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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione X
5.
Giovedì 5 febbraio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Gibelli Andrea, Presidente ... 3

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione al sistema delle incentivazioni delle fonti rinnovabili ed assimilate (c.d. «CIP6»), operante in Italia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Gibelli Andrea, Presidente ... 3 6 7 10 11
Abrignani Ignazio (PdL) ... 8
Catricalà Antonio, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 3 10
Froner Laura (PD) ... 9
Iannaccone Arturo (Misto-MpA) ... 8
Lulli Andrea (PD) ... 9
Monai Carlo (IdV) ... 8
Quartiani Erminio Angelo (PD) ... 6
Vico Ludovico (PD) ... 7
Vignali Raffaello (PdL) ... 8

ALLEGATO: Relazione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato ... 13
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

[Avanti]
COMMISSIONE X
ATTIVITÀ PRODUTTIVE, COMMERCIO E TURISMO

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 5 febbraio 2009


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE ANDREA GIBELLI

La seduta comincia alle 10,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione al sistema delle incentivazioni delle fonti rinnovabili ed assimilate (c.d. «CIP6»), operante in Italia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato in relazione al sistema delle incentivazioni delle fonti rinnovabili ed assimilate (c.d. «CIP6»), operante in Italia.
Il presidente, che ringraziamo anche per la celerità con cui ha risposto positivamente al il nostro invito, è accompagnato da una nutritissima delegazione, della quale apprezziamo il contributo.
Do la parola al presidente Antonio Catricalà.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Signor presidente, ringrazio lei e gli onorevoli componenti della Commissione, per aver dato l'opportunità all'Antitrust di esprimere la propria opinione sul meccanismo di incentivazione di cui all'ordine del giorno.
Sono qui con me il segretario generale dottor Luigi Fiorentino, il capo di gabinetto consigliere Paolo Troiano, il capo dell'ufficio stampa dottoressa Emanuela Goggiamani e il dottor Angelo Lalli che è il funzionario di gabinetto che mi ha aiutato a stendere la relazione che consegniamo agli atti della Commissione e che cercherò di riassumere nei termini più essenziali.
Il meccanismo di incentivazione noto come CIP 6 nasce dalla famosa delibera n. 6 del 1992 del Comitato interministeriale prezzi (CIP), quindi è un'incentivazione che si inquadra in una politica del Governo dell'epoca tendente a smontare e a superare gradualmente il monopolio legale dell'ENEL in tema di produzione dell'energia elettrica.
In realtà, questo incentivo doveva essere destinato esclusivamente alla produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili. Il sussidio, quindi, era erogato in deroga al regime di esclusiva, per incoraggiare nuove iniziative di produzione di energia.
Doveva succedere che le cosiddette «energivore» avrebbero consumato una parte dell'energia che a loro volta producevano da fonte rinnovabile, mentre l'altra parte avrebbero dovuto venderla all'ENEL, ad un prezzo stabilito dal CIP (quindi imposto e non solo amministrato).
Questo prezzo, del resto si componeva di due elementi. Il primo era quello dei costi evitati, cioè tutti i costi che si evitavano per l'impiego, l'esercizio e la manutenzione degli impianti, più il prezzo del combustibile. L'altro elemento era costituito dai maggiori costi che la


