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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
1.
Mercoledì 18 giugno 2008
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, sulle linee programmatiche del suo dicastero (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 14 17 18 19 27 31
Rosso Roberto, Presidente ... 22 27
Beccalossi Viviana (PdL) ... 14 18
Bellotti Luca (PdL) ... 20 21
Brandolini Sandro (PD) ... 23 25
Cuomo Antonio (PD) ... 25
Di Giuseppe Anita (IdV) ... 14
Dima Giovanni (PdL) ... 22
Fiorio Massimo (PD) ... 29
Fogliato Sebastiano (LNP) ... 30
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 17 18 19
Pepe Mario (PD) ... 17 19
Rainieri Fabio (LNP) ... 18
Romele Giuseppe (PdL) ... 19
Rota Ivan (IdV) ... 28
Ruvolo Giuseppe (UdC) ... 16
Sardelli Luciano Mario (Misto-MpA) ... 18 19
Zaia Luca, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali ... 3 31
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per l'Autonomia: Misto-MpA; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di mercoledì 18 giugno 2008


Pag. 3

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 8,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata, oltre che attraverso impianti audiovisivi a circuito chiuso, anche mediante la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, sulle linee programmatiche del suo dicastero.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca l'audizione, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, del Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, Luca Zaia, sulle linee programmatiche del suo dicastero.
Ringrazio il Ministro per aver accolto la richiesta della Commissione e gli cedo subito la parola. Al suo intervento faranno seguito le eventuali domande dei colleghi e, quindi, la replica.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Innanzitutto, desidero ringraziare il presidente Russo. Non sono un esperto dei lavori di questo palazzo, pertanto vi dico subito che non ho preparato un intervento scritto, ma solo una sorta di indice. Immaginate un libro virtuale, del quale ho segnato solo i titoli dei capitoli.
Mi dovrete perdonare, dunque, se non sarò preciso o se magari sorvolerò su alcuni aspetti. Comunque, resto a disposizione, per rispondere alle eventuali domande e per fornire approfondimenti.
Ringrazio altresì il presidente Russo per la pazienza che ha avuto nell'attendere questa audizione. Obiettivamente, tuttavia, mi sembrava improprio presentarmi a voi, anche nel rispetto della Commissione, nei primi giorni del mio incarico e raccontare delle storielle. Ho voluto approfondire prima la conoscenza di molti dossier che riguardano i nostri futuri lavori.
Colgo l'occasione per salutare il sottosegretario Bonfiglio, che voi certo già conoscete.

PRESIDENTE. Ormai è di casa in questa Commissione, anche per averne fatto parte nelle passate legislature.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Cercherò, dunque, di dare un'idea a volo d'uccello dei dossier che ho trovato, delle prospettive future e delle attività che porteremo avanti.
Inoltre, vorrei fornirvi un aggiornamento circa le attività che ho affrontato in questi primi 43-44 giorni, anche per darvi una dimensione dei problemi che stiamo affrontando.
Qualcuno si è scandalizzato, perché ho detto che più che il Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali, mi sento il ministro del pronto soccorso italiano. Infatti, ho trascorso i miei primi quaranta giorni da Ministro a correre per l'Italia, per cercare di risolvere determinate questioni e aiutare i nostri produttori e i parlamentari del territorio ad affrontare problemi come quelli del Brunello di Montalcino,


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della mozzarella di bufala, la questione del pesce - avete visto che cosa sta accadendo in questi giorni - e altro ancora.
Ebbene, il contesto in cui ci ritroveremo a lavorare è abbastanza strano. Abbiamo sempre ragionato in termini di eccedenza in Europa. Oggi, ci troviamo in un contesto geopolitico del mercato europeo, il più grande del mondo - conta 458 milioni di abitanti - nel quale, se c'è una certezza, questa è quella delle carenze.
Ho sostenuto in diverse occasioni che la politica agricola comunitaria, per quel che mi riguarda, per quel che ci riguarda, ha fallito.
Una programmazione che doveva far restare sul mercato le aziende agricole e renderle competitive, oggi ci dice che il cittadino non trova le derrate alimentari e, di conseguenza, le paga molto più care. Inoltre, un'azienda agricola, che ha visto investimenti e fiumi di risorse destinate alla PAC, per la dismissione delle produzioni agricole, si ritrova a non essere più sul mercato.
Di esempi ne potrei riportare a centinaia, ma mi limiterò ad esporvene solo alcuni. Proprio oggi ho letto una rassegna stampa, in cui era riportata una bella analisi dei prezzi, secondo cui a Roma le melanzane sono aumentate del 142 per cento, mentre altre derrate alimentari hanno registrato un incremento del 200-220 per cento. Questa è una situazione allucinante, se pensiamo che stiamo discutendo - lo fate benissimo voi in Parlamento - della difficoltà di arrivare alla quarta settimana del mese con lo stipendio.
In questo contesto, vediamo che l'Europa non ha i cereali, che il prezzo del pane è alto e che oggi mancano all'appello circa 1.950.000 tonnellate di latte. Ci ritroviamo, come avviene in Italia, proprio a causa di una programmazione che non è stata fatta, ad essere deficitari nella produzione per circa 628.000 tonnellate.
Ne approfitto, a questo punto, per parlarvi anche della questione latte. Come sapete, quest'anno pagheremo una multa - mi riferisco alla campagna 2006-2007 - che ci porterà ad una contabilità negativa, ad uno splafonamento di circa 628 mila tonnellate di latte, spalmato su circa 5.500 aziende delle 44 mila in produzione in Italia, per una multa di 187 milioni di euro.
Da un lato, quindi, l'Italia, come Stato membro, dovrà pagare 187 milioni di euro; dall'altro, se svolgessimo un ragionamento di possibile compensazione europea, l'Europa presenta un deficit produttivo di quasi 2 milioni di tonnellate di latte.
Va sottolineato, inoltre, un aspetto molto importante, del quale ci occuperemo nei prossimi mesi. Devo ricordare a tutti che l'Europa, nei famosi accordi di 24 anni fa - nel 1984, data del primo regolamento sulle quote latte, quindi l'istituzione del regime -, ebbe riconosciuta una quota nazionale pari al 58 per cento del suo fabbisogno.
Un cartone di latte su due in Italia è straniero. Siamo l'unico Stato ad avere questo trattamento molto strano, che difficilmente riusciamo a giustificare.
Qualche settimana fa, si è tenuto il vertice FAO a Roma. Mi permetto di sottolineare la relazione del direttore generale della FAO, Jacques Diouf - se qualcuno lo desidera, ve ne faccio avere copia -, il quale ha offerto uno spaccato di che cosa sia la produzione agricola mondiale in relazione alla fame nel mondo. Diouf ha detto una frase che, a mio avviso, dovrebbe essere incorniciata e che dovremo ricordare quando lavoriamo, soprattutto nell'ambito dell'agricoltura in Europa. La frase è la seguente: «Per sfamare sei miliardi di bocche nel mondo, bisogna raddoppiare la produzione agricola».
Ovvio è che l'Europa - lo scrivono molti osservatori - in questi anni ha puntato alla dismissione della produzione agricola e a farla fare ai Paesi in via di sviluppo, perché in questo modo le derrate alimentari costano meno e si riescono a chiudere gli affari a livello europeo. Così non è, perché i Paesi in via di sviluppo producono, ma allo stesso tempo si alimentano. Pertanto, fanno sparire il latte


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dai mercati, ad esempio, perché c'è una richiesta eccezionale di latte, di cereali, ma anche di ferro e di materie prime.
A nostro avviso, dunque, il perno della nostra attività è riportare al centro della discussione la produzione agricola. Dobbiamo dire all'Europa che quando si affronta l'argomento agricoltura, vogliamo sentir parlare di soggetto economico che produce.
Da qui derivano numerose delle nostre posizioni, che sottolineeremo rispetto all'health check. Entro fine anno, dovremo chiudere l'analisi dello stato di salute. In quella sede, si ragionerà di rimodulazione, del passaggio dal primo al secondo pilastro, dal mercato allo sviluppo rurale.
Oggi si parla di una modulazione al 5 per cento, ma la commissaria Fischer Boel, che incontrerò a Lecce il 19 giugno, afferma che la modulazione dovrà passare dal 5 al 13 per cento.
Qualcuno accoglie positivamente tale ipotesi, perché se passiamo al secondo pilastro ci sarà il cofinanziamento. È altrettanto vero, tuttavia, che le misure del secondo pilastro riguardano lo sviluppo rurale, la sostenibilità. Le potremo definire «bucoliche», in quanto meno volte al mercato.
Ho l'impressione che oggi, stando anche a quanto dicono gli osservatori internazionali, abbiamo la necessità di dare un aiuto alle aziende agricole rispetto al mercato. Un mercato che, peraltro, dobbiamo difendere.
Vi ricordo che con gli accordi di Doha del 2001 si vuole ridisegnare tutta la questione dell'internazionalizzazione e dei mercati. Si dice che questo sia un accordo multilaterale; personalmente ritengo che, per ora, esso rimanga un accordo unilaterale, con il quale viene letteralmente massacrata l'agricoltura.
Ho incontrato Pascal Lamy, direttore generale del WTO, in occasione del vertice FAO, e gli ho fatto capire che l'Italia, come Stato del WTO, non intende chiudere l'accordo in anticipo rispetto al contesto agricolo se non si chiariscono alcuni aspetti.
Vi riporto un esempio per tutti, relativo alle liste dei prodotti tropicali. Inserire il riso, il pomodoro, l'agrume, la cipolla nella lista dei prodotti tropicali significa azzerare i dazi doganali, quelli che qualcuno chiama tariffe doganali. Avevano tentato di inserirvi il riso - lo dico solo a titolo d'esempio - che, oggi, ha una tariffa doganale pari a 170 euro a tonnellata.
Con l'inserimento nelle liste dei prodotti tropicali, questa tariffa viene abbattuta dell'85 per cento; il che significa che la nostra alimentazione sarà a base di riso tailandese e che le risaie nazionali scompariranno. Si verificherebbe, insomma, una situazione simile a quella che si è determinata per l'OCM zucchero.
In proposito, sono stati svolti tanti bei ragionamenti, ma alla fine abbiamo dismesso gli zuccherifici. Solo in Emilia-Romagna sono stati chiusi sei zuccherifici su nove. In Veneto, è stato chiuso uno zuccherificio su due. La mia regione ha perso 18.000 ettari. Peraltro, a livello di qualità dello zucchero, il nostro bacino sarebbe stato uno dei migliori.
Per quanto ci riguarda, ovviamente, dobbiamo difendere queste azioni. Vi spiego così la nostra contrapposizione, a livello di WTO, per quanto riguarda le liste dei prodotti tropicali e anche perché attueremo una difesa - questo lo stiamo facendo in Europa - rispetto agli standard del comparto ortofrutticolo. Anche in quel settore si stanno attuando degli arrembaggi, degli assalti alla diligenza.
È stata avanzata una proposta, che abbiamo fermato, circa la lista dei prodotti sensibili. Ricorderete le polemiche di qualche anno fa, secondo cui si diceva che in Europa si stava codificando tutto: la lunghezza del baccello, piuttosto che il diametro della carota. Sono cose che fanno sorridere, però hanno un senso. Noi le stiamo difendendo, perché in un Paese dove si è fatto un grande investimento in materia di denominazioni (IGP, DOP, DOC, DOCG) - pensate che abbiamo 316 DOC, 38 DOCG e 118 IGT solo nel mondo del vino - non possiamo andare a dire ai nostri produttori che abbiamo scherzato. Dietro ogni prodotto tipico, ogni denominazione,


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infatti, vi è un disciplinare, vi è la storia di quel prodotto e di una comunità, vi è l'identità.
Se accettassimo di standardizzare tutto, quindi di eliminare anche questa codificazione, seppure grezza e forse troppo fredda, delle produzioni, ad esempio, del comparto ortofrutticolo, inevitabilmente si permetterebbe a tutti di produrre di tutto. Questo a noi non sta bene.
È ovvio che svolgeremo quest'attività in Europa, in questo comparto, pensando che il presidio sarà fondamentale in Europa, dove si giocano grandi partite. Prima vi ho parlato dell'health check. A questo proposito, non si affronterà solo il tema della modulazione, ma quello della regionalizzazione dei contributi.
Ricordo che, a livello comunitario, l'intenzione è quella di andare verso il disaccoppiamento totale e di spalmare le contribuzioni sull'unità di superficie. Dovremo sviluppare un grande ragionamento tutti assieme in merito, perché saranno le simulazioni sul territorio che ci permetteranno di capire quali vantaggi avranno i nostri agricoltori.
Come capirete, andare a dire a chi produce tabacco che, con la regionalizzazione, il contributo si ridurrà a 80 euro a ettaro significherà cancellare questi produttori, che non potranno sopravvivere. Infatti, una delle altre partite dell'health check sarà quella della discussione rispetto al disaccoppiamento parziale del tabacco.
Voi sapete che, nel 2004, l'Unione europea ha deciso di disaccoppiare in maniera parziale il tabacco e di portare questo regime fino al 2009. Il lavoro che stiamo svolgendo nell'health check è quello di chiedere che il disaccoppiamento parziale sia procrastinato al 2013.
So che tutti, anche in Italia, non sono d'accordo. Tuttavia, abbiamo la necessità di dare una risposta a tre grandi regioni tabacchicole: il Veneto, l'Umbria e la Campania, dove il disaccoppiamento parziale è una realtà, dove la tabacchicoltura sfama moltissime famiglie e dove ancora si parla di ristrutturazione del settore e non di riconversione.
Questo è un ragionamento sul quale, ovviamente, ci confronteremo. Vi posso garantire che, anche a livello di Commissione europea, in Consiglio dei Ministri, vi è una netta spaccatura di posizioni. Qualcuno indica con fermezza la data del 2009, mentre altri propongono di svolgere un ragionamento, dal momento che abbiamo degli alleati nel Consiglio dei Ministri europeo, come ad esempio il Portogallo e la Grecia, che ci vogliono aiutare. Alcuni Stati membri, comunque, giocheranno questa partita fino in fondo.
È altrettanto vero, tuttavia, che l'Europa - lo devo dire per onestà - vede la tabacchicoltura come una realtà che va al di là dell'agricoltura.
Da quel punto di vista, si pone un problema sociale, sanitario, di messa a repentaglio della salute dei cittadini. Secondo l'Europa è necessario smettere di portare avanti il discorso della tabacchicoltura, perché il danno alla salute comincia dalla campagna.
Dal canto nostro, tuttavia, dovremo cercare di ristorare i nostri agricoltori.
L'altro grande capitolo dell'health check - ve lo dico, affinché possiate orientarvi e capire i nostri movimenti in tale ambito - sarà la discussione sulle quote latte. Non condividiamo assolutamente l'approccio che è stato scelto a tale materia (non vi parlo del passato, perché la storia la conoscete meglio di me, ma dell'attualità).
È stata effettuata una distribuzione del 2 per cento di aumento di quota nazionale per i 27 Stati membri. Tuttavia, non capiamo per quale motivo non sia stata intrapresa una difesa, con le unghie e con i denti, per dichiarare inaccettabile il fatto che a uno Stato membro, al quale è concessa una produzione pari alla metà delle sue necessità, venga data una quota - Stato membro che splafona di 628 mila tonnellate - del 2 per cento, al pari di altri Stati membri che non riescono neanche a produrre la propria quota nazionale.
Se ci sono 2 milioni di tonnellate di carenza in Europa significa che qualcuno - una per tutti, la Francia - produce meno di quanto potrebbe e che ciò che produce lo esporta.


