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Resoconti stenografici delle audizioni

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Commissione XIII
7.
Martedì 13 ottobre 2009
INDICE

Sulla pubblicità dei lavori:

Russo Paolo, Presidente ... 3

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 3 7 10 13
Beccalossi Viviana (PdL) ... 8
Bellotti Luca (PdL) ... 8
Dima Giovanni (PdL) ... 9
Gottardo Isidoro (PdL) ... 10
Oliverio Nicodemo Nazzareno (PD) ... 9
Vattani Umberto, Presidente dell'ICE ... 3 10

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani (ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento):

Russo Paolo, Presidente ... 13 15 16
Semerari Arturo, Presidente dell'ISMEA ... 13 15 16
Sigle dei gruppi parlamentari: Popolo della Libertà: PdL; Partito Democratico: PD; Lega Nord Padania: LNP; Unione di Centro: UdC; Italia dei Valori: IdV; Misto: Misto; Misto-Movimento per le Autonomie-Alleati per il Sud: Misto-MpA-Sud; Misto-Minoranze linguistiche: Misto-Min.ling.; Misto-Liberal Democratici-MAIE: Misto-LD-MAIE; Misto-Repubblicani; Regionalisti, Popolari: Misto-RRP.

COMMISSIONE XIII
AGRICOLTURA

Resoconto stenografico

AUDIZIONE


Seduta di martedì 13 ottobre 2009


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PRESIDENZA DEL PRESIDENTE PAOLO RUSSO

La seduta comincia alle 13,35.

Sulla pubblicità dei lavori.

PRESIDENTE. Avverto che la pubblicità dei lavori della seduta odierna sarà assicurata anche attraverso l'attivazione di impianti audiovisivi a circuito chiuso e la trasmissione televisiva sul canale satellitare della Camera dei deputati.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto nazionale per il commercio estero (ICE), sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani.
Do la parola all'ambasciatore Umberto Vattani, presidente dell'Istituto nazionale per il commercio con l'estero, al quale do il benvenuto.

UMBERTO VATTANI, Presidente dell'ICE. Vorrei ringraziarla molto, Presidente, per l'invito che mi è stato rivolto e per la possibilità di illustrare alla Commissione agricoltura le linee generali di intervento dell'Istituto per il commercio con l'estero, soprattutto in campo agroalimentare. Sarò lieto di rispondere alle domande che mi verranno rivolte.
Il settore della produzione del commercio di prodotti agricoli è straordinario, giacché vede l'Italia come un grande protagonista nel mondo. Lo è e tale è rimasta, nonostante siano avvenute incredibili trasformazioni a livello globale. Alcuni grandi Paesi quali Russia e Cina, prima assenti a causa dei loro regimi collettivistici, e altri che avevano caratterizzato la loro presenza soprattutto per gli alti livelli di protezione delle tariffe esterne quali India e Brasile all'improvviso sono apparsi sul mercato internazionale.
A questa apertura non poteva mancare la richiesta di adesione all'Organizzazione mondiale del commercio (WTO), che ha assicurato loro la possibilità di beneficiare di questo aperto regime di scambi, rendendo praticamente unico il mercato mondiale in questo campo.
Altri fenomeni hanno caratterizzato l'evoluzione degli ultimi anni. Tra questi, non possiamo non citare la grande distribuzione organizzata. Quello che prima viaggiava liberamente a seconda di un'offerta e di una domanda parcellizzata e frammentaria ha cominciato a diventare un flusso bene organizzato da alcuni grandi operatori. Ciò ha provocato la diffusione di prodotti in maniera molto strutturata e regolamentata.
Rispetto a fenomeni di questo tipo, che hanno riguardato soprattutto Paesi come la Francia, la Germania, la Gran Bretagna e gli Stati Uniti, noi italiani, forse, siamo rimasti indietro.
La grande distribuzione continua a svilupparsi in maniera efficace nei mercati tradizionali, maturi, che assorbono la maggior parte dei nostri prodotti. Inoltre, questi cominciano ormai a prendere piede perfino in Paesi nei quali non esistevano affatto, quali la Russia e la Cina.


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Di fronte a questo nuovo mercato agroalimentare nel mondo, l'ICE ha dovuto assumere forme di strategia differenziate, per tener conto delle diverse situazioni. Se, dunque, l'ICE ha continuato a corroborare continuamente la sua azione sui mercati dell'Europa e degli Stati Uniti, che assorbono maggiormente le esportazioni italiane, non ha ignorato la forza di attrazione rappresentata da questi nuovi protagonisti, anche se quantitativamente le esportazioni italiane in quei Paesi hanno ancora percentuali inferiori.
Recentemente, due altri fatti hanno stravolto il mercato. Un'impennata dei prezzi agricoli ha caratterizzato la fine del 2008 e l'inizio del 2009, dovuta in buona parte al fatto che alcuni prodotti agricoli sono stati utilizzati sempre di più come possibile fonte di energia alternativa (il Brasile in prima linea con la produzione dell'etanolo) e che altri Paesi, vedendo i prezzi del petrolio raggiungere i 140-150 dollari al barile, hanno cominciato a indirizzare le produzioni agricole verso quelle che potevano fornire anche carburante. Questo ha ridotto i margini della produzione agricola per la popolazione mondiale, con forti impennate di prezzo, che hanno poi subìto un'altra turbativa, ovvero il forte declino del valore del dollaro, che ha creato flussi e iniziative speculative che hanno aggravato questo panorama. Dalla fine dell'anno scorso e nei primi mesi di quest'anno, la crisi ha ridotto il livello della domanda mondiale e ha costretto l'ICE a rafforzare le iniziative per sostenere le esportazioni italiane tanto nei mercati tradizionali, come in quelli nuovi.
Per quanto riguarda l'esportazione dei principali prodotti agricoli italiani, il 64 per cento viene ancora assorbito dai paesi dell'Unione europea. Gli Stati Uniti rappresentano l'altro grande mercato. Per dare un'idea di come sia composta l'esportazione italiana di prodotti agricoli, ricorderò che il 16 per cento del totale esportato è dovuto ai prodotti ortofrutticoli. I vini rappresentano il 15 per cento, le conserve e i succhi vegetali l'11 per cento, i prodotti dolciari il 10 per cento, le paste alimentari l'8 per cento, i prodotti lattiero-caseari il 6 per cento e l'olio d'oliva il 5 per cento.
Usando come criterio di rappresentazione statistica la ruota, si potrebbe assimilare la produzione italiana a una ruota di bicicletta, nel senso che l'Italia è in grado di produrre dall'acqua minerale ai vini, alla pasta, alle carni, ai prodotti ortofrutticoli, latteo-caseari, le conserve, il riso, come nessun altro paese in Europa. Questo spiega perché la difesa e la salvaguardia degli interessi italiani a Bruxelles sia così difficile. Infatti, mentre la Francia o la Germania hanno tre o quattro raggi all'interno di questa ruota statistica, l'Italia produce un'infinità di prodotti, e quindi ha meno forza negoziale nei confronti di altri paesi, che non hanno quella varietà straordinaria dei prodotti. L'Italia, tra l'altro, è l'unico paese in Europa che produce riso, cosa straordinaria, che ha perfino ottenuto di esportare in Cina. Ciò può sembrare paradossale, ma invece è la dimostrazione di quanto la qualità e il livello di eccellenza dei prodotti italiani rappresentino nel mondo.
Oltre all'Europa, il nord Africa, i paesi della sponda sud del Mediterraneo rappresentano un partner italiano importante. A parte la Tunisia, che ha superato anche la Libia, si constata una eccezionale crescita dell'esportazione dei prodotti alimentari italiani in alcuni di questi paesi, sia pure partendo da livelli bassi. Nel 2008, in Tunisia, la crescita dei nostri prodotti è stata del 126 per cento. In altri paesi del Maghreb vi è poi un'enorme aumento delle nostre esportazioni. Si rileva invece una stagnazione nei mercati dell'America settentrionale, indubbiamente dovuta alla domanda e alla diminuzione del valore del dollaro. In rapida espansione sono anche quelli del Medioriente: si percepiscono segnali di risveglio nel mercato giapponese.
L'area del Medioriente, che assorbe una modesta percentuale, pari all'1,7 per cento del totale, ha sviluppato considerevoli tassi di crescita negli ultimi anni: in Arabia Saudita oltre 85 milioni di euro, in Israele 83 milioni di euro, negli Emirati Arabi