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tecnologia da fonte rinnovabile richiedeva, rispetto alle altre forme di produzione di energia. Il prezzo, quindi, rappresentava una remunerazione legata a questi due fattori.
La remunerazione, ai sensi della delibera CIP, poteva valere solo per otto anni. In realtà, poi, ENEL era libera di concludere le convenzioni su una convenzione tipo che era già stata approvata dal Ministero. Questa convenzione, in contrasto con la delibera, era di durata indeterminata e non prevedeva il termine di otto anni.
Questo onere di remunerazione veniva imputato ad una specifica voce della tariffa (che una volta si chiamava CIP 6, mentre oggi si chiama A3) pagata, come onere di sistema, dai clienti finali. È stato sempre così.
La prima cosa che abbiamo segnalato è stata che, insieme alle rinnovabili (che sono soltanto le fonti eolica, solare, geotermica, il moto ondoso, la forza mare motrice e la forza idraulica), sono state inserite nel meccanismo di incentivazione le cosiddette «fonti assimilate», grazie a un decreto interministeriale che consente tale assimilazione.
Le fonti assimilate sono la generazione del calore di risulta, i fumi di scarto, gli scarti di lavorazione, gli scarti di processi industriali - i gas siderurgici - e le fonti fossili.
Da ultimo, per motivi attinenti alla tutela ambientale, sono stati aggiunti anche i termovalorizzatori.
Abbiamo verificato quale potesse essere la distribuzione geografica dell'incentivo e abbiamo appreso che, in ragione della morfologia del Paese e dell'esistenza di determinate zone in cui l'eolico ha maggiore facilità di insediamento nonché della circostanza che in alcune zone c'è maggiore necessità di produzione di energia - perché sono meno presenti le centrali, all'epoca dell'ENEL e oggi le centrali GENCO in generale - la distribuzione si dimostra adeguata.
Però, mentre la distribuzione geografica è adeguata, quella per tipologia ha dato luogo a critiche da parte dell'Antitrust, in quanto oggi si rileva uno sbilanciamento a favore delle forme di energia «assimilate».
Si è verificato l'assurdo: una grossa percentuale dell'incentivo va alle forme assimilate e una percentuale minore va, invece, alle fonti effettivamente rinnovabili. Quindi, l'originario strumento si è completamente snaturato.
Nel 2006, abbiamo segnalato la maggiore incidenza delle fonti assimilate e abbiamo anche comunicato che il meccanismo di aggiornamento di questa remunerazione non dava luogo a forme di miglioramento. Difatti, si trattava di un meccanismo automatico che non dava luogo ad alcuna forma di efficienza, di miglioramento o di economia da parte di chi usufruiva di questo beneficio. Inoltre, abbiamo criticato la durata delle convenzioni, che variava dai quindici ai venti anni, mentre doveva essere in origine solamente di otto anni.
Avevamo detto che questa forma di incentivo non dava luogo ad uno sviluppo vero e proprio delle fonti rinnovabili, che essa non premiava le imprese più efficienti e che non si applicava neppure la decadenza per il ritardo nella costruzione dell'impianto. Si chiedeva il beneficio, si veniva ammessi, si poteva tardare quanto si voleva la costruzione dell'impianto, mantenendo comunque il beneficio stesso. Poi questa stranezza è cessata con il decreto legislativo n. 79 del 1999.
Ulteriori criticità che abbiamo segnalato attenevano alla cifra rilevante posta di fatto a carico dei consumatori e anche al fatto che questa cifra particolarmente elevata era dovuta al meccanismo tramite cui la remunerazione andava a gravare sul prezzo finale.
Per esempio, nel 2005 l'energia media incentivata costava alla produzione 113 euro per megawattora e veniva ceduta all'ENEL a 50 euro. Sostanzialmente, quindi, a carico dei consumatori andava il 53 per cento dell'intero costo e nel 2005 i consumatori hanno pagato in bolletta


