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Temi dell'attività Parlamentare

Distretti produttivi e reti di imprese

Distretti, reti e contratti di rete

 

I distretti produttivi rappresentano uno dei maggiori punti di forza del sistema produttivo italiano e si configurano come sistemi produttivi locali omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese industriali, prevalentemente di piccola e media dimensione, e dall'elevata specializzazione produttiva.

Le reti di imprese sono invece forme di coordinamento di natura contrattuale tra imprese, soprattutto di piccola e media dimensione, che vogliono aumentare la forza sul mercato senza doversi fondere o unire sotto il controllo di un unico soggetto.

Negli ultimi anni il Parlamento ha  inteso intervenire sulle reti di impresa soprattutto per aumentare la competitività delle imprese stesse e per superare in parte il limite derivante dal nostro tessuto produttivo formato da imprese di piccole e piccolissime dimensioni. Infatti entrando nella rete le imprese diventano parte di un grande sistema e possono beneficiare delle economie di scala del grande sistema cui appartengono. Più in particolare aumentano la loro capacità di investire in R&S, estendono il loro bacino di domanda, aprono servizi di vendita all’estero, aumentano la gamma di prodotti/servizi offerti. Le reti possono rimanere sia all’interno dei distretti e delle filiere produttive oppure possono anche attivare collaborazioni con centri di ricerca o di formazione .

La disciplina del contratto di rete risulta contenuta principalmente nell’ articolo 3, commi 4-ter - 4-quinques del decreto-legge 5/2009  che è stato successivamente modificato.

Le disposizioni dettano alcune caratteristiche fondamentali che il contratto di rete deve assumere per essere riconosciuto come tale all'interno dell'ordinamento giuridico:

  • esso deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente trasmesso ai competenti uffici del registro delle imprese;
  • è, inoltre, soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante e la sua efficacia inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte.
  • deve possedere le seguenti caratteristiche principali:
  1. lo scopo del contratto deve essere quello di accrescere la capacità innovativa e la competitività sul mercato;  
  2. gli obblighi di collaborazione devono concretizzarsi in forme e in ambiti predeterminati come lo scambio di informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero l'esercizio in comune di una o più attività rientranti nell’oggetto della propria impresa;  
  3. deve essere previsto un fondo patrimoniale e un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l’esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso;
  4. può essere prevista la possibilità di acquisire soggettività giuridica.

 

L'evoluzione normativa sui distretti industriali

Il riconoscimento giuridico dei distretti si è avuto per la prima volta con la legge 5 ottobre 1991, n. 317.

Sino a quel momento i distretti industriali non avevano avuto alcuna effettiva identità istituzionale, ma l’interazione con il governo locale si era basata sulla formazione di consorzi e di associazioni locali di categoria.

La legge n. 317 del 1991 ha previsto un ampio coinvolgimento delle regioni sia nell’individuazione dei distretti, sia nell'attività di sostegno e finanziamento degli stessi attraverso i consorzi di sviluppo industriale. Veniva, infatti, asegnato alle regioni il compito di individuare, previo parere delle unioni regionali delle camere di commercio, i distretti industriali presenti nel proprio territorio sulla base degli indirizzi e di parametri di riferimento fissati con decreto ministeriale. Una volta individuati in questo modo i distretti industriali, le regioni possono approvare finanziamenti a loro diretti. Tale decreto venne emanato nell’aprile del 1993; in esso veniva sostanzialmente adottata una metodologia puramente quantitativa e fondata su dati Istat in merito al grado di specializzazione locale della forza lavoro e della struttura industriale.La metodologia di analisi basata sui sistemi locali del lavoro si focalizzava, infatti, sulla presenza di un elevato numero di piccole imprese ed un limitato pendolarismo dei locali verso l’esterno dell’area.

Per altro, tali analisi statistiche, a fronte del vantaggio di elevata comparabilità, non tenevano conto di una serie di fattori che contribuivano alla definizione di un distretto industriale, quali le relazioni verticali tra imprese, il rapporto con il territorio, gli scambi commerciali, le asimmetrie nelle dimensioni d’impresa. Sebbene nei primi anni successivi al 1991 vi furono diversi studi che proposero differenti metodi per l’individuazione dei distretti, le regioni si attennero a quanto espressamente predisposto nel DM del 1993. Successivamente alla definizione dei limiti geografici dei distretti industriali si avviarono progressivamente degli interventi da parte del governo centrale che definivano delle risorse ad essi dedicate.

La legge del 1991 non proponeva alle regioni un chiaro indirizzo in termini procedurali per la gestione attiva delle risorse finanziarie per i distretti. In quest’ottica venivano a mancare sin dall’inizio dei riferimenti univoci per un successivo sviluppo di un’effettiva governance dei distretti stessi.

Nel complesso, in questa fase iniziale il legislatore concedeva alle regioni l’opportunità di intervenire sul territorio finanziando dei consorzi tramite dei contratti di programma. Non era invece esplicitamente contemplata l’opportunità di finanziare centri per l’innovazione o società consortili, anche miste. Alla stesura dei contratti di programma potevano partecipare i membri del comitato di distretto, i quali erano tipicamente comuni, camere di commercio, associazioni di categoria, consorzi interaziendali.

Il primo documento economico che riconosce esplicitamente i distretti industriali è la Deliberazione CIPE del 21/03/97, in base alla quale i distretti industriali possono farsi promotori per i contratti di programma.

Un successivo rilevante intervento legislativo orientato al finanziamento dei distretti industriali è quello della legge 266/1997 (Legge Bersani). La legge dispone la concessione di un contributo (che non può superare il 50% della spesa prevista) per l’innovazione informatica e delle telecomunicazioni dei distretti. La Legge Bersani prevede inoltre che ai consorzi di sviluppo industriale senza fini di lucro costituiti dalle regioni, che intervengano come le società consortili miste pubbliche e private a favore delle piccole imprese, siano attribuiti – da parte delle stesse regioni – oltre ai finanziamenti per i distretti industriali, anche contributi in conto capitale finalizzati alle prestazioni di beni e servizi per l’innovazione e lo sviluppo tecnologico, gestionale e amministrativo.