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Uniti 81 milioni di euro. Gli incrementi sono straordinari, come quelli della Siria (400 per cento), così come per la Giordania (49,7 per cento) e l'Armenia (44,8 per cento).
Il quadro generale è pertanto molto vario. Per questo motivo, l'ICE non perde occasione per mettere a punto diverse iniziative promozionali, tenendo presente che il fattore costante di cui negli ultimi anni ha potuto cogliere l'importanza è il forte desiderio di internazionalizzazione delle aziende italiane.
In Italia, oltre 67.000 aziende si occupano di agroalimentare, delle quali 13.000 esportano quantità sempre crescenti di prodotti agroalimentari nel mondo. Come istituto, dunque, ci capita di constatare, come è avvenuto pochi giorni fa all'Anuga Fine Food di Colonia, la più grande fiera tedesca dell'agroalimentare, che si svolge ad anni alterni, avvicendandosi con il SIAL di Parigi, come gli italiani siano addirittura più numerosi dei tedeschi, giacché le ditte italiane presenti alla fiera di Colonia (che si chiude oggi) erano 960 mentre quelle tedesche non arrivavano a 900.
La maggior parte delle nostre aziende, presenti in forma aggregata con l'ICE o presenti grazie ai consorzi, alle regioni e alle altre organizzazioni di settore, erano di piccole dimensioni. Negli incontri con loro, però, l'ICE ha potuto constatare come anche le piccole aziende avessero una loro presenza sul mercato tedesco, sia pure di nicchia. Alcuni hanno voluto precisare che, oltre ad avere un agente, erano presenti in un certo numero di ristoranti importanti a Berlino o a Monaco e che vedevano la loro produzione crescere in maniera regolare, grazie proprio alla presenza sul mercato tedesco.
L'ICE si preoccupa naturalmente anche della concorrenza, in relazione alla quale la Francia appare temibile soprattutto con riferimento ai prodotti di qualità. L'offerta francese non è però varia quanto la nostra, e nella produzione di prodotti nuovi, che tutte le fiere del settore presentano in un'area particolare del loro perimetro, gli italiani sono quelli che più spiccano per fantasia, per nuove conserve, nuovi sughi, nuovi prodotti, inserendo il tartufo o altri prodotti di qualità.
Nelle grandi fiere internazionali - all'Anuga partecipano 95 Paesi -, i padiglioni italiani si contraddistinguono molto per la produzione di nuovi prodotti. Talvolta si tratta solo di un processo, di prodotti refrigerati, di utilizzo diverso di ingredienti, di nuove forme o nuovi prodotti di biscotteria o di altri prodotti di forno, ma questa grande varietà si moltiplica nel tempo.
Anche se l'Italia non ha esponenti di spicco nella grande distribuzione mondiale, l'ICE non rinuncia ad avviare negoziati con la grande distribuzione, per cercare di migliorare la posizione dei prodotti italiani. Da tre anni, l'ICE ha siglato accordi con la catena Aeon, presente soprattutto in Giappone e in Cina, in base ai quali i prodotti italiani non devono mai mancare. È stato fatto lo stesso con gli importatori di vini e si sta valutando come ampliare l'offerta ad altri prodotti questo tipo di distribuzione attraverso i magazzini.
Uno dei problemi più importanti segnalati dai giapponesi è certe volte la difficoltà di avere un approvvigionamento regolare dei nostri prodotti. L'ICE ha quindi svolto una forte azione a livello di regioni e province, per far sì che i consorzi si accordassero per aumentare i livelli quantitativi sui piccoli numeri. Si è potuta soddisfare la ristorazione, gruppi particolari di comunità, ma è stato difficile mantenere sugli scaffali gli stessi prodotti. Per questo motivo l'ICE sta svolgendo un'azione nei confronti dei protagonisti della produzione italiana, per cercare di sviluppare maggiormente questo aspetto.
Vorrei infine segnalare due fenomeni, il primo dei quali riguarda l'imitazione (il termine «contraffazione» si attaglia meglio ai prodotti industriali).
Numerosi produttori italiani hanno lamentato la diffusione sui mercati americano, canadese e di altri paesi europei, di prodotti che rassomigliano a prodotti italiani, ma che non hanno nulla a che vedere con i nostri. Per loro vengono