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Capite bene che dare il 2 per cento di aumento di quota all'Italia - 200 mila tonnellate - non equivale a dare il 2 per cento alla Francia che non ne ha bisogno.
Vi dico la verità, appena ho preso visione del dossier relativo a tale questione, ho chiesto ai miei uffici di interessarsi presso l'avvocatura per ricorrere subito. Gli avvocati mi hanno spiegato che abbiamo sottoscritto il trattato e che, quindi, la partita deve considerarsi chiusa.
Nonostante questo, però, c'è il futuro. Nell'health check si parla di una distribuzione dell'1 per cento per cinque anni, per cui abbiamo un incremento del 5 per cento della quota nazionale. Ovvio è che abbiamo presentato delle proposte alla commissaria Fischer Boel, proposta che rinnoverò a Lecce, dove è stato chiesto un incontro bilaterale.
La prima proposta riguarda la compensazione europea da subito. Accantonate per un attimo l'agricoltura e tutte le vostre posizioni sulle quote latte, che possono essere favorevoli o contrarie, e pensate che uno Stato membro in Europa paga una multa per un'Europa che non è eccedentaria. Dobbiamo porci questo problema. Vi ripeto che paghiamo 187 milioni di multa, per un'Europa che non è eccedentaria. Ci facciano la compensazione europea.
L'altra proposta è relativa all'aumento della quota nazionale. Il dato dell'1 per cento annuo ci sembra modesto. Ne vorremmo di più e subito. Non siamo disposti ad attendere - l'abbiamo detto alla commissaria Fischer Boel - di avere un aumento della quota nazionale con un 1,5-2 per cento all'anno, ma vogliamo l'anticipazione dei cinque anni.
Molti allevatori conducono delle grandi battaglie per le quote latte non sapendo che nel regolamento comunitario c'è scritto che la cessazione del regime delle quote latte è prevista per la campagna 2014-2015.
Posso garantirvi che tutto il Consiglio dei Ministri d'Europa ha certificato che non si andrà oltre il 2015. Questo è un assioma. È dogmatico in Europa. Non è prevista una proroga al regime delle quote latte. È in programma un check point nel 2011, per rifare i conti e verificare se occorra effettuare qualche limatura, ma comunque il sistema cesserà nel 2015. Abbiamo la necessità di sottolineare questi aspetti.
Per quanto riguarda i contesti produttivi, sono in corso delle attività rispetto alla qualità e alla qualificazione delle nostre produzioni. Come vi ho detto, in questi anni abbiamo investito moltissimo nelle denominazioni.
L'Italia è lo Stato membro che, rispetto a DOP e IGP, si è dato più da fare. Se qualcuno lo gradisce posso fornire un dossier, che ho fatto preparare, in cui è riportata una sintesi delle denominazioni che abbiamo oggi in essere, regione per regione, e anche dei dossier in sospeso, ai quali ho chiesto che venisse data la totale priorità.
Abbiamo mediamente cinque o sei richieste di DOP o IGP per regione che sono ferme, che stanno aspettando non si è capito cosa. È bene avviare le audizioni, per capire se ci sono dei problemi e, in tal caso, per fare in modo che emergano. Altrimenti, che si vada avanti.
Abbiamo la necessità di consolidare la nostra azione su questo fronte, perché la tendenza europea è quella di premiare Stati membri che questi grandi investimenti sulla tipicità non li hanno fatti, puntando alla globalizzazione dei mercati e alla standardizzazione dei gusti, pensando che il curry possa diventare l'alimento principe a livello europeo. Noi siamo ancora convinti che il pomodoro IGP, piuttosto che il radicchio rosso di Treviso, o il lardo di Colonnata, o qualcuno dei presìdi in giro per l'Italia siano, come dicevo prima, dei prodotti che rappresentano la storia delle comunità.
Quanto all'OCM vino, dal 30 giugno avremo l'applicazione della prima parte del programma del piano quinquennale. Anche in quel caso, si è tentato di mettere in discussione le indicazioni. Oggi, abbiamo la necessità di applicare questo piano fino in fondo.
Come sapete, sono in previsione la ristrutturazione, l'estirpo, l'accompagnamento


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ai mercati, l'incentivo all'abbandono dove se ne presenti la necessità. Insomma, abbiamo di fronte tutta una serie di misure che dovremo affrontare. Rispetto alla qualità in generale, tuttavia, abbiamo intenzione di sostenere le DOP, le IGP, i marchi di qualità, le indicazioni e il biologico.
A proposito di quest'ultimo argomento, non vorrei riferirvi un dato sbagliato, ma, se non ricordo male, dovremmo avere circa 44 mila aziende che si occupano di biologico in Italia, con un milione di ettari. Sotto questo profilo, siamo - questo è un dato certo - la prima realtà in Europa.
Il biologico per noi rappresenta un'opportunità di comunicazione, di marketing per l'agricoltura nazionale e anche l'opportunità di intercettare un target importante a livello nazionale e comunitario di consumatori, che hanno più capacità di spesa e hanno la possibilità e la volontà di scegliere prodotti dell'agricoltura biologica, dell'agricoltura integrata. Inoltre, è un'occasione per parlare ancora di made in Italy in giro per il mondo. Non vi nego, dunque, che il biologico rappresenta anche un buon biglietto da visita.
È in corso il piano di azione per la qualificazione dell'origine dei prodotti. In Europa stiamo conducendo una battaglia - parlo tanto di Europa, perché è in quel campo che si giocano le grandi partite - che il commissario Fischer Boel mi ha garantito che si chiuderà positivamente e che riguarda l'etichettatura dell'olio (questa è una attività non mia - non mi accredito attività altrui -, ma del mio predecessore). Ad ogni modo, conduciamo tale battaglia fino in fondo, perché, se dovesse passare l'etichettatura dell'olio, insieme ad essa passerebbe il principio secondo cui si può indicare l'origine di un prodotto tipico nell'etichetta, che indichi, ad esempio, che un determinato olio è italiano.
Se questo si può fare per l'olio, daremo subito mandato ai nostri esperti, giuristi e avvocati, per capire se si possa applicare lo stesso criterio per tutti i prodotti. A nostro avviso, in questo modo si potrebbe creare un grande precedente.
Ben venga, quindi, l'idea di parlare di etichettatura per l'olio che, fra l'altro, ci ha portato all'infrazione comunitaria. Mi riferisco a un decreto che è stato impugnato, che ha scatenato moltissime discussioni a livello comunitario, ma che, forse, sta producendo qualcosa di positivo.
Il commissario Fischer Boel, nell'ottica delle trattative bilaterali, ci ha detto che l'health check potrebbe chiudersi con alcuni presupposti, uno dei quali potrebbe essere, ad esempio, la rassicurazione a proposito del fatto che la partita dell'olio si risolverà in maniera positiva.
Mi preme sottolineare che, oltre all'etichettatura, è in corso la lotta alla contraffazione e alle imitazioni. Mi insegnate che, in giro per il mondo, il vero competitor a livello mondiale nel settore agroalimentare è l'Italia.
Qualche giorno fa, qualcuno si è scandalizzato quando ho detto che a noi perdonano meno che agli altri. Penso che la partita del Brunello di Montalcino la dica lunga su come veniamo trattati e su qual è il comitato di ricevimento alle frontiere per i nostri prodotti.
Ne approfitto per darvi un aggiornamento in proposito. Stiamo lavorando e trattando su due fronti: quello tecnico e quello diplomatico. A mio avviso, in questa fase funziona di più il livello diplomatico.
Quella sul Brunello di Montalcino è una partita iniziata il 9 aprile, allorquando è emersa tutta la vicenda e la magistratura ha operato i sequestri. L'ipotesi - oggi si parla di ipotesi, nel rispetto dei nostri produttori - sarebbe che il Brunello di Montalcino non è al 100 per cento Sangiovese, ma è un uvaggio al 5-10 per cento, forse al 15 per cento, qualcuno dice al 20 per cento, forse di Syrah e Merlot. Gli americani il 9 aprile hanno chiesto informazioni e, non avendone avute, hanno subito programmato il blocco delle importazioni (il 9 giugno). Vi ricordo che gli Stati Uniti rappresentano un grande mercato per l'agroalimentare, pari a circa un miliardo di euro di valore. Vi ricordo anche che il Brunello di Montalcino non è solo un grande vino e un grande biglietto da visita per il comparto enologico nazionale,


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ma è soprattutto una testa d'ariete, un apripista per i mercati. Non dimentichiamo, infatti, che assieme al Brunello di Montalcino esportiamo la mozzarella di bufala campana DOP, prodotti tipici e tutto ciò che conoscete meglio di me.
Incontrerò oggi pomeriggio l'ambasciatore Spogli e ho già incontrato il Ministro Ed Shafer durante il vertice FAO, il quale ha condiviso la necessità di avere delle dichiarazioni chiare da parte del Governo americano, quindi a livello internazionale, circa il fatto che questa vicenda non ha nulla a che vedere con la sicurezza alimentare. Non possiamo permetterci il lusso di avere a che fare con qualcuno che faccia credere in giro per il mondo che gli italiani sono sotto la lente di ingrandimento, perché avvelenano i consumatori.
Il principio che stava passando era proprio questo, per cui occorre ribadire con forza che non è un problema di sicurezza alimentare. Parlo a nome del mio Ministero e del Ministro Ed Shafer che mi ha autorizzato a riferire tale considerazione anche a suo nome in ogni conferenza stampa e in ogni occasione connessa a tale materia.
A questo punto, la partita diventa commerciale. La stiamo discutendo con le istituzioni che si occupano di questi argomenti e che dicono che se sull'etichetta c'è scritto 100 per cento Sangiovese, dobbiamo dimostrare loro che dentro c'è Sangiovese.
È stato predisposto, dunque, un provvedimento unico nel suo genere - ringrazio anche le istituzioni locali di Siena (la regione, la provincia, le amministrazioni comunali e i parlamentari della zona) che mi hanno supportato in questa azione - a tutt'oggi non impugnato, di esonero totale del consorzio di tutela del Brunello di Montalcino DOCG dai controlli.
È stato nominato un comitato di garanzia, costituito dal professor Vasco Boato dell'università di Padova, dal dottor Fulvio Mattivi direttore del laboratorio analisi dell'istituto di San Michele all'Adige, unico esperto nazionale in antociani - li possiamo considerare dei marker che possono dirci quale tipo di vino è contenuto nella bottiglia -, e il dottor Ricci Curbastro, presidente di Federdoc.
Questo comitato di garanzia diventa l'elemento di discussione con gli americani, i quali chiedono garanzie, che il comitato sta cercando di certificare, non ad personam, ma in generale, affinché il blocco paventato delle importazioni, procrastinato al 23 giugno, non diventi realtà.
Vi posso garantire che spero di chiudere questa partita nel giro di una settimana. Stando alle carte che si trovano sulla mia scrivania, spero di poterla definire positivamente nel limite di tempo che vi ho indicato; altrimenti si scatenerebbe un effetto domino che, pur sapendo da dove è partito, non sappiamo dove potrà arrivare. Del resto, abbiamo a che fare con il Brunello di Montalcino, il Nobile di Montepulciano, la Vernaccia. Qualcuno comincia a parlare anche di Barbaresco e via dicendo.
È chiaro che se si mette in discussione la nostra produzione enologica, si mette in discussione anche lo Stato che al mondo produce più vino: 49 milioni di ettolitri e 800 mila ettari a produzione.
Ovviamente, a qualcuno diamo fastidio. Abbiamo dei competitor a livello internazionale che, se fossimo messi alle corde, avrebbero degli spazi di mercato da occupare, che difficilmente recupereremmo.
Per quanto riguarda gli investimenti per le diverse filiere, occorre parlare ancora di contratti di filiera, di tutto quello che può rappresentare la necessità di non avere sovrapposizioni e della possibilità di pensare a dei piani di settore.
In questo momento, ad esempio, ci stiamo occupando della crisi del suino, un'altra delle situazioni critiche affrontate in questi primi giorni del nostro incarico.
Abbiamo a che fare con la questione del gran suino padano. Affrontavamo la crisi con un prezzo a peso vivo di 1,20 euro al chilogrammo, che oggi è salito a 1,30 euro. Anche questa è una partita che dovremo affrontare con i piani di settore, i quali ci permettono, assieme a tutto quello che è rappresentato dagli investimenti


