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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XII
9.
Martedì 11 novembre 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2

Audizione del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sullo stato di attuazione dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, relativamente ai programmi di assistenza e integrazione sociale delle vittime dei reati di tratta e riduzione in schiavitù (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 2 8 9 13 14 15
Carfagna Maria Rosaria, Ministro per le pari opportunità ... 2 14 15
Castellani Carla (PdL) ... 14
Molteni Laura (LNP) ... 13
Mosella Donato Renato (PD) ... 13
Murer Delia (PD) ... 11
Mussolini Alessandra (PdL) ... 12
Porcu Carmelo (PdL) ... 9
Sbrollini Daniela (PD) ... 14
Turco Livia (PD) ... 8 15
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 11 novembre 2008


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 14.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sullo stato di attuazione dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, relativamente ai programmi di assistenza e integrazione sociale delle vittime dei reati di tratta e riduzione in schiavitù.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro per le pari opportunità, Maria Rosaria Carfagna, sullo stato di attuazione dell'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, relativamente ai programmi di assistenza e integrazione sociale delle vittime dei reati di tratta e riduzione in schiavitù.
Do la parola al Ministro per lo svolgimento della relazione introduttiva.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Grazie presidente. Rivolgo innanzitutto un ringraziamento a lei ed agli onorevoli deputati presenti, per avermi offerto l'opportunità di affrontare un tema così delicato e importante quale quello riguardante l'adozione di misure a sostegno delle vittime di tratta e riduzione in schiavitù, con particolare riferimento allo stato di attuazione dell'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione.
Prima di affrontare il tema oggetto dell'audizione desidero esporre alcune riflessioni.
La tratta di persone è una profonda violazione dei diritti umani. Vittime sono individui, donne, bambini, ridotti in condizione di schiavitù, segregati e privati della loro libertà individuale; spostati dal luogo di origine ad un altro, contro la loro volontà, al fine di sfruttarne il corpo o il lavoro; tenuti in condizioni di vulnerabilità fisica e psicologica, in modo da impedirne o diminuirne la capacità ad autodeterminarsi. La tratta può essere definita come lo spostamento di una persona, contro la sua volontà, dal luogo di origine ad un altro, al fine di sfruttarne il lavoro o il corpo.
Le persone, vittime di tratta, sono costrette a vivere nella clandestinità e si trovano in una condizione di maggiore dipendenza, sia psicologica che fisica, dai propri trafficanti.
Soprattutto pensando alla loro condizione e al loro diritto di rendersi libere ho voluto introdurre nel disegno di legge recante «Misure contro la prostituzione», presentato al Senato, una nuova fattispecie criminosa: «l'associazione a delinquere finalizzata allo sfruttamento della prostituzione». Quasi sempre infatti dietro la prostituzione si nasconde un'organizzazione criminale che riduce in schiavitù le proprie vittime.
Il reato di sfruttamento della prostituzione, o di riduzione in schiavitù, o di tratta di esseri umani deve essere affiancato da una specifica previsione di associazione


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per delinquere, quando questa è diretta allo sfruttamento della prostituzione.
Per contrastare le organizzazioni finalizzate al compimento di reati di sfruttamento della prostituzione minorile e di induzione, favoreggiamento e sfruttamento della prostituzione, è previsto, nel disegno di legge citato un inasprimento delle pene per questo tipo di associazione a delinquere, stabilite nella reclusione da quattro a otto anni per i promotori ed organizzatori dell'associazione e da due a sei anni per i partecipanti.
All'inizio del mio mandato ho voluto visitare alcuni centri antiviolenza di Roma che ospitano donne vittime di tratta e di violenza e ho avuto la possibilità di conoscere alcune donne ospiti di questi centri. Alcune sono molto giovani, extracomunitarie che hanno trovato accoglienza e protezione e che hanno avuto la forza e il coraggio di ribellarsi. Donne che sono state asservite, gravemente sfruttate, schiavizzate attraverso il lavoro o la prostituzione e maltrattate.
Un importante strumento a loro difesa è dato proprio dall'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione.
L'articolo 18 del decreto legislativo n. 286 del 1998, come è noto, prevede il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale al fine di «consentire allo straniero di sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti dell'organizzazione criminale e di partecipare ad un programma di assistenza ed integrazione sociale». È la stessa norma che chiarisce che tali situazioni possono emergere sia da indagini di polizia giudiziaria, sia nel corso di attività svolte dai servizi sociali degli enti locali, superando, in tal modo, la precedente disciplina che collegava la concessione di questo speciale permesso di soggiorno esclusivamente alla collaborazione offerta nell'ambito di un procedimento penale.
Il dato centrale che caratterizza tale permesso trova la sua ragione specifica nella volontà precisa di aiutare la vittima del traffico di esseri umani, concedendole la possibilità di spezzare il vincolo che la lega al proprio persecutore e permettendole di intraprendere un percorso di inserimento sociale che può essere duraturo e definitivo.
La lettura attenta dell'articolo 18 non può prescindere dall'esame dell'articolo 27 del regolamento di attuazione del testo unico che ne chiarisce meglio contenuti e portata. Infatti, essenziale caratteristica dell'istituto in questione è la previsione di un doppio percorso per l'ottenimento del permesso di soggiorno: quello giudiziario e quello sociale, senza che l'uno influenzi l'altro. Il rilascio del permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale non è, pertanto, in alcun modo subordinato all'obbligo di denuncia da parte della vittima, consentendo la possibilità di un recupero sociale e psicologico che porti successivamente a un clima di fiducia, elemento fondamentale per la successiva ed eventuale collaborazione giudiziaria. La drammaticità e l'incredibile violenza di alcune situazioni in cui le vittime, spesso minorenni, evidenziano l'importanza del percorso sociale ai fini di una reale efficacia applicativa del permesso di protezione sociale.
La proposta di rilascio del permesso di soggiorno può essere effettuata oltre che «dal procuratore della Repubblica, nei casi in cui sia iniziato un procedimento» anche «dai servizi sociali degli enti locali o delle associazioni, enti ed altri organismi» titolari dei progetti di protezione sociale. Successivamente, il questore provvede al rilascio del permesso di soggiorno per motivi umanitari.
Ulteriore elemento caratterizzante l'istituto è l'esistenza di «concreti pericoli» per l'incolumità del soggetto, in relazione alle proprie dichiarazioni rese o ai tentativi falliti per sottrarsi ai condizionamenti dell'organizzazione criminale. L'elemento del pericolo assume, quindi, particolare importanza ed è ribadito anche dal comma 2, dell'articolo 27, ove si fa riferimento alla «gravità» ed «attualità» del medesimo.
È necessario che alla richiesta di permesso sia allegato il programma di assistenza ed integrazione sociale, nonché