Al 1997 meno della metà delle regioni italiane (Abruzzo, Campania, Friuli, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Sardegna e Toscana) avevano identificato con provvedimenti specifici i distretti industriali esistenti nel proprio territorio. Tra queste solo tre regioni, Lombardia, Piemonte e Toscana, avevano avviato concreti programmi operativi, mentre molte regioni non avevano ancora provveduto ad iniziare neppure la prima fase di indagine del territorio.

Con la legge 140/1999 si interviene nuovamente sui distretti industriali al fine di semplificare i relativi criteri di individuazione. In questa circostanza si realizza un importante intervento che riconosce come i distretti non possano essere semplicemente ricondotti a delle strutture organizzative del lavoro. In particolare, la legge sostituiva alla precedente definizione di sistemi locali del lavoro, quella di sistemi produttivi locali. La stessa legge conferiva poi il compito alle regioni di attivarsi per il finanziamento di progetti innovativi proposti da privati appartenenti ai distretti industriali. Nel complesso la nuova legge garantiva una maggiore flessibilità nell’individuazione delle aree rilevanti ed incrementava il raggio di azione delle regioni nell’ambito della politica industriale a favore dell’innovazione tecnologica locale.

A seguito della legge 140/1999, le Regioni hanno cercato di definire criteri comuni per l’individuazione dei distretti industriali e dei sistemi produttivi locali. Nel Coordinamento del 21 ottobre 1999 le Regioni hanno convenuto di:

  • mantenere ai distretti industriali i caratteri della loro specificità;
  • utilizzare come criteri di selezione quelli indicati nel D.M. 21 aprile 1993, aggiornati al censimento intermedio Istat 1996, modulando però tali criteri su una fascia di oscillazione che considera le realtà produttive del Centro Nord e del Sud;
  • considerare per le realtà produttive del Sud anche indicatori qualitativi;
  • rilevare che comunque i sistemi locali del lavoro non sono esaustivi come ambiti territoriali di riferimento.

Il quadro normativo sul tema della delega alle regioni della gestione della politica industriale all’interno dei distretti è completato dai seguenti interventi:

  • decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998, in attuazione della legge 59/1997, con cui vengono effettivamente delegate alle regioni le funzioni inerenti alla concessione di agevolazioni, contributi, incentivi e benefici di qualsiasi genere all’industria, compresi gli interventi per le piccole imprese. In particolare, le risorse previste dalla legge 59/1997 per sostenere gli interventi nei distretti industriali dovranno alimentare il Fondo Unico regionale;
  • decreto-legge n. 79 del 16 marzo 1999, con il quale, in merito alla liberalizzazione del mercato dell’energia elettrica, si riconosceva alle imprese appartenenti ad un distretto di consorziarsi per beneficiare di costi minori sull’energia.

    La legge 23 dicembre 2005, n.266 (legge finanziaria per il 2006) è intervenuta in materia prevedendo che con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze si provveda a precisare le caratteristiche e le modalità di individuazione dei distretti produttivi, qualificati come libere aggregazioni di imprese articolate sul piano territoriale e sul piano funzionale, aventi le finalità di:

    • accrescimento dello sviluppo delle aree e dei settori di riferimento;
    • miglioramento dell'efficienza nell'organizzazione e nella produzione.

    La disposizione prefigura dunque la definizione di due distinte tipologie di distretti: quelli territoriali e quelli funzionali.

    I distretti territoriali, maggiormente ancorati all'esperienza maturata fino a quel momento nel settore dei distretti produttivi, si caratterizzano per la comune appartenenza delle imprese che vi afferiscono ad un medesimo settore produttivo, oltre che ad uno stesso ambito territoriale.

    I distretti funzionali, scaturiscono da una libera aggregazione di imprese che cooperano in modo intersettoriale in una logica di mutual business; si prescinde così dalla sussistenza di legami con specifici territori, in funzione del perseguimento di sinergie fra imprese svolgenti attività complementari o comunque connesse, ai fini dell'accesso ad opportunità presenti sul mercato che presuppongono una integrazione dell'offerta produttiva ovvero ai fini dell'ammissione a determinati regimi particolari all'uopo previsti dalla legge.

    L'adesione ai distretti da parte di imprese industriali, dei servizi, turistiche, agricole e della pesca è libera.

    Il comma 368 determina le disposizioni tributarie, amministrative, finanziarie e di promozione della ricerca e dello sviluppo, applicabili ai distretti produttivi. Con esse viene prevista, in sintesi, la possibilità, per le imprese appartenenti a distretti produttivi, di dare vita a un ambito comune per la fiscalità, gli adempimenti amministrativi e la finanza.

    La lettera a) individua la disciplina tributaria.

    Viene prevista – su base comunque opzionale – la possibilità di due diverse aggregazioni, costituite rispettivamente dal consolidamento fiscale (secondo cui le società di capitali facenti parte di distretti verrebbero sostanzialmente equiparate ad un gruppo) e dalla tassazione unitaria (caratterizzata da un reddito imponibile di distretto che comprende quello delle imprese che hanno optato per la tassazione unitaria). A quest’ultima possono accedere anche le imprese non soggette all'imposta sul reddito delle società (IRES). Tanto nella tassazione consolidata (riferita alle sole imposte sul reddito) quanto nella tassazione unitaria (applicabile sia alle imposte sul reddito, sia alle entrate locali) il distretto è individuato come unità fiscale di riferimento (cfr. amplius infra).

    La lettera b) del comma 368 individua alcune disposizioni amministrative applicabili ai distretti produttivi.

    Ai fini della semplificazione degli adempimenti burocratici posti a carico delle imprese che aderiscono ai distretti, la norma prevede la facoltà per il distretto di svolgere talune funzioni quali l'esecuzione, in nome e per conto dell'impresa, degli adempimenti burocratici connessi con lo svolgimento dell'attività, nonché la "certificazione" dell’esattezza dell'iter procedurale seguito; si prevede, inoltre, il riconoscimento ai distretti della facoltà di stipulare negozi di diritto privato per conto delle imprese ad essi aderenti sulla base delle norme civilistiche che disciplinano il mandato.