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in promozione, di aiutare le nostre produzioni nei mercati nei momenti di difficoltà.
In maniera didascalica, vi ricordo anche tutto il nostro impegno rispetto alle agroenergie, all'utilizzo di biomasse e biocarburanti. Questo è un ragionamento di cui potremmo parlare per delle ore.
A tal riguardo, vi inviterei a leggere la relazione che il Presidente Lula ha presentato alla FAO, dedicata alle biomasse e, quindi, alla produzione di energia da fonti agricole.
Sapete che oggi si è aperto un grande dibattito circa l'opzione tra commestibile e combustibile. Qualcuno sostiene che l'utilizzo delle biomasse agricole per la produzione di energia sia fondamentalmente una sottrazione della superficie agricola alla produzione agroalimentare.
Abbiamo innanzitutto la certezza che le produzioni delle biomasse, per fini energetici, sono ancora oggi molto limitate. Il Presidente Lula, infatti, parlava dello 0,05 per cento della superficie agricola brasiliana dedicata alla biomassa.
In ogni caso, tuttavia, occorre valutare un aspetto di tale faccenda. Se guardiamo alla parte finale della filiera delle bioenergie, in molti casi dobbiamo riconoscere che la produzione di energia da biomasse agricole - se osserviamo la fotografia non solo nella parte finale, ovverosia nella produzione di mera energia - diventa diseconomica. Insomma, ancora non sta sul mercato. Occorrono, dunque, direttive e leggi efficaci, per dare modo ai nostri agricoltori di avere un'energia prodotta che sia remunerata.
D'altro canto, tuttavia, bisogna considerare anche un effetto antecedente alla produzione di energia, quello del sequestro di CO2, del fatto che la fotosintesi ci dà una risposta rispetto ai parametri di Kyoto. Quindi, da questo punto di vista, si deve tenere presente tutto ciò che riguarda la CO2 sequestration e l'intervento ambientale.
Il presidente Lula, nella sua relazione, riporta un bell'esempio rispetto alla canna da zucchero. Egli afferma che se si analizza la produzione di bioetanolo da canna da zucchero, molto probabilmente, ne deriva un bilancio ballerino. Infatti, egli riportava i parametri, rispetto al sequestro di CO2, di una coltivazione di canna da zucchero.
Tali considerazioni non rappresentano delle novità. Tuttavia, ve le ho riferite perché dobbiamo remunerare chi produce biomasse in maniera intensiva, per la produzione di agroenergie, anche per quella parte ambientale che svolge e della quale altri non si occuperebbero.
Non dobbiamo difendere solo la foresta amazzonica, ma dobbiamo pensare anche a chi in campagna ci aiuta ad avere aria più pulita.
Rispetto all'industria agroalimentare, voi sapete che il sottosegretario Bonfiglio - con l'occasione, lo ringrazio - sta portando avanti una battaglia legata alle competenze. Mi dicono tuttavia che, all'inizio, c'è sempre qualcuno che vuole rivedere le competenze dei ministeri.
Per circa 8-9 anni, abbiamo avuto la competenza alimentare e porteremo avanti la nostra battaglia fino in fondo.
Esiste comunque un accordo a livello governativo per lasciare le cose come stanno, nel senso che non si verificherà la sottrazione delle competenze alimentari. Una circostanza simile ci metterebbe in difficoltà, non perché ci verrebbe a mancare qualcosa, ma per la nostra operatività, dal momento che sarebbe impossibile occuparsi di agricoltura e non avere le competenze alimentari. Quindi, la competenza dovrebbe rimanere al Ministero delle politiche agricole, alimentari e forestali.
La filiera dell'agroalimentare è importante e avrà modo anche di essere finanziata. Abbiamo i fondi ISA, abbiamo 150 milioni di euro a disposizione. Sarà l'opportunità per dare loro una mano nella fase di produzione, ma anche nell'accorciamento della filiera.
Abbiamo affrontato la crisi della pesca e, considerato che questa Commissione si occuperà tanto di questo argomento, devo dire che si fa fatica ad accettare il concetto,


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secondo cui l'acciuga in barca costa 40 centesimi al chilo, mentre al banco del mercato arriva a costare 6 euro.
Dal pontile, attraversando la strada, alla prima bancarella, la stessa acciuga costa 6 euro, mentre il pescatore l'ha scaricata dalla sua barca a 40 centesimi al chilo. Stando così le cose, capite bene che il problema della filiera è sostanziale.
La grande battaglia da portare avanti è quella di ridurre la filiera. C'è chi, come Coldiretti, propone l'idea del chilometro zero, che significa tipicità estrema, sicurezza alimentare e stagionalità.
Dovremo dialogare moltissimo con il consumatore che rappresenta - è un brutto termine, ma rende l'idea - la terza gamba del tavolo. Se riusciamo a far capire al consumatore che la stagionalità premia le aziende del suo territorio e gli garantisce la sicurezza alimentare, la certificazione e una minor spesa, allora, molto probabilmente, daremo qualche risultato agli agricoltori.
Per quanto riguarda la pesca, vi do un aggiornamento. Abbiamo ultimato una proposta di decreto, da presentare in Consiglio dei Ministri, che dovrebbe vedere sufficientemente ristorati i nostri pescatori.
In Italia abbiamo una flotta di 14 mila imbarcazioni, di cui 2.638 fanno strascico, e 44 mila componenti di equipaggi. L'intera filiera è rappresentata da 88 mila addetti. I pescatori attraversano un grave momento di difficoltà. Il caro gasolio attanaglia non solo l'Italia, ma tutti coloro che vanno per mare. Qualcuno potrebbe obiettare che il gasolio lo pagano caro anche i floricoltori, piuttosto che gli autotrasportatori e men che meno il cittadino che deve riscaldarsi o spostarsi per lavoro.
Alla pesca, però, dobbiamo riconoscere alcune specificità. Innanzitutto, questa congiuntura attanaglia tutti a livello internazionale. Da qui, l'organizzazione del summit che si è svolto ieri a Venezia, dove Italia, Francia, Spagna, Portogallo, Grecia, Malta e Slovenia si sono date appuntamento per presentare un documento contro la condotta della Commissione europea e del commissario Borg. Siamo arrivati a questo summit, che abbiamo voluto organizzare come Italia - non ce l'hanno organizzato gli altri -, perché dopo aver scritto e riscritto al commissario Borg il quale ha sostanzialmente affermato che questo è un problema che non può considerarsi straordinario, abbiamo deciso di metterci assieme. Vi ricordo che gli Stati membri che ieri si sono dati appuntamento a Venezia rappresentano una minoranza di blocco. Raggiungiamo i 92 punti e, se ci sarà questa necessità - sia chiaro che oggi non annunciamo il muro contro muro -, siamo disposti ad andare alla conta.
Il Consiglio dei Ministri si terrà a Lussemburgo il 23-24 giugno. In quella sede, discuteremo il nostro documento, con il quale, in sostanza, affermiamo di voler vedere riconosciuto un sistema del calmieramento del prezzo del gasolio per il mondo della pesca e la possibilità di pensare a prodotti assicurativi rispetto al prezzo del gasolio, come si fa per la grandine o per le avversità atmosferiche. Perché i pescatori non possono assicurarsi per l'aumento del prezzo del gasolio?
Vi ricordo che oramai siamo arrivati ad un costo di 130 euro al barile, ossia 85-90 centesimi alla pompa per i pescherecci e che c'è una previsione degli osservatori internazionali di 240 euro, il doppio, che ci porterebbe tutti ventre a terra.
La pesca, inoltre, ha una specificità che dobbiamo riconoscere. Essa vive di una produzione che non è infinita, in quanto deve approvvigionarsi di un prodotto della natura. A differenza di altri settori, la pesca non può approvvigionarsi da fonti alternative di energia. È vero che è stato svolto qualche ragionamento sulle motorizzazioni a metano, ma a tutt'oggi chi vuole andare in mare deve usare necessariamente gasolio.
La pesca, a differenza di altri, oltre ad essere un lavoro usurante, è rischiosa, proprio dal punto di vista concettuale, per come è fatta. Quindi, dobbiamo riconoscere anche questo aspetto.
Le misure che presentiamo riguardano il gasolio e la possibilità di intervenire a


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mani libere sul FEP. Abbiamo un fondo europeo per la pesca, sul quale abbiamo delle partite stanziate, ma che sono vincolate per asse. Ebbene, vorremmo avere più libertà (fermo temporaneo, fermo definitivo e quant'altro).
Inoltre, chiediamo alla Commissione un intervento finanziario straordinario, da sostenere non con fondi della Commissione già destinati agli Stati membri, ma con nuova risorsa finanziaria.
La nostra bozza di decreto prevede un fermo temporaneo di trenta giorni, che presenta una novità rispetto al passato: eroghiamo risorse prima di fare il fermo. Fondamentalmente, paghiamo i pescatori per uscire in mare; diamo loro i soldi, paghiamo il fermo temporaneo, però loro devono continuare ad uscire. Il fermo lo faranno più avanti e verrà modulato secondo principi di mercato.
In un mercato in cui il 40 per cento del pescato è straniero, non possiamo bloccare l'Italia intera per 30 o 45 giorni, come alla fine si farà, perché lasceremmo bancarelle vuote a disposizione dei nostri competitor, dei nostri concorrenti.
Prova ne sia che ho chiesto alla Guardia costiera, già da lunedì, da ieri, di avviare un'attività di controllo e monitoraggio delle derrate alimentari straniere sulle bancarelle e sui mercati nazionali. È giusto, infatti, che nel momento di crisi, in cui ci sarà un fermo temporaneo e la programmazione di un fermo biologico, ci sia anche la garanzia che qualcuno non faccia il furbo sui mercati.
Per quanto riguarda l'arresto definitivo e la rottamazione, vi ricordo che parliamo di 14 mila imbarcazioni, con un'età media di 28 anni. Molte di queste consumano tanto, inquinano tanto, sono diseconomiche e hanno a bordo dei pescatori che non vedono l'ora di starsene a casa, di consegnare la licenza e di chiudere questa partita.
Abbiamo la necessità di ristrutturare il settore. La Francia ha una flotta di 7 mila imbarcazioni; noi ne abbiamo il doppio. Siamo convinti che la dismissione di un 25-30 per cento di esse potrebbe essere salutare per il nostro comparto della pesca.
Abbiamo introdotto, inoltre, una novità in questa bozza di decreto. Stabiliamo, una volta per tutte, di stanziare ora tutte le risorse del FEP, pari a 157 milioni di euro. Tuttavia, diciamo ai pescatori che non daremo più loro il fermo temporaneo, se decideranno di dismettere la loro attività. Li obblighiamo a scegliere. Se intendono fare gli imprenditori, finanziamo loro i fermi temporanei; se invece decidono di fare i pensionati o di ricollocarsi in altri comparti, faranno la scelta del fermo definitivo. Questo aspetto è fondamentale. Altrimenti, si rischia, come in passato, di finanziare delle persone che poi, inevitabilmente, usciranno dal mercato. Quindi, vi saranno 157 milioni di euro di risorsa fresca che metteremo subito a disposizione.
Un ulteriore aspetto di tale questione - ringrazio il mio collega Sacconi - è quello degli ammortizzatori sociali. Agli equipaggi che restano a terra dobbiamo dare una risposta. Purtroppo, la pesca non ha gli ammortizzatori sociali, né la cassa integrazione speciale e ha ancora un regime IVA diverso da quello del contesto agricolo.
In un'ottica di programma di lavoro che possiamo fare assieme in cinque anni, potremmo abbozzare un piano strategico per il comparto della pesca, pensando a un modello di comparto che fra cinque anni sia ristrutturato, con imbarcazioni meno obsolete, che sia più competitivo e nel quale si possano fare dei fermi biologici programmati, volontari.
Ovviamente, si andrà verso la volontarietà. Non saranno più remunerati i fermi pesca, i fermi biologici, risolvendo problemi quali quello delle spadare, piuttosto che quello del tonno rosso.
Vi do un'informazione che penso vi farà arrabbiare: il 23 e il 24 giugno prossimi andremo in Consiglio dei Ministri anche per condurre una battaglia insieme alla Francia. Come sapete, l'Italia ha una quota di tonno rosso, che può essere pescato, di 4.100 tonnellate, ma il commissario


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Borg ha chiuso i termini 15 giorni prima (a noi, ai francesi, a Cipro e alla Grecia), sostenendo che la quota attribuita a determinati Stati membri è stata esaurita, cioè pescata.
I dati in nostro possesso dicono che, per l'Italia, la quota saturata ammonta al 25 per cento. Tenuto conto che tale quota è stabilita in base alle imbarcazioni, vi sono addirittura alcune barche che non sono neanche uscite in mare per iniziare la pesca al tonno rosso. Se il nostro interlocutore è così inaffidabile, è bene chiarire da subito i rapporti, visto che siamo a inizio legislatura.
Non è pensabile che, in un momento di crisi come quello attuale, si vieti ai nostri pescatori di pescare 4.100 tonnellate di tonno rosso. Il tonno c'è, è un nostro diritto pescarlo e non è giusto che la pesca venga chiusa 15 giorni prima, sostenendo che la quota nazionale è stata superata.
Vi dico questo, perché su tale argomento vedrete arrivare molte informazioni, che ci coinvolgeranno tutti.
Vi sono poi altri temi in campo, quali quello del miglioramento genetico, della condizionalità, della direttiva-nitrati che attanaglia moltissime aziende, soprattutto quelle che si occupano dell'allevamento industriale zootecnico. Faccio notare che, nostro malgrado, dovremo affrontare queste partite, molto spesso in collaborazione con altri ministeri.
Un tema che mi viene sottoposto una decina di volte al giorno è quello degli OGM. È bene fare chiarezza in proposito: avete di fronte a voi una persona sostanzialmente contraria agli OGM. Tuttavia, liquidare tale argomento con un «sì» o un «no» mi sembra riduttivo. Sono convinto che, prima di prendere qualsiasi posizione, sia necessaria la sperimentazione, per un fatto di serietà e di approccio scientifico. Mi rendo contro che siamo in un contesto nel quale l'80 per cento dei cittadini italiani è contrario all'OGM, però lo stesso 80 per cento di cittadini ci chiede informazioni.
Se parlate con gli americani, questi vi dicono - loro hanno una storia di OGM di circa 25 anni - che per loro l'OGM significa un aumento del 40 per cento della produzione di mais e una diminuzione di oltre il 50 per cento dell'utilizzo dei pesticidi. Capite, allora, che qualche ragionamento positivo in merito può essere svolto.
Ovviamente, noi paghiamo lo scotto che hanno pagato anche loro e che pagano molti Stati membri in Europa, dove è in corso una grande discussione in proposito. Mi riferisco ai Frankenstein food, cioè al fatto di preoccuparsi di ciò che nascerà dagli incroci di filamenti di DNA animale, vegetale, marziano e quant'altro.
Penso che sia utile fare chiarezza a questo proposito. Si presenta la possibilità di effettuare una sperimentazione sicura, ad esempio utilizzando classi di mais non sovrapponibili con l'impollinazione del mais OGM-free.
Occorre condurre un'analisi scientifica, con una garanzia a 360 gradi, sul fatto che non ci siano problemi di ibridazioni e quant'altro, di modo che ci siano dei dati, per consentire allo Stato di avere un po' di sperimentazione e a voi modo di avere un'espressione coerente e compatibile con i risultati che vi saranno messi a disposizione.
Perdonatemi se ho dimenticato di trattare qualche argomento in particolare; casomai me ne chiederete conto.
Passo ora al discorso del made in Italy, per il quale condurremo una battaglia sui mercati nazionali e internazionali, in merito alla difesa dalla contraffazione e alla necessità di veicolare con il made in Italy tutto il comparto agroalimentare.
Ricordo solo che la dieta mediterranea è in fase di iscrizione nel patrimonio dell'Unesco. Per noi questo significherà ancora una volta parlare di prodotto tipico, cercare di spostare i riflettori su di noi e non su altre realtà e di vendere sempre di più il binomio prodotto-territorio, che darà soddisfazioni alla nostra agricoltura.
Non vi ho parlato del piano irriguo nazionale e della necessità di non perdere altro tempo rispetto alla bonifica.
Inoltre, rispetto al comparto fitosanitario e a tutte le attività che dovremmo