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magari utilizzati i colori della nostra bandiera, o nomi che suonano italiani, tanto che questo fenomeno in inglese viene definito italian sounding per indicare come il nome voglia far sembrare italiano quello che non lo è.
A seguito di queste lamentele, tre anni fa l'Istituto ha promosso un primo studio sull'importanza di questo fenomeno. Dividendo per categorie merceologiche (conserve, caffè, paste, formaggi e prodotti lattiero-caseari), l'ICE ha constatato come nel mercato americano, messicano e canadese (area NAFTA) il fenomeno dell'italian sounding di prodotti regolarmente smerciati anche dai grandi magazzini potesse essere valutato addirittura nell'ordine di 16 miliardi di euro.
L'ICE ha quindi presentato le risultanze di questo studio alla fiera Cibus di Parma - luogo che ritenevamo più opportuno, in quanto definito da un collega francese «il più bel salotto d'Europa» per la presentazione e la qualità dei prodotti - aprendo questa fiera con un seminario sul fenomeno dell'italian sounding. Sono quindi emerse due linee di tendenza: l'una diretta a condannare apertamente e senza pietà il fenomeno, denunciando l'imitazione e l'unfair practice di avvalersi di simboli non suffragati dalla realtà, l'altra tendenza, più moderata, secondo la quale, se esiste un mercato così importante per i prodotti agricoli, denunciare sic et simpliciter che tanti non sono italiani potrebbe generare una confusione tale da indurre il consumatore a rivolgersi al prodotto di un altro Paese.
Su questa seconda tesi si è poi raccolto il consenso, convenendo che il modo migliore per affrontare questo problema consista nel tentativo di recuperare almeno una parte almeno di quel mercato così importante, che oggi viene assorbito da prodotti non italiani. L'unico modo per farlo senza danneggiare noi stessi è quello di procedere a una grande azione di informazione del consumatore, che subisce l'eventuale danno.
Soprattutto negli Stati Uniti, in America Latina e in Australia, l'ICE ha promosso un'azione tendente a diffondere attraverso la stampa e incontri organizzati addirittura all'interno di grandi magazzini, il modo per distinguere il vero dal falso nell'interesse dei consumatori. In questo modo, si è probabilmente scelto la via giusta, una via mediana, che è quella di scoraggiare l'illegittima falsificazione dei prodotti.
L'Istituto ha inoltre denunciato al Ministro del commercio con l'estero e al Ministro degli esteri dell'Australia una pubblicità apparsa sui giornali australiani, in cui si affermava come alla fiera dell'agroalimentare di Melbourne l'australian parmesan n. 1 (il parmigiano australiano n. 1) avesse ottenuto la medaglia d'oro per qualità e caratteristiche. Veniva quindi rivolto a consumatori e massaie l'invito ad acquistare l'australian parmesan. Al termine di questa pubblicità, in grassetto era scritto «diffidate delle imitazioni». La cosa è vagamente ridicola, ma è sembrato eccessivo arrivare addirittura a fare pubblicità negativa nei confronti del parmigiano reggiano, e il fatto è stato denunciato dall'ICE ai ministri australiani del commercio e degli esteri.
L'Istituto ha dedicato molta attenzione al tema dell'italian sounding e nell'ultima riunione degli uffici ICE svoltasi nei Paesi NAFTA ha voluto fare un bilancio degli effetti di questa azione di maggiore informazione sui prodotti italiani. I direttori degli uffici ICE si sono dimostrati molto attivi in questo campo e hanno segnalato come alcuni banali errori del passato oggi vengano probabilmente evitati.
È stato creato inoltre un gruppo di difesa dei prodotti italiani, che prende il nome di Italia del gusto, in cui alcuni grandi produttori italiani hanno pensato di svolgere un'azione congiunta per difendere meglio i loro prodotti nei confronti della grande distribuzione. Se per esempio un formaggio particolare sta entrando in una catena di supermercati importanti e un partecipante del gruppo Italia del gusto desidera avviare lo stesso tipo di negoziato con quella catena, trova certamente maggiore facilità nel negoziare le condizioni di ingresso, che se fosse solo a farlo.


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Nella fiera Anuga di Colonia, questo gruppo si presentava addirittura con un ristorante al suo interno, e ho sentito commenti molto favorevoli di visitatori e di organizzatori della fiera grazie alla nostra capacità di proporre forme di promozione diversi da quelli tradizionali. Tra questi ce n'è un'altra, ormai costante nell'attività di promozione dell'ICE, ovvero quella di organizzare sempre dei seminari, (siamo l'unico Paese a farlo).
A Vinexpo, è stato messo in evidenza come l'Italia sia l'unico paese ad avere strade consolari come l'Appia o l'Aurelia antica, lungo le quali già crescevano vitigni poi diffusi prima in Europa e poi nel resto del mondo. Questo tipo di presentazioni ha interessato moltissimo i compratori e la stampa anche nel caso di vie più recenti come la Francigena, nata con i primi pellegrinaggi diretti a Roma dalla Francia o dalla Germania, le cui tappe di sosta erano rappresentate da abbazie o luoghi di ristoro. Tale via fu purtroppo interrotta dall'insegnamento di Lutero, che ridusse il flusso dei pellegrini dalla Germania verso Roma.
L'ICE ha realizzato seminari anche sulle crociate, sulle terre vulcaniche, laddove alcuni stranieri ritengono che in Italia esistano solo vulcani solo come l'Etna o il Vesuvio, mentre dai Colli Euganei giù per l'Isola d'Elba e nei dintorni di Roma è tutto un territorio vulcanico di diversa età, che produce terreni molto diversi e quindi anche vitigni diversi. Quella del vino è una storia di grande successo italiano e in questo campo l'Italia continua a guadagnare posizioni superiori ormai dell'8-9-10 per cento rispetto ai quali i nostri amici francesi, che si chiedono come mai non riescano a ottenere risultati così positivi.
Queste sono le novità. Ho preferito porre l'accento, signor presidente, su quello che nell'azione di promozione innova o rivela la differenziazione delle nostre iniziative, piuttosto che sull'attività tradizionale costante che comunque prosegue e alla quale siamo molto attenti, giacché ormai si svolge a livello globale.
Abbiamo recentemente raggiunto un accordo con la Fiera di Verona e con Buonitalia, per far sì che i Vinitaly World Tour iniziati tre anni fa non si svolgano più in date diverse. La presentazione del World Tour 2009-2010 avviene dunque con i tre partecipanti ICE, Buonitalia e Fiera di Verona, che formano il Vinitaly World Tour.
Siamo riusciti a essere Paese partner alla Foodex di Tokyo, la più grande Fiera dell'agroalimentare dell'Asia, perché riteniamo che questo obiettivo focalizzi l'importanza della nostra produzione in maniera tale che non possa passare inosservata.
Lo scorso sabato, ad Hannover, con il dottor Lovato, responsabile della parte agroalimentare dell'ICE ho avuto modo di incontrare i dirigenti dell'Anuga Kölnmesse, ai quali abbiamo chiesto che l'Italia possa essere Paese partner nel 2011. Tra poco verranno a negoziare, con l'auspicio che questo obiettivo possa essere raggiunto.
L'impegno dell'ICE si articola dunque in collaborazioni con Verona Fiere e Buonitalia molto più intense che in passato, in un continuo raccordo con le regioni, con le quali l'ICE ha stipulato accordi di programmazione, che portano a svolgere azioni mirate in mercati determinanti, un forte collegamento con la rete diplomatica e consolare per garantire la presenza dell'ambasciatore o dei consoli generali all'inaugurazione delle fiere, una presenza governativa che, attraverso il Ministro dello sviluppo economico, onorevole Claudio Scajola, il viceministro Urso, o il Ministro delle politiche agricole Zaia, dimostri chiaramente l'importanza del settore in particolare sotto il profilo delle esportazioni italiane.
Mi fermerei qui, signor presidente. La ringrazio molto per la cortesia che mi è stata usata e per la pazienza con cui gli onorevoli hanno voluto ascoltarmi.

PRESIDENTE. Do ora la parola agli onorevoli deputati che intendano porre quesiti o formulare osservazioni.


