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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissioni Riunite
(XII e XIV)
1.
Giovedì 29 gennaio 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3

Audizione dell'europarlamentare Iles Braghetto, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (COM(2008)414 def.) (ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento):

Palumbo Giuseppe, Presidente ... 3 5 7 12 14
Braghetto Iles, Europarlamentare ... 3 5 12 13
Fucci Benedetto Francesco (PdL) ... 10
Gozi Sandro (PD) ... 8
Miotto Anna Margherita (PD) ... 11 13
Mussolini Alessandra (PdL) ... 9
Rondini Marco (LNP) ... 12
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-Repubblicani: Misto-LD-R.

COMMISSIONI RIUNITE
XII (AFFARI SOCIALI) E XIV (UNIONE EUROPEA)

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di giovedì 29 gennaio 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE DELLA XII COMMISSIONE GIUSEPPE PALUMBO

La seduta comincia alle 11,15.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che, se non vi sono obiezioni, la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione dell'impianto audiovisivo a circuito chiuso.
(Così rimane stabilito).

Audizione dell'europarlamentare Iles Braghetto, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera (COM(2008)414 def.).

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 127-ter, comma 1, del Regolamento, l'audizione dell'europarlamentare Iles Braghetto, nell'ambito dell'esame della proposta di direttiva del Parlamento europeo e del Consiglio concernente l'applicazione dei diritti dei pazienti relativi all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
Specifico che l'europarlamentare Iles Braghetto è relatore in sede consultiva presso la Commissione per l'occupazione e gli affari sociali del Parlamento europeo su tale proposta di direttiva, che è assegnata in via primaria alla XII Commissione e, per il parere di competenza, alla XIV.
Do la parola all'europarlamentare Iles Braghetto.

ILES BRAGHETTO, Europarlamentare. Vi ringrazio, innanzitutto, dell'invito che mi è stato rivolto e, inoltre, di questa possibilità non solo di avere uno scambio di informazioni e di opinioni, ma anche di costruire un intervento nell'ambito dell'iter di approvazione della proposta di direttiva europea.
Da un punto di vista procedurale, oggi siamo a metà del guado: la direttiva è, infatti, nelle Commissioni competenti. In particolare, le Commissioni competenti sono, per il merito, la Commissione occupazione e affari sociali e la Commissione ambiente e sanità pubblica.
Secondo una procedura complessa del Parlamento europeo, c'è una competenza prevalente della Commissione occupazione e affari sociali per gli articoli 6, 7, 8 e 9 e una competenza prevalente della Commissione sanità per tutto il resto della direttiva. Questo è un dato importante da conoscere perché queste saranno, quindi, le due Commissioni competenti. Il relatore per la Commissione occupazione e affari sociali è chi vi parla, per la Commissione sanità è il collega inglese Bowis.
Questa è una premessa importante perché il passaggio successivo, che è il negoziato con il Consiglio per l'approvazione definitiva della direttiva, è responsabilità proprio dei relatori delle due Commissioni, per quanto di competenza, con la presidenza in esercizio (in questo caso, la presidenza ceca).
I due relatori hanno già presentato una loro ipotesi di giudizio sulla direttiva. Nella Commissione occupazione e affari sociali abbiamo già discusso anche gli oltre duecento emendamenti presentati dai colleghi alla proposta di relazione che io ho


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predisposto. Al voto si dovrebbe andare nel mese di febbraio, probabilmente il giorno 11.
La Commissione sanità, invece, ha appena chiuso i termini per la presentazione degli emendamenti. Dalle informazioni che ho ricevuto ieri, pare che essi siano oltre seicento. Si tratta, quindi, di un lavoro più complesso. Ciò nonostante, è previsto che anche la Commissione sanità termini i suoi lavori nel mese di marzo. Forse, proprio per questo robusto intervento dei colleghi, ci sarà uno slittamento di qualche settimana, ma l'obiettivo è comunque di andare alla sessione plenaria nel mese di aprile.
Questo incontro avviene nel periodo più importante e delicato, ma anche più adatto per raccogliere eventuali informazioni e indicazioni per poter operare anche qualche aggiustamento.
Penso sia noto che la direttiva nasce sostanzialmente da alcune sentenze della Corte di giustizia europea, la quale ha riconosciuto ad alcuni pazienti la possibilità di avere, in un Paese diverso da quello di origine ma «nello Stato membro di cura» (così nella direttiva), il medesimo trattamento che avrebbe nel Paese di origine. Questa è la sentenza della Corte di giustizia europea che in parte, comunque, raccoglie alcuni punti del Trattato.
Ebbene, a questo punto, la questione, per il Parlamento e per la Commissione, non è tanto se sia giusto o meno (questa precisazione è importante perché poi si recupera sul tema dell'autorizzazione), se i pazienti abbiano diritto o meno, ma come tale diritto possa essere disciplinato. Questo è il tema della direttiva.
Entrando nel merito, la direttiva si divide in tre aree importanti. Il primo settore riguarda la questione delle competenze. La direttiva non mette assolutamente in discussione la competenza degli Stati membri per quanto riguarda la fissazione delle forme di tutela della salute per i propri cittadini (ad esempio, noi italiani abbiamo i livelli essenziali di assistenza), né la responsabilità e la competenza di carattere organizzativo degli Stati membri. Peraltro, in moltissimi Stati membri la competenza è in capo alle regioni.
Nei primi articoli, in particolare nell'articolo 4, si forniscono alcune definizioni che io tralascio, che riguardano, ad esempio, l'assistenza sanitaria, quella transfrontaliera.
Questa direttiva non parla della libera circolazione dei professionisti in sanità, tema che sarà oggetto di un'apposita direttiva successiva. Al riguardo, voglio fare una piccola cronistoria, che considero importante. Questa vicenda ha avuto inizio con la direttiva Bolkestein sulla libera circolazione dei servizi in Europa. In quel caso, era stato inserito anche il settore socio-sanitario, perché la Corte ritiene che ci sia una valenza anche economica in questi servizi e, per questo motivo, il settore era stato inserito nella direttiva complessiva, detta Bolkestein dal commissario che l'aveva proposta.
In seguito, il Parlamento ha chiesto che il settore socio-sanitario venisse sganciato dalla direttiva Bolkestein e seguisse una sua procedura. Successivamente il Parlamento, con alcune risoluzioni, ha chiesto la separazione fra gli interventi sociali e gli interventi sanitari, in quanto sul sociale esiste già un regolamento, il n. 883, ed era quindi bene scinderli.
L'idea era quella di presentare una direttiva che comprendesse la libera circolazione dei pazienti e la libera circolazione dei professionisti sanitari. Ovviamente la complessità delle due questioni (a mio parere, più della seconda che della prima) ha suggerito alla Commissione di fare due proposte diverse, per cui oggi ci troviamo a discutere quella che riguarda i soli pazienti.
Si tratta di una precisazione importante perché molti emendamenti, soprattutto di molti colleghi della Commissione occupazione e affari sociali, vertevano sulla sicurezza, sui professionisti e via dicendo. Queste, però, sono tutte questioni che verranno adeguatamente affrontate nella direttiva sulla libera circolazione dei


