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Temi dell'attività Parlamentare

Il rimpatrio di attività finanziarie e patrimoniali

La disciplina sullo scudo fiscale è stata introdotta dall’articolo 13-bis del decreto-legge n. 78 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 102 del 2009 ed è stata modificata sia dal decreto-legge n. 103 del 2009, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 141 del 2009 sia dal decreto-legge n. 194 del 2009 (c.d. "milleproroghe"). Ulteriori disposizioni in materia di tassazione delle attività "scudate" sono state introdotte con il D.L. 201 del 2011 e con il D.L. 16 del 2012.

Le norme recano disposizioni in materia di “rimpatrio” ovvero “regolarizzazione” delle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero in violazione degli obblighi valutari e tributari sanciti dal decreto legge n. 167 del 1990[1], convertito dalla legge n. 227 del 1990.

La disciplina (c.d. scudo-ter) ha consentito la regolarizzazione o il rimpatrio delle attività detenute all’estero in una data non successiva al 31 dicembre 2008. L’operazione, da effettuarsi nel periodo compreso tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010[2], è stata resa perfezionabile con il pagamento dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali istituita dal sopra richiamato articolo 13-bis. Poichè il termine finale, fissato al 15 dicembre 2009 dalla legge di conversione del DL 78/09, è stato modificato dal DL 194/2009 (entrato in vigore il 30 dicembre 2009), le operazioni di emersione effettuate nel periodo compreso tra il 16 e il 29 dicembre 2009 non sono state considerate ammissibili. Il DL n. 194/2009 ha introdotto un incremento della misura dell'imposta dovuta da applicare alle operazioni di emersione effettuate successivamente al 15 dicembre 2009.

In merito alla disciplina generale e agli effetti prodotti i commi 4 e 5 dell’articolo 13-bisrinviano:
- agli articoli 11, 13, 14, 15, 16, 17, 19 commi 2 e 2-bis, 20 comma 3 del decreto legge n. 350 del 2001, recante una precedente disciplina in materia di “scudo fiscale” che ha disposto la possibilità di regolarizzare le attività estere detenute almeno al 1° agosto 2001, nonché al decreto-legge n. 12 del 2002 il quale, agli articoli 1 e 2, reca modifiche ed integrazioni alla disciplina contenuta nel D.L. n. 350[3];
- all’articolo 8, comma 6, lettera c), della legge n. 289 del 2002 (finanziaria 2003). Il richiamato articolo 8, recante “Integrazione degli imponibili per gli anni pregressi”, nell’introdurre la facoltà per i contribuenti di aderire alla definizione agevolata, individua nella lettera c) del comma 8 gli effetti penali conseguenti alla medesima regolarizzazione fiscale.

Nell’illustrare la disciplina in commento si tiene conto anche dei chiarimenti forniti nelle numerose circolari emanate dell'Agenzia delle entrate ed in particolare della circolare n. 43/E dell’Agenzia delle entrate, emanata il 10 ottobre 2009.

Ambito soggettivo

La norma non ha individuato espressamente l’ambito soggettivo di applicazione. Tuttavia, in virtù dei rinvii al decreto-legge n. 167 del 1990 e all’articolo 11 del decreto-legge n. 350 del 2001 nonché dei chiarimenti forniti con la richiamata circolare n. 43/E emanata dall’Agenzia delle entrate, la disciplina è stata ritenuta applicabile nei confronti dei seguenti soggetti residenti nel territorio dello Stato: persone fisiche (anche titolari di reddito d’impresa o di lavoro autonomo), enti non commerciali, società semplici e associazioni equiparate ai sensi dell’articolo 5 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

La circolare n. 43 dell’Agenzia delle entrate, in merito al requisito della residenza, ha rinviato alla nozione contenuta nell’articolo 2, comma 2 del TUIR e a quanto indicato nel comma 2-bis del medesimo articolo 2 ai sensi del quale sono considerati residenti, e pertanto rientrano nell’ambito soggettivo anche i cittadini italiani cancellati dalle anagrafi della popolazione residente e trasferiti in Stati aventi un regime fiscale privilegiato (cosiddetti paradisi fiscali). La stessa circolare, inoltre, ha precisato che il requisito della residenza deve sussistere per il periodo d'imposta in corso alla data di presentazione della dichiarazione riservata (2009), e non necessariamente nei periodi d'imposta precedenti. In particolare, è stato affermato che “si deve ritenere che possano essere inclusi nel novero dei soggetti interessati tutti coloro che, pur non risultando residenti nel territorio dello Stato alla data di presentazione della dichiarazione riservata, vengano ad acquisire successivamente a tale data detto requisito”.

