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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione IX
16.
Mercoledì 26 ottobre 2011
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Valducci Mario, Presidente ... 3

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà, in merito alle restrizioni alla concorrenza nel settore del trasporto ferroviario che potrebbero derivare dall'attuazione dell'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011 (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Valducci Mario, Presidente ... 3 4 9 10
Catricalà Antonio, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 9
Di Vizia Gian Carlo (LNP) ... 6
Garofalo Vincenzo (PdL) ... 5
Lovelli Mario (PD) ... 6
Meta Michele Pompeo (PD) ... 7
Monai Carlo (IdV) ... 8
Velo Silvia (PD) ... 4

ALLEGATO: Documento depositato dal Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà ... 11
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro per il Terzo Polo: UdCpTP; Futuro e Libertà per il Terzo Polo: FLpTP; Italia dei Valori: IdV; Popolo e Territorio (Noi Sud-Libertà ed Autonomia, Popolari d'Italia Domani-PID, Movimento di Responsabilità Nazionale-MRN, Azione Popolare, Alleanza di Centro-AdC, La Discussione): PT; Misto: Misto; Misto-Alleanza per l'Italia: Misto-ApI; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling; Misto-Repubblicani-Azionisti: Misto-R-A.

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COMMISSIONE IX
TRASPORTI, POSTE E TELECOMUNICAZIONI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 26 ottobre 2011


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE MARIO VALDUCCI

La seduta comincia alle 15,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sulla web-tv della Camera dei deputati.

Audizione del Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà, in merito alle restrizioni alla concorrenza nel settore del trasporto ferroviario che potrebbero derivare dall'attuazione dell'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, professor Antonio Catricalà, in merito alle restrizioni alla concorrenza nel settore del trasporto ferroviario che potrebbero derivare dall'attuazione dell'articolo 8, comma 3-bis, del decreto-legge n. 138 del 2011.
Do la parola al professor Antonio Catricalà, presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato, per lo svolgimento della relazione.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Onorevole presidente e onorevoli deputati, è un'opportunità importante quella che ci offrite di chiarire il nostro pensiero sull'articolo 8 del decreto-legge n. 138 del 2011 citato dal presidente. In realtà, noi riteniamo che esso sia un articolo di legge restrittivo della concorrenza in un settore molto importante, come quello dei trasporti, in cui la concorrenza stenta a decollare.
È stato affermato da parte di soggetti autorevoli, soprattutto da parte dell'imprenditore dominante, che questa norma si può interpretare nel senso di consentire comunque alle imprese che operano nel settore ferroviario di mantenere ciascuna il proprio contratto. Se così fosse, non ci sarebbe alcun problema, perché resterebbe immutato il quadro attuale. Ogni imprenditore potrebbe scegliere con il sindacato il comparto di contrattazione e di afferenza, restando nell'ambito di una concorrenza che si svolge, in questo come negli altri settori, secondo le regole del mercato.
Purtroppo, e anche per fortuna, esiste nel nostro ordinamento un principio ermeneutico inderogabile, soprattutto per le norme di diritto: esse si interpretano nel loro tenore testuale, come recita l'articolo 12 delle preleggi, conservandone il valore normativo. Ciò significa che la Corte costituzionale, la Corte di Cassazione, ma, soprattutto, per quanto concerne questa fattispecie, i giudici di merito e, in particolare, il giudice del lavoro, tra due diverse interpretazioni contrastanti tra loro, ma entrambe possibili, privilegiano l'interpretazione secondo la quale la norma ha un valore normativo rispetto a quella secondo la quale non avrebbe effetto alcuno.
Nel senso in cui ci viene illustrato, cioè che ciascuno può conservare il proprio


