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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XII
12.
Martedì 22 settembre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

Audizione del Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio, sui rischi per la salute della popolazione derivanti dalla diffusione in Italia del virus A-H1N1 e sulle iniziative adottate dal Governo per fronteggiare l'eventuale epidemia (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 6 10 11 16
Barani Lucio (PdL) ... 6 7
Binetti Paola (PD) ... 7
Bossa Luisa (PD) ... 9
D'Incecco Vittoria (PD) ... 10
Di Virgilio Domenico (PdL) ... 7
Farina Coscioni Maria Antonietta (PD) ... 10
Fazio Ferruccio, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali ... 3 7 11
Molteni Laura (LNP) ... 10
Mosella Donato Renato (PD) ... 9
Pedoto Luciana (PD) ... 8
Sardelli Luciano Mario (Misto MpA-Sud) ... 8
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE XII
AFFARI SOCIALI

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 22 settembre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 12,05.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera dei deputati.

Audizione del Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio, sui rischi per la salute della popolazione derivanti dalla diffusione in Italia del virus A-H1N1 e sulle iniziative adottate dal Governo per fronteggiare l'eventuale epidemia.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione del Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali, Ferruccio Fazio, sui rischi per la salute della popolazione derivanti dalla diffusione in Italia del virus A-H1N1 e sulle iniziative adottate dal Governo per fronteggiare l'eventuale epidemia.
Do la parola al Viceministro, professor Fazio.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute delle politiche sociali. Signor presidente, onorevoli deputati, dall'aprile del 2009 sono stati riportati dal Messico casi di infezione nell'uomo causati da un virus influenzale nuovo per l'uomo ma già conosciuto per la sua circolazione tra i suini. Si tratta di un virus influenzale di tipo A. Esso è ora denominato A-H1N1, dove H sta per emoglutinine, che sono parte del coating proteico del virus N, in cui N sta per neuroaminidasi. Il virus si è rapidamente diffuso dal Messico agli Stati Uniti e poi a tutti i Paesi del mondo, determinando una pandemia, ovvero un'epidemia a rapida espansione determinata dall'assenza di immunità della popolazione.
Nel XX secolo si sono verificate numerose pandemie influenzali a intervalli variabili dai dieci ai quaranta anni, causate sempre da virus nuovi rispetto a quelli circolanti. Ricordiamo la spagnola nel 1918-1919, virus H1N1, l'asiatica nel 1957-1958, virus A-H2N2, l'Hong Kong nel 1968-1969, virus A-H3N2, nonché una pandemia proveniente dai suini, anch'essa A-H1N1, negli Stati Uniti negli anni 1977-1978, per la quale fu avviata all'epoca una campagna vaccinale fino al suo esaurimento.
Il riscontro di un nuovo virus influenzale con potenziale pandemico ha subito allertato l'Organizzazione mondiale della sanità, che ha attivato i sistemi di sorveglianza predisposti negli Stati membri. Dal giugno del 2009 ha dichiarato il livello più alto di allerta pandemico tra quelli esistenti, la Fase 6, il che significa presenza di trasmissione interumana in comunità di più Paesi di diversi continenti.
I dati forniti dai sistemi di sorveglianza dei diversi Paesi, oltre alla rapidissima trasmissibilità della nuova influenza, hanno evidenziato anche il suo riguardare giovani adulti precedentemente in buona salute - ricordo che solo il 3 per cento dei casi finora analizzati è stato riscontrato in


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soggetti al di sopra dei sessantacinque anni - a carico dei quali si verificavano complicanze con maggior frequenza. Questo rappresenta un dato inusuale, in quanto l'influenza stagionale colpisce solitamente con maggiore frequenza le persone anziane e i bambini.
Si tratta di un elemento molto importante, perché dai dati illustrati potrete capire le motivazioni delle nostre strategie vaccinali. Ribadisco, pertanto, che solo il 3 per cento di ultrasessantacinquenni è colpito da questa influenza.
Nonostante le misure di contenimento poste subito in essere da tutti i Paesi, l'influenza si è diffusa con maggiore rapidità rispetto alle precedenti pandemie, raggiungendo in sei settimane dimensioni che le altre avevano raggiunto in sei mesi, o anche più, a causa, probabilmente, della globalizzazione e dell'estrema rapidità dei flussi internazionali (viaggi aerei e via elencando).
A livello nazionale è stata immediatamente attivata, presso il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali, un'unità di crisi, cui partecipano funzionari ministeriali, la Protezione civile, l'Istituto superiore di sanità, l'AIFA, la Sanità militare, il Ministero dell'istruzione, il Ministero dell'interno e il Ministero degli affari esteri, nonché qualificati esperti scientifici nel campo delle influenze.
L'unità di crisi si è riunita con cadenza pressoché settimanale. Anzitutto, ha attivato misure di sorveglianza e di contenimento: in particolare le reti dei medici sentinella (in numero di mille), dei laboratori virologici, e delle stanze protette, la sorveglianza in corrispondenza dei punti di ingresso internazionali, e l'isolamento dei casi sospetti.
Successivamente, con ordinanza del Presidente del Consiglio dei ministri del 31 luglio 2009, è stata decisa la progressiva vaccinazione di almeno il 40 per cento della popolazione residente, oltre all'acquisto di ulteriori scorte di farmaci antivirali e di dispositivi per la protezione, come, per esempio, le mascherine.
La strategia vaccinale è stata successivamente definita con ordinanza dell'11 settembre 2009, la quale individua, nel seguente ordine di priorità, le categorie da vaccinare: persone ritenute essenziali per il mantenimento della continuità assistenziale e lavorativa: personale sanitario e sociosanitario; personale delle forze di pubblica sicurezza e della Protezione civile; personale che assicura i servizi pubblici essenziali di cui alla legge 12 giugno 1990 n. 146 e successive modificazioni secondo piani di continuità predisposti dal datore di lavoro interessato. Si invita chi volesse avere informazioni più precise riguardo alle categorie interessate a fare riferimento alla suddetta legge. Deve, comunque, essere chiaro che ci siamo riferiti a uno specifico articolo di legge che individua i servizi essenziali. Non si è trattato, quindi, di una scelta arbitraria.
Fanno parte delle categorie individuate, inoltre, donatori di sangue periodici, donne al secondo e al terzo trimestre di gravidanza, persone che assistono lattanti sotto i sei mesi, persone a rischio di età compresa tra sei mesi e sessantacinque anni (definirò il significato di «persone a rischio»), persone non a rischio tra i sei mesi e i diciassette anni, sulla base degli aggiornamenti della scheda tecnica autorizzata dall'EMEA o delle indicazioni fornite dal Consiglio superiore di sanità - il riferimento alla scheda tecnica riguarda la vaccinabilità dei bambini e le autorizzazioni ancora in corso per effettuare tali vaccini - e, infine, persone tra i diciotto e i ventisette anni non a rischio.
Quali sono, in particolare, le categorie a rischio? Si tratta di quelle affette da malattie croniche a carico dell'apparato respiratorio - leggo per completezza - inclusa asma, displasia broncopolmonare, fibrosi cistica, broncopneumopatia cronica ostruttiva; malattie dell'apparato cardiocircolatorio, comprese cardiopatie congenite e acquisite; diabete mellito e altre malattie metaboliche; gravi epatopatie e cirrosi epatica; malattie renali con insufficienza renale; malattie degli organi emopoietici ed emoglobinopatie; neoplasie; malattie congenite e acquisite che comportino carente produzione di anticorpi; immunosoppressione indotta da farmaci o