    A fronte di quest’attività amministrativa svolta dal distretto, la cui rispondenza alle norme di legge è dichiarata dal distretto stesso, le pubbliche amministrazioni e gli enti pubblici interessati provvedono di conseguenza nei riguardi delle imprese senza esperire alcun altro controllo.

    Viene altresì consentito ai distretti di accedere con apposita convenzione ai sistemi informativi e agli archivi informatici delle pubbliche amministrazioni, rimandando ad un successivo decreto l'individuazione delle concrete modalità applicative della disposizione.

    La lettera c) individua, quindi, una serie di disposizioni finanziarie applicabili ai distretti.

    Si tratta in particolare di interventi diretti ad agevolare l'accesso al credito, a promuovere contenimento dei rischi e a favorire la capitalizzazione delle imprese appartenenti al distretto. Venivano, a tal proposito, previste forme e condizioni semplificate per la cartolarizzazione dei crediti concessi da più banche o intermediari finanziari alle imprese facenti parte del distretto, agli effetti della cessione a un'unica società.

    La lettera d) detta infine disposizioni in materia di ricerca e sviluppo, prevedendo l'istituzione dell'Agenzia per la diffusione delle tecnologie per l'innovazione, chiamata a concorrere all'accrescimento della competitività delle piccole e medie imprese e dei distretti industriali attraverso la diffusione delle nuove tecnologie e delle relative applicazioni industriali (numero 1). All'Agenzia veniva assegnato il compito di promuovere l'integrazione fra il sistema della ricerca e il sistema produttivo provvedendo ad individuare a valorizzare e a diffondere nuove conoscenze tecnologiche, brevetti ed applicazioni industriali su scala sia nazionale che internazionale.

    La norma prevedeva, inoltre, la stipula, da parte dell’Agenzia di convenzioni e contratti con soggetti pubblici e privati che ne condividono le finalità (numero 3).

    Attraverso decreti di natura non regolamentare, la Presidenza del Consiglio dei ministri - alla cui vigilanza l’Agenzia viene sottoposta e alla quale è, altresì, rimessa l'approvazione del relativo statuto (ai sensi del numero 4) - era incaricata di provvedere alla definizione di criteri e modalità per lo svolgimento delle attività istituzionali dell’Agenzia, sentiti i Ministeri dell’istruzione, dell’economia e delle attività produttive, nonché i Ministri per lo sviluppo e la coesione territoriale e per l’innovazione e le tecnologie, se nominati.

    L'applicazione delle nuove disposizioni relative ai distretti veniva estesa anche (comma 369):

    Veniva, inoltre, previsto che le funzioni di assistenza alle imprese, esercitate dai comuni prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, potessero essere svolte anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale di cui all’articolo 36, comma 4, della citata legge 5 ottobre 1991, n. 317 (comma 370).

    La normativa sui distretti prevista dalla legge finanziaria per il 2006 è stata oggetto di ricorso da parte di alcune Regioni presso la Corte costituzionale, che con sentenza 18 aprile-11 maggio 2007, n. 165 (Gazz. Uff. 16 maggio 2007, n. 19 - Prima serie speciale) ne ha dichiarato l’illegittimità di alcune parti che non prevedevano l’intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le Regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano.

    La legge finanziaria per il 2007, attraverso la novella della legge n. 266/2005 (legge finanziaria 2006), ha introdotto disposizioni relative al cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti produttivi.

    La novella alla legge finanziaria per il 2006 ha riconosciuto, in attesa dell’adozione del decreto di individuazione dei distretti produttivi, un contributo statale a progetti regionali riguardanti tali distretti, per un ammontare massimo del 50% delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto.

    I commi 889-891 hanno recato disposizioni relative al cofinanziamento statale di progetti regionali in materia di distretti produttivi.

    Novellando la legge n. 266/2005 mediante l’aggiunta dei commi 371-bis e 371-ter, tali disposizioni hanno previsto - in attesa dell’adozione del decreto di individuazione dei distretti produttivi - la possibilità di riconoscere un’agevolazione a progetti regionali riguardanti tali distretti, per un ammontare massimo del 50 per cento delle risorse pubbliche complessivamente impiegate in ciascun progetto.

    L‘articolo 6-bis del decreto-legge n. 112/2008  ha modificato in più parti la disciplina sui distretti produttivi introdotta dalla legge finanziaria 2006, eliminando, in particolare, le disposizioni relative al consolidamento fiscale ed alla tassazione unitaria per le imprese appartenenti ai distretti produttivi, che sono sostituite da norme di semplificazione ai fini degli adempimenti IVA (al riguardo, vedi però infra).

    Inoltre, ha esteso la normativa sui distretti produttivi come modificata - ad eccezione delle disposizioni concernenti i tributi dovuti agli enti locali- alle reti delle imprese (di livello nazionale), nonché alle catene di fornitura (comma 2).

    La definizione delle caratteristiche e delle modalità di individuazione delle reti delle imprese e delle catene di fornitura è stata demandata ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico da adottarsi di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, previa intesa con la Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e Bolzano, sentite le regioni interessate .

    Con l’articolo 3 (commi da 1 a 3 e comma 4) del decreto-legge n. 5/2009 (cd. decreto “rottamazione”), come modificato in sede di conversione, si è intervenuti nuovamente sulla disciplina fiscale dei distretti produttivi reintroducendo il regime fiscale previsto dal testo originario della legge finanziaria 2006.

    In particolare, le modifiche introdotte dal comma 1 dell’articolo 3 del D.L. 5/2009 sono state dirette ad includere anche i tributi locali nell’ambito dei benefici fiscali in favore delle reti d’imprese e delle catene di forniture, mentre il comma 2 ha ripreso la disciplina tributaria originariamente disposta dalla legge finanziaria 2006 e successivamente sostituita dal decreto legge n. 112/2008.