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l'adesione dello straniero. Ritengo importante sottolineare l'aspetto dell'adesione al programma in quanto l'interruzione o una condotta incompatibile con le finalità del programma stesso comportano la revoca del permesso.
Il permesso di soggiorno per protezione sociale ha la durata di sei mesi e può essere rinnovato per un anno o «per il maggior periodo occorrente per motivi di giustizia».
Un'ulteriore caratteristica è la «convertibilità» del permesso, determinante per un effettivo inserimento sociale. Se alla scadenza del permesso di soggiorno l'interessato ha un contratto di lavoro o è iscritto ad un corso regolare di studi, il permesso può essere rinnovato o convertito in permesso di studio.
Pertanto, alla vittima di tratta, una volta rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, vengono garantiti: adeguata protezione; partecipazione ad un programma di recupero e di reinserimento nella società; accesso ai servizi assistenziali e allo studio; iscrizione nelle liste di collocamento per eventuale svolgimento di lavoro subordinato.
Il percorso sociale di recupero della vittima di tratta consiste in un progetto di assistenza e integrazione sociale ad opera dei centri di accoglienza e con la supervisione dei comuni di appartenenza, nell'accoglienza e ascolto in una struttura protetta, nel sostegno psicologico, nella frequenza di un corso di lingua italiana, nella ricerca di occupazione.
Al quadro normativo delineato è necessario aggiungere la legge n. 228 del 2003 recante «Misure contro la tratta di persone», attraverso la quale si è provveduto, innanzitutto, a ridisegnare nel nostro ordinamento giuridico talune figure di reato, e precisamente quelle di riduzione in schiavitù, tratta di persone e commercio di schiavi e acquisto e alienazione di schiavi.
L'articolo 12, in particolare, prevede l'istituzione, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri, di un «fondo speciale» per il finanziamento dei programmi di assistenza ed integrazione sociale in favore delle vittime di tratta e riduzione in schiavitù, nonché delle altre finalità di protezione sociale previste dall'articolo 18 del testo unico sull'immigrazione. L'articolo 13 garantisce programmi di assistenza con adeguate condizioni di alloggio, vitto ed assistenza per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone per i cittadini comunitari, facendo salve la disposizione prevista dall'articolo 18 del testo unico per gli stranieri.
In ottemperanza alle disposizioni dell'articolo 13, il Dipartimento per le pari opportunità ha emanato due bandi - nell'agosto 2006 e nell'agosto 2007 - per l'attuazione di progetti destinati alle vittime dei reati sopra citati.
Ad oggi il Dipartimento ha cofinanziato 49 programmi. Al riguardo fornisco i seguenti dati: sei progetti di assistenza in Lombardia, in Sicilia e in Puglia; quattro progetti nel Lazio e in Campania; tre progetti in Liguria, nel Friuli Venezia Giulia e nel Veneto; due progetti nella Marche, in Abruzzo, in Toscana, in Umbria, Calabria e Sardegna; un progetto di assistenza in Basilicata.
In applicazione dell'articolo 18, il Dipartimento per le pari opportunità, dal 2000 al 2008, ha bandito nove avvisi, pubblicati sulla Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana, per la presentazione di progetti in questo ambito e ne ha cofinanziati 533 che interessano l'intero territorio nazionale, tra questi 63 progetti in Piemonte; 57 in Puglia e in Toscana; 40 nel Lazio.
In particolare, in materia di tratta di esseri umani, da quando è iniziato il mio impegno governativo, ho provveduto a: ricostituire, con decreto che è attualmente in fase di registrazione, la commissione interministeriale per il sostegno alle vittime di tratta, violenze e grave sfruttamento; convocare la citata commissione per concludere le procedure di valutazione dei progetti di assistenza ed integrazione sociale ex articolo 18 del testo unico sull'immigrazione e per approvare il nuovo bando, per i progetti di prima assistenza previsti dall'articolo 13 della legge 228 del


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2003, che è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale il 5 agosto 2008 ed il cui termine di presentazione dei progetti è scaduto il 19 settembre ultimo scorso.
Al riguardo comunico che in data 30 ottobre la segreteria tecnica della commissione interministeriale ha iniziato l'attività istruttoria finalizzata: ad esaminare, secondo i criteri di valutazione previsti nel bando, i ventinove progetti pervenuti al Dipartimento per le pari opportunità; a convocare i rappresentanti degli enti cui il Dipartimento per le pari opportunità ha affidato la gestione delle postazioni territoriali del numero verde antitratta (800.290.290). Il Dipartimento ha provveduto a stipulare un protocollo d'intesa per il sostegno delle vittime della tratta con il Ministero del lavoro, famiglia e pari opportunità del Governo romeno.
Il protocollo, firmato a Bucarest il 9 luglio 2008, prevede la collaborazione tra Italia e Romania nel contrasto al fenomeno del traffico di esseri umani, con azioni concrete di integrazione sociale e occupazionale, attraverso progetti e interventi finanziati dal fondo sociale europeo.
Il protocollo favorisce, attraverso uno scambio di buone pratiche, la cooperazione tra le agenzie e i dipartimenti subordinati alle due parti nell'ambito dell'inclusione sociale delle vittime del traffico di persone, sostenendo, in particolare, la promozione degli esempi di successo che riguardano le donne, già vittime del traffico di persone, ora integrate nella società.
Il documento è stato sottoscritto dal Dipartimento per le pari opportunità della Presidenza del Consiglio dei Ministri, da otto regioni italiane (Calabria, Campania, Emilia-Romagna, Lazio, Marche, Sicilia, Toscana, la regione Piemonte capofila) e dalle province autonome di Trento e Bolzano; dal Ministero del lavoro, salute e politiche sociali e dal Ministero del lavoro, della famiglia e delle pari opportunità romeno.
Secondo i dati in possesso del Dipartimento le persone che nel corso di questi anni sono entrate in contatto con i progetti e hanno ricevuto una prima assistenza sono state 54.559.
Non tutte hanno avuto la possibilità - o hanno scelto - di aderire ai programmi di protezione sociale, ma tutte hanno ricevuto, in ogni caso, un primo aiuto consistente per lo più in «accompagnamenti assistiti» presso strutture sanitarie, o hanno usufruito di consulenza legale e psicologica con relativi accompagnamenti presso strutture sanitarie.
Tra le 54.559 vittime contattate e accompagnate ai vari servizi sociali ben 13.517 sono quelle inserite nei progetti di protezione sociale, di cui 938 minori di anni diciotto; mentre 9.663 sono le vittime avviate ai corsi di formazione e 6.435 le vittime già inserite all'interno di progetti lavorativi.
Per correttezza di informazione preciso che i dati si riferiscono ai primi sette avvisi. Per gli ultimi due avvisi, banditi nell'anno in corso, i dati non sono ancora disponibili.
Per quanto riguarda la nazionalità di provenienza delle vittime della tratta di esseri umani inserite nei progetti, evidenzio che il triste fenomeno della tratta di esseri umani, ai fini di sfruttamento sessuale, interessa prevalentemente giovani donne e da una analisi dei dati relativi ai progetti presentati dai primi avvisi si rileva la presenza pressoché costante di ragazze provenienti dalla Nigeria e dai paesi dell'Est Europa.
In particolare, si riscontra una diminuzione del traffico delle cittadine albanesi e un aumento di presenze da altri paesi dell'est europeo, in particolare dalla Romania, Moldavia e Ucraina.
Di rilevante importanza, soprattutto per l'inserimento di cittadini provenienti dalla Romania e Bulgaria, è il comma 6-bis dell'articolo 18 che prevede la partecipazione alle disposizioni previste dall'articolo 18 di persone straniere nonché di cittadini di Stati membri dell'Unione europea che intendano sottrarsi alla violenza ed ai condizionamenti di soggetti dediti al traffico di persone a scopo di sfruttamento.