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VIVIANA BECCALOSSI. Non commento l'ottima relazione del presidente Vattani, che ringrazio di aver accolto l'invito della Commissione agricoltura. Mi hanno colpito alcuni dei tanti temi che ha voluto toccare, sui quali vorrei porre alcune domande.
Per quanto riguarda il fenomeno che preferisco definire «agropirateria», termine più vicino alla percezione dai nostri imprenditori, ci sono state diverse cause, alcune delle quali ancora in corso, tra i nostri imprenditori e alcuni competitor nei mercati esteri, non solo in Europa, ma anche nel resto del mondo. Alcune sentenze sono state favorevoli ai nostri produttori, come le cause vinte dal Consorzio Grana Padano e Parmigiano Reggiano uniti, e per i Ferrero Rocher sul mercato cinese, imitati in maniera estremamente chiara. Spesso, però, le sentenze danno ragione ai nostri imprenditori, ma le sanzioni sono talmente blande da non riuscire a contenere questo fenomeno di agropirateria che tanto nuoce ai veri prodotti agroalimentari italiani sui mercati esteri.
Vorrei dunque sapere se lei ritenga che il Governo o direttamente l'ICE potrebbero fare qualcosa di più, magari schierandosi al fianco di questi imprenditori nelle cause per rafforzare le loro posizioni, laddove un singolo imprenditore, seppure importante come Ferrero, o un singolo consorzio, seppure importante come Parmigiano e Grana Padano, rischiano di ottenere poco in paese grande come la Cina.
Vorrei sapere se potremmo sollecitare un cambiamento di normative europee per difendere meglio i nostri prodotti, anche alla luce di come la vasta gamma di prodotti agroalimentari del nostro paese dovrebbe farci pesare di più in Europa rispetto a Paesi importanti come la Francia, che hanno però due settori prevalenti, quello del vino e quello del lattiero-caseario.
Desidero chiederle inoltre se le convenzioni fatte con le regioni - che conosco perché a suo tempo ho avuto modo di firmarle anch'io - riguardino tutte le regioni o solo alcune, perché una promozione dei nostri prodotti sui mercati esteri effettuata in sintonia con la regione è più efficace e permette alle regioni di spendere meno, perché presentarsi tutti insieme dà un'immagine migliore del nostro Paese, evitando sperperi in missioni estere, che spesso sono fonte di spreco anche per il sistema regionale.
Per quanto riguarda l'Expo 2015, vorrei sapere quale ruolo potrebbe avere l'ICE. L'argomento primario di questo Expo 2015 è l'alimentazione. Poiché a livello di agroalimentare siamo forti, forse anche grazie all'ICE si potrebbe ritagliare un ruolo, al fine di avere un ritorno positivo, a lungo termine, per i nostri prodotti sugli altri mercati.

LUCA BELLOTTI. Desidero esprimere qualche osservazione preliminare. Ritengo infatti che, per avere una ricaduta importante, il settore agroalimentare nazionale debba necessariamente partire dal presupposto che o vendiamo all'estero o, nonostante tutte le possibilità presenti nel nostro Paese, rischiamo di non cogliere nessun risultato.
È quindi necessario valutare i fattori limitanti che ci impediscono di vendere all'estero. Noi abbiamo un made in Italy riconosciuto a livello internazionale come una delle migliori bandiere del gusto, del cibo sano e naturale, ma non riusciamo a esportare in maniera adeguata i nostri prodotti. Nel mercato oltreoceano vale la regola del prodotto assimilato, in base alla quale si possono realizzare prodotti simili, e tutta la giurisdizione americana è orientata in questa direzione.
Mi chiedo dunque come incrementare la vendita dei nostri prodotti. Invece di diversificare come stanno facendo regioni, province e comuni offrendo la nostra splendida produzione alle mostre, proporrei di studiare un meccanismo che raggruppi in una sorta di «Casa Italia» le produzioni italiane. Con un'importante frammentarietà nel settore agroalimentare, infatti, corriamo il rischio di non avere strutture adeguate per poter vendere i nostri prodotti. Solo le prime dieci strutture agroalimentari del nostro Paese


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hanno la capacità di avere tecnici per poter vendere (Ferrero e consorzi importanti e così via).

NICODEMO NAZZARENO OLIVERIO. Vorrei innanzitutto ringraziare l'ambasciatore Vattani per la sua gentilezza e disponibilità e per l'autorevole presenza.
Vorrei porre due domande molto semplici. L'immissione nel mercato della Cina e dell'India in maniera anche preponderante ha introdotto novità nel mercato globale. Possedendo questo grande mosaico del gusto, dovremmo creare le condizioni affinché questi prodotti possano raggiungere questi Paesi. La prospettiva è ridurre il 64 per cento che va in Europa aumentando la percentuale di prodotti da inviare a Cina, India e Giappone.
Vorrei sapere come il suo istituto intenda promuovere i nostri prodotti in questi Paesi, come la grande distribuzione organizzata possa veicolare questi prodotti e cosa debba fare la politica. Di fronte alla polverizzazione delle aziende, la grande distribuzione ha infatti un peso molto maggiore, per cui stabilisce il prezzo. Vorrei sapere se l'Istituto per il commercio estero possa adoperarsi per un riequilibrio a favore delle numerose aziende agricole.
La seconda domanda riguarda il fenomeno della cosiddetta «imitazione». La tracciabilità potrebbe essere una garanzia, affinché il consumatore cinese o americano possa capire da dove provenga e chi confezioni il prodotto italiano che ha di fronte?
In questa legislatura, abbiamo notato come i fondi precedentemente destinati dal Ministero delle politiche agricole alimentari e forestali all'internazionalizzazione siano stati ridotti sia con la prima che con la seconda manovra economica. Vorrei capire se sia necessario anche un supplemento di risorse per questa possibilità. Altrimenti, i nostri prodotti resteranno soltanto nel mercato italiano e non avranno la possibilità di conquistare mercati importanti come quelli della Cina, dell'India e del Giappone.

GIOVANNI DIMA. Ringrazio l'ambasciatore Vattani per la sua presenza e per aver favorito una discussione assolutamente utile anche alla luce di alcune scadenze necessarie affinché nei prossimi anni non solo il Parlamento, ma soprattutto il Governo possano delineare politiche ancora più efficienti e mirate in relazione alle nostre esportazioni agroalimentari.
Abbiamo parlato delle nostre grandi potenzialità. Sapevamo da sempre che l'Italia da questo punto di vista è sicuramente la migliore vetrina in ogni angolo del mondo e in ogni situazione, ma sappiamo anche che spesso arriviamo in affanno in queste circostanze e, anche alla luce del grande paniere di offerta, talora anche in modo frammentario. L'onorevole Bellotti riprendeva il tema della Casa Italia, che considero uno dei punti nevralgici per poter dialogare non solo con i mercati tradizionali, ma anche e soprattutto con i mercati in via di espansione. Credo che il numero dei nuovi ricchi in India, in Cina e in Russia corrisponda all'incirca all'intera popolazione dell'Europa, e che in queste realtà cresca sempre di più la ricchezza e quindi anche la capacità di guardare anche all'Italia dell'agroalimentare.
Desidero quindi chiederle se non ritenga opportuno che l'ICE, oltre che relazionarsi con le regioni in occasione della grandi fiere internazionali, effettui una sorta di apprendistato interno, prima di avviarsi all'estero. Spesso, infatti, si assiste all'incursione della logica del fai-da-te dei comuni, delle province, delle regioni, perché nel nostro Paese non c'è municipio, non c'è comunità, non c'è territorio, non c'è provincia che non abbia la sua specificità. Spesso, quindi, si tende a fare un discorso molto individualistico, senza immaginare che la forza dell'azione consiste nel delineare un'immagine complessiva del nostro Paese. Sarebbe quindi utile una sorta di apprendistato, una relazione interna con le regioni prima che esse intraprendano una azione esterna.
Vorrei sapere inoltre se abbiate redatto un elenco dei settori trainanti, a parte quello del vino, e di quelli critici per poter avviare le altre produzioni a collocarsi