    In base alla disciplina reintrodotta (cfr. supra), il distretto può optare per l’applicazione di uno dei seguenti regimi tributari:

    1) regime della tassazione di distretto;

    2) regime della tassazione concordata con l’Amministrazione finanziaria.

    E' stata, inoltre, reintrodotta la disposizione, sopressa nel 2008, secondo cui lo svolgimento delle funzioni di assistenza alle imprese esercitate dai comuni prioritariamente attraverso gli sportelli unici per le attività produttive, possano essere svolte anche avvalendosi delle strutture tecnico-organizzative dei consorzi di sviluppo industriale.

    Il comma 1-quinquies dell’articolo 7, introdotto in sede di conversione in legge, interviene a sostegno delle iniziative di rilancio produttivo e di tutela occupazionale, in particolare per le imprese dei distretti operanti in alcuni settori. A tal fine, in attesa del decreto recante le modalità di funzionamento del Fondo per la finanza d'impresa, istituito dall’art. 1, comma 847 della legge finanziaria 2007 (L. 296/2006) e non ancora operativo, dispone l’utilizzo, per il 2009, di una quota delle risorse del fondo di garanzia di cui all’articolo 15 della legge 266/1997 (c.d. legge Bersani), confluito nello stesso Fondo per la finanza d’impresa. Tali risorse, per un ammontare non inferiore a 10 milioni di euro, sono state destinate, ai fini del rilascio di garanzie anche mediante ricorso ai consorzi di garanzia fidi, alle imprese operanti nei distretti produttivi del settore della concia, del tessile e del calzaturiero, nell’ambito dei quali siano state realizzate opere collettive per lo smaltimento o il riciclo dei rifiuti ovvero per il riciclo e la depurazione di almeno il 95% delle acque ad uso industriale.

     

    Evoluzione normativa del contratto di rete e delle reti di impresa

    Con l'articolo 3, i commi 4-ter, 4-quater e 4-quinquies, del decreto-legge n. 5/2009 sono stati disciplinati i contenuti essenziali del contratto di rete tra due o più imprese, con particolare riferimento ai diritti e agli obblighi assunti dalle imprese partecipanti e alle modalità di esecuzione dei contratti stessi.

    In particolare, il comma 4-ter prevede che con il contratto di rete, due o più imprese si obbligano ad esercitare in comune una o più attività economiche rientranti nell'ambito dei rispettivi oggetti sociali, allo scopo di accrescere la reciproca capacità innovative e la competitività sul mercato, e il comma 4-quinquies dispone infine che alle reti di imprese che nascono dalla conclusione di tale contratto si applichino le disposizioni di cui all'articolo 1, comma 368, lettera b) della legge 23 dicembre 2005, n. 266 (legge finanziaria 2006) e successive modificazioni (cioè le disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006).

    L’articolo 1, comma 1, della legge n. 99 del 23 luglio 2009  modifica ed integra la disciplina sul contratto di rete introdotta dal decreto-legge 5/2009, relativamente alle indicazioni da inserire nel contratto e alle disposizioni che si applicano alla rete di imprese che nasce dalla conclusione del medesimo contratto. Con riferimento a tale ultimo aspetto, si dispone l’applicazione alle reti delle imprese nascenti dalla conclusione di contratti di rete delle disposizioni amministrative, finanziarie e di ricerca e sviluppo previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (art. 1, comma 368, lettere b), c) e d) della legge 266/2005), subordinando però tale applicazione ad una apposita autorizzazione amministrativa. Si ricorda che invece il D.L. 5/2009 prevedeva l’applicazione alle reti delle imprese in oggetto solamente delle disposizioni amministrative previste per i distretti produttivi dalla legge finanziaria 2006 (senza però necessità di alcuna autorizzazione).

    Il comma 2 provvede all’abrogazione dell'articolo 6-bis del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112 (cfr. supra), le cui scelte normative, soprattutto per quanto concerne la disciplina fiscale, erano già peraltro state superate con il decreto-legge n. 5/2009.

    Il decreto-legge n. 78 del 2010 ha disposto il riconoscimento a favore delle imprese appartenenti ad una rete di imprese (nascente dalla conclusione del contratto di rete), di vantaggi fiscali, amministrativi e finanziari , compresa la possibilità di stipulare convenzioni con l'ABI alle condizioni che saranno stabilite con regolamento del Ministro dell'economia e delle finanze, da emanare entro 45 giorni dalla data di entrata in vigore del decreto-legge . E' stato, quindi ridisciplinato   il contratto di rete; invece di prevedere che due imprese esercitino in comune una o più attività economiche allo scopo di accrescere la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, è stato previsto che con il nuovo contratto di rete più imprenditori perseguano lo scopo di accrescere, individualmente e collettivamente, la propria capacità innovativa e la propria competitività sul mercato, obbligandosi, sulla base di un programma comune di rete, a collaborare in forme e in ambiti predeterminati attinenti all'esercizio delle proprie imprese ovvero a scambiarsi informazioni o prestazioni di natura industriale, commerciale, tecnica o tecnologica ovvero ancora ad esercitare in comune una o più attività rientranti nell'oggetto della propria impresa.

    Il contratto può anche prevedere l'istituzione di un fondo patrimoniale comune e la nomina di un organo comune incaricato di gestire, in nome e per conto dei partecipanti, l'esecuzione del contratto o di singole parti o fasi dello stesso. Ai fini degli adempimenti pubblicitari, il contratto deve essere redatto per atto pubblico o per scrittura privata autenticata e deve indicare:

    a) il nome, la ditta, la ragione o la denominazione sociale di ogni partecipante (rispetto alla norma precedente, si richiede che ciò risulti per originaria sottoscrizione del contratto o per adesione successiva);

    b) l'indicazione degli obiettivi strategici di innovazione e innalzamento della capacità competitiva dei partecipanti (rispetto alla norma precedente, non si richiede più che innovazione e competitività siano dimostrate, ma solo che siano indicate le modalità concordate tra gli stessi per misurare l'avanzamento verso tali obiettivi);

