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I risultati della Conferenza di Doha sulla Finanza per lo Sviluppo

Tra il 29 novembre e il 2 dicembre 2008 si è svolta a Doha, Qatar, la Conferenza delle Nazioni Unite sul Finanziamento per lo Sviluppo. L’obiettivo della Conferenza era valutare i progressi nella realizzazione dell’agenda internazionale per il finanziamento dello sviluppo adottata a Monterrey, Messico, nel 2002, e individuare le nuove sfide che la comunità internazionale deve affrontare in questo campo. Il contesto generale della crisi economica ha impedito che l’evento rappresentasse un sostanziale passo avanti sull’agenda della Finanza per lo Sviluppo. Tuttavia, in una situazione generale che non sembra ancora matura per l’adozione di misure incisive di riforma del governo del sistema finanziario internazionale, il fatto stesso che l’agenda sia stata sostanzialmente difesa, senza gravi arretramenti, è considerato da molti osservatori come un risultato apprezzabile.

L'Agenda di lavoro e i Principi Generali

Nel 2002, a Monterrey, è stata formalizzata per la prima volta la nozione di un partenariato globale tra paesi industrializzati e paesi in via di sviluppo (PVS) per il finanziamento dello sviluppo di questi ultimi e, più specificamente, per quello degli Obiettivi di sviluppo del Millennio. Il Consenso di Monterrey ha identificato sei aree in cui la comunità internazionale doveva concentrare gli sforzi con l’obiettivo di promuovere lo sviluppo dei PVS, e soprattutto dei Paesi meno sviluppati (i cosiddetti Least Developed Countries, o LDC): a) la mobilitazione di risorse interne [1] per lo sviluppo; b) la mobilitazione di risorse internazionali [2]; c) il commercio internazionale come motore di sviluppo; d) la cooperazione allo sviluppo internazionale; e) l’indebitamento estero; e f) le questioni sistemiche, cioè la coerenza e la consistenza del sistema monetario, finanziario e commerciale internazionale ai fini della promozione dello sviluppo.

Partendo dal riconoscimento dei profondi cambiamenti in corso nello scenario internazionale dopo quella prima Conferenza, il documento finale della Conferenza di Doha riafferma la validità degli obiettivi di Monterrey e l’impegno della comunità internazionale a perseguirli. Allo stesso tempo, il documento osserva che, nonostante i progressi realizzati in molte aree del Consenso di Monterrey, l’ingiustizia è aumentata a livello globale, sia all’interno dei singoli paesi che tra di essi. Inoltre, lancia l’allarme su una molteplicità di crisi e sfide globali correlate che rischiano nel prossimo futuro di ostacolare l’auspicato processo di avvicinamento delle condizioni di vita tra paesi ricchi e poveri: l’insicurezza alimentare, le oscillazioni dei prezzi di energia e materie prime, i cambiamenti climatici, la crisi finanziaria globale, i mancati risultati dei negoziati commerciali. Il documento solleva poi la questione della lotta al terrorismo e delle implicazioni del terrorismo per lo sviluppo economico e la coesione sociale. Infine, sottolinea che la sfida principale per lo sviluppo si combatterà in Africa: è più che mai necessario, quindi, un particolare impegno internazionale per combattere la povertà in quel continente.

Il documento valuta i progressi e le difficoltà riscontrati nei singoli capitoli del Consenso di Monterrey. Dal momento che questo conteneva pochi obiettivi quantitativi, la valutazione dei progressi è in gran parte qualitativa.

La mobilitazione delle risorse interne

Nel capitolo sulla mobilitazione di risorse interne per lo sviluppo, a Doha è stato riconosciuto il progresso significativo realizzato su questo terreno e il raggiungimento di elevati tassi di crescita da parte di molti paesi. Ciò nonostante, per raggiungere gli obiettivi di Monterrey sono necessarie politiche di natura economica e sociale mirate a ridurre le ingiustizie e facilitare l’inserimento dei poveri nelle attività produttive. Lo sviluppo umano deve essere la priorità delle politiche nazionali: essenziale è la realizzazione della piena occupazione e di un lavoro dignitoso. Cinquanta anni fa si riteneva che il problema fondamentale dei paesi poveri fosse la carenza di risparmio interno e che, una volta risolto quello, quasi automaticamente ne sarebbero discesi benefici per il benessere della popolazione. Oggi, invece, è evidente che la dinamica dei processi di sviluppo è ben più complessa: nonostante un incremento significativo del tasso di risparmio e anche in presenza di tassi di crescita economica considerevoli, molti PVS non hanno registrato miglioramenti significativi sul fronte dello sviluppo complessivo.

