Cerca nel sito

dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

Vai alla Legislatura corrente >>

Per visualizzare il contenuto multimediale è necessario installare il Flash Player Adobe e abilitare il javascript

MENU DI NAVIGAZIONE PRINCIPALE

Vai al contenuto

Fine contenuto

MENU DI NAVIGAZIONE DEL DOMINIO PARLAMENTO

INIZIO CONTENUTO

MENU DI NAVIGAZIONE DELLA SEZIONE

Salta il menu

Strumento di esplorazione della sezione Documenti Digitando almeno un carattere nel campo si ottengono uno o più risultati con relativo collegamento, il tempo di risposta dipende dal numero dei risultati trovati e dal processore e navigatore in uso.

salta l'esplora

Temi dell'attività Parlamentare

Legge 201/2010 - Protezione degli animali da compagnia

Il Parlamento ha approvato la legge 4 novembre 2010, n. 201, con la quale ha ratificato la Convenzione del Consiglio d'Europa del 1987, per la protezione degli animali da compagnia, dettando specifiche norme di adeguamento interno.

La Convenzione del Consiglio d'Europa

La Convenzione europea per la protezione degli animali da compagnia è stata fatta a Strasburgo il 13 novembre 1987 ed è in vigore dal 1° maggio 1992. La Convenzione si compone di un preambolo e di 23 articoli.

L’articolo 1 riporta alcune definizioni fondamentali per l’interpretazione della Convenzione, tra le quali quella di animali da compagnia, di allevamento e custodia di essi, di rifugio per animali, di animale randagio.

In base all’articolo 2 ciascuna delle Parti si impegna a provvedere all’attuazione delle disposizioni della Convenzione in esame con riferimento tanto agli animali da compagnia tenuti in alloggi domestici, in allevamenti e custodie o in rifugi, quanto se del caso agli animali randagi. E’ d’altronde previsto che ciascuna delle Parti possa adottare normative più rigorose di quelle dettate dalla Convenzione.

Gli articoli 3 e 4 riguardano i principi fondamentali per il benessere degli animali e per il loro mantenimento. E’ previsto che nessuno dovrà causare inutilmente sofferenze o angosce a un animale da compagnia, né tanto meno dare luogo al suo abbandono. Inoltre la responsabilità della salute e del benessere dell’animale è in capo al suo proprietario o comunque a chi abbia accettato di occuparsene. Cionondimeno, se l’animale si riveli incapace di adattarsi alla cattività esso non dovrà essere tenuto come animale da compagnia.

Gli articoli 5-7 riguardano la riproduzione, i limiti di età per l’acquisto di un animale da compagnia e le attività addestrative. E’ in particolare stabilito che nell’impiego di un animale da compagnia per la riproduzione si debba tener conto delle caratteristiche fisiologiche e comportamentali suscettibili di recare pericolo alla salute e al benessere della discendenza o della fattrice. Inoltre nessun animale dovrebbe essere venduto a minori di 16 anni in mancanza di un esplicito consenso di chi eserciti la potestà parentale. D’altra parte è vietata ogni forma di addestramento dannosa per la salute e il benessere dell’animale soprattutto se lo si costringa a prestazioni superiori alle sue capacità naturali, ovvero con l’utilizzazione di mezzi artificiali.

L’articolo 8 riguarda la detenzione di animali da compagnia a fini di commercio, allevamento, custodia a scopo di lucro, nonché i rifugi per scopi non commerciali. E’ dunque stabilito che chi eserciti le attività di cui al presente articolo, come anche chi intenda intraprendere una, sia tenuto a dichiararlo all’autorità competente, indicando in special modo , oltre alle specie animali oggetto dell’attività, le presone responsabili e le relative nozioni settoriali, e inoltre i locali e le attrezzature da utilizzare. L’autorità competente decide se quanto dichiarato in merito all’attività in essere o da intraprendere corrisponda ai canoni richiesti, e conseguentemente può vietare la prosecuzione o l’inizio dell’attività, ovvero raccomandare provvedimenti migliorativi.

