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Temi dell'attività Parlamentare

Federalismo municipale

Il decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale (D. Lgs. 14 marzo 2011, n. 23) dispone l'attribuzione ai comuni del gettito di numerosi tributi erariali e di una compartecipazione all'IVA, istituisce una cedolare secca sugli affitti degli immobili ad uso abitativo e prevede, a regime, un nuovo assetto tra le competenze dello Stato e degli enti locali nel settore della fiscalità territoriale ed immobiliare. Tale assetto ha trovato finora una solo parziale attuazione, a seguito dei numerosi interventi poi effettuati nell'ultima parte della XVI legislatura sulla fiscalità locale, anche per ragioni connesse all'emergenza finanziaria.

L' assetto della fiscalità municipale delineato dal decreto legislativo

La necessità di esporre la struttura della finanza locale stabilita del decreto legislativo n. 23 del 2011, benché essa sia in aspetti importanti superata dalla legislazione successiva, deriva dalla considerazione che la stessa è tuttora vigente, salvo ovviamente alcune parti espressamente abrogate o modificate. Ciò in quanto la nuova disciplina dell'imposta municipale propria (IMU), che com'è noto costituisce il principale intervento che ha modificato il quadro della fiscalità stabilito dal decreto in esame, risulta al momento anticipata in via sperimentale dal 2012 al 2014, secondo quanto dispone l'articolo 13 del decreto-legge n. 201 del 2011 che ne ha dettato la nuova disciplina medesima.

Tanto precisato - da cui consegue che la disciplina della fiscalità comunale presenta un quadro normativo sul quale risulterebbe opportuno un complessivo intervento di coordinamento - si rileva come il decreto legislativo n. 23 del 2011 intervenga sull’assetto delle competenze fiscali tra Stato ed enti locali, a decorrere, in una prima fase di avvio triennale, dal 2011, e poi disciplinandolo a regime a decorrere dal 2014, con l’introduzione, in sostituzione di tributi vigenti, dell’imposta municipale (IMU); imposta che ora, come si specificherà più avanti, dovrebbe tuttavia entrare a regime nell'anno successivo (2015).

In particolare, per quanto concerne la fiscalità immobiliare, dal 2011(ma la legge di stabilità 2013 ha sospeso l'applicazione delle norme per gli anni 2013 e 2014) vengono attribuiti ai Comuni: a) l’intero gettito dell’Irpef sui redditi fondiari (escluso il reddito agrario) e quello relativo alle imposte di registro e bollo sui contratti di locazione immobiliare; b) una quota, pari al 30%, del gettito delle imposte di registro, ipotecarie e catastali sugli atti di trasferimento immobiliare ed una quota, pari al 21,7% nel 2011 ed al 21,6% dal 2012, del gettito della cedolare secca sugli affitti. I gettiti in questione affluiscono ad un Fondo sperimentale di riequilibrio - poi soppresso dalla legge di stabilità 2013, come più avanti si esporrà - di durata triennale, finalizzato a realizzare in forma progressiva e territorialmente equilibrata la devoluzione dei gettiti medesimi ai Comuni; il Fondo verrà ripartito sulla base di un accordo in sede di Conferenza Stato-città, nell’osservanza, comunque, di due specifici criteri: una quota del 30% del Fondo andrà ripartita in base al numero dei residenti e, al netto di tale quota, una ulteriore percentuale del 20% dovrà essere destinata ai piccoli comuni. L’articolo 13 del decreto, istituisce inoltre, per il finanziamento delle spese dei comuni e delle province successivo alla determinazione dei fabbisogni standard per le funzioni fondamentali, un Fondo perequativo a titolo di concorso per il finanziamento delle funzioni svolte dai predetti enti, articolato in due componenti con riferimento alle funzioni fondamentali e non fondamentali.