Si ricorda che tali indicazioni del documento di Doha trovano una conferma statistica nelle stime contenute nel rapporto Global Development Finance 2008 pubblicato a metà anno dalla Banca Mondiale, secondo cui nonostante il rallentamento della crescita economica a livello mondiale, nel 2008 i PVS registreranno un tasso di crescita medio annuo del 6,5%, senza con ciò recuperare molto sul piano della riduzione della povertà. Nell’Africa sub-sahariana, la crescita economica dovrebbe addirittura raggiungere il livello medio annuo più alto di sempre (6,3%), ma quella resterà la regione più arretrata rispetto al raggiungimento degli Obiettivi del millennio. La capacità di mobilitazione di risorse interne nei PVS è, peraltro, destinata a diminuire per l’impatto della crisi finanziaria internazionale; in più, dopo i provvedimenti di riduzione del loro debito estero, i paesi poveri si sono trovati di fronte all’impossibilità di accedere al credito internazionale e hanno così dovuto incrementare l’indebitamento interno.

Il documento sottolinea il ruolo centrale delle riforme fiscali per migliorare l’efficacia delle politiche macroeconomiche, mobilitare risorse pubbliche interne e calibrare i sistemi di tassazione sulle esigenze dei poveri. Si riconosce l’importanza della cooperazione internazionale su questo tema e si chiede al Consiglio Economico e Sociale delle Nazioni Unite (ECOSOC) di rafforzare il Comitato di Esperti Internazionali in Materia di Tassazione. Il follow-up della Conferenza è affidato alla prossima sessione primaverile dell’ECOSOC del 29-30 aprile prossimi. Nel documento è ribadita la necessità di impegnarsi per eliminare tutte le forme di discriminazione di, anche nei mercati del lavoro e finanziari e per quanto riguarda i diritti di proprietà. Infine, il documento affronta la questione della fuga di capitali, dei flussi di capitali illeciti e della corruzione, e sollecita i paesi a firmare e applicare la Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione.

La mobilitazione delle risorse internazionali

Per quanto riguarda la mobilitazione di risorse internazionali per lo sviluppo, il documento riconosce l’aumento dei flussi privati internazionali verso i PVS e i miglioramenti nel business climate che l’hanno incoraggiato. Nota però che un numero significativo di paesi non è stato interessato da tali flussi di capitali, e sollecita la comunità internazionale ad impegnarsi ad assistere i PVS perché superino gli ostacoli che li rendono poco attraenti per gli investitori privati. Il documento registra inoltre il persistere di un fenomeno ormai strutturale nella finanza internazionale, che caratterizza sin dall’inizio la fase di nuova globalizzazione che si è affermata a partire dagli anni Novanta: i flussi di capitali internazionali verso i PVS sono divenuti tanto rilevanti da superare stabilmente e abbondantemente il flusso degli aiuti pubblici allo sviluppo, ma si concentrano in un numero assai limitato di paesi (quelli cosiddetti “emergenti” e quelli con abbondanti riserve energetiche). Anche in questo caso, si ricorda che una conferma statistica è offerta dai dati della Banca Mondiale: i capitali privati dovrebbero attestarsi nel 2009 a circa 800 miliardi di dollari: un flusso elevato, secondo solo al picco raggiunto nel 2007 con 1.000 miliardi di dollari, ma concentrato verso pochi paesi.