    c) la definizione (e non più "individuazione") di un programma di rete, che contenga l'enunciazione dei diritti e degli obblighi assunti da ciascun partecipante, le modalità di realizzazione dello scopo comune. Solo qualora sia prevista l'istituzione di un fondo patrimoniale comune, dovranno essere anche indicati la misura e i criteri di valutazione dei conferimenti iniziali e degli eventuali contributi successivi che ciascun partecipante si obbliga a versare al fondo nonché le regole di gestione del fondo medesimo; se consentito dal programma, l'esecuzione del conferimento può avvenire anche mediante apporto di un patrimonio destinato costituito ai sensi dell'art. 2447-bis, lett. a), del codice civile. Al fondo patrimoniale comune così costituito (ma, deve ritenersi, anche a quello previsto al secondo periodo del capoverso “4-ter”, che in buona parte vi coincide) si applicano, in quanto compatibili, le disposizioni di cui agli articoli 2614 e 2615 del codice civile, riguardanti, rispettivamente, il "Fondo consortile" e la "Responsabilità verso i terzi";

    d) la durata del contratto, le modalità di adesione di altri imprenditori e, se pattuite, le cause facoltative di recesso anticipato e le condizioni per l'esercizio del relativo diritto (il recesso è quindi ora solo facultizzato), ferma restando in ogni caso l'applicazione delle regole generali di legge in materia di scioglimento totale o parziale dei contratti plurilaterali con comunione di scopo (tale ultimo inciso è stato aggiunto rispetto alla norma precedente);

    e) le generalità del soggetto prescelto per svolgere l'ufficio di organo comune per l'esecuzione del contratto o di una o più parti o fasi di esso (ma solo se il contratto ne prevede l'istituzione), i poteri di gestione e di rappresentanza conferitigli come mandatario comune nonché le regole relative alla sua eventuale sostituzione durante la vigenza del contratto. Salvo che sia diversamente disposto nel contratto, l'organo comune agisce in rappresentanza degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto, nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione prevista dall'ordinamento nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza (il testo precedente su quest’ultimo punto faceva invece più semplicemente riferimento alla promozione e tutela dei prodotti italiani);

    f) le regole per l'assunzione delle decisioni dei partecipanti su ogni materia o aspetto di interesse comune che non rientri, quando è stato istituito un organo comune, nei poteri di gestione conferiti a tale organo, nonché, se il contratto prevede la modificabilità a maggioranza del programma di rete, le regole relative alle modalità di assunzione delle decisioni di modifica del programma medesimo. Si tratta di una previsione nuova rispetto al testo precedente, con cui si affronta la governance della rete istituita.

    Il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del Registro delle Imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante; l'efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l'ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari.

    Viene, quindi, introdotto una agevolazione fiscale per le imprese che sottoscrivono o aderiscono a un contratto di rete ai sensi all'articolo 3, comma 4-ter e seguenti, del decreto-legge n. 5 del 2009.

    In particolare per tali imprese viene previsto un regime di sospensione d’imposta relativamente alla quota degli utili dell'esercizio accantonati ad apposita riserva e destinati alla realizzazione di investimenti previsti dal programma comune di rete (preventivamente asseverato da organismi espressione dell'associazionismo imprenditoriale muniti dei requisiti previsti con decreto del Ministro dell'economia e delle finanze, ovvero, in via sussidiaria, da organismi pubblici individuati con il medesimo decreto). L’agevolazione opera per gli utili realizzati fino al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2012 ed interessa la quota degli stessi imputata al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato per le predette finalità di investimento. Gli utili accantonati concorrono a formare il reddito nell'esercizio in cui la riserva è utilizzata per finalità diverse dalla copertura di perdite di esercizio ovvero in cui viene meno l'adesione al contratto di rete. L'asseverazione è rilasciata previo riscontro della sussistenza nel caso specifico degli elementi propri del contratto di rete e dei relativi requisiti di partecipazione in capo alle imprese che lo hanno sottoscritto. L'Agenzia delle Entrate, avvalendosi dei poteri di cui al Titolo IV del D.P.R. 29 settembre 1973, n. 600, vigila sui contratti di rete e sulla realizzazione degli investimenti che hanno dato accesso all'agevolazione, revocando i benefici indebitamente fruiti. Viene precisato che l'importo che non concorre alla formazione del reddito d'impresa non può comunque superare il limite di euro 1.000.000. Gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare trovano espressione in bilancio in una corrispondente riserva, di cui viene data informazione in nota integrativa, e sono vincolati alla realizzazione degli investimenti previsti dal programma comune di rete. 

     L'agevolazione   può essere fruita, nel limite complessivo di 20 milioni di euro per il 2011 e di 14 milioni di euro per ciascuno degli anni 2012 e 2013, esclusivamente in sede di versamento del saldo delle imposte sui redditi dovute per il periodo di imposta relativo all'esercizio cui si riferiscono gli utili destinati al fondo patrimoniale comune o al patrimonio destinato all'affare. Per il periodo d’imposta successivo l’acconto delle imposte dirette è calcolato assumendo come imposta del periodo precedente quella che si sarebbe applicata in mancanza delle previsioni di cui al comma 2-quater.

     Un successivo provvedimento del Direttore dell’Agenzia delle entrate, da adottare entro 90 giorni dall'entrata in vigore della legge di conversione, dovrà individuare i criteri e le modalità di attuazione dell'agevolazione prevista , anche ai fini del rispetto del limite di spesa previsto.

     L'operatività dell'agevolazione è subordinata alla prescritta autorizzazione della Commissione europea.

    Si ricorda, inolte, che la legge 180/2011 pone tra i principi generali che concorrono a definire lo statuto giuridico delle imprese, la promozione dell'aggregazione tra imprese anche attraverso il sostegno ai distretti e alle reti di imprese. 