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svolgere, come l'ICQ, quindi i controlli che competono a noi con l'ispettorato, vi posso garantire che, per quel che riguarda le mie competenze, ho dato mandato che i controlli siano severi, che la prima priorità sia quella della sicurezza alimentare rispetto al prodotto dell'agroalimentare, che i cittadini debbano essere garantiti fino in fondo e che chi fa il furbo debba essere punito in maniera esemplare.
A mio avviso, dovreste inasprire le pene, perché chi avvelena il consumatore deve essere trattato come uno spacciatore, come qualcuno che mette a repentaglio la vita delle persone. Non ridurrei tale faccenda a qualche ammenda o sanzione (non so come si possano definire).
Di certo, non possiamo permettere che pochi disgraziati, delinquenti, screditino il grande comparto dell'agroalimentare, che è serio, non solo a detta nostra, bensì di tutti coloro che lo conoscono e che lo hanno certificato.

PRESIDENTE. Do ora la parola ai colleghi che intendano intervenire per porre quesiti o formulare osservazioni.

ANITA DI GIUSEPPE. Signor Ministro, la ringraziamo per la sua presenza oggi in questa sede. Ci auguriamo di averla con noi anche in futuro, dal momento che i settori dell'agricoltura e della pesca meritano la massima attenzione e il più alto rispetto.
Le problematiche da affrontare sono tante. Abbiamo notato che lei ha una visione piuttosto chiara in merito. Anzi, direi estremamente chiara, perché nel suo discorso ha abbracciato tutto il quadro d'insieme.
Quello dell'agricoltura è un settore che subisce diversi condizionamenti, perché madre natura fa il bello e il cattivo tempo e perché a volte anche l'Europa fa da cattiva mamma.
In qualità di sindaco, le ricordo che ha iniziato il suo discorso, dicendo che le sembra di essere il ministro del pronto soccorso. Ebbene, se lei è il primario di questo reparto, noi sindaci siamo gli infermieri, perché, in realtà, gli operatori vengono a parlare direttamente con noi.
Sul territorio ci siamo noi, le problematiche le rappresentano a noi e, purtroppo, a volte dobbiamo alzare le mani, perché non abbiamo le armi necessarie.
Noi dell'Italia dei Valori ci auguriamo che si dia corso a una forte collaborazione e che lei sia aperto al dialogo, perché soltanto attraverso il confronto e la proposta di soluzioni da parte nostra si possono risolvere i problemi esistenti.
L'attenzione da parte nostra c'è, proprio perché vogliamo risolvere questi problemi. Quindi, mi auguro che questo dialogo sia aperto e, soprattutto, che lei si ponga in una posizione di ascolto.
Passo ora ad alcune problematiche - io sono molisana - riguardano i consorzi di bonifica. Vi è una mia interrogazione scritta - e mi auguro, signor presidente, che prima o poi riceva una risposta -, per quanto riguarda il consorzio di bonifica larinese, che versa in una situazione disastrosa.
In Molise, inoltre, si pone anche il problema dello zuccherificio (credo che il presidente Iorio le abbia rappresentato tale problematica). Gli operatori e i bieticoltori stanno aspettando una risposta da parte nostra, ossia dei sindaci di quei paesi in cui si produce la bietola.
Termino qui il mio intervento, perché sicuramente ce ne saranno tanti altri, con l'augurio di vederla ancora e magari di interloquire non soltanto per iscritto, ma di poterle rappresentare i problemi a voce.

PRESIDENTE. Ho notato che l'intervento della collega è stato rapidissimo. Ne approfitto per chiedere di darci un tempo autoregolamentato, senza indicazioni di minutaggio.

VIVIANA BECCALOSSI. Quattro minuti vanno bene, innanzitutto per dare il benvenuto in Commissione agricoltura al Ministro Zaia.
Credo che si potrà lavorare bene, seppur con posizioni che potranno essere diverse su singole tematiche. Lei ne ha citate molte, sulle quali probabilmente ci si potrà dividere per proporre soluzioni diverse.


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Questa, tuttavia, è una Commissione che ha già cominciato - si tratta di una mia valutazione personale - a lavorare su determinate questioni. Dico ciò, pensando proprio al pronto soccorso che è stato citato.
Ci siamo occupati della pesca, settore per cui si cercano soluzioni che magari non sono sempre le medesime, ma che sicuramente vedono l'impegno ad andare oltre l'appartenenza politica.
Ministro, lei ha elencato una serie di emergenze e di problemi che si è trovato sul tavolo, e che a volte sono vecchi anche di vent'anni, oltre a qualche prospettiva.
Credo che l'Italia e il nostro Governo debbano sostenere maggiormente l'agricoltura, se davvero intendono puntare sul made in Italy, piuttosto che sul rilancio del nostro Paese.
Sono assolutamente convinta che, alla fine, il made in Italy cammini molto di più sulle gambe dei produttori agroalimentari e delle eccellenze italiane, che non su quelle di note automobili rosse o di imprenditori eleganti impegnati nelle associazioni di categoria. Purtroppo, credo che fino ad oggi ci si sia impegnati più sull'emergenza che sulla prospettiva.
Abbiamo davanti a noi una serie di appuntamenti importanti con un'Europa che, come lei ha ben sottolineato, non sempre ci è amica e che spesso tende a nascondere sotto regolamenti europei forme di discriminazione nei confronti dell'agricoltura italiana.
Noi, invece, dobbiamo avere il coraggio di saper difendere i nostri interessi a Bruxelles, dove ritengo che sia significativa una presenza sempre più assidua del Ministro.
Se Spagna e Francia sono rappresentate, se non dal Capo dello Stato, sicuramente dal Ministro, troppe volte noi abbiamo avuto come rappresentanti dei funzionari grigi che tutto hanno fatto, fuorché l'interesse del nostro Paese, in parte per mancanza di autorevolezza - un dipendente del Ministero non è il ministro o il sottosegretario - e in parte perché non sempre il dicastero è stato rappresentato da persone all'altezza del ruolo che dovevano rivestire.
Molte sono state le tematiche toccate. Tuttavia, poiché abbiamo già cominciato a entrare nel vivo di alcuni decreti, tengo a sottolineare un atteggiamento che, a mio avviso, va cambiato rispetto al passato, ovverosia l'orgoglio di appartenere al dicastero dell'agricoltura, senza paura di difendere le proprie competenze.
Oggi si è parlato dell'agroalimentare; la settimana scorsa dell'Istituto nazionale di fauna selvatica, di fatto «scippato» dall'agricoltura all'ambiente da parte dei nostri predecessori. Purtroppo vedo che si continua a procedere in questo senso, ovvero la proposta è quella di andare verso un unico ente, un'unica soluzione.
Credo sia importante che, laddove ci sono le competenze agricole, le si possa sviluppare al meglio. Senza ombra di dubbio, infatti, quando si parla di agricoltura, ci si riferisce all'azienda agricola, fino ad arrivare al banco della distribuzione, della GDO, con tutto ciò che si trova in mezzo. Parlo delle tematiche ambientali, della ricerca, del mercato e del rapporto con il mondo del consumatore, che è cambiato molto e che sta diventando sempre più centrale.
Mi occupo di agricoltura ormai da anni. Nessuno, un tempo - intendo dire 4-5 anni fa, non 40 o 50 anni fa - avrebbe mai pensato, per dirne una, che gli agricoltori sarebbero diventati produttori di energia, un'energia pulita, rinnovabile.
Allo stesso modo, mai, fino a 7-8 anni fa, il mondo del consumatore si poneva problemi legati alla sicurezza alimentare. Gli italiani mettevano nel carrello del supermercato i vari alimenti, senza pensare un secondo, dando per scontato che quelli fossero cibi sicuri. Dopo quello che è successo con la BSE, si è cominciato a considerare più opportuno fare caso a questo aspetto. Ci si è chiesti se fosse meglio fidarsi del biologico, comperare carne certificata dall'allevamento e dare attenzione alla vaschettina che comperiamo all'Esselunga, piuttosto che alla Coop.


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Questa è l'agricoltura, che non può più essere vista bucolicamente con l'agricoltore che zappa il suo campo o usa il trattore.
Quindi se il Ministro lo vorrà, senza scavalcamenti, con il sottosegretario e la Commissione, potremo sicuramente lavorare al meglio.

GIUSEPPE RUVOLO. Intervengo, intanto, per rivolgere al signor Ministro i migliori auspici di buon lavoro.
La relazione che ha presentato è molto ampia e articolata, per buona parte condivisibile e per altra no.
Vorrei soffermarmi su alcune questioni che non sono state puntualizzate, a cominciare da un problema che ritengo ormai atavico, al quale, nel tempo, non è stata ancora data una risposta adeguata. Mi riferisco al piano irriguo nazionale. Non è stata spesa una parola in questo senso.
Signor Ministro, la pregherei di seguire con molta attenzione quanto stiamo dicendo, tenuto conto soprattutto che qualcosa si è inceppato e che, comunque, in questo particolare comparto si sono riscontrate nel tempo notevolissime difficoltà di applicazione o di esecuzione dei lavori finanziati addirittura da anni.
Vorrei, inoltre, soffermarmi su alcune questioni che riguardano la ricerca, di cui ho sentito parlare poco. Ritengo che questo sia un punto importante, essenziale, per lo sviluppo della nostra agricoltura.
Tenterò di essere molto sintetico, nel rivolgerle alcune domande specifiche e nel formulare alcune considerazioni.
Nel suo intervento non ho riscontrato un ragionamento o una qualche linea di indirizzo circa le misure ipotizzabili oggi in occasione di eventuali crisi di mercato, per evitare, come purtroppo capita spesso, di ritrovarsi ad avere a che fare con una crisi di mercato dei nostri prodotti agricoli, senza sapere quale sia la ricetta giusta per affrontarla.
Credo, dunque, che anche a questo proposito ci siano molti ragionamenti da svolgere e molto lavoro da fare.
Quello relativo al sistema dei controlli - lei lo accennava proprio per ultimo - è un tema assai complesso che, tuttavia, forse può aiutare la nostra agricoltura.
Vorrei fare solo un brevissimo esempio in tal senso. A seguito di una serie di interrogazioni al Ministro del tempo, nella XV legislatura, sono scattati dei controlli nei vari porti italiani. Guarda caso, in quell'occasione - sarà stato un caso, ma io penso che non lo sia stato -, non appena attivati i sistemi di controllo, si è scoperto che derrate che provenivano dal mondo intero, approdate nei porti italiani, erano prive di qualsiasi margine in materia di sicurezza alimentare e via discorrendo. Gradirei molto una risposta concreta anche a tale proposito.
Signor Ministro, lei ha evidenziato con foga, con passione, ma devo dire anche con determinazione alcune questioni che condivido, ma non ha parlato degli «enti carrozzoni». Ve ne sono tanti all'interno del suo Ministero, a cominciare da società costituite per commercializzare i prodotti. Non abbiamo saputo mai nulla in merito, né in questa legislatura, né in quella precedente, né in quella ancora precedente, almeno a mia memoria. Vi è stato solo uno sperpero di pubblico denaro, un «gettonificio» che non è servito a nessuno.
Vorrei che vi fossero altre occasioni di incontro per parlare, ad esempio, anche dei debiti pregressi dell'INPS, da parte degli agricoltori. Non è stata effettuata nessuna sottolineatura su questo argomento che, peraltro, è stato oggetto di grande discussione, di dibattito democratico tra la vecchia maggioranza e l'opposizione di allora.
In questa sede, sono presenti persone che hanno preso posizione in quell'occasione. Ancora di più oggi è possibile dare vita a un confronto serio e diretto su questo argomento.
In merito alla pesca, signor Ministro, non ho sentito parlare della pesca del novellame che rappresenta una strage (ovviamente, sono stati trattati argomenti che condivido, come la polizza assicurazione, il caro gasolio, i fondi straordinari per spalmare e aiutare questo mondo). Si


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tratta di un pesciolino dell'area mediterranea, la cui pesca, in particolare nel basso Mediterraneo, nella costa sicula e nelle regioni meridionali, produce un vero scempio.
Delle due l'una: o c'è una crisi della pesca, oppure non ci sono controlli, o strumenti, adeguati per monitorare questo sistema davvero dannoso. Evito di usare altri aggettivi, ma è davvero scandaloso che ancora non ci siano delle norme che regolano la pesca del novellame.
Infine, vorrei complimentarmi con lei, per alcune prese di posizione che ha assunto circa la lista dei prodotti tropicali, che condivido pienamente. Quando si parla di inserire gli agrumi, quelli siciliani in particolare, in questa lista - ahimè - si definisce il crollo completo e definitivo di quelle produzioni.
Per il momento, a nome del gruppo dell'UdC, non mi resta altro che augurarle buon lavoro, nella speranza di avere risposte precise, ma anche una collaborazione costruttiva.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Sull'ordine dei lavori formulo subito una questione, per essere chiaro.
Normalmente, la Commissione, quando incontra il Ministro, dispone di un testo scritto, sulla base del quale si avvia il dibattito. Ho fatto questa premessa per non apparire troppo rigido nei confronti della relazione del Ministro.
Oggi ci troviamo di fronte alla discussione di due decreti, uno dei quali parla di tagli forti anche nei confronti dell'agricoltura. Nella relazione, tuttavia, non appaiono - o almeno io non li ho colti - elementi di riflessione in merito.
Do atto al Ministro di aver affrontato bene i temi dell'emergenza della pesca e di quella del Brunello. Probabilmente, però, dopo due mesi di incontri con il Ministro, sarebbe opportuno avere una relazione scritta e parlare dei problemi che riguardano l'agricoltura, nella consapevolezza che essa non è di destra, né di sinistra, né rossa, né verde, così come è stata sempre considerata da noi. Sarebbe utile, dunque, avere un proficuo rapporto e anche una capacità di dialogo forte ed efficace.