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professionisti che la Commissione ha annunciato per la fine di quest'anno, una volta definita la presente.
Tralascio, inoltre, tutte quelle parti della direttiva nelle quali si dice che lo Stato di cura deve garantire la qualità e altre questioni simili, non perché esse non siano importanti, ma perché nel nostro dibattito, probabilmente, le consideriamo scontate e ovvie. La direttiva, comunque, sottolinea specificatamente, così come fanno molti emendamenti, la questione dell'efficacia, dell'efficienza e della sicurezza; temi che io, dunque, tralascio.
Vorrei, invece, soffermarmi sulle questioni che necessitano maggiormente di una discussione da parte nostra. Un tema fondamentale è quello dell'autorizzazione preventiva. Nel dibattito che c'è già stato in Commissione occupazione e affari sociali, durante gli incontri che abbiamo avuto e, soprattutto - per limitarmi a interlocutori italiani - nelle sollecitazioni di molte regioni d'Italia, sono emerse due linee che si confrontano: chi ritiene che lo Stato membro possa, sia per le cure ospedaliere che per quelle non ospedaliere, richiedere un'autorizzazione preventiva, e chi, invece, ritiene che non possa essere assolutamente richiesta alcuna autorizzazione preventiva.
Nella mia relazione ho lasciato questo aspetto ancora aperto, per consentire una maggiore chiarificazione ma, essendo ormai prossimi al voto nella mia Commissione, in accordo con il collega della sanità, con la Commissione e con la Corte di giustizia, abbiamo scelto di rispettare le indicazioni della Corte. La Corte sostiene che per le cure non ospedaliere non si può chiedere alcuna autorizzazione preventiva. Per le cure ospedaliere uno Stato membro può chiedere un'autorizzazione preventiva solo nei casi in cui un'eccessiva mobilità crei squilibri di carattere finanziario o nella programmazione del servizio ospedaliero. In questi casi, quando cioè uno Stato membro verifica che possono determinarsi situazioni di questa natura, può proporre una procedura di autorizzazione.
Questo è un punto importante perché, ad esempio, molte sollecitazioni venute dalle regioni italiane erano favorevoli a consentire agli Stati membri un'autorizzazione preventiva. In base alla verifica che ho fatto ieri e l'altro ieri con la Corte, però, ciò non è possibile perché questo aspetto è già stato definito. Noi dobbiamo muoverci in questa direzione.

PRESIDENTE. Questo vale per i ricoveri. Quando non c'è ricovero?

ILES BRAGHETTO, Europarlamentare. Nessuna autorizzazione. Ho letto anche la sentenza.
Effettivamente, su questo punto esisteva un'incertezza quando ho presentato la mia relazione, un mese fa, quindi ho proposto un emendamento. Nella verifica che abbiamo svolto con l'ufficio legislativo, andando a leggere le sentenze (aiutati da chi di dovere), ci è stato spiegato che i limiti entro i quali è possibile richiedere l'autorizzazione sono i seguenti: per le cure ospedaliere, nel caso in cui lo Stato membro ritenga ci siano possibili ricadute negative sul piano dell'equilibrio finanziario e, in senso generale, della programmazione dei servizi.
Il secondo tema importante riguarda le modalità dei pagamenti. Il Parlamento ritiene che le modalità proposte nella direttiva non individuino uno strumento agile, in grado cioè di evitare che si creino contenziosi continui fra i pazienti e lo Stato di cura, lo Stato di affiliazione e in questo ambito, ad esempio nel nostro caso, le unità locali socio-sanitarie, quindi le regioni, o, in altri casi ancora, le assicurazioni. Le proposte che abbiamo individuato, che sono nate nel dibattito fra le due Commissioni e sono ancora oggetto di due emendamenti nella relazione del collega Bowis, prevedono due ipotesi che la Commissione deve verificare.
Una ipotesi - detto in maniera un po' brutale, ma se volete in seguito posso leggervi gli emendamenti, trattandosi di una delle questioni più importanti - è quella che sostanzialmente prevede il bonus. L'emendamento è abbastanza semplice e propone che gli Stati membri possano offrire ai pazienti un sistema