    Inoltre l’articolo 5 definisce:

    - «microimprese», «piccole imprese» e «medie imprese» le imprese che rientrano nelle definizioni recate dalla raccomandazione della Commissione europea 2003/361/CE del 6 maggio 2003 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale dell'Unione Europea n. 124 del 20 maggio 2003;

    - «distretti» i contesti produttivi omogenei, caratterizzati da un'elevata concentrazione di imprese, prevalentemente di micro, piccole e medie dimensioni, nonché dalla specializzazione produttiva di sistemi di imprese;

    - «distretti tecnologici» i contesti produttivi omogenei, caratterizzati dalla presenza di forti legami con il sistema della ricerca e dell'innovazione;

    - «meta-distretti tecnologici» le aree produttive innovative e di eccellenza, indipendentemente dai limiti territoriali, ancorché non strutturate e governate come reti;

    - «distretti del commercio» le aree produttive e le iniziative nelle quali i cittadini, le imprese e le formazioni sociali, liberamente aggregati, esercitano il commercio come fattore di valorizzazione di tutte le risorse di cui dispone il territorio;

    - «reti di impresa» le aggregazioni funzionali tra imprese che rientrano nelle definizioni recate dal decreto-legge 10 febbraio 2009, n. 5, e dall'articolo 42 del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 .

    Ancora l’articolo 13 che introduce norme sulla disciplina degli appalti pubblici, al comma 2, lettera b), prevede che, nel rispetto della normativa dell'Unione europea in materia di appalti pubblici, al fine di favorire l'accesso delle micro, piccole e medie imprese, la pubblica amministrazione e le autorità competenti, purché ciò non comporti nuovi o maggiori oneri finanziari, provvedono a semplificare l'accesso agli appalti delle aggregazioni fra micro, piccole e medie imprese privilegiando associazioni temporanee di imprese, forme consortili e reti di impresa, nell'ambito della disciplina che regola la materia dei contratti pubblici.

    Infine l’articolo 16, che introduce norme al fine di aumentare la competitività e la produttività delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese, prevede che lo Stato, nell'attuazione delle politiche pubbliche e attraverso l'adozione di appositi provvedimenti normativi, provvede a creare le condizioni più favorevoli per la ricerca e l'innovazione, l'internazionalizzazione e la capitalizzazione, la promozione del «Made in Italy» e, in particolare:

    - garantisce alle micro, piccole e medie imprese e alle reti di imprese una riserva minima del 60 per cento per ciascuna delle misure di incentivazione di natura automatica o valutativa, di cui almeno il 25 per cento è destinato alle micro e piccole imprese;

    - favorisce la cooperazione strategica tra le università e le micro, piccole e medie imprese;

    - favorisce la trasparenza nei rapporti fra gli intermediari finanziari e le micro, piccole e medie imprese e le reti di imprese, assicurando condizioni di accesso al credito informato, corretto e non vessatorio;

    - sostiene la promozione delle micro, piccole e medie imprese e delle reti di imprese nei mercati nazionali e internazionali.

    Il D.L. 83/2012 , con l’articolo 45, ha inteso favorire il contratto di rete. Infatti, con i commi 1 e 2, ha effettuato una semplificazione burocratica sulla forma contrattuale (prevedendo che possa essere redatto anche come atto firmato digitalmente) e sulle modalità di iscrizione presso il Registro delle imprese delle eventuali modifiche intervenute. Con il comma 3, si è prevede che ai contratti in esame non si applicano le norme sui contratti agrari.

     In particolare, il comma 1, alle modalità di redazione del contratto già previste dal citato comma 4-ter (atto pubblico o per scrittura privata autenticata) aggiunge la firma digitale autenticata dell’atto da parte di ciascun imprenditore o legale rappresentante delle imprese aderenti, e la sua trasmissione ai competenti uffici del registro delle imprese attraverso il modello standard tipizzato che sarà definito con decreto del Ministro della giustizia di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze e con il Ministro dello sviluppo economico.

    Il comma 2 integra il comma 4-quater disponendo che le modifiche al contratto di rete, devono essere redatte e depositate per l'iscrizione, a cura dell'impresa indicata nell'atto modificativo, presso la sezione del registro delle imprese presso cui è iscritta la stessa impresa. L'ufficio del registro delle imprese provvede alla comunicazione dell’avvenuta iscrizione delle modifiche al contratto di rete, a tutti gli altri uffici del registro delle imprese presso cui sono iscritte le altre partecipanti, che provvederanno alle relative annotazioni d'ufficio della modifica.

    In tal modo, si consente di fare un'unica iscrizione della modifica presso il Registro delle imprese della camera di commercio dell'impresa indicata nell'atto modificativo. Quest'ultimo ufficio provvede a comunicarla a tutti gli altri uffici presso i quali le imprese aderenti alla rete sono iscritte. 

    Con il comma 3, si prevede che ai contratti di rete stipulati tra imprenditori agricoli non si applichino le norme contenute nella legge n. 203 del 1982, recante principalmente norme dirette alla conversione ope legis di talune tipologie contrattuali ormai superate nonché alla regolazione di contratti di affitto.

    Infine, il D.L. 179/2012, con l’articolo 36, ha previsto che il contratto di rete possa acquisire acquisire la soggettività giuridica purché stipulato per atto pubblico o per scrittura privata autenticata, ovvero per atto firmato digitalmente. Più in particolare viene precisato che il contratto di rete che prevede l'organo comune e il fondo patrimoniale non e' dotato di soggettività giuridica, salva la facoltà di acquisto della stessa su base volontaria con l’iscrizione nel registro delle imprese nella cui circoscrizione è stabilita la sua sede.

    Con l'iscrizione nel registro delle imprese la rete acquista soggettività giuridica.

    L'organo comune agisce in rappresentanza

    • della rete, quando essa acquista soggettività giuridica,
    • degli imprenditori, anche individuali, partecipanti al contratto (salvo che sia diversamente disposto nello stesso), in assenza della soggettività,

    nelle procedure di programmazione negoziata con le pubbliche amministrazioni, nelle procedure inerenti ad interventi di garanzia per l'accesso al credito e in quelle inerenti allo sviluppo del sistema imprenditoriale nei processi di internazionalizzazione e di innovazione previsti dall'ordinamento, nonché all'utilizzazione di strumenti di promozione e tutela dei prodotti e marchi di qualità o di cui sia adeguatamente garantita la genuinità della provenienza

    Per gli adempimenti pubblicitari richiesti dal D.L. n. 5/09 (comma 4-quater dell’art. 3) il contratto di rete nel settore agricolo può essere sottoscritto dalle parti con l'assistenza di una o più organizzazioni professionali agricole. 

    Più precisamente le norme dispongono che il contratto di rete sottoscritto da imprenditori del comparto agricolo possa godere dell’assistenza di una, o più, delle organizzazioni professionali agricole maggiormente rappresentative a livello nazionale, che abbiano partecipato alla redazione finale dell’accordo. Detta assistenza sarebbe ammessa “ai fini degli adempimenti pubblicitari” di cui al comma 4-quater dell’articolo 3 del decreto legge n. 5/09.

    In merito, il comma 4-quater dispone che il contratto di rete è soggetto a iscrizione nella sezione del registro delle imprese presso cui è iscritto ciascun partecipante, e l’efficacia del contratto inizia a decorrere da quando è stata eseguita l’ultima delle iscrizioni prescritte a carico di tutti coloro che ne sono stati sottoscrittori originari. Le disposizioni si applicano anche alle modifiche al contratto, che saranno iscritte presso la sezione del registro in cui è iscritta l'impresa indicata nell'atto modificativo.

    Durante l’esame al Senato sono stati aggiunti il comma 5-bis ed il comma 5-ter recanti, rispettivamente, alcune modifiche al D.Lgs. n. 163 del 2006 (Codice dei contratti pubblici) relative alle aggregazioni tra imprese aderenti al contratto di rete, nonché disposizioni di semplificazione degli atti notarili.

    La prima modifica, indicata alla lettera a), aggiunge un’ulteriore tipologia ai soggetti ammessi a partecipare alle procedure di affidamento dei contratti pubblici ai sensi dell’art. 34 del Codice, ovvero le aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete ai sensi dell'art. 3, comma 4-ter, del decreto-legge n. 5 del 2009,

    La seconda modifica, prevista dalla lettera b), inserisce un comma aggiuntivo, il comma 15-bis all’art. 37, in base al quale le disposizioni recate da tale articolo, concernenti i raggruppamenti temporanei e i consorzi ordinari di concorrenti, sono applicate, in quanto compatibili, alle procedure di affidamento delle aggregazioni tra le imprese aderenti al contratto di rete.

    Distretti tecnologici

    Alla luce del nuovo scenario dell’economia globale e delle conseguenti crescenti pressioni competitive, è sorta l’esigenza di ammodernare il sistema dei distretti industriali attraverso l’introduzione di robuste dosi di tecnologia e di innovazione, in grado di valorizzarlo e di renderlo inattaccabile ad opera delle economie dei paesi meno avanzati. La ricerca è, infatti, unanimemente riconosciuta come la via prioritaria per far crescere le aziende nell’ambito di distretti innovativi ad alta tecnologia, concentrati a livello locale, dove i partecipanti sono messi in rete e condividono scienza, servizi e finanza.

    A questo proposito merita di essere segnalata l’evoluzione del fenomeno dei distretti che ha condotto all’istituzione dei “distretti tecnologici”, destinati a rafforzare settori tecnologicamente avanzati, quali, ad esempio, il distretto “Torino Wireless” per l'ICT (Information and Communication Technology), il distretto veneto per le nanotecnologie e quello campano per l’ingegneria dei materiali.

    Tali distretti, promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), Imprese, Fondazioni ed Istituzioni Finanziarie, nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio. Si tratta di iniziative in fase di avvio, il cui aspetto peculiare è rinvenibile nel fatto che i distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi, della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari, già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.

    A differenza dei distretti industriali tradizionali nati spontaneamente e che solo in un secondo momento hanno ottenuto riconoscimenti e finanziamenti pubblici, i distretti tecnologici sono promossi dall’azione concertata di Pubblica Amministrazione (locale e centrale), imprese, Fondazioni ed Istituzioni finanziarie, e nascono con l’obiettivo di creare in numerose aree del Paese poli per la ricerca e l’innovazione, specializzati per settore tecnologico, aventi l’ambizione di diventare centri di eccellenza anche a livello internazionale. In particolare, il distretto tecnologico si propone di creare un circolo virtuoso fra strutture di ricerca, imprese e finanziamenti pubblici e privati, capace di sviluppare una ricerca competitiva in grado di determinare forti ricadute di innovazione sul tessuto imprenditoriale del territorio.

    L’elemento chiave che accomuna i due tipi di distretti (industriali e tecnologici) è la dimensione territoriale che li caratterizza e la fondamentale funzione di valorizzazione delle specificità locali al fine di migliorare l’attrattività del territorio. I distretti tecnologici puntano a riprodurre nel campo dell’innovazione tecnologica i vantaggi della contiguità spaziale e dei rapporti reticolari già sperimentati con successo nei distretti industriali. La variabile nuova, in questo caso, è costituita dalla prevista cooperazione di imprese e strutture pubbliche di ricerca.

    L’iniziativa per la costituzione di distretti tecnologici spetta alle Regioni, che presentano un progetto al MIUR che provvede, qualora lo ritenga opportuno, al riconoscimento ufficiale della nuova realtà territoriale.

    Tali distretti, che rappresentano uno degli assi portanti delle linee guida per la politica scientifica e tecnologica varate dal Governo nell'aprile del 2003 e che si propongono di sostenere azioni, progetti e programmi almeno fino al 2006, sono il frutto di accordi tra il Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca e diversi attori locali.

    Su proposta del Ministro dell’istruzione, il CIPE, con la delibera del 20 dicembre 2004 ha approvato un finanziamento complessivo di 140 milioni di euro da destinare all'istituzione di nuovi poli tecnologici nel Mezzogiornodel Paese, dal momento che i distretti tecnologici sono concentrati, soprattutto, nelle regioni del Centro e del Nord. La realizzazione o il potenziamento di distretti tecnologici - da sostenere congiuntamente con le regioni e gli altri enti nazionali e territoriali – rientrava inoltre tra le priorità individuate dal decreto-legge 35/2005.