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contratto di afferenza, ciò non avrebbe alcun senso e la norma sarebbe inutiliter data. La nostra preoccupazione è, quindi, che, di fronte a un giudice del lavoro, il principio troverebbe applicazione e il contratto applicato non sarebbe quello degli spedizionieri, quello del commercio, o il contratto plurimo che è in vigore, ma nel 90 per cento dei casi si tratterebbe del contratto di Ferrovie dello Stato, per un 10 per cento di probabilità, quello degli autoferrotranvieri.
Noi sappiamo, però, che il contratto degli autoferrotranvieri è un contratto tra soggetti pubblici, quindi tra aziende pubbliche, mentre il contratto Ferrovie dello Stato risente della forza di mercato che Ferrovie dello Stato ha, nonché della sua provenienza statale. Una volta era l'azienda di Stato, oggi è diventata una società, un gruppo, che nella sostanza ha potuto però concedere grazie alla sua forza, ma anche alla sua presenza nel settore pubblico, condizioni di lavoro che le altre imprese non sono in grado di dare.
Noi siamo molto preoccupati di questo, perché il settore ferroviario si è aperto da poco e da poco ha dato avvio al processo di liberalizzazione. Vi è stata una prima liberalizzazione nel settore merci, in cui sono attive una trentina di aziende. Queste hanno contratti diversi, che, come riferisce lo stesso incumbent, costano il 30 per cento in meno del contratto di Ferrovie dello Stato, ma sono riuscite con questo sistema a far salire la quota di mercato fino al 24-25 per cento e a far crescere l'occupazione nel settore del 20 per cento, in un momento in cui tutti gli altri settori stentano a far crescere l'occupazione.
D'altra parte, noi pensiamo che queste aziende non ce la farebbero, se dovessero sopportare un 30 per cento in più di costi e che sarebbe anche difficile nel settore del trasporto passeggeri, che si sta adesso liberalizzando, e quindi aprendo ad altri soggetti, sostenere un aggravio di spese per il personale, mantenendo la possibilità di concorrenza.
Ovviamente questa norma, la cui introduzione nell'ordinamento era stata già oggetto di altri precedenti tentativi, sempre contrastati, oggi si trova a essere una norma dell'ordinamento, una norma approvata. Siamo qui a chiedervi di valutare l'opportunità di una sua abrogazione, anche perché, oltre che essere anticoncorrenziale è anche anticostituzionale, in quanto va a incidere sulle libertà contrattuali e sindacali dell'articolo 39 della Costituzione e potrebbe essere anche contraria al Trattato europeo, in particolare, se non sbaglio, all'attuale articolo 56, posto che essa crei limitazioni alla libertà di stabilimento per i servizi.
Si tratta di una norma certamente ambigua, che, però, secondo un criterio ermeneutico corretto, consolidato e applicato da tutti i giudici, dà luogo a un'imposizione di natura contrattuale, si scontra con princìpi costituzionali e del Trattato e soprattutto, per quanto di nostra competenza, è lesiva della concorrenza e viene a creare serie difficoltà a piccoli operatori commerciali del trasporto, soprattutto di quello merci, ma anche del trasporto passeggeri, che stanno facendo quel minimo di concorrenza oggi ritenuta possibile nel settore delle ferrovie.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Catricalà. Mi sembra che sia stato, come sempre, molto chiaro ed esplicito in questa sua esposizione.
Do la parola ai deputati che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SILVIA VELO. La materia è complessa e, quindi, per me è difficile, non essendo esperta, interloquire con il presidente Catricalà, che però ci ha espresso con chiarezza la sua opinione.
Continua a rimanermi un dubbio. Almeno per come ho letto io l'articolo in questione - ma ci sono anche comunicati ufficiali e prese di posizione - mi pare che non si faccia riferimento a un determinato contratto, a una determinata tipologia. Non si dispone - lo dico un po' più esplicitamente - che gli operatori ferroviari diversi da FS debbano applicare il contratto applicato da FS, ma che tutti debbono applicare lo stesso contratto, senza indicare quale.


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Mi pongo una domanda, che esprimo banalmente, ma con un ragionamento di buon senso: posto che io, dalla parte dello Stato, tendo a difendere le proprietà dello Stato, ma l'ho detto altre volte e può darsi che sbagli in questo senso perché bisogna guardare dal punto di vista della proprietà, quindi dello Stato, ma anche dell'utente e del cittadino, mi domando questo: se un operatore, qualsiasi esso sia opera con un contratto che, per esempio, gli impone su una determinata tratta la presenza di tre macchinisti per un turno e, invece, il suo competitor, chiunque sia, può utilizzare due soli macchinisti, due operatori, non si crea una condizione di concorrenza e di competizione non alla pari, perché uno è obbligato in un modo e uno in un altro? È questo che mi sfugge rispetto al fondo di buon senso che sembrava essere in questo articolo. Ripeto, è una domanda banale, forse da non esperta, ma che mi sento di porre alla sua presenza.