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volontario di autorizzazione preventiva, grazie al quale, a fronte di tale autorizzazione, il paziente riceve un buono con l'indicazione dell'importo massimo rimborsabile. Questa è l'ipotesi che il mio collega Bowis ritiene preferibile alla seconda, che vi illustro. La seconda ipotesi è la seguente: «La Commissione effettua uno studio di fattibilità per la creazione di una stanza di compensazione al fine di facilitare i rimborsi transfrontalieri delle spese, ai sensi della presente direttiva, di sistemi sanitari e aree di valuta entro due anni dall'entrata in vigore...».
La «stanza di compensazione», così come viene definita, richiede tempi lunghi di realizzazione, quindi si spinge sulla prima ipotesi.
Devo dire che anche sul bonus le opinioni sono, come è ovvio, differenti. Secondo alcuni, infatti, questo rappresenterebbe un aggravio per lo Stato di affiliazione e, facendo un esempio pratico, nel nostro caso sarebbe un aggravio di carattere amministrativo per le regioni. Ritengo, però, che la maggiore propensione del Parlamento verso il bonus parta dalla volontà di evitare che il paziente, che già avrà mille problemi nello spostarsi e tutto il resto, debba avere anche il problema di quanto poter spendere, di chi e quando debba pagare eccetera; tutto diventerebbe più complicato, mentre noi dobbiamo rendere questa modalità il più agevole possibile. Lo ripeto, le decisioni verranno assunte di comune accordo con il Consiglio nella fase finale, ma mi sembra di notare che ci sia un maggiore orientamento verso questa prima ipotesi.
Le maggiori preoccupazioni dei parlamentari rispetto al testo della direttiva, sono quindi, da una parte, di non mettere i pazienti in un ginepraio burocratico, dall'altra di cercare di garantire un rapporto amministrativo corretto fra le diverse amministrazioni che verranno chiamate in causa.
C'è, inoltre, un altro aspetto abbastanza importante che è affrontato nell'articolo 12 (Punti di contatto nazionali): il tema dell'informazione. Si deve, infatti, garantire che lo Stato di affiliazione, cioè lo Stato di origine, fornisca ai pazienti tutte le informazioni necessarie e, ovviamente, che anche lo Stato di cura, a sua volta, fornisca una corretta informazione riguardo all'adeguatezza di quel determinato professionista o di quella determinata struttura sanitaria a corrispondere alla prestazione richiesta.
Questo è, quindi, un argomento abbastanza importante e viene affrontato in maniera positiva. È stata, infatti, avanzata la proposta di istituire dei punti di contatto nazionali in ogni Stato membro, i quali si raccordano fra di loro; i meccanismi sono, magari, un po' complessi, ma in Europa tutto lo è. Dunque, l'idea sarebbe questa.
Quanto alla terza parte, personalmente la considero molto importante per chi governa, quindi per noi. Appena la proposta è stata formulata, si è parlato di turismo sanitario. Dagli studi e dalle ipotesi definite, però, non sembra che questa direttiva procurerà un incremento del fenomeno del turismo sanitario. Da un lato, si preferisce generalmente curarsi a casa propria e, dall'altro, esiste un'impostazione progettuale, a livello europeo, anche finanziaria per consentire un livello di offerta sanitaria adeguato anche nei Paesi dell'allargamento; si intende fare in modo, cioè, che non ci sia un grande dislivello fra i diversi Paesi, per cui, a parità di qualità, di norma si sceglie di rimanere a casa propria, anche per un fattore di lingua e per mille altre ragioni.
Aggiungo una riflessione personale: penso che gli effetti più importanti di questa direttiva si riscontreranno per le malattie rare, cioè per quel tipo di domanda di prestazione per cui l'eccellenza - uso questo termine per capirci - esiste soltanto in alcuni luoghi (non perché lì siano più bravi ma perché, trattandosi di patologie rare, se ne contano pochi casi che, quindi, possono essere affrontati).
Ho fatto questa premessa perché la terza parte che, secondo me, dal punto di vista di chi fa programmazione sanitaria non è meno rilevante dell'altra questione, riguarda appunto le reti di riferimento europee. Non sto a spiegarvi nel dettaglio,


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ma nel testo è abbastanza chiaro: si tratta di favorire questi punti di eccellenza.
Un'ulteriore questione, forse poco valutata ma ancora più importante, riguarda la cooperazione in materia di gestione delle nuove tecnologie, gli standard sulle tecnologie sanitarie. È chiaro, infatti, che non in ogni ospedale può esserci, ad esempio, la robotica, ma sarà presente soltanto in alcuni. Il tema riguarda, quindi, gli standard delle grandi tecnologie, in un certo senso la sanità elettronica.
Ieri ho avuto un interessante confronto con i radiologi. Il quesito posto è il seguente: quando il paziente va a curarsi, ad esempio, a Parigi, chi deve leggere la sua immagine, lo Stato di affiliazione, cioè quello in cui avviene la prescrizione, o quello in cui il paziente va a curarsi? Su questo c'è stata una lunga discussione.
Insomma, questa terza parte - per questo ho richiamato anche l'articolo 16 sulla sanità elettronica, quindi sulla telemedicina - sebbene non entri proprio nel merito di come governare la mobilità, ha tuttavia la sua rilevanza rispetto a questo tema. Se alla fine, infatti, si realizzerà davvero questa mobilità, e non per un fenomeno di turismo sanitario, ma per un'effettiva domanda di eccellenza, gli effetti andranno ad incentrarsi molto sulla rete di riferimento, sullo standard delle tecnologie e sulla sanità elettronica, cioè sulla telemedicina. Ecco perché questo aspetto, che forse non è il più importante per il paziente nella sua quotidianità, è molto rilevante per chi fa programmazione sanitaria.
Ovviamente, questa direttiva richiama una cooperazione tra gli Stati membri o, meglio ancora, tra le regioni.
Io sono veneto e so che la mia regione ha già stretto un accordo con le regioni transfrontaliere. Ho presentato, al riguardo, un emendamento che prevede che queste cooperazioni rafforzate tra regioni transfrontaliere - che stanno già ragionando su una programmazione coordinata fra di loro - possano essere sostenute anche finanziariamente, divenire sedi delle reti e via dicendo.
Dunque, è evidente che questa terza parte chiama in causa la possibilità di una cooperazione vera tra le regioni, in particolare fra quelle transfrontaliere. La Commissione europea dovrà mettere a disposizione anche i finanziamenti per realizzare questo passaggio.
Concludo dicendo che l'opinione della stragrande maggioranza dei parlamentari è favorevole a questa direttiva, poiché la ritiene un'opportunità che deve essere valutata come tale dal punto di vista del paziente.