Il comma 7-bis dell’articolo 13-bisha incluso nel campo di applicazione le imprese estere di cui agli articoli 167 e 168 del D.P.R. n. 917 del 1986 (TUIR), ovvero le imprese situate nei paesi a fiscalità vantaggiata (c.d. paradisi fiscali) le cui partecipazioni di controllo o di collegamento sono detenute da soggetti residenti in Italia ai quali, ai sensi dei richiamati articoli 167 e 168, viene imputato per trasparenza il reddito della partecipata in proporzione alla quota detenuta.

La circolare dell’Agenzia delle entrate ha evidenziatoche la “finalità del provvedimento è quella di consentire l’emersione di attività comunque riferibili al contribuente (…) è ammessa (…) anche nel caso in cui le predette attività siano intestate a società fiduciarie o siano possedute dal contribuente per il tramite di interposta persona”. Sul punto la circolare ha fornito chiarimenti ed esemplificazioni con particolare riferimento alle attività detenute all’estero tramite il trust, ivi compresi quelli “esterovestiti”; l'Agenzia ha precisato, in linea generale, che essi rientrano nell’ambito soggettivo qualora le attività facenti parte del patrimonio del trust continuano ad essere, di fatto, a disposizione del settlor oppure rientrano nella disponibilità dei beneficiari.

Non sono stati inclusi nell’ambito soggettivo:
- gli enti commerciali, le società, siano essi società di persone o società di capitali, ad eccezione delle società semplici;
- coloro che hanno osservato le disposizioni sul monitoraggio fiscale e che hanno violato unicamente gli obblighi di dichiarazione annuale dei redditi di fonte estera (quadro RW nel modello UNICO). Sul punto, con particolare riferimento agli investimenti di natura non finanziaria, la circolare fornisce chiarimenti meglio illustrati nel paragrafo concernente l’ambito oggettivo;
- i soggetti, come precisato nella circolare, “residenti nel comune di Campione d’Italia in relazione alle disponibilità detenute presso istituti elvetici in base alle disposizioni valutarie specificamente riferite al predetto territorio. Tale esclusione è limitata alle disponibilità derivanti da redditi di lavoro, da trattamenti pensionistici, nonché da altre attività lavorative svolte direttamente in Svizzera da soggetti residenti nel suddetto Comune”.

Non sono stati, in ogni caso, ammessi allo scudo fiscale i soggetti nei confronti dei quali, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, fosse già stato notificato l’avvio di attività di controllo. In base a quanto affermato dalla circolare, infatti, “le operazioni di emersione non producono gli effetti previsti qualora, alla data di presentazione della dichiarazione riservata, la violazione sia stata già constatata ovvero siano iniziati accessi, ispezioni e verifiche o altre attività di accertamento tributario e contributivo nei confronti del contribuente ovvero siano stati emanati nei confronti del medesimo avvisi di accertamento o di rettifica o atti di contestazione di violazioni tributarie, compresi i predetti inviti, questionari e richieste. Al riguardo, affinché vi sia un effetto preclusivo alla regolarizzazione, gli atti menzionati devono essere stati portati formalmente a conoscenza del contribuente. Per formale conoscenza si intende la notifica degli stessi”. In caso di avvio di attività di controllo nei confronti di una società di persone o di una associazione, l’accesso allo scudo fiscale è stato precluso anche in capo ai soci o associati per i redditi della società o associazione a lui imputabili.

L'Agenzia delle entrate ha fornito, con la circolare n. 48/E del 17 novembre 2009, ulteriori chiarimenti con particolare riferimento ai soggetti residenti in Italia che prestano la propria attività all'estero. L'Agenzia ha precisato che, mentre i dipendenti pubblici in servizio all'estero per la maggior parte del periodo d'imposta non sono soggetti agli obblighi sul monitoraggio fiscale in quanto non aventi il requisito della residenza, i lavoratori frontalieri e i dipendenti di imprese multinazionali che lavorano all'estero e che risultano titolari di depositi e/o conti correnti esteri di ammontare superiore a 10.000 euro, sono invece tenuti ad adempiere agli obblighi in materia di monitoraggio fiscale. Tali ultimi soggetti, evidenzia la circolare, "possono regolarizzare la propria posizione fiscale con riferimento agli anni pregressi, presentando la dichiarazione dei redditi integrativa relativamente al periodo d'imposta 2008"; ciò in quanto si tiene conto della "carenza, nei casi in esame, della volontà di porre in essere comportamenti illeciti (è sintormatica, al riguardo, la circostanza che si tratta di disponibilità detenute all'estero derivanti da redditi di lavoro dipendente e assimilato generalmente assoggettati a tassazione alla fonte a cura del datore di lavoro)". Sul punto è intervenuto, da ultimo, l'articolo 2, comma 7, del decreto-legge n. 194 del 30 dicembre 2009 ("milleproroghe") ai sensi del quale i lavoratori dipendenti e i pensionati che hanno omesso la presentazione del modello RW della dichiarazione dei redditi per il 2008 hanno avuto la possibilità di regolarizzare la posizione entro il 30 aprile 2010 con applicazione delle sanzioni minime (ravvedimento operoso); la relazione illustrativa allegata al DL n. 194 chiariv in merito che tale disposizione era volta a regolarizzare l'intera posizione fiscale anche con riferimento agli anni pregressi secondo le modalità illustrate nella circolare dell'Agenzia delle entrate n. 48/E del 17 novembre 2009".