VINCENZO GAROFALO. Ringrazio il presidente Catricalà, che ha aderito alla nostra richiesta di un approfondimento sul tema, che io ho ritenuto utile svolgere. Dopo aver letto le sue dichiarazioni, subito dopo l'emanazione di questa norma, ho ritenuto interessante proporre al presidente Valducci e ai colleghi di invitarla in Commissione ad esporci le sue valutazioni, anche perché la materia ha assunto anche connotati politici in alcune sedi, che a noi non interessano.
Ciò che mi interessava sottolineare e che era interessante che lei ci chiarisse, presidente, era l'aspetto di carattere normativo, cioè la possibilità di intervenire «in corsa» rispetto a un processo, che è quello della liberalizzazione. Di fatto, esprimiamoci chiaramente, questa norma è un modo per arginare la possibilità di fare concorrenza all'unico gestore ed erogatore di quei servizi, il che, peraltro, non mi imbarazza. Dichiaro, infatti, con franchezza che difendo anch'io la società pubblica, Ferrovie dello Stato SpA, ma nel momento in cui essa crea condizioni di soddisfazione dell'utenza di carattere generale.
È inutile nascondere che ci sono forme di insoddisfazione nel Paese e che, da quando c'è un po' più di concorrenza, quest'azienda ha cominciato a cambiare e ha anche costruito un meccanismo contrattuale più incentivante. Di fatto, il contratto che viene applicato, che è stringente, ha consentito però anche alcune economie che il gruppo ha effettuato sia sui macchinisti sia in altri ambiti, intervenendo tecnologicamente sulla rete, sui prodotti, divenendo anche più competitiva nella proposta di servizi. Una forma di concorrenza molto efficace che viene messa in atto da FS rispetto al settore aereo è quella della linea Roma-Milano, per esempio. Questo dimostra che, alla fine, la concorrenza ha dato i suoi frutti.
Ritengo il suo intervento molto interessante, perché lei non sostiene che tale agire è scorretto, ma invita a prestare attenzione, perché si va incontro a un contenzioso che, se ho ben capito, vedrà soccombente il legislatore, in quanto di fatto si tratta di mutare in corso d'opera le condizioni a chi ha già compiuto investimenti e ha già avuto un benestare per proporsi nel mercato.
Lei sottolinea soprattutto - poi leggerò con calma quanto lei ci ha consegnato - la questione dell'invarianza della sicurezza e dei livelli di prestazione. Questo è ovviamente scontato, perché i differenti contratti non riducono il livello di sicurezza né intervengono sulla quantità degli operatori, ma intervengono sui numeri, sui permessi e su fatti contrattuali di lavoro.
Le chiedo se, in effetti, in base a quanto ho compreso da una prima lettura e da ciò che ha sostenuto lei, la giurisprudenza darebbe torto al legislatore. È giusto che la norma venga applicata per chi si affaccia adesso sul mercato, ma chi operava prima alla fine ha adottato un sistema contrattuale che non gli può essere contestato; l'applicazione della disposizione anche agli operatori già esistenti darebbe luogo generalmente a un processo di lento ridimensionamento,


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se non addirittura di azzeramento concorrenziale, che non è quello che serve al Paese.