In base all’articolo 9 è fatto divieto di utilizzare gli animali da compagnia nel campo della pubblicità, dello spettacolo, delle esposizioni o delle competizioni, qualora in tali attività ne vengano messi a rischio la salute e il benessere, ovvero le condizioni minime di corretto mantenimento. È inoltre previsto il divieto di somministrazione di sostanze o di applicazione di trattamenti agli animali da compagnia, tali da aumentarne o diminuirne il livello naturale di prestazione: il divieto è assoluto nel corso di competizioni, ed è limitato in tutti gli altri casi all’eventualità di rischi per la salute e il benessere dell’animale.

Gli articoli 10 e 11 concernono gli interventi chirurgici e l’uccisione di animali da compagnia. Per quanto riguarda il primo aspetto sono vietati gli interventi destinati a modificare il mero aspetto di un animale da compagnia, senza risvolti curativi - si elencano in particolare il taglio della coda o delle orecchie, la rescissione delle corde vocali e l’asportazione di unghie o denti. Unica eccezione ai divieti di cui in precedenza saranno gli interventi volti a impedire la riproduzione degli animali, o quelli che un veterinario giudicherà necessari per ragioni di medicina veterinaria o nell’interesse di un determinato animale.

Per quanto concerne gli interventi suscettibili di arrecare particolare dolore all’animale, essi dovranno essere effettuati esclusivamente in anestesia e da un veterinario, mentre è richiesto, per gli interventi non richiedenti anestesia, che siano praticati da una persona comunque competente.

L’uccisione di un animale da compagnia potrà essere praticata solo da un veterinario o da altra persona competente, ad eccezione di casi di urgenza nei quali si debba porre fine alle sofferenze di un animale. Principio-guida di ogni decisione è il minimo di sofferenze da arrecare all’animale, e il metodo prescelto dovrà consistere in una iniziale somministrazione anestetica profonda, seguita da un procedimento che provochi la morte in maniera assolutamente certa. Saranno comunque vietati metodi quali l’annegamento o l’asfissia, ovvero l’utilizzazione di veleni o droghe e anche l’uccisione mediante scariche elettriche, qualora non garantiscano la perdita di coscienza dell’animale prima della morte.

Gli articoli 12 e 13 riguardano le misure rivolte agli animali randagi, nei confronti dei quali sarà possibile adottare le misure necessarie a ridurne il numero qualora rappresenti un problema: tuttavia tali misure non dovranno causare se non il livello minimo di sofferenze fisiche e morali all’animale, tanto rispetto alla cattura che in ordine al mantenimento e alla soppressione del medesimo. E’ inoltre previsto un impegno (attenuato) delle Parti a considerare la possibilità di procedere all’identificazione permanente dell’animale.

E’ però previsto che si potrà fare eccezione ai principi appena elencati in materia di cattura, mantenimento e soppressione degli animali, qualora ciò si renda indispensabile nell’ambito di piani governativi di controllo delle malattie.

L’articolo 14 impegna le Parti allo sviluppo di programmi di informazione e di istruzione per diffondere nei confronti dei soggetti interessati, individuali e collettivi, le disposizioni e i principi della Convenzione in oggetto. In particolare si dovrà richiamare l’attenzione di scoraggiare l’utilizzazione degli animali da compagnia come mero premio od omaggio, come anche il loro acquisto superficiale e lo sviamento di animali selvatici al rango di animali da compagnia.

Gli articoli 15 e 16 concernono rispettivamente le consultazioni multilaterali tra le Parti della Convenzione e le procedure di emendamento della medesima. Dopo cinque anni successivi all’entrata in vigore della Convenzione e in seguito ogni cinque anni - e comunque ogni volta che ne faccia richiesta la maggioranza delle Parti - si terranno consultazioni in seno al Consiglio d’Europa sull’attuazione, la revisione o l’estensione della Convenzione. Ciascuna consultazione si concluderà con la presentazione di un rapporto al Comitato dei Ministri del Consiglio d’Europa.

Infine, gli articoli 17-23 sono dedicati alle consuete clausole finali della Convenzione, alla quale è aperta la firma degli Stati membri del Consiglio d’Europa, il cui Segretario Generale ne è altresì il depositario. E’ però previsto che dopo l’entrata in vigore il Comitato dei Ministri potrà invitare uno Stato membro del Consiglio d’Europa ad aderire alla Convenzione.