Modalità

Sono state previste due modalità diverse da applicare in funzione dello Stato estero nel quale si trovavano le attività interessate dalla disciplina dello "scudo":

 - per le attività ubicate in paesi non appartenenti all’Unione europea, ad eccezione di quelli indicati nel punto successivo, la procedura è stata subordinata al cosiddetto rimpatrio dei capitali, ovvero al rientro in Italia del denaro e delle attività.

La circolare dell’Agenzia delle entrate ha chiarito che, oltre al trasferimento fisico delle attività, è stato possibile anche il c.d. rimpatrio giuridico. Esso si considera eseguito, nel caso di rimpatrio di denaro o di attività finanziarie, nel momento in cui l’intermediario assume formalmente in custodia, deposito, amministrazione o gestione le attività anche senza procedere al materiale trasferimento delle stesse; il rimpatrio giuridico delle attività patrimoniali, invece, consiste nel conferimento delle attività stesse in una società costituita nello stesso Paese in cui le attività conferite erano detenute alla data del 5 agosto 2009 e nel conseguente rimpatrio delle partecipazioni nella società.

Inoltre, sempre in base ai chiarimenti forniti dalla circolare, è stata chiarita la possibilità che le attività rimpatriate fossero qualitativamente diverse da quelle indicate nella dichiarazione riservata come, ad esempio, nell’ipotesi in cui le attività detenute fossero rappresentate da titoli successivamente ceduti.

- per attività insistenti in paesi dell’Unione europea ovvero in paesi aderenti allo Spazio economico europeo (SEE)[4] che garantiscono un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa (sul punto si rinvia all’interpretazione, di seguito illustrata, fornita dalla circolare), ai soggetti interessati è stato permesso di scegliere di regolarizzare, ossia di continuare a mantenere le proprie attività all’estero, ovvero di rimpatriare le attività finanziarie e patrimoniali. La possibilità di effettuare il rimpatrio o la regolarizzazione è stata ammessa anche per le imprese estere situate nei paradisi fiscali le cui partecipazioni di controllo o di collegamento fossero detenute da soggetti residenti in Italia.

La circolare n. 43 dell’Agenzia delle entrate ha fornito un’interpretazione estensiva in merito all’applicazione della norma, affermando che la regolarizzazione era ammessa nel caso in cui le attività fossero detenute “in Paesi che consentono un effettivo scambio di informazioni in via amministrativa”.

In proposito, la circolare ha ricordato “i principi generali sottoscritti nei vertici del G8” in materia di cooperazione internazionale sulla fiscalità finanziaria, nonché l’impegno assunto dagli Stati OCSE “volto ad assicurare una maggiore trasparenza bancaria su investimenti e depositi, anche per quelli detenuti nei paesi che assicurano particolari agevolazioni “i cosiddetti paradisi fiscali”. Inoltre, richiamando l’articolo 56 del Trattato UE ai sensi del quale è vietata qualsiasi restrizione ai movimenti di capitale non solo tra Stati membri ma anche con paesi terzi, ha affermato che “si deve ritenere possibile la regolarizzazione delle attività detenute anche nei Paesi extra UE con i quali è in atto un effettivo scambio di informazioni secondo il recenti standard ONU/OCSE”.

Pertanto, secondo quanto affermato nella circolare, la facoltà di scegliere tra la regolarizzazione e il rimpatrio è stata estesa alle attività detenute nei “Paesi dell’OCSE che non hanno posto riserve alla possibilità di scambiare informazioni bancarie. Si tratta, in particolare, dei seguenti Paesi: Australia, Canada, Corea del Sud, Giappone, Messico, Nuova Zelanda, Stati Uniti e Turchia”.

Ai fini della individuazione del Paese di detenzione delle attività da regolarizzare la circolare dell’Agenzia delle entrate ha stabilito la rilevanza di "quello in cui le attività erano detenute alla data di entrata in vigore del decreto (5 agosto 2009)”.

Ai sensi del comma 5 dell’articolo 13-bis, sono state rese applicabili alle operazioni di rimpatrio o di regolarizzazione le modalità previste dagli articoli 11, 13, 14, 15, 19 commi 2 e 2-bis, e 20 comma 3 del decreto-legge n. 350/2001 nonché del decreto legge n. 12 del 2002.