Ai Comuni viene inoltre attribuita una compartecipazione al gettito IVA, che dovrà essere determinata con apposito DPCM in misura finanziariamente equivalente alla compartecipazione del 2% al gettito dell’IRPEF. I criteri di attribuzione del gettito ai singoli Comuni dovranno essere stabiliti con apposito DPCM, che dovrà assumere a riferimento il territorio su cui si è determinato il consumo che ha dato luogo al versamento dell’imposta; in prima applicazione (ma il decreto legge n.201 del 2011 ha successivamente disposto che la norma non opererà per il triennio 2012-2014) l’assegnazione ai Comuni avverrà sulla base del gettito IVA per provincia, suddiviso per il numero degli abitanti di ciascun ente locale.

Al potenziamento dell’ attività di contrasto all’evasione sono finalizzate le disposizioni che inaspriscono le sanzioni amministrative per l’inadempimento degli obblighi di dichiarazione concernenti gli immobili – ivi comprese quelle in materia di canone di locazione nell’ambito della nuova disciplina sulla cedolare secca – nonché che ampliano l’ interscambio informativo sui dati catastali. Nella medesima finalità viene incentivato il ruolo dei Comuni, prevedendosi che ad essi sia assegnata una quota pari al 50% (quota poi elevata al 100% dall'articolo 1 del decreto-legge n.138/2011) del gettito derivante dalla loro attività di accertamento, e che tale quota sia assegnata, anche in via provvisoria, sulle somme riscosse a titolo non definitivo.

E’ inoltre istituita, come sopra accennato, la cedolare secca sugli affitti, vale a dire la possibilità per i proprietari di immobili concessi in locazione di optare dal 2011, in luogo dell’ordinaria tassazione Irpef sui redditi dalla locazione, per un regime sostitutivo, che assorbe anche le imposte di registro e bollo sui contratti, le cu aliquote sono pari al 21% per i contratti a canone libero ed al 19% per quelli a canone concordato. Oltre a severe sanzioni in case di omessa od irregolare registrazione (in cui si prevede automaticamente un durata del contratto pari a quattro anni e l’applicazione di un canone ridotto che fa riferimento al triplo della rendita catastale) si prevede che in caso di contratto a canone concordato il locatore, se opta per la cedolare secca, non potrà richiedere aggiornamenti del canone per tutta la durata del contratto.

Vengono inoltre modificate le aliquote di tassazione delle transazioni immobiliari, che sono individuate al 2% nel caso di prima casa di abitazione ed al 9% nelle restanti ipotesi (le attuali aliquote sono stabilite rispettivamente al 3 ed al 10%, comprese alcune imposte indirette che vengono eliminate). Le nuove aliquote dell’imposta di registro sostituiscono inoltre, a decorrere dal 2014 – data di entrata in vigore delle stesse – l’imposta di bollo e le imposte ipocatastali, nonché i tributi speciali e le tasse ipotecarie. Viene inoltre introdotta, con l'articolo 5, la possibilità, con criteri da definirsi in un provvedimento amministrativo, di aumentare l’addizionale IRPEF da parte dei comuni nei quali non risulti finora stabilita oltre la percentuale dello 0,4 per cento, che comunque costituirà il limite massimo raggiungibile; l’aumento non potrà in ogni caso eccedere lo 0,2 per cento annuo. L'articolo 5 predetto è stato soppresso dall'articolo 1 del decreto-legge n.138/2011, che ha nel contempo regolamentato le modalità di aumento dell'addizionale Irpef comunale. Viene poi istituita, l’imposta di soggiorno (cui è stata successivamente aggiunta, in alternativa, una imposta di sbarco per i comuni delle isole minori) affidandosi ai Comuni capoluogo di provincia ed alle città turistiche e d’arte la possibilità di istituire un’imposta fino a 5 euro per notte a carico di coloro che alloggiano nelle strutture ricettive, con destinazione del relativo gettito ad alcune specifiche finalità, tra cui quelle a favore del turismo; si prevede altresì una nuova disciplina dell’imposta di scopo (ora prevista nella L. n. 296/2006), da stabilirsi con un DPCM che, tra l’altro, possa aumentarne la durata fini a dieci anni e prevedere che il relativo gettito finanzi l’intero ammontare della spesa.