Lo stesso vale sul versante delle maggiori riserve valutarie detenute dai PVS, che sono ritenute essenziali per poter contrastare in modo efficace – almeno in termini di tamponamento iniziale – gli attesi effetti negativi della crisi finanziaria sul piano del peggioramento dei conti con l’estero: è vero che quelle riserve sono aumentate dal 100% del valore dell’indebitamento a breve periodo (2000) a circa il 320% (2007), ma tre quarti di questo incremento è detenuto da Brasile, Russia, India e Cina (i paesi BRIC). Nel frattempo, il saldo commerciale di tutti i PVS, con l’eccezione della Cina e dei principali esportatori di petrolio, è molto peggiorato negli ultimi mesi.

Il documento finale raccomanda – confermando una linea che prosegue da almeno cinque anni – che i paesi donatori multilaterali e bilaterali forniscano assistenza tecnica e condividano best practices per incoraggiare gli investimenti, mentre le agenzie multilaterali devono contribuire ad attenuare alcuni dei rischi cui sono esposti gli investitori privati nei PVS. Questi, a loro volta, devono continuare a impegnarsi per creare un clima stabile e prevedibile per gli investimenti. Le agenzie multilaterali e regionali sono chiamate a sostenere gli investimenti privati in infrastrutture per lo sviluppo, soprattutto quelle finalizzate a superare il divario digitale nei PVS. Sono incoraggiati gli sforzi realizzati sia in ambito multilaterale che nei singoli ambiti nazionali per promuovere gli standard di Responsabilità Sociale di Impresa e le iniziative volte ad aumentare la trasparenza nell’operato delle aziende, ivi comprese iniziative volontarie come la Extractive Industries Transparency Initiative (EITI) [3], citato da più parti come un’esperienza interessante e positiva, nonostante lo scetticismo iniziale.

Il ruolo delle rimesse

Il documento di Doha nota il ruolo crescente svolto dalle rimesse degli immigrati come fonte di risorse private per lo sviluppo dei paesi di origine; raccomanda di incentivare la riduzione dei costi di transazione delle rimesse stesse, tramite la cooperazione tra paesi di origine e di destinazione delle migrazioni, e di creare opportunità per investimenti orientati allo sviluppo.

Anche se il documento non si sofferma su tale aspetto, è opportuno comunque ricordare che tale voce vedrà un ingente calo tendenziale nei prossimi anni, per effetto della crisi finanziaria ed economica che sta colpendo le economie ricche.

Il commercio internazionale

In questo capitolo il documento di Doha riafferma che una significativa liberalizzazione del commercio può stimolare sostanzialmente lo sviluppo mondiale, notando che il commercio internazionale ha conosciuto alti tassi di crescita nell’ultimo decennio, e quello tra PVS ne è diventato uno degli elementi più dinamici. Ciò nonostante molti PVS, e in particolare i Paesi meno sviluppati, sono rimasti ai margini di questo processo.

Su questo capitolo molto imbarazzante per la comunità internazionale – nel quale si registra una lunga fase di stallo nel negoziato in ambito di Organizzazione Mondiale del Commercio (OMC) a riprova delle debolezze attuali del multilateralismo - il documento di Doha riafferma l’impegno di tutti a garantire che il commercio giochi pienamente il suo ruolo di promotore della crescita, dell’occupazione e dello sviluppo. In questo senso vengono sollecitati progressi in aree chiave dell’Agenda OMC sul cosiddetto nesso commercio-sviluppo (anch’essa nota come Agenda di Doha), aree che sono di particolare interesse per i PVS, come per esempio quelle relative al trattamento speciale e differenziato da accordare a quei paesi. Tema sul quale, peraltro, da almeno dieci anni esiste un piano d’azione dell’OMC e la comunità internazionale ha più volte ribadito il consenso. Sono apprezzate altresì le azioni intraprese da singoli paesi, dopo Monterrey, orientate a garantire il libero accesso ai mercati da parte dei LDC.

Il documento riconosce l’importanza dell’iniziativa Aid for Trade [4], rimarcando che essa è complementare e non sostitutiva rispetto all’Agenda OMC di Doha, e che deve riflettere e integrare pienamente le necessità e priorità dei paesi beneficiari. Viene riconosciuta, infine, l’importanza dell’integrazione regionale, così come di accordi bilaterali di commercio e cooperazioneeconomica. È però necessario assicurare che tali accordi promuovano lo sviluppo a lungo termine e siano complementari agli obiettivi del sistema commerciale multilaterale e all’OMC.