Alla luce di tali disposizioni, le operazioni di rimpatrio e regolarizzazione sono state effettuate attraverso una dichiarazione riservata, da presentare ad uno dei seguenti intermediari abilitati:

-banche italiane;

-società di intermediazione mobiliare (SIM) di cui all’articolo 1, comma 1, lettera e) del decreto legislativo n. 58 del 1998 (TUF);

-società di gestione del risparmio (SGR) di cui all’articolo 1, comma 1, lettera o) del TUF, limitatamente alle attività di gestione su base individuale di portafogli di investimento per conto terzi;

-società fiduciarie di cui alla legge n. 1966 del 1939;

-agenti di cambio iscritti nel ruolo unico previsto dall’articolo 201 del TUF;

-Poste italiane S.p.A.;

-stabili organizzazioni in Italia di banche e di imprese di investimento non residenti.

Gli intermediari hanno garantito l’anonimato delle dichiarazioni di emersione delle attività nei confronti dell’amministrazione finanziaria, in quanto non tenuti a verificare la congruità delle informazioni contenute nelle dichiarazioni riservate; tuttavia hanno avuto il compito di verificare la documentazione allegata alla dichiarazione, in caso di regolarizzazione delle attività.

Per l’operazione di rimpatrio, è stato previsto l'obbligo di deposito delle attività presso l’intermediario italiano entro il termine del 15 dicembre 2009; non si è consentita infatti l’operazione di emersione per le attività rimpatriate prima del 15 settembre 2009 ovvero dopo il 15 dicembre 2009. L’operazione di rimpatrio non ha comportato l’esonero per il contribuente dall’applicazione della disciplina in materia di monitoraggio di cui agli articoli 3 e seguenti del decreto legislativo n. 195 del 2008 ai sensi della quale, in caso di trasporto di denaro contante o altre attività finanziarie di importo pari o superiore a 10.000 euro, deve essere presentata apposita dichiarazione all’Agenzia delle Dogane. In tale ipotesi, pertanto, l’intermediario dovrà ricevere, oltre alla dichiarazione riservata, anche la predetta dichiarazione di trasporto dei valori rimpatriati.

Gli intermediari hanno assunto la qualifica di sostituto d’imposta, trattenendo le ritenute fiscali dovute e riversandole allo Stato senza indicare il nominativo del soggetto per conto del quale la ritenuta è stata operata. Sempre in qualità di sostituto d’imposta dovranno presentare una dichiarazione complessiva (mod. 770) concernente il totale delle somme rimpatriate o regolarizzate e le relative ritenute trattenute e versate.

Ai sensi del comma 3 dell’articolo 13-bis gli intermediari non sono stati tenuti agli obblighi di segnalazione di operazioni sospette in materia di antiriciclaggio disciplinate dall’articolo 41 del decreto legislativo n. 231 del 2007

Ai sensi dell’articolo 41 del D.Lgs. n. 231/1997 devono essere inviate alla Unità di Informazione Finanziaria (UIF) presso la Banca d’Italia apposite segnalazioni quando esiste il sospetto che siano in corso operazioni di riciclaggio o di finanziamento del terrorismo. Il sospetto è desunto dalle caratteristiche, entità, natura dell'operazione o da qualsivoglia altra circostanza conosciuta in ragione delle funzioni esercitate, tenuto conto anche della capacità economica e dell'attività svolta dal soggetto cui è riferita, in base agli elementi a disposizione dei segnalanti, acquisiti nell'ambito dell'attività svolta ovvero a seguito del conferimento di un incarico. Le segnalazioni devono essere effettuate senza ritardo, se possibile prima di eseguire l'operazione, e comunque appena il soggetto tenuto alla segnalazione viene a conoscenza degli elementi di sospetto. Infine, le segnalazioni di operazioni sospette non costituiscono violazione degli obblighi di segretezza, del segreto professionale o di eventuali restrizioni alla comunicazione di informazioni imposte in sede contrattuale o da disposizioni legislative, regolamentari o amministrative e, se poste in essere per le finalità ivi previste e in buona fede, non comportano responsabilità di alcun tipo.

In proposito, la circolare n. 43/E dell’Agenzia dell’entrate, nel dettare le regole attuative dell’articolo 13-bis in esame, ne ha fornito una interpretazione in base alla quale sono stati posti specifici obblighi di segnalazione in capo agli intermediari, cui di fatto è stata attribuita una funzione ricognitiva e valutativa sulla natura delle operazioni che originano la richiesta di emersione. La circolare, infatti, ha affermato il dovere degli intermediari di “rispettare gli obblighi di identificazione, registrazione e segnalazione previsti dal decreto legislativo 21 novembre 2007, n. 231 in materia di antiriciclaggio. In particolare, gli intermediari abilitati, nonché gli altri soggetti indicati nel citato decreto legislativo, sono tenuti all’obbligo di segnalazione delle operazioni sospette nei casi in cui sanno, sospettano o hanno motivi ragionevoli per sospettare che le attività oggetto della procedura di emersione siano frutto di reati diversi da quelli per i quali si determina la causa di non punibilità di cui al comma 4 dell’articolo 13-bis del decreto. Al riguardo si fa presente che le operazioni di rimpatrio e di regolarizzazione non costituiscono di per sé elemento sufficiente ai fini della valutazione dei profili di sospetto per la predetta segnalazione, ferma rimanendo la valutazione degli altri elementi previsti dall’articolo 41 del medesimo decreto legislativo n. 231 del 2007”. I reati per i quali si verifica la non punibilità ai sensi del comma 4 sono illustrati nel paragrafo concernente gli effetti.