Per quanto concerne l’imposta municipale propria (IMU), essa è introdotta a decorrere dal 2014, in sostituzione, per la componente immobiliare, dell’Irpef (e relative addizionali) dovuta per i redditi fondiari relativi ai beni non locati, nonché dell’ICI, ed ha per presupposto il possesso di immobili diversi dall’abitazione principale, cui pertanto non si applica, incluse le pertinenze. La relativa aliquota è stabilita nello 0, 76%, ridotta alla metà per gli immobili locati, con la facoltà per i Comuni di estendere in tutto o in parte tale riduzione anche agli immobili posseduti da soggetti cui si applichi l’imposta sul reddito delle società (Ires); i Comuni medesimi possono peraltro modificare la suddetta aliquota di 0,3 punti percentuali, in aumento o in riduzione ( la modificabilità è invece fino a 0,2 punti nel caso della aliquota ridotta alla metà per gli immobili locati). Sono esenti dall’IMU gli immobili posseduti dalle amministrazioni pubbliche, nonché alcune categorie di immobili già esentati ai sensi della normativa dell’ICI (fabbricati destinati ad usi culturali, all’esercizio del culto, utilizzati dalle società non profit ecc..). Il decreto prevede poi, sempre a decorrere dal 2014, l’imposta municipale secondaria, da introdursi con deliberazione del consiglio comunale (che potrà anche prevederne esenzioni ed agevolazioni) in sostituzione degli attuali tributi sull’ occupazione di aree pubbliche, sulle affissioni e sull’installazione dei mezzi pubblicitari; la relativa disciplina verrà dettata con successivo regolamento, sulla base di alcuni criteri tra i quali la previsione che il presupposto del tributo è l’occupazione di spazi appartenenti al demanio o al patrimonio indisponibile dei comuni e che il soggetto del tributo medesimo è quello che effettua l’occupazione.

L'attuale disciplina della fiscalità municipale

Il decreto legislativo n.23 del 2011 è stato oggetto, già a poco tempo dalla sua entrata in vigore, a ripetuti interventi di modifica, in particolare operati con i due decreti-legge della manovra di finanza pubblica dell'estate 2011 (nn.98 e 138 del 2011) e poi con l'ulteriore decreto-legge n. 201 del 2011: si tratta pertanto di modifiche determinate, oltre che da motivi riconducibili alla necessità di meglio definire il complesso corpus normativo recato dal provvedimento, anche da necessità dettate dall'emergenza finanziaria. Il nuovo assetto è poi stato ulteriormente definito dalla legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012).

La struttura fiscale comunale che ne risulta al 2013 risulta sostanzialmente riconducibile a tre principali fonti di entrata, costituite dall'Imu, dalla Tares (Tributo comunale sui rifiuti e sui servizi) e dall'addizionale Irpef, cui si aggiungono l'imposta di soggiorno (o, in alternativa, imposta di sbarco nelle isole minori) e l'imposta di scopo, oltre che altri tributi ad oggetto più circoscritto - sui quali il decreto n.23 del 2011 non è intervenuto - come la Tosap, l'imposta sulla pubbicità e le pubbliche affissioni, il canone per l'istallazione dei mezzi pubblicitari. Prescindendo in questa sede dall'addizionale Irpef, la cui disciplina permane sostanzialmente quella di fonte statale vigente all'emanazione del decreto in esame, si espongono sinteticamente le altre due imposte.

In particolare per quanto riguarda l'IMU , la stessa è stata anticipata "in via sperimentale" (come dispone l'articolo 13 del decreto-legge n.2012 del 2011) dal 2012 al 2014, estendendone l'applicabilità anche all'abitazione principale ed alle pertinenze della stessa; contestualmente ne è stata incrementata la base imponibile con un consistente aumento dei moltiplicatori delle rendite catastali. Per quanto concerne la destinazione del gettito derivante dall'imposta, per il 2012 lo stesso è stato attibuito allo Stato per una quota pari alla metà dell'importo ottenuto applicando l'aliquota di base (0,76 per cento) alla base imponibile di tutti gli immobili, tranne l'abitazione principale e relative pertinenze ed i fabbricati rurali. A decorrere dall'anno 2013, ed anche, al momento, per l'anno 2014, la legge di stabilità 2013 (legge n. 228/2012) attribuisce interamente ai comuni il gettito IMU, ad esclusione di quello derivante dagli immobili ad uso produttivo, che rimane destinato allo Stato.