Le norme di adeguamento interno

Il provvedimento di ratifica della Convenzione avvia il proprio iter alla Camera con la calendarizzazione da parte delle Commissioni riunite Giustizia e Affari esteri del disegno di legge del Governo AC. 2836. Dopo l'approvazione da parte della Camera, il provvedimento è modificato dal Senato e dunque torna per la definitiva approvazione - il 27 ottobre 2010 - alla Camera.

Come peraltro affermato dalla stessa relazione introduttiva del disegno di legge del Governo, nel periodo trascorso tra la firma della Convenzione da parte dell’Italia e la presentazione del disegno di ratifica, la legislazione nazionale – soprattutto con la legge 281/1991 - e le norme regionali di recepimento hanno già in gran parte attuato le disposizioni della Convenzione, in molti casi anche superandone le previsioni minime. Ciò che la legislazione italiana ancora non contemplava erano misure atte a scoraggiare la violazione dei divieti posti dall’articolo 10 della Convenzione, come anche a colpire l’illecita introduzione di animali da compagnia nel territorio italiano, in violazione, tra l’altro, dell’articolo 12 della Convenzione.

A tali scopi, la legge 201/2010 non solo autorizza la ratifica della Convenzione (articolo 1) e detta l'ordine di esecuzione (articolo 2), ma contiene dettagliate norme di carattere penale e amministrativo.

Le modifiche al codice penale

Gli articoli 3 e 4 della legge contengono norme penali. In particolare, l'articolo 3 novella gli artt. 544-bis (Uccisione di animali) e 544-ter (Maltrattamento di animali) del codice penale (introdotti dalla legge 189/2004, Disposizioni concernenti il divieto di maltrattamento degli animali, nonché di impiego degli stessi in combattimenti clandestini o competizioni non autorizzate) aumentando le relative pene. Si prevede:

  • per il delitto di uccisione di animali, la reclusione da quattro mesi a due anni (in luogo della reclusione da tre a diciotto mesi);
  • per il delitto di maltrattamento di animali, la reclusione da 3 a 18 mesi o la multa da 5.000 a 30.000 euro (in luogo della reclusione da 3 mesi a un anno o la multa da 3.000 a 15.000 euro).

E' questo l'articolo del provvedimento sul quale sono state evidenti le differenti opinioni di Camera e Senato, che hanno determinato una necessaria navette. In particolare, in prima lettura la Camera dei deputati era intervenuta sul delitto di uccisione di animali eliminando il requisito della crudeltà nell’uccisione ed aveva interamente riscritto il delitto di maltrattamento di animali (eliminando il requisito della crudeltà nella condotta; aumentando la pena; prevedendo esplicitamente che il delitto di maltrattamento sussiste anche quando l’animale da compagnia è sottoposto al taglio o all’amputazione della coda o delle orecchie, alla recisione delle corde vocali, all’asportazione delle unghie o dei denti ovvero ad altri interventi chirurgici destinati a modificarne l’aspetto o finalizzati a scopi non terapeutici; escludendo la punibilità nel caso di interventi eseguiti da un veterinario per scopi terapeutici o per impedire la riproduzione dell’animale o nel caso di interventi considerati dallo stesso medico veterinario utili al benessere di un singolo animale, nei casi stabiliti da apposito regolamento). Nel corso dell'esame in Senato, il relatore del provvedimento aveva evidenziato come le modifiche agli articoli 544-bis e 544-ter dovessero trovare un contemperamento di interessi fra le diverse categorie anche produttive interessate a tali fattispecie di reato (conseguentemente nella seduta del 14 aprile 2010 l’Assemblea del Senato aveva deliberato il rinvio in Commissione del provvedimento, essendo emerse esigenze di approfondimento riferite all’articolo 3). Con l'approvazione di un emendamento del Governo il Senato ha deciso per una modifica più limitata delle fattispecie penali, relativa alla sola entità della pena e la Camera ha infine aderito a questa impostazione.

