità dell'ILVA di Taranto deve essere considerato su quelle aree marginali ancora critiche che abbiamo individuato e sulle quali stiamo intervenendo. Tuttavia, siamo di fronte a un quadro completamente diverso da quello che avevamo solo cinque anni fa. Su questo elemento, il confronto tra le istituzioni e la magistratura non c'è stato, ma noi intendiamo spostarlo in questa direzione.

ALESSANDRO BRATTI. Signor Ministro, per la storia delle problematiche, italiane e non solo, legate ai grandi impianti industriali sia attivi che dismessi, penso che sia fondamentale che l'impianto possa continuare a funzionare. Difatti, le poche esperienze positive del nostro Paese


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dimostrano che quando un'attività industriale rimane sul posto e si riesce a stabilire un dialogo, in maniera seria, interattiva e costruttiva, tra l'impresa privata e l'apparato pubblico nel suo complesso, si ottiene un risanamento di situazioni legate a una storia pregressa infelice.
Non va dimenticato, peraltro, che nel dopoguerra le città venivano costruite vicino ai grandi impianti produttivi. Pensiamo a Marghera, a Mantova e alla stessa Ferrara, che è la mia città, o a Rosignano Solvay. Insomma, queste situazioni sono numerose. Sono convinto, dunque, che per impostare una politica seria di risanamento sia necessario avere un interlocutore attivo, ovvero un'azienda che funzioni.
Detto questo, la vicenda dell'ILVA è molto complessa. A mio avviso, la piega che la discussione ha preso negli ultimi tempi dovrebbe essere evitata, in primo luogo, perché, dal punto di vista delle politiche di sostenibilità, ci riporta indietro di trenta, quaranta o forse cinquant'anni. Infatti, alla luce di tutto quello che è capitato in questi anni, speravamo di aver superato la discussione che contrappone la salute e l'ambiente all'occupazione, ma purtroppo non è così.
Vi è un'altra questione che mi rende molto perplesso. Ho avuto la fortuna di partecipare alla elaborazione della relazione sulla Puglia, approvata dalla Commissione bicamerale d'inchiesta sul ciclo dei rifiuti lo scorso mese di giugno, partendo proprio dal tema delle bonifiche non fatte e dei siti di interesse nazionale, di cui Taranto è purtroppo esempio. Abbiamo avuto occasione, fin dal 2010, di visitare quegli impianti e abbiamo avuto un confronto con i magistrati, con i NOE (Comando carabinieri per la tutela dell'ambiente), con le associazioni ambientaliste e con le istituzioni. Insomma, penso fosse noto da tempo che c'era qualcosa che non andava. Non solo ai tempi di Italsider, ma anche nel periodo successivo.
A ogni modo, nel 2010 viene ordinato un incidente probatorio da parte del GIP e iniziano le perizie e gli studi di carattere sia ambientale sia sanitario che, nel giro di un anno e mezzo, portano a risultati che fanno sì che la procura si muova in un certo modo.
Voglio anche ricordare che siamo di fronte a provvedimenti che hanno previsto misure cautelari per diverse persone, alcune delle quali sono state confermate. Peraltro, i reati contestati sono gravissimi. Non stiamo discutendo di un piccolo sversamento in acqua, ma sono - ripeto - reati pesantissimi. Mi auguro che nel corso dei dibattimenti si chiarisca la situazione, ma, se dovessero essere confermati, saremmo di fronte a una situazione di estrema gravità.
Credo che noi, come mondo della politica, dobbiamo tenere una posizione corretta nei confronti della magistratura, la quale deve continuare a fare il suo mestiere. Ci sono dei capi di imputazione. Stiamo parlando di morti e di stragi, cioè di reati che, se confermati, vanno ben oltre piccoli reati ambientali. Con questo, non voglio dare nessun giudizio perché siamo all'inizio di un percorso della magistratura, che andrà avanti e che dobbiamo, nel suo svolgimento, assolutamente rispettare.
Vorrei aggiungere che quanto diceva l'onorevole Prestigiacomo, facendo il paragone con Porto Tolle, non c'entra nulla. Infatti, in quel caso, eravamo di fronte a una valutazione di impatto ambientale della centrale di Porto Tolle, ma non esisteva un incidente probatorio e non c'erano delle perizie; c'era una qualche indicazione che aveva il magistrato, ma non eravamo in una situazione del genere.
Devo anche dire, purtroppo, che, sebbene non sia giusto, sta succedendo troppe volte nel nostro Paese che un potere tende a sostituirsi a un altro potere, forse anche perché, al netto di manie di protagonismo, vi sono gravi carenze da parte di alcuni poteri.
Personalmente, mi sono trovato di fronte a un lavoro straordinario che sta facendo la procura di Santa Maria Capua Vetere sul tema delle qualità delle acque, ma non si tratta di un lavoro che deve fare una procura, bensì altre istituzioni. Ecco, questa anomalia istituzionale è pericolosissima. Sono d'accordo con le considerazioni