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da HIV; malattie infiammatorie croniche e sindromi da malassorbimento intestinale; patologie associate a un aumentato rischio di aspirazione delle secrezioni respiratorie, ad esempio malattie neuromuscolari; obesità con indice di massa corporea (BMI) » 30 e gravi patologie concomitanti; condizione di familiare o di contatto stretto di soggetti ad alto rischio che, per controindicazioni temporanee o permanenti, non possono essere vaccinati. In base alla disponibilità di vaccino pandemico nel corso della campagna vaccinale potranno essere inserite nel programma anche altre categorie di soggetti.
Il Consiglio superiore della sanità, in data 15 settembre 2009, ha emanato pareri riguardo alla sicurezza della vaccinazione in corso di gravidanza e nei soggetti di età compresa tra sei mesi e i diciassette anni, nonché sulla possibilità di effettuare contemporaneamente diverse vaccinazioni. Il contenuto di alcuni di tali pareri sarà inserito, a brevissimo, in una successiva ordinanza.
La consegna del vaccino pandemico alle regioni, alle province autonome e alle altre amministrazioni dello Stato avverrà non appena il vaccino sarà disponibile, verosimilmente a partire dal mese di ottobre. La campagna vaccinale inizierà non appena saranno disponibili, oltre al vaccino, anche le relative autorizzazioni dell'unità regolatoria centrale (EMEA), attese tra il 15 ottobre e il 15 novembre.
Il ministero, nel rispetto dell'autonomia organizzativa strutturale delle singole regioni e province autonome, ritiene che, anche alla luce dei risultati delle diverse campagne antinfluenzali realizzate negli ultimi anni, per il successo dell'attuazione del programma di vaccinazione pandemica i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta siano tra le figure professionali idonee ad assicurarne lo svolgimento, e ne auspica il coinvolgimento. Comunque demanda alle regioni l'organizzazione della campagna vaccinale. In altre parole, le regioni possono utilizzare o non utilizzare i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta.
Nel contempo, ai fini della corretta gestione dell'influenza in ambito scolastico, in data 18 settembre, come è noto, è stato emanata una circolare congiunta con il Ministero dell'istruzione. Resta ferma comunque, a partire da ottobre, la conduzione della campagna vaccinale contro l'influenza stagionale che, come è noto, è a carico delle persone oltre i sessantacinque anni, dei soggetti a rischio e delle categorie essenziali, che possono essere, in base al parere del Consiglio superiore della sanità, co-vaccinate. Il problema della co-vaccinazione è stato, quindi, superato dal parere del Consiglio superiore della sanità.
Vengo alla situazione attuale. A distanza di quattro mesi e mezzo dall'insorgenza, i casi riportati dall'OMS nel mondo alla data del 13 settembre sono circa 300 mila, con 3.500 decessi. In Europa sono circa 53 mila, con 158 decessi. Come vedete, si tratta di cifre e percentuali diverse, dovute al fatto che non vi è effettiva certezza sul numero dei casi. La tendenza che noi utilizziamo, fondata sui dati della Gran Bretagna, è di utilizzare non i casi confermati, ma quelli stimati. Durante la pandemia, infatti, si smette di confermare sistematicamente i casi, tant'è vero che in Italia abbiamo attualmente 8.133 casi stimati, di cui 2.384 confermati.
Occorre, quindi, prestare molta attenzione ai numeri. È molto difficile compiere previsioni su come evolve la pandemia, sul numero dei soggetti che si ammaleranno, e, ancora di più, sulla mortalità. Il dato che, ripeto, è sempre a spanne - noi lo vogliamo fornire per rendere noto il dato del ministero, ma mettiamo in guardia formalmente sul dare troppo credito a proiezioni di questo genere - ma ci sembra attualmente il più attendibile è quello inglese, fondato sulle stime di una letalità dello 0,4 per mille.
Le misure di sorveglianza e controllo messe in atto nel nostro Paese fin dalla prima segnalazione internazionale del diffondersi della malattia, alla fine dello scorso mese di aprile, hanno permesso di contenere in Italia il numero di casi di influenza da nuovo virus A-H1N1 più di


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quanto non sia avvenuto in altri Paesi europei confrontabili per densità di popolazione o per struttura sociale. Ciò è dovuto anche all'efficacia delle misure di contenimento disposte e all'attenzione con cui vengono attuate e ha prodotto, come conseguenza, di ritardare di almeno un mese gli eventi attesi sulla base dei modelli predisposti prima dell'estate dall'Istituto superiore di sanità.
La pandemia in Italia, in termini di numeri, è in ritardo di un mese rispetto al previsto. Inoltre, essa desta non particolare preoccupazione, anche perché disponiamo dei dati sull'andamento in Australia e in Nuova Zelanda, che sono significativi. Si tratta di Paesi dell'emisfero australe, in cui la pandemia si è sviluppata in condizioni climatiche simili a quelle che incontreremo nel nostro Paese da adesso in poi.
È anche per questo motivo che noi siamo ottimisti sulla celerità della pandemia e riteniamo che abbia un andamento mite, con sintomatologie del tutto analoghe e probabilmente più lievi di quelle dell'influenza stagionale. Riteniamo, anzi, possibile, o addirittura probabile, che vi siano stati e vi saranno casi di influenza A-H1N1 non sintomatici, e che quindi in realtà i casi siano in numero lievemente superiore rispetto a quelli che noi attualmente valutiamo, sia pure come casi stimati.
L'Italia - ricordiamo - dispone di una consolidata rete di servizi di sanità pubblica, di centri di eccellenza per il ricovero, l'isolamento e il trasferimento delle persone affette, di scorte sufficienti di farmaci indicati per il trattamento dell'infezione.
Consentitemi ora una considerazione più da medico, se vogliamo, che da politico. L'influenza A-H1N1 è mite, ma ha chiaramente una mortalità, sia pur bassa, che possiamo calcolare - come già detto - nell'ordine dello 0,4 per mille. Tale mortalità colpisce prevalentemente le categorie a rischio, cioè quelle che abbiamo definito in precedenza. Per questo motivo importante esse verranno vaccinate per prime.
Esiste, però, una piccola quota di soggetti non a rischio - come abbiamo avuto occasione di dichiarare precedentemente - i quali possono sviluppare una polmonite interstiziale, che in qualche caso può evolvere in sindrome da distress respiratorio dell'adulto e, quindi, essere potenzialmente fatale, anche se, con le nuove tecnologie dell'ECMO, essa può essere combattuta e risolta, così come è avvenuto per il paziente di Monza, affetto da una malattia che, senza le nuove tecnologie, non si sarebbe sicuramente risolta.
Rispetto alla gestione di tali casi gravi, abbiamo già emanato una circolare del 15 settembre 2009 che, oltre all'obbligo della segnalazione dei pazienti critici, contiene indicazioni sulla loro gestione. Inoltre, l'unità di crisi ha allo studio - ciò sarà oggetto di una circolare a breve, credo nei prossimi giorni - misure più cogenti e precise per il riconoscimento precoce e la gestione ottimale, forse anche centralizzata, delle forme gravi dell'influenza A-H1N1.

PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro per le precise valutazioni e indicazioni che ci ha fornito sullo stato attuale della pandemia e su quanto ha fatto il Governo in merito, su quanto farà in futuro e anche sulla speranza che, sulla base della valutazione delle altre nazioni - sono state citate l'Australia e la Nuova Zelanda -, sia una pandemia mite.
Do la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti e formulare osservazioni.

LUCIO BARANI. Signor presidente, ringrazio anch'io il Viceministro, anche a nome di tutto il gruppo, della relazione esaustiva e completa. Credo, però, che la Commissione debba aprire un dibattito, da lasciare aperto, per ricevere informazioni e valutare, anche dal punto di vista politico, eventuali suggerimenti che essa potrebbe offrire al Viceministro, il quale ha sicuramente monitorato l'intera situazione con gli uffici del suo ministero.
Non dimentichiamo, però, che i mezzi di informazione riferiscono le notizie, ma diffondono anche un allarmismo nella popolazione. Il pericolo è che l'informazione non sia completa e che l'allarmismo, a un


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certo punto, prevalga. Ancorché rassicurati sulla mitezza dell'influenza, temiamo che vengano presi d'assalto i nostri ospedali e i nostri pronto soccorso.
Credo che sia questo il momento più critico che il ministero debba affrontare, perché al pronto soccorso afferiscono, contemporaneamente, anche pazienti che hanno bisogno di interventi di urgenza e di emergenza di altro tipo. Trovare una concentrazione, un afflusso, una congestione di tali proporzioni potrebbe mettere a rischio la funzionalità stessa dei nostri pronto soccorso. Forse sarebbe addirittura opportuno prevedere una sintonia anche con la Protezione civile, proprio per cercare di tranquillizzare la popolazione anche attraverso i medici di famiglia. Rimane, però, pur sempre il fatto che il sabato e la domenica i cittadini hanno come unico vero punto di riferimento il pronto soccorso, il che potrebbe creare ulteriori problemi.
Ho notato - l'ha ben sottolineato il Viceministro - che i casi sopra i sessantacinque anni sono solamente il 3 per cento, persone che forse hanno ancora la «memoria» della spagnola. Ci auguriamo che i nostri anziani siano i più protetti, perché sono le persone più deboli. È auspicabile che si tratti di un punto a loro favore, e noi ne siamo ovviamente contenti.
L'ultimissima considerazione riguarda l'informazione. Mi sembra di aver capito - il Viceministro non è stato esplicito al riguardo - che della gestione dell'influenza di tipo A-H1N1 debba occuparsi, inizialmente, il medico di famiglia. Se non vi è pericolo di vita, o complicanze di una determinata gravità, il paziente deve essere seguito, stabilizzato e ovviamente curato.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Confermo.

LUCIO BARANI. A questo punto, mi auguro che vi sia anche un'informazione adeguata ai medici di famiglia e, soprattutto, visto che la stabilizzazione è realizzata a livello periferico, che nelle nostre farmacie non vengano a mancare i minimi presidi antivirali, che rappresentano l'unica arma che abbiamo a nostra disposizione. Non nomino i farmaci, ma li conosciamo perfettamente. Il ministero ha già garantito di avere decine di milioni di scorte, che invierà e distribuirà a tutte le farmacie. Chiedo, quindi, che esse siano fornite, perché sappiamo che è già in corso un assalto alle farmacie per le scorte che molte famiglie si stanno già procurando. I numeri, a detta dell'associazione dei farmacisti, sono altissimi, tanto che sono già milioni i pezzi acquistati privatamente.
Termino ringraziando ancora una volta il Viceministro e chiedendogli di tenere questa Commissione sempre informata. Prego anche il presidente di convocarla prontamente nel caso in cui dovesse verificarsi qualsiasi mutamento nella situazione rispetto a quanto ci è stato testé illustrato. Ci auguriamo che il freddo combatta più il virus che non i nostri presidi sanitari.

DOMENICO DI VIRGILIO. La ringrazio molto, signor ministro, per le sue informazioni. Rapidissimamente, le rivolgo tre domande. In primo luogo, ci ha comunicato quanti sono i casi accertati e stimati in Italia, ma non ci ha detto nulla riguardo ai decessi accertati. Si tratta di perplessità che provengono dai cittadini.
In secondo luogo, le chiedo se sono due le dosi della vaccinazione per questa influenza, se vi è una dose di richiamo, o se ne basta solo una. Alcuni giornali riferiscono che sia una, altri che occorre la dose di richiamo.
La terza questione è più complessa. Gli altri pazienti non a rischio, afferenti ai gruppi di cui ci ha parlato, che possono e vogliono fare una vaccinazione, avranno il vaccino disponibile in farmacia? Lo potranno acquistare? In caso affermativo, dal momento che l'acme in Italia si prevede tra Natale e i primi di gennaio - l'abbiamo letto sui giornali -, a che cosa servirebbe se il vaccino fosse disponibile in farmacia a partire da gennaio?

PAOLA BINETTI. Volevo porre una domanda. Mi riferisco alla fascia segnalata delle donne al secondo e al terzo trimestre di gravidanza che, teoricamente, non dovrebbero


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rappresentare una fascia a rischio ma godere di una copertura naturale immunologica maggiore. Ciò sta creando un certo tipo di timore e di ansia, nonché domande molto concrete da parte delle madri, tanto che i ginecologi stessi, come sempre accade tra noi medici, forniscono risposte molto diverse, aumentando il livello di incertezza e di dubbio.
La domanda che si pone è anche la seguente: quando vaccinarsi? Si tratta di un processo che si completa in un tempo abbastanza circoscritto: una donna che oggi è al primo trimestre di gravidanza a Natale sarà più prossima al parto.
Esistono dati sperimentali - questo è un interrogativo più concreto - che ci informano se in altri Paesi donne in gravidanza sono state vaccinate ed effettivamente non si sono ammalate, o, viceversa, non si erano vaccinate, si sono ammalate e hanno presentato questo tipo di sintomatologia?
Un'altra domanda riguarda, invece, le infezioni non virali che possono derivare dalla sommatoria tra l'infezione virale A-H1N1 e la normale influenza invernale, e presentano la necessità di intervenire con un trattamento non a base di prodotti specifici, ma di comuni antibiotici. Esiste, da questo punto di vista, un protocollo o una linea guida, una riflessione, un'indicazione che venga incontro alle persone? A qualunque tipo di influenza o raffreddore si potrà facilmente attribuire questa valenza. Le linee di trattamento possono anche essere diverse e creare stati di ansia e, a livello di piccola comunità, anche livelli diversi di precauzione, di isolamento e di difesa.