Il nuovo delitto di traffico illecito di animali da compagnia

L’articolo 4 della legge 201/2010 prevede una nuova fattispecie penale, il traffico illecito di animali da compagnia. La disposizione punisce con la reclusione da 3 mesi a un anno, e con la multa da 3.000 a 15.000 euro chiunque, al fine di procurare a sé o ad altri un profitto, reiteratamente o tramite attività organizzate, introduce in Italia animali da compagnia (come definiti dall'allegato I, parte A del regolamento comunitario n. 998 del 2003, ovvero cani e gatti) privi di certificazioni sanitarie e di sistemi di identificazione individuale (passaporto individuale, ove richiesto) ovvero, una volta introdotti nel territorio nazionale, li trasporta, cede o riceve. La pena è aumentata se gli animali:

  • hanno un’età (accertata) inferiore a 12 settimane;
  • provengono da zone sottoposte a misure restrittive di polizia veterinaria.

In caso di condanna o di patteggiamento della pena, la legge prevede la confisca dell’animale, che sarà affidato alle associazioni o enti già individuate dalla legge del 2004, nonché la sospensione da tre mesi a tre anni dell'attività di trasporto, di commercio o di allevamento degli animali se la sentenza di condanna o di applicazione della pena su richiesta è pronunciata nei confronti di chi svolge le predette attività e, in caso di recidiva, l'interdizione dall'esercizio delle attività medesime.

Gli illeciti amministrativi

I successivi articoli della legge disciplinano gli illeciti amministrativi, individuano le relative sanzioni e definiscono il procedimento di applicazione delle stesse.

In particolare, l’articolo 5 prevede che laddove il traffico illecito di animali da compagnia non integri gli estremi della fattispecie penale (ad esempio perché la condotta non è reiterata né svolta con attività organizzate), l’autore della condotta è soggetto alle seguenti sanzioni amministrative pecuniarie:

  • pagamento di una somma da 100 a 1.000 euro per ogni animale introdotto privo di sistemi di identificazione individuale (comma 1);
  • pagamento di una somma da 500 a 1.000 euro per ogni animale introdotto in violazione della legge, salva la possibile regolarizzazione (comma 2) ovvero per chiunque trasporti, ceda o riceva animali introdotti illegalmente (comma 3);
  • da 1.000 a 2.000 euro per ogni animale introdotto o trasportato di età inferiore a 12 settimane o proveniente da zone sottoposte a misure restrittive (comma 4).

L’articolo 6 disciplina le sanzioni amministrative accessorie, che variano dalla sospensione – da uno a tre mesi - dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività (per il trasportatore o il titolare dell’azienda commerciale) alla revoca della stessa secondo il seguente schema:

 

 

Soggetto

Condotta

Sanzione

Trasportatore o titolare di azienda commerciale

Commissione, nel periodo di tre anni, di tre violazioni dell’articolo 5 (Introduzione illecita di animali da compagnia)

Sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività da uno a tre mesi

Se due violazioni sono commesse in un intervallo inferiore ai tre mesi

Sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per tre mesi

Commissione, nel periodo di tre anni, di cinque violazioni dell’articolo 5 (Introduzione illecita di animali da compagnia)

Revocadell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività.

In tal caso non può essere conseguita un’altra autorizzazione per l’esercizio della medesima attività prima di dodici mesi

Titolare di azienda commerciale

Commissione, nel periodo di tre anni, di tre violazioni dell’articolo 13-bis, c. 3, d.lgs. 28/1993 (in materia di scambi intracomunitari di animali, inottemperanza da parte dell'operatore registrato o convenzionato agli obblighi contratti con la registrazione o con la convenzione).

Sospensione dell’autorizzazione all’esercizio dell’attività da uno a tre mesi

Se due violazioni sono commesse in un intervallo inferiore ai tre mesi

Sospensionedell’autorizzazione all’esercizio dell’attività per tre mesi

Commissione, nel periodo di tre anni, di cinque violazioni dell’articolo 13-bis, c. 3, d.lgs. 28/1993.

 

Revocadell’autorizzazione per l’esercizio dell’attività.

In tal caso non può essere conseguita un’altra autorizzazione per l’esercizio della medesima attività prima di dodici mesi

L’articolo 7 delinea il procedimento per l’applicazione delle sanzioni amministrative, richiamando la disciplina generale contenuta nella legge 689/1981 e individuando quali autorità competenti all’irrogazione delle sanzioni il Ministero del lavoro, della salute e delle politiche sociali e le regioni e province autonome per gli aspetti di propria competenza.