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Temi dell'attività Parlamentare

Elezioni presidenziali in Egitto - Risultati (23-24 maggio e 16-17 giugno 2012)

Il primo turno delle elezioni presidenziali egiziane, che si è svolto il 23 e 24 maggio 2012 ha determinato i seguenti risultati:

  • Mohammed MORSI, candidato dei Fratelli Musulmani, 24.3% (circa 5,7 milioni di voti);
  • Ahmed SHAFIQ, ex premier ed ex comandante dell’Aeronautica militare, 23.3%;
  • Hamdin SABBAHI, candidato del partito di sinistra al-Karamah, 20.4%;
  • Abdul Moneim Aboul FOTOUH, islamista moderato ed ex esponente dei Fratelli Musulmani, 17.2%;
  • Amr MOUSSA, ex segretario della Lega Araba ed ex ministro degli Esteri di Mubarak, nonché favorito da molti sondaggi della vigilia, ha ottenuto l’ 11.1% dei voti;
  • altri complessivamente 3.7%.

Nonostante si trattasse di elezioni storiche per il paese, l’affluenza alle urne, hanno rilevato gli osservatori, è risultata piuttosto bassa, con un dato fermo al 46,42 per cento (circa 23.672.236 votanti).

Morsi e Shafiq si sono quindi contesi la presidenza al secondo turno, celebrato il 16 e il 17 giugno.

L’esito del voto ha visto prevalere Mohammed MORSI con il 51.7% dei suffragimentre Ahmed SHAFIQ si è fermato al 48.3%.

Mursi, nato nel 1959, proviene dalla provincia di Sharqiya (Egitto settentrionale), dove è cresciuto nelle fila della Fratellanza musulmana. Negli anni Ottanta ha ottenuto un dottorato in ingegneria in California e, presentandosi come indipendente, nel 2005 è stato eletto deputato, aumentando da allora la propria influenza in seno alla Fratellanza. È stato membro del Consiglio Esecutivo del movimento, portavoce della Guida Suprema e, nel giugno 2011, fondatore del Partito di libertà e giustizia, che pur formalmente indipendente, è da considerarsi espressione politica della Fratellanza..

Sulla base delle riforme costituzionali predisposte dalla Commissione istituita dal Consiglio supremo delle forze armate e approvate con referendum nel marzo 2011 il Presidente, eletto direttamente, avrà un mandato di cinque anni e sarà rieleggibile una sola volta.

La proclamazione ufficiale della vittoria di Morsi si è avuta il 24 giugno: il giuramento del Presidente, non essendo in funzione il Parlamento, a causa dello scioglimento deciso a seguito di una decisione della Corte costituzionale, è avvenuto il 30 giugno innanzi alla Corte stessa. Tale richiesta era stata avanzata dalle Forze armate il cui capo, il maresciallo Tantawi, ha rispettato la previsione del passaggio dei poteri al nuovo presidente. Come è noto, il 29 giugno Morsi aveva tenuto a Piazza Tahrir, un discorso, non scevro da elementi giudicati populistici, con il quale il neopresidente aveva fatto in modo di far scaturire proprio dalla piazza la propria investitura.

Le reazioni internazionali all'elezione di Morsi al vertice dell'Egitto sono state generalmente favorevoli, sia da parte dei paesi occidentali - che hanno posto l'accento soprattutto sugli aspetti di completamento del processo democratico - sia da parte di paesi arabi e mediorientali, incluso l'Irancon il quale l’Egitto non ha più relazioni diplomatiche dalla rivoluzione khomeinista del 1980. Con grande entusiasmo la vittoria di Morsi è stata salutata a Gaza, retta da Hamas, che deriva proprio da una costola della Fratellanza egiziana; ma anche dal Consiglio nazionale siriano in lotta con il regime di Assad. Più sfumata è, comprensibilmente, la posizione di Israele, il cui premier Netanyahu ha espresso apprezzamento per il processo democratico egiziano e rispetto per l'esito di esso, non omettendo tuttavia di accennare alle aspettative israeliane di poter proseguire la cooperazione con l'Egitto sulla base degli accordi di pace fra i due paesi - che peraltro Morsi, subito dopo la proclamazione della sua vittoria, ha affermato di voler continuare ad onorare.

Gli Stati Uniti, in particolare, si sono congratulati con il popolo egiziano per l’importante risultato democratico raggiunto con l'elezione del nuovo presidente, richiamando però parallelamente alla necessità del rispetto dei diritti delle donne e delle minoranze religiose, prima fra tutte quella dei cristiano-copti.

I primi giorni di luglio sono stati connotati da una serie di colpi di scena istituzionali, a partire dal decreto dell'8 luglio con il quale Morsi ha annullato la decisione del Consiglio supremo militare del 15 giugno che - sulla base della sentenza della Corte costituzionale che aveva annullato la normativa che aveva consentito l'elezione di un terzo dei parlamentari - si era spinta fino a decretare lo scioglimento dell'intero Parlamento.

