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Procedimento sommario di cognizione

Una delle maggiori novità della legge 69/2009 è costituita dalla previsione (articolo 51) di un nuovo procedimento speciale, il procedimento sommario di cognizione, introdotto nel codice con un nuovo Capo III-bis (composto dagli artt. 702-bis, 702-ter e 702-quater), tra i procedimenti sommari del Titolo I del Libro quarto.

L’introduzione del nuovo rito, con evidenti finalità di concentrazione e snellezza, è collegata alla delega al Governo per la semplificazione e riduzione dei procedimenti civili (articolo 54 della legge), attuata dal Decreto legislativo 150/2011 - Semplificazione dei riti civili. In tale ambito, il procedimento sommario di cognizione è il modello di rito per i procedimenti, anche camerali, in cui prevalgano “caratteri di semplificazione della trattazione o dell’istruzione della causa”.

La forma della domanda e la costituzione delle parti

Il procedimento sommario di cognizione è disciplinato dagli articoli 702-bis, 702-ter e 702-quater del codice di procedura civile ed è destinato a trovare applicazione per le cause in cui il tribunale giudica in composizione monocratica permettendo di arrivare ad un rapido soddisfacimento della domanda grazie all’emanazione di un provvedimento immediatamente esecutivo su cui, in mancanza di appello, si forma il giudicato.

Analiticamente, l'articolo 702-bis del codice di procedura civile stabilisce che il rito sommario di cognizione può essere utilizzato per tutte le cause di competenza del tribunale in composizione monocratica (ossia nella maggioranza dei casi), senza alcuna limitazione di valore o di materia.

Si ricorda che, ai sensi dell'art. 50-bis c.p.c., il tribunale giudica sempre in composizione monocratica, salvo specifiche controversie ove giudica in composizione collegiale (tre membri):

  • nelle cause nelle quali è obbligatorio l'intervento del pubblico ministero, salvo che sia altrimenti disposto;
  • nelle cause di opposizione, impugnazione, revocazione e in quelle conseguenti a dichiarazioni tardive di crediti di cui alla legge fallimentare, e alle altre leggi speciali disciplinanti la liquidazione coatta amministrativa;
  • nelle cause devolute alle sezioni specializzate;
  • nelle cause di omologazione del concordato fallimentare e del concordato preventivo;
  • nelle cause di impugnazione delle deliberazioni dell'assemblea e del consiglio di amministrazione, nonché nelle cause di responsabilità da chiunque promosse contro gli organi amministrativi e di controllo, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari e i liquidatori delle società, delle mutue assicuratrici e società cooperative, delle associazioni in partecipazione e dei consorzi;
  • nelle cause di impugnazione dei testamenti e di riduzione per lesione di legittima;
  • nelle cause di cui alla legge 13 aprile 1988, n. 117;
  • nelle cause di cui all’articolo 140-bis del codice del consumo (v.Azione di classe dei consumatori).

Il tribunale giudica altresì in composizione collegiale nei procedimenti in camera di consiglio disciplinati dagli artt. 737 e ss. c.p.c., salvo che sia altrimenti disposto.

Il procedimento si instaura mediante un ricorso, dal contenuto analogo a quello della citazione (cfr. art. 163, numeri 1-6, c.p.c.); il ricorso deve contenere anche l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre i termini implica le decadenze di cui all'art. 167 c.p.c. In particolare, il ricorso deve essere sottoscritto dalla parte, se essa sta in giudizio personalmente, oppure dal difensore che indica il proprio codice fiscale (ex art. 125 c.p.c.). Il ricorso deve contenere:

  1. l'indicazione del tribunale davanti al quale la domanda è proposta;
  2. il nome, il cognome, la residenza e il codice fiscale dell'attore, il nome, il cognome, il codice fiscale, la residenza o il domicilio o la dimora del convenuto e delle persone che rispettivamente li rappresentano o li assistono. Se attore o convenuto è una persona giuridica, un'associazione non riconosciuta o un comitato, la citazione deve contenere la denominazione o la ditta, con l'indicazione dell'organo o ufficio che ne ha la rappresentanza in giudizio;
  3. la determinazione della cosa oggetto della domanda;
  4. l'esposizione dei fatti e degli elementi di diritto costituenti le ragioni della domanda, con le relative conclusioni;
  5. l'indicazione specifica dei mezzi di prova dei quali l'attore intende valersi e in particolare dei documenti che offre in comunicazione;
  6. il nome e il cognome del procuratore e l'indicazione della procura, qualora questa sia stata già rilasciata;
  7. l'avvertimento al convenuto che la costituzione oltre i suddetti termini implica le decadenze di cui agli articoli 38 e 167 del codice.