MARIO LOVELLI. Ringrazio anch'io il presidente Catricalà per la segnalazione che ha inviato a suo tempo e per la relazione che ci ha fornito oggi, chiarificatrice delle posizioni dell'Autorità.
Per quanto mi riguarda, nello specifico, l'introduzione a mio avviso surrettizia di questa disposizione in un decreto-legge in corso di discussione, ma in realtà mai discusso e sottoposto invece alla questione di fiducia, rappresenta una conferma dell'improvvisazione di quella norma. La norma, inserita probabilmente in un disegno di legge ordinario in materia di lavoro, come tutto l'articolo 8 di quel decreto-legge, avrebbe potuto essere affrontata in modo molto più approfondito.
Dopodiché, è chiaro che emerge una questione specifica relativa al settore ferroviario, su cui le osservazioni che sono state svolte vanno tenute in debita considerazione. A prescindere dalla questione di costituzionalità, che comunque può essere impugnata in ogni eventuale sede di giudizio da un giudice, poiché la norma di legge presenta le conseguenze che sono state illustrate dall'Autorità, che ci invita a prestare attenzione, dovremo riflettere e lo faremo, a prescindere dall'audizione di oggi. Si tratta di affermazioni molto pesanti, senza contare che comunque, analizzando il merito, qualunque giudice riterrebbe inapplicabile questa norma, così com'è stata scritta.
Passo alla domanda. Leggendo la segnalazione che lei aveva mandato, c'è un passaggio in cui è scritto: «Se da un lato la necessità di un contratto nazionale nel settore ferroviario pare fuori discussione, dall'altro la modifica presenta profili critici...»
La necessità di un contratto nazionale del settore è fuori discussione. Il problema in discussione è che cosa si intenda oggi con quella norma di legge, quando si fa riferimento ai contratti nazionali, tanto è vero che lei arriva a concludere che il riferimento potrebbe essere sia al contratto ferroviario, sia a quello degli autoferrotranvieri.
Il punto dirimente è il contratto nazionale. Questa è una discussione che nell'ambito dell'articolo 8 è molto importante, perché riguarda il settore ferroviario o del trasporto, ma riguarda anche tutti i settori e sappiamo bene che discussioni abbiamo tenuto in questi mesi, per esempio sul contratto del settore auto.
Domando, a questo punto, all'Autorità garante, oltre a tener conto della segnalazione che ci ha inviato e che valuteremo meglio, qual è la soluzione. Il contratto di settore deve essere un punto di riferimento. È un preliminare all'apertura del mercato che si stipuli un contratto di settore?
È questa l'indicazione che voi date e che supera l'obiezione che riguarda il fatto di costringere tutti a uniformarsi ai contratti vigenti oggi e prevalenti?

GIAN CARLO DI VIZIA. Ringrazio il professor Catricalà per la chiarezza espositiva e la concretezza con la quale in pochi minuti ci ha mostrato l'essenza del problema.
Io credo che non sia il caso di effettuare paragoni con quello che succede in un mercato libero, dove non ci sono regole. Non è il caso di farlo, perché non è afferente al problema.
Certamente è vero ciò che afferma il professor Catricalà, quando, in relazione alla recente liberalizzazione del settore ferroviario, sottolinea che tale processo ha avuto elementi positivi, soprattutto per quanto riguarda il trasporto merci, dove si sono avuti risultati positivi in termini di concorrenza.
Viste anche le indicazioni che ci vengono fornite, per cui dobbiamo riflettere sull'eventuale abrogazione della norma, in quanto, secondo il professor Catricalà, la disposizione che abbiamo approvato recentemente è anticostituzionale e presenta un rilevante problema, ossia è lesiva della concorrenza e, quindi, va a causare un danno allo sviluppo del nostro Paese, sarebbe certamente un problema rifiutare l'indicazione che ci viene prospettata in


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questo momento; tuttavia, come sosteneva anche il collega Lovelli, non possiamo dimenticare, e mi scuso per il riferimento iniziale che ho fatto, che si parla di contratto di settore come punto di riferimento. Se è vero che non deve essere una griglia rigida che va a vanificare qualsiasi spazio per instaurare questa libera concorrenza, che è a favore del nostro Paese, perché abbiamo bisogno veramente di essere competitivi sul mercato, il problema di noi politici, di qualsiasi partito, è, però, quello di evitare una contrapposizione tra l'esigenza dei nuovi mercati e una specie di dumping sociale - se mi passate l'espressione - con il quale si potrebbero praticamente vanificare le conquiste, anche mediate dalla classe politica e dai datori di lavoro, sull'esigenza di dare sicurezza ai servizi svolti.
La collega Velo cercava di capire bene se su una tratta siano sufficienti due macchinisti o ne basta uno solo, se l'impiego di una determinata quantità di manodopera sia previsto e vada nella direzione della sicurezza del servizio, oppure se sia una questione che può essere decisa da ogni singolo operatore: io credo che il vero punto sia questo. Noi dobbiamo riflettere, ragion per cui accetto il suo invito a farlo, però credo che dobbiamo mediare su questa esigenza di sicurezza. Viva il principio della libera concorrenza, nel rispetto, però, dei diritti conquistati, che non sono solo economici, ma sono anche conquiste per la sicurezza del servizio svolto per i cittadini e per gli addetti al servizio.