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Nel mondo sono 12 milioni 300 mila le persone sottoposte a sfruttamento lavorativo e sessuale. In Italia sono tra le 19 mila e le 26 mila ogni anno (i dati Caritas parlano addirittura di 30 mila).
Per quanto riguarda il numero dei permessi di soggiorno concessi, va rilevato che la loro percentuale, in rapporto ai permessi richiesti, denota un aumento negli anni compresi dal 2001 al 2004: si passa infatti da 833 nel 2001 a 927 nel 2004; si registra, invece, una fase di stallo negli anni 2005 e 2006 per poi aumentare nuovamente nel 2007 con 1009 permessi di soggiorno rilasciati.
Mi corre l'obbligo di evidenziare una certa disomogeneità applicativa sul territorio nazionale della normativa. Infatti, i tempi di rilascio del permesso di soggiorno sono diversi a seconda delle regioni.
Come ho già sopra evidenziato alla vittima di tratta, una volta rilasciato il permesso di soggiorno per motivi di protezione sociale, viene garantito un percorso di reinserimento sociale che si compone di vari step.
Dai dati in nostro possesso risulta che sono state avviate ai corsi di formazione professionale scolastica 9.663 vittime; i soggetti avviati al lavoro sono 6.435.
A tale proposito le indagini svolte evidenziano che il grado di scolarizzazione delle ragazze provenienti dall'Est Europa è medio-alto, mentre quello delle nigeriane è basso. Tale situazione mette in risalto la scarsa formazione di origine e la mancanza di competenze immediatamente spendibili nel mercato del lavoro locale.
In molti casi la formazione professionale è stata realizzata attraverso percorsi individualizzati di formazione pratica in impresa, di breve periodo o più lungo. Tale modalità offre il vantaggio di potersi misurare in contesti lavorativi normali, di acquisire le conoscenze necessarie e sperimentare il proprio grado attitudinale e comportamentale.
Il lavoro assume, pertanto, una valenza fortemente positiva e propositiva che va al di là del conseguimento dell'indipendenza economica da parte di una ragazza, precedentemente esclusa dal mercato del lavoro.
Riporto, al riguardo, alcuni dati sul reinserimento lavorativo: il 32 per cento delle vittime di tratta inserite nei progetti di assistenza viene collocata lavorativamente nell'area delle collaborazioni domestiche; il 23 per cento nel settore del commercio; il 22 per cento nel settore dell'industria; il 12 per cento nel settore del turismo; 1'8 per cento nei servizi alle imprese; il 3 per cento nell'agricoltura.
Come già ho accennato gli avvisi banditi dal Dipartimento per le pari opportunità sono a tutt'oggi nove.
Con l'avviso n. 7 è stato previsto un allargamento della tipologia di sfruttamento, non più ancorata solo a quella sessuale ma anche di tipo lavorativo, che riguarda soprattutto gli uomini; fenomeno che si sta estendendo ma di cui non conosciamo ancora il peso statistico. Questa estensione si è resa necessaria non solo per adeguare gli strumenti normativi alle nuove esigenze ed «urgenze» sociali, ma anche per interagire in modo sinergico con la legge n. 228 del 2003 che prevede, appunto, assistenza per le vittime dei reati di riduzione o mantenimento in schiavitù o in servitù e di tratta di persone sottoposte a sfruttamento di tipo sessuale, lavorativo, accattonaggio o rimozione di organi.
Lo sfruttamento lavorativo riguarda situazioni di grave irregolarità: casi in cui gli stipendi sono la metà di quelli previsti sindacalmente, casi in cui i lavoratori non vengono pagati affatto, o ricattati con il sequestro del passaporto o dei documenti di soggiorno.
Tuttavia, tale tipologia di sfruttamento non può essere identificato in senso stretto come tratta di esseri umani, in quanto, generalmente, la vittima arriva in Italia volontariamente e consapevolmente e, solo in un secondo momento, viene assoggettata e sfruttata.
Dall'analisi dei dati di cui all'avviso 7 emerge la seguente situazione: 859 casi