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3,1 miliardi di euro. Una voce per oneri di sistema, quindi, particolarmente elevata.
Nel 2007 è intervenuta l'Autorità dell'energia elettrica e del gas di Milano, che è riuscita, in qualche modo, ad introdurre un po' di moderazione: parliamo di un rapporto che, da 113 a 50 euro, è passato a 112 a 60 euro, per il prezzo finale del megawattora; a carico dei cittadini italiani, per la voce CIP 6, sono arrivati 2,4 miliardi di euro. Si tratta di cifre particolarmente rilevanti e gravi, anche perché, nel mercato nazionale, il sistema garantisce l'acquisto di questa energia, qualunque quantità se ne produca, tanto è vero che il 15 per cento della domanda nazionale di energia viene soddisfatta esattamente attraverso queste fonti assimilate alle energie rinnovabili vere e proprie, ma che di rinnovabile hanno ben poco.
Comunque, anche le energie veramente rinnovabili non sono orientate alle regole di mercato. Pertanto, possiamo concludere che il 15 per cento della produzione nazionale di energia elettrica assorbita dal mercato non risponde ad alcuna regola di mercato. Non credo che il sistema economico italiano possa ulteriormente permettersi tutto ciò.
Finalmente è arrivata la legge finanziaria del 2007, che ha sostanzialmente restituito all'incentivo la sua originaria aspirazione di tutelare l'ambiente. L'incentivazione è stata limitata alle sole energie rinnovabili e alla parte biodegradabile dei prodotti e dei rifiuti.
Tuttavia, i finanziamenti che erano già stati concessi, anche per gli impianti ancora in costruzione, venivano mantenuti dalla legge, che quindi ha riconosciuto l'esistenza di diritti soggettivi (ma direi più correttamente la legittimità delle aspettative, poiché per un impianto in costruzione, francamente, non si può ritenere che sia perfezionato un diritto soggettivo).
La legge finanziaria del 2008 - per i contenuti della quale pensiamo di avere un po' di merito, avendo in parte contribuito tramite la segnalazione, anche al Parlamento, contenuta nella mia relazione annuale, della necessità di modificare il meccanismo - ha limitato la concessione dell'incentivo ai soli impianti realizzati ed operativi, di fatto limitandolo ai soli impianti che avevano un diritto acquisito. Il CIP 6, però, è andato a favore del termodistruttore di Acerra, ma ciò si può capire, data la crisi che ha subito la Campania in quel periodo per il problema dei rifiuti.
L'idea di limitare l'incentivo alle sole fonti realmente rinnovabili, mentre le assimilate non possono essere più sovvenzionate, è un bene per il Paese; d'altra parte, però, il Governo si è riservato la possibilità di erogare contributi in deroga per tutto il 2009. È possibile, quindi, che ancora si proceda a riconoscere nuovi impianti.
D'altra parte, la differenza tra prezzo di ritiro e prezzo di vendita resta comunque molto elevata. La cosa veramente poco sopportabile è che questo onere grava non solo sul mercato di maggiore protezione, su chi, cioè, non ha optato per il mercato libero, ma anche su coloro che hanno optato per il mercato libero, poiché rientra in una parte della tariffa pagata dal consumatore che rischia di più sperando di risparmiare qualcosa. Comunque, il CIP 6 lo devono pagare tutti.
Riteniamo quindi, viste le attuali convenzioni in atto, che per ancora sette-dieci anni faremo sopportare alla collettività questo onere, secondo noi improprio.
Abbiamo valutato con favore le riforme che portano ad esaurimento l'incentivazione e speravamo si potesse fare anche di più; d'altra parte, laddove esiste una convenzione e un impianto operante, è difficile sostenere che si possa calpestare il diritto acquisito, senza incorrere poi in responsabilità.
Segnaliamo che, proprio al Senato, è in corso di esame l'atto S. 1195, che è già stato approvato dalla Camera e che prevede qualche forma volontaria di risoluzione anticipata di queste convenzioni. Naturalmente, occorre il consenso del soggetto


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sovvenzionato e tale consenso lo si può solamente comprare. Esso non verrà dato gratuitamente.
In realtà, non credo che si possa fare molto di più, data l'attuale situazione. Riteniamo - riassumo ora la parte finale della mia relazione, anche se non è oggetto della discussione odierna - che il sistema dei certificati verdi sia un sistema che risponde meglio alle esigenze del mercato e che si potrebbe fare qualcosa in più a sostegno della domanda di energia, anziché solo e semplicemente per le fonti di energia.
Sono stato estremamente sintetico, la relazione è certamente più esaustiva, ma ritengo di aver affrontato i punti centrali. Naturalmente, resto a disposizione per qualsiasi domanda, insieme ai miei collaboratori.

PRESIDENTE. Ringrazio il presidente per aver voluto - non capita così di frequente - svolgere una relazione così sintetica e così di merito, che ci consente di dare più spazio ad eventuali domande e per entrare nel merito delle questioni.
Do la parola ai colleghi che intendano formulare domande o svolgere osservazioni.