MICHELE POMPEO META. Anch'io mi associo ai ringraziamenti rivolti al professor Catricalà. Mi pare che con la sua iniziativa non solo abbia onorato fedelmente la sua funzione e la missione dell'Autorità che rappresenta, ma ci abbia anche messo una buona dose di coraggio.
Mi corre l'obbligo di riflettere su un punto. Queste sono materie che, soprattutto nell'Italia di oggi, vanno maneggiate con cura. Io credo che l'Autorità abbia un obbligo di legge: laddove il legislatore o gli attori protagonisti non trovano una sintesi corretta, giustamente richiama costoro ai loro compiti e a svolgere pienamente i loro mandati.
Anch'io, come sosteneva il collega Lovelli, ho trovato rischioso e anche un po' improvvisato il meccanismo di regolare la questione attraverso un decreto-legge. In genere la storia sociale dei contratti in Italia, le stesse relazioni industriali e sindacali, ci indicano che si è agito in un altro modo e che anche le questioni più delicate sono stati ricomposte e sono pervenute ad una sintesi attraverso un percorso di partecipazione e di discussione, nonché di assunzione di responsabilità.
In questo quadro a me sembra che manchi tutto ciò e mi corre l'obbligo di richiamare alcuni precedenti che non sono andati a buon fine in vicende che riguardano un altro settore, il comparto dell'auto. Penso alla vertenza di Torino, alla vertenza di Napoli, a Pomigliano, e alle successive iniziative assunte da quegli attori, che hanno rotto una tradizione di rappresentanza che aveva consentito anche in anni altrettanto difficili di comporre queste situazioni, non sfuggendo mai alle responsabilità politiche.
Non vorrei che in questo quadro, in cui sappiamo come sono messe le cose, lei rimanesse burocraticamente da solo ad abbaiare alla luna. Il quadro mi pare chiaro: c'è un contratto che è scaduto nel 2007 e i diversi attori, quelli tradizionali, quelli storici, hanno tentato, fotografando la situazione, di mettere intorno a un tavolo nuovi attori protagonisti, nuovi soggetti. Questo tentativo è fallito.
Ora c'è qualcuno che vorrebbe gelosamente conservare i diritti acquisiti - parlo dei gestori attuali - e ci sono nuovi gestori che, invece, hanno una visione della concorrenza secondo la quale non agiscono esclusivamente sul mercato, ma spesso pensano di fare le proprie fortune e di consolidare la propria attività intervenendo esclusivamente sul dumping contrattuale. Questa, secondo me, è una via sbagliata, che non porta da nessuna parte.
Apprezzo il suo coraggio, ma credo che partendo da questa situazione soprattutto le parti interessate debbano ritrovare la