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all'estero, tema che deve essere sviluppato, laddove alcune produzioni con grandi potenzialità non sono sufficientemente organizzate per essere presenti all'estero.
L'ultima questione riguarda l'Expo 2015, che considero un'occasione importante per questo nostro paese, per cui immagino che l'ICE su questo versante stia lavorando per arrivarci al meglio.

ISIDORO GOTTARDO. Desidero porre una domanda secca, per sapere se secondo lei l'Alto Adige sia percepito come made in Italy all'estero.

PRESIDENTE. Vorrei aggiungere due questioni, ambasciatore. Come ricordato anche dall'onorevole Oliverio, stiamo lavorando a un provvedimento relativo all'etichettatura. Questo in qualche modo differenzia i prodotti agricoli italiani dai prodotti dell'agroalimentare italiano. Vorrei sapere se voi percepite una differenza nella proposizione internazionale di questi prodotti, una condizione diversa in ragione del marchio di origine.
Vorremmo inoltre capire meglio quale sia l'approccio che ritenete giusto rispetto alla particolarità unica del nostro Paese: migliaia di campanili, di prodotti, di ricette, parcellizzazione all'estero, associazioni, centri culturali, comuni, province regioni e quant'altro; ovvero su quale modello si potrebbe lavorare.
Lei ha riferito come i tanti raggi della ruota di bicicletta rappresentino un punto di debolezza nella difesa delle politiche nazionali in sede europea. Avere tanti raggi, però, consente all'ICE di avere tante opportunità di proposizione sul piano internazionale della più vasta gamma di prodotti esistenti al mondo.
Do ora la parola al presidente dell'ICE, Umberto Vattani, per la replica.

UMBERTO VATTANI, Presidente dell'ICE. Grazie, presidente. Vorrei ringraziare tutti gli onorevoli che hanno voluto fare riferimento alla mia presentazione e soprattutto porre delle questioni. Comincerò naturalmente con la domanda posta dall'onorevole Viviana Beccalossi.
In alcuni casi si tratta proprio di agropirateria. Mentre infatti i fenomeni ai quali mi sono riferito riguardavano un'imitazione di prodotti, qui è evidente il desiderio di copiarli, di farli apparire tali e di venderli come tali. Il caso Ferrero è uno di quelli. Non solo in Cina, ma anche in Russia abbiamo avuto problemi del genere.
In Cina, l'abitudine è piuttosto antica. Quando, prima ancora della ripresa delle relazioni diplomatiche con gli Stati Uniti, Zhou Enlai invitò un giornalista americano, Edgar Snow, che aveva conosciuto durante la Lunga Marcia, e l'ultimo giorno del soggiorno gli offrì un grande pranzo invitando oltre cento personalità in suo onore. Secondo l'uso cinese, prendeva con le bacchette il cibo dal piatto che era al centro del tavolo e lo metteva direttamente nel piatto del giornalista. A un certo punto, però, Snow si fermò e rivoltosi a Zhou Enlai si scusò dichiarando che, essendo di religione ebraica, non era autorizzato a mangiare carne di maiale. Zhou Enlai disse: «Carne di maiale? Lei è in Cina, questa è anatra. Mangi pure tranquillo, le farà anche bene».
L'abitudine di cambiare una cosa con l'altra risale dunque a parecchio tempo prima, e nelle sue memorie Snow ricorda che dovette mangiare maiale ribattezzato da Zhou Enlai come anatra.
Il Governo può fare molto e ho sentito più volte il Ministro Scajola ribadire le regole, secondo le quali noi commerciamo: siamo pronti a fare scambi con tutti, purché questi scambi siano fair, giusti, e non violino le regole della correttezza.
L'ICE ha aperto quattordici desk in giro per il mondo, nei quali ha collocato esperti di contraffazione, che studiano la legislazione locale, verificano se le aziende italiane o altre aziende abbiano subìto lo stesso tipo di danno.
Il problema della spesa per le cause è stato affrontato da una legge approvata quattro anni fa, che prevedeva che il Ministero dello sviluppo economico potesse contribuire alle spese legali o addirittura finanziarle in toto, nel caso in cui la causa intentata per contraffazione da