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registrati come sfruttamento sessuale; 76 casi registrati come sfruttamento lavorativo; 2 casi di accattonaggio.
L'aspetto dello sfruttamento lavorativo è, attualmente, al centro dell'intervento del Dipartimento, che al riguardo ha istituito un gruppo di studio ad hoc.
In ordine alla raccolta dei dati, preciso che a partire dall'avviso n. 8 (bandito ai sensi dell'articolo 18) e dall'avviso n. 1 (bandito ai sensi dell'articolo 13 della legge 228 del 2003) è stato previsto un nuovo sistema di monitoraggio che comprende la predisposizione di schede individuali di entrata e di uscita delle vittime nei programmi di assistenza. Attraverso tale strumento sarà possibile la raccolta e l'elaborazione di informazioni e dati sul fenomeno, che contribuiranno a una lettura aggiornata ed approfondita in grado di realizzare, di conseguenza, una programmazione degli interventi futuri.
Tra le azioni positive poste in essere dal Dipartimento segnalo, inoltre: il già menzionato servizio numero verde 800.290.290 - avviato formalmente alla fine del luglio 2000 - che si compone di una postazione centrale (con operatori attivi giorno e notte) e di quattordici postazioni locali (con operatori attivi per circa sei ore a turno). I titolari delle postazioni locali del numero verde sono gli enti locali; questi ultimi, per la loro operatività, si avvalgono della collaborazione di organizzazioni no profit e di operatori esperti.
Le postazioni locali sono dislocate in diverse macro-aree a carattere regionale ed interregionale, dove sono attivi contestualmente i progetti di protezione sociale, realizzando in tal modo un'importante attività di raccordo e di connessione tra i servizi e le vittime.
Il numero verde ha come finalità generali di: informare le persone soggette a tratta, in condizioni di sfruttamento, riduzione in schiavitù o servitù delle possibilità loro offerte dalla legislazione italiana per sottrarsi ai trafficanti; consentire agli operatori direttamente preposti a contrastare il fenomeno dello sfruttamento e della tratta, nonché a quanti si pongono in una relazione di aiuto con possibili persone vittime di sfruttamento, di avere una rete specializzata in interventi sociali capaci di rispondere nell'urgenza e nell'emergenza all'accoglienza della richiesta d'aiuto e alla pronta assistenza alle vittime; coadiuvare le singole postazioni periferiche nelle funzioni di mediazione linguistico culturale, sia mettendo a disposizione il proprio personale, sia attivando dispositivi di «call conference» tra le varie postazioni periferiche; creare un sistema di monitoraggio tra le postazioni periferiche.
Ricordo inoltre che la nuova convenzione del numero verde è stata maggiorata del 10 per cento e prevede un'innovazione: il servizio è garantito per diciotto mesi, invece di dodici, e si rivolge anche alle donne che esercitano la prostituzione al chiuso, in case o appartamenti. Tale servizio è definito «pro-attivo»: nel senso che gli operatori non aspettano passivamente la chiamata delle donne, che esercitano la prostituzione, ma diventano essi stessi promotori chiamando - utilizzando gli indirizzari che offrono i giornali locali - e dando informazioni inerenti ai servizi, alle possibilità di uscire dallo sfruttamento.
Secondo i dati riportati dalla postazione centrale, per il periodo da gennaio a novembre 2007, sono arrivate 14.560 chiamate.
Ricordo, inoltre, presso la Presidenza del Consiglio dei Ministri - Dipartimento per le pari opportunità è stato istituito l'Osservatorio sul fenomeno della tratta degli esseri umani.
L'offerta di tale servizio si propone di costruire strumenti e sistemi di conoscenza e di monitoraggio sul fenomeno della tratta nelle sue diverse forme e sulle politiche e gli interventi intrapresi da una molteplicità di soggetti a livello locale e nazionale ed internazionale, di offrire strumenti di raccordo tra gli enti di diversa natura e a diversi livelli impegnati nella tutela delle persone trafficate e nel contrasto al fenomeno.
Il corrispettivo omnicomprensivo per tutte le attività indicate è pari a quattrocentomila euro.


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I dati e le informazioni fin qui fornite confermano l'impegno e l'attenzione del Ministero per le pari opportunità sul fenomeno della tratta di esseri umani, impegno che con sicurezza posso affermare essere di tutto il Governo.
Ho iniziato il mio intervento ricordando la visita al centro anti tratta di Roma, che si chiama «Prendere il volo», tre parole evocative che sintetizzano lo scopo dei programmi di assistenza ed integrazione sociale che il Dipartimento per le pari opportunità finanzierà: aiutare le donne e i minori vittime della tratta, dello sfruttamento e della schiavitù a prendere il volo verso la libertà e l'autonomia.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.

LIVIA TURCO. Innanzitutto, mi scuso per il ritardo con cui sono arrivata.
Vorrei ringraziare la signora Ministro per la relazione molto dettagliata che ha presentato, che avremo modo di approfondire.
Come dicevo, si tratta di una relazione particolareggiata che conferma il valore dell'articolo 18, che elaborammo nell'ambito del decreto legislativo del 1998 n. 286. Quella norma - ci tengo a sottolinearlo, non solo per amore della verità, ma perché spiega molti aspetti della legge stessa - fu elaborata attraverso il confronto, il concorso e il suggerimento di tutte le associazioni laiche e cattoliche che, da sole, si erano impegnate per prime, conoscendo il fenomeno della riduzione in stato di schiavitù, per portare aiuto alle donne. Furono proprio quelle associazioni che suggerirono al Governo di elaborare un provvedimento che prevedesse il rilascio di un permesso di soggiorno per ragioni umanitarie, collegato a un percorso di reinserimento sociale.
L'articolo 18 prevede, appunto, la possibilità di uscire dalla prostituzione, e quindi di recidere il fenomeno e la condizione di schiavitù, attraverso l'accettazione esplicita di un programma di reinserimento sociale e un proprio contributo alla denuncia dei trafficanti.
Nell'articolo 18, tuttavia, come peraltro è stato detto, è previsto anche un percorso di tipo sociale, sulla base del quale è sufficiente la volontà di collaborare da parte della donna per uscire dalla prostituzione e per poter accedere al percorso di reinserimento sociale.
Quelle che suggerirono al Governo di allora l'elaborazione della norma sono associazioni straordinarie: dalla Caritas, alla Comunità Papa Giovanni XXIII, al gruppo Abele di Torino, a molti altri operatori, ai quali deve andare la gratitudine di tutti noi.
Infatti, furono loro che per primi capirono il fenomeno, si impegnarono e aiutarono l'Italia ad avere una norma di legge che ci rese un punto di riferimento nell'insieme dell'Unione europea.
Per questo, ritengo che sia importante - ed è la richiesta che avanzo al Ministro - impegnarci il più possibile, affinché l'esistenza di questa norma sia conosciuta.
Credo, inoltre, che anche lei, come noi, abbia un rapporto stretto con queste associazioni, le quali ci dicono quanto questa norma sia ancora poco conosciuta e quanto, per applicarla, sia importante il sostegno delle associazioni stesse, degli operatori e degli amministratori locali.
Penso quindi che sia importante far conoscere l'esistenza di questa norma, potenziare il numero verde, ma soprattutto impegnarci nella formazione degli operatori.
Infatti, nonostante i passi in avanti che sono stati compiuti, esistono delle difficoltà da parte delle questure e delle forze di polizia, nell'affrontare un tema così delicato.
La formazione è dunque importantissima, così come lo è il sostegno alla rete dei servizi. L'insieme delle associazioni raccontano e lamentano una situazione di difficoltà.
Recidere i legami di schiavitù e promuovere un percorso di inserimento sociale molto impegnativo richiedono un sostegno forte alla rete dei servizi sociali.