PRESIDENTE. Non ho capito...

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Chiedo di aggiornare il dibattito ad una data che dovrà essere stabilita, sulla base delle disponibilità del Ministro, dopo aver avuto la possibilità di consultare una relazione scritta, oppure il resoconto stenografico che gli uffici ci potranno fornire.

PRESIDENTE. Mi perdoni, ragioniamo un attimo. Si pone un problema procedurale che credo sia propedeutico ad ogni ulteriore valutazione.
Personalmente, tenterei una soluzione di tipo mediano. Intendo dire che avere la relazione scritta del Ministro credo che sia utile per tutti i colleghi parlamentari. Intanto, tuttavia, mi pare che il numero di colleghi che hanno chiesto di intervenire sia significativo. Avrei, dunque, il privilegio e il piacere di ascoltarli, stante la presenza del Ministro oggi.
Successivamente, possiamo valutare la possibilità, compatibilmente con gli impegni del Ministro, di avere un'ulteriore occasione di incontro, nella quale, alla luce della relazione scritta, concludere - magari con un intervento per gruppo - il dibattito.

MARIO PEPE (PD). Chiedo scusa, noi non ci sottraiamo. Signor presidente, vorrei precisare...

PRESIDENTE. Mi deve perdonare. Vorrei precisare che siamo sul profilo della cortesia istituzionale e politica, nel senso che non ho mai letto in nessun atto parlamentare l'obbligo di presentare una relazione scritta.

MARIO PEPE (PD). Su questo profilo, le rispondo istituzionalmente e cordialmente, perché è stato garbato nell'accogliere la proposta del nostro capogruppo.
Ritengo che sia prassi consolidata dell'attività di questa Commissione, di cui ho


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fatto parte per due legislature, e di altre Commissioni, avere un documento sistematico del Ministro, il quale ha fatto un intervento rapsodico, però c'è una motivazione di fondo sulla quale non siamo d'accordo: la metodologia di approccio alla Comunità europea.
Pertanto, presidente e signor Ministro, una riflessione scritta consentirebbe ai gruppi di svolgere una riflessione più garbata su questo argomento, di approfondire la questione e di presentare delle proposte di integrazione.

VIVIANA BECCALOSSI. Signor presidente, intervengo sull'ordine dei lavori.
Ritengo che, al di là delle esperienze di ciascuno di noi in questo o in quell'ente, ci troviamo di fronte a una situazione molto semplice. Siamo a inizio di legislatura. Il Ministro è venuto a spiegarci a grandi linee quelle che saranno le direttive della politica agricola di questo Governo. Mi sembra che abbia presentato una relazione molto ampia, toccando all'incirca tutti i temi di interesse.
Ha anche detto che è sua intenzione rapportarsi - ne prendo atto con piacere - con quei parlamentari che, facendo parte o meno della Commissione agricoltura, desiderano dare il loro supporto e il loro apporto, a prescindere dal gruppo politico, alla risoluzione dei problemi.
Ritengo che siamo tutti sufficientemente intelligenti, per comprendere una relazione diffusa e ampia, ma anche molto semplice, come quella presentata dal Ministro. Del resto, essa non poteva che essere generica, se vogliamo poter influire noi come Commissione agricoltura. Mi sarei preoccupata piuttosto se il Ministro fosse già venuto in Commissione agricoltura.

PRESIDENTE. Sull'ordine dei lavori?

VIVIANA BECCALOSSI. Sull'ordine dei lavori dico che, per quanto mi riguarda, si può procedere con la discussione, al netto del fatto che, come immagino, ci verrà fornito il resoconto della seduta della Commissione.
Se qualcuno di noi, io per prima, vorrà chiedere degli approfondimenti su questa o quella materia, o vorrà fare il classico comunicato stampa contro, avrà tutta la libertà di farlo. Tuttavia, come ho fatto, comincerei a interloquire oggi. Sono qui presenti il Ministro e un sottosegretario. Inizierei, quindi, a sottolineare le nostre opinioni su quanto è stato detto in questa sede e non su quanto verrà detto in futuro.
Il Ministro ha parlato per 55 minuti. Di materiale ce ne ha fornito tanto. Se facciamo parte della Commissione agricoltura, voglio credere che sappiamo tutti di che cosa ha parlato e che siamo in grado di commentarlo brevemente, già da oggi.

PRESIDENTE. Vi sono altri colleghi che hanno chiesto di intervenire sull'ordine dei lavori. Cercheremo in un secondo momento di trovare una sintesi.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor presidente, invito il collega che ha giustamente posto la necessità di avere un resoconto scritto dell'intervento del Ministro, a prendere atto del fatto che abbiamo del tempo da utilizzare e che ci sono molti interventi da suggerire al Ministro.
Propongo, dunque, di procedere senza perdere tempo e poi contiamo sulla disponibilità del Ministro, per incontrarlo nuovamente, dopo che avremo avuto contezza della relazione.
In questo modo, utilizziamo al meglio il tempo a nostra disposizione.

FABIO RAINIERI. Credo che il Ministro abbia proposto un'esposizione molto esaustiva del suo programma e ritengo anche che per educazione, soprattutto, bisognerebbe essere presenti all'orario dell'inizio dei lavori. Intendo dire che chi arriva tardi non può chiedere una relazione, per sapere quello che ha detto il Ministro. Chi è presente, ascolta e poi eventualmente interviene.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Non siamo a scuola, signor presidente!


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PRESIDENTE. No. Comunque lei lasci che ogni considerazione propria sia consentita.

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Se però viene fatta da qualcuno che non è neanche sempre presente in aula, ho qualche difficoltà ad essere tollerante.

PRESIDENTE. Cerchiamo di arrivare ad una sintesi. Di qui a qualche minuto, vi verrà distribuita copia della relazione del Ministro e nei prossimi giorni avremo il resoconto stenografico.
Intanto, se siamo d'accordo, procediamo con i lavori, dando la parola ai colleghi che hanno chiesto di intervenire. Avremo poi un'ulteriore occasione di confronto.
La mia proposta di intervento di uno per gruppo non era limitante. Offrirò la possibilità alla valutazione dei singoli gruppi, compatibilmente con le esigenze politiche, di limitare in quella fase gli interventi non ad uno per gruppo, ma alla propria sensibilità.
In questo senso, chiederei al collega Romele di andare avanti.

GIUSEPPE ROMELE. Innanzitutto, ringrazio il signor Ministro. Non dico che ritengo questo intervento sull'ordine dei lavori fuori luogo perché tutto serve per migliorare i rapporti all'interno della Commissione, in particolare con i Ministri e i rappresentanti di Governo. Tuttavia, chi è arrivato in Commissione in orario - mi riferisco anche a tanti rappresentanti dell'opposizione, non solo a quelli della maggioranza - ha potuto ascoltare tutto l'intervento.

MARIO PEPE (PD). Io sono arrivato alle 8,20!

GIUSEPPE ROMELE. Eri l'unico, per la verità. Se vuoi qualche dettaglio, che non volevo dare, ti faccio notare che eri l'unico della minoranza.
Ciò premesso, voglio aggiungere le mie congratulazioni per l'intervento del Ministro e per il rapporto con la UE.
È vero che non si può negare l'importanza della partecipazione all'Europa, ma è vero anche che occorre comprendere che cosa si porta a casa, se si va in Europa. Se non si va Europa, come giustamente diceva la mia capogruppo, l'onorevole Viviana Beccalossi, non si ottiene niente. Questo è dunque un invito a tenere un rapporto molto forte con la UE.
In particolare, chiederei una revisione della legge sulla caccia, che nella precedente legislatura non siamo riusciti a portare a casa. Sollecito il Ministro affinché, insieme alla Commissione, si occupi della questione, che deve essere affrontata - il Ministro deve aiutarci in questo - nella Commissione agricoltura e non in altre Commissioni. È vero che la tematica della caccia non riguarda solo aspetti forestali, faunistici e quant'altro, ma essa è centrale per la sensibilità che storicamente ha sempre visto interessata la Commissione agricoltura.
Signor Ministro, considerato che il Ministro dell'interno appartiene al suo stesso partito, le chiedo di cominciare a predisporre un clima di favorevole raccordo in merito ad alcuni reati penali obsoleti nell'ambito della revisione della legge sulla caccia. Non entro nei particolari, ma è importante dare un segnale forte al mondo venatorio, composto da 700 mila cacciatori e da decine di migliaia di occupati. Mi riferisco ai negozianti, ma anche agli occupati nelle fabbriche: vengo da un territorio dove le fabbriche di armi, bene o male, sono un momento importante per l'occupazione. Tengo particolarmente a che questo momento venga tutelato e rafforzato. Grazie.

LUCIANO MARIO SARDELLI. Signor Ministro, la ringrazio per la qualità dell'intervento, che mi è parso molto concreto. Anch'io ritengo che l'approccio nei confronti della Commissione europea debba essere caratterizzato da una maggiore conflittualità e chiarezza.


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In merito ai suggerimenti che lei ci ha chiesto, vorrei richiamare l'attenzione su due o tre aspetti fondamentali.
In primo luogo, per quanto riguarda il problema dell'intermediazione, dobbiamo cercare di favorire cooperative di acquisto tra i consumatori, e credo che il Ministero debba svolgere una funzione di facilitazione in relazione a questo intervento.
Un altro punto nodale è quello dell'identità dei prodotti. Al riguardo, signor Ministro, lei prima ha parlato dell'olio d'oliva e della necessità dell'etichettatura. Da questo punto di vista, sottolineo che il settore dell'olio da tavola richiede maggiore attenzione. Non è possibile che, nei ristoranti, venga portato ai tavoli un prodotto senza identità, in una bottiglia che non permette di riconoscerne la qualità e che non premia assolutamente la produzione.
A questo proposito, è inutile assegnare il marchio IGP a centinaia di prodotti, se poi non si controlla che nei mercati o nei ristoranti arrivi un prodotto di qualità. Penso che su questo occorra un'iniziativa decisa del Ministero. Diversamente, il settore non riesce a recuperare competitività. Penso soprattutto al sud - dal quale io provengo - dove l'agricoltura vive un momento difficilissimo, a causa della concorrenza di prodotti che arrivano dal nord Africa e che, con i loro prezzi, competono purtroppo molto bene sul mercato, anche senza garantire la sicurezza che caratterizza il nostro iter di produzione.
Signor Ministro, possiamo fare tutti i discorsi che vogliamo, assegnare centinaia di IGP, ma se non garantiamo la riconoscibilità dei prodotti nel momento dell'acquisto e del consumo non aiutiamo la nostra produzione. Occorre, dunque, una spinta forte in questa direzione, anche attraverso indirizzi legislativi decisi e chiari.
Oltre all'intervento legislativo, è necessario altresì un intervento a livello di comunicazione. Lei ha parlato, signor Ministro, della «terza gamba», ossia i consumatori. Se noi, com'è avvenuto per il settore del vino - c'è stata una formazione del consumatore alla qualità del vino e alla sua riconoscibilità -, svolgiamo un lavoro di formazione e di comunicazione attraverso i media, insieme alle grandi associazioni di consumatori del Paese, anche per l'olio e i prodotti agricoli, faremo un regalo importante al mondo agricolo.
L'identità dei prodotti - lei parla spesso di identità politica e territoriale - e la riconoscibilità rappresentano la chiave di volta per rendere il settore remunerativo. Come ho detto, da una parte occorrono interventi legislativi a tutela della produzione di qualità e della produzione locale, dall'altra interventi di comunicazione, ai quali il Ministero deve provvedere.
Signor Ministro, nel ringraziarla per la relazione, chiudo con una valutazione. Rappresento un partito del sud, l'MpA-Sud, e ho ascoltato la scorsa settimana alcuni suoi interventi nei quali lei ha rivendicato un'identità territoriale del nord. Devo dire che, pur non essendo inizialmente ben disposto verso la sua persona, la competenza e l'attenzione che ha mostrato mi danno una maggiore tranquillità.
Speriamo di lavorare proficuamente, così tra cinque anni, se lei sarà stato bravo, le daremo anche la cittadinanza meridionale. Grazie.