PRESIDENTE. Abbiamo apprezzato molto la sua relazione per la competenza e per gli spunti di riflessione su questa direttiva.
È ovvio che, per quanto mi riguarda, alcuni punti andrebbero approfonditi e chiariti.
Il primo che mi è saltato all'occhio è quello riguardante la libertà per le prestazioni non ospedaliere. Le prestazioni ospedaliere che non richiedono ricovero aumentano sempre di più, quindi non so come si possa fare una regolamentazione in tal senso.
Un altro punto importante riguarda la necessità di fornire una capillare informazione sulla dislocazione delle strutture sanitarie; bisogna far sapere dove sono, perché anche in Italia ci possono essere centri eccezionali, non è necessario andare in Francia o in Germania.
Questo problema delle informazioni è importante; io vengo da una regione del sud e vedo che spesso vi è la tendenza, alle volte innaturale, ad andare a curarsi a nord - in Lombardia, in Veneto e via dicendo - senza sapere che nella propria regione vi sono strutture che, alla fine, attuano le stesse prestazioni e con gli stessi protocolli (in questo caso medici).
Lo stesso può succedere, in generale, in tutta Italia: magari le persone vanno a curarsi al «Rousseau» di Parigi non sapendo che il protocollo oncologico che là utilizzano è uguale a quello utilizzato a Roma o Milano, perché i protocolli medici oggi sono internazionali.


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Il problema economico è importante. Una scelta a tal proposito può essere quella di prevedere un bonus, di fissare un tetto di rimborso da calcolare in base al costo della prestazione. Tuttavia, se fissiamo un tetto poniamo dei limiti: chi può affrontare determinate spese potrà curarsi, come lei ha detto, anche nel centro ultra specializzato e specifico per quella malattia, rara o meno che sia, mentre chi non può si deve accontentare di quello che c'è. Questi sono miei dubbi personali.
Do la parola ai colleghi che intendono intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

SANDRO GOZI. Premetto, collega Braghetto che non siamo tutti esperti di sanità, abbiamo dei know-how diversi, una ricchezza nella diversità.
Credo che le due Commissioni abbiano voluto approfondire questa direttiva proprio perché presenta delle grosse opportunità nella costruzione dell'Europa e della cittadinanza, ma anche dei nodi molto delicati, ovviamente ben noti.
Lei diceva che, luce sulla base delle analisi che avete svolto nelle due Commissione e con la Commissione europea, il rischio del turismo sanitario è minimo. Tuttavia, alla luce di quanto lei ci dice io vedo un altro rischio, cioè che si tratti di una libertà di élite, di una libertà elitaria.
A mio avviso, l'ipotesi del bonus è positiva, perché non possiamo certamente chiedere ai cittadini di far fronte ad adempimenti burocratici che, se già sono complessi nell'ambito delle regioni italiane, figuriamoci come possono esserlo nell'attuazione di questa libertà di rapporti tra regioni e amministrazioni sanitarie che, tra l'altro, hanno ancora codici diversi e spesso non parlano lo stesso linguaggio.
Tuttavia, come diceva il presidente, dobbiamo stabilire il tetto di tale bonus, perché non vorrei che si ripetesse quello che, spesso, nella mobilità in Europa è purtroppo una costante, cioè l'affermazione di una mobilità e di una libera circolazione che, alla fine, sono accessibili solo alle élite.
Questo problema è osservabile in altri programmi come, ad esempio, il progetto Erasmus, la più grande storia di successo europeo che tutti conosciamo, che è riservato all'1 per cento degli studenti proprio perché il bonus che forniamo è troppo limitato e, di conseguenza, è accessibile solo alle famiglie che possono permetterselo.
Dobbiamo fare molta attenzione perché, in questo caso, stiamo parlando di una cosa estremamente delicata, cioè la sanità, quindi dobbiamo ben valutare la questione del tetto, posto che l'ipotesi del bonus mi sembra la più percorribile anche alla luce dei possibili ostacoli.
Questo discorso mi porta a considerare un altro aspetto. Lei, onorevole Braghetto, ha insistito sulla questione della cooperazione; questa è anche un'opportunità, approfittiamone per migliorare la cooperazione tra i sistemi sanitari e per stimolare la creazione di centri di eccellenza sanitari per malattie rare o ricerche su malattie rare, ad esempio.
Lei avrà seguito benissimo la vicenda, piccola ma indicativa - che, a mio avviso, la Corte ha tenuto presente non tanto dal punto di vista giuridico, quanto come esperienza -, sulla difficoltà ad avere un minimo di cooperazione ospedaliera tra Gorizia e Nova Gorica, quando la Slovenia ha aderito all'Unione europea. È evidente, quindi, che bisogna andare in questa direzione.
Dobbiamo, tuttavia, fare attenzione a non trascurare i processi di convergenza, perché se il primo rischio è quello che la libera circolazione sanitaria sia accessibile solo all'élite, il secondo rischio è quello di avere una libertà ed una integrazione negativa senza che vi sia una integrazione positiva.
Certamente voi andate verso l'attuazione del disposto della Corte, ovvero verso l'abbattimento degli ostacoli alla libertà di circolazione dei sistemi sanitari.
Questa integrazione è auspicabile, ma anche negativa, perché abbatte le barriere ma se a questa non fate corrispondere un'integrazione positiva tra sistemi sanitari - nei modi dovuti e attraverso metodi


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da identificare - e se non favorite dei processi di convergenza per cui alcune performance minime dei vari sistemi sanitari siano più o meno simili o assimilabili, il vostro ottimismo sul turismo sanitario potrebbe essere smentito. Pertanto, è questo l'equilibrio a cui dovreste fare riferimento.
Il disposto della Corte va benissimo, ma il legislatore comunitario può attuare quanto disposto dalla Corte e anche andare oltre. A mio giudizio, andare oltre significa stabilire dei processi di convergenza minimi tra sistemi sanitari che oggi sono profondamente diversi. Infatti, se le divergenze sanitarie sono elevate, soprattutto tra i Paesi di recente adesione e i vecchi Paesi membri - ma anche all'interno di questi ultimi -, nel caso in cui si determinassero degli effetti collaterali negativi rischieremmo di mettere in dubbio il principio fondamentale che la libera circolazione dei cittadini non può essere impedita da motivi di salute. Se diciamo che i cittadini circolano liberamente in Europa, non è certo la questione della salute che li può bloccare.
Fate attenzione, però, perché se non si inducono quei processi di convergenza tra i sistemi sanitari, rischiamo di avere delle strumentalizzazioni che portano a rimettere in gioco un principio molto importante.