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strada - senza nostalgia di tavoli e di trattative lunghissime - per un accordo. Chi detiene le responsabilità dovrebbe finalmente esprimere il proprio pensiero.
Io non ho alcun pregiudizio, però la storia di soggetti nuovi che entrano in questo settore è un po' frastagliata e altalenante. Quante volte sono entrati soggetti privati a gestire attività di trasporto nelle dimensioni regionali e locali al posto di vecchie municipalizzate, di cui hanno rilevato un'intera rete o solo una parte? È la storia di Roma, ma nessuno si è mai permesso di mettere in discussione i contratti preesistenti.
In questo quadro, francamente, ripeto che l'Italia ha bisogno, per uscire dalla situazione in cui versa, di dosi forti di liberalizzazioni condotte secondo criteri e regole. Ciò che sta succedendo in alcuni comparti non mi convince moltissimo, perché non è quella la strada. Finché rimangono validi alcuni capisaldi della storia sociale dei contratti, io penso proprio che l'unico punto di riferimento siano i contratti collettivi; se esauriti o scaduti, si riparte da quelli. Non c'è dubbio che in un settore come questo un contratto collettivo nazionale unico non regga. Già ne esistevano diversi, anche quelli superati, come quello della logistica e quello degli autoferrotranvieri. So che al ministero si stava discutendo di una terza ipotesi, di un contratto sulla mobilità.
In questo quadro io penso che noi dovremmo far tesoro delle sue osservazioni, ma essere anche un po' più permeabili rispetto a una discussione e a un dibattito che ci mostra che il punto di sintesi è lontano, come pure - ma non ci sono in questa sede - che vecchi e nuovi attori di questo settore dovrebbero trovare una soluzione condivisa, evitando che il legislatore o il Governo di turno sia piegato a queste o a quelle ragioni. Noi abbiamo bisogno, da questo punto di vista, di guardare all'Europa.
Ciò che non possiamo assolutamente sottovalutare è che la dimensione dei diritti acquisiti, che vanno valutati alla luce di un contesto cambiato, non ha bisogno di scorciatoie, perché rischieremmo di pagare nel futuro soluzioni che davvero lasciano aperte delle ferite, che non generano libera concorrenza e nemmeno efficienza del servizio.
Penso, in conclusione, che noi dovremmo tornare a far coincidere le ragioni della concorrenza che si fa sul mercato con le ragioni del rispetto dei nuovi diritti contrattuali, sapendo che il mondo è cambiato e che, da questo punto di vista, tutte le parti devono ragionare con la necessaria flessibilità.

CARLO MONAI. Anche da parte mia, come rappresentante dell'Italia dei Valori, ringrazio per quest'audizione, che evidenzia una sorta di contraddizione in termini. Con il provvedimento di cui stiamo parlando di fatto si vincolano tutte le imprese all'applicazione del contratto collettivo nazionale di lavoro, ma con lo stesso provvedimento si è inserito poi l'articolo 8, dove invece c'è una deregulation a vantaggio delle contrattazioni aziendali, addirittura deputate a sovvertire tutele che non hanno fonte contrattuale, ma legale.
Sostanzialmente emerge un'evidente contraddizione nello stesso articolato, dove non si capisce per quale motivo ciò che viene favorito nella logica di un liberismo economico spinto, teso alla deregolamentazione della materia giuslavoristica, faccia da contraltare a una rigidità limitata esclusivamente al tema degli operatori ferroviari o ferrotranviari.
Come uscire da questa situazione? Evidentemente c'è una logica molto corporativa, che vorrebbe tutelare l'incumbent del settore ferroviario, anche se l'elemento che certamente va preso in considerazione è la tutela del diritto del lavoratore a un minimo trattamento economico e a una considerazione dei suoi diritti riferibili allo Statuto del lavoratore, che i contratti collettivi nazionali di lavoro tendono a garantire, anche se ci sono state alcune violazioni di questi diritti, che la giurisprudenza spesso ha censurato, nella logica di una trattativa non sempre finalizzata a questo obiettivo.
La nostra posizione non fa altro che rimarcare e condividere le osservazioni