LUCA BELLOTTI. Al Ministro rivolgo i più sinceri auguri di un buon lavoro in questo inizio di legislatura. Svolgerò alcune considerazioni di carattere generale.
In primo luogo, credo che il mondo dell'agricoltura abbia veramente bisogno di un difensore e che questo ruolo possa essere ricoperto dal Ministro. Mi riferisco a tutti gli attacchi che, soprattutto nell'ultimo periodo, sono stati rivolti al mondo dell'agricoltura, che è stato ritenuto responsabile dell'aumento dei prezzi dei prodotti. Credo, invece, che per venti anni il mondo dell'agricoltura non abbia conosciuto alcun aumento dei propri prodotti, ma nessuno si è occupato del fatto che spesso l'agricoltura ha rischiato di raggiungere livelli di povertà.
A mio parere, dobbiamo favorire anche questa «controinformazione» e dire che il


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mondo agricolo ha già ampiamente dato, quindi deve essere difeso e salvaguardato. Nella legislatura in cui il Ministero dell'agricoltura è stato guidato da Alemanno abbiamo approfondito alcune questioni importanti dell'agricoltura, con particolare riferimento alle certificazioni e - chiamiamola così - alla carta di identità delle produzioni.
Oggi, secondo me, l'agricoltura italiana ha bisogno di trovare una propria identità. Mi riferisco ad alcuni temi che lei ha solo accennato, ma che mi auguro verranno approfonditi.
Innanzitutto, il primo consiglio che mi permetto di dare è di completare le azioni la cui realizzazione è ormai al 90 per cento, ma lo è da troppo tempo. Penso ai decreti attuativi sulle bioenergie, settore strategico e assolutamente importante anche nel contesto economico del Paese. Abbiamo iniziato ad occuparci di bioenergie già con il Ministro Alemanno, abbiamo continuato a parlarne durante il Governo Prodi. Oggi, però, mancano i decreti attuativi, sebbene siano già pronti. Questa è una filiera assolutamente importante, che può dare risultati notevoli anche sotto il profilo economico e portare valore aggiunto al mondo dell'agricoltura, dunque riteniamo che tali decreti attuativi debbano essere emanati quanto prima.
Un'altra questione di carattere generale che lei ha richiamato è quella dell'agricoltura biologica. All'epoca del Ministro Alemanno eravamo pronti con un provvedimento legislativo che, però, è stato bloccato per una sorta di ostilità politica delle regioni di sinistra. Ne abbiamo ampiamente discusso con il Governo Prodi, ma rimane il fatto che oggi manca ancora una legge di settore; un settore per il quale - lei lo ricordava prima - siamo al primo posto in Europa per numero di aziende, per ettari investiti e per vitalità economica, e terzi a livello mondiale. La legge di settore serve per dare dignità e prospettiva all'agricoltura biologica. Anche in questo caso, siamo assolutamente pronti: è sufficiente recuperare il testo della scorsa legislatura, portarlo all'esame dell'Assemblea in tempi brevissimi e approvarlo.
Sottolineo che il Governo passato, nonostante la buona volontà dei membri della Commissione agricoltura, non ha portato in aula una legge relativa al mondo dell'agricoltura. Delle due l'una: o l'agricoltura non conta per il Parlamento italiano, oppure è successo qualcosa che bisognerà correggere in tempi brevissimi.
Dal momento che i provvedimenti relativi a bioenergie e agricoltura biologica sono già pronti, potremo emanare subito due strumenti importanti e vitali per l'agricoltura italiana.
Vi sono altre questioni che credo non siano state affrontate per motivi di tempo e che sottopongo all'attenzione del Ministro. Lei ha parlato prima della questione importante del settore agroalimentare del nostro Paese: mi riferisco alle eccedenze, sebbene oramai per molte produzioni si possa parlare di carenza. Nel settore della carne, ad esempio, manca un piano normativo nazionale. Il nostro Paese, in questo ambito, è per il 50 per cento totalmente deficitario, dunque basta uno sciopero di qualche porto da qualche parte del mondo per mettere in crisi un settore che, invece, con interventi più razionali potrebbe portare risorse.

PRESIDENZA DEL VICEPRESIDENTE ROBERTO ROSSO

LUCA BELLOTTI. Oltre a questo - vado sempre per capitoli, non essendoci il tempo per opportuni approfondimenti - cito la questione della distribuzione logistica. Non possiamo parlare di diffusione del made in Italy se non ci occupiamo della distribuzione logistica e se non mettiamo ordine nelle nostre produzioni.
Qui viene chiamata in causa la grande distribuzione, l'80 per cento della quale è in mano agli stranieri. Dobbiamo recuperare una distribuzione italiana se vogliamo che il made in italy sia serio e vivace.
Dobbiamo, inoltre, ripensare la questione dei consorzi agrari, che per tante legislature è stata rimandata, saltata di pari passo. Oggi il consorzio agrario potrebbe costituire il primo elemento di coniugazione tra la grande distribuzione


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nazionale e la produzione. A mio avviso, affrontare le problematiche della catena dal produttore al consumatore attraverso un ripensamento del ruolo dei consorzi agrari può essere importante.
Tra gli aspetti che devono essere sviluppati vi è il rapporto con le regioni, un tema a lei caro, signor Ministro. La questione del rapporto con le regioni spesso ha portato conflitti; capita spesso che regioni adiacenti disciplinino la stessa materia in maniera completamente opposta. È necessario verificare se si possa intraprendere un percorso omogeneo su alcuni argomenti per evitare che si creino situazioni paradossali dovute a comportamenti conflittuali.
Credo, dunque, che il rapporto con le regioni debba essere codificato in maniera completamente diversa rispetto al passato.
Altra questione è quella della burocrazia: vi è troppa burocrazia all'interno dell'agricoltura, troppa burocrazia ministeriale e, per certi aspetti, regionale. A questo riguardo devo fare un'osservazione che può sembrare cattiva: alcune questioni legate alle nomine e alle conferme di posizioni apicali all'interno del ministero, se lette dall'esterno non sono facilmente comprensibili. Non si capisce, infatti, come alcuni direttori generali siano direttori di tutte le stagioni e di tutti i Governi. Se vogliamo davvero dare un segno di cambiamento dobbiamo farlo a partire dal Ministero e da certe apicalità che - mi riferisco a persone del passato - non hanno certo prodotto grandi risultati per quanto riguarda il settore dell'agricoltura.
Un'altra questione che lei ha affrontato è quella del rapporto con l'Europa, ed io aggiungo il rapporto con coloro che rappresentano il nostro Paese all'interno della Comunità europea. Avremo bisogno di intensificare le relazioni dei commissari, vale a dire della Commissione agricoltura, e credo che ci sia la necessità di chiarire il rapporto tra questa Commissione, il suo ruolo di Ministro e il nostro contributo a quelle che dovrebbero essere le sue indicazioni al Parlamento.
Noi potremmo suggerire alcuni temi strategici. Prima ho citato, ad esempio, le bioenergie, l'agricoltura biologica, ho parlato di consorzio agrario, di logistica, delle grandi distribuzioni, della carne. Un altro tema assolutamente importante, sempre annunciato e mai risolto, è quello dell'acqua - non si fa agricoltura senz'acqua - e quindi del riordino degli enti di bonifica. Anche su questo abbiamo bisogno di una sua indicazione per procedere con i lavori della Commissione.
Le ho segnalato alcuni temi, che spero possano essere inseriti nella sua agenda.
Le auguro buon lavoro.

PRESIDENTE. Colleghi, cerchiamo di mantenere l'autoregolamentazione dei tempi intorno ai quattro minuti, dal momento che il Ministro dovrà assentarsi alle ore 11 per recarsi a Palazzo Chigi.

GIOVANNI DIMA. Cercherò di approfittare dei pochi minuti a disposizione per trattare o, se me lo consentite, sottolineare alcuni aspetti che, a mio parere, meritano maggiore attenzione. Innanzitutto, però, vorrei rivolgere un ringraziamento al Ministro per la sua presenza in Commissione e un augurio di buon lavoro.
Signor Ministro, credo che la questione dell'agricoltura in Italia sia una questione nazionale. Quando dico «nazionale» ovviamente non voglio portarla su un terreno di discussione politico-culturale che, forse per ragioni diverse, non le appartiene fino in fondo; piuttosto, voglio ragionare in termini più complessivi, cercando di assemblare le esigenze dei territori e di fare della questione agricola una questione forte e caratterizzante.
Lei ha fatto un ragionamento ampio e articolato, soffermandosi su alcuni temi. Tuttavia, a mio avviso, altri temi devono essere aggiunti. Abbiamo approfittato della sua presenza per capire meglio il suo rapporto con l'Europa e, quindi, come l'Italia si relazionerà nei prossimi mesi all'interno di questa cornice. Dobbiamo anche capire come l'Italia si relazionerà nel prossimo futuro nel momento in cui l'Europa si aprirà ai Paesi del mediterraneo, del nord Africa. Penso, ad esempio, alla partita del libero scambio che avverrà


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fra il 2010 e il 2012: non è un aspetto secondario del nostro ragionamento, non foss'altro perché su quel terreno e in quel contesto alcuni territori italiani saranno i primi a soffrire di questo tipo di approccio.
Immagino quello che accadrà in tutta l'area del Mezzogiorno d'Italia che, per ragioni geografiche e climatiche, dovrà confrontarsi, a livello competitivo, su alcuni prodotti fondamentali del sistema agricolo di quei territori. Solo per citarne due, gli agrumi e l'olio.
Signor Ministro, credo che su alcune questioni dobbiamo avere la forza e la determinazione di riflettere, guardando alle sfide che impone l'Europa, ma anche a quelle che impone il mondo. Da questo punto di vista, ovviamente, la vicenda del libero scambio nell'ambito del bacino del Mediterraneo non è una partita secondaria per il nostro ragionamento.
Aggiungo una seconda considerazione. Vorrei approfittare della sua presenza, ma soprattutto della presenza di quasi tutti i membri della nostra Commissione, per chiederle se sia il caso di condurre un serio approfondimento a latere del nostro ragionamento, ad esempio con la Commissione ambiente e con le altre strutture che in Parlamento si occupano di gestione del territorio, del suolo e dell'ambiente.
Sappiamo bene che la nostra agricoltura si poggia soprattutto sulla forte caratterizzazione territoriale e identitaria. Abbiamo ripetuto molte volte che noi non abbiamo distese immense sulle quali poter impostare produzioni agricole di grandi volumi, ma abbiamo piuttosto un territorio che, a parte qualche ampia area di pianura, è segnato soprattutto da colline e montagne.
Pertanto, in questo ambito ritengo sia giusto e doveroso immaginare una serie di iniziative comuni, non solo per la necessità di utilizzare al meglio il territorio, ma anche e soprattutto ai fini di un'immagine complessiva del fattore produttivo agricolo in relazione all'ambiente. La vicenda di Napoli, del resto, ha minato fortemente questo concetto che legava la nostra realtà nazionale in chiave agricola anche al contesto ambientale e territoriale.
Credo che su questo terreno dobbiamo fare molto, sia cercando di immaginare un recupero forte dell'immagine produttiva agricola legata al concetto del territorio, della sua identità e del suo ambiente sia, nello stesso tempo, pensando che l'Italia potrà avere un futuro agricolo se nelle specificità regionali e territoriali si imporrà, ovviamente nel contesto europeo, una politica che guardi all'agricoltura come a una questione nazionale.

SANDRO BRANDOLINI. Signor Ministro, l'intervento del capogruppo del Partito Democratico non era teso a non discutere rispetto alle cose che lei oggi ci ha detto, ma ad introdurre una riflessione che io vorrei riprendere. Peraltro, adesso siamo confortati dal documento che abbiamo ricevuto sugli indirizzi programmatici del Ministero. La riflessione riguarda l'esigenza - glielo chiediamo ufficialmente - di muoversi al più presto. Non vogliamo allungare i tempi, anzi probabilmente sarebbe stato opportuno che questa audizione fosse stata convocata prima, non a un mese e mezzo dall'insediamento del Governo, considerate le emergenze del nostro settore, che lei stesso ha citato.
Non nego che nutriamo alcune perplessità; d'altronde, lei stesso ha detto che nella sua relazione sarebbe andato a ruota libera, pur affrontando problemi concreti. Da questo punto di vista, il documento che abbiamo ricevuto ci dà risposte sufficienti per un approfondimento e una riflessione, quindi ci permette di dare il nostro contributo nel merito. In effetti, nel suo intervento non emergeva un quadro generale della politica agricola che si intende portare avanti a livello nazionale e comunitario. Condividiamo con lei il fatto che il tavolo comunitario è assolutamente fondamentale. Le ribadiamo, quindi, la richiesta ufficiale di avere a breve l'occasione di un confronto in merito alle linee e agli indirizzi programmatici del Ministero che ci sono stati consegnati. Da una veloce scorsa mi pare che si tratti di un documento


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organico sul quale sia possibile confrontarsi ed esprimere delle opinioni.
La nostra perplessità nasce dalla constatazione che, mentre svolgiamo questa audizione, in Parlamento si stanno discutendo alcuni provvedimenti del Governo. Penso a quelle che impropriamente vengono chiamate misure per la salvaguardia del potere di acquisto delle famiglie; dico «impropriamente» perché non vedo nulla, in quel decreto, che tuteli le condizioni economiche delle famiglie.
Quello stesso decreto produce per l'agricoltura in difficoltà effetti contrari al sostegno, dal momento che prevede tagli per circa 140-150 milioni di euro, altrimenti destinati ad azioni importanti per sostenere i nostri produttori e per fronteggiare le situazioni di difficoltà che attraversano alcuni settori. Al riguardo lei non ha detto assolutamente nulla.
Premetto che il suo intervento, da alcuni punti di vista, è condivisibile. Inoltre, apprezziamo - penso di poter parlare anche a nome dei miei colleghi - la sua presenza e il suo attivismo su partite importanti, quali quella della pesca e del Brunello, che lei ha citato. Mi pare, però, che manchi in questo contesto una politica vera. Se dovessi tradurre in termini giornalistici i suoi interventi direi che bisogna sconfiggere l'Europa, perché i mali dell'agricoltura derivano dall'Europa e dalle politiche europee.
A mio parere, per certi aspetti c'è bisogno più d'Europa, non meno; c'è bisogno di un ragionamento di politica agricola che consenta di affrontare i temi e le difficoltà del settore, alcuni dei quali sottolineati dall'onorevole Bellotti nel suo intervento. Lei stesso ha citato alcune questioni che sono già state oggetto di lavori dei Parlamenti e dei Governi precedenti, ad esempio le bioenergie. Ricordo, inoltre, che sul biologico abbiamo presentato un disegno di legge concordato all'interno del gruppo ristretto della Commissione agricoltura.
Io penso che il problema dell'agricoltura italiana non sia soltanto un problema di quantità. Possiamo aumentare le quote latte, ma di certo non risolviamo i problemi dei produttori di latte. Anzi, in una situazione di «monopolio», dal momento che c'è un contingentamento, oggi il prodotto dovrebbe costare di più; invece, riscontriamo difficoltà nella remunerazione. L'allargamento, del resto, non dà una risposta da questo punto di vista. A mio avviso, invece, occorre una politica agricola, prima di tutto nei confronti della Comunità europea, che ci metta in condizione di correggere quello che è necessario correggere, sapendo ciò che vogliamo.
Non si pensi che le politiche dell'Europa siano il frutto di una maledizione nei confronti del nostro Paese o di un atteggiamento ostile di qualcuno; esse sono anche il frutto dei nostri limiti e dei nostri errori del passato, che oggi dobbiamo correggere.
Signor Ministro, lei ha parlato dei zuccherifici. A dire il vero, io spero che non si faccia più un'organizzazione comune del mercato come quella dello zucchero, dove indubbiamente non abbiamo portato a casa alcun risultato, anzi abbiamo prodotto un aumento delle terre incolte o, comunque, ulteriori difficoltà nella soluzione dei problemi dei nostri produttori.
Noi riteniamo che, invece, sia necessario entrare nel merito di un indirizzo politico-programmatico. Se dovessimo limitarci a portare avanti una contrapposizione con l'Europa e ad assecondare le contingenze attuali solo per dare ragione, ad esempio, ai pescatori e ai produttori di Brunello, in assenza di una politica agraria nazionale, penso che non faremmo il bene dell'agricoltura italiana e non risolveremmo i nostri problemi.
Abbiamo bisogno, come dicevo, di una politica agraria e di realizzare quella conferenza agraria che era stata programmata dal Governo precedente, ma che la fine anticipata della legislatura non ha consentito di svolgere. Abbiamo altresì bisogno di un dialogo con il mondo agricolo e, soprattutto, di fare squadra in Italia e in Europa, perché solo in questo modo è possibile affrontare e dare delle risposte positive ai problemi che abbiamo di fronte.