Gli aiuti pubblici allo sviluppo

Viene ribadito il ruolo essenziale degli aiuti pubblici allo sviluppo (APS), come complemento ad altre fonti di finanziamento, nel facilitare il raggiungimento degli obiettivi di sviluppo nazionali ed internazionali.

Il documento finale della Conferenza esprime apprezzamento per l’aumento del 40% in termini reali dell’APS tra il 2001 e il 2007. Nota però con preoccupazione che a partire dal 2002 una parte significativa dell’APS è stata destinata agli aiuti umanitari e a iniziative per la riduzione del debito dei Paesi meno sviluppati. Il mantenimento degli impegni verso l’APS è essenziale, e tra questi spicca l’obiettivo sottoscritto da molti paesi industrializzati di destinare lo 0,7% del Reddito nazionale lordo agli aiuti entro il 2015.

Si osserva, comunque che il documento, cercando di sottolineare gli elementi più incoraggianti, trascura di menzionare come i 22 paesi OCSE abbiano destinato nel 2007 solo 103,7 miliardi di dollari in aiuti, addirittura meno del 2005 (107,1 miliardi di dollari); e come, escludendo le voci destinate alla riduzione del debito, gli aiuti siano aumentati soltanto dallo 0,23% (2002) allo 0,25% (2007), ben al di sotto dello 0,33% raggiunto nei primi anni Novanta. Soprattutto, non viene rimarcato il fatto che per onorare gli impegni assunti a Monterrey nel 2002 occorrerebbe aumentare le risorse di oltre il 14% all’anno (ben più del triplo rispetto a quanto si è fatto sinora); e anche in questo caso, non si andrebbe al di là dello 0,35% del Reddito nazionale lordo entro il 2010, al netto degli aiuti per ridurre il debito, esattamente la metà dell’obiettivo fissato dalle Nazioni Unite.

La Conferenza ha elogiato gli sforzi per migliorare la qualità dell’APS e aumentare l’impatto degli aiuti in termini di sviluppo. Alcune iniziative recenti che si ritrovano nella Dichiarazione di Parigi sull’Efficacia degli Aiuti (2005) e nell’Agenda di Accra sullo stesso tema (settembre 2008), sono considerate un importante contributo per rendere operativi gli impegni sottoscritti dai paesi, attraverso il rafforzamento del principio della proprietà delle strategie di sviluppo da parte dei PVS (ownership), l’allineamento a usi e procedure dei PVS,l’armonizzazione degli aiuti tra donatori e beneficiari, e la gestione orientata all’ottenimento di risultati.

Il documento riconosce che l’architettura degli aiuti è cambiata significativamente nel corso dell’ultimo decennio, con l’emergere di nuovi attori [5] e nuovi approcci ai partenariati per lo sviluppo, in cui le sinergie tra aiuti, investimenti privati e commercio devono creare importanti opportunità per l’aumento dei flussi verso i PVS. La comunità internazionale si misura su questo punto con un elemento di reale novità nello scenario globale, impegnandosi ad avanzare nel dialogo e nella cooperazione con i nuovi attori per lo sviluppo, nel tentativo di garantire un più efficace utilizzo delle risorse. Viene ribadito, in particolare, il sostegno alla cooperazione Sud-Sud e alla cooperazione triangolare, riconoscendo, allo stesso tempo, che la cooperazione Sud-Sud gioca un ruolo complementare e non sostitutivo della cooperazione Nord-Sud.

Gli strumenti innovativi di finanziamento

In questo campo si è realizzato un progresso significativo a partire dalla Conferenza di Monterrey: sono state avviate iniziative importanti per finanziare programmi di lotta contro la fame, la povertà, e malattie come l’AIDS, la tubercolosi e la malaria. La comunità internazionale è chiamata a rafforzare questi meccanismi, riconoscendo però che si tratta di fonti supplementari che non sostituiscono le fonti tradizionali di finanziamento per lo sviluppo.