LUCIANA PEDOTO. Anche io vorrei ringraziare il Viceministro per la sua informativa. Desidererei soltanto avere alcune indicazioni - mi sembra che non ne siano state fornite - relativamente ai costi. Immagino che la spesa sia interamente a carico del Servizio Sanitario Nazionale, almeno per i soggetti che sono stati definiti categorie a rischio. Vorrei conoscere il costo e la relativa copertura.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor presidente, anche io ringrazio il Viceministro. Vorrei, però, porre dei dubbi e chiedere le sue valutazioni.
Signor Viceministro, dal momento che i media stanno battendo la grancassa dell'audience, noi ci aspettiamo, nell'arco di alcune settimane, di trovarci davanti a un'esplosione di comunicazione non corretta rispetto all'influenza. Io riesco ancora, un giorno alla settimana, a svolgere il ruolo di pediatra di base: su dieci mamme che entrano nello studio, otto mi chiedono notizie dell'influenza. Si tratta di un segnale preoccupante, di cui noi dobbiamo dar conto. Rischiamo, infatti, che l'allarmismo mediatico, che fa bene all'audience, comporti un sovraccarico in primo luogo delle strutture della medicina e della pediatria di base, e in secondo luogo dei pronto soccorso ospedalieri. Quando cominceranno a esserci - speriamo che non si verifichino - altri decessi, il medico di base molto spesso invierà le persone al pronto soccorso e, quindi, al reparto. Rischiamo di trovare un sovraccarico nei reparti senza un filtro efficace da parte del territorio.
Lei sostiene che arriverà l'informazione sul riconoscimento precoce e sulla gestione ottimale. Ebbene, io vorrei che essa non fosse notarile - molto spesso, ai medici di base arrivano informative di due o tre pagine con le indicazioni su ciò che bisogna fare - ma che si lavorasse sulla formazione dei medici di base, i quali devono essere più sicuri, più protetti, più formati per contenere quello che rischia di essere un assalto alle strutture sanitarie, caratterizzato da una cattiva gestione. Si rischia, infatti, che i ricoveri impropri blocchino i ricoveri propri. Questo punto è fondamentale.
Non gestiamo la situazione burocraticamente, non facciamo girare le carte senza che i medici abbiano frequentato corsi, si siano informati e conoscano bene la portata dei sintomi e i comportamenti standard che devono tenere con responsabilità. Altrimenti, tutti rifuggiranno dall'assumersi tale responsabilità, invieranno i pazienti al pronto soccorso, e chi starà male


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non saprà più dove andare, mentre chi starà bene resterà in reparto per stare più tranquillo. Si tratta di un problema serio.
Spero che queste direttive arrivino, perché noi, anche come operatori sanitari, siamo abbastanza impreparati a gestire il problema, anche da un punto di vista della comunicazione. È necessaria una formazione per gli operatori sanitari, una formazione sulla gestione e sulla comunicazione della malattia, e una comunicazione istituzionale importante.
Vedo che lei è presente attivamente nei programmi televisivi: deve esserlo di più. Devono essere assolutamente controllate le forme improprie e scorrette di comunicazione, perché sono un danno per la salute pubblica.
Vorrei segnalare un altro punto. Il collega parlava del problema del sabato e della domenica, quando si può verificare un assalto agli ospedali. Noi dobbiamo mettere in conto che in questi giorni la medicina del territorio sia presente, perché i virus non vanno a riposo nel fine settimana. Cerchiamo di prevedere la presenza di personale sul territorio. Pertanto, sarebbe utile programmare anche quest'eventuale possibilità, nella malaugurata ipotesi che se ne presentasse la necessità.
Voglio affrontare, infine, un'altra questione, relativa alle nuove tecnologie e alla gestione dei casi gravi. Lei ha detto che si pensa, eventualmente, anche a una gestione centralizzata nazionale. Personalmente, pur essendo autonomista, la ritengo necessaria in questo campo, per evitare che per ogni territorio si aprano speculazioni politiche e opportunismi rispetto a comportamenti che possono essere improntati a diversa sensibilità. Una gestione centralizzata, che tenga conto di tutte le esperienze, può, dunque, essere utile.
Per quanto riguarda le nuove tecnologie, vorrei sapere se la loro presenza è diffusa su tutto il territorio nazionale o se è localizzata solo in alcune parti. Si pensa di diffonderle come patrimonio comune di tutto il Paese? Vorrei, su questo, alcune spiegazioni.

LUISA BOSSA. Stamane, sulla stampa, ho letto che molte scuole napoletane sono deserte, o che presentano un alto tasso di assenteismo, soprattutto quelle nelle quali è stato accertato o stimato un caso di influenza A-H1N1. Le è stato già chiesto nel precedente intervento, ma vorrei ribadirlo: che tipo di comunicazione istituzionale è stata messa in atto? Avete pensato a una campagna di informazione e formazione per fornire notizie corrette? Per esempio, che rapporto avete con il Ministero dell'istruzione? Sono stati tenuti incontri con gli assessori regionali? Esiste veramente una paura collettiva che si sta impossessando dei genitori dei bambini. Su questo vorremmo essere un po' più rassicurati.

DONATO RENATO MOSELLA. Ringrazio il Viceministro perché, nella sobrietà e nell'essenzialità del suo intervento, abbiamo colto gli aspetti che ci premeva conoscere. Anche io, dal momento che provengo dal territorio campano, e in particolare dal napoletano, mi ponevo il problema di capire se esiste un piano relativo ai grandi luoghi di aggregazione - la scuola è un esempio, ma esistono anche altre realtà - dove è possibile che possano scattare elementi di psicosi collettiva, anche su forme non avanzate della pandemia.
Abbiamo visto che, purtroppo, ci sono state alcune incomprensioni sul tema dell'apertura o meno della scuola. A seguito di questa esperienza, non tanto rispetto alla scuola, ma a luoghi di aggregazione per determinate fasce di età, mi domando se esiste un piano che prevede determinati comportamenti da parte dell'unità di sorveglianza e di controllo che lei ha rappresentato.
Vengo al secondo tema, sul quale lei probabilmente può dirci qualcosa di più. Sempre rispetto alla sorveglianza e al controllo, per alcune esperienze del passato (penso all'aviaria) proprio in questa Commissione abbiamo avuto modo di venire a conoscenza di un piano - soprattutto per le porte di ingresso di tipo internazionale nel Paese - ben definito,


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che aveva forze in campo ben precise e modalità di svolgimento ben identificate: dalla misurazione della temperatura dei passeggeri che atterravano, a una profilassi che svolgevano in termini di sicurezza.
Probabilmente arriverà anche in questo caso il momento in cui le unità di controllo e di sorveglianza negli aeroporti e nelle porte di ingresso dovranno attivarsi. Se così non è, mi preme capire come si è organizzati in tale contesto.
Un'ultima considerazione. Credo che, come Commissione, noi dovremmo sentirci convocati in seduta permanente, perché siamo all'inizio di un percorso che, per quanto il Viceministro ce lo abbia rappresentato con prudenza, potrebbe avere risvolti anche emergenziali. Credo, perciò, che la Commissione si debba sentire, dopo questa prima audizione, convocata in seduta permanente, per non procedere in maniera occasionale e sporadica, ma mantenere un monitoraggio parlamentare della vicenda che la pandemia procurerà al Paese, in modo da poterla seguire con attenzione e con perizia.

