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Temi dell'attività Parlamentare

Agevolazioni e altri strumenti per lo sviluppo territoriale
La rimozione degli squilibri economici e sociali, cui sono destinate le risorse del Fondo per lo sviluppo e la coesione e quelli dei fondi comunitari, è stata affrontata nel corso della XVI legislatura anche con specifici strumenti di carattere agevolativo, volti alla promozione dell'attività economica nelle aree interessate.

Unitamente agli interventi previsti dai fondi comunitari e dal Fondo per lo sviluppo e la coesione (ex Fondo per le aree sottoutilizzate - FAS), il legislatore è intervenuto per rimuovere gli squilibri economici e sociali anche attraverso specifici strumenti, il cui finanziamento è stato quasi sempre posto a valere sulle disponibilità finanziarie del cofinanziamento nazionale dei fondi strutturali europei o su quelle del Fondo per lo sviluppo e la coesione.

Superato il sistema dei c.d. finanziamenti a pioggia previsti nei decenni precedenti, ed esauriti gli interventi previsti dalla legge 488 del 1992 (recante la disciplina per l’intervento straordinario nel Mezzogiorno) ed, inoltre, in aggiunta a strumenti già da tempo operanti, quali i patti territoriali o i contratti di area (ora gestiti dalla Cassa depositi e prestiti), nel corso della XVI legislatura si sono da un lato rinnovate alcune forme agevolative già precedentemente attivate, quale i crediti di imposta per nuovi investimenti o per nuove assunzioni, ovvero sono stati affinati altri strumenti di concertazione: ad esempio con l’introduzione del “contratto di sviluppo”, che ha sostituito il contratto di programma e il contratto di localizzazione, nonché attraverso la figura del “contratto istituzionale di sviluppo” previsto dall’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011. Sono state inoltre introdotte forme di agevolazione fiscale attraverso la c.d. “fiscalità di vantaggio” o gli interventi nelle “zone franche urbane”. Il finanziamento delle imprese operanti nelle aree del Mezzogiorno è stata prevista anche per mezzo della “Banca del Mezzogiorno”, cui è stata conferita una maggiore operatività, nonché con l’emissione di specifici strumenti finanziari, denominati “titoli di risparmio per l'economia meridionale”.

I crediti di imposta

L’articolo 2 del D.L. n. 70 del 2011 ha istituito un credito d’imposta per ogni lavoratore assunto a tempo indeterminato nelle regioni del Mezzogiorno nei ventiquattro mesi successivi al 14 maggio 2011. Il credito d’imposta è concesso ai datori di lavoro che nelle regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Puglia, Molise, Sardegna e Sicilia) assumono a tempo indeterminato lavoratori “svantaggiati” o “molto svantaggiati”, aumentando il numero di dipendenti. La disposizione ha individuato le risorse necessarie nell’utilizzo congiunto delle risorse nazionali e comunitarie del Fondo Sociale Europeo, previo consenso della Commissione Europea.

Ottenuto nell’ottobre 2011 il consenso della Commissione all’utilizzo delle risorse dei fondi strutturali, con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 24 maggio 2012, nonché con circolare dell’Agenzia delle entrate del 14 settembre 2012 sono state emanate le disposizioni attuative.

Il Piano di Azione Coesione (PAC) ha destinato al credito di imposta in esame 142 milioni, cui si sono aggiunti successivamente nel 2012, sempre a valere sulle risorse del PAC ulteriori 175 milioni.

Analogamente l’articolo 2-bis del D.L. n. 70 del 2011 ha previsto il rifinanziamento del credito d’imposta per gli investimenti nelle aree sottoutilizzate, già contemplato dall'articolo 1, commi da 271 a 279, della legge n. 296 del 2006. Anche in questo caso per il finanziamento si fa ricorso ai fondi strutturali europei, più specificamente alle risorse del Fondo Europeo di Sviluppo Regionale (FESR), nonché al cofinanziamento nazionale sulle risorse destinate ai territori di Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sicilia e Sardegna.

Tale strumento, tuttavia, non ha potuto avere attuazione, a causa del mancato assenso della Commissione europea, necessario ai sensi dell’articolo 107 del Trattato UE. La Commissione ha infatti ritenuto che il credito di imposta in esame, in quanto non legato a nuovi investimenti o occupazione, rientrasse tra le misure qualificabili come “aiuti di funzionamento”, cioè volti a ridurre le spese correnti delle imprese, e pertanto vietato.

