Cerca nel sito

dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

Vai alla Legislatura corrente >>

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Fine contenuto

MENU DI NAVIGAZIONE DEL DOMINIO PARLAMENTO

INIZIO CONTENUTO

MENU DI NAVIGAZIONE DELLA SEZIONE

Salta il menu

Strumento di esplorazione della sezione Documenti Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Temi dell'attività Parlamentare

Le fondazioni bancarie: ricostruzione normativa (profili soggettivi)

Le Fondazioni bancarie sono i soggetti che hanno effettuato le operazioni di conferimento dell'azienda bancaria, ai sensi delle disposizioni della cd “legge Amato (legge 30 luglio 1990, n. 218), attuata con il D.Lgs. n. 356/90.

Per la trasformazione delle aziende bancarie in Spa, la legge Amato aveva individuato infatti una complessa procedura, tale da comportare il conferimento dell’azienda bancaria, da parte degli istituti di credito, in apposita società per azioni: in tal modo si è prevenuti alla costituzione di due distinti soggetti, l'ente conferente (comunemente noto come “fondazione bancaria”) e la società conferitaria, ovvero la banca vera e propria. Per incentivare la trasformazione in società per azioni delle banche pubbliche, la legge n. 218 aveva previsto uno speciale regime tributario volto ad agevolare le operazioni di fusione, scissione, trasformazione e conferimento.

Con l'approvazione della legge delega 23 dicembre 1998, n.461 (cd. “legge Ciampi”) ed il successivo decreto legislativo n. 153 del 1999  si è inteso mutare significativamente l’assetto delle fondazioni. In base ad esso, l’adeguamento degli statuti delle fondazioni alla disciplina individuata dal decreto medesimo avrebbe sancito la definitiva trasformazione delle fondazioni in enti di diritto privato con piena autonomia statutaria e gestionale, in coerenza con quanto previsto dalla citata legge Amato.

In particolare, il decreto legislativo prevedeva che le fondazioni fossero tenute a perseguire fini di utilità sociale e di promozione dello sviluppo economico, operando nel rispetto del principio di economicità e gestendo il patrimonio in modo da ottenerne un’adeguata redditività. Venivano indicati alcuni settori rilevanti: ricerca scientifica, istruzione, arte, sanità, conservazione e valorizzazione dei beni culturali e ambientali, assistenza alle categorie sociali più deboli. Per quel che concerne gli organi di governo delle fondazioni, si individuavano tre organi necessari con funzioni, rispettivamente, d’indirizzo, di amministrazione e di controllo. Nell’organo d’indirizzo doveva essere assicurata un’adeguata e qualificata rappresentanza del territorio.

Inoltre, l'iniziale obbligo di detenere la maggioranza del capitale sociale delle banche conferitarie era sostituito da un obbligo di segno opposto: il decreto prevedeva infatti che, entro quattro anni dalla sua entrata in vigore (quindi entro il 15 giugno 2003), le fondazioni dovessero dismettere le partecipazioni di controllo nelle aziende bancarie. Era consentito alle fondazioni di mantenere le partecipazioni per ulteriori due anni oltre il termine; decorso tale ulteriore termine, il compito di provvedere alla dismissione veniva affidato all’autorità di vigilanza (individuata nel Ministero del tesoro e, quindi, nel Ministero dell’economia e delle finanze). Il termine per la dismissione è stato poi prorogato al 31 dicembre 2005 dal decreto-legge 24 giugno 2003, n. 143.

A tale disposizione si accompagnava l’assimilazione del regime fiscale delle fondazioni a quello degli “enti non commerciali”, con l’applicazione dell’imposta sui redditi (ora IRES) con aliquota dimezzata rispetto a quella ordinaria. Tale agevolazione sarebbe venuta meno qualora entro il termine di quattro anni le fondazioni non avessero provveduto alla dismissione delle partecipazioni di controllo nelle aziende bancarie. In altre parole, le fondazioni che si fossero avvalse della facoltà di detenere, per ulteriori due anni rispetto al termine del 15 giugno 2003, le partecipazioni di controllo avrebbero perso l’agevolazione.

Alle disposizioni recate dal d.lgs. n. 153/99 hanno fatto seguito, ad opera del Ministero del Tesoro nelle vesti di Autorità di vigilanza pro-tempore sulle fondazioni, un atto di indirizzo a carattere generale in materia di adeguamento degli statuti (Provvedimento 5 agosto 1999) ed uno recante le indicazioni per la redazione, da parte delle fondazioni, del bilancio chiuso al 31 dicembre 2000 (Provvedimento 19 aprile 2001).