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Per questo, ci permettiamo di dire che l'applicazione dell'articolo 18 non è altra cosa rispetto alla promozione della rete integrata di servizi e al potenziamento del fondo per le politiche sociali.
Pensando alle esperienze concrete dei centri antiviolenza, ma in particolare dei centri antitratta, si rende evidente che questi devono poter operare in un contesto coordinato di servizi che prevedano, appunto, l'inserimento lavorativo, la formazione e via dicendo, con una continuità di risorse e una certezza di riferimenti. Altrimenti, non è possibile uscire da una situazione di precarietà e di frammentazione.
Allo stesso modo, credo che sia molto importante insistere per siglare accordi di collaborazione con i Paesi da cui provengono i flussi migratori a cui sappiamo essere collegate le donne che sono in condizione di schiavitù.
Insieme all'apprezzamento per i dati forniti, che confermano la validità della norma in questione, vorremmo chiederle, Ministro, di proseguire e intensificare questo impegno, ribadendo che esso non può essere disgiunto dal potenziamento della rete integrata dei servizi.
In proposito, non possiamo non ricordare che ci stiamo battendo in queste stesse ore, affinché il fondo per le politiche sociali e quello per la famiglia non vengano falcidiati.
Non si può applicare bene un articolo impegnativo come l'articolo 18, promuovere un processo di reintegrazione sociale per situazioni così drammatiche e difficili, come quelle di donne costrette in stato di schiavitù, all'interno di una rete di servizi sociali debole e frammentata. Pertanto, l'impegno deve essere globale.
Nel concludere e nel chiedere al Governo il massimo dell'impegno nell'applicazione di questa norma, voglio dire che per quanto mi riguarda non intendo entrare nel dibattito sul tema della prostituzione che mi vede su posizioni totalmente contrarie rispetto al provvedimento che il Ministro ha presentato. Non credo che questa sia la sede adatta per svolgere questa discussione.
In ogni caso, vorrei chiedere al Ministro se ha avuto modo di leggere e di riflettere sul documento che tutte le associazioni impegnate sul tema della lotta alla tratta le hanno inviato. Vorrei sapere se lei, signor Ministro, ha ricevuto queste associazioni e che cosa intende rispondere loro, laddove esse sollecitano l'applicazione piena dell'articolo 18 e ravvisano anche un forte rapporto fra l'applicazione di questo articolo e la normativa più generale.
Vorrei sapere che cosa risponde alle associazioni che pongono il quesito circa il fatto che, qualora venisse del tutto proibita la prostituzione sulle strade e non fosse possibile per gli operatori avere un rapporto con queste donne - parliamo del rapporto che ha consentito lo sviluppo del faticoso processo di uscita dalla schiavitù, dalla prostituzione coatta -, l'articolo 18 verrebbe vanificato.
Non voglio entrare nel dibattito sulla prostituzione, ma esiste un legame tra le questioni in oggetto.
In particolare, mi interessa sapere dal Ministro la risposta che intende dare a queste straordinarie associazioni che, credo non a caso, insieme hanno scritto un documento che è inequivocabile nel giudizio rispetto all'applicazione dell'articolo 18, nei suggerimenti che offre, ma anche nella valutazione sul rapporto tra l'articolo 18 e la normativa più generale sulla prostituzione.

PRESIDENTE. Vorrei ricordare alla Commissione che i lavori d'aula riprendono alle 15,30. Pertanto, dal momento che vi sono altri tre iscritti a parlare, vi invito a contenere gli interventi, per consentire al Ministro di replicare e concludere l'audizione nella giornata di oggi

CARMELO PORCU. Signor presidente, prima di tutto vorrei ringraziare il Ministro Carfagna per l'esauriente relazione che ha esposto su un tema così importante.
Devo esprimere anche il mio apprezzamento, sia per i contenuti della relazione presentata, sia per tutta l'opera che


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sta svolgendo, nell'importantissimo Ministero per le pari opportunità, per venire incontro alle drammatiche situazioni sociali, nelle quali versa il nostro Paese.
È un compito arduo - lo so -, perché viviamo una situazione di crisi internazionale, sia economica che sociale, molto importante. Quindi, operare interventi a favore delle fasce sociali più deboli in una situazione così drammatica e difficile risulta spesso molto complicato.
Devo dire anche che l'approccio realistico ai problemi e il tentativo di trovare subito soluzioni concrete mi sembra molto importante. Infatti, avendo a che fare con questi argomenti, a volte si tende a fare filosofia senza risolvere i problemi.
Vorrei sottolineare che quello della tratta degli esseri umani è il fenomeno più odioso che la società moderna possa produrre.
Questa realtà ci richiama a temi ancestrali, come la subordinazione dell'uomo sull'uomo, l'umiliazione, l'omicidio, la persecuzione, la sopraffazione nel senso più belluino del termine e ci inquieta molto, tanto che fatichiamo a trovare argomenti di carattere razionale, per giustificare la tanta malvagità che è insita nell'umanità attuale.
Possiamo anche dire che, spesso e volentieri, il progresso scientifico e dei costumi non ci ha dato degli antidoti importanti contro tale malvagità. Dobbiamo trovare una risposta ricorrendo forse alla razionalità dell'uomo. Senza dubbio, tuttavia, più che ricercare cause che non si possono neanche trovare, tanto sono inerenti a un abisso di perversità, bisognerebbe cercare di colpire e di reprimere in maniera forte questo tipo di fenomeni.
Se non usciamo da una logica non della benevolenza, ma della comprensione a tutti i costi della giustificazione sociologica di certi fenomeni, non ne verremo a capo.
Parliamo di persone, soprattutto di giovani, donne e bambini, che sono soggetti ad una malvagità immensa. Quindi, è necessario che la risposta delle istituzioni, della parte sana dell'umanità sia molto determinata.
In particolare, occorre prevedere non soltanto una fase di aiuto alle vittime, ma anche una forte repressione di questi fenomeni, ricorrendo anche all'aumento delle pene in maniera significativa e soprattutto facendo in modo che esse vengano effettivamente sopportate fino in fondo da chi viene condannato e ritenuto colpevole dei reati in questione.
Il fenomeno è inquietante; lo so bene. Tuttavia, siamo illuminati da una sorta di grande partecipazione umana a questo tipo di drammi.
Signor Ministro, lei è ben consapevole di quanto dico, perché immagino che si sarà accorta di quanto grande sia il coinvolgimento delle associazioni, dei reticoli di varie persone, di importanti pezzi della società a proposito dei temi in esame.
Credo che l'azione del Governo italiano non debba essere isolata rispetto al contesto internazionale. Gli altri Paesi, non soltanto quelli direttamente interessati in quanto vittime di queste situazioni, come la Romania, i Paesi dell'est o la Nigeria, sono chiamati a svolgere un'azione di vera e propria polizia internazionale su questo fenomeno. È necessario che in sede europea, di Nazioni unite, si alzi il livello dell'allarme sociale su questi accadimenti.
Signor Ministro, farò solo un accenno al suo brillante ed esauriente intervento sul tema della tratta per motivi di abuso sessuale e al suo discorso particolarmente importante sul nuovo fenomeno della tratta ai fini di sfruttamento lavorativo.
Questo ci riporta ad una situazione drammatica che - vorrei sottolinearlo - è particolarmente ripugnante quando riguarda i bambini.
Vorrei soffermarmi sul fenomeno - brevissimamente presidente, non si preoccupi, ho quasi finito - della tratta di esseri, ai fini del commercio di organi.
Tale fenomeno rimane nella penombra della sociologia internazionale e, da circa vent'anni, appare e scompare.
Signor Ministro, lei sarà a conoscenza del fatto che due giorni fa, a Lagos, in Nigeria, è stata scoperta una struttura che dall'esterno sembrava una clinica di ostetricia e neonatologia, ma che, in realtà,