ALESSANDRA MUSSOLINI. Vorrei sottolineare sostanzialmente due punti. Io ritengo che questa occasione debba essere sfruttata anche per migliorare la sanità nel nostro tessuto regionale e per mettere in competizione le nostre regioni, sia tra di loro, a livello nazionale, che rispetto agli standard europei.
La mia preoccupazione, che è già stata espressa dal collega, riguarda il bonus. Comprendo che questa sia la soluzione più semplice da attuare, ma è anche la più difficile e pericolosa a causa della discrezionalità del limite massimo che, ad esempio, può essere posto sulla base di alcune patologie piuttosto che altre.
Questa soluzione potrebbe diventare un blocco, perché chi si può permettere di superare il bonus continua, chi non lo può fare rimane sostanzialmente senza la possibilità di accedere ad altre strutture.
L'altro pericolo che può determinarsi è quello che, per il momento, per quanto riguarda le diverse patologie i prezzi seguono degli standard ben precisi, certamente differenti in Europa. Temo che, in alcune nazioni o in alcune realtà che hanno aderito all'Europa da poco, si possa costituire un «cartello» con prezzi sostanzialmente identici ma standard estremamente bassi, la qual cosa metterebbe a rischio la cura e la diagnosi.
L'altro rischio che potrei intravedere è che a causa di inefficienze nostrane - anche noi purtroppo le abbiamo - le persone siano mandate all'estero non per una questione di standard o di punti di contatto o di convergenze, bensì a causa delle nostre inefficienze, e che questo, in alcune regioni, possa creare ulteriori alibi a tali inefficienze.
È vero che, come dice il presidente, ci sono strutture di eccellenza ovunque e non solo al nord o al centro. Tuttavia, è anche vero che per accedere a queste strutture passano mesi, se non anni, e ci sono delle patologie che richiedono una urgenza, una immediatezza.
Pertanto, spesso i pazienti vengono trasferiti altrove, nonostante loro vogliano o debbano curarsi nel proprio territorio, perché c'è anche una questione di accoglienza, di aria, di alberghi, di familiari. Una persona non può fare da sola, alcune volte ha bisogno di assistenza, con carichi economici non indifferenti.
Il punto quindi è, soprattutto, creare una parità e una vera libertà di accesso alle cure, non favorire «cartelli» e garantire gli standard, aumentando anche quelli regionali, creando una opportunità.
Inoltre, in questa sorta di assistenza indiretta - solo in Europa potevano creare il termine «camera di compensazione», sembra una cosa spaziale - le spese saranno rimborsate in un secondo tempo, per cui chi non ha i soldi non ha modo di affrontarle.
L'Europa, quindi, da una parte può dettare dei principi e dei criteri; dall'altra,


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però, deve assicurare anche degli standard migliorativi - non peggiorativi o uguali alla nostra media -, che possano veramente dare ai pazienti garanzia e velocità.
Lei, onorevole Braghetto, poneva una domanda in merito a chi debba leggere, ad esempio, una lastra o qualsiasi altro referto. In questo caso c'è un conflitto; in genere chi fa l'esame poi lo analizza, anche perché c'è un'assunzione di responsabilità da parte sia della struttura ospedaliera che del medico che pone la sua firma.
Pertanto, ci sono alcuni problemi non di poco momento: innanzitutto questo famoso bonus, concernente quindi il problema economico; poi il fatto che i punti di contatto non li abbiamo nemmeno tra regioni, in Italia, figurarsi averli con l'estero. Mi auguro, però, che tale questione, se posta bene, possa essere anche uno stimolo al miglioramento.

BENEDETTO FRANCESCO FUCCI. Signor presidente, onorevoli colleghi, consentitemi innanzitutto di ringraziare l'onorevole Braghetto per essere intervenuto in audizione e per averci fornito importanti elementi in merito alla posizione che il Parlamento europeo e, nello specifico, la Commissione in cui è relatore stanno maturando sulla proposta di direttiva relativa all'assistenza sanitaria transfrontaliera.
Credo che la qualità e la puntualità delle valutazioni fornite dall'onorevole Braghetto costituiscano una migliore pratica nei rapporti tra Parlamento nazionale e membri italiani del Parlamento europeo in materia europea.
Per un verso, infatti, l'esame della proposta sta rendendo evidente quanto sia importante il contributo che la Camera e le nostre Commissioni, la XII e la XIV nello specifico, possono offrire per rappresentare agli europarlamentari italiani profili di interesse nazionale da approfondire e da tenere assolutamente in considerazione ai fini dell'esame presso il Parlamento europeo. Per altro verso, non posso non sottolineare l'importanza che le indicazioni forniteci dal collega Braghetto avranno sicuramente per l'espressione del parere della Commissione politiche europee e, ne sono certo, del documento finale della Commissione affari sociali.
Personalmente, condivido pienamente gli emendamenti alla proposta che l'onorevole Braghetto prospetta nella sua relazione e, in particolare: l'emendamento all'articolo 5, paragrafo 1, lettera c), finalizzato a garantire che i pazienti siano informati circa le disposizioni in materia di rimborso che li riguardano; l'emendamento all'articolo 9, paragrafo 4, volto ad inserire l'accreditamento nello Stato membro di trattamento tra gli elementi per valutare la qualità dei prestatori di servizi sanitari in altri Stati membri; non ultimo, l'emendamento all'articolo 15, paragrafo 2, nuova lettera f-ter), volto ad istituire una banca dati di tutti i prestatori di servizi sanitari e di tutte le informazioni sulle specifiche specializzazioni, al fine di redigere un elenco di centri di eccellenza in modo tale che questo possa aiutare i pazienti a compiere la scelta giusta per un determinato ospedale.
Mi consentirà comunque, onorevole Braghetto, anche se nella sua relazione lei ha fatto cenno agli argomenti che sto per sottoporle, di illustrarle quindi alcuni elementi problematici su cui si sta concentrando l'esame nella nostra Commissione, e di chiederle appunto una valutazione al riguardo.
In primo luogo, la proposta, pur perseguendo obiettivi ambiziosi e nel complesso condivisibili, presenta diversi aspetti delicati per l'impatto finanziario che essa potrebbe avere sul sistema nazionale e sugli operatori sanitari, nazionali e regionali, sulla loro programmazione, sulle modalità di accesso alle prestazioni, nonché sui diritti dei pazienti italiani che si recano in altri Stati membri dell'Unione europea.
Pertanto, a mio modesto parere andrebbe considerata anche dal Parlamento europeo l'opportunità di fissare un termine di recepimento della direttiva tale da consentire agli Stati membri ed alle regioni di adeguarsi ai significativi oneri di


