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Temi dell'attività Parlamentare

Legge 116/2009 - Ratifica Convenzione di Merida

Il Parlamento ha approvato la legge 116/2009, con la quale ha ratificato la Convenzione delle Nazioni Unite del 2003 contro la corruzione (c.d. Convenzione di Merida) ed ha dettato norme di adeguamento interno.

La Convenzione di Merida (2003)

La Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione, adottata dall’Assemblea generale il 31 ottobre 2003 e aperta alla firma a Merida dal 9 all’11 dicembre dello stesso anno, è entrata in vigore a livello internazionale il 14 dicembre 2005.

La Convenzione si articola in un Preambolo e 71 articoli suddivisi in VIII titoli. In particolare, il titolo I espone l'oggetto della Convenzione, definisce i termini impiegati nel corpo del testo, ne enuncia il campo di applicazione e ricorda il principio di protezione della sovranità degli Stati parte.

Agli obblighi posti agli Stati parte per l'adozione di efficaci politiche di prevenzione della corruzione è dedicato l’intero titolo II, che prevede diverse misure miranti al tempo stesso a coinvolgere il settore pubblico e il settore privato. Esse includono meccanismi istituzionali, quali la creazione di uno specifico organo anticorruzione, codici di condotta e politiche favorevoli al buon governo, allo stato di diritto, alla trasparenza e alla responsabilità. Da notare specialmente che la Convenzione sottolinea il ruolo importante della società civile, in particolare di organizzazioni non governative e di iniziative a livello locale, e invita gli Stati parte a incoraggiare attivamente la partecipazione dell'opinione pubblica e la sensibilizzazione di essa al problema della corruzione.

Per quanto concerne le misure penali (titolo III), la Convenzione pone in capo agli Stati parte l'obbligo di conferire carattere penale a una grande diversità di infrazioni correlate ad atti di corruzione, qualora esse non siano già nel diritto interno definite come infrazioni penali. Rispetto ad alcuni atti la Convenzione rende l'incriminazione imperativa, mentre agli Stati parte è indicata la prospettiva di individuare figure supplementari di infrazione. Un elemento innovativo della Convenzione contro la corruzione è l’ampliamento del campo di applicazione: essa non prende in considerazione solamente forme elementari e "tradizionali" di corruzione, ma anche atti commessi allo scopo di facilitare la corruzione stessa, quali l'ostacolo al buon funzionamento della giustizia, o la ricettazione o il riciclaggio di proventi della corruzione. Infine, la sezione della Convenzione dedicata agli aspetti penali tratta altrettanto efficacemente della corruzione nel settore privato.

Per quanto concerne la cooperazione internazionale (titolo IV), la Convenzione ne sottolinea l'essenzialità in tutti i momenti della lotta contro la corruzione (prevenzione, indagini, perseguimento dei responsabili, sequestro e restituzione dei beni illecitamente ottenuti). In base alla Convenzione sono previste specifiche forme di cooperazione internazionale, quali l'assistenza giudiziaria nel campo della raccolta e della trasmissione di elementi di prova, dell'estradizione, del congelamento, sequestro e confisca dei proventi della corruzione. A differenza dei precedenti strumenti internazionali, la Convenzione prevede una mutua assistenza giudiziaria anche in assenza di doppia incriminazione - ossia dell’esistenza della figura di reato in entrambi gli ordinamenti nazionali -, qualora tale assistenza non implichi misure coercitive.

Uno dei principi più innovativi e fondamentali della Convenzione è quello della restituzione dei beni o somme illecitamente ottenuti (titolo V) attraverso la corruzione stessa: una sezione della Convenzione precisa le modalità di cooperazione e di mutua assistenza in vista della restituzione dei proventi della corruzione a uno Stato parte che ne faccia richiesta, come anche a singoli individui vittime della corruzione o legittimi proprietari.

Il titoli VI e VII comprendono articoli che riguardano rispettivamente l’uno l’assistenza tecnica e lo scambio di informazioni, l’altro i meccanismi applicativi della Convenzione. Le clausole finali (titolo VIII) riguardano, tra l’altro, l’attuazione della Convenzione, i meccanismi di composizione delle controversie e di denuncia della Convenzione, la cui entrata in vigore è stabilita il novantesimo giorno successivo al deposito del trentesimo strumento di ratifica. Per un esame più analitico del contenuto della Convenzione si rinvia al dossier del Servizio studi della Camera del luglio 2009.

L'iter parlamentare

Il provvedimento avvia l'iter nel luglio del 2008 al Senato, dove sono presentati dall'opposizione due disegni di legge (solo successivamente interverrà il disegno di legge del Governo AS. 1594), che riprendevano una proposta legislativa d’iniziativa governativa approvata all'unanimità nella XV° legislatura dalla sola Camera dei deputati, e poi decaduta per l’anticipato termine della stessa legislatura. Il testo unificato approvato dal Senato il 26 giugno 2009 sarà recepito dalla Camera e definitivamente approvato il 29 luglio dello stesso anno.

Il contenuto della legge

I primi due articoli della legge 116/2009 autorizzano, come di consueto, la ratifica e l’esecuzione della c.d. Convenzione di Merida.

L’articolo 3 della legge – al fine di adeguare l’ordinamento interno alle previsioni dell’articolo 16 della Convenzione – novella il secondo comma, numero 2), dell’art. 322-bis del codice penale, relativo al delitto di peculato, concussione, induzione indebita a dare o promettere utilità, corruzione e istigazione alla corruzione di membri della Corte penale internazionale o degli organi delle Comunità europee e di funzionari delle Comunità europee e di Stati esteri.

Il testo novellato prevede che la punibilità dei fatti di istigazione alla corruzione o di corruzione, per coloro che esercitano funzioni o attività corrispondenti a quelle dei pubblici ufficiali e degli incaricati di un pubblico servizio nell'ambito di altri Stati esteri o organizzazioni pubbliche internazionali sussista non soltanto qualora il fatto sia commesso per procurare a sé o ad altri un indebito vantaggio in operazioni economiche internazionali ma anche al fine di ottenere o di mantenere un'attività economica o finanziaria.Si sottolinea che sul medesimo articolo del codice penale sono poi intervenute anche la legge 190/2012 e la legge 237/2012, che non hanno modificato però gli aspetti introdotti dalla legge in commento. 

L'articolo 4 della legge 116/2009 – adeguando l’ordinamento italiano alle previsioni dell’articolo 26 della Convenzione - inserisce un nuovo articolo nel decreto legislativo 231/2001, in tema di responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche. Il nuovo articolo 25-decies è volto a sanzionare l’ente in relazione alla commissione del delitto di induzione a non rendere dichiarazioni o a rendere dichiarazioni mendaci all’autorità giudiziaria, di cui all’art. 377-bis, c.p. Laddove si ravvisi in relazione alla commissione del delitto una responsabilità della persona giuridica, dovrà applicarsi all’ente la sanzione pecuniaria fino a 500 quote.

L'articolo 5 – per adeguare l’ordinamento italiano alle previsioni del Titolo V della Convenzione, relativo alla restituzione dei beni - inserisce due ulteriori articoli nel libro XI del codice di procedura penale, dedicato ai rapporti con le autorità straniere. Le nuove disposizioni (articoli 740-bis e 740-ter c.p.p.) attengono, in particolare, alla devoluzione allo Stato estero interessato dei beni confiscati sul territorio italiano in esecuzione di provvedimenti di confisca adottato all’estero.

Il tema non è nuovo al nostro ordinamento. Basti ricordare che con la legge 9 agosto 1993, n. 328 (Ratifica ed esecuzione della convenzione sul riciclaggio, la ricerca, il sequestro e la confisca dei proventi di reato, fatta a Strasburgo l'8 novembre 1990) sono state introdotte nel codice una serie di disposizioni che permettono l’esecuzione di un provvedimento di confisca straniero attraverso il riconoscimento della sentenza che lo dispone (art. 735-bis c.p.p.); di consentire indagini e il sequestro, su richiesta di un’autorità straniera, su beni che potrebbero divenire oggetto di confisca (art. 737-bis) e di richiedere alle autorità estere lo svolgimento di indagini agli stessi fini cautelari (art. 745, comma 2-bis).

Il nuovo articolo 740-bis c.p.p. prevede che, in presenza di appositi accordi internazionali (come ad esempio la convenzione oggetto di ratifica), le cose confiscate con sentenza definitiva o con altro provvedimento irrevocabile debbano essere devolute allo Stato estero nel quale è stata pronunciata la sentenza ovvero è stato adottato il provvedimento di confisca (comma 1). Ciò in quanto (comma 2):

  • vi sia una espressa richiesta in tal senso da parte dello Stato estero;
  • la sentenza o il provvedimento di confisca siano stati riconosciuti in Italia ai sensi degli articoli 731, 733 e 734 del codice di procedura penale.

Il nuovo articolo 740-ter c.p.p. stabilisce – in riferimento al relativo ordine di devoluzione delle cose confiscate - che debba essere la Corte d’appello, nel provvedimento con il quale delibera il riconoscimento della sentenza straniera o del provvedimento di confisca, a ordinare contestualmente la devoluzione della cose confiscate ai sensi dell’art. 740-bis (comma 1). Copia del provvedimento dovrà essere trasmessa al Ministro della giustizia che concorderà con lo Stato estero richiedente le modalità della devoluzione (comma 2).

L’articolo 6 della legge designa quale Autorità nazionale anticorruzione, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, il soggetto al quale l’articolo 68, comma 6-bis, del D.L. 112/2008 ha trasferito le competenze dell’Alto Commissario anticorruzione (soppresso dal comma 6 dello stesso articolo 68), ovvero il Ministro per la pubblica amministrazione e la semplificazione, dando a quest’ultimo la facoltà di delegare un sottosegretario di Stato. Su questa designazione è poi intervenuta la c.d. legge anticorruzione (legge 190/2012) che all'art. 1, comma 2 ha individuato quale Autorità nazionale anticorruzione la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l'integrità delle amministrazioni pubbliche (CIVIT).

La finalità dell’individuazione di tale Autorità consiste, ai sensi dell’articolo 6 della Convenzione, nella prevenzione della corruzione attraverso l’applicazione delle politiche previste dalla Convenzione (e, ove necessario, la supervisione ed il coordinamento di tale applicazione) nonché l’accrescimento e la diffusione delle conoscenze concernenti la prevenzione della corruzione.

L’articolo 7, infine, individua nel Ministro della giustizia l’autorità centrale richiesta dalla Convenzione (articolo 46, paragrafo 13) per ricevere le richieste di assistenza giudiziaria ed eseguirle o trasmetterle alle autorità competenti per l’esecuzione.