PRESIDENTE. Su quest'ultima considerazione, collega Mosella, potremmo avanzare una richiesta precisa in ufficio di presidenza. Possiamo fare appello al Presidente della Camera e avere dal ministero un aggiornamento costante, che può essere inviato alla Commissione, sullo «stato dell'arte». Lo possiamo decidere in seguito.

LAURA MOLTENI. Innanzitutto voglio ringraziare il Viceministro, che puntualmente è venuto ad aggiornarci sulla situazione e con solerzia ha esposto le misure attuate dal ministero, rimanendo nei tempi previsti rispetto allo sviluppo del nuovo virus influenzale.
Io ho due curiosità. La prima è la seguente: considerato che il tasso di mortalità previsto si attesterebbe intorno allo 0,4 per mille, vorrei sapere a che livello esso si è attestato, negli anni precedenti, quando si sono sviluppati altri virus influenzali.
La seconda domanda riguarda, invece, gli anziani: perché non sono a rischio? Io posso intuire il motivo, però vorrei che fosse il nostro Viceministro a spiegarlo, e anche a comunicarlo efficacemente agli anziani. Ne ho incontrati e ne incontro molti quando torno nel mio collegio, finiti i lavori parlamentari, i quali mi chiedono se non vengono vaccinati perché non ne vale la pena, considerata la loro età avanzata. Vorrei che fossero chiarite molto bene, sul piano della comunicazione, le ragioni per cui non è necessario vaccinare queste persone, evidenziando che il ministero non trascura nessuno dei suoi cittadini, compresi gli anziani.

VITTORIA D'INCECCO. Anche io mi associo nel ringraziamento al Viceministro per la sensibilità che ha avuto nel rispondere al nostro invito. Sono d'accordo sicuramente con i colleghi che mi hanno preceduto per quanto riguarda la formazione dei medici.
Esorto l'onorevole Fazio a portare avanti l'azione di comunicazione. È necessario, senza minimizzare il fenomeno, che è sicuramente importante, ridimensionare le notizie date, perché è stato provocato un allarmismo veramente eccessivo. Vi darò motivo di ridere con questo esempio: mercoledì scorso, conclusa l'Aula, sono tornata a casa di corsa a Pescara, perché la mia «bambina» di ottantaquattro anni pensava di aver preso l'influenza suina e si lamentava per telefono di sentirsi male. Dopo due o tre giorni di febbre si era convinta di ciò. È quindi veramente necessario ridimensionare il fenomeno.
Per quanto riguarda gli antivirali che sollecitava l'onorevole Barani, chiedo se sono utili. Se gli antivirali e gli immunostimolanti lo sono, possiamo pensare di garantire all'utente una spesa minima? Molti cittadini non se li possono permettere.

MARIA ANTONIETTA FARINA COSCIONI. Innanzitutto ringrazio il Viceministro, che ha risposto al nostro invito di intervenire nella Commissione affari sociali per fare il punto della situazione, un invito che abbiamo rivolto al ministro anche tramite due mie interrogazioni parlamentari.
Nella relazione del Viceministro manca sicuramente un punto essenziale. Il collega


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Barani chiede al ministro di informarci costantemente in questo luogo, che possiamo definire chiuso. L'urgenza, tuttavia, riguarda i cittadini italiani. Del resto, se sui media vediamo operatori che accompagnano, durante una cerimonia funebre, una persona morta a Napoli con tanto di mascherine e guanti bianchi, io suppongo che tale input sia stato dato dagli operatori sanitari dell'ospedale dove il paziente era stato ricoverato. Mi chiedo allora perché i medici, che lei chiama medici sentinella, hanno lanciato quell'allarme? Perché abbiamo visto quelle immagini?
Inizialmente vi è stata da parte di questo Governo - me lo consentirà il Viceministro - un'informazione contraddittoria, dal momento che, prima dell'inizio del calendario scolastico, abbiamo sentito che ci sarebbe stato un ritardo nell'apertura delle scuole, a cui poi è seguita la smentita da parte del Ministro Gelmini, che rivendicava il fatto che nessuna decisione fosse stata presa in merito.
Ebbene, se da una parte l'informazione è stata debole, dall'altra è stata allarmistica. Credo, quindi, che sia necessaria un'assoluta chiarezza. Vorrei, inoltre, sapere se il Viceministro Fazio intende assumersi la responsabilità di un'adeguata campagna di informazione sulla portata e sugli eventuali rischi del virus che raggiunga davvero tutti i soggetti, deboli e meno deboli, destinatari della conoscenza e dell'informazione.

PRESIDENTE. Prima di dare la parola al Viceministro, che ringrazio ancora una volta, vorrei solo un chiarimento. Durante la sua relazione, lei ha affermato che per la vaccinazione dei soggetti dai sei mesi ai diciassette anni e delle donne in gravidanza al secondo e terzo trimestre aspettiamo le direttive o le delucidazioni dell'EMEA e del Consiglio superiore di sanità. Probabilmente ho capito male, ma vorrei un chiarimento su questo punto.
Do la parola al Viceministro Fazio per la replica.

FERRUCCIO FAZIO, Viceministro del lavoro, della salute e delle politiche sociali. Vorrei ringraziare la Commissione per questa convocazione, per l'attenzione e anche per la disponibilità prestata a collaborare.
Le incertezze che emergono nella gestione della pandemia sono dovute fondamentalmente al fatto che una pandemia influenzale si conosce poco, ed è normale temere le cose che si conoscono poco. La conoscevamo meno all'inizio, ma la stiamo conoscendo via via grazie all'esperienza maturata in tutto il mondo. Bisogna comprendere gradatamente che il processo di adattamento di una nazione alla pandemia è progressivo, perché veniamo a mano a mano a conoscenza di fatti che prima ignoravamo. Non è, quindi, possibile prevedere esattamente qualcosa che non si conosce e non è l'Italia, ma il mondo, che non riesce a prevederlo.
In Italia abbiamo cercato di offrire un'informazione coerente, e credo che ci siamo riusciti. Vi porto l'esempio della ritardata apertura delle scuole, che è uno dei provvedimenti previsti nei piani pandemici.
Noi abbiamo un piano pandemico. Invito, anzi, gli onorevoli deputati a visitare il sito del ministero (www.sanita.it), in cui le informazioni che ho esposto sono riportate in dettaglio insieme ai relativi piani pandemici.
Alla domanda specifica, se si può escludere un ritardo di apertura delle scuole, rispondo che prima dell'estate non lo potevamo escludere, ma che è vero anche che non avevamo preso nessuna decisione in questo senso. Perché, allora, non abbiamo provveduto a una ritardata apertura delle scuole? Semplicemente perché la pandemia è stata rallentata dall'adozione delle misure di contenimento e dagli altri provvedimenti adottati. È comunque un'operazione che tutti i piani prevedono. Attualmente, non solo non prevediamo ritardi, ma nemmeno chiusure sistematiche delle scuole.
Il Governo ha sempre cercato di seguire una strada diritta; se si vanno a rileggere tutte le dichiarazioni rilasciate fin dall'inizio, credo che si possa facilmente controllare che non ci sono stati cambiamenti di rotta. Quelli che ci sono stati sono dovuti a fatti come l'esperienza avvenuta in Australia,