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che venivano fatte poc'anzi anche da lei, signor Ministro. Va assolutamente evitata questa confusione, ma bisogna anche capire perché succedono situazioni di questo genere.
Anche sul caso dell'ILVA - su questo c'è fior fiore di documenti rimasti agli atti - era stata fatta, da parte del procuratore, una richiesta, soprattutto dopo la prima perizia ambientale, di intervento da parte delle amministrazioni per dare un segnale che qualcosa si stava muovendo. Si tratta, comunque, di una procedura irrituale perché i magistrati fanno i magistrati; non è loro compito dare la soluzione ai problemi.
La situazione - ripeto - è molto complessa. Ci sono dei provvedimenti in corso che vanno rispettati. Se posso permettermi un piccolissimo suggerimento, eviterei il più possibile, in qualsiasi situazione, di dare adito alla possibilità di un eventuale conflitto tra poteri istituzionali perché credo sia l'ultima cosa di cui c'è bisogno, fermo restando - questa è la mia posizione assolutamente personale, ma credo condivisa da quasi tutti in questa sede - che è fondamentale che questi impianti continuino a funzionare, da un punto di vista occupazionale, ma anche ambientale e sanitario.
Speriamo, poi, che con il decreto adottato qualche giorno fa si cominci ad avviare il risanamento di quelle aree, che credo debba essere la condizione primaria per ogni intervento. Certo, c'è un pronunciamento molto duro e articolato del GIP. Tuttavia, credo che non potesse fare altro, considerata la realtà degli atti giudiziari. A ogni modo, questa non è la sede opportuna per affrontare questo discorso. Credo che sia compito della politica provare a recuperare un ritardo che, purtroppo, nel nostro Paese, riguarda tanti ambiti.
Concludo affermando che è vero che l'AIA - sembra, oramai, che questa sia una specie di parola magica che fa funzionare tutto - è sicuramente molto complessa, sopratutto per impianti come questi, ma non è che prima non esistessero le autorizzazioni ambientali, signor Ministro. C'erano - come lei sa benissimo - le autorizzazioni di settore, che dovevano essere rispettate. Non è che fino al 2010 non c'era niente, per cui ognuno poteva fare quello che voleva.
Inoltre, la prima autorizzazione ambientale integrata è stata fortemente criticata dai periti. Difatti, questo è uno dei motivi di contenzioso in atto. È vero che il provvedimento ha una valenza politica, perché viene asseverato dal Consiglio dei ministri o dal Ministro direttamente, ma mi permetto di dire che non dovrebbe essere frutto di considerazioni politiche, bensì di un lavoro di una commissione tecnica di esperti nominata ad hoc.
In sostanza, condivido il percorso da lei delineato all'inizio. Spero che si possa realizzare, ma eviterei il più possibile, in questa fase, di accendere scontri istituzionali, mentre cercherei di seguire le orme indicate dal Ministro, per andare verso il risanamento e il rilancio di quell'azienda.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Solo per chiarimento, nel merito della funzione di supplenza nel caso di Taranto, vorrei dire che l'incidente probatorio e gli esiti delle perizie sono stati comunicati al Ministero dell'ambiente il 2 febbraio 2012, con nota del procuratore della Repubblica che chiedeva al Ministero che cosa stesse facendo e che cosa intendeva fare, alla quale abbiamo risposto il 21 febbraio, dando conto delle attività in corso, a partire dall'AIA dell'agosto 2011, e successivamente, il 7 marzo 2012, ho ordinato la riapertura della procedura.
Da questo punto di vista, la procura della Repubblica ha agli atti che l'amministrazione era ed è attiva. Se la procura della Repubblica è intervenuta in supplenza di quello che non è stato fatto prima dell'AIA, è un altro discorso. La problematica, del resto, è molto delicata perché sappiamo molto bene che le autorizzazioni settoriali si prestavano anche a effetti non valutabili sull'impatto cumulativo. Difatti, la direttiva IPPC (Integrated Pollution Prevention and Control) del 1996 affronta proprio questo tema a livello europeo.