ERMINIO ANGELO QUARTIANI. Signor presidente, mi pare del tutto evidente che l'impostazione che il presidente Catricalà ha dato della questione del CIP6 sia in linea anche con l'elaborazione avvenuta in questa Commissione della Camera e che si è prolungata nel tempo oltre i limiti delle legislature. Non mi pare che sia avvenuto altrettanto, invece, per l'altro ramo del Parlamento.
Tutta una serie di acquisizioni sono andate realizzandosi, anche in sede legislativa, in questo ramo del Parlamento (anche nel periodo dei primi anni 2000, gli anni della liberalizzazione del nostro Paese relativamente al CIP6, quando introducemmo una norma che definiva un tempo di chiusura delle convenzioni, oltre il quale non era possibile rinnovare il beneficio del CIP6). Sapevamo più o meno - questo è il dato che lei ci ha consegnato oggi - che si trattava, per quanto riguarda le fonti di energia assimilate, di un ammontare pari a circa 2 miliardi di euro, che poi sono andati via via aumentando. Quella decisione, infatti, ha subito nel tempo una serie di deroghe già nella prima metà degli anni 2000, poi anche nel corso della scorsa legislatura e persino nell'attuale.
Vorrei ricordarvi che questo ramo del Parlamento decise di non procedere al finanziamento dei termovalorizzatori campani per tutta la quota assimilata, limitandosi alla sola parte biodegradabile. In realtà, questa decisione è stata modificata al Senato.
Vorrei aggiungere che l'incentivo è stato esteso a tutti gli inceneritori campani e non solo a quello di Acerra, che aveva una convenzione sottoscritta in precedenza.
È evidente che tutto ciò grava ulteriormente sui costi, ma crea anche un'attesa nel mercato, che è quella della chiusura della competitività nel settore, se mai ce ne fosse stata, e spinge oltre i termini, più o meno individuati dagli otto o dieci anni che lei ha ricordato, oltre i quali chi produce attraverso fonti assimilate entra nel mercato. Ciò genera, lo ripeto, un'attesa tra i produttori e in futuro potrebbe determinare un contenzioso notevole.
Quando infatti abbiamo una regione del Paese dove non si fa produzione di energia, oppure quando si chiude il ciclo dei rifiuti in una regione sola, invece che nell'ambito di un mercato almeno nazionale, se non europeo, è del tutto evidente che abbiamo di fronte un'iniziativa legislativa (non solo del Parlamento, ma anche del Governo) che tende a considerare secondaria la questione del CIP6.
Quest'ultima, invece, è fondamentale perché da questo meccanismo di incentivazione si possono rinvenire le risorse necessarie non solo per abbassare i costi o i prezzi per gli utenti finali (famiglie e imprese), ma anche quelle necessarie per implementare l'utilizzo di energie veramente rinnovabili. Naturalmente, si potrebbero anche utilizzare queste risorse


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per la ricerca, se si vuole, anche in altri ambiti e persino nel nucleare, ossia per tutto ciò non produce CO2.
Penso che questo tipo di impostazione sia compatibile anche con le attese del mercato e dei consumatori, però noto che purtroppo nelle aule parlamentari - la responsabilità è dunque nostra - e anche all'interno della compagine di Governo non c'è chiarezza sul tema.
Penso che nel suo ruolo terzo l'Antitrust potrebbe, insieme all'Autorità per l'energia, svolgere un ruolo importante di orientamento del mercato e degli operatori, affinché la questione possa essere indirizzata nel modo utile a tutti e anche al Paese.

LUDOVICO VICO. Signor presidente, innanzitutto voglio esprimere un ringraziamento non formale. Per quanto mi riguarda, alcune parole sul tema del CIP6 suonavano alle mie orecchie come musica. Manifesto, quindi, la mia totale condivisione per la relazione e per come essa ci è stata presentata.
A questo punto, voglio solo rivolgere alcune domande rapide sulla discussione in corso nei due rami del Parlamento. Abbiamo già registrato alla Camera, in questo caso, nei mesi passati - ne ha parlato l'onorevole Quartiani - la spinta e la controspinta sulle energie assimilate.
La vicenda di Acerra prima e della Sicilia dopo - per citare alcuni dei provvedimenti che sono stati assunti in Parlamento, su proposta del Governo - e gli interrogativi che ci venivano dal Piemonte e dall'Emilia-Romagna tendono a spingere in una direzione caratterizzata dalle criticità di cui lei ci ha parlato in modo egregio e che si prolungherà per i prossimi sette-dieci anni, data la situazione attuale. Ho interpretato in questo modo le sue parole.
La sua relazione ci aiuta moltissimo a capire come il Parlamento debba riflettere su questo punto. Dobbiamo fermare l'attuale processo, sapendo che alcune regioni del centro-nord stanno predisponendo i piani per i termovalorizzatori. I più avevano interdetto, fino a qualche tempo fa, la scelta del termovalorizzatore, non il fatto che esso rappresentasse una fonte assimilata, con tutti i relativi benefici. Questo è il primo punto.
La decisione spetta al Parlamento. Ovviamente, nell'auspicio che il Governo sia propenso a questo orientamento, i suggerimenti dell'Autorità non devono essere considerati assolutamente secondari, se non altro per avere una visione ex post che mi sembra non rientri nei compiti di istituto.
Torno sulle fonti di energia assimilate, perché il problema di queste ultime fa il paio anche con quello delle regioni che si sono buttate sul versante del rinnovabile e, soprattutto, sull'eolico. Faccio un esempio eclatante: nell'ultimo biennio, in una provincia della Puglia, siamo arrivati a 1.200 megawatt di energia prodotta con il sistema eolico. Sto parlando della provincia di Foggia e della Daunia. Certo non è poco, forse è anche troppo.