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un'azienda italiana potesse valere per tutto il settore. Se ad esempio viene portata davanti ai giudici una questione riguardante la contraffazione di una lampada, questa può servire a tutti gli apparecchi di illuminazione, quindi, se ha un valore ampio e generale, è giusto che venga sopportata dal bilancio dello Stato. Questo è uno dei casi previsti in questa legge, che dovrebbe rendere più semplice la difesa dei propri interessi.
L'onorevole Beccalossi ha menzionato anche l'Unione europea. Purtroppo, la difesa nel campo dell'imitazione agricola è meno spiccata che nei prodotti industriali, ma questo non significa che non ci sia. Dovremmo portare a Bruxelles, dunque, anche casi di sfacciata contraffazione, come quello da me citato del parmigiano australiano, che il commissario che ha la responsabilità del commercio deve tener presente. Poiché il commercio internazionale è ormai materia comunitaria, dobbiamo fare in modo che queste più grossolane imitazioni emergano anche a livello europeo, perché quel commissario prima o poi dovrà incontrare i colleghi di Paesi nei quali queste cose avvengono. L'ICE ha quindi inviato a Bruxelles il suo studio sull'italian sounding, pregando il rappresentante permanente di portarlo all'attenzione dell'allora commissario Mandelson.
L'ICE è favorevole a stipulare convenzioni con tutte le regioni, ma sono soprattutto quelle del meridione e quelle del centro che si rivolgono all'Istituto per un appoggio, perché sono meno attrezzate per affrontare i problemi dell'internazionalizzazione. L'ICE promuove dunque numerose iniziative da svolgere con la Calabria, la Puglia, il Molise, la Campania, per evitare che missioni fatte senza una congrua preparazione si rivelino non solo inutili, ma dannose, offrendo un'immagine dell'Italia diversa da quella che vorremmo diffondere.
Ringrazio molto per aver sollevato il tema dell'Expo 2015, che credo sia stato ripreso anche dal presidente della Commissione. L'ICE ha già firmato delle convenzioni con vari Paesi - tra i quali la Corea, l'Egitto e la Tunisia - per assicurare la loro presenza all'Expo 2015. Insieme al Comitato Expo di Milano, si sta dunque realizzando un'azione ad ampio raggio, in cui l'ICE interviene come firmatario di accordi a tre insieme al Comitato di Milano e al Comitato straniero, per far sì che ci si renda ben conto dell'importanza dell'Expo, soprattutto sotto il profilo dell'agroalimentare. C'è tutto da guadagnare da questo e l'ICE continuerà ad agire con molta energia.
Esistono fattori limitanti, onorevole Bellotti, tra i quali proprio le dimensioni delle aziende italiane, che rendono difficile esporre i prodotti. La Casa Italia è un esempio di iniziativa realizzata anni fa in alcune città, ad esempio a Londra, ma si constatò la difficoltà di entrare in un edificio dove ci fossero esclusivamente i nostri prodotti. Si sono rivelate invece molto più efficaci l'azione presso la ristorazione o quella che abbiamo promosso in Giappone l'anno scorso in occasione della nostra festa nazionale del 2 giugno, quando abbiamo offerto a tutti i clienti della catena di magazzini Aeon un bicchiere di vino per brindare alla festa della Repubblica italiana, senza oneri per i contribuenti, grazie alla generosità degli importatori di vini giapponesi.
Siamo stati i primi a esportare in maniera popolare questa nostra festa e l'abbiamo fatto anche negli stadi. A Sapporo, dove si stava per svolgere il G8 giapponese, abbiamo chiesto al direttore dello stadio in cui si stava svolgendo un importante match di baseball di informare che nell'intervallo avremmo offerto un bicchiere di vino a tutti i presenti per brindare alla festa della Repubblica italiana. In Giappone ha funzionato molto bene, tanto che stiamo pensando di rifarlo magari nei Paesi scandinavi, perché si tratta di esportare una festa nazionale alla quale teniamo molto e in cui ci sembra interessante coinvolgere i nostri amici.
Nei confronti dei nuovi Paesi (Cina, Russia e India), onorevole Oliverio, bisogna fare di più. A questi Paesi aggiungerei anche i Balcani e il centro Europa, dove le esportazioni italiane stanno crescendo nel campo agroalimentare di oltre il 20 per


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cento. Si tratta di Paesi che scoprono ora la bontà dei nostri prodotti ed evidentemente dimostrano di essere sensibili a questo.
La tracciabilità, tema ricordato anche dal presidente, è un modo per rendere più riconoscibile il prodotto italiano, per assicurare una maggiore rispondenza delle sue caratteristiche alla richiesta e alla domanda e soprattutto per estrarre dal mercato i prodotti che non dovrebbero esserci o presentarsi in quel modo.
Per quanto riguarda i fondi, la riduzione si è fatta sentire, ma, se riuscissimo a continuare l'opera virtuosa di unire le forze tra regioni, Buonitalia, la fiera di Parma e quella di Verona, che sono particolarmente attente al problema dell'agroalimentare, l'ICE potrebbe far fronte alle nuove richieste di promozione.
L'Italia è diventata una bella vetrina, onorevole Dima, ma non siamo così in affanno, perché abbiamo già punti importanti nelle varie città del mondo. Illy ha aperto un certo numero di caffè anche in Giappone, nei quali non c'è solo il caffè Illy, ma ci sono anche altri prodotti di eccellenza dolciaria che accompagnano il caffè. Ho visto alcune cantinette Antinori anche a Mosca. Marco Rosi ha aperto una salumeria a New York. Mi auguro di veder moltiplicarsi queste iniziative, anche se i piccoli non potranno mai arrivare a fare queste cose. Proprio per questo è necessario andare avanti per spiegare come esistano metodi e potenzialità anche per i piccoli, se creiamo una massa critica senza rimanere limitati allo stato individuale.
L'ICE ha lavorato molto con le scuole di cucina, quali l'ICIF di Torino, l'Università di Colorno diretta da Gualtiero Marchesi e quella alberghiera di Salsomaggiore alberghiera, alle quali l'ICE ha facilitato l'apertura in altri Paesi. Per esempio, quella di Colorno ha una piccola scuola in Corea, un'altra in Giappone e in Cina stiamo cercando di fare la stessa cosa. È incredibile constatare come vedere un cuoco italiano, con i colori della nostra bandiera, con quel particolare modo di spiegare come realizzare e presentare i piatti sia una straordinaria opportunità per allargare il numero dei consumatori di prodotti italiani.
È stato inoltre stilato un elenco dei prodotti che vanno meglio al di là delle grandi categorie merceologiche, perché si procede proprio valutando quelli che tirano di più e informando le categorie.
L'onorevole Gottardo mi ha chiesto se i prodotti dell'Alto Adige, che nel campo agricolo sono estremamente importanti e vanno dalla pancetta, alle mele, alle frutta, agli ortofrutticoli siano percepiti all'estero come made in Italy; rispondo certamente sì. Io sono stato ambasciatore in Germania e ricordo che nella Grüne Woche - la settimana verde organizzata a Berlino, che era la prima vetrina dell'Occidente quando c'era ancora la DDR, ma dopo la caduta del Muro rimane come una fiera per le eccellenze - l'Alto Adige si pone sempre come Südtirol ai margini del nostro padiglione e non lontano da quello austriaco. Questo però non significa nulla, perché con Luis Durnwalder ho realizzato lì un incontro tra italiani e americani. I prodotti dell'Alto Adige sono made in Italy come tutto il resto.
Il presidente chiedeva quale sia la strada giusta davanti per Paese che produce tutto, dove nulla è sconosciuto. In Italia, infatti, abbiamo 500 vitigni quando i francesi non arrivano a 15, la quantità di formaggi di cui De Gaulle si lamentava chiedendosi come fosse possibile governare un Paese che ha 240 tipi diversi di formaggio è totalmente infondata, perché ci saranno forse 240 nomi, ma molti con lo stesso sapore potrebbero essere tranquillamente unificati. Quello che invece vale per l'Italia non vale per gli altri, perché dal taleggio al parmigiano, al provolone, le differenze sono talmente estese che perfino i giapponesi le riconoscono.
Il presidente chiedeva come l'ICE possa trovare la strada giusta per portare all'estero queste migliaia di campanili, di città. Il territorio e la popolazione italiani ci aiutano, perché non c'è un paese al mondo dove non si trovi un italiano, dove non si trovi una piccola, sia pure sparuta comunità italiana, che è il modo migliore


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per far conoscere la straordinaria varietà di un paese che sotto il profilo geografico contiene laghi, coste, montagne innevate, l'unico Paese che produce vino a oltre 1.100 metri come in Val d'Aosta, che produce i passiti più vari grazie alle isole, ma lo stesso vale per i formaggi e per i prodotti ortofrutticoli.
Esportare e far conoscere all'estero un Paese straordinario come il nostro è una sfida, ma non posso negare che sia una sfida estremamente affascinante, perché ciascuno di quei campanili merita di essere conosciuto.
L'ultima cosa che ho acquistato in Germania tornando da Colonia è una guida del Molise che ho comperato in aeroporto. Non so quanti Paesi avrebbero pubblicato una guida sul Molise di quattrocento pagine. Come formulato in premessa, la domanda cui intende rispondere l'autore di questa guida è se il Molise, una regione di Italia non tra le più ricche, che non contiene un numero di opere d'arte pari a quelle la Toscana, possa essere obiettivo di viaggio. Mi ha fatto piacere vedere che già nella copertina rispondeva in senso affermativo dicendo che perfino una delle regioni meno note all'estero sotto il profilo turistico meriti il viaggio di chi ama il ritorno alla natura, le bellezze naturali, le tradizioni del mondo agricolo e della nostra campagna, descritte in maniera dettagliata.
Questa è la risposta che vorrei dare, insieme ai miei più vivi ringraziamenti a lei, signor presidente, per avermi consentito di svolgere questa audizione con voi.