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organizzazione e regolamentazione che deriverebbero dall'attuazione della direttiva stessa.
In secondo luogo, l'articolo 8 della proposta di direttiva consente agli Stati membri di prevedere un sistema di autorizzazione preventiva per la copertura dei costi delle cure ospedaliere prestate in un altro Stato membro, nel rispetto di alcune condizioni tra le quali l'esigenza di gestire il flusso di pazienti in uscita determinato dall'attuazione della direttiva, e quella di evitare quindi che esso possa compromettere l'equilibrio finanziario del sistema di sicurezza sociale dello Stato membro e/o la programmazione e la razionalizzazione del settore ospedaliero.
È mia opinione che il dettato dell'articolo 8 della proposta sia troppo generico. In particolare, i presupposti e le condizioni per introdurre l'autorizzazione preventiva andrebbero meglio specificati.
Terza questione: l'articolo 14 della proposta di direttiva prevede il riconoscimento delle prescrizioni rilasciate in un altro Stato membro per l'utilizzazione di medicinali sul proprio territorio.
Questa previsione, pur avendo finalità certamente lodevoli potrebbe però incidere negativamente sulle misure adottate in Italia o in altri Paesi, a livello nazionale e regionale, per l'uso e le rimborsabilità dei farmaci. Sta valutando, il Parlamento europeo, questo altro aspetto?
Quarto e ultimo punto: la proposta di direttiva non interviene sulla questione della mobilità dei professionisti nel settore sanitario. Come è noto, l'esclusione dei servizi sanitari dalla direttiva sui servizi ha lasciato una evidente lacuna normativa in materia, in quanto la direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali come non disciplina adeguatamente la libera circolazione del personale sanitario, in particolare in materia di formazione continua, diritto di stabilimento e garanzia delle competenze degli operatori sanitari.
Le chiedo, quindi, quali iniziative il Parlamento europeo sta considerando - non necessariamente in relazione alla proposta di direttiva dello stesso esame - rispetto ad un adeguamento del quadro normativo vigente, al fine quindi di migliorare la libera circolazione dei professionisti nell'ambito della sanità.
Sono consapevole, in conclusione, che alcuni di questi aspetti non sono di competenza della Commissione occupazione e affari sociali, presso cui lei è relatore; pur tuttavia, per noi sarebbe di grande utilità sia conoscere la sua posizione a riguardo, sia avvalerci del suo lavoro per sensibilizzare gli altri europarlamentari italiani su questi aspetti.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. Signor presidente, ringrazio anche io l'onorevole Braghetto, che proviene dalla mia stessa regione e, per questo motivo, ho avuto modo di apprezzarne l'opera e il lavoro quando è stato assessore regionale alla sanità. Capisco che questa direttiva è in buone mani.
Mi ha un po' preoccupata la questione della regolazione degli aspetti finanziari perché il bonus, così come è stato illustrato, si presta ad essere utilizzato per alimentare comportamenti opportunistici, che in sanità sappiamo riguardare il sistema degli erogatori ma anche i professionisti.
Avanzo un'ipotesi, che spero sia confutata; immagino che l'onorevole Braghetto l'avrà già valutata.
Mi chiedo se non sarebbe più equo adottare un metodo del passaggio all'assistenza indiretta, che rispecchia due caratteristiche e che impedirebbe i comportamenti opportunistici, eliminando ogni utilità indotta dal sistema di remunerazione delle prestazioni; il Paese che eroga la prestazione viene pagato al costo, vale a dire che non può stabilire tariffe diverse dal costo delle prestazioni, per cui i sistemi sanitari non si alimentano artificiosamente con entrate provenienti dal cosiddetto turismo sanitario; il Paese da cui provengono i malati, però, rimborsa il cittadino malato che si sposta per la cura nell'ambito del sistema di garanzie e tutele che ciascun Paese si è dato, sulla base del rapporto esistente tra prestazioni erogate e tasse pagate individualmente.


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Così facendo, non si alimenta un'artificiosa migrazione indotta dalle cure migliori ottenibili fuori dal proprio Stato avendo però pagato minori tasse nello Stato di origine, e si lascia libero il cittadino di spostarsi sulla base del principio della libertà di scelta e del diritto alla mobilità, lasciando a suo carico il pagamento del differenziale tra il costo della prestazione e il rimborso dato dal Paese di origine.
Capisco invece la complessità della «stanza di compensazione»: è già difficile governare la mobilità regionale nazionale, attiva e passiva, figuriamoci a livello europeo: ci troveremmo di fronte ad un contenzioso infinito.
Immagino che una formula di questo tipo sia già stata discussa e che ci sia già anche una risposta. Tuttavia, poiché non ho ancora trovato una risposta che possa confutare una simile impostazione, mi affido all'abilità dell'onorevole Braghetto, per convincermi naturalmente che questa ipotesi è peggiore di quella del bonus.