PRESIDENTE. In rapporto alle ore di vento, non è poco.

LUDOVICO VICO. Di contro, continuiamo ad avere nell'ultimo quinquennio - siamo nella sede più autorevole, cioè nella X Commissione, il cui ministero di riferimento è il Ministero dello sviluppo economico - tra il 2003 e il 2005, 15 mila megawatt di ciclo combinato installato.
A proposito di equilibrio non solo morfologico, ma anche geografico-politico, se così si può dire, continuiamo ad avere il ciclo combinato, il rinnovabile e il CIP6, escluso per le assimilate, nelle stesse regioni in cui l'eccedenza è da tempo nota. Continuiamo invece ad avere regioni come la Campania, le Marche e il Veneto, che, come è noto, sono deficitarie sommando tutte le fonti di energia, quelle fossili, rinnovabili e assimilate. Questo solleva in noi parecchie perplessità, in termini di equilibrio complessivo.
Questa osservazione era, peraltro, solo tesa a rappresentare la condivisione della relazione svolta.


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RAFFAELLO VIGNALI. Vorrei anche io innanzitutto ringraziare il presidente per la sua relazione, che ho molto apprezzato, anche per la chiarezza e la franchezza.
Pongo una domanda relativa ai tempi di pagamento del CIP6 e dei certificati verdi che, alla fine, nel processo di formazione del prezzo credo abbiano un'incidenza.
Mi risulta che oggi occorrano tempi lunghi, ma anche se i dati in suo possesso sono diversi, rivolgo comunque un invito a vigilare anche su questo aspetto, che penalizza i piccoli produttori. È chiaro che il piccolo imprenditore, che ha compiuto l'investimento, si trova poi in grande difficoltà, tanto più in un contesto di stretta creditizia come l'attuale. Comunque, non devo certo insegnarvi come il fatto di penalizzare i piccoli leda inevitabilmente la concorrenza. Il costo degli oneri finanziari si scarica sul prezzo, quindi inevitabilmente sulla tariffa, cioè sull'utente finale.

IGNAZIO ABRIGNANI. Ringrazio il presidente per la sua presenza e per questa relazione su un argomento che, come ricordava prima il collega, abbiamo ampiamente trattato in questa Commissione. Indubbiamente si tratta di un tema molto particolare, in relazione alla necessità di energia che oggi rileviamo nel nostro Paese.
Come sappiamo tutti, abbiamo una dipendenza dall'estero che si situa intorno all'85 per cento. L'argomento parte dal lontano 1992, ma ancora oggi esiste la necessità di creare fonti alternative, che rendano il nostro Paese sempre più autonomo in materia, nell'idea di arrivare un domani, come è venuto a raccontarci il Ministro Scajola, a un mix formato da un 50 per cento di idrocarburi, un 25 per cento di nucleare e un 25 per cento di fonti rinnovabili. L'argomento in discussione riguarda specificamente queste ultime e ritengo che la riflessione sia stata indubbiamente condotta in maniera abbastanza compiuta.
A tal proposito mi permetto di segnalare al collega Quartiani - in qualche modo sto seguendo anche il provvedimento al Senato - che è stato predisposto un emendamento per allargare il CIP6 anche alla parte non degradabile, ma da quello che mi risulta, su tale proposta di modifica è stato dato parere contrario da tutti e tre i Ministeri, per cui non mi risulta che tale emendamento sia stato ancora votato.
Ritengo, quindi, che il provvedimento resterà uguale a come è uscito dalla Camera. Naturalmente il Senato è sovrano, per cui vedremo. Mi sembra comunque che l'idea di fondo sia chiara.
L'istituzione che lei presiede, presidente Catricalà, è quella che deve garantire il rispetto del principio della concorrenza. Sulla materia in discussione sono stati predisposti grandi piani di investimento. Ritengo che cancellare improvvisamente un'aspettativa, che comunque l'imprenditore legittimamente può avere, rappresenti sicuramente un approccio sbagliato. Lei ha ragione, quando ci dice che bisogna cercare di cominciare a fare un piano per circoscrivere il sistema di incentivi. Abbiamo ancora bisogno di energia rinnovabile, abbiamo ancora bisogno di creare termovalorizzatori per i rifiuti. Abbiamo effettivamente tutte queste necessità.
È questa, allora, forse la riflessione che io le chiedo di compiere. Bisogna contemplare queste due esigenze: da un lato l'esigenza del Paese e anche di chi ha investito su questa materia, dall'altro lato l'esigenza di chiarire come contemperare entrambi questi interessi.