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che lei ha svolto, in una logica critica di un testo normativo che presenta queste antinomie, dalle quali mi domando come la maggioranza intenda uscire.
Alla fine, questa operazione normativa, che incide in maniera rilevante sulla concorrenza e sul mercato, non è certo stata condivisa nell'ambito del dibattito parlamentare e oggi mette a nudo responsabilità del Governo e della sua maggioranza, che mi pare che anche la sua solerte iniziativa abbia messo in evidenza.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Catricalà per la replica.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. È una questione complessa e capisco che possa dar luogo a fraintendimenti.
Che cosa ha scritto il legislatore? Ha scritto che per quelle aziende del settore ferroviario, cioè che intendono agire con servizi di natura ferroviaria, è necessario, tra l'altro, applicare uno dei contratti del settore.
Nessuno ritiene che il contratto del settore sia per forza quello delle Ferrovie dello Stato. Non lo riteniamo noi ed è stato usato il plurale. L'articolo 12 delle preleggi ci impone di dare un senso a quel plurale e, quindi, noi pensiamo che siano almeno due i contratti che si possono applicare e che non sono uguali tra di loro.
Noi riteniamo che questa imposizione legislativa di due contratti, da un punto di vista giuridico sia lesiva dell'autonomia contrattuale, come spiegava bene anche l'onorevole Meta, il quale affermava che non è quella la via per stabilire qual è il contratto. La via corretta è quella della contrattazione e pertanto la norma lede l'articolo 39 e lede probabilmente anche le norme del Trattato, perché impedisce a un'azienda straniera che voglia operare in Italia, purché sia europea, di adottare un contratto di tipo nazionale come il nostro ed è anticoncorrenziale, perché non riguarda le normative minime di sicurezza, che sono uguali per tutti; mi è sembrato chiarissimo il ragionamento dell'onorevole Garofalo. Il tema è rappresentato dalle condizioni di minimo salariale e dalle condizioni relative ai turni di lavoro. Il fatto che debbano essere uno, due o tre i macchinisti fa parte delle normative di sicurezza, non della trattativa sindacale. Già le normative di sicurezza sono un onere particolarmente pesante per chi voglia entrare nel mercato, perché non le stabilisce chi entra nel mercato, ma il proprietario dell'azienda incumbent, cioè lo Stato.
Ciò premesso dal punto di vista strettamente giuridico, sul piano fattuale che cosa accadrà? Un giorno forse la Corte costituzionale deciderà, ma nel frattempo qualsiasi lavoratore che porti in giudizio dinanzi al giudice del lavoro la sua azienda già da domani potrà chiedere l'applicazione del contratto collettivo delle Ferrovie dello Stato e degli autoferrotranvieri e il giudice applicherà uno dei due, altrimenti quell'azienda non potrebbe operare. Viene, dunque, disapplicato il contratto vigente e se ne applica un altro, che è naturalmente più oneroso per l'impresa.
Questo aspetto ci preoccupa molto, perché le aziende che attualmente sono sul mercato sono piccole aziende che fanno concorrenza a Ferrovie sul settore merci e non di certo sull'alta velocità. Noi stimiamo che il 40 per cento non ce la faccia a sostenere il peso del nuovo contratto, o quanto meno che ce la farà con enormi difficoltà, a costo di perdere investimenti e di ridurre i profitti.
Non si parla di dumping, nella maniera più assoluta, ma di applicare un contratto legittimo, concluso con le parti sociali maggiormente rappresentative di un settore, oppure un altro contratto. Finora nei vari settori su questo punto si è lasciata la massima libertà. Il costo del lavoro, espresso in termini economici, è un costo di produzione e sui costi di produzione c'è la concorrenza, non c'è dumping, purché siano garantiti i diritti dei lavoratori, la sicurezza sociale, la sicurezza sul posto di lavoro, la sicurezza del trasporto. Non mettiamo in dubbio tutto ciò.


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Quello che stride con il concetto di libertà di mercato, che noi siamo tenuti dalla legge a tutelare, è l'imposizione per legge di un fattore di costo come il contratto. Certo, noi vogliamo un contratto della mobilità, ma vogliamo che questo nasca dalla libera contrattazione delle parti. È troppo facile imporlo per legge.
Mi rendo conto che si apriranno tavoli, grandi e piccoli, e che ci saranno diverse imperfezioni, però questa è la strada. La strada legislativa in luogo della contrattazione è errata. Peraltro, una volta che intraprende questa strada, è difficile fermarsi, ragion per cui tutti gli altri settori alla fine avranno una regolazione per legge, il che mi pare contrastare con i princìpi costituzionali.

PRESIDENTE. Grazie, presidente Catricalà. Mi sembra di poter concludere che questa sia una norma dirigista e che dovremo valutare eventuali soluzioni per modificarla.
Nel ringraziare ancora il professor Catricalà per il suo intervento e per il documento depositato, di cui autorizzo la pubblicazione in allegato al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato), dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,45.

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