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Temi dell'attività Parlamentare

Sanità universitaria

Collegamento fra università ed assistenza ospedaliera

Il collegamento fra le università e le attività di assistenza ospedaliera è stato inizialmente previsto dalla legge 132/1968 che ha introdotto lo strumento della convenzione tra università ed enti ospedalieri stabilendo che l’ordinamento interno delle cliniche e degli istituti universitari deve essere adeguato all’ordinamento interno degli ospedali ed avere un’analoga organizzazione.

Il successivo, D.P.R. 129/1969, conferma lo strumento convenzionale, ed individua la materie oggetto del relativo accordo, rimandando, per le convenzioni, ad uno schema tipo emanato con decreto ministeriale 24 giugno 1971.

Il decreto ministeriale del 1971 definisce le relazioni intercorrenti fra le due istituzioni attraverso la creazione di strutture universitario-ospedaliere: l'ente ospedaliero assume la gestione dell'assistenza connessa con i fini istituzionali dell'università e utilizza l'assistenza fornita dalle cliniche e istituti universitari di ricovero e cura, d’altra parte le Università utilizzano il potenziale didattico e di ricerca dell’ente ospedaliero, sempre in base a precisi accordi.

La riforma sanitaria del 1978

Affinché le regioni e le università realizzino un idoneo coordinamento delle rispettive funzioni istituzionali, l’articolo 39 della legge 833/1978 riconferma transitoriamente, fino alla riforma dell'ordinamento universitario e delle facoltà di medicina, lo strumento della convenzione. In tal senso le convenzioni fanno parte dei piani sanitari regionali poiché disciplinano l'apporto delle facoltà di medicina alla realizzazione degli obiettivi della programmazione sanitaria regionale.

La legge 833/1978 delinea due diversi modelli organizzativi del collegamento università-assistenza ospedaliera:

  • il modello misto, gestito dalle unità sanitarie locali per quanto riguarda l’utilizzazione delle strutture assistenziali del SSN da parte della facoltà di medicina, che prevede la stipula di specifiche convenzioni tra università e regione e un ulteriore accordo convenzionale di attuazione in sede locale, di cui lo schema tipo di convenzione recato dal D.M. 9 novembre 1982.
  • il policlinico a gestione diretta universitaria che prevede l’unicità del livello convenzionale regionale, con valenza programmatoria e operativa, finalizzato ad una reale integrazione delle strutture universitarie nell’ambito del SSN disciplinato dal DM 12 maggio 1986.
Integrazione fra attività assistenziale, didattica e ricerca

Il D.Lgs. 502/1992, dedica l’articolo 6 ai rapporti tra università e SSN, stabilendo che, per soddisfare le specifiche esigenze del SSN connesse alla formazione degli specializzandi ed all’accesso ai ruoli dirigenziali del SSN, le università e le regioni stipulano specifici protocolli d’intesa per disciplinare le modalità di reciproca collaborazione. I rapporti in attuazione di tali intese sono regolati con appositi accordi tra università e Aziende ospedaliere, unità sanitarie locali e Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico. La titolarità dei corsi di insegnamento universitari è affidata a dirigenti delle strutture presso le quali si svolge la formazione stessa, in conformità ai protocolli di intesa che fra l’altro sanciscono che la formazione del personale avvenga in sede ospedaliera.

Ferma restando la disciplina in tema di formazione dei medici specialisti di cui al D.Lgs. 257/1991, risulta pertanto chiara la volontà del legislatore di non considerare più in capo al solo medico universitario il compito di prestare servizio ai fini assistenziali, didattici e di ricerca. Anche al medico ospedaliero competono infatti funzioni e prerogative, oltre all’attività assistenziale, relative alle attività didattiche e di ricerca, intimamente collegate alla peculiarità del percorso formativo del personale medico.

Tale impostazione è allargata al personale infermieristico, tecnico e della riabilitazione di cui si prevede la formazione in sede ospedaliera ovvero in altre strutture del SSN.

Con il D.M. 31 luglio 1997 i Ministeri competenti, dell’Università e della Sanità d’intesa con la Conferenza Stato-Regione, licenziano le Linee Guida, che sulla scorta delle indicazioni fornite dal D.lgs. n. 502/92, forniscono le prime indicazioni utili per elaborare i Protocolli.

Definizione della disciplina in materia di collaborazione e coordinamento tra SSN e università - Decreto legislativo 517/1999

Il D.Lgs. 517/1999, tuttora vigente, norma i rapporti tra SSN e università, riunificando in un unico modello, l’Azienda ospedaliero–Universitaria (AOU), le funzioni di assistenza, ricerca e didattica. Il modello di azienda integrata nasce anche sulla base delle esperienze e delle soluzioni adottate per il Policlinico Umberto I di Roma, che condecreto legge 343/1999, è stato il primo policlinico universitario ad essere stato trasformato in azienda ospedaliero-universitaria.

In primo luogo si stabilisce che l'attività assistenziale, necessaria per lo svolgimento dei compiti istituzionali delle università, è determinata nel quadro della programmazione nazionale e regionale in modo da assicurarne la funzionalità e la coerenza con le esigenze della didattica e della ricerca, secondo specifici protocolli d'intesa stipulati dalla Regione con le università ubicate nel proprio territorio.

In tal senso, vengono di fatto superati i precedenti diversi modelli aziendali (quali policlinici universitari e aziende miste) in favore di una nuova tipologia di azienda, che mira alla integrazione, e non più all’inscindibilità, di assistenza, didattica e ricerca.

Per conseguire simile obiettivo il D.Lgs. 517/1999 punta essenzialmente su due strumenti:

  • la partecipazione delle università all'elaborazione dei Piani sanitari regionali, poiché si prevede che le regioni devono acquisire il parere delle università sedi di facoltà di medicina ubicate nel territorio regionale, prima dell'adozione o dell'adeguamento del documento di programmazione regionale in materia sanitaria;
  • il rafforzamento dello strumento dei Protocolli di Intesa tra le regioni e le università, che devono assicurare definitivamente ed in concreto l'integrazione attraverso l'individuazione di attività, strutture e programmi.

In particolare, i protocolli regionali devono: promuovere e disciplinare l'integrazione dell'attività assistenziale, formativa e di ricerca; definire le linee generali della partecipazione dell'università alla programmazione sanitaria; definire i parametri per l'individuazione delle attività necessarie allo svolgimento delle funzioni istituzionali e di ricerca; definire i parametri per l'individuazione delle strutture assistenziali complesse funzionali alle esigenze della didattica e della ricerca dei corsi di laurea delle Facoltà di Medicina e Chirurgia delle Aziende Integrate; definire il volume di attività ed il numero dei posti letto essenziali anche in rapporto al numero degli iscritti ai corsi di laurea con criteri e modalità di adeguamento agli standard fissati, secondo le indicazioni del Piano Sanitario Regionale; disciplinare le modalità di reciproca collaborazione per le esigenze del SSN connesse alla formazione degli specializzandi, alla formazione del personale sanitario mediante lo svolgimento delle attività formative presso le Aziende ospedaliere di riferimento o presso altre Aziende sanitarie pubbliche e private accreditate; definire i criteri generali per l'adozione dell'atto aziendale, per la costituzione, l'organizzazione ed il funzionamento dei dipartimenti integrati (DAI); definire forme e modalità di accesso dei dirigenti sanitari del SSN ai fondi di Ateneo e ad incarichi didattici; prevedere il trattamento economico aggiuntivo di cui all'art.6 del D.Lgs. 517/1999; definire i criteri generali per l'attuazione dei principali atti di gestione delle Aziende Ospedaliero-Universitarie.

Il D.Lgs. 517/1999, costituito da otto articoli, interviene sui seguenti aspetti:

  • definizione del rapporto tra SSN e università attraverso principi di leale cooperazione, indicati nelle linee guida emanate d'intesa tra i ministri responsabili, e i Protocolli d'intesa tra le Regioni e le Università ubicate nel proprio territorio, in riferimento all'attività assistenziale da svolgere e il volume ottimale di attività (art. 1);
  • individuazione di un modello unico di Azienda Ospedaliero Universitaria (AOU), avente autonoma personalità giuridica, per la gestione delle attività assistenziali, di didattica e di ricerca. Previsione di un regime transitorio di quattro anni per giungere a tale organizzazione. Nel periodo transitorio le AOU si articolano, in via sperimentale, in due tipologie organizzative: a) aziende ospedaliere costituite in seguito alla trasformazione dei policlinici universitari a gestione diretta, denominate AOU integrate con il SSN; b) aziende ospedaliere costituite mediante trasformazione dei presidi ospedalieri nei quali insiste la prevalenza del corso di laurea in medicina e chirurgia, anche operanti in strutture di pertinenza dell’università, denominate Aziende ospedaliere integrate con l’università. Al termine del quadriennio di sperimentazione a tali aziende si applica la disciplina prevista dal decreto per pervenire al modello aziendale unico di azienda ospedaliero–universitaria. Qualora nell’azