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Temi dell'attività Parlamentare

Legge 237/2012 - Adeguamento allo Statuto della Corte penale internazionale

Il Parlamento ha approvato la legge 237/2012, che adegua il nostro ordinamento alle previsioni dello Statuto della Corte penale internazionale, consentendo all'Italia di cooperare con tale organo.

La Corte penale internazionale

La Corte penale internazionale è un tribunale chiamato a giudicare i responsabili di crimini particolarmente efferati, che riguardano la comunità internazionale nel suo insieme, come il genocidio, i crimini contro l'umanità, i crimini di guerra e il crimine di aggressione.

La Corte ha un proprio Statuto, stipulato a Roma il 17 luglio del 1998, che definisce in dettaglio la giurisdizione ed il funzionamento di questo tribunale. In particolare, lo Statuto costituisce lo strumento normativo primario per disciplinare le finalità, la struttura ed il funzionamento della Corte penale internazionale; esso individua i principi posti alla base dell’attività giurisdizionale in materia e disciplina le procedure di cooperazione tra la Corte e gli Stati ai fini dello svolgimento di atti di indagine sul territorio di uno Stato nonché il ruolo degli Stati nell’esecuzione delle pene irrogate dalla Corte.

L’Italia ha ratificato lo Statuto con la legge 232 del 1999, ma non aveva sino al dicembre scorso approvato una legge che garantisse l'adeguamento del nostro ordinamento ai principi contenuti nello Statuto, rendendo di fatto problematica la cooperazione con la Corte penale internazionale.

L'iter della legge

Sin dall'inizio dell'attuale legislatura il Parlamento si è attivato per dare attuazione ai principi contenuti nello Statuto della Corte penale internazionale, al fine di garantire una piena cooperazione del nostro Paese con le attività di questo organismo internazionale.

In proposito, con due atti di indirizzo, il Parlamento ha impegnato il Governo alla presentazione di iniziative legislative volte all’adeguamento del nostro ordinamento allo Statuto (risoluzione 7-00087, a prima firma Bernardini, approvata dalla Commissione giustizia il 4 febbraio 2009; risoluzione 7-00141, a prima firma Pianetta, approvata dalla Commissione esteri il 29 aprile 2009); il Governo ha successivamente informato il Parlamento dell'imminente presentazione di un disegno di legge (in realtà mai presentato).

Nel frattempo, peraltro, la Commissione giustizia della Camera ha avviato e concluso l'esame in sede referente di alcune proposte di legge di iniziativa parlamentare, proponendo all'Assemblea un testo unificato che è stato approvato l'8 giugno 2011. A seguito di modifiche intervenute nel corso dell'esame del provvedimento in Senato, è stato necessario un ulteriore passaggio parlamentare. La Camera dei deputati ha approvato definitivamente l'AC 1439-B lo scorso 4 dicembre 2012 e la legge n. 237 del 2012 è stata pubblicata sulla Gazzetta Ufficiale l'8 gennaio 2013.

In sintesi, la legge attribuisce al Ministro della giustizia e alla Corte d’appello di Roma il ruolo, rispettivamente, di autorità amministrativa e di autorità giudiziaria competenti per la cooperazione con la Corte penale internazionale. Il provvedimento disciplina altresì le modalità di esecuzione della cooperazione e, in particolare, la procedura di consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano, a seguito di mandato d’arresto internazionale ovvero di una sentenza della Corte internazionale di condanna a pena detentiva, intervenendo anche in materia di esecuzione delle pene pecuniarie e sulla procedura applicabile nel caso in cui l’Italia sia individuata dalla Corte internazionale come Stato di espiazione di una pena detentiva.

Le disposizioni generali

Il Capo I della legge 237/2012 (articoli da 1 a 10) contiene le disposizioni generali, individuando le autorità competenti e le modalità di cooperazione con la Corte penale internazionale.

In particolare, l'articolo 1 afferma che la cooperazione dello Stato italiano con la Corte penale internazionale avviene sulla base delle disposizioni contenute nello Statuto della Corte stessa, nel limite del rispetto dei principi fondamentali dell’ordinamento giuridico italiano.

L'articolo 2 attribuisce al Ministro della giustizia il ruolo di autorità centrale per la cooperazione con la Corte penale internazionale mentre il successivo articolo 3 stabilisce che in materia di consegna, cooperazione ed esecuzione di pene si osservano le norme contenute nel codice di procedura penale (rapporti giurisdizionali con autorità straniere).

L'articolo 4 disciplina le modalità di esecuzione della cooperazione giudiziaria con la Corte penale internazionale individuando nella corte d’appello di Roma l’autorità giudiziaria competente.

La trasmissione di atti e documenti è disciplinata dall'articolo 5 che consente al Ministro della giustizia di non procedervi quando ritenga che tali attività possano compromettere la sicurezza nazionale. Non si applica invece l’obbligo del segreto sugli atti d’indagine previsto dall’art. 329 c.p.p.

L'articolo 6 disciplina il caso in cui, in esecuzione di una richiesta di assistenza della Corte penale internazionale, sia necessario citare in Italia una persona che si trova all’estero. La disposizione stabilisce che colui che entra nel nostro territorio non potrà essere sottoposto a qualsivoglia restrizione della libertà personale per fatti antecedenti la notifica della citazione.

L'articolo 7 stabilisce l’applicabilità delle disposizioni sul patrocinio a spese dello Stato anche alle procedure di esecuzione di richieste della Corte penale internazionale.

L’articolo 8 disciplina l’ipotesi di richieste da parte dell’autorità giudiziaria italiana alla Corte internazionale: la richiesta è formulata per il tramite del procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, che si rivolgerà a sua volta al Ministro della giustizia; se il ministro non ottempera entro 30 giorni, il PG presso la corte d’appello può trasmettere direttamente la richiesta alla Corte internazionale.

L'articolo 9 prevede che il procuratore generale presso la corte d’appello di Roma, e il procuratore generale militare presso la corte militare d'appello, assistano - se richiesti - alle consultazioni con la Corte penale internazionale previste dallo Statuto.

L’articolo 10,pur senza risolvere il problema della c.d. doppia incriminazione, ovvero l’esigenza di introdurre nel nostro ordinamento un catalogo di delitti speculare a quello per il quale ha giurisdizione le Corte penale internazionale, novella il codice penale. La disposizione:

  • novella l’art. 322-bis c. p., in tema di peculato, concussione, corruzione e istigazione alla corruzione di membri degli organi e funzionari dell’Unione europea e di Stati esteri, inserendo tra coloro che possono compiere i delitti anche i membri della Corte internazionale di giustizia, i suoi funzionari e i soggetti equiparati. Conseguentemente, si allargano anche i possibili destinatari dell’esborso corruttivo previsto dal secondo comma dell’art. 322-bis;
  • introduce nel codice penale l’articolo 343-bis, che estende ai membri della Corte penale internazionale (nonché ai suoi funzionari e soggetti equiparati) l’applicabilità delle disposizioni di cui agli articoli 336 (Violenza o minaccia a un pubblico ufficiale), 337 (Resistenza a un pubblico ufficiale) e 338 (Violenza o minaccia ad un Corpo politico, amministrativo o giudiziario), con le relative circostanze aggravanti (art. 339), nonché dei delitti di interdizione di un ufficio o servizio pubblico o di un servizio di pubblica necessità (art. 340), oltraggio a un corpo politico, amministrativo e giudiziario (art. 342) e oltraggio a un magistrato in udienza (art. 343);
  • novella varie disposizioni del codice penale con l’obiettivo di equiparare al nostro procedimento penale il procedimento che si svolge presso la Corte penale internazionale.

Si tratta, in particolare, delle seguenti novelle al codice penale:

  • all’art. 368, relativo alla fattispecie di calunnia, per inserire tra le autorità che ricevono le informazioni volte ad incolpare di un reato un innocente ovvero a simulare a carico dell’innocente le tracce di un reato anche la Corte penale internazionale;
  • all’art. 371-bis, in tema di false informazioni al pubblico ministero, in modo da equiparare al nostro pubblico ministero il procuratore della Corte penale internazionale;
  • all’art.372, in tema di falsa testimonianza, in modo da prevedere che il delitto possa essere commesso anche da colui che depone dinanzi alla Corte penale internazionale;
  • all’art. 374, secondo comma, in tema di frode processuale, per consentirne l’applicazione anche in caso di procedimento penale dinanzi alla Corte penale internazionale;
  • all’art. 374-bis, relativo alla fattispecie di false dichiarazioni o attestazioni in atti destinati all’autorità giudiziaria, per estenderne l’applicazione agli atti destinati ad essere prodotti alla Corte penale internazionale;
  • all’art. 377, in tema di intralcio alla giustizia, per consentire l’applicazione della fattispecie anche laddove le dichiarazioni debbano essere rese dinanzi alla Corte penale internazionale;
  • all’art. 378, in tema di favoreggiamento personale, per estendere la fattispecie anche a colui che aiuta taluno a eludere le investigazioni svolte da organi della Corte penale internazionale ovvero a sottrarsi alle ricerche effettuate dagli stessi soggetti;
  • all’art. 380, primo comma, in merito al delitto di patrocinio o consulenza infedele, per consentirne l’applicazione anche quando l’attività sia svolta dinanzi alla Corte penale internazionale.
La consegna di persone alla Corte penale internazionale

Il Capo II della legge 237/2012 (articoli da 11 a 14) disciplina la consegna alla Corte penale internazionale di persone che si trovino sul territorio italiano.

In base all’articolo 11, se la Corte penale internazionale ha emesso un mandato di arresto ovvero una sentenza di condanna a pena detentiva a carico di una persona che si trovi sul territorio italiano, il procuratore generale presso la Corte di appello di Roma chiede alla stessa Corte d’appello l’applicazione della misura della custodia cautelare in carcere. L’interessato dalla misura potrà richiedere, in base allo statuto della Corte, la libertà provvisoria.

L’articolo 12 disciplina la possibile revoca della misura. La custodia cautelare è revocata se:

  • dall’inizio dell’esecuzione è trascorso un anno senza che la Corte di appello si sia pronunciata sulla richiesta di consegna;
  • la Corte d’appello si è pronunciata negando la consegna;
  • sono trascorsi 20 giorni dal consenso dell’interessato alla consegna e il Ministro della giustizia non ha ancora emesso il decreto per realizzare la consegna;
  • sono trascorsi 15 giorni dalla data fissata per la presa in consegna da parte della Corte penale internazionale ed essa non è avvenuta.

L’articolo 13 riguarda la procedura per la consegna prevedendo una decisione emessa in camera di consiglio dalla corte d’appello di Roma. Il giudice italiano può negare la consegna solo nelle seguenti ipotesi:

  • la Corte penale internazionale non ha emesso una sentenza irrevocabile di condanna o un provvedimento restrittivo della libertà personale;
  • non vi è corrispondenza tra l’identità della persona richiesta e di quella oggetto della procedura di consegna;
  • la richiesta della Corte penale internazionale contiene disposizioni contrarie ai principi fondamentali del nostro ordinamento giuridico;
  • per lo stesso fatto e la stessa persona è stata pronunciata in Italia una sentenza irrevocabile.

Nel caso in cui venga eccepito il difetto di giurisdizione della Corte penale internazionale, la Corte d’appello di Roma dovrà sospendere – salva la manifesta infondatezza – con ordinanza il procedimento, in attesa di una pronuncia della medesima Corte penale.

Sia nell’ipotesi di consenso dell’interessato sia in quella di favorevole pronuncia della corte d’appello di Roma, spetta al Ministro della giustizia – con proprio decreto - provvedere entro 20 giorni alla consegna, prendendo accordi con la Corte penale internazionale sul tempo, il luogo e le concrete modalità.

L’articolo 14 stabilisce che la misura della custodia cautelare in carcere può essere disposta provvisoriamente, anche prima che pervenga dalla Corte internazionale la richiesta di consegna. In tal caso, la custodia sarà revocata se entro 30 giorni la Corte penale internazionale non richiede la consegna.

L'esecuzione dei provvedimenti della Corte penale internazionale

Il Capo III della legge 237/2012 (articoli da 15 a 24) disciplina l’esecuzione dei provvedimenti della Corte penale internazionale.

In primo luogo la legge attribuisce la competenza a conoscere dell’esecuzione del provvedimento della Corte penale internazionale, ai sensi dell’art. 665, comma 1, c.p.p., alla Corte d’appello di Roma, che è dunque giudice dell'esecuzione dei provvedimenti della Corte (articolo 15).

Nel caso in cui l’Italia - a seguito di sentenza definitiva - sia individuata dalla Corte internazionale come Stato di espiazione di una pena detentiva, in base all’articolo 16 il Ministro della Giustizia deve chiedere alla Corte d’appello il riconoscimento della sentenza della Corte penale internazionale.

L’articolo 17 dispone che l’esecuzione della pena avverrà in base all’ordinamento penitenziario italiano (L. n. 354 del 1975) e in conformità allo statuto e al regolamento di procedura e prova della Corte penale internazionale. Il Ministro della giustizia potrà disporre che il trattamento penitenziario del detenuto avvenga secondo il regime carcerario speciale di cui all’art. 41-bisdell’ordinamento penitenziario.

Spetta alla Corte penale internazionale il controllo sull’esecuzione carceraria (articolo 18) e il Ministro della giustizia dovrà trasmettere immediatamente alla Corte ogni richiesta del detenuto di accesso a qualsivoglia beneficio penitenziario o misura alternativa alla detenzione; se la Corte internazionale ritiene di non consentire l’accesso ad una misura prevista dal nostro ordinamento, il Ministro può chiedere alla Corte di disporre il trasferimento del condannato in altro Stato.

L’articolo 19 disciplina gli ulteriori obblighi di tempestiva informazione alla Corte penale internazionale a carico del Ministro della Giustizia e riferiti alla situazione del condannato (morte, evasione,avvenuta espiazione della pena, nuovi procedimenti penali) mentre l'articolo 20 stabilisce che il luogo di espiazione della pena possa consistere in una sezione speciale di un istituto penitenziario ovvero in un carcere militare.

L’articolo 21 della legge dispone in ordine all’esecuzione delle pene pecuniarie: su richiesta del procuratore generale, la Corte d’appello di Roma può provvedere all’esecuzione della confisca dei profitti e dei beni disposta dalla Corte penale internazionale; i beni confiscati vengono messi a disposizione della Corte internazionale per il tramite del Ministero della giustizia, che agirà in base a modalità da individuare con decreto. La disposizione disciplina, altresì, l’esecuzione degli ordini di riparazione a favore delle vittime.

Nel caso di difficoltà nell’esecuzione di provvedimenti sopra indicati, l'articolo 22 disciplina la procedura di consultazione con la Corte penale internazionale, la cui finalità è anche la conservazione dei mezzi di prova.

L'articolo 23 reca una serie di disposizioni in materia di giurisdizione, prevedendo l’applicazione delle disposizioni vigenti in materia di riparto tra la giurisdizione ordinaria e quella penale militare. Per i fatti rientranti nella giurisdizione penale militare, le funzioni attribuite al Ministro della giustizia devono essere esercitate d’intesa con il Ministro della difesa, restando salva la competenza esclusiva del Ministero della difesa per quanto attiene all’ordinamento penitenziario militare.