Viene contestualmente istituito, nello stato di previsione del Ministero dell'interno, il Fondo di solidarietà comunale, del quale viene anche stabilita la dotazione finanziaria ed i criteri di riparto, che qui non si dettagliano.Esso è alimentato da una quota dell'imposta municipale propria (di spettanza dei comuni) da definirsi con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, previo accordo da sancire presso la Conferenza Stato-Città ed autonomie locali. Il decreto dovrà essere emanato entro il 30 aprile 2013 per l'anno 2013 ed entro il 31 dicembre 2013 per l'anno 2014.Corrispondentemente, nei predetti esercizi è versata all'entrata del bilancio statale una quota di pari importo dell'imposta municipale propria, di spettanza dei comuni; tale importo è rideterminato a seguito dell'emanazione dei suddetti D.P.C.M..

Ciò comporta che, in sostanza, il gettito IMU affluirà ai comuni in parte direttamente, sulla base degli esiti della riscossione, e in parte dopo essere stato versato al bilancio dello Stato, mediante trasferimento dal Fondo di solidarietà comunale iscritto nel bilancio statale, per la quota di spettanza di ciascun ente locale. In relazione all'istituzione del nuovo Fondo viene soppresso il Fondo sperimentale di riequilibrio, di cui all'articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011, nonché i trasferimenti erariali a favore dei comuni della Regione Siciliana e della Regione Sardegna, limitatamente alle tipologie di trasferimenti fiscalizzati.

Conseguentemente, sempre in relazione all'attribuzione ai comuni dell'intero gettito IMU, viene sospesa,per gli anni 2013 e 2014, la devoluzione di gettito di imposte erariali immobiliari in favore dei comuni e della compartecipazione comunale al gettito dell’IVA disposta dall’articolo 2 del decreto legislativo n. 23 del 2011 (commi 1, 2, 4, 5, 8 e 9). Si tratta, per quanto concerne le imposte erariali immobiliari di cui è sospesa la devoluzione, dell’imposta di registro e di bollo sugli atti di trasferimento immobiliare, dell’imposta ipotecaria e catastale, dell’imposta di registro sulle locazioni, delle tasse ipotecarie e della cedolare secca sugli affitti.

Per quanto riguarda la Tares (tributo comunale sui rifiuti e sui servizi), il nuovo tributo, i cui profili applicativi in questa sede non si dettagliano, è stato istituito a decorrere dal 1° gennaio 2013 dall'articolo 14 del decreto-legge n. 201 del 2011, e successivamente modificato dalla legge di stabilità 2013, a copertura dei costi relativi al servizio di gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti assimilati avviati allo smaltimento, nonché dei costi relativi ai servizi indivisibili dei comuni. Il tributo è dovuto da chiunque possieda, occupi o detenga a qualsiasi titolo locali o aree scoperte, a qualsiasi uso adibiti, suscettibili di produrre rifiuti urbani. Sono escluse dalla tassazione le aree scoperte pertinenziali o accessorie a civili abitazioni e le aree comuni condominiali che non siano detenute o occupate in via esclusiva.

A decorrere dal 1° gennaio 2013, contestualmente all’istituzione della Tares, sono soppressi tutti i vigenti prelievi relativi alla gestione dei rifiuti urbani, sia di natura patrimoniale sia di natura tributaria, compresa l'addizionale per l'integrazione dei bilanci degli enti comunali di assistenza. La tariffa, che deve assicurare la copertura integrale dei costi di investimento e di esercizio, è composta da:

  • una quota determinata in relazione alle componenti essenziali del costo del servizio di gestione dei rifiuti, riferite in particolare agli investimenti per le opere ed ai relativi ammortamenti;
  • una quota rapportata alle quantità di rifiuti conferiti, al servizio fornito e all'entità dei costi di gestione;
  • una quota rapportata ai costi dello smaltimento dei rifiuti nelle discariche.
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