Dopo Monterrey si sono susseguite importanti iniziative e decisioni politiche di alto livello sul versante degli strumenti innovativi (ivi compreso il meccanismo di front-loading degli impegni in materia di aiuti internazionali, rappresentato dall’International Financing Facility for Immunisation, cui aderisce l’Italia) [6]. Oggi, però, la crisi finanziaria globale rende particolarmente problematico un possibile ricorso a meccanismi di prestito basati sul mercato. Non solo c’è minore disponibilità sui mercati internazionali a impegnarsi sul fronte della finanza per lo sviluppo (come l’esperienza degli aiuti internazionali, soprattutto nel caso italiano, dimostra), ma ricorrere a quei meccanismi diventa pericoloso, oneroso e fonte di accresciuta vulnerabilità e instabilità per paesi, come molti di quelli dell’Africa sub-sahariana, che hanno recentemente beneficiato di meccanismi di riduzione del debito estero e che quindi hanno meriti di credito molto bassi.

Il debito estero

Si riconosce che molti indicatori della sostenibilità del debito sono migliorati in modo significativo a partire da Monterrey, in gran parte grazie a programmi come l’Iniziativa per la cancellazione del debito dei Paesi più poveri e indebitati (HIPC), l’Iniziativa di Cancellazione del Debito Multilaterale (MDRI) e l’Approccio Evian [7]. D’altra parte, il documento di Doha sottolinea la necessità di ulteriori sforzi per evitare che l’indebitamento estero torni a livelli insostenibili e nota che gli attuali meccanismi di rinegoziazione del debito internazionale sono ancora disegnati soprattutto dai paesi creditori (creditor-driven). Inoltre, ricorda che le risorse allocate alla cancellazione del debito non devono essere detratte da quelle assegnate all’APS.

Il governo del sistema finanziario internazionale

Per quanto riguarda le questioni sistemiche, il documento registra alcuni passi avanti nel dopo Monterrey ed insiste sulla necessità di ulteriori progressi per mettere il sistema monetario, finanziario e commerciale internazionale a servizio dello sviluppo. La situazione ancora troppo fluida sui mercati internazionali e il fatto che i governi OCSE siano chiaramente orientati a privilegiare la stabilizzazione dei mercati interni, hanno pesato in modo decisivo sull’ambizione - per molti velleitaria - di concludere la Conferenza di Doha con una sintesi politica chiara, indicazioni strategiche e impegni precisi. La mancanza di un preciso mandato in tal senso, come era peraltro prevedibile ben prima dell’evento, ha trovato conferma nel documento finale che si limita a ribadire che la riforma dell’architettura finanziaria internazionale deve focalizzarsi sull’aumento della trasparenza e sul rafforzamento della partecipazione dei PVS ai processi decisionali internazionali. Le istituzioni di Bretton Woods devono riflettere i cambiamenti nel peso economico dei paesi membri, e essere in grado di rispondere con tempestività alle sfide attuali e future. Il documento, pertanto, non prende posizione circa l’opportunità di una Bretton Woods II, tema che è stato al centro del dibattito internazionale di questi ultimi mesi.

Le nuove sfide

Il capitolo finale del documento di Doha riguarda le molteplici sfide e opportunità emerse nel campo del finanziamento dello sviluppo dopo Monterrey. La comunità internazionale chiede azioni pronte e decise per contenere l’attuale crisi finanziaria e riprendere la traiettoria della crescita economica. Il documento riconosce inoltre che gli sforzi per affrontare i cambiamenti climatici richiederanno una mobilitazione addizionale di risorse che deve essere guidata dal principio delle responsabilità condivise ma differenziate. La volatilità dei prezzi nei mercati internazionali di materie prime richiede un’espansione sostenibile della produzione di alimenti, soprattutto tramite l’agricoltura familiare, e il rafforzamento della cooperazione orientata allo sviluppo sostenibile dei sistemi energetici. Particolare attenzione va accordata alle necessità dei paesi in situazioni di post-conflitto.

Le reazioni ai risultati della conferenza

Il contesto internazionale ha fortemente limitato le aspettative prima e i risultati poi della Conferenza, come del resto era già capitato pochi mesi prima alla Conferenza di Accra, alla quale strategicamente oltre che temporalmente si è collegata Doha.