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all'interno era un lager; un posto di una malvagità abissale, dove sembra che venissero procreati esseri umani destinati al commercio di organi. Questo fenomeno deve allarmare tutti quanti. Permangono delle zone d'ombra e delle difficoltà di approccio su questo particolare tema.
Sono sicuro che il Governo italiano compirà dei passi importanti verso la comunità internazionale, affinché questo elemento sia portato alla luce e, senza falsi pudori, venga riportato a una realtà oggettiva, a una luce viva che deve illuminare un settore così importante e drammatico della convivenza umana, tra esseri che si definisco civili, nel XXI secolo.
Come ho già detto, l'approccio al tema deve essere concreto e indirizzato alla salvaguardia dei diritti delle persone che soffrono questa situazione, ma anche alla punizione molto dura dei colpevoli, quando vengono identificati.
Anche le nazioni del Terzo mondo e dell'Est europeo devono essere riportate, in maniera forte, dalla nostra sensibilità umana ed esistenziale, a nutrire rispetto nelle loro legislazioni e nei loro costumi per tale questione.
Non possiamo avere paura di manifestare il nostro sdegno verso queste forme di civiltà cosiddetta «extraeuropea», quando in queste società non si applica fino in fondo il principio della difesa della dignità umana, che deve essere preliminare a ogni tipo di situazione e di cultura preesistente.

DELIA MURER. Vorrei ringraziare il Ministro Carfagna per il contributo che ci ha offerto.
Credo che dalle sue parole sia emerso molto chiaramente quanto sia stato importante introdurre l'articolo 18 nel nostro ordinamento e quanti risultati questo abbia prodotto sul territorio nazionale, laddove si sono potuti sviluppare progetti di applicazione, sia da parte degli enti locali, che delle associazioni a cui faceva riferimento l'onorevole Turco, le quali hanno sollecitato l'intervento del Parlamento dal quale è scaturita questa scelta legislativa.
Vengo da Venezia, città attrice di uno di questi progetti, dove è stato promosso un grande lavoro di applicazione dell'articolo 18 e dell'articolo 13.
L'amministrazione comunale di Venezia gestisce la postazione periferica del numero verde, per il Triveneto; quindi, conosco molto bene il valore di questa iniziativa.
Vorrei dire che, nelle realtà dove si è potuto costruire un rapporto positivo tra enti locali e associazioni di privato sociale, ma anche tra questura e procura della Repubblica, si sono ottenuti dei risultati eccezionali.
Riporto soltanto un esempio in tal senso. A Venezia sono state seguite 295 persone vittime di tratta, 222 di queste hanno concluso positivamente il percorso di accompagnamento e oggi si sono integrate nel territorio, senza avere più bisogno di nessuna forma di sostegno.
Si tratta dunque di predisporre dei percorsi brevi, che all'inizio siano tutelanti e che siano basati meno sull'assistenza e più sulla promozione della possibilità di trovare delle risorse, sia dal punto di vista abitativo che lavorativo, ai fini dell'inserimento.
All'interno di quella cifra, abbiamo avuto anche una piccola parte di persone che hanno scelto di ritornare nei propri Paesi.
Questa applicazione dà una percentuale di successo di circa il 90 per cento. Parliamo dunque di una realtà estremamente preziosa, dal momento che è molto difficile avere dei percorsi di recupero con dati di esito positivo di questo tipo.
Attraverso tale azione, abbiamo salvato queste ragazze, che per la maggior parte sono molto giovani, da un tragico destino di vita in schiavitù, da possibili violenze o dalla morte.
Quanto alla sua relazione, signor Ministro, ho trovato alcuni elementi di imprecisione rispetto alle determinazioni del Governo circa le risorse per i bandi. Ho capito che per il numero verde ci sarà un allungamento da 12 a 18 mesi, ma auspicherei un investimento di risorse importante