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secondo cui la pandemia è meno grave del previsto, perché si tratta di una zona con condizioni climatiche come quelle cui noi adesso andremo incontro, dove la malattia si è manifestata in una maniera meno grave rispetto alle previsioni.
Certamente la comunicazione è perfettibile. Ciò che sto cercando di fare è capire - ci stiamo lavorando ogni giorno con l'unità di crisi - la natura della pandemia, e vi assicuro che è complesso, e trasmettere le mie conoscenze ai cittadini. Questo processo, come dicevo, è ovviamente migliorabile. Se, al posto di generiche frasi sul fatto che la comunicazione è incerta - che io rimando al mittente - mi si offrono suggerimenti specifici, sicuramente li accetteremo. Io chiedo alla Commissione di darci consigli costruttivi.
È stato fatto un accenno - parlerò più nello specifico dei vari interventi - al problema dei raccordi istituzionali. Sono state tenute alcune riunioni sistematiche, tra cui una molto recente, con gli assessori regionali, con medici di medicina generale e pediatri di libera scelta, nonché con il Ministero dell'istruzione, con cui è stata emanata una circolare congiunta su quanto deve avvenire nelle scuole. Rimando nuovamente al sito del ministero per verificare le decisioni prese in tale circolare congiunta.
Vorrei ricordare alla Commissione che la gestione sanitaria del Paese è affidata alle regioni. Nei piani pandemici può essere previsto un coordinamento, che sta avvenendo in maniera estremamente costruttiva, con le regioni per fornire loro alcune indicazioni. Io non posso obbligare le regioni a utilizzare i medici di medicina generale e i pediatri di libera scelta per la vaccinazione o per la gestione dei casi di influenza. Non posso che raccomandare, al fine di non congestionare - come è ovvio - i pronto soccorso, che questo avvenga. Abbiamo preso queste iniziative, non solo verbalmente, ma con alcune circolari che invito la Commissione a ricercare sul sito del ministero più volte citato.
Chiedo alla Commissione di comprendere che, pur nel rispetto della coerenza, è inevitabilmente prevedibile un aggiustamento continuo, perché solo in questo modo si può gestire una pandemia di questo genere.
Passo adesso a esaminare in dettaglio le questioni che sono state poste e che non riguardano gli aspetti che ho evidentemente già illustrato. Per quanto riguarda gli antivirali, specifico che noi disponiamo di ampie scorte per superare il picco pandemico e arrivare - noi riteniamo - all'esaurimento della pandemia. Tali scorte sono attualmente a disposizione delle regioni ed è corretto che quelle che le hanno a disposizione nelle strutture ospedaliere, qualora decidano di utilizzare medici di medicina generale, debbano fare in modo che siano le farmacie, o comunque le strutture periferiche, ad averne la disponibilità. Possono anche essere le ASL, non necessariamente le farmacie, in quanto gli antivirali vengono in parte messi a disposizione dal Governo, in parte dalle regioni, e solo in parte devono essere a carico del cittadino. Questo è un punto che noi abbiamo argomentato con le regioni.
Noi raccomandiamo in quali casi usare gli antivirali, sulla base di un parere che abbiamo avuto dal Consiglio superiore della sanità.
Un punto cruciale, sollevato dall'onorevole Di Virgilio e sul quale non vi è una risposta precisa -che arriverà, per quanto è a mia conoscenza, il 24 settembre dalla riunione dell'EMEA, che affronterà la questione - è se le vaccinazioni possono essere fatte con una dose invece che con due. Si tratta di un punto assolutamente fondamentale, che evidentemente può cambiare le logiche, sia in merito alle spese sia alle strategie vaccinali. Anche se i dati attuali porterebbero a indicare che sicuramente per gli adulti, e forse anche per i bambini al di sopra di una certa età, una dose possa essere sufficiente, la risposta - mi si dice - dovrebbe venire dalla riunione dell'EMEA cui ho accennato. Se così fosse, evidentemente, sarebbe un vantaggio sia da un punto di vista pratico che da altri punti di vista. Penso sia inutile perdersi in elucubrazioni su questo aspetto finché non abbiamo dati certi.
Si tratta di una domanda legittima, ma è una delle tante a cui, in questa fase