PRESIDENTE. Grazie per le indicazioni che ha voluto offrirci. Questo ci ha fatto sforare nei tempi, ma l'abbiamo fatto con piacere, apprendendo ulteriori informazioni necessarie per il lavoro di questa Commissione.
Ringrazio il presidente dell'ICE, Umberto Vattani, e il dottor Roberto Lovato, direttore dell'area agroalimentare dell'Istituto nazionale per il commercio estero.
Propongo di procedere ad un'inversione dell'ordine del giorno, nel senso di sospendere brevemente la seduta e passare all'esame dei provvedimenti previsti in sede referente e in sede di atti del Governo; di riprendere successivamente la seduta con l'audizione dei rappresentanti dell'ISMEA, per poi passare all'audizione informale sulle questioni riguardanti il settore agricolo e agroalimentare.
Se non vi sono obiezioni, rimane così stabilito.
(Così rimane stabilito).

Sospendo brevemente la seduta.

La seduta, sospesa dalle 14,45, è ripresa alle 14,55.

Audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA), sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani.

PRESIDENTE. L'ordine del giorno reca, ai sensi dell'articolo 143, comma 2, del Regolamento, l'audizione dei rappresentanti dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare (ISMEA) sulle principali questioni relative alla commercializzazione all'estero dei prodotti agroalimentari italiani.
Sono presenti il dottor Arturo Semerari, presidente dell'Istituto di servizi per il mercato agricolo alimentare, e il dottor Ezio Castiglione, direttore generale.
Do la parola al presidente dell'ISMEA, Arturo Semerari.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Grazie presidente e grazie onorevoli deputati. Abbiamo depositato un documento sulla competitività dell'agroalimentare italiano, nella cui seconda parte si analizzano l'andamento della bilancia agroalimentare e i principali mercati di sbocco dei principali prodotti agroalimentari italiani.
Nel ricordare che vi è già stato distribuito il nostro check-up 2009 sulla competitività dell'agroalimentare italiano, abbiamo


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voluto sintetizzare in alcuni grafici la situazione del settore agricolo in Italia, in particolare l'andamento del valore aggiunto reale agricolo in Italia, che è in una fase calante. Purtroppo, infatti, già dal primo trimestre 2009 si è registrata una riduzione, che riguarda tutta l'Europa, ad eccezione di alcuni paesi di recente adesione alla Unione europea.
Anche l'indice della produzione dell'industria alimentare italiana si è ridotto, ma da un paragone con l'industria manifatturiera si evince che la riduzione per l'agroalimentare è molto inferiore a quella dell'industria manifatturiera in generale. Questa è la conferma che il settore agroalimentare è anticiclico, ovvero subisce meno le fasi di crescita come le fasi di decrescita.
Con l'indice di clima di fiducia nell'industria agroalimentare, abbiamo voluto indicare la sensazione da parte degli operatori del settore per il futuro. Da ciò si evince che sia a livello dell'industria, sia a livello della grande distribuzione si sta superando la fase di crisi, che aveva portato l'indice di fiducia ai minimi storici sia per l'industria, che per la grande distribuzione, e si registra una ripresa, pur essendo ancora sotto il livello precedente all'inizio della crisi, riguardo ad entrambi i settori.
Il clima di fiducia delle imprese agroalimentari italiane è migliore di quello che si registra a livello europeo, come anche l'indice italiano dei prezzi alla produzione dell'industria alimentare è migliore rispetto a quello della media europea. Per quanto riguarda i prezzi al consumo, viene evidenziata la forbice che continua ad ampliarsi tra i prezzi dei prodotti al consumo e i prezzi dei prodotti all'origine. Mentre l'andamento dell'indice dei prezzi in agricoltura si muove secondo logiche di equilibrio tra domanda e offerta, continua a permanere invece una curva diversa per quanto riguarda i prezzi al consumo, che seguono invece logiche più inflazionistiche.
Venendo al tema centrale dell'agroalimentare, gli scambi con l'estero confermano che, nonostante l'Italia sia un grande produttore agricolo e agroalimentare, nella bilancia dei pagamenti il secondo settore negativo dopo quello dell'energia rimane quello dell'agroalimentare, con 7 miliardi di deficit per il 2008, cifra che si confermerà anche per il 2009. Il grafico trimestrale dal 2000 al 2009 mostra come questa tendenza stia peggiorando, con un incremento dello sbilancio tra importazioni ed esportazioni, in particolare per produzioni non differenziate, per grandi volumi, a prezzi bassi. Ciò significa che l'Italia tende a importare sempre più prodotto dall'estero a prezzi bassi. Il fattore determinante di questa importazione è dunque il prezzo basso.
Per quanto concerne il paniere di prodotti tipici del made in Italy, si registra un miglioramento della situazione. Anche in questo caso, l'analisi trimestrale effettuata dal 2000 al 2009 indica come l'export del made in Italy stia crescendo, quindi come ci sia un trend positivo, al di là delle variazioni strutturali all'interno dei singoli trimestri. L'unico momento di crisi si evidenzia nel primo trimestre 2009, anche se il primo e secondo trimestre di ogni anno c'è sempre un calo della capacità di export dei nostri prodotti agroalimentari, perché il calo è stato leggermente superiore al calo fisiologico. Nel 2008 il calo è stato dell'11 per cento, nel 2009 del 15 per cento. A partire dal 2000, però, si è rilevato un miglioramento della capacità di esportazione del made in Italy.
È necessario tener presente che, su oltre 16 miliardi di esportazioni del comparto del made in Italy, il prodotto agroalimentare italian sounding equivale a 40 miliardi di euro l'anno. Ciò significa che la nostra crescente capacità di esportazione, che raggiunge i 16 miliardi, deve essere paragonata con un mercato potenziale di 40 miliardi di euro derivanti dalla commercializzazione di prodotti che richiamano una fittizia italianità della produzione.
Per quanto riguarda l'export del made in Italy, la capacità di esportazione che ha il sistema italiano sta lentamente migliorando. Siamo ormai arrivati a coprire il 5 per cento del mercato internazionale dei beni agroalimentari. La nostra capacità di