Ambito oggettivo

Per quanto concerne l’ambito oggettivo, la normativa sullo "scudo" è stata resa applicabile alle attività finanziarie e patrimoniali detenute all’estero in violazione delle disposizioni in materia di monitoraggio fiscale a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008.

Sono state dunque oggetto di rimpatrio le somme di denaro e le altre attività finanziarie, tra le quali le azioni e gli strumenti finanziari assimilati, titoli obbligazionari, certificati di massa, quote di partecipazione ad organismi di investimento collettivo del risparmio, polizze assicurative produttive di redditi di natura finanziaria. Il rimpatrio ha riguardato anche titoli o altre attività finanziarie emesse da soggetti italiani purché detenuti all’estero a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008 in violazione degli obblighi tributari e valutari. La circolare dell’Agenzia delle entrate n. 43 ha chiarito che “con particolare riferimento alle opere d’arte si fa presente che restano ferme le disposizioni vigenti in materia di tutela e protezione delle medesime”.

Le operazioni di regolarizzazione sono state estese anche agli investimenti esteri di natura non finanziaria quali, ad esempio, gli immobili, gli oggetti preziosi, le opere d’arte e gli yacht, purché detenuti, secondo quanto affermato dalla circolare dell’Agenzia delle entrate, “in un Paese europeo o in altro Paese che garantisce un effettivo scambio di informazioni fiscali in via amministrativa” a partire da una data non successiva al 31 dicembre 2008.

La più volte richiamata circolare n. 43/E, inoltre, ha fornito un’interpretazione estensiva rispetto all’ambito oggettivo di applicazione della disciplina in argomento. In particolare, nel ricordare le attività detenute all’estero che sono interessate dalla normativa sul monitoraggio fiscale (quali, ad es. le attività che producono reddito, le attività finanziarie di ammontare superiore a 10.000 euro, i titoli pubblici ed equiparati emessi in Italia, ecc.) ha reputato necessaria “una revisione dell’interpretazione della disposizione recata nell’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990”. In particolare, ha ritenuto la suddetta da intendersi “da ora in poi riferita non solo a fattispecie di effettiva produzione di redditi imponibili in Italia ma anche ad ipotesi in cui la produzione dei predetti redditi sia soltanto astratta o potenziale. Pertanto, a partire dalla dichiarazione dei redditi relativa al periodo d’imposta in corso, i contribuenti saranno tenuti ad indicare nel quadro RW non soltanto le attività estere di natura finanziaria ma anche gli investimenti all’estero di altra natura, indipendentemente dalla effettiva produzione di redditi imponibili in Italia. Esemplificando, quindi, dovranno essere sempre indicati anche gli immobili tenuti a disposizione, gli yacht, gli oggetti preziosi e le opere d’arte anche se non produttivi di redditi”.

L’articolo 4 del decreto legge n. 167 del 1990 dispone che le persone fisiche, gli enti non commerciali, e le società semplici ed equiparate residenti in Italia che al termine del periodo d'imposta detengono investimenti all'estero ovvero attività estere di natura finanziaria, attraverso cui possono essere conseguiti redditi di fonte estera imponibili in Italia, devono indicarli nella dichiarazione dei redditi. L'obbligo di dichiarazione, tuttavia, non sussiste se l'ammontare complessivo degli investimenti ed attività al termine del periodo d'imposta, ovvero l'ammontare complessivo dei movimenti effettuati nel corso dell'anno, non supera l'importo di 10 mila euro.

In linea con la predetta interpretazione, la circolare - nel ricordare, a titolo esemplificativo, che nel quadro RW vanno indicati gli immobili assoggettati ad imposte sui redditi nello Stato estero (è il caso della Spagna) mentre non devono essere indicati gli immobili tenuti a disposizione in un Paese che non ne prevede la tassazione ai fini delle imposte dirette (è il caso della Francia) e che, pertanto, l’immobile situato in Francia non potrebbe essere oggetto di emersione in quanto non è stato violato alcun obbligo dichiarativo - ha reputato che “in questa fattispecie le violazioni degli obblighi inerenti il monitoraggio fiscale potrebbero essersi verificate precedentemente, per esempio, all’atto del trasferimento all’estero delle somme utilizzate per l’acquisto dell’immobile ovvero in precedenti periodi di imposta nei quali il contribuente abbia locato l’immobile. In tali casi (…) il contribuente può comunque accedere allo scudo fiscale”.