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Penso che questa sia solo una prima occasione di incontro. Le auguro, signor Ministro, un buon lavoro, certo che avremo la possibilità di affrontare questi temi, il primo dei quali, al di là delle contingenze - anche lei lo ha citato -, è quello dell'aumento dei prezzi e del divario fra i prezzi ai produttori e i prezzi al consumo.

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

SANDRO BRANDOLINI. Abbiamo già chiesto di avviare un'indagine per arrivare a una risoluzione parlamentare. Noi riteniamo che questo sia un buon inizio se vogliamo, prima di tutto, conoscere bene i fenomeni e le situazioni e, in seguito, prospettare soluzioni vere ai problemi; soluzioni che guardino in prospettiva e tutelino la nostra agricoltura che sicuramente può e deve avere un futuro in Europa e nel mondo.

ANTONIO CUOMO. Signor Ministro, nell'associarmi alla riflessione del collega Brandolini, vorrei aggiungerne qualcun'altra per completare il quadro di inizio legislatura.
Credo che l'intervento del capogruppo del PD andasse nella direzione di instaurare immediatamente un rapporto costruttivo, ma anche analiticamente corretto, rispetto a un lavoro che ritengo indispensabile per cambiare passo e tentare almeno - uso il termine «tentare» - una sorta di ripresa in questa legislatura.
Partirei da un dato storico, che credo debba far riflettere soprattutto il Ministro. Nel nostro Paese l'agricoltura, nel corso degli anni, ha conosciuto una sorta di declino. Se negli anni Cinquanta e Sessanta probabilmente era il motore dello sviluppo economico del nostro Paese, oggi il mondo dell'agricoltura incide in una maniera quasi marginale sul PIL nazionale. Questo è un dato che deve essere alla base di una nuova spinta per un rilancio del settore.
Devo dire che nella sua relazione ho visto ombre e luci. Sicuramente il problema è strutturale. Lei ha detto che in questi primi quindici giorni di governo è stato il ministro del pronto soccorso. Speriamo che lo resti solo per questi pochi giorni, perché se lei volesse pensare di essere il ministro dell'emergenza non andremmo da nessuna parte. Questo settore ha bisogno di avere un nuovo modello innanzitutto legislativo.
Come diceva un collega del centrodestra, nella passata legislatura nessun provvedimento è arrivato in aula. Credo che noi non abbiamo molte occasioni di parlare con lei per esprimerle il nostro punto di vista rispetto al problema, ma questa è sicuramente un'occasione da non perdere, dunque vogliamo utilizzare qualche minuto in più per esprimere alcune considerazioni.
Innanzitutto, penso che lei abbia il dovere di mettere mano da subito, con l'aiuto della Commissione, alla regolamentazione del rapporto della filiera. Dobbiamo farlo a livello legislativo per evitare le forti speculazioni dei produttori agricoli, che portano a un aumento dei prezzi. Se intraprendessimo una giusta e corretta azione legislativa, potremmo dare un segnale positivo anche agli altri settori produttivi del nostro Paese, direi all'intero sistema economico.
Faccio notare che la speculazione che esiste ai margini della filiera è uno degli elementi che mettono in difficoltà il consumatore. E non possiamo limitarci a un semplice indirizzo; bisogna spingere a fondo l'acceleratore e studiare per individuare meccanismi di controllo, per evitare che un chilo di acciughe costi all'origine 0,40 centesimi di euro, salvo poi ritrovarlo sul banco del mercato più vicino a 7 euro.
Questa è la prima vera innovazione da introdurre se vogliamo dare un segnale forte. E dobbiamo farlo con le dovute accortezze, poiché in questo passaggio vi è un enorme guadagno in nero da parte dei cosiddetti speculatori che rimangono ai margini del sistema economico. Posso citarle un esempio che riguarda la mia zona: vengo dalla Piana del Sele, zona che negli


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anni ha dato tantissimo all'agricoltura, dove un chilo di pescato costa all'origine 0,15 centesimi di euro, ma lo si ritrova nei mercati di Roma a 15 euro. Non possiamo pensare di essere competitivi se non correggiamo queste storture. Questa è la sfida che ci attende per rendere competitivo il nostro sistema agricolo.
È vero che, all'interno del sistema Italia, l'agricoltura è diventata marginale, ma è altrettanto vero che la nostra produzione agricola ha ancora, nonostante le inadempienze del sistema legislativo nazionale, grandi potenzialità. Il cosiddetto made in Italy oggi è quasi spontaneo, mentre noi dobbiamo avere la consapevolezza di renderlo concreto anche attraverso un provvedimento legislativo rafforzativo, dal momento che abbiamo prodotti di alta qualità.
Su questo aspetto, nel momento in cui si parla di indirizzi, mi sarei aspettato qualcosa di più concreto, mi sarei aspettato che lei spiegasse alla lettera qual è il vero impegno del Governo rispetto a questo problema, che non è affatto marginale.
In questo momento dobbiamo affidarci a un'equazione fondamentale: l'agricoltura nazionale deve essere omogenea. Non commettiamo l'errore, già commesso nel passato, di privilegiare alcune zone a danno di altre, perché ciò significherebbe far saltare il sistema. Noi dobbiamo assicurare lo stesso impegno da Trapani a Treviso, e per farlo occorre grande consapevolezza.
Come diceva il collega Brandolini, siamo alla vigilia di qualche provvedimento e il nostro gruppo ha provveduto a presentare emendamenti. È sbagliato immaginare, con superficialità e sufficienza, di tagliare i fondi. Questi sono segnali pericolosi. Se davvero vogliamo costruire un'azione collaborativa all'interno della Commissione, che è il luogo dove emergono le sinergie, dobbiamo recuperare i fondi - lo chiedo al Governo - al di là dei nostri emendamenti.
Chiedo al Ministro di condurre una battaglia a sostegno del suo Ministero e dell'agricoltura. I tagli probabilmente vanno fatti altrove, non nel comparto agricolo e, soprattutto, non nel comparto agricolo del Mezzogiorno d'Italia. Altrimenti siamo pronti ad incominciare una guerra: lo dico innanzitutto a titolo personale, poi deciderò il da farsi all'interno del PD.
Signor Ministro, ci sono tante questioni che potremmo sviluppare: n altro elemento che metterei in agenda è l'ammodernamento di tutte le reti idriche sul territorio. Questa, infatti, è una situazione che oggi possiamo affrontare in un clima ordinario; ma se fra qualche anno diventerà un'emergenza, come è accaduto per i rifiuti, si dovranno gettare milioni e milioni di euro, per non dire miliardi, con il rischio di non trovare la soluzione giusta. Diversamente, invece, bisogna mettere da subito in agenda una ristrutturazione della rete idrica sul territorio, in forte collaborazione con le regioni e con l'aiuto dell'Unione europea. Anche su questo sono d'accordo con l'onorevole Brandolini: l'Europa deve essere vista come un'opportunità per costruire un sistema migliore, non come un ostacolo.
A mio parere, signor Ministro, si dovrebbe prevedere qualche giorno di lavoro in più con la Commissione; sicuramente saremmo in grado di darle qualche suggerimento, qualche consiglio, qualche elemento di novità per il territorio.
Voglio considerare positivo l'inizio di questo rapporto. Lei ha presentato la sua relazione, ha indicato gli indirizzi, senza scendere nel merito, né noi l'abbiamo fatto. Vogliamo crederle, dunque le rivolgiamo un augurio di buon lavoro e le chiediamo la sua disponibilità per costruire un sistema serio basato sui punti fondamentali che sono stati richiamati: innanzitutto, garantire da subito l'ammodernamento delle reti idriche e inserire immediatamente nel programma una nuova conferenza con le regioni, con tutti gli assessori all'agricoltura, cercando di equilibrare il rapporto tra nord e sud.
Sembrano enunciazioni senza senso, ma sono proprio questi gli elementi per mettere il Ministero e la Commissione nelle condizioni di guardare senza pregiudizi


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e senza riserve mentali ad un lavoro che, da qui a qualche mese, affronteremo nel merito.
Infine - vi chiedo scusa se mi sto dilungando, ma sono davvero poche le occasioni in cui possiamo esprimere le nostre posizioni - sono preoccupato della mancanza di occupati nel settore agricolo. Dai milioni di occupati degli anni Sessanta e Settanta siamo passati a poche centinaia. Anche a questo riguardo dobbiamo promuovere un'azione per tentare di risalire la china. Gli occupati nel settore dell'agricoltura - parlo per esperienza diretta - sono sempre più gli stranieri. Anche su questo non sono accordo, perché dobbiamo tutelare le nostre aziende che operano nel mondo dell'agricoltura e incentivare con azioni mirate, in collaborazione con gli assessorati regionali, la partecipazione dei nostri concittadini.
Da ultimo - e chiudo davvero - vorrei sottolineare che la ricchezza, la parte terminale del sistema economico che ruota intorno all'agricoltura, è uscita dall'Italia. Questo è un altro elemento che dobbiamo affrontare con precisi provvedimenti legislativi e con un ragionamento politico di indirizzo, promuovendo un'azione decisa all'interno del nostro sistema economico.
L'80 per cento - potete consultare i dati - della ricchezza dell'intera filiera agricola è fuori dall'Italia. Non siamo più, e non lo saremo neanche in un prossimo futuro, all'altezza di ribaltare questo dato. Dobbiamo invertire questa rotta, promuovendo un'azione capillare rispetto ai tanti produttori che operano sul territorio, censendoli, cercando di creare nuove forme associative, locali, regionali e nazionali, per far sì che la titolarità delle decisioni riguardanti la politica della produzione agricola resti in Italia.
Se la politica viene meno, rispetto a questi presupposti, diventa difficile rimanere competitivi nei confronti dei nostri concorrenti europei, per non parlare di quelli fuori dall'Europa.
Nella speranza che il Ministro ci offra qualche possibilità in più per parlargli, senza annoiarlo, mi riservo, nelle prossime giornate, di offrire ancora contributi per approfondire alcuni provvedimenti più specifici rispetto al territorio.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro per averci offerto la propria disponibilità fino alle ore 11 di quest'oggi. A questo punto, abbiamo la possibilità di ascoltare ulteriori quattro interventi. Vi invito a non andare oltre i limiti convenuti , in modo da poter consentire a tutti di intervenire.

ROBERTO ROSSO. Signor Ministro, le rivolgo i miei complimenti per la competenza, la concretezza e la crudezza con la quale si è espresso a proposito dei temi dell'agricoltura e, in particolare, nei confronti di quel «burosauro» arrogante e pretenzioso in cui si è venuta trasformando l'Unione europea, anche a dispetto delle buone intenzioni e delle speranze di tanti europeisti della prima ora.
Ci sarà pure una ragione se i popoli europei, ogni qualvolta vengono chiamati a votare sui trattati costitutivi dell'Unione, esprimono il loro parere contrario. Tra l'altro, si tratta di popoli sicuramente non antieuropeisti, ma rientranti tra coloro che hanno fatto l'Unione europea. A tal proposito, come hanno detto poco fa i colleghi della sinistra, credo che si avvertirà il bisogno di un segno di discontinuità rispetto al passato; ci sarà davvero bisogno di far capire che, soprattutto in materia agricola, noi ci comportiamo non da pezzenti in casa altrui, ma da europei che in casa propria fanno valere i propri diritti.
A tal proposito, mi permetto di fare due sole considerazioni, la prima delle quali riguarda la ricerca. Non ho riscontrato, all'interno della relazione che mi è stata consegnata, alcun accenno a questo argomento. Sottolineo che condivido alcune preoccupazioni della sinistra: per quanto riguarda la ricerca pura, oggi solo le multinazionali americane realizzano il prodotto, mentre i nostri enti di ricerca sono concentrati soltanto sull'implementazione e sul territorio. Spesso si riscontra una frammentazione e l'incapacità sostanziale di mettere in sinergia i rapporti. Tra l'altro, questi enti sono tutt'affatto posti in


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una situazione di totale estraneità rispetto al territorio in cui la coltivazione o l'allevamento vengono promossi. Pertanto, pensare a una risistemazione in senso federalista degli enti di ricerca servirebbe quantomeno a concentrare le risorse, anziché disperderle, così come avviene attualmente.
In secondo luogo, ho notato con piacere che viene segnalato il problema dell'acqua. Io provengo da una zona di monocultura risicola all'interno del Piemonte e della Lombardia, dove insistono alcune preoccupazioni nel comparto e nel settore dei consorzi di bonifica, in merito alla eventualità che, nelle nuove finanziarie, il Governo Berlusconi possa limitare l'intervento già previsto a partire dal 2011 per l'implementazione dei piani di bonifica agraria e degli invasi. Ho notato, invece, che nella sua relazione questo aspetto viene smentito. Ci auguriamo che si possa andare in questo senso.
Permettetemi di fare un'ultima osservazione: quasi la metà del territorio piemontese e di quello lombardo, per oltre tre mesi all'anno, non vivono una vita civile, essendo costretti dal fenomeno delle zanzare a vivere una vita acquattata dalle ore 18 fino alle ore 23.
Signor Ministro, dal momento che anche lei è uomo del nord, la invito ad affrontare questa situazione. È incredibile che il frutto di una cultura millenaria, che ha trasformato la geografia e il paesaggio di una parte importante del nord Italia - come, appunto, quella della coltivazione del riso, dopo l'implementazione dei monaci cistercensi - si risolva in un danno per tutti coloro che vivono in quelle zone; non mi riferisco soltanto a coloro che vivono direttamente nella zona delle risaie, ma anche a coloro i quali vivono in un raggio di 40 chilometri.
Ci auguriamo che, così come è accaduto in tutto il mondo, anche in Paesi meno civilizzati della nostra Italia, si possa prospettare un piano di lotta alle zanzare che sia in grado, sia dal punto di vista fitofarmacologico, sia da quello della coltivazione, di ridurre un fenomeno che svilisce la modalità di vita di tante popolazioni e impedisce fenomeni di agriturismo e turismo culturale, che altrimenti sarebbero importabili.