Il contratto di sviluppo e il contratto istituzionale di sviluppo

Al fine di favorire l'attrazione degli investimenti e la realizzazione di progetti di sviluppo di impresa rilevanti per il rafforzamento della struttura produttiva del Paese, con particolare riferimento alle aree del Mezzogiorno, con l’articolo 43 del D.L. n. 112 del 2008 è stata disposta una semplificazione degli strumenti di attrazione degli investimenti e di sviluppo d'impresa, devolvendo ad un decreto ministeriale (D.M. 24 settembre 2010) il compito di stabilire i criteri e le condizioni per la concessione di agevolazioni finanziarie a sostegno degli investimenti privati e per la realizzazione di interventi ad essi complementari e funzionali, affidandone la gestione all'Agenzia nazionale per l'attrazione degli investimenti e lo sviluppo di impresa S.p.A. (ora Invitalia).

Con il decreto attuativo sopradetto è stato in particolare disciplinato lo strumento del contratto di sviluppo, al quale il Piano di Azione Coesione ha destinato 770 milioni. Alla data del 31 gennaio 2013 le iniziative in fase di valutazione sono trenta, per un totale di investimenti previsti di 2,2 miliardi.

Con l’introduzione del contratto di sviluppo cessa l’operatività dei previgenti contratti di programma e dei contratti di localizzazione.

 In attuazione del Piano per il Sud, prima con la delibera CIPE n. 1 del 2011, poi con l’articolo 6 del D.Lgs. n. 88 del 2011, è stato introdotto nell’ordinamento il contratto istituzionale di sviluppo (CIS). Il contratto va di fatto a sostituire nell’ordinamento lo strumento dell’intesa istituzionale di programma, cioè quello strumento di programmazione creato dalla legge n. 662 del 1996 che consente a ogni Regione o Provincia autonoma di concordare con il governo centrale gli obiettivi, i settori e le aree dove effettuare gli interventi infrastrutturali di interesse comune per lo sviluppo del territorio regionale, da attuare poi con gli Accordi di programma quadro.

Il contratto istituzionale di sviluppo viene sottoscritto dal Ministro per i rapporti con le regioni e per la coesione territoriale, d’intesa con il Ministro dell’economia e delle finanze e con gli altri Ministri interessati, dai Presidenti delle Regioni interessate e possono parteciparvi altre amministrazioni competenti, compresi i concessionari di servizi pubblici.

A seguito di quanto stabilito con la delibera CIPE n. 41 del 2012 - che ha precisato che ai fini dell’attuazione degli interventi infrastrutturali indicati in precedenti delibere, nelle ipotesi nelle quali i soggetti attuatori siano costituiti da concessionari di pubblici servizi di rilevanza nazionale, si procede attraverso lo strumento del contratto istituzionale di sviluppo - sono stati sottoscritti i CIS relativi alla direttrice ferroviaria Napoli-Bari-Lecce-Taranto e alla direttrice Salerno-Reggio Calabria, e da ultimo, a fine febbraio 2013, quello relativo alla ferrovia Palermo-Catania-Messina. E’ in corso di istruttoria il CIS relativo alla strada statale Sassari-Olbia.

La fiscalità di vantaggio

L’articolo 40 del D.L. n. 78 del 2010 ha previsto la possibilità, per alcune regioni del Mezzogiorno (Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia), di adottare proprie leggi tese a modificare le aliquote IRAP fino ad azzerarle e di disporre esenzioni, detrazioni e deduzioni, nei riguardi delle nuove iniziative produttive. La norma precisa che l’intervento è disposto “in anticipazione del federalismo fiscale ed in considerazione della particolarità della situazione economica del Sud", nel rispetto della normativa dell’Unione europea e degli orientamenti giurisprudenziali della Corte di giustizia europea. Il compito di stabilire il periodo d'imposta a decorrere dal quale trovano applicazione le nuove disposizioni regionali in materia di IRAP viene affidato ad un decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, d'intesa con ciascuna delle regioni che emanano leggi secondo la suddetta finalità.

Al momento non risulta che tale possibilità sia stata utilizzata dalle regioni interessate.

 Si ricorda, inoltre, che l’articolo 2 del D.L. n. 201 del 2011 nel prevedere alcune agevolazioni IRAP per l’assunzione di lavoratrici e giovani, reca una maggiorazione di tali agevolazioni per i lavoratori di sesso femminile, nonché per quelli di età inferiore ai 35 anni, dipendenti a tempo indeterminato, impiegato nel periodo d’imposta nelle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia, per i quali la deduzione è di 15.200 euro su base annua, in luogo della deduzione ordinaria di 9.200 euro, a decorrere dal 2012.