Sono inclusi nella disciplina, sempre secondo quanto indicato nella circolare, anche “gli immobili ubicati in Italia posseduti per il tramite di un soggetto interposto residente all’estero”; sul punto viene richiamata la risoluzione n. 134/E del 30 aprile 2002 emanata con riferimento alla disciplina dello scudo fiscale contenuta nel decreto legge n. 350 del 2001.

Base imponibile

La base imponibile è rappresentata dal rendimento presunto determinato in ragione del 2 per cento annuo per un periodo di cinque anni. In sostanza, quindi, l’imposta è stata applicata ad un imponibile corrispondente al 10 per cento del valore delle attività da regolarizzare.

La circolare n. 43 dell’Agenzia delle entrate ha affermatp che le modalità di determinazione della base imponibile rappresentano una “presunzione assoluta che non tiene conto del periodo di effettiva detenzione all’estero delle attività che si intende rimpatriare o regolarizzare né del reale rendimento conseguito”.

Importanti chiarimenti sono stati forniti dalla circolare dell’Agenzia delle entrate in merito alla valutazione delle attività da rimpatriare o regolarizzare. Infatti, mentre nei casi di emersione di somme di denaro o di attività espresse in valuta il corrispondente valore è determinato applicando il tasso di cambio appositamente individuato, per tutti gli altri beni è stata ritenuta necessaria l’applicazione di appositi criteri per la determinazione del valore dell’attività detenuta all’estero.

In proposito la circolare ha affermato:

- che per le attività finanziarie, “il contribuente non è tenuto ad adottare criteri specifici di valorizzazione, fermo restando che gli effetti (…) sono limitati agli importi indicati nelle dichiarazioni riservate”;

- per le attività diverse da quelle finanziarie, che “è necessario che il valore del bene da indicare nella dichiarazione riservata sia quello compreso tra il costo di acquisto documentato e quello risultante da un’apposita perizia di stima”. Tuttavia, chiarisce ancora la circolare, “in mancanza della documentazione attestante il costo di acquisto, al fine di rendere attendibile il valore delle predette attività, si ritiene necessario che esso sia comprovato da un’apposita perizia di stima che deve essere conservata a cura del contribuente ma non obbligatoriamente allegata alla dichiarazione riservata”.

Imposta

Ai fini del rimpatrio o della regolarizzazione è stata introdotta\ una imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali consistente in una aliquota sintetica comprensiva di sanzioni ed interessi, da applicare al rendimento presunto delle attività detenute all’estero. La misura dell'aliquota è stata del 50 per cento per le operazioni effettuate entro il 15 dicembre 2009, al 60% per le operazioni effettuate entro il 28 febbraio 2010 e al 70% per le operazioni effettuate entro il 15 aprile 2010. In ogni caso, è stata esclusa la possibilità di scomputare dal pagamento dell’imposta dovuta eventuali ritenute o crediti vantati dal contribuente.

La circolare n. 43/E dell’Agenzia delle entrate ha chiarito, inoltre, che “in tutte le ipotesi di materiale rimpatrio delle attività patrimoniali vanno assolti gli obblighi in materia di IVA e diritti doganali eventualmente esistenti”.

Periodo e perfezionamento

I termini per la dichiarazione riservata sono stati compresi tra il 15 settembre 2009 e il 15 aprile 2010. Il termine finale, fissato al 15 dicembre 2009 dal decreto legge n. 109/2009, è stato modificato dal DL 194/2009 che lo ha fissato al 15 aprile 2010; tenuto conto che il DL 194/09 è entrato in vigore il 30 dicembre 2009 le operazioni di emersione effettuate nel periodo compreso fra il 16 dicembre 2009 e il 29 dicembre 2009, come precisato anche dall'Agenzia delle entrate, non sono state considerate ammissibili. Un analogo arco temporale è stato fissato per il pagamento dell’imposta da parte del contribuente all’intermediario.

Secondo quanto indicato nella circolare n.43/E - emanata prima della proroga del termine finale - “qualora alla data del 15 dicembre 2009 le operazioni di emersione non siano ancora concluse per cause oggettive non dipendenti dalla volontà dell’interessato, gli effetti derivanti dalla dichiarazione riservata si producono in ogni caso a condizione che le medesime operazioni siano perfezionate entro una data ragionevolmente ravvicinata al termine previsto dalla norma. In ogni caso l’imposta straordinaria deve essere corrisposta entro e non oltre il 15 dicembre 2009”.

Con successive circolari sono state individuate ipotesi relativamente alle quali, per cause oggettive non dipendenti dalla volontà dell'interessato, non è stato possibile presentare la dichiarazione entro il termine fissato al 15 dicembre 2009 (in quanto alcune operazioni hanno richiesto tempi maggiori per poter giungere a conclusione). Pertanto, fermo restando l'obbligo di effettuare il versamento entro il 15 dicembre 2009, le circolari n. 49/E e 50/E hanno indicato le ipotesi di possibile differimento fino al 31 dicembre 2010 del termine per concludere le operazioni necessarie; la circolare n. 52/E ha disciplinato specificatamente le attività detenute nella Repubblica di San Marino, per le quali il differimento del termine di presentazione della dichiarazione è stato prorogato al 30 giugno 2010.