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che si accompagni, come veniva detto prima, anche ai fondi per le politiche sociali.
Dico questo, perché un comune non può riuscire, solo con i fondi dell'articolo 18, ad avere un servizio che segua un lavoro svolto anche in strada, che possa stare in relazione con queste persone.
I risultati a cui mi riferivo in precedenza si sono ottenuti, perché viene svolto un lavoro quotidiano di prevenzione, di rapporto e di accompagnamento ai servizi sanitari.
Si tratta di un lavoro prezioso per queste ragazze, ma anche per la popolazione della città.
Se ci troviamo di fronte a servizi sociali che non hanno risorse, è molto difficile potersi permettere delle politiche così mirate ed efficaci. Pertanto, prevedere un bando è importante, così come lo è garantire continuità di finanziamenti e di attuazione di progetti. Inoltre, occorre stanziare maggiori risorse sul sociale, perché temo che quelle attuali siano troppo scarse.
Riprendendo quanto diceva l'onorevole Turco, vorrei sottolineare che vi è una preoccupazione, tra gli operatori nella rete che si occupa dell'attuazione all'articolo 18, relativa alla proposta di vietare la prostituzione in strada. Infatti, gran parte delle attività svolte e dei legami intrecciati con queste realtà sono stati possibili anche grazie al lavoro svolto dai servizi sociali di contatto in strada. Si nutre preoccupazione circa l'ipotesi di portare al chiuso la prostituzione, perché, in tal modo, non avremmo più possibilità di contatto con queste persone e sarà più difficile la stessa applicazione dell'articolo 18.
Detto questo, mi permetto di regalarle un libro, signor Ministro, che è frutto di un convegno svolto a Venezia, nel quale sono state messe a confronto le varie esperienze di Venezia, Stoccolma e Amsterdam, dove è stata presentata una realtà non italiana, sulla base della quale si è constatato che la scelta di portare la prostituzione al chiuso ha determinato un enorme aumento della violenza nei confronti delle ragazze. Vorrei chiederle di leggerlo e mi auguro che possa essere di stimolo, di aiuto e che possa rappresentare una fonte di documentazione per il dibattito che si svolgerà nel nostro Paese su questo tema.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Signor presidente, vorrei ringraziare il Ministro Carfagna che, tra le altre cose, abbiamo avuto modo di audire in Commissione infanzia.
Sono quantomeno sconcertata da alcune dichiarazioni che ho ascoltato esprimere in questa Commissione relativamente al fatto che possa costituire un vantaggio per le donne e non solo - vorrei ricordare che ormai la prostituzione non è solo femminile, ma anche maschile e di altro tipo - la permanenza sulla strada, perché in questo modo possano essere intercettate dalle associazioni che sono in grado di aiutarle.
Questo significa che se togliamo queste persone dalla strada - senza considerare il punto di vista umano, sapete tutti quanto sia violento questo lavoro soprattutto sulla strada - non avremo più la possibilità di intercettarle? Questo è assurdo. Ed e molto grave che venga fatta un'affermazione del genere. Così facendo, infatti, non solo non si affronta questo problema delicatissimo, ma si intende anche lasciare queste persone per strada, in modo che siano visibili alle associazioni.
Sono fermamente contraria a questo tipo di ragionamento; mentre concordo pienamente con l'introduzione del reato di prostituzione su strada.
Peraltro, sono favorevole anche alla regolamentazione della prostituzione, perché purtroppo, anche se tutti noi siamo fermamente contrari a questo fenomeno, dobbiamo riconoscere che esiste.
Volevo puntualizzare soprattutto che l'articolo 18 è uno strumento molto efficace. Non credo, tuttavia, che possa avere la stessa efficacia per quanto riguarda la nuova prostituzione che viene soprattutto dalla Romania e dalla Bulgaria.
Tra l'altro, come sapete, essendo questi Paesi ormai comunitari, i loro abitanti non possono neanche più essere tracciati e


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identificati. Lo stesso Comitato dei minori stranieri non accompagnati non può nulla di fronte alle situazioni che si presentano relative a tante ragazzine e ragazzini.
I rappresentanti dell'associazione Save the children, ad esempio, affermano che i ragazzi non si vedono sulle strade, non essendo riconoscibili come le ragazze, o le donne, attraverso l'abbigliamento, ma sono comunque numerosissimi.
Il Ministero ha la delega proprio su questo aspetto, anche per quanto riguarda la prostituzione minorile, fenomeno ancora peggiore, perché vede i minori costretti alla prostituzione con tantissime violenze.
Occorre dunque cercare di avere degli strumenti estremamente efficaci. Non credo infatti che l'articolo 18, ad esempio, possa essere sufficiente, nel caso si abbia a che fare con minori; sia bambine, sia - stando alle analisi che abbiamo condotto in Commissione infanzia - bambini.

LAURA MOLTENI. Stavo terminando di leggere la relazione che ci è stata consegnata poco fa.
Il fenomeno della prostituzione su strada è sicuramente gravissimo e bene ha fatto il Ministro ad intraprendere iniziative volte ad eliminarlo.
A tal proposito, chiedo una verifica della questione che mi è stata segnalata. Domando se è vero che tra le donne che si prostituiscono su strada, ve ne siano alcune che, pur essendo di origine straniera, hanno un regolare permesso di soggiorno rilasciato per un'attività lavorativa.
Se così fosse, oltre al fenomeno dello sfruttamento della prostituzione e, in alcuni casi, della riduzione in schiavitù si evidenzierebbe l'esistenza di un altro fenomeno, quello legato a una commercializzazione di falsi permessi di lavoro.
Pertanto, sarebbe importante verificare se esistono false attestazioni lavorative che poi conducono al rilascio di certi permessi di soggiorno a donne che si prostituiscono.
Ciò evidenzierebbe un racket più ampio, oppure diversi racket che potrebbero essere interconnessi. Vengo ora alla questione minorile che è veramente preoccupante in tema di prostituzione.
Per quanto ne so, in merito ai minori stranieri non accompagnati rinvenuti sul nostro territorio, esistono dei percorsi di riavvicinamento, là ove possibile, alle famiglie di origine. Vorrei sapere, dunque, se anche nel caso della prostituzione di donne adulte esistono questi percorsi di riavvicinamento alle famiglie e al Paese di origine in forma protetta e se si preveda l'apertura di protocolli con i Paesi di provenienza delle prostitute.
Questo mi sembra un aspetto importante.
Mi riservo poi di svolgere un intervento in una prossima seduta, dopo che sarò riuscita a leggere con calma e in modo più approfondito la relazione del Ministro, che gentilmente è venuta in questa sede oggi a parlarci prontamente di fatti e di politiche chiare e concrete che sono sotto gli occhi di tutti e che mi sembra stiano portando dei risultati interessanti.

PRESIDENTE. Il Ministro sarebbe disponibile a tornare in Commissione nuovamente, ma vi invito a svolgere dei brevissimi interventi.

DONATO RENATO MOSELLA. Intanto mi scuso di essere arrivato in ritardo.
Se non avessi letto la relazione, non sarei intervenuto.
Vorrei ringraziare il Ministro, perché mi sembra che la relazione presentata, che merita approfondimento, ci fornisca qualche informazione. Tuttavia, se non ricordo male, nella legge n. 228 del 2003 era previsto un fondo contro la tratta di persone. Si può sapere qualche informazione in più a proposito? Anche se non è disponibile stasera, si tratta di un dato importante, perché gli argomenti su cui andremo a confrontarci nelle sedi opportune si basano su quanto è stanziato per questo tema.
Anche alla luce della finanziaria, possiamo sapere di quali soldi parliamo, di quanto è disponibile rispetto al fondo? Personalmente, non ho trovato tale riferimento


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nell'impianto finanziario, ma può darsi che si sia trattato di una mia mancanza.