Le zone franche urbane

L’istituzione delle Zone Franche Urbane (ZFU) è stato disposto dalla legge finanziaria 2007 (legge n. 296 del 2006, all’articolo 1, comma 340), che aveva a tal fine costituito nello stato di previsione del Ministero dello sviluppo economico un apposito Fondo per il finanziamento di programmi di intervento da realizzarsi nelle ZFU. Poiché il nuovo strumento non aveva trovato poi trovato concreta attuazione, con l’articolo 37 del D.L. n. 179 del 2012 è stata prevista la possibilità che le risorse rivenienti dalla riprogrammazione dei programmi cofinanziati dai Fondi strutturali 2007-2013 nell’ambito del Piano di azione coesione, nonché ulteriori risorse regionali potessero essere destinate anche al finanziamento delle agevolazioni previste per le ZFU (esenzione dal pagamento delle imposte sui redditi, dell’IRAP, dell’imposta sugli immobili e dei contributi sulle retribuzioni da lavoro dipendente), in favore delle imprese di micro e piccola dimensione localizzate o che si localizzano nelle ZFU individuate da una precedente delibera CIPE (n. 14 del 2009). La disposizione ha previsto la possibilità di individuare ulteriori zone delle regioni ammissibili all'obiettivo Convergenza, nonché di estendere tali agevolazioni nelle aree industriali delle medesime regioni dove è stata avviata una procedura di riconversione industriale.

La Banca del Mezzogiorno e i titoli di risparmio per l'economia meridionale

La creazione della "Banca del Mezzogiorno" era già stata delineata nella XIV legislatura, con la legge finanziaria per il 2006 (legge n. 266/2005), all’articolo 1, commi da 376 a 378, e poi nuovamente disciplinata, nella XVI legislatura, dall'articolo 6-ter del D.L. n. 112 del 2008.

Tuttavia solo con la legge finanziaria per il 2010 (legge n. 191 del 2009), all’articolo 2, commi da 161 a 177, è stato definito concretamente un insieme di disposizioni dirette ad aumentare la capacità di offerta del sistema bancario e finanziario delle regioni del Mezzogiorno e a sostenere le iniziative imprenditoriali canalizzando il risparmio privato in quelle regioni. A tal fine si prevede un’articolata disciplina volta alla costituzione della Banca del Mezzogiorno S.p.A., quale società partecipata dallo Stato in qualità di socio fondatore e da altri soggetti privati che saranno invitati a parteciparvi da un Comitato promotore all’uopo istituito. La banca agisce attraverso la rete di banche e di istituzioni che vi aderiscono con l’acquisto di azioni, e sua finalità precipua è quella di sostenere progetti di investimento nel Mezzogiorno, promuovendo in particolare il credito alle PMI anche con il supporto di intermediari finanziari. Si prevede una disciplina specifica in materia di emissione di azioni di finanziamento delle banche di credito cooperativo autorizzate all’attività bancaria successivamente all’entrata in vigore della legge finanziaria che partecipano al capitale della Banca del Mezzogiorno. Al Ministro dell’economia è inoltre data la facoltà di autorizzare enti e società partecipate dal medesimo Ministero a contribuire, in qualità di soci finanziatori, alla sottoscrizione del capitale delle banche di credito cooperativo che partecipano al capitale della Banca del Mezzogiorno.

Conseguentemente la Banca d’Italia ha rilasciato a Poste Italiane l’autorizzazione per l’acquisto del Medio Credito Centrale (MCC), individuato come struttura di vertice per dare attuazione alla realizzazione della Banca del Mezzogiorno. La cessione di MCC si è perfezionata il 1° agosto 2011 e la banca ha assunto la denominazione di Banca del Mezzogiorno – Medio Credito Centrale (BdM-MCC). Pertanto la banca opera sul territorio utilizzando la rete degli sportelli postali (attualmente attraverso 250 sportelli postali, come delineato nel piano strategico di BdM-MCC).

La Banca del Mezzogiorno é ricompresa tra le 5 priorità strategiche di carattere orizzontale del Piano nazionale per il Sud (che comprendeva anche 3 priorità strategiche di sviluppo) definito dal Governo nel novembre 2010.

Con il D.L. n. 70 del 2011, all’articolo 8, comma 4, oltre a sopprimere alcune disposizioni relative alla Banca del Mezzogiorno relative al limite massimo per sottoscrittore e al limite temporale minimo per la detenzione in portafoglio, si è autorizzato l’emissione – fino ad un massimo di 3 miliardi di euro - di specifici Titoli di Risparmio per l’Economia Meridionale fiscalmente agevolati (imposta sostitutiva sugli interessi al 5 per cento) da parte di banche italiane. Alla disposizione si è dato attuazione con il decreto del Ministro dell’economia e delle finanze del 1° dicembre 2011.