Effetti

Le norme in commento hanno fissato la decorrenza degli effetti del rimpatrio o della regolarizzazione dal momento dell’effettivo pagamento dell’imposta straordinaria sulle attività finanziarie e patrimoniali.

L’operazione di emersione ha comportato effetti estintivi relativamente agli importi dichiarati e relative sanzioni, con riferimento ai periodi d’imposta per i quali non fossero ancora scaduti i termini per l’accertamento. E’ stata pertanto preclusa l’attività di accertamento tributario e contributivo limitatamente ai periodi d’imposta e agli imponibili oggetto di rimpatrio o regolarizzazione.

La circolare dell’Agenzia delle entrate ha chiarito l'operatività della preclusione anche:

- nei confronti dei soggetti solidalmente obbligati con il dichiarante quali, ad esempio, gli eredi e i donatari;

-con riferimento a tributi diversi dalle imposte sui redditi, sempreché si trattasse di accertamenti relativi ad imponibili riferibili alle attività oggetto di emersione. Per le operazioni di regolarizzazione o rimpatrio effettuate dalle imprese estere operanti nei paradisi fiscali, il comma 7-bis ha disposto che ai redditi conseguiti dal soggetto estero partecipato nei periodi d’imposta chiusi alla data del 31 dicembre 2008 e imputabili al soggetto residente in Italia, non si applicassero le disposizioni contenute negli articoli 167 e 168 del D.P.R. n. 917/1986 (TUIR).

In virtù dei rinvii contenuti nel comma 4 dell’articolo 13-bis agli articoli 14, 15 e 17 del D.L. 350/2001 nonché all’articolo 8, comma 6, lettera c) della legge n. 289/2002 (finanziaria 2003) l’emersione ha comportato altre effetti estintivi di reati tra i quali la omessa o infedele dichiarazione e il falso in bilancio.

Più dettagliatamente è stata prevista l’estinzione di:

- infedele o omessa dichiarazione dei redditi;

- dichiarazione fraudolenta, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA, mediante utilizzo di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti;

- dichiarazione fraudolenta, ai fini delle imposte sui redditi e dell’IVA, mediante l’utilizzo di artifici contabili diversi da quelli previsti nell’articolo 2 del D.Lgs. n. 74/2000 quali, ad esempio, la falsa rappresentazione delle scritture contabili obbligatorie;

- occultamento o distruzione di documenti finalizzata all’evasione delle imposte sui redditi o dell’IVA, ovvero a consentire l’evasione a terzi, in modo da non consentire la ricostruzione dei redditi o del volume d’affari;

- false comunicazioni sociali disciplinato dagli articoli 2621 e 2622 del Codice civile;

Ai sensi della lettera c) del comma 6 dell’articolo 8 cui il comma 4 rinvia, l’esclusione della punibilità ha operato nel caso in cui tali reati fossero stati commessi per eseguire od occultare i predetti reati tributari, ovvero per conseguirne il profitto e siano riferiti alla stessa pendenza o situazione tributaria; in base alla medesima disposizione, gli indicati effetti penali non sono stati applicabili “in caso di esercizio dell'azione penale della quale il contribuente ha avuto formale conoscenza entro la data di presentazione della dichiarazione integrativa”.

L’articolo 13-bis del D.L. n. 78/2009 ha previsto che i dati e le notizie comunicati dal contribuente agli intermediari per l’operazione di rimpatrio o di regolarizzazione non potessero costituire elemento utilizzabile a sfavore del contribuente, in via autonoma o addizionale, in ogni sede amministrativa o giudiziaria (civile, amministrativa e tributaria).

La circolare ha chiarito che la predetta inutilizzabilità non ha operato per i procedimenti in corso al 4 ottobre 2009 (data di entrata in vigore della legge di conversione del decreto legge n. 103/2009).

Sanzioni

Il comma 7 dell’articolo 13-bis, modificando i commi 4 e 5 dell’articolo 5 del D.L. n. 167/1990, ha raddoppiato la la misura minima e massima applicabile delle sanzioni. In particolare, in caso di omessa indicazione nella dichiarazione dei redditi delle attività detenute all’estero nonché dei trasferimenti di valore da e per l’estero la sanzione è stata elevata ad un ammontare compreso tra il 10% e il 50% dell’importo non dichiarato.

Si segnala, inoltre, che il DL n. 194/2009 è intervenuto sui termini di prescrizione validi ai fini dell'accertamento delle dichiarazioni dei redditi e IVA relative a soggetti che operano nei paradisi fiscali. In particolare, è stato raddoppiato il numero degli anni nei quali l'Amministrazione può effettuare verifiche fiscali ed irrogare sanzioni nei confronti dei richiamati contribuenti.