La cd “società civile internazionale” (Ong locali e internazionali, associazioni e campagne tematiche) ha avuto una reazione tiepida ai risultati della Conferenza. Nel merito dei punti specifici, risulta essere stata apprezzata l’insistenza del documento finale sulle questioni di genere e sul diritto al lavoro dignitoso mentre è stato criticato l’approccio – ritenuto timido - all’impatto della crisi finanziaria globale sui PVS, e al fatto che le risorse destinate dai paesi industrializzati a salvare i propri sistemi finanziari nazionali siano incomparabilmente superiori agli impegni (nella maggior parte non rispettati) a sostegno dello sviluppo dei paesi più poveri. Infine, è stata espressa inquietudine per il protagonismo che le istituzioni di Bretton Woods conservano nella definizione delle condizionalità di accesso a gran parte delle risorse che la comunità internazionale destina ai PVS.

Più positiva è stata, invece, la valutazione da parte degli attori governativi e dei rappresentanti delle organizzazioni multilaterali presenti alla Conferenza. Miguel D’Escoto Brockmann, presidente dell’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, ha sottolineato che per la prima volta dopo Monterrey le tematiche sistemiche e la riforma del sistema finanziario globale sono state discusse in un forum delle Nazioni Unite. Brockmann ha anche espresso apprezzamento per la posizione dell’Unione Europea, che si è impegnata a garantire che gli Stati membri raggiungano i traguardi stabiliti per l’APS.

 

Si ricorda, infine, che il 16 dicembre, presso la Commissione Affari esteri della Camera dei deputati, si è svolta l’audizione del sottosegretario di Stato agli affari esteri, Vincenzo Scotti, sugli esiti della Conferenza di Doha. Il resoconto è reperibile all’indirizzo:

http://www.camera.it/organiparlamentarism/10085/242/4409/6125/commissionepermanentetesto.asp 

Fonti e bibliografia:

 Nazioni Unite (2008), Doha Declaration on Finance for Development, www.un.org/esa/ffd/doha .

South Centre (2008), Financing for Development from Monterrey to Doha, Analytical Note SC/GGDP/AN/GEG/7, http://www.southcentre.org .

Nazioni Unite (2003), Monterrey Consensus on Finance for Development, www.un.org/esa/ffd .

Ninnan, A. (2008), Desenvolvimento: sem ânimo para reformar as finanças mundiais, http://envolverde.ig.br .

World Economy and Development in Brief (2008), The Outcome of the FfD Conference in Doha, Qatar, www.wdev.eu/ .

WTO Work Programme on Aid-for Trade, WT/AFT/W/26, 26 maggio 2007, http://docsonline.wto.org.

Siti internet di Banca Mondiale, Commissione Europea, OCSE.

Interviste a esperti internazionali.


  • [1] Cioè messe a disposizione dagli stessi PVS
  • [2] Risorse private, come gli investimenti diretti esteri
  • [3] Per maggiori informazioni, si veda http://eitransparency.org
  • [4] L’iniziativa “Aid for Trade” è stata decisa alla Conferenza Ministeriale di Hong Kong, nel 2005, e ha l’obiettivo di assistere i PVS, e in particolare i Paesi meno sviluppati, nella costruzione delle capacità e delle infrastrutture necessarie per poter realizzare gli accordi dell’OMC e, in generale, espandere il loro commercio
  • [5] In questo paragrafo del documento si può leggere un riferimento al nuovo protagonismo nello scenario degli aiuti internazionali sia di alcuni paesi emergenti, come Cina, India e alcuni paesi arabi, sia di taluni donatori privati, come la Bill e Melinda Gates Foundation
  • [6] Il governo italiano ha aderito nel 2006 al lancio, a Londra, di questo programma teso a realizzare un’ampia campagna di vaccinazioni, finanziato tramite obbligazioni. Per maggiori dettagli, si veda http://www.iff-immunisation.org
  • [7] Trattamento accordato dal Club di Parigi ai paesi non-HIPC, che per la prima volta ha adottato la sostenibilità a lungo termine come principio guida per la ristrutturazione del debito dei paesi a medio reddito, e ha esplicitamente riconosciuto la possibilità di cancellazione del debito per paesi a medio reddito