CARLO MONAI. Signor presidente, anche io mi associo al ringraziamento per la illuminante relazione del presidente Catricalà, al quale chiedo come il costo aggiuntivo del CIP6 venga distribuito sull'utente finale e in che percentuale questo onere incida su una tariffa media.

ARTURO IANNACCONE. La ringrazio, presidente Catricalà, per la relazione che ha svolto. Volevo formularle una prima


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domanda: a pagina 3 della sua relazione si legge che sulla base dei dati del gestore dei servizi elettrici la distribuzione geografica degli incentivi ha avuto una distribuzione equilibrata in tutto il territorio nazionale, con una lieve prevalenza, soprattutto per ciò che concerne le assimilate, a favore di certe zone del sud, delle isole e del centro.
Avevamo dati diversi, anzi abbiamo sempre ritenuto che gli incentivi fossero stati assorbiti in larga misura in altre aree del Paese, anche se, probabilmente, si fa corretto riferimento allo sviluppo delle energie rinnovabili, cioè all'eolico, che chiaramente, per condizioni climatiche, ha avuto uno sviluppo maggiore al sud. L'eolico non è inquinante, ma ha un impatto ambientale notevole. Nella provincia di Avellino sorge uno dei parchi eolici più importanti d'Europa; poi, per una delle scelte bizzarre della politica, tra una pala e l'altra si vorrebbe costruire una discarica, cosa che spero non accada.
Anche se non è oggetto della sua relazione, secondo cui, in virtù di questo incentivo, sui consumatori e sugli utenti sussiste un aggravio del costo dell'energia, ricordo che tempo fa ho presentato un'interrogazione, proprio in merito alle tariffe energetiche. Tutti abbiamo potuto constatare, ad esempio, che non c'è stata correlazione tra il calo del prezzo del petrolio, con la riduzione del costo del barile, e la misura della tariffa. Qui si parla evidentemente di un'altra questione, però se lei potesse fornirci dati anche in merito a questo aspetto, le sarei estremamente grato.

LAURA FRONER. Signor presidente, mi associo anch'io ai ringraziamenti. Voglio rivolgere una domanda molto simile a quella formulata dal collega Vignali, a proposito dei certificati verdi. Si tratta di un argomento di cui mi sono interessata nel 2008, soprattutto vedendo che tardavano ad arrivare i provvedimenti attuativi che dovevano essere approvati.
Chiedo quanto pesino sugli utenti questi ritardi nell'adempiere a quanto previsto dalla normativa. Soprattutto, quanto pesino sui soggetti - in alcuni casi si tratta di enti locali - che si sono impegnati nella produzione di energie rinnovabili, facendo affidamento anche sui certificati verdi e sulle entrate che da questi possono derivare. Mi domando quanto costino questi ritardi agli utenti, non solo ai consumatori, ma anche agli enti locali.

ANDREA LULLI. Signor presidente, naturalmente ci associamo ai ringraziamenti. Voglio svolgere una considerazione: spesso ci lamentiamo della carenza di risorse finanziarie e poi, in realtà, ci accorgiamo che tali risorse esistono e magari sussiste un problema nel loro utilizzo.
Approfitto di questa occasione per fare la seguente riflessione: forse bisogna affrontare i problemi per quello che sono.
Siccome le tensioni, per quanto riguarda la gestione del ciclo dei rifiuti, non tenderanno a diminuire nei prossimi anni, credo che compito nostro - nel merito, vorrei conoscere il parere dell'Autorità - sarebbe quello probabilmente di riflettere sulla necessità di prevedere un intervento che, in qualche modo, agevoli lo smaltimento e il trattamento dei rifiuti e che lo separi dagli incentivi sulla produzione dell'energia elettrica.
Alla fine è importante anche il modo di utilizzare le risorse. Visto che una delle questioni che ci troviamo di fronte, per cercare di dare una risposta alla crisi economica, è quella delle energie rinnovabili, forse varrebbe la pena lavorare per separare e riordinare, se occorre, gli incentivi per la realizzazione dei termovalorizzatori. Bisogna ragionare apertamente di questo aspetto e arrivare ad una separazione. Temo che la vicenda dei sette-dieci anni si ripeterà probabilmente anche nel 2011.
Si tratta di una partita che rischia di non chiudersi mai, nonostante la politica tenti faticosamente di chiuderla: da una parte ci sono le aziende che hanno fatto investimenti e che nutrono aspettative in