Disposizioni finanziarie

Il comma 8 dell’articolo 13-bis ha destinato le entrate derivanti dalla disciplina in esame, non quantificate nel provvedimento, dovranno affluire ad un’apposita contabilità speciale per essere destinate all'attuazione della manovra di bilancio per l'anno 2010 e seguenti, ai sensi dell’articolo 16, comma 3, del medesimo decreto-legge n. 78 del 2009.

L'imposta di bollo sui capitali "scudati"

L'articolo 19, commi da 6 a 12 del D.L. 201 del 2011 ha introdotto un’imposta speciale annuale del 4 per mille sulle attività finanziarie oggetto di emersione a seguito delle disposizioni di cui agli articoli 12 e 15 del decreto legge n. 350 del 2001 e all’articolo 13-bis del decreto legge n. 78 del 2009 (c.d. "scudo fiscale"). Per gli anni 2012 e 2013 l’aliquota, è stabilita, rispettivamente, nella misura del 10 e del 13,5 per mille.

Essa colpisce le sole attività finanziarie emerse, non dunque quelle patrimoniali. Gli intermediari assumono la qualifica di sostituto d’imposta, trattenendo le ritenute fiscali dovute e riversandole allo Stato senza indicare il nominativo del soggetto per conto del quale la ritenuta è stata operata. Sempre in qualità di sostituto d’imposta presentano una dichiarazione complessiva (mod. 770) concernente il totale delle somme rimpatriate o regolarizzate e le relative ritenute trattenute e versate. Nel caso in cui, nel corso del periodo d'imposta, venga meno in tutto o in parte la segretazione, l'imposta è dovuta sul valore delle attività finanziarie in ragione del periodo in cui il conto o rapporto ha fruito della segretazione.

E' consentito lo scomputo dall’imposta speciale dovuta sulle attività finanziarie rimpatriate dell’imposta di bollo corrisposta per il deposito titoli, nonché quella riferita alle medesime attività nel 2011, nel caso in cui l’attività rimpatriata sia costituita da denaro. 

Il versamento, con riferimento al valore delle attività ancora segretate al 31 dicembre dell’anno precedente, avviene - entro il 16 luglio di ciascun anno - per il tramite degli intermediari finanziari, che provvedono a trattenere l’imposta del soggetto che ha effettuato l’emersione o ricevono provvista dallo stesso contribuente. Nel caso in cui, nel corso del periodo d'imposta, venga meno in tutto o in parte la segretazione, l'imposta è dovuta sul valore delle attività finanziarie in ragione del periodo in cui il conto o rapporto ha fruito della segretazione.

Gli intermediari segnalano all’Agenzia delle Entrate i contribuenti nei confronti dei quali non è stata applicata e versata l’imposta. Nei confronti dei contribuenti l’imposta è riscossa mediante iscrizione a ruolo. Per l’omesso versamento si applica una sanzione pari all'importo non versato, mentre per l’accertamento e la riscossione dell’imposta, nonché per il relativo contenzioso si applicano le disposizioni in materia di imposte sui redditi.

Per le attività finanziarie oggetto di emersione che, a partire dal 1° gennaio 2011 e fino alla data del 6 dicembre 2011, sono state in tutto o in parte prelevate dal rapporto di deposito, amministrazione o gestione acceso per effetto della procedura di emersione ovvero comunque dismesse, è dovuta, per il solo anno 2012, un’imposta straordinaria pari al 10 per mille. L'intermediario presso il quale il prelievo è stato effettuato provvede a trattenere l'imposta dai conti comunque riconducibili al soggetto che ha effettuato l'emersione o riceve provvista dallo stesso contribuente, anche in caso di estinzione del rapporto acceso per effetto della procedura di emersione.


  • [1] Recante Rilevazione ai fini fiscali di taluni trasferimenti da e per l'estero di denaro, titoli e valori.
  • [2] Il termine finale, fissato al 15 aprile 2010 nel testo del DL n. 78 pubblicato in GU e poi anticipato al 15 dicembre 2009 dal DL 103/2009, è stato, da ultimo, fissato al 15 aprile 2010 dal decreto legge n. 194 del 2009 ("milleproroghe").
  • [3] Successivamente allo scudo fiscale introdotto con il D.L. n. 350/2001, gli articoli da 6 a 6-quinquies del D.L. n. 282/2002 (collegato alla finanziaria 2003) hanno disciplinato il cosiddetto scudo-bis che ha consentito, nell’anno 2003, la emersione delle attività detenute all’estero attraverso il pagamento di una imposta sostitutiva.
  • [4] I paesi non appartenenti all’Unione europea e aderenti allo Spazio economico europeo sono la Norvegia, l’Islanda e il Liechtenstein. Quest’ultimo non garantisce, a tutt’oggi, l’effettivo scambio di informazioni.