La reviviscenza dell'Assemblea del popolo, peraltro, è stata limitata fino alle elezioni parlamentari che dovranno seguire entro due mesi dall'approvazione della nuova Costituzione - anche qui tuttavia è stata messa in dubbio la legittimità dell'Assemblea di 100 componenti riunitasi per la prima volta il 18 giugno, in quanto a sua volta designata dall’Assemblea del popolo sciolta subito dopo.

Il 10 luglio la Corte costituzionale sospendeva il decreto dell'8 luglio del presidente Morsi: nel contempo l'Assemblea del popolo, riunitasi solo per 12 minuti, decideva di rinviare alla Corte di cassazione la sentenza della Corte costituzionale sulla parziale illegittimità della legge elettorale che aveva consentito tra il 2011 e il 2012 l’elezione della medesima Assemblea. Il suo presidente, Saad Katatni, ha tenuto a precisare sottilmente che il decreto dell'8 luglio del presidente Morsi non ha colpito la sentenza della Corte costituzionale, ma la conseguente decisione adottata dal Consiglio militare, che ha determinato lo scioglimento dell'intero Parlamento.

L’11 luglio, Morsi si è recato in Arabia saudita per la prima visita di Stato del suo mandato, assai delicata, poiché riguarda un paese che, notoriamente, aveva sempre sostenuto con forza il regime di Mubarak, e senz'altro teme una possibile estensione della Primavera Araba, come anche le ventilate ma non confermate aperture dell'Egitto all'Iran.

Di ritorno dall'Arabia saudita, il 13 luglio Morsi ha ricevuto il presidente tunisino Marzuki. Nonostante le diverse impostazioni politiche, i due capi di Stato hanno convenuto su una medesima linea sia nei confronti della crisi siriana che in ordine alla questione palestinese - e in particolare alla riconciliazione tra Fatah a Hamas, rispetto ai quali, nonostante l'oggettivo legame tra i Fratelli musulmani egiziani e Hamas, Morsi ha dichiarato di essere equidistante.

Ben più rilevante è stato senz'altro il viaggio del Segretario di Stato USA Hillary Clinton in Egitto (14-15 luglio), dove ha incontrato sia il presidente Morsi che il vertice del Consiglio militare, il maresciallo Tantawi. La posizione americana è stata piuttosto netta nel sostegno completo al passaggio dell'Egitto verso un governo civile, con il ritorno dei militari al ruolo loro precipuo del mantenimento e della garanzia della sicurezza.

Il presidente Morsi ha assicurato che l'Egitto continuerà a rispettare gli accordi internazionali, e ciò è stato salutato con favore dagli Stati Uniti, soprattutto in riferimento agli accordi di pace del 1979 con Israele. Hillary Clinton non ha mancato di ricordare al presidente Morsi la necessità del rispetto dei diritti delle minoranze e delle donne, e ha assicurato al Cairo un contributo di 250 milioni di dollari a sostegno delle piccole e medie imprese egiziane nel difficile momento che il paese tuttora attraversa. 

Intanto, i verdetti della Corte di cassazione di cui era attesa la pronuncia, a partire dal 17 luglio, su numerosi ricorsiriguardanti lo scioglimento del Parlamento, lo scioglimento dell'Assemblea costituente e anche il Decreto presidenziale di ripristino dei poteri dell'Assemblea del popolo (e in ordine ai quali Morsi aveva stemperato i toni, affermando di voler rispettare tutte le sentenze), non hanno avuto esito in un quadro definitivo. Il tribunale, infatti, si è dichiarato incompetente sul decreto del presidente Morsi di riconvocazione dell’Assemblea del popolo, rinviando la questione alla Corte costituzionale mentre la decisione sui ricorsi per lo scioglimento dell’Assemblea costituente è stata differita al 30 luglio.

Nella stessa giornata del 17 luglio Hisham Kandil, un funzionario del ministero delle risorse idriche che egli stesso ha diretto l’anno, ha ricevuto dal Capo dello Stato l’incarico di formare il nuovo governo.

Il 26 luglio al Cairo si è svolto il primo incontro tra il ministro degli esteri Giulio Terzi ed il presidente Mohammed Morsi. Nel corso dei colloqui il ministro ha affermato il sostegno del nostro paese al processo di transizione democratica in Egitto, che sta attraversando ora una fase particolarmente delicata con il perdurare del confronto tra capo dello Stato e militari. Il presidente egiziano, per il quale si prospetta nei prossimi mesi una visita in Italia, ha assicurato che gli investimenti e le imprese italiane, grandi e piccole, saranno garantite e accolte in un clima amichevole.

La nuova leadership egiziana ha confermato al ministro Terzi, rappresentante del primo partner commerciale europeo dell'Egitto, la ''fortissima volonta''' di garantire gli investimenti italiani e di continuare a sviluppare una cooperazione economica. In questo quadro – riportano fonti di agenzia - Roma auspica una rapida conclusione dell'accordo tra Egitto e Fmi che garantirebbe al Paese un prestito da 3,2 miliardi di dollari, più risorse aggiuntive dalla Banca mondiale e dalla Banca africana di sviluppo. Nei colloqui con Hussein Tantawi, e con gli altri esponenti politici di vertice, Terzi ha fatto il punto sulla situazione nella regione, con particolare riferimento alla Siria.