DANIELA SBROLLINI. Vorrei porre una domanda analoga a quella del collega Mosella. Anch'io mi associo ai ringraziamenti al Ministro, per essere venuta in questa sede a riferirci il resoconto del lavoro svolto negli anni precedenti su questo importante tema.
Chiederei quali garanzie abbiamo, innanzitutto dal punto di vista finanziario, per il futuro. Ad oggi, infatti, dalla sua relazione, abbiamo delle assicurazioni soltanto sulla questione del numero verde. Tuttavia, non è chiaro quali saranno le risorse per i prossimi anni. Quindi, chiedo al Ministro l'impegno di tornare, magari tra qualche mese, per fare il punto rispetto a come costruire politiche di continuità, visto il lavoro svolto negli anni precedenti proprio su un tema che - ahimè - è all'ordine del giorno in maniera drammatica.

CARLA CASTELLANI. Signor presidente, intervengo brevemente, perché mi riconosco completamente nell'intervento del collega Porcu. Ringrazio il Ministro per la sua relazione, ma mi permetto di porre una domanda.
Ministro, lei ha riferito circa una serie di progetti, in applicazione dell'articolo 18, che coinvolgono moltissime vittime della tratta: bambini, donne e via dicendo.
Chiedo tuttavia se esista una statistica che verifichi, in virtù di questi progetti, il reinserimento sociale, lavorativo e scolastico, che dimostri compiutamente l'efficacia di questo percorso.
Dico questo, perché credo che sia interessante conoscere i risultati a valle dei progetti di recupero relativi a queste problematiche.

PRESIDENTE. Do la parola al Ministro per la replica.

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Cercherò di essere breve nelle risposte che tenterò di sintetizzare, visto che molte delle domande che sono state poste possono determinare risposte analoghe.
Credo che dalla relazione sia emersa la volontà del Ministero per le pari opportunità e di questo Governo di sostenere e potenziare gli interventi di integrazione sociale, ex articolo 18.
Riteniamo che l'articolo 18 sia importante e che abbia dato, come ho evidenziato nella relazione, buoni risultati. Per questo motivo, riteniamo opportuno, così come è stato chiesto, proseguire su questa strada.
Per quello che riguarda i bandi, ognuno di essi costa 400 milioni di euro. In corso ve ne sono tre. Ovviamente per il 2009 ne verranno indetti altri. Quindi, l'impegno complessivo attualmente è di 1.200 milioni.
Per quanto riguarda il fondo che è stato istituito con la legge antitratta del 2003, vi farò pervenire, attraverso un documento scritto, oppure mediante una mia rinnovata presenza in questa Commissione, i dati certi, relativi al fondo di cui mi è stata richiesta la sorte.
Naturalmente, ringrazio l'onorevole Porcu e tutti coloro che sono intervenuti, perché mi hanno offerto spunti importanti per riflettere e cercare di dare risposte adeguate e concrete ai fenomeni relativi al disagio sociale.
Verificherò anche l'esistenza di eventuali permessi di soggiorno rilasciati per falsi contratti di lavoro.
Per quello che riguarda il fenomeno della prostituzione, non credo che questa sia la sede adatta per aprire un dibattito che inevitabilmente richiederebbe del tempo.
Quanto al documento firmato dalle varie associazioni, mi preme ricordare che l'associazione Giovanni XXIII è stata determinante nel contribuire alla definizione del perimetro in cui si è venuto a predisporre l'articolo 18 ed è stata considerata come autorevole allora, pertanto, non vedo per quale motivo non debba essere considerata alla stessa stregua oggi (Commenti del deputato Turco).


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Io non l'ho interrotta e mi piacerebbe che lei facesse lo stesso.
Sicuramente l'associazione Giovanni XXIII non è l'ultima. Non facciamo una scala e una priorità.
Dopo cinquant'anni un Governo ha il coraggio di mettere mano a un argomento controverso per le implicite questioni di ordine etico e morale che comporta e lo fa con un impianto normativo che, in maniera evidente, tutela la libertà e la dignità delle donne.
Onorevole Turco, non mi accontento di lasciare le donne in strada solo perché così sono più facilmente contattabili dalle associazioni che si occupano di aiutare le donne.

LIVIA TURCO. Lei risponda con argomenti adeguati di fronte a una persona che ha lavorato all'articolo 18. Le chiedo rispetto!

PRESIDENTE. Onorevole Turco, la prego!

MARIA ROSARIA CARFAGNA, Ministro per le pari opportunità. Non c'è bisogno che si agiti. Non mi sembra di mancarle di rispetto (Commenti del deputato Turco).
Riteniamo che sia giusto vietare la prostituzione in strada non perché vogliamo fare i moralisti o i moralizzatori. I dati delle forze di polizia italiane già ci dimostrano, ci dicono e ci raccontano che il racket della prostituzione si sta spostando all'estero.
Fino ad oggi, l'Italia è stata considerata dalle organizzazioni criminali che sfruttano la prostituzione terra di conquista, perché non c'erano norme che impedivano e contrastavano questo fenomeno. Oggi gli sfruttatori sanno che in Italia non avranno vita facile.
Per questo, si stanno già spostando all'estero. Ci auguriamo che anche altri Paesi prendano responsabilmente in considerazione normative che possano contrastare questo fenomeno.
Se poi pensiamo - i dati parlano chiaro - che il 75 per cento delle prostitute esercita in strada e che la stragrande maggioranza di esse è soggetta a sfruttamento, a tratta e riduzione in schiavitù, anche contrastare e ridurre del 75 per cento il fenomeno non ci sembra cosa da poco.
Non dimentichiamo poi la funzione deterrente e dissuasiva della pena. Noi vogliamo dissuadere dal commettere reati gravissimi, come quelli che sono strettamente legati alla prostituzione in strada.
Se una donna viene maltrattata, sfruttata, violentata, ammazzata in strada, lo scopriamo il giorno dopo, quando è in una pozza di sangue.
Se questo accade in un condominio, di certo le urla fanno scattare immediatamente una denuncia. Questo gli sfruttatori lo sanno.
Siccome abbiamo introdotto anche un altro reato di associazione a delinquere finalizzato allo sfruttamento della prostituzione con pene altissime, ritengo che gli sfruttatori non siano così ingenui da farsi denunciare immediatamente, così come avverrebbe se lo sfruttamento avvenisse all'interno di un condominio.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per l'audizione e per la rinnovata disponibilità a tornare a parlare di questo e di altri argomenti in Commissione.
Speriamo, inoltre, di incontrarla nuovamente perché molti dei temi che vengono trattati in questa Commissione sono di pertinenza del Ministero per le pari opportunità.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 15,05.

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