    Secondo dati aggiornati al 15 marzo 2006 (v. dati sui distretti), i distretti tecnologici riconosciuti dal MIUR sono 24. Di questi quattro risultano in fase di costituzione nelle seguenti regioni: Umbria, Abruzzo, Molise e Basilicata.

    Le regioni che attualmente ospitano i distretti tecnologici sono:Veneto, Lazio, Lombardia (che ne ha tre), Sicilia (tre) Emilia Romagna, Liguria, Piemonte, Friuli Venezia Giulia, Campania, Toscana, Puglia (3), Calabria (2) e Sardegna.

    Il distretto del Veneto, dedicato alle nanotecnologie applicate ai materiali (Veneto nanotech) è stato voluto dal Ministero dell'istruzione e dalla Regione e vi partecipano le Università di Padova e Venezia, il CNR, tre parchi scientifici (Verona, Marghera e Padova) e l'Infm. Il distretto conta su un sostegno finanziario di 60 milioni di euro per i primi cinque anni.

    Al distretto tecnologico aerospaziale del Lazio (che svolge studi dai materiali innovativi per componenti e strutture agli apparati di telecomunicazione e telerilevamento, fino alle tecnologie per la gestione del traffico aereo e aeroportuale), nato il 5 maggio 2004, hanno dato vita la Regione Lazio e il Ministero dell'istruzione.

    La regione Lombardia ospita tre distretti. Il primo il distretto tecnologico sulle biotecnologie, nato il 22 marzo 2004, svolge attività di ricerca nei settori della salute, dell'agro-zootecnia e dell'industria chimica e farmaceutica e si avvale di circa 8 milioni di euro di finanziamenti da parte dal ministero dell'Istruzione. Altri due distretti dedicati all'Information communication technology e ai nuovi materiali sono nati nel luglio del 2004. Un accordo tra il Ministero dell'istruzione e la Regione Lombardia prevede un finanziamento complessivo di 64 milioni di euro per gli anni 2004-2006.

    Il distretto tecnologico della Sicilia sui micro e nano-sistemi nasce nel novembre 2003 per volontà del Ministero dell'Istruzione, della Regione Sicilia, delle Università di Catania, Palermo e Messina e della società StMicroelectronics.

    Il distretto per l'alta tecnologia e la meccanica avanzata, dell’Emilia-Romagna, noto anche come distretto , è operativo dal 13 maggio 2004. Cuore del distretto sono le Università di Modena e Reggio Emilia, Bologna, Parma e Ferrara.

    Il distretto tecnologico della Liguria, dedicato ai sistemi intelligenti integrati, è stato avviato il 27 settembre 2004. I risultati della ricerca troveranno applicazione nel campo della logistica, dei sistemi di trasporto e dell'automazione industriale.

    Il distretto tecnologico del Piemonte, c.d. Torino wireless rappresenta un'area di eccellenza nell'ambito delle telecomunicazioni. Al distretto, creato nel dicembre del 2002, partecipano società come Alenia, Fiat, Motorola, StMicroelectronics e Telecom Italia. Il distretto tecnologico del Friuli-Venezia Giulia di biomedicina è finanziato dal Ministero dell'istruzione (15 milioni di euro) e dalla Regione (21 milioni di euro)

    Al distretto tecnologico della Campania sull'ingegneria dei materiali polimerici e compositi, nato il 17 luglio 2004, partecipano l'Università Federico II di Napoli, la Fondazione Banco di Napoli, il Centro italiano ricerche aerospaziali e un nutrito pool di imprese.

    In Puglia sono stati avviati nel 2005 un distrettobiotecnologico relativo alle biotecnologie applicate all'ambiente e alla sanità, un polo meccatronico, per l’automazione legata al settore tessile, della meccanica e dei mobili e un polo high tech dedicato alle nanoscienze, bioscienze e infoscienze.

    In Sicilia, al polo per il nanotech si sono affiancati un distretto per la ricerca applicata al campo dei trasporti navali e delle attività portuali e un terzo polo tecnologico dedicato all'agro-bio e alla pesca biocompatibile, all’interno del quale saranno sperimentate tecniche per la riproduzione e l'allevamento di specie ittiche in un ambiente marino protetto (2005).

    In Calabria sono sorti nel 2005 due distretti tecnologici. Il primonell'area di Gioia Tauro che si occupa delle tecnologie applicate alla logistica, come in parte già avviene a Genova, mentre il secondo sorto attorno a Crotone è dedicato alle tecnologie per i beni culturali.

    In Sardegna, nell'area fra Cagliari e Pula è sorto un distretto tecnologico nel settore della biomedicina e delle tecnologie per la salute (maggio 2005).

    Come anticipato risultano in fase di attuazione i distretti tecnologici in alcune regioni del Mezzogiorno. In particolare, in Basilicata dovrebbe essere avviato un distretto tecnologico sulle tecnologie innovative per la tutela dai rischi idrogeologici, sismici e climatologici. Il distretto dell’Abruzzo si occuperà di tecnologie applicate alla sicurezza alimentare e alla qualità degli alimenti, mentre in Molise si occuperà principalmente dell'agroindustria: tra le principali filiere della regione ci sono i cereali, l’ortofrutta e le carni avicole e suine.

    Per quanto riguarda la regione Umbria, i relazione a una proposta avanzata dalla Regione, si stanno conducendo approfondimenti riguardanti il settore dei materiali, quello delle micro e nanotecnologie e quello siderurgico.

    Sul sito della Rete italiana per la diffusione dell’innovazione e il trasferimento tecnologico alle imprese (RIDITT) è disponibile una mappa on line dei distretti tecnologici .

    Per approfondimenti, si vedano anche il sito dell’Osservatorio nazionale sui distretti tecnologici, il sito dell’ADITe (Associazione distretti tecnologici) e il volume "Osservatorio distretti 2013".

    Dossier pubblicati