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pandemica, non è stata ancora data una risposta, non da parte del Governo italiano, ma di chi si occupa della gestione mondiale del problema. Le conoscenze non sono ancora tali, e non lo saranno fino al 24 settembre, da consentirci di dire in che modo procedere. Solo nel momento in cui gli organismi preposti alle regolazioni ci daranno le risposte noi, come Governo, saremo autorizzati a fare nostri i pareri degli organismi tecnici. Noi non siamo un organismo tecnico, e questo è chiaro ed evidente.
In merito alla domanda se i pazienti non a rischio avranno il vaccino, il Governo, per le motivazioni dette, ossia perché la mortalità è a carico dei soggetti a rischio, ha pensato di garantire la vaccinazione di questi ultimi. La disponibilità nelle farmacie dipende, più che dal Governo, da una visione generale, mondiale, nonché da decisioni dell'OMS, la quale ha chiesto alle ditte produttrici di coprire prima tutti i Paesi del terzo mondo.
A questo punto, voglio proporvi uno scenario: supponiamo che in un Paese si possa coprire tutta la popolazione residente, ma che il virus continui a circolare nel terzo mondo. In tal caso finirà quasi certamente per mutare: esiste, quindi, la possibilità che ci si debba rivaccinare?
Noi dobbiamo capire che la pandemia è un problema mondiale e come tale va gestita. È inutile che un Paese, per scopi elettorali, decida di vaccinare il 100 per cento della popolazione. L'obiettivo che noi abbiamo perseguito è quello di stroncare l'epidemia in Italia prima dell'estate, non tenere un discorso elettorale che altri Paesi, anche europei, hanno tenuto, decidendo di vaccinare l'intera popolazione. A mio avviso, non si tratta di un discorso responsabile. Noi abbiamo seguito la strada più responsabile, anche in seguito a indicazioni che ci sono state date a livello tecnico, e ci assumiamo tale responsabilità.
La strada adottata è vaccinare le categorie nell'ordine che abbiamo indicato. Abbiamo la speranza, anche se non possiamo avere la certezza, che in questo modo a maggio avremo eradicato il virus, o, perlomeno, la sua prima circolazione nel nostro Paese. Resta il fatto che abbiamo scelto vaccini adiuvati, i quali hanno, come è noto, un'ampia possibilità di copertura anche in caso di mutazione del virus.
Prima dell'inverno dovremmo aver comunque garantito una protezione importante alla popolazione. Vedremo in seguito quali saranno le azioni successive, anche perché vorrei chiarire che le strategie vaccinali hanno bisogno dei loro tempi: non è possibile vaccinare la popolazione di un intero Paese in un mese.
In merito al problema di vaccinarsi dopo l'acme, noi speriamo, con la nostra strategia, di cominciare a vaccinare prima. È chiaro che le scuole fungono da moltiplicatore, questo è noto, e non solo le scuole, ma anche i cinema, per esempio.
In questi casi, lo ripeto, bisogna procedere per priorità. Noi abbiamo settato priorità che riteniamo siano quelle che ci consentiranno di radicare la pandemia dopo il primo passaggio.
Vengo alle donne gravide. Purtroppo non esistono dati scientifici, come giustamente richiede l'onorevole Binetti, perché le esperienze su questa pandemia sono scarse, però, da dati preliminari, sembra che esista un rischio specifico in questa A-H1N1 per le donne gravide, dal momento che ci sono stati diversi decessi in Spagna e negli Stati Uniti a carico di donne al secondo e terzo trimestre di gravidanza. Questo è il motivo per cui tutti i Paesi e l'OMS hanno inserito le donne al secondo e terzo trimestre - nel primo non è consigliabile la vaccinazione per altri motivi - tra le priorità nel discorso della vaccinazione. A questo punto, il suggerimento del Governo - e, ripeto, siamo in campi non totalmente codificati, ma parliamo di temi nuovi - e anche del Consiglio superiore di sanità è di vaccinare queste persone.
Il Consiglio superiore di sanità consiglia già la vaccinazione dei bambini dai sei mesi ai diciotto anni a rischio, perché esiste un'analisi rischi-benefici che ci consente di decidere di vaccinarli. Per le altre categorie stiamo attendendo studi clinici in corso, e ci esprimeremo a breve sul momento opportuno per vaccinarle. I soggetti a rischio si


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possono e si devono già vaccinare, perché così si è espresso il Consiglio superiore della sanità. D'altra parte, noi abbiamo esposto la specifica quaestio.
Per quanto riguarda le infezioni non virali, il punto sono proprio i protocolli. I pazienti a rischio di questa malattia sono quelli che sviluppano sintomi polmonari, con difficoltà respiratorie, cianosi e altri sintomi di questa natura. Quando un paziente - abbiamo già emanato una circolare, ma ne stiamo facendo seguire un'altra specifica - sviluppa sintomi polmonari, deve immediatamente comunicarlo al centro e ciò darà il via a un percorso, che prevederà quantomeno una consultazione da parte di esperti dell'unità di crisi. Ci saranno due possibilità: tutti i pazienti, inizialmente, dovranno essere trattati in unità intensive, che dovranno essere dotate di protocolli, che stiamo fornendo, di ventilatori, e via dicendo. Si possono, quindi, verificare le seguenti eventualità: il recovery; l'evoluzione in polmonite batterica, per esempio meningococcica, nel qual caso bisognerà, evidentemente, intraprendere una terapia antibiotica; o, ancora, l'evoluzione, nel caso si trattasse inizialmente di polmonite interstiziale, in ARDS, il che comporta necessità di ECMO e di centri specializzati.
Stiamo censendo i centri di primo e di secondo livello. Posso dire, dato che è stata avanzata una richiesta specifica, anche se adesso non so indicarvi quali sono, ma sono già sicuramente disponibili almeno cinque centri specializzati per l'ECMO in Italia e altri cinque sono attrezzabili a breve. Vorremmo quindi coprire il territorio con almeno dieci centri per l'ECMO.
Questi sono i nostri obiettivi a breve termine, e io ho richiesto anche alla Presidenza del Consiglio un finanziamento specifico allo scopo di realizzarli. Su questo ci stiamo attrezzando.
Come diceva l'onorevole Binetti, il problema è rappresentato dalla polmonite e quindi l'importante è che, quando si verificano casi di polmonite, ci sia una comunicazione da parte delle regioni. Vedremo se sarà possibile rendere cogente, ovvero obbligatoria, considerata l'emergenza pandemica, questa comunicazione al centro. Questi sono i provvedimenti che stiamo cercando di attuare insieme con le regioni, per evitare che ci siano malgestioni alla periferia di tali situazioni.
Per quanto riguarda la domanda dell'onorevole Pedoto, relativa ai costi del vaccino, la circolare del 31 luglio prevede un finanziamento di 400 milioni, di cui 200 stanziati nel 2009 e altri 200 con la prossima legge finanziaria. Tale finanziamento copre il 40 per cento della popolazione, nell'ipotesi della doppia vaccinazione. Nell'ipotesi della singola vaccinazione, dovremmo vedere come aggiustare le strategie, ma è evidente che ci troveremmo in una situazione più favorevole, e non più sfavorevole. Vorrei sottolineare che, al contrario di quanto avvenuto per esempio in Germania o in altri Paesi, non è stato richiesto un cofinanziamento alle regioni, né, per carità, al cittadino. Il vaccino pandemico è stato messo a disposizione dal Governo italiano, al contrario della Germania, dove vi è compartecipazione da parte del cittadino e dei Länder, che pagano in parte i vaccini.
Per rispondere all'onorevole Sardelli, abbiamo anche avuto, e ancora abbiamo, tavoli con i pediatri, in cui naturalmente abbiamo valutato anche il discorso della formazione dei medici di base. Noi siamo disposti a sovrintenderla, ma vorrei ricordare la dimensione regionale della gestione della sanità nel nostro Paese. Noi possiamo, quindi, dare indicazioni, e, se richiesti dalle regioni, organizzare corsi di formazione centralizzati, o diffusi sul territorio. Sicuramente, però, non possiamo intervenire se la regione decide di non utilizzare i pediatri a libera scelta, questo deve essere assolutamente chiaro.
Lo stesso discorso vale per quanto attiene al problema della comunicazione: credo di essere già stato esplicito nella prima parte della mia risposta. Lo stesso avviene per il problema del sabato e della domenica. È chiaro che, se non vi è una disposizione della regione, dovrà essere la guardia medica a gestire la situazione. Noi abbiamo fatto presente alle regioni come questo complicherebbe le cose e creerebbe