IVAN ROTA. Signor Ministro, la ringrazio per aver accettato l'invito della Commissione. Con un sorriso, suggerendole di prepararsi per la partita di ritorno, devo riconoscerle che, seppure in zona Cesarini, si è portato a casa un risultato di 1 a 0 con la sua relazione. In merito a questo aspetto, faremo delle valutazioni come gruppo dell'Italia dei Valori.
Per quanto riguarda il fatto che si devono contrastare dei provvedimenti non ritenuti giusti, credo che da parte nostra sia stato dimostrato tale atteggiamento nei confronti di quanto non ritenevamo giusto da parte del Governo. Si trattava, però, di un contesto diverso. Muovere una critica per assolvere le dinamiche politichesi è un atteggiamento che non ci appartiene. Per questo motivo, non mi sento di sollevare una critica a prescindere dal merito delle sue espressioni. Lo faremo quando le iniziative del Ministero che lei rappresenta lo imporranno.
Ho ascoltato attentamente il suo intervento ed ho colto, insieme agli altri colleghi, una serie di punti che lei ha posto alla nostra attenzione, condividendone molti spunti importanti e molte azioni da promuovere a tutela dei prodotti italiani, ma soprattutto della nostra agricoltura. Ebbene, ho colto un atteggiamento un po' tranchant nei confronti dell'Europa. Lei, però, in un passaggio ha anche sostenuto che, al di là degli aspetti tecnici, in questo momento risulta importante anche quello diplomatico. Quindi, il suggerimento è di porsi, rispetto all'Europa, con la forza dell'Italia, ma con dei meccanismi e delle modalità che rispettino il contesto al quale apparteniamo.
Mi auguro che lei, signor Ministro, il suo dicastero e questa Commissione non dobbiate mai sottostare a dinamiche di sottomissione di valori superiori - come, purtroppo, in aula abbiamo constatato - che vanno contro, tante volte, a delle normative europee che dobbiamo cercare di modificare nelle logiche che la politica


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impone, ma dove non si può procedere muro contro muro. Diversamente, come italiani ne usciremmo con le ossa rotte.
Tuttavia, mi sembra che dal suo intervento non politichese e molto concreto l'auspicio sia proprio che questo tipo di attenzione e sensibilità possa essere posto.
Non entriamo nel merito della relazione, in quanto avremo modo di documentarci adeguatamente, di coglierne gli aspetti positivi e di appoggiarli o di evidenziare quanto, invece, non riteniamo giusto, cercando con forza di farle cambiare idea. Parlo, naturalmente, non a lei personalmente, ma riferendomi al ministero competente. Quindi, assumeremo tale atteggiamento in merito agli atti che saranno portati all'attenzione di questa Commissione, che mi auguro sia, in questi cinque anni di legislatura, operativa e concreta, in grado di risolvere concretamente le questioni che stanno a cuore ai cittadini, piuttosto che ridurre il tutto ad una mera contrapposizione tra maggioranza e minoranza.
Nel rivolgerle questo augurio, signor Ministro, la ringrazio e le auguro buon lavoro.

MASSIMO FIORIO. Signor presidente, ho apprezzato la relazione del Ministro, ma anche l'esaustività e la ricchezza dell'intervento. Probabilmente, avere dinanzi il testo scritto ci avrebbe aiutato a capire ulteriormente la dimensione d'insieme e l'azione di politica per la legislatura. Ci riserveremo, eventualmente, in un altro passaggio, di affrontare questioni più di principio e di politiche generali.
Credo che, rispetto all'intervento del Ministro, si possano andare a riprendere alcune questioni evidenziate, o perlomeno metterne in luce delle mancanze.
Uno dei temi che credo la politica agricola debba affrontare è quello della semplificazione. Si tratta di un settore che soffre drammaticamente di complicazioni burocratiche. Nella legislatura precedente, anche nei confronti con le categorie, il tema è stato sollevato più volte, ma mai siamo riusciti ad approfondire fino in fondo la questione.
È evidente che, da questo punto di vista, il suo predecessore ha attuato delle politiche di semplificazione. Penso, ad esempio, alla questione del regime IVA e ad altri tipi di intervento.
Del resto, anche per quanto riguarda le piccole aziende, rischiamo di far dedicare una parte consistente del lavoro, che potrebbe essere svolto in campagna, per adempimenti burocratici.
Vorrei sapere qual è la posizione del Ministro in merito alla questione burocratica e alla semplificazione. Vorrei altresì sapere se rimanga ancora una delle priorità di questo Governo; del resto, lo è stata per il Ministro precedente che, stante i tempi ristretti di azione, ha avviato una politica, a mio avviso, incisiva.
Da questo punto di vista non dobbiamo nascondere le difficoltà di dialogo che abbiamo con le categorie. Difficoltà che, seppur più volte richiamate, non siamo mai riusciti ad affrontare in termini totalmente positivi. Pertanto, chiedo un intervento del Ministro.
Rispetto alla questione del made in Italy non possiamo soltanto rivendicare la bontà delle nostre produzioni, o la capacità di fare prodotti di qualità o l'eccellenza, se, al tempo stesso, non accompagniamo queste eccellenze all'estero. Riprendo alcuni interventi che erano stati messi in campo dal Ministro precedente che andavano verso un sostegno alle aziende che facevano promozione, anche dal punto di vista della defiscalizzazione di alcuni interventi.
Sapete che la Comunità europea, in un primo momento, si è espressa in termini negativi rispetto all'iniziativa della finanziaria 2007, salvo poi riprenderla perché l'impegno su quel settore era forte e determinato. Allora, credo che possiamo far vincere il sistema Italia sul tema della qualità e dell'eccellenza dei nostri prodotti soltanto se li accompagniamo all'estero.
Quindi, occorre un fondo per il sostegno al made in Italy e occorre continuare decisamente sulle politiche di defiscalizzazione per quelle aziende che accompagnano i loro prodotti all'estero.


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È necessario, però, coordinare il lavoro che facciamo all'estero. Infatti, nei nuovi mercati - penso, ad esempio, alla Cina - lavoriamo in maniera scomposta, tanto che un consorzio non sa che, un altro consorzio a lui adiacente, nello stesso momento, in una città poco distante sta svolgendo lo stesso tipo di attività e di promozione. Credo che il coordinamento della nostra azione su mercati difficili quali la Cina, l'India e via elencando, debba essere coordinato.
Per quanto riguarda l'OCM vino lei ha sottolineato che il 30 giugno si chiude una prima partita importante. Ebbene, nel documento iniziale ci dovrebbe essere lo spirito positivo di fornire agli Stati membri una dotazione finanziaria tale da sostenere la promozione del proprio prodotto.
Insomma, a fronte di un mercato che si fa sempre più concorrenziale e aggressivo dobbiamo sostenere, in modo serio, questa ipotesi. Pertanto, anche rispetto a questa nuova partita di risorse, vorrei sapere come si sia deciso di muoversi, se sia stata concessa una dotazione alle regioni, o se invece si programmino politiche nazionali.
Permettetemi un flash sul tema del rischio. Lei ha detto simpaticamente che in qualche modo si trova ad essere una crocerossina rispetto ai rischi, alle minacce e ai danni.
A mio avviso, dobbiamo affrontare il tema della gestione del rischio, sia per le questioni di mercato, che per le questioni ambientali e i danni atmosferici. Dobbiamo dotarci di strumenti moderni per affrontare e sostenere le aziende che stanno soffrendo.
Vengo alla questione di fondo rispetto al tema della Comunità europea. Ho apprezzato l'atteggiamento deciso che si è adottato nei confronti della Comunità europea, ma credo che dobbiamo anche comprendere che quello è un mercato. I soggetti che troviamo dall'altra parte del tavolo nel corso delle trattative sono anche i principali sbocchi dei nostri prodotti. Allora, certe azioni vanno concordate, perché non possiamo metterci contro Paesi, come la Germania, che rappresentano il principale sbocco all'estero dei nostri prodotti.

SEBASTIANO FOGLIATO. Signor Ministro, vorrei salutarla e ringraziarla, a nome del gruppo della Lega Nord, per la sua partecipazione odierna in Commissione.
Il suo è stato un intervento importante, a braccio, che è durato un'ora. Aver parlato a braccio per un'ora in modo così compiuto dei problemi dell'agricoltura del nostro Paese è un gesto che leggiamo positivamente. Ciò sta a significare che lei ha il punto della situazione in mano rispetto alle problematiche dell'agricoltura del nostro Paese.
Peraltro, avevamo già avuto modo di apprezzare il dinamismo del suo Ministero nell'affrontare queste problematiche, che sono state, a mio avviso, per troppo tempo dimenticate. I colleghi oggi intervengono in Commissione per dire che nel settore agricolo occorrono interventi urgenti. Evidentemente, se c'è una situazione che, come l'ha definita il Ministro, è di pronto soccorso per tanti e tanti settori, ciò vuol dire che non sono state fatte certe cose e che non sono stati compiuti certi passi in passato.
Abbiamo in particolar modo apprezzato l'approccio che si è avuto a livello comunitario. La volontà di cercare alleati per rappresentare i nostri problemi è un passaggio, a mio avviso, importante, che non va letto in chiave giornalistica, ma molto più semplicemente in atti concreti che andranno a beneficio della nostra agricoltura.
L'intervento del Ministro è stato anche apprezzato dai colleghi dell'opposizione, così come la sua concretezza, che peraltro è già visibile sui giornali in questi primi giorni di insediamento, nei quali ha dimostrato di essere sempre puntuale nell'affrontare i problemi - di questo gliene diamo atto - non in modo superficiale, ma sempre nel concreto dimostrando anche un certo pragmatismo.
Dico, dunque, ai colleghi che, il fatto che non c'è una relazione scritta, è un


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elemento da valutare secondariamente. Aver parlato più di un'ora a braccio sulle tematiche dell'agricoltura, vuol dire avere coscienza dei problemi che si vogliono affrontare.
In passato, forse, in questa Commissione siamo stati abituati a relazioni scritte; probabilmente i Ministri che si sono susseguiti non potevano far altro che presentare relazioni scritte, perché forse di certe problematiche dell'agricoltura non sapevano assolutamente nulla.
Apprezziamo, dunque, il lavoro che si sta svolgendo. Mi riferisco, in particolare, al problema delle quote latte, che è un tema affrontato, a mio avviso, nel modo giusto. È inutile che gli Stati membri continuino ad applicare la quota a livello comunitario, se poi non si produce per intero il nostro fabbisogno. Non siamo eccedentari rispetto alla produzione di latte.
Non voglio dilungarmi oltre, anche perché so che il Ministro ha altri impegni. Desidero semplicemente rivolgergli l'augurio di un sereno e proficuo lavoro nell'interesse dell'agricoltura del nostro Paese.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il Ministro non solo per la cortesia di essere stato qui con noi due ore e mezza, ma anche per l'approfondita relazione che ci ha offerto, propongo di concordare con lui, nelle prossime ore, un'ulteriore occasione di confronto.
Mi scuso con i colleghi Di Caterina, Catanoso, Zucchi, Cenni, Nastri e quanti altri iscritti a parlare che non sono riusciti ad intervenire nell'odierna audizione. Interverranno, ovviamente, la prossima volta.
Suggerirei, al termine dei lavori antimeridiani dell'Assemblea, di concordare un orario in modo tale da avere la certezza, di qui ad un'ora, di poter proseguire l'esame del provvedimento legato all'adeguamento delle strutture di Governo. Vi ricordo che non dobbiamo votare nulla, ma solo continuarne a ragionare. Al termine, convocheremo l'Ufficio di presidenza.
Do ora la parola al Ministro Zaia.

LUCA ZAIA, Ministro delle politiche agricole, alimentari e forestali. Desidero ringraziare tutti e, ovviamente, sono disponibile a tornare in questa sede in qualsiasi momento.
Vorrei precisare che noi siamo un piccolo plotone (siamo solo in due), ragion per cui vi chiedo di avere un po' di pietà nei nostri confronti. Quelli che soffrono sono lì fuori, e anche quella per noi è una priorità.
Ovviamente, confermo la mia totale disponibilità nei confronti dalla Commissione e, in accordo con il presidente Russo, vi forniremo il calendario delle nuove date.
Mi scuso per aver svolto la relazione a braccio. Ho capito che questo può essere un problema, ma come avrete notato anche nello svolgimento dei question time, non riesco a leggere carte che mi passano i dirigenti del Ministero. Comunque, vi ho fornito la relazione predisposta dai dirigenti: leggetela e magari ne discuteremo insieme in un secondo momento. Ovviamente, tutto quello che contiene quella relazione è sottoscritto da chi vi parla. In ogni caso, c'è molto di più in quello che vi ho detto.

PRESIDENTE. Ringrazio il Ministro Zaia e rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 11.

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