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crescita si è stabilizzata ed è simile a quella dell'Olanda e degli Stati Uniti. È molto più bassa di quella del Brasile, che è esplosa, ma migliora rispetto a quella della Francia, che però ha una presenza molto più importante.
La caratteristica che ci distingue rispetto anche a competitor con tendenze di crescita simili alla nostra è la presenza di imprese di piccole e medie dimensioni, mentre in altri Paesi il panorama è caratterizzato da imprese di grandissime dimensioni o multinazionali. I paragoni sono quindi molto difficili.
Abbiamo inoltre approfondito alcuni aspetti per prodotti più importanti: la pasta, dove si confermano, come mercati di sbocco principali, la Germania, la Francia e il Regno Unito, dove arriviamo a coprire dall'83 al 90 per cento del mercato, e pelati e polpe di pomodoro, con un'ottima presenza nel Regno Unito e in Germania. Pur essendo leader del mercato per l'olio di oliva negli Stati Uniti e in Germania, subiamo l'attacco da parte di Spagna e Tunisia, vecchi e nuovi competitor, che ci stanno erodendo quote di mercato.
Per quanto riguarda il vino, confermiamo una buona presenza che, soprattutto negli Stati Uniti, Germania e Regno Unito, nostri principali mercati di sbocco, ci vede sempre in competizione con la Francia, con una crescita di alcuni Paesi quali Spagna in Germania e nel Regno Unito, e Australia negli Stati Uniti. Vi sono, quindi, vecchi e nuovi competitor. L'Australia negli Stati Uniti è arrivata al 15 per cento del mercato, a fronte di una nostra presenza pari al 28 per cento.
Per quanto concerne formaggi e latticini, l'Italia registra una presenza più importante in Francia e negli Stati Uniti (rispettivamente per il 24 per cento e il 28 per cento). Anche in questo caso, si confermano i vecchi competitor, ovvero Olanda, Danimarca e la stessa Francia.
Ho fatto una rapidissima panoramica, per dimostrare come i Paesi di cui si parla sempre, ossia il lontano est asiatico a cominciare dalla Cina, non compaiono ancora nelle stime ufficiali, o, se compaiono, detengono percentuali molto basse. Certo, le prospettive sono interessanti, ma stiamo parlando ancora di mercati molto piccoli.
I nostri mercati di sbocco continuano a essere i mercati europei (Germania, Francia e Gran Bretagna in testa) e gli Stati Uniti, dove il problema è mantenere le attuali quote di mercato, che sono attaccate sia da Paesi europei (molto aggressiva è la Spagna), sia da Paesi nordafricani, sia da Paesi terzi (Brasile, Argentina e Australia).
L'ISMEA ha elaborato un focus particolare sull'ortofrutta.
Sulla frutta manteniamo una presenza importante in Germania e Francia. In Francia, c'è una presenza molto forte, e crescente, della Spagna.
Un dato assolutamente singolare è quello dell'Olanda. Mentre in Germania l'Italia detiene il 22 per cento di quote di mercato, l'Olanda, che non produce molta ortofrutta, ne ha il 18 per cento. Ciò significa che continuano a permanere fenomeni di mercato, non di produzione - le famose triangolazioni soprattutto con il nord Africa o con altri Paesi -, per cui alcuni Paesi non produttori di frutta, come l'Olanda, sono tra i principali esportatori in Europa.

PRESIDENTE. L'Olanda quindi è importatore ed esportatore?

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Esatto, importatore ed esportatore: importa materia prima, la trasforma, per quanto si può trasformare l'ortofrutta. Esporta sia derivati, quali i succhi di frutta, che prodotti freschi, agrumi di quarta e quinta gamma. I prodotti di quarta e quinta gamma, in Italia, rappresentano l'1 per cento del mercato: gli acquisti 2008 paragonati a quelli 2004 evidenziano una crescita per gli ortaggi di quarta gamma e quinta gamma. I prezzi sono in lieve crescita, quindi è un mercato in crescita, che però rappresenta solo l'1 per cento del mercato dell'ortofrutta.
Per quanto riguarda gli scambi con l'estero dell'Italia, è necessario segnalare


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che, mentre da alcuni anni il trasformato ha un trend di crescita positivo, per il fresco, dopo un calo subìto intorno agli anni 2003 e 2004 e una successiva ripresa nel periodo 2006-2008, si assiste a una nuova riduzione della capacità esportativa non soltanto in quantità, ma anche sui prezzi, poiché la quantità di prodotto sul mercato fa diminuire i prezzi.
I prezzi sono il problema principale per l'ortofrutta, in quanto si registra una sempre crescente divaricazione tra il prezzo all'origine incassato dall'agricoltore e il prezzo sul mercato. In ordine alla cosiddetta «catena del valore», ovvero come si distribuisca il valore lungo la filiera, si constata che, per quanto riguarda gli ortaggi, il valore che rimane all'agricoltore nel 2004 era il 50,8 per cento, nel 2008 era il 36,7 per cento. Considerando che non vi sono particolari trasformazioni, è importante constatare come nel 2004 il 50 per cento del valore degli ortaggi andasse all'azienda agricola e il 50 per cento fosse distribuito nelle varie fasi della distribuzione, mentre oggi il 36 per cento, quindi circa un terzo, rimane all'agricoltore e oltre il 60 per cento, quasi due terzi, spetta alla distribuzione.
Per la frutta la situazione è leggermente migliore, perché si tratta di una filiera più organizzata. È evidente quindi che l'organizzazione degli agricoltori è importante, perché in questo modo riescono spesso ad arrivare direttamente alla fase finale del mercato. Anche per quanto riguarda la frutta, però, si è passati da un 48 per cento di valore che rimaneva in azienda agricola nel 2004 a poco più del 40 per cento del 2008.
Ho illustrato molto rapidamente l'argomento, ma lasciamo agli atti della Commissione il documento sulla competitività, che è stato distribuito.

PRESIDENTE. Il presidente Semerari ha dimestichezza con le sensibilità e con i tempi parlamentari, per cui lo apprezziamo anche per questo. Poiché abbiamo un rapporto ordinato, stabile e organico, mi permetterei di passare alla fase di acquisizione dei dati, pregando il presidente e il direttore di tornare fra qualche settimana, quando avremo chiuso il provvedimento sulle etichettature e avremo avuto tempo per riflettere sui dati che ci sono stati offerti.

ARTURO SEMERARI, Presidente dell'ISMEA. Volevo segnalare di aver inviato alla Commissione prima dell'estate il nostro check up 2009, che analizza l'evoluzione fino al 2008. Oggi, ho fornito qualche dato di aggiornamento. È possibile inoltre scaricare dal nostro sito l'analisi della competitività dell'agroalimentare italiano trimestrale, «Panel dell'agroalimentare italiano», in cui sono state inserite queste statistiche aggiornate trimestralmente.

PRESIDENTE. Nel ringraziare il presidente dell'ISMEA, Arturo Semerari, rinvio il seguito dell'audizione ad altra seduta.

La seduta termina alle 15,15.

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