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un certo quadro normativo, dall'altra, però, si manifesta una situazione palesemente complicata.
Non si può continuare a trasferire sulle tariffe dei cittadini relative all'energia rinnovabile i costi di interventi che dobbiamo realizzare in altri settori. Dobbiamo arrivare a una certa trasparenza.
Consegno questa riflessione e non pretendo una risposta su un punto che ritengo molto delicato. Ripeto che rischiamo di non uscire da questa vicenda e ciò costituirebbe un errore clamoroso, poiché bisogna «educare» i cittadini ad ammettere che, se c'è bisogno di spendere una certa somma per smaltire i rifiuti, occorre deciderlo in trasparenza. Non si può continuare a coprire con finte motivazioni un incentivo o un finanziamento diretto ad altro scopo. Questo approccio crea problemi e rischia, a lungo andare, di generare tensioni nel Paese.
Si dice - giustamente - che ad Acerra si è ricorsi a questo artificio per via dell'emergenza. Poi arriveranno gli impianti, che comporteranno determinate reazioni e alla fine si moltiplicheranno anche i problemi.
Abbiamo tentato giustamente di differenziare i rifiuti biodegradabili da quelli non biodegradabili, incorrendo però in questioni di talmente difficile gestione e di poca trasparenza per quanto riguarda le fonti di finanziamento, che si rende necessario il tentativo da parte della politica di operare una seria riflessione in proposito.

PRESIDENTE. Do la parola al presidente Catricalà per la replica.

ANTONIO CATRICALÀ, Presidente dell'Autorità garante della concorrenza e del mercato. Ringrazio il presidente e tutti gli onorevoli deputati per i loro interventi, che in realtà non pongono molte domande, bensì rivolgono tante sollecitazioni all'Autorità, tante richieste di approfondimento e anche di vigilanza sui temi.
Questa è una sede formale e non posso concedermi esternazioni che non siano quelle che il collegio mi ha autorizzato a fare, oltre a quelle che il mestiere dell'Antitrust impone di fare, come risulta poi anche dai vari scritti.
Certo, un sistema generalizzato di incentivazione che non premi le gestioni più efficienti, un sistema di incentivazione che non sia finalizzato ad un principio più importante di quello della tutela del mercato - quindi, la tutela dell'ambiente, la salute dei cittadini - è un sistema di incentivazione sproporzionato rispetto al fine che si vuole raggiungere, perché crea disarmonia nel mercato e non raggiunge nemmeno il fine della tutela dell'ambiente che si era prefisso.
È per questo che non abbiamo criticato in assoluto il sistema del CIP6, che pure ha avuto, nella storia italiana i suoi pregi; abbiamo criticato le distorsioni di questo sistema, e la distorsione molto evidente a favore di fonti che non erano fonti ecologiche, bensì semplicemente assimilate tramite un decreto ministeriale.
D'altra parte, il sistema giuridico nazionale europeo ed internazionale prevede che una volta fatte determinate scelte, che conducono ad investimenti da parte di privati e alla stipula di convenzioni che danno luogo a diritti soggettivi, non si possa colpire il diritto soggettivo, sia pure immeritatamente conseguito: si tratterebbe di un processo alla storia, che non spetta certo all'Autorità compiere.
Quel che noi possiamo immaginare è, d'ora in poi, un meccanismo virtuoso, per cui non ci siano allargamenti di questo sistema di incentivo che già ha creato distorsioni nel mercato con ricadute sulle tasche dei consumatori. Si chiede - rispondo ad una specifica domanda - quanto costa la maggiorazione a tre. Costa tanto: «La maggiorazione a tre» - sostiene il GSE, il Gestore dei servizi elettrici - «da oltre dieci anni risulta inserita tra le componenti del prezzo dell'energia elettrica e rappresenta di gran lunga la maggiore componente tra quelle definite dalla legge a copertura degli oneri di sistema». Effettivamente, quindi, stiamo parlando di aliquote che variano fino all'1,66, quindi