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Per quanto riguarda le valutazioni dei periti, nel merito dell'AIA, sono ben informato. Ho letto tali valutazioni e chiesto che traessero le conseguenze per poter entrare nel merito. Infatti, molte delle considerazioni dei periti non sono radicate nella realtà della procedura. L'AIA non è definita soltanto dal comitato istruttore del Ministero, ma vi partecipa anche il comitato istruttore della regione; ci sono, quindi, le problematiche e le leggi regionali che entrano nella partita. Come ho ricordato prima, è il risultato di un processo complesso, perché ha riguardato centinaia di sorgenti emissive precedentemente regolamentate con norme settoriali.
Ho detto al procuratore della Repubblica che aspetto di conoscere se ci sono degli elementi di illegalità o di non conformità alle leggi nella procedura di AIA rilasciata nell'agosto 2011, ma questa, intanto, va applicata. Insomma, siamo nell'agosto 2012, in presenza di una situazione che, da questo punto di vista, non è proprio trasparente. Questo possiamo dircelo perché, a fronte di un'indicazione che diventa prescrittiva, con il TAR che dà torto al Ministero dell'ambiente e i periti della procura che storcono il naso, ma non ci dicono cosa piace loro, l'amministrazione non può fare altro che insistere nella gestione dell'autorizzazione che è stata data perché quello è l'atto di riferimento. Del resto, abbiamo riaperto la procedura non per le obiezioni dei periti, ma per gli altri elementi che sono intervenuti dopo.

FRANCESCO BARBATO. Sarò europeo nei tempi del mio intervento, perché immagino che più parlo e prendo iniziative, più sarò odiato dai miei colleghi parlamentari. Ieri, quando ho richiesto questo incontro al Presidente della Camera, occupando simbolicamente i suoi uffici, ho avuto subito notizie da parte della sua struttura, che era stato contattato il Governo per svolgere un'informativa urgente. Voglio ringraziare, quindi, il Governo per aver dato la sua disponibilità in tempi rapidissimi, nonché i presidenti delle Commissioni ambiente ed attività produttive. La scossa è, dunque, servita perché stiamo lavorando.
Tuttavia, proprio per continuare a essere operativi, mi accorgo dai lavori della giornata odierna che c'è una fase ancora critica che il decreto-legge, pur esplicando immediatamente i suoi effetti, non ha risolto. Infatti, come il Ministro ha più volte sottolineato, il problema è che non bisogna spegnere il forno, perché chiudere l'attività significa mettere fine a questa industria e ai posti di lavoro in essa occupati.
Per questa ragione, faccio un'altra richiesta per la quale, forse, sarò odiato ancora di più. Chiedo ai presidenti delle Commissioni di non aspettare il 4 di settembre per continuare i lavori, ma di aggiornarci all'indomani dell'incontro di venerdì 17 agosto. Visto che il Governo si muove con solerzia, quindi sta facendo bene il suo mestiere, direi di attivarci in modo che, acquisendo gli altri elementi, si possa avviare subito una fase istruttoria, che è propedeutica - questa è l'altra richiesta che ho fatto al Presidente della Camera - a un'iscrizione urgente del decreto-legge n. 129 del 2012 nel calendario dell'Assemblea. Dico questo perché, lavorando subito, possiamo definire gli strumenti con i quali si riuscirà a coniugare le due esigenze di salvaguardare l'ambiente, la salute e la vita e - cosa che a noi Italia dei Valori interessa tantissimo - gli 11.967 lavoratori dell'ILVA di Taranto.
Quindi la richiesta che avanzo alla presidenza è di attivarsi ad horas, come già precedentemente avevo richiesto.
Infine, vorrei dire al Ministro Clini che questa volta sono d'accordo con il presidente Cicchitto (una volta tanto può anche accadere) perché quando a lui viene il freddo alla schiena sapendo che all'incontro di venerdì 17 agosto viene invitato anche il procuratore della Repubblica di Taranto, a me brividi vengono ancora di più, anche perché lei, signor Ministro, ha detto testualmente che l'incontro le è stato chiesto dal procuratore.
Per quanto mi riguarda, non conoscevo l'episodio a cui ha fatto riferimento, cioè che è stato accusato, in alcune intercettazioni