Formato il fascicolo d’ufficio e designato il giudice competente, quest’ultimo fissa con decreto la data dell’udienza di comparizione delle parti ed il termine per la costituzione in giudizio del convenuto (non oltre 10 giorni prima della data dell’udienza). Il decreto deve quindi essere notificato al convenuto, insieme al ricorso, almeno 30 giorni prima del termine previsto per la sua costituzione.

Il convenuto deve costituirsi con comparsa di risposta, nella quale deve proporre le sue difese e prendere posizione sui fatti posti dal ricorrente a fondamento della domanda, indicare i mezzi di prova di cui intende avvalersi e i documenti che offre in comunicazione, nonché formulare le conclusioni. A pena di decadenza deve proporre le eventuali domande riconvenzionali e le eccezioni processuali e di merito che non sono rilevabili d'ufficio. Anche l’eventuale dichiarazione di chiamata in causa del terzo dovrà necessariamente essere contenuta nella comparsa.

Il procedimento

Se fino a tale fase, a parte la contrazione dei termini, non vi sono sostanziali differenze rispetto al rito ordinario di cognizione, il vero snodo del nuovo rito si ha in fase di prima comparizione (art. 702-ter c.p.c.).

Nell’udienza di comparizione delle parti, il giudice valuta preliminarmente la propria competenza. In particolare, se ritiene di essere incompetente, il giudice lo dichiara con ordinanza. Se invece rileva che la domanda non rientra tra quelle indicate nell’articolo 702-bis – e dunque tra quelle per le quali sussiste la competenza del giudice unico di tribunale, il giudice, con ordinanza non impugnabile, la dichiara inammissibile. Nello stesso modo provvede sulla domanda riconvenzionale. 

Il giudice deve poi decidere se la causa consente una istruzione non sommaria, deliberando eventualmente con ordinanza non impugnabile il passaggio al rito ordinario e la fissazione dell’udienza di cui all’art. 183 c.p.c.

Se il giudice ritiene che la controversia possa essere trattata col rito sommario, dopo aver sentito le parti e omessa ogni formalità non essenziale al contraddittorio, alla prima udienza, procede nel modo che ritiene più opportuno agli atti di istruzione rilevanti in relazione all’oggetto del provvedimento richiesto e provvede con ordinanza all’accoglimento o al rigetto delle domande. Tale istruttoria (art. 702-ter, quinto comma) è sostanzialmente identica a quella prevista dall'art. 669-sexies, primo comma, c.p.c. per i procedimenti cautelari, con l'unica attenuazione costituita dal fatto che, mentre in fase cautelare il giudice procede esclusivamente agli atti di istruzione indispensabili, in fase sommaria di cognizione può procedere agli atti di istruzione rilevanti. L’ordinanza è provvisoriamente esecutiva e costituisce immediatamente titolo per l’iscrizione di ipoteca giudiziale e per la trascrizione; con essa, il giudice si pronuncia, altresì, sulle spese di lite.

L'appello e il giudicato

Ai sensi dell'articolo 702-quater c.p.c., se non é appellata entro 30 giorni, l’ordinanza produce gli effetti di cosa giudicata (art. 2909 c.c.).

Nell’eventuale appello - a seguito della modifica apportata dall'art. 54 del decreto-legge 83/2012, sul filtro in appello - saranno ammessi nuovi mezzi di prova e nuovi documenti solo se ritenuti indispensabili ai fini della decisione, ovvero se la parte dimostri di non aver potuto proporli prima per causa ad essa non imputabile.

Una novità rispetto all’appello ordinario è costituita dalla possibilità, per il presidente del collegio di corte d’appello, di delegare ad uno dei componenti l’assunzione dei mezzi di prova.