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Temi dell'attività Parlamentare

Legge 51/2010 - Legittimo impedimento

L'iter della legge

La legge sul legittimo impedimento a comparire in udienza nasce alla Camera dalla calendarizzazione in Commissione Giustizia, il 9 dicembre 2009, di una serie di proposte di legge di iniziativa parlamentare (AA.C. 889, 2964, 2982, 3005, 3013, 3028, 3029) volte - ciascuna con caratteristiche diverse - a modificare l'articolo 420-ter del codice di procedura penale, con la finalità di identificare normativamente le attività, esercitate da soggetti che rivestono cariche pubbliche di rilievo costituzionale, che costituiscono impedimento a comparire nelle udienze penali. L'effetto di tali proposte di legge era rappresentato dal rinvio dell'udienza penale, per la durata dell'impedimento, con la fissazione di una nuova udienza.

Nelle sedute della Commissione dedicate all'esame del provvedimento sono emerse subito profonde critiche da parte dell'opposizione soprattutto a causa della natura ordinaria delle norme proposte, che era ritenuta in contrasto con la loro rilevanza costituzionale. Nel corso dell'esame la Commissione peraltro introdotto nel testo unificato una disposizione sul carattere transitorio delle disposizioni sul legittimo impedimento, con particolare riguardo al limite dell'ambito temporale del provvedimento, fissato in 18 mesi, ed al riferimento all'approvazione di una legge costituzionale organica sulle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri e sulle modalità di partecipazione degli stessi ai processi penali. Ciò ha indotto la Commissione Affari costituzionali a rendere sul provvedimento un parere favorevole (20 gennaio 2010)

L'esame in Aula alla Camera del testo approvato dalla Commissione (A.C. 889 e abbinati-A) è iniziato il 25 gennaio 2010. In quella sede, il relatore ha richiamato l'esigenza di garantire l'equilibrato esercizio della giurisdizione e delle prerogative del Parlamento e del Governo, bilanciando funzioni e poteri costituzionalmente garantiti in base al principio di leale collaborazione, ed ha sottolineato come il provvedimento all'esame introducesse una disciplina meramente transitoria in attesa di pervenire ad una definitiva sistemazione della materia attraverso una riforma costituzionale. L'opposizione ha sottolineato invece come il testo rispondesse unicamente all'esigenza di garantire l'immunità del Presidente del Consiglio fino al termine del mandato, provocando in tal modo un danno enorme alla macchina giudiziaria, rendendo, tra l'altro, il processo penale ingiusto e diseguale.Sono conseguentemente state presentate due pregiudiziali di costituzionalità che sono state respinte dall'Assemblea. La Camera dei deputati ha dunque approvato il provvedimento il 3 febbraio 2010 (316 voti favorevoli, 239 contrari e 40 astenuti).

Immediatamente trasmesso al Senato, il provvedimento (A.S. 1996) è stato definitvamente approvato il 10 marzo 2010. La legge 51/2010 è stata promulgata il 7 aprile 2010, pubblicata in G.U. l’8 aprile e, ai sensi dell’art. 2, comma 2, è entrata in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione.

Il contenuto della legge

In sintesi, la legge 51/2010, senza modificare direttamente l'art. 420-ter c.p.p., con disposizione autonoma disciplina l'impedimento a comparire nelle udienze, quale imputato, del Presidente del Consiglio e dei Ministri. Le attività che danno luogo ad impedimento sono individuate nell'esercizio delle attribuzioni previste dalle leggi o dai regolamenti e in ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo. La disposizione ha natura transitoria, essendo destinata ad operare in attesa della legge costituzionale recante la disciplina organica delle prerogative del Presidente del consiglio e dei Ministri, e comunque non oltre 18 mesi dalla data della sua entrata in vigore.

Più in particolare, l'articolo 1, comma 1, della legge individua per il Presidente del Consiglio dei ministri una serie di fattispecie che vengono qualificate ex lege come legittimo impedimento a comparire nelle udienze dei procedimenti penali, ai sensi dell'articolo 420-ter del codice di procedura penale, quale imputato.

L’articolo 420-ter del codice di procedura penale rubricato "Impedimento a comparire dell'imputato o del difensore" disciplina il comportamento del giudice del dibattimento nel processo penale in caso di assenza dalle udienze dell’imputato o del suo difensore e prevede che:

1. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta all'udienza e risulta che l'assenza è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito, forza maggiore o altro legittimo impedimento, il giudice, con ordinanza, anche d'ufficio, rinvia ad una nuova udienza e dispone che sia rinnovato l'avviso all'imputato, a norma dell'articolo 419, comma 1.
2. Con le medesime modalità di cui al comma 1 il giudice provvede quando appare probabile che l'assenza dell'imputato sia dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per caso fortuito o forza maggiore. Tale probabilità è liberamente valutata dal giudice e non può formare oggetto di discussione successiva né motivo di impugnazione.
3. Quando l'imputato, anche se detenuto, non si presenta alle successive udienze e ricorrono le condizioni previste dal comma 1, il giudice rinvia anche d'ufficio l'udienza, fissa con ordinanza la data della nuova udienza e ne dispone la notificazione all'imputato.
4. In ogni caso la lettura dell'ordinanza che fissa la nuova udienza sostituisce la citazione e gli avvisi per tutti coloro che sono o devono considerarsi presenti.
5. Il giudice provvede a norma del comma 1 nel caso di assenza del difensore, quando risulta che l'assenza stessa è dovuta ad assoluta impossibilità di comparire per legittimo impedimento, purché prontamente comunicato. Tale disposizione non si applica se l'imputato è assistito da due difensori e l'impedimento riguarda uno dei medesimi ovvero quando il difensore impedito ha designato un sostituto o quando l'imputato chiede che si proceda in assenza del difensore impedito.

La legge 51 individua il legittimo impedimento nello svolgimento concomitante dell'esercizio di una o più delle attribuzioni del Presidente del Consiglio previste dalle leggi o dai regolamenti, e in particolare richiama:

  • gli articoli 5, 6 e 12 della legge 23 agosto 1988, n. 400, e successive modificazioni, che specificano le attribuzioni del Presidente del Consiglio dei ministri, del Consiglio di Gabinetto, dei Comitati di ministri e dei Comitati interministeriali nonché la Conferenza permanente Stato-regioni, che è presieduta dal Presidente del Consiglio (salva delega al Ministro per gli affari regionali);
  • gli articoli 2, 3 e 4 del decreto legislativo 30 luglio 1999, n. 303, e successive modificazioni, che disciplinano - nell'ambito della Presidenza del Consiglio dei Ministri - le finalità e le funzioni della Presidenza, il suo ruolo nella partecipazione all'Unione europea e nel sistema interno delle autonomie;
  • il regolamento interno del Consiglio dei ministri, di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 10 novembre 1993;
  • lo svolgimento concomitante delle attività preparatorie e consequenziali;
  • ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo.

Per quanto riguarda i ministri, il comma 2 prevede che costituiscano un legittimo impedimento:

  • l'esercizio delle attività previste dalle leggi e dai regolamenti che ne disciplinano le attribuzioni; 
  • nonché di ogni attività comunque coessenziale alle funzioni di governo.

Il comma 3 prevede poi che il giudice, su richiesta di parte, quando ricorrono le ipotesi di cui ai commi precedenti, rinvii il processo ad altra udienza. A norma del comma 4 si prevede infine che, ove la Presidenza del Consiglio dei ministri attesti che l'impedimento è continuativo e correlato allo svolgimento delle funzioni indicate dalla legge, il giudice rinvii il processo ad udienza successiva al periodo indicato; tuttavia il comma fissa ex lege un termine di durata massimo per il conseguente rinvio, che non può essere superiore a sei mesi. Secondo la previsione del comma 5, il corso della prescrizione rimane sospeso. Il comma 6 reca una norma transitoria, in virtù della quale le disposizioni dell'articolo 1 si applicano anche ai processi penali in corso, in ogni fase, stato o grado, alla data di entrata in vigore della legge.

L'articolo 2 prevede che le disposizioni di cui all'articolo 1 si applichino:

  • fino alla data di entrata in vigore della legge costituzionale che recherà la disciplina organica delle prerogative del Presidente del Consiglio dei ministri e dei Ministri, nonché della disciplina attuativa delle modalità di partecipazione degli stessi ai processi penali;
  • e, comunque, non oltre diciotto mesi dalla data di entrata in vigore della medesima legge.
    La sentenza della Corte costituzionale (n. 23 del 2011)

    La legge 51/2010, sia durante l'iter parlamentare di approvazione, sia all’indomani della sua entrata in vigore, ha suscitato non pochi dubbi di conformità costituzionale, incentrati sul fatto che la legge introduceva una presunzione “assoluta” (c.d. iuris et de iure) di legittimo impedimento, non riservando al giudice alcuna possibilità di sindacare l’impedimento medesimo, a differenza di quanto accade con la disciplina generale ex art. 420-ter c.p.p. Infatti, di fronte
    alla produzione in giudizio dell’attestazione del Segretario Generale della Presidenza del Consiglio di “impedimento continuativo” dell’imputato (sia esso Presidente del Consiglio, sia esso Ministro), il giudice era costretto, di fatto, a sospendere il processo sino a quando l’impedimento non fosse cessato. E, dunque, l’impedimento stesso – sostanziandosi in una causa automatica di rinvio del dibattimento – si risolveva in uno status derogatorio dell’ordinaria giurisdizione, con la conseguenza che sarebbe stata necessaria, ai fini della sua validità, una norma di rango costituzionale, come del resto aveva specificato la Corte costituzionale nella sentenza n. 262 del 2009 e, soprattutto, si poteva evincere dall’art. 2 della legge, che rinviava appunto a una riforma costituzionale.