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particolarmente elevate. Ecco perché si arriva poi a totali così elevati, fino a 3,1 miliardi, a carico dei cittadini.
D'altra parte, riguardo alla distribuzione geografica, che noi riteniamo non essere stata penalizzante per alcune zone rispetto ad altre (la fonte è sempre il GSE), risulterebbe che tra fonti rinnovabili e fonti assimilate il 42,5 per cento sarebbe destinato dal Molise in giù, compresa la Sicilia e la Sardegna. Questo dato riguarda una rilevazione compiuta nel 2007, quindi abbastanza credibile.
Ovviamente, questa distribuzione è fatta in ragione dell'energia prodotta. Tuttavia, siccome tutta l'energia prodotta con queste fonti è comunque messa sul mercato, essa è da considerarsi tutta energia sovvenzionata.
Occorre pertanto portare avanti il disegno di legge già approvato dalla Camera e in discussione al Senato, per vedere se, in via convenzionale, si riescono a ridurre i termini di durata delle convenzioni. Occorre, altresì, invitare il Governo a non creare ulteriori aspettative per gli operatori del settore che diano luogo a diritti soggettivi, visto che sul CIP6 permane una sorta di valutazione generalizzata negativa. Non solo da parte dell'Antitrust, ma in tutti gli studi economici che abbiamo letto, non abbiamo trovato alcun sostegno, se non da parte di chi lo sostiene soprattutto perché ne riceve dei benefici.
Penso che se il termine per chiudere tali vicende da sette o dieci anni dovesse poi aumentare a venti, questo vincolo graverebbe in maniera non consona su un mercato come quello dell'energia, che effettivamente dipende in maniera pressoché totale da variabili che il Governo e nemmeno i nostri grandi distributori riescono a gestire.
I ritardi pesano moltissimo su questo sistema, soprattutto sul piccolo imprenditore che spera nel fotovoltaico o nel piccolo sistema idroelettrico. Le concessioni per l'idroelettrico richiedono tempi incredibili. Ci vogliono sei, sette, o anche dieci anni per avere una concessione per una fonte idroelettrica. Inoltre per avere i contributi, ci sono tempi lunghissimi.
Anche questo sistema, che burocraticamente è troppo farraginoso, effettivamente dà luogo ad ulteriori costi che poi, necessariamente, andranno a ricadere sui consumatori finali.
Nei prossimi anni ci sarà bisogno di gestire i rifiuti, sulla gestione dei quali abbiamo fatto di recente una segnalazione e, personalmente, ho svolto anche un'audizione.
Pensiamo che occorra rivedere tutto il sistema attuale, che vede in un consorzio una gestione troppo monopolistica del settore, anche se in passato avrà avuto i suoi meriti. Oggi, impedire a gestori privati e a piccoli smaltitori, che si vogliono industrializzare, di accedere direttamente al sistema, di stipulare direttamente la convenzione con il comune, di creare un nuovo mercato, francamente lo considero un atteggiamento antistorico. Mi pare che su questo ci sia stata anche una posizione molto precisa da parte del sottosegretario Bertolaso, che si è occupato di questa materia. Nell'attuale sistema, vista l'ingessatura che si rileva, vi è forse una via di uscita obbligata. Comunque spetta effettivamente all'autorità politica, stabilirlo.
Recepisco soprattutto gli inviti rivoltimi all'inizio dagli onorevoli Vico, Quartiani e Vignali. Saremo attenti a questo settore, cercheremo anche di monitorare, per quanto possibile, l'attività governativa e ministeriale, ben sapendo che poi l'Antitrust molto spesso è un grillo parlante, che può essere messo a tacere anche con una semplice sentenza del TAR. Questo, però, non ci deve scoraggiare. Da parte nostra, a questa Commissione che ho visto essere sul tema più preparata addirittura delle persone che avete qui interrogato, possiamo assicurare il massimo dell'impegno e della buona volontà.

PRESIDENTE. Ringraziamo il presidente per le puntualizzazioni e le risposte che ha fornito, nonché per la relazione che ha consegnato agli atti della Commissione,


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di cui autorizzo la pubblicazione in calce al resoconto stenografico della seduta odierna (vedi allegato).
L'argomento è stato affrontato in Commissione, in ragione anche di esperienze normative che hanno visto la Commissione stessa impegnata a prendere una posizione chiara. Sulle competenze dell'Autorità ci sarebbero da rivolgere altri interrogativi, rispetto alle attuali esigenze del Paese. Sicuramente la inviteremo in futuro per affrontare anche altri argomenti, perché sulla concorrenza c'è tantissimo da dire, anche in ragione dei provvedimenti che sono stati annunciati in questi giorni. Non dico ciò per fare dietrologia: si tratta di un invito assolutamente sereno, per sentire anche la sua opinione. La ringrazio ancora per la sua disponibilità.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 11,30.

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