Una profonda riforma delle fondazioni bancarie è stata recata con la legge finanziaria 2002 (articolo 11 della legge 28 dicembre 2001, n. 448)

In particolare:

a) sono stati estesi gli ambiti d’intervento delle fondazioni bancarie, con riferimento a settori caratterizzati da rilevante valenza sociale;

b)  sono state rafforzate le previsioni in ordine alla rappresentanza degli enti territoriali nell’organo di indirizzo della fondazione: tale partecipazione doveva essere non già “adeguata e qualificata”, come originariamente previsto dal decreto legislativo n. 153 del 1999, ma “prevalente e qualificata”; sono state altresì rafforzate le disposizioni in materia di incompatibilità, nel senso di prevedere che sia i soggetti ai quali è attribuito il potere di designare i componenti dell’organo di indirizzo, sia i componenti stessi degli organi delle fondazioni non debbono essere destinatari degli interventi delle fondazioni

c) è stato modificato il regime delle partecipazioni delle fondazioni nel capitale delle banche: il divieto di detenere interessenze di controllo è stato esteso dalle ipotesi di controllo individuale ai casi in cui esso sia esercitato congiuntamente da più fondazioni; al tempo stesso, per le fondazioni veniva differito  di tre anni (fino al giugno 2006) il termine per la dismissione della partecipazione nelle banche conferitarie, a condizione che essa venisse affidata, prima del 15 giugno 2003, a una società di gestione del risparmio (SGR) che la gestisse in nome proprio. In tal caso la fondazione avrebbe conservato le descritte agevolazioni fiscali.

Sulla materia è poi intervenuta la  Corte costituzionale, che con le sentenze n. 300 e 301 del 2003 si è pronunciata sulla legittimità costituzionale delle disposizioni introdotte nel 2001.

In sintesi:

d) è stata ribadita la natura privatistica delle fondazioni bancarie, affermando che l'evoluzione legislativa intervenuta dal 1990 ha spezzato quel "vincolo genetico e funzionale", "che in origine legava l'ente pubblico conferente e la società bancaria, e ha trasformato la natura giuridica del primo in quella di persona giuridica privata senza fine di lucro […] della cui natura il controllo della società bancaria, o anche solo la partecipazione al suo capitale, non è più elemento caratterizzante" (sentenza n. 300);

e) ha dichiarato l’illegittimità costituzionale di alcune disposizioni del decreto legislativo n. 153 del 1999 e, in particolare, quelle che disponevano la prevalenza negli organi di indirizzo delle fondazioni di rappresentanti di Regioni, Province, Comuni, Città metropolitane, anziché “una prevalente e qualificata rappresentanza degli enti, pubblici e privati, espressivi delle realtà locali”; quelle che prevedevano forme d’indirizzo del Ministero del tesoro; la Corte ha poi dichiarato l’illegittimità costituzionale della disposizioni che attribuivano agli enti territoriali una rappresentanza prevalente negli organi d’indirizzo delle fondazioni bancarie.

Con il D.M. 18 maggio 2004, n. 150, il Ministro dell’economia e delle finanze ha emanato un nuovo regolamento, che ha recepito sostanzialmente gli indirizzi dettati dalle predette sentenze della Consulta.

Il regolamento ha infatti previsto che l’organo d’indirizzo della fondazione debba essere composto in via prevalente da rappresentanti di enti, pubblici e privati, espressione delle realtà locali; ha stabilito l’incompatibilità tra le funzioni di amministrazione, direzione, indirizzo e controllo presso la fondazione e gli incarichi presso la società bancaria conferitaria o le società da questa controllate o partecipate. La nozione di controllo congiunto su una banca viene circoscritta ai casi in cui più fondazioni, mediante accordi da provare in forma scritta, realizzino una delle situazioni rilevanti ai fini del controllo individuale.

La cd. “legge sul risparmio” (legge 28 dicembre 2005, n. 262), con decorrenza dal 1° gennaio 2006, ha introdotto il divieto per le fondazioni di esercitare il diritto di voto nelle assemblee ordinarie e straordinarie delle società bancarie conferitarie e delle altre società non strumentali da esse partecipate per le azioni eccedenti il 30 per cento del capitale rappresentato da azioni aventi diritto di voto nelle medesime assemblee. Sono escluse dall’applicazione di questa disposizione le fondazioni con patrimonio netto contabile risultante dall'ultimo bilancio approvato non superiore a 200 milioni di euro, nonché quelle con sedi operative prevalentemente in regioni a statuto speciale.

Da ultimo, l'articolo 52 del D.L. n. 78 del 2010  ha chiarito che la vigilanza di legittimità sulle fondazioni di origine bancaria è attribuita al Ministero dell'economia e delle finanze fino a quando, nell'ambito di una riforma organica delle persone giuridiche private di cui al Titolo II del Libro I del Codice Civile, non verrà istituita una nuova Autorità sulle medesime.

Le fondazioni che manterranno direttamente o indirettamente il controllo sulle società bancarie rimarranno sottoposte alla vigilanza del Ministero dell'economia e delle finanze anche successivamente all'istituzione della nuova Autorità.

Lo stesso articolo 52 ha previsto che il MEF invii entro il 30 giugno di ogni anno una relazionare al Parlamento circa l'attività svolta dalle fondazioni nell'anno precedente, con riferimento, tra l’altro, agli interventi finalizzati a promuovere lo sviluppo economico-sociale nei territori locali in cui operano le medesime.