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intasamenti, però, ripeto, mentre il Governo intende fornire indirizzi generali, non può e non intende minimamente entrare nell'organizzazione sanitaria a carico delle regioni. Vi prego, onorevoli membri della Commissione, di tenerlo sempre presente: la sanità nel nostro Paese è regionale, e tale deve restare, e quindi noi possiamo dare solo alcuni indirizzi.
Per quanto riguarda le scuole di Napoli, è stata emanata una circolare molto specifica, che è pubblicata sul sito del ministero. Tale circolare demanda all'autorità sanitaria locale, e particolarmente ai dipartimenti di prevenzione, le decisioni da prendere d'intesa con l'autorità scolastica o sentite le autorità scolastiche, e da comunicare poi al sindaco che deve emettere l'ordinanza. Questo è il percorso da seguire, il quale non transita, evidentemente, dal centro. Abbiamo ritenuto inopportuno, dopo averlo precedentemente considerato, definire limiti soglia a livello del centro, perché essi dipendono enormemente dal plesso. Un plesso scolastico complesso può avere anche cinquanta ragazzi ammalati, magari con uno per classe, dove non succede niente di particolare e non è necessario provvedere alla chiusura, mentre potrebbe invece essere conveniente chiudere per qualche giorno un plesso di cento studenti. L'orientamento delle regioni, tenuto in considerazione all'atto della elaborazione della circolare - tutte le circolari hanno prima ricevuto un'approvazione di massima delle regioni prima di essere divulgate - è addirittura quello di non chiudere le scuole, anche in caso di presenza massiva del virus.
Non fa parte del mio DNA dare inutili allarmismi. Gli allarmismi non sono mai inutili: se ci sono, nascono da qualcosa. Io sostengo che si tratta di un'influenza leggera, che molti italiani contrarranno senza accorgersene, e che molto verosimilmente, anzi quasi certamente, causerà molte meno morti rispetto all'influenza stagionale, che, come è noto, causa 4-5 mila morti all'anno, con un tasso di mortalità molto superiore a quello di questo virus. Affermare che non sia un virus grave non è dettato semplicemente dal tentativo di tranquillizzare la popolazione, ma da un dato di fatto.
Abbiamo in essere una campagna istituzionale, perché questi sono i momenti, come le conferenze stampa e come le unità di crisi, in cui descriviamo la situazione e i relativi pericoli. Noi diciamo le cose come stanno e mi auguro che i media riportino le dichiarazioni del Governo, anche se purtroppo ciò non sempre avviene e, di conseguenza, nascono gli allarmismi.
È chiaro che se, quando si va a studiare il tasso di mortalità, ci si basa su un'influenza, come la spagnola, che ha probabilmente una situazione proteica e di emoaglutinine - non lo sappiamo perché non ne abbiamo traccia - molto più aggressiva di questa per i polmoni, se ci si basa sui casi confermati e non su quelli stimati e non si tiene conto della vaccinazione, tutti i numeri del tasso di mortalità schizzano verso l'alto.
Il tasso di mortalità dello 0,4 per mille è quello valutato in Inghilterra. A mio giudizio, potrebbe anche essere inferiore, perché non tiene completamente conto della vaccinazione che avverrà, la quale naturalmente potrà dar luogo a influenze in forma poco grave.
Qualcuno ha chiesto se esiste un piano pandemico. Certamente esiste. Abbiamo già allertato le frontiere, ma ora smettiamo di farlo, perché abbiamo l'influenza in casa. I piani endemici prevedono di allertare le frontiere, ma non si può chiudere la stalla quando i buoi sono usciti. Sarebbe senz'altro più utile l'inverso.
Il piano pandemico, quando si è giunti alla Fase 6, teoricamente prevede solo che non escano dal Paese persone che si recano in Paesi dove non vi è la pandemia. Tali Paesi, tuttavia, non ci sono perché ormai ce l'hanno tutti, forse.
Noi abbiamo misure di contenimento, però, che non sono previste dal piano pandemico. Esso non prevede nemmeno misure di contenimento. Noi le abbiamo per rallentare il picco e arrivare prima alla vaccinazione. Questa è l'unica motivazione per cui le prevediamo, per lo stesso motivo per cui si consiglia alla gente


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di lavarsi sempre le mani. Più lento procede il picco, prima arriva la vaccinazione e meglio funziona la gestione della pandemia. Non si pensa certo di fermarla con le misure di contenimento. Vorrei che ciò fosse assolutamente chiaro.
Per quanto riguarda l'aviaria, essa registra un 30 per cento di mortalità. Si tratta di una malattia completamente diversa, che ha un'aggressività delle emoaglutinine periferiche terribile. Noi siamo, invece, in presenza di un virus completamente diverso, particolarmente mite dal punto di vista della tossicità polmonare, eccetto che in alcuni casi, che però non dipendono dall'effetto diretto del virus. Sembra che, in questi casi, l'ARDS che sopravviene successivamente alla polmonite interstiziale sia in realtà dovuta a una tempesta di citochine e a eccesso di risposta immunitaria da parte dei giovani soggetti. Si tratta di un meccanismo non ancora ben conosciuto, ma non dovuto alla tossicità del virus.
Sui tassi di mortalità, onorevole Molteni, abbiamo risposto, come pure sulla frequenza.
Perché gli anziani non sono a rischio? Onorevoli Barani, non è certo perché hanno la «memoria della spagnola», ma dell'Hong Kong e della asiatica, e forse anche dell'influenza del 1967. Sono girate queste influenze e ne rimane la memoria. Ripeto, tutti i dati sono concordi nell'attribuire agli ultrasessantacinquenni solo il 3 per cento dei casi attualmente registrati di influenza.
All'onorevole Farina Coscioni vorrei dire che sarebbe utile consultare il sito del ministero. I medici sentinella informano, non danno consigli sulle mascherine. I 950 medici sentinella della nostra rete ci comunicano da tutta Italia come progrediscono le epidemie. Hanno una funzione completamente diversa.
Il ministero, attualmente, non ha mai parlato di mascherine. Noi ne abbiamo in stock e può darsi che arrivi il momento di utilizzarle. Per adesso, però, non ne abbiamo parlato. Se a Napoli qualcuno si è messo in testa di portare la mascherina, non sono stati certo i medici sentinella a suggerirlo, perché si occupano di altro.
Io sono davvero grato di questa audizione agli onorevoli deputati e li prego, qualora abbiano suggerimenti costruttivi - molti di voi sono medici e molti altri sentono la base -, di comunicarli al Governo che certamente cercherà di recepirli. Noi stiamo semplicemente cercando di svolgere il lavoro migliore possibile per risolvere, per il nostro Paese, questo problema che, grazie a Dio, non appare grave come sembrava all'inizio.

PRESIDENTE. Ringrazio il Viceministro Fazio. All'onorevole Farina Coscioni, la quale ha affermato che ci troviamo in un locale chiuso, faccio notare che oggi sono stati attivati il circuito chiuso, la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati e la trasmissione diretta sul sito Internet della Camera. Praticamente siamo dappertutto. Non mi sembra che questo sia un luogo chiuso e che quanto è stato detto rimanga al suo interno.
Ringrazio nuovamente il Viceministro per la disponibilità. Sicuramente la Commissione deciderà di tenersi sempre aggiornata e in contatto diretto con l'evoluzione della pandemia.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 13,25.

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