    Tali dubbi sono giunti al vaglio della Corte costituzionale, alla quale si sono rivolti i giudici innanzi ai quali pendevano procedimenti penali a carico del Presidente del Consiglio, che hanno evidenziato il contrasto della legge con gli artt. 3, sotto il profilo dell’uguaglianza e 138 della Costituzione.

    Con lasentenza n. 23 del 2011 il giudice delle leggi ha dichiarato:

    • l'incostituzionalità dell'art. 1, comma 3, della legge 51/2010, nella parte in cui non prevede il potere del giudice di valutare in concreto, a norma dell'art. 420-ter, comma 1, c.p.p., l'impedimento addotto. «La norma censurata, invero, subordina il rinvio dell'udienza al semplice accertamento, da parte del giudice, della reale sussistenza dell'impegno dedotto dall'imputato come impedimento e della sua riconducibilità ad attribuzioni coessenziali alle funzioni di governo previste da leggi o regolamenti (o di carattere preparatorio o consequenziale rispetto ad esse): essa, tuttavia, non contempla il potere - riconosciuto invece al giudice in base alla disciplina generale di cui all'art. 420-ter, comma 1, c.p.p. - di valutare in concreto, ai fini del rinvio dell'udienza, non solo la sussistenza in fatto dell'impedimento, ma anche il carattere assoluto e attuale dello stesso. Tale potere di apprezzamento - che implica, in particolare, la possibilità per il giudice di valutare, caso per caso, se lo specifico impegno addotto dal Presidente del Consiglio dei ministri, pur quando riconducibile in astratto ad attribuzioni coessenziali alle funzioni di governo ai sensi della legge censurata, dia in concreto luogo ad impossibilità assoluta (anche alla luce del necessario bilanciamento con l'interesse costituzionalmente rilevante a celebrare il processo) di comparire in giudizio, in quanto oggettivamente indifferibile e necessariamente concomitante con l'udienza di cui è chiesto il rinvio - non è previsto dalla disposizione censurata, né è ricavabile in via interpretativa, atteso che la norma in questione non richiama espressamente l'art. 420-ter c.p.p. e detta una disciplina che, sul punto, sostituisce e non integra quella contenuta nella predetta norma del codice di rito. La norma censurata pertanto, derogando alle ordinarie norme processuali, introduce in parte qua, con legge ordinaria, una prerogativa la cui disciplina è riservata alla Costituzione, violando il principio della eguale sottoposizione dei cittadini alla giurisdizione e ponendosi, quindi, in contrasto con gli artt. 3 e 138 Cost.»;
    • l'incostituzionalità dell'art. 1, comma 4, della legge 51/2010 che, «diversamente da quanto disposto dall'art. 420-ter, comma 1, c.p.p., prevede che l'imputato possa dedurre, anziché un impedimento puntuale e riferito ad una specifica udienza, un impedimento continuativo, attestato da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri e riferito a tutte le udienze eventualmente programmate o programmabili entro un determinato intervallo di tempo, che non può essere superiore a sei mesi (senza vietare peraltro che, alla scadenza, possa essere rinnovato l'attestato di impedimento continuativo): essa, in tal modo, esclude, almeno parzialmente, l'onere di specificazione dell'impedimento che, ai sensi dell'art. 420-ter, comma 1, c.p.p., grava sull'imputato, rendendo impossibile la verifica del giudice circa la sussistenza e consistenza di uno specifico e preciso impedimento. In conseguenza, il rinvio dell'udienza costituisce un effetto automatico dell'attestazione di continuatività dell'impedimento stesso da parte della Presidenza del Consiglio dei ministri, venendo meno il filtro della valutazione del giudice e, più in generale, di una valutazione indipendente e imparziale, dal momento che l'attestazione risulta affidata ad una struttura organizzativa di cui si avvale, in ragione della propria carica, lo stesso soggetto che deduce l'impedimento: la norma censurata produce, pertanto, effetti equivalenti a quelli di una temporanea sospensione del processo ricollegata al fatto della titolarità della carica, cioè di una prerogativa disposta in favore del titolare della carica stessa, in violazione degli artt. 3 e 138 Cost.». 
    Il referendum abrogativo

    Con il D.P.R. 23 marzo 2011 è stato indetto, per i giorni 12 e 13 giugno 2011, un referendum abrogativo delle norme della legge sul legittimo impedimento che residuavano dopo il citato intervento della Corte costituzionale.

    Raggiunto il quorum di validità del referendum (54,8%, compreso il voto estero), la consultazione popolare ha dato esito favorevole (94,6% dei SI) all'abrogazione della legge 51 del 2010.

    La formale abrogazione delle norme sul legittimo impedimento oggetto del referendum è avvenuta con il DPR 18 luglio 2011, n. 115.