MARCO RONDINI. Desidero ringraziare l'onorevole Braghetto per essere intervenuto in questa audizione.
L'onorevole ha già risposto ad alcune osservazioni che avevo formulato quando avevo illustrato il contenuto di questa proposta di direttiva europea e che ritengo opportuno ripetergli affinché ne prenda nota.
Mi chiedo quali misure intende adottare l'Unione europea per evitare che la libera circolazione dei pazienti determini un ampio contenzioso tra i diversi Paesi sull'entità dei rimborsi e la tempestività dei relativi pagamenti. Mi sembra che, a tal proposito, lei, onorevole Braghetto, parlasse di una «stanza di compensazione», che mi auguro venga recepita.
Per quanto riguarda la questione della mobilità dei pazienti, lei ci diceva che questa direttiva non dovrebbe causare un eccessivo ricorso al turismo sanitario. La libera circolazione dei pazienti è un'opportunità, ma forse dovrebbe essere monitorata - come mi sembra sia già previsto, in parte, dall'articolo 8 - per evitare che le nostre strutture sanitarie non siano più in grado di rispondere ai pazienti del proprio territorio.
Di fondo, credo che questa direttiva cerchi di uniformare le prestazioni erogate dai diversi sistemi sanitari degli Stati membri dell'Unione europea; pertanto, presumibilmente verranno erogati fondi agli Stati che non sono in grado di erogare lo stesso tipo di prestazioni sanitarie erogate, ad esempio, in Italia. Faccio riferimento ai paesi dell'est, gli ultimi Stati che hanno aderito all'Unione Europea.
Sarebbe forse opportuno istituire una sorta di organismo che verifichi la realizzazione delle strutture sanitarie in quei Paesi e verifichi, in sostanza, come vengono spesi i fondi che l'Unione europea destinerà a questi Paesi per aumentare la qualità delle prestazioni sanitarie e renderle uguali a quelle dei Paesi dell'Occidente.

PRESIDENTE. Do la parola all'europarlamentare Iles Braghetto per la replica.

ILES BRAGHETTO, Europarlamentare. Ritengo che, sostanzialmente, le questioni affrontate siano tre. Non so se, alla fine, l'ipotesi del bonus sarà confermata, perché la discussione è ovviamente ancora in corso.
Per quanto concerne l'osservazione relativa all'assistenza indiretta, il dibattito è emerso. Da una parte, c'è la posizione politica di chi ritiene che questa sia una opportunità importante e, pertanto, l'atteggiamento di questi colleghi è di evitare l'applicazione di qualsiasi strumento che disincentivi la persona intenzionata a muoversi.
Questa è, ad esempio, la posizione del mio collega inglese John Bowis che, nella sua relazione, ha inserito la questione dell'assistenza indiretta, che è stato uno dei temi discussi.
La sua esclusione dipende, per il momento, dal fatto che la si ritiene essere un disincentivo alla mobilità del paziente, perché in tal modo sarebbe costretto a pagare. Non c'è una ragione tecnica secondo la quale l'assistenza indiretta, da un


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punto di vista burocratico-amministrativo, è peggiore del bonus o della compensazione: si ritiene solamente che sia un aggravio per il paziente, quindi un appesantimento, un disincentivo a muoversi.
Nella sua relazione, Bowis ha inserito un nuovo punto che mi fa dire che il tema è aperto. Quando si parla di tetto, non è lo Stato che decide un tetto «A» oppure «B»: il pagamento è uguale a quello della prestazione che il paziente paga nel suo Paese. Quando si parla di tetto si intende questo. Questo è un punto, criticabile o meno.
Vi do un altro elemento, frutto anche di tanti contatti: alcuni grandi imprenditori privati della sanità, ad esempio, eccepiscono su questo criterio, mentre sarebbero più favorevoli ad altre soluzioni: il costo di una prestazione nel Paese di origine può non interessare a me, che sono da un'altra parte; magari da me costa di più, però mi pagano di meno.
Credo che questo sia un punto da cui non ci si muove, non so cosa succederà tra dieci, venti o trent'anni, quando la convergenza potrà creare omogeneità.
Bowis nella sua relazione ha introdotto un ulteriore elemento, che è l'integrazione dell'importo. Secondo lui, se una persona riceve il rimborso per la prestazione e nel Paese di cura vuole fare anche la riabilitazione, che non gli viene riconosciuta dal suo Stato, questo Stato potrebbe anche ragionare su una integrazione dell'importo.
Dice infatti: «È inoltre probabile che in taluni Paesi l'opzione di recarsi all'estero sia praticabile unicamente qualora il paziente sia disposto ad integrare l'importo pagabile nel Paese d'origine». È possibile che il paziente integri l'importo per prestazioni non riconosciute? Gli diamo questa possibilità? Certo - dice Bowis - diamo la possibilità ai Paesi di decidere anche forme diverse tra loro per l'integrazione dell'importo. A questo punto, quindi, il problema di come stabilire il pagamento diviene ancora più impegnativo.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. La cassa è una cosa diversa rispetto alla spesa sostenuta. Non è detto che il cittadino che va curarsi in Inghilterra, per fare un esempio, debba partire con 8 mila euro in tasca, pari al costo della prestazione che a Londra gli debbono garantire; anche perché il cittadino che, ad esempio, parte da Roma per farsi curare a Londra, poi dovrà essere rimborsato dalla regione Lazio. Allora perché deve materialmente pagare?
Si potrebbero distinguere le due fasi, così si risolve il problema dell'aggravio sul cittadino.
Mi scuso se sono intervenuta senza chiedere la parola.

ILES BRAGHETTO, Europarlamentare. No, no, è meglio interloquire.

ANNA MARGHERITA MIOTTO. In questo modo si risolve il problema dell'aggravio sul cittadino. È vero che solo coloro che hanno la possibilità di anticipare denaro potrebbero avere accesso a questa opportunità, e questa sarebbe una limitazione del diritto. L'osservazione è giusta.
La soluzione è non chiedere il pagamento e spostarlo al momento in cui il cittadino ottiene il rimborso dal proprio Paese, anche se le regioni frappongono ostacoli molto forti, perché temono che la propria programmazione venga sconvolta da questo, e la loro preoccupazione è corretta.
Chiedo scusa per l'interruzione.

ILES BRAGHETTO, Europarlamentare. Questo intervento ha consentito di chiarire ulteriormente alcuni punti.
Da tutti gli incontri che ho avuto, ho ricavato l'impressione che, alla fine, lo strumento che raccoglie il maggiore consenso è quello del bonus, o del voucher che dir si voglia, perché è ritenuto da un lato quello più semplice e dall'altro quello più garantista. La discussione è ancora aperta ma, ad oggi, ciò che ho notato dal dibattito in corso è questo.
Penso che, effettivamente, questa direttiva rappresenti veramente un'opportunità


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per i pazienti, ma anche per i sistemi sanitari europei. E credo che la maggior parte di coloro che stanno ragionando su queste direttive si rendano conto di quanto questo obblighi ad una politica di convergenza, a evitare le discriminazioni e le disparità fra le regioni, e via dicendo.
Nell'ultimo lavoro svolto sul bilancio stiamo tentando di introdurre un finanziamento ulteriore per le regioni transfrontaliere che avviano nel campo sanitario un progetto di cooperazione. Non necessariamente sono reti di riferimento; possono esserlo, ma anche non esserlo.
A tale riguardo, un esempio interessante è dato da Gorizia e Nova Gorica, su cui si è aperto un dibattito molto interessante tra Slovenia e Friuli-Venezia Giulia, sulla base di questa direttiva, per risolvere tanti piccoli problemi sull'ospedale.
Pertanto, questo richiamo ai progetti di convergenza è molto appropriato. Io ritengo che uno degli effetti più importanti della direttiva sarà quello di accelerare questo processo.
Per quanto riguarda il controllo dei conti, in Parlamento europeo non seguo molto questo aspetto finanziario. In ogni caso, ho seguito il dibattito sulla questione che riguardava Romania e Bulgaria, e ricordo che i fondi alla Bulgaria sono stati bloccati perché non venivano destinati allo scopo per cui erano stati stanziati; pertanto, se si vuole farle un controllo politico ci sono tutti gli strumenti per metterlo in atto. Alla Romania, invece, l'assenso infine è stato dato in seguito ad una garanzia politica fornita ai massimi livelli e verificata dopo le elezioni, visto l'accordo bipartisan fatto sul Governo, perché la questione dei fondi era uno degli elementi fondamentali.
Lo dico semplicemente per sottolineare che questa è una giusta preoccupazione, ma ritengo che in Europa ci siano meccanismi tali per cui questi aspetti possono essere effettivamente controllati.
La terza questione importante riguarda i professionisti; per gli obiettivi della convergenza e per il miglioramento dei sistemi questo è un punto ancora più interessante, ma anche forse più impegnativo.
Mi hanno riferito che è già in corso la stesura di un testo e che stanno aprendo le consultazioni. Credo che questo sia un appuntamento importante, anche se oramai è in fase finale.
Immagino che, con il mese di settembre, sarà visibile l'altra faccia della medaglia non meno importante di questa, anzi, per certi versi decisiva. Non nascondiamoci, infatti, che noi abbiamo sollevato, ad esempio, alcune osservazioni per quanto riguarda i possibili contenziosi finanziari relativi ai pagamenti, ma immaginate quali possibili altri contenziosi sono legati al discorso della sicurezza, come, ad esempio, nel caso di un'operazione chirurgica non andata a buon fine.
La Commissione ci ha chiesto di non affrontare questi temi in questa direttiva, dal momento che verranno affrontati in quella che riguarderà la mobilità dei professionisti e, quindi, tutte le caratteristiche, gli standard e le garanzie che devono essere date per assicurarne la sicurezza.
Questa è l'altra faccia della medaglia, non meno importante, su cui penso saremo chiamati a lavorare prima della fine l'anno.

PRESIDENTE. Ringrazio l'onorevole Braghetto per le sue delucidazioni. Sicuramente questo è un problema molto importante che, se veramente si svilupperà, implicherà a mio avviso un cambiamento anche della gestione della sanità in Italia e in Europa, perché vi saranno termini di confronto, anche pesante.
Ciò potrebbe anche determinare un miglioramento della sanità, perché per fare «concorrenza» agli Stati in cui la gente tenderà ad andare bisognerà aumentare e migliorare anche le nostre prestazioni.
In questo caso, direi che si tratterà di una concorrenza positiva anche dal punto di vista medico: già oggi c'è una certa circolazione, ma quando la laurea sarà considerata valida in qualunque posto, il medico potrà andare ad esercitare la sua professione in qualunque Paese dell'Europa,


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dove dovranno poter accettare le sue prestazioni.
Il problema della sicurezza, della copertura assicurativa, è un discorso importante che deve essere affrontato in tutta Europa, non soltanto nella nazione da cui si proviene, perché se vado a farmi curare o operare in un altro posto, per qualsiasi cosa mi succeda, un errore o un incidente, devo essere coperto dal punto di vista assicurativo come lo sono nella mia nazione; è un problema molto importante e un discorso che deve essere certamente affrontato.
Ringrazio l'europarlamentare Iles Braghetto e tutti coloro che sono intervenuti a questo interessante dibattito.
Dichiaro conclusa l'audizione.

La seduta termina alle 12,25.

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