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telefoniche, di essere un uomo di ILVA. L'ho saputo adesso e non mi interessa, ma da deputato della Repubblica mi interessa, signor Ministro, che venerdì 17 agosto, insieme al suo collega, espleti la sua attività in Puglia, in quel tavolo allargato con gli altri livelli istituzionali, con l'impresa e con i sindacati, ma non con la magistratura.
Differentemente da quello che pensa l'onorevole Cesa, credo che con la magistratura non si debba svolgere un dialogo sull'attività politico-istituzionale; non si fa sedere al tavolo il magistrato per chiedere se, comportandosi in un modo piuttosto che in un altro, c'è l'arresto. Insomma, il magistrato deve essere completamente escluso. I magistrati devono far rispettare le leggi, ma non devono partecipare all'attività politico-istituzionale e legislativa. Questo è una nostra prerogativa.
Possiamo decidere - ecco perché dicevo che abbiamo bisogno di convocare un ulteriore incontro - degli strumenti immediati, per cui potremmo anche operare in deroga alle norme ambientali, com'è stato fatto in passato sui decreti rifiuti. Si può decidere, per esempio, che i forni restino accesi anche se «ammazzano» dieci persone al giorno. Faccio un'ipotesi assurda per dire che una volta che il legislatore ha deciso, la magistratura non c'entra, perché ha un altro compito. La magistratura deve far solo rispettare le leggi, che facciamo noi in quanto membri del Parlamento.
Dico questo anche per un'altra ragione. Signor Ministro, lei dovrebbe invitare non solo il procuratore, ma, viste le discordanti decisioni della magistratura medesima, anche il GIP, il TAR, il tribunale del riesame e il vicepresidente del CSM, dal momento che si è sollevato un vespaio. La nostra proposta operativa, seria e concreta, è che continuiate a fare questo lavoro, senza scaricare sulla magistratura compiti e responsabilità che non sono di sua competenza. La magistratura non può e non deve essere seduta a quel tavolo, altrimenti ci sarebbe - sulla base delle parole che ha riferito qui - un conflitto d'interesse da parte sua. Lei, infatti, farebbe venire un magistrato per chiarire. Ecco, lei non deve chiarire nulla perché è un ministro della Repubblica e venerdì 17 agosto deve lavorare perché si arrivi a una conclusione che ci consentirà di mantenere i livelli occupazionali e di tutelare l'ambiente, la salute e la vita dei cittadini di Taranto. Grazie.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. In realtà, non c'è da chiarire nulla perché il procuratore della Repubblica, due ore dopo che gli avevo chiesto notizie in merito alla pubblicazione di questa intercettazione, ha fatto un comunicato in cui ha detto che non c'è nessuna intercettazione che riguarda il Ministro Clini. Quindi, questo problema non c'è. Tuttavia, in occasione di quella conversazione, il procuratore della Repubblica - che è il responsabile del procedimento avviato e delle perizie che sono state ordinate e che aveva già scritto al Ministero dell'ambiente il 2 febbraio 2012, trasmettendo le perizie e chiedendo informazioni - mi ha detto che sarebbe opportuno un colloquio per valutare la situazione. La questione, pertanto, non riguarda la mia persona.
Ora, onorevole, ho preso nota delle sue osservazioni. Le assicuro che nessuno di noi immagina di fare una tavola rotonda con il procuratore della Repubblica. Nel caso, si tratterebbe di un colloquio che io e il Ministro Passera potremmo avere con lui. Comunque, prendo nota delle sue considerazioni e decideremo quale sarà il modo migliore di agire.
Come ho detto fin dall'inizio, i ruoli devono essere molto chiari. Chi autorizza e fa il monitoraggio degli impianti industriali è diverso da chi fa il magistrato. Questo è molto chiaro. Infatti, su questa linea ci stiamo muovendo. Probabilmente, ci sono delle sovrapposizioni. Io, però, non sono capace di fare il magistrato; invece, forse, i magistrati in questo momento si stanno occupando molto di questioni di


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dettaglio. Tuttavia, su questo potremo entrare nel merito in un clima di dialogo, come suggeriva l'onorevole Cesa.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANGELO ALESSANDRI

PRESIDENTE. Visto che è stata chiamata in causa la presidenza, ricordo che la Conferenza dei presidenti di gruppo della Camera ha fissato per il 10 settembre l'inizio dell'esame in Assemblea del disegno di legge di conversione del citato decreto-legge n. 129, per cui, in Commissione l'esame inizierà il 4 settembre. D'altra parte, come ho ricordato nello speech iniziale, il decreto è in vigore dall'8 agosto, quindi abbiamo due mesi per apportare modifiche e convertirlo in legge. Voglio ricordare ciò per evitare forzature o ulteriori richieste.

ANDREA LULLI. Vorrei incoraggiare il Ministro Clini e il Governo ad andare avanti sulla strada tracciata. D'altra parte, noi non ci rassegniamo, anzi siamo assolutamente contrari alla contrapposizione tra lavoro, salute e ambiente. Credo che sia una giusta politica quella che sa coniugare gli interessi, dando più lavoro, più salute e più ambiente. Peraltro, come hanno ricordato i colleghi Bratti, Realacci e Vico, non siamo all'anno zero. Se facciamo mente locale, rispetto al passato ci sono stati miglioramenti nel nostro Paese, non fosse altro perché l'età media della vita è discretamente aumentata in questi anni. Speriamo, poi, che grazie alle auto elettriche aumenti ancora di più.
Credo, comunque, che bisogna essere molto fermi su un punto. Noi abbiamo a cuore la continuità dello stabilimento ILVA, anche perché si pone il problema della filiera dell'acciaio in Italia. Quindi, mi permetto di dire che non credo che ci possa essere un ambiente migliore senza acciaio. Lo dico in modo secco; poi, ognuno la intenda come vuole.
Per il resto, anche noi raccomandiamo che non vi siano conflitti istituzionali. Tuttavia, bisogna che ogni soggetto che ha responsabilità istituzionali faccia la propria parte. Ovviamente, non va ricercato il conflitto istituzionale, ma credo comunque che occorra risolvere i problemi che abbiamo davanti. Riguardo al passato, vi sono valutazioni politiche da fare. Se poi, la magistratura, ritiene di indagare, come sta facendo, perché ravvisa dei reati, deve farlo. Su questo piano, siamo spettatori pacifici, con la volontà di capire se ci sono problemi. Credo, peraltro, che indagheranno in modo certamente egregio.
A ogni modo, oggi abbiamo un problema da risolvere. In primo luogo, vi è la questione della certezza del diritto, che è complicata anche forse a causa di una non omogeneità di giudizio della magistratura. Credo che su questo piano la politica debba pretendere che le scelte strategiche per il Paese siano seguite. Naturalmente, tra queste, non c'è solo la continuità dello stabilimento, rispetto alla quale dobbiamo chiedere alla proprietà privata di fare gli investimenti necessari. Poi, se riusciamo ad anticipare - come ha detto il Ministro - gli obiettivi di messa in sicurezza che per l'Unione europea si applicano dal 2016, credo che sia un fatto importante, nonché una scelta di politica industriale che radica maggiormente l'Italia nel ruolo che attualmente svolge nella filiera dell'acciaio.
Bisogna, quindi, essere conseguenti e chiedere che ognuno faccia la propria parte. Poi, il resto del dibattito politico riguarda responsabilità che attengono al passato. Non voglio minimizzare questo elemento perché quando si tratta di lavoro, di morti o di salute non si può sminuire nulla, ma, come legislatore della Repubblica italiana, dobbiamo operare per cercare di dare oggi risposte che guardano al domani.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Sono d'accordo.


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SERGIO MICHELE PIFFARI. Ringrazio anch'io il Ministro. Vorrei, però, ricordare che quando, uno o due anni fa, abbiamo affrontato in Parlamento il provvedimento che derogava alcuni parametri di inquinamento, ci siamo preoccupati di non perdere i posti lavoro, senza dare il giusto peso agli allarmi che arrivavano dalle popolazioni, dai comitati, dagli stessi tecnici dell'ARPA o da altri, come i medici dell'università di Bari, che ci avevano segnalato situazioni di scostamento dalle normali regole di gestione di impianti così complessi.
Credo, però, che l'AIA del 2011, che è stata poi riaperta, debba comportare una scaletta dei lavori, con indicazioni delle priorità che mi pare il Governo abbia già concordato anche con la proprietà e gli enti locali, cioè intervenire sui camini, sulla questione delle cokerie e in particolare sulla gestione del parco minerario, sui movimenti a terra del carbone e dei minerali, proprio per evitare i danni peggiori che possono provenire dal sito industriale. Affronteremo, poi, con il decreto il resto dei problemi legati ai più di 100 chilometri quadrati individuati come aree da bonificare. Per il momento, quei 78 ettari sono quelli che più producono il danno, visto che la maggior parte di benzoapirene arriva da lì.
Quando abbiamo detto che si potevano non rispettare i parametri indicati da una normativa che ha ormai vent'anni, ciò è valso anche per altri siti italiani. Questo sarà il più grande d'Europa, ma non è l'unico in Italia. Dunque, se abbiamo ottenuto successo in altre regioni d'Italia - in Veneto, in Lombardia e in Liguria - su impianti di questo tipo, credo che si possa ottenere lo stesso successo anche in questo caso. Peraltro, abbiamo avuto risultati non con le tecnologie che la Commissione europea ci ha indicato qualche mese fa, ma con quelle che si conoscevano prima. Se adesso si possono utilizzare risorse dei fondi europei 2007-2013, prima di aspettare quelle dei fondi 2014-2020, e intervenire con l'azienda, credo che ciò debba essere fatto.
Poi, se i giudici hanno ritenuto di non fidarsi più dell'azienda e quindi di nominare qualcun altro come garante, non dobbiamo temere tale decisione. Dopodiché, quando nei prossimi giorni il quadro sarà più chiaro, sia in merito alle ordinanze del GIP, sia riguardo al tribunale del riesame, potremo avere tutti gli elementi per giudicare. A quel punto, credo che ci si possa sicuramente ritrovare con qualche elemento in più, compresi - a questo proposito ribadisco la richiesta del collega Maurizio Turco - i dati su quante verifiche venivano fatte e perché le accettavamo se non c'era la conformità, gli strumenti e quant'altro. Insomma, abbiamo usato scuse di fronte a un fenomeno che dovevamo riconoscere prima. Se da adesso in avanti avessimo anche una scaletta di questi passi, ciò ci aiuterebbe anche a giudicare in futuro le decisioni che dobbiamo ora prendere. Grazie.

CORRADO CLINI, Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Una delle questioni che sono sul tavolo nell'aggiornamento della procedura di autorizzazione riguarda proprio il sistema di monitoraggio; da un lato, quello in continuo delle diossine e, dall'altro, quello degli idrocarburi policiclici aromatici, tenendo conto che c'è - voglio ricordarlo ancora - una problematica risolvibile, e in parte risolta, che riguarda il monitoraggio al camino, cioè alla sorgente emissiva, e una parte, invece, che non è risolta e che riguarda le cosiddette «emissioni fuggitive».
Non so se avete presente come funziona una cokeria. Io la conosco bene perché mi sono specializzato in medicina del lavoro con una tesi proprio sulle emissioni di benzoapirene in una cokeria, quindi, grosso modo, so di cosa parlo. Comunque, la cokeria è un sistema complesso, per cui i fumi sono difficili da convogliare. Le soluzioni vanno dai materiali che si usano della componente forni alla capacità di rivestire esternamente gli impianti, dove è possibile, in maniera tale da captare queste emissioni fuggitive. È,


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però, un'operazione non ancora risolta. In Giappone hanno fatto qualche passo in avanti rispetto al resto del mondo perché hanno investito moltissime risorse, ma questo è uno dei punti molto critici sui quali le nuove tecnologie stanno insistendo, perché riguarda policiclici aromatici sicuramente cancerogeni. È - ripeto - uno dei temi sui quali stiamo lavorando in questo momento.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro Clini del prezioso contributo e il Ministro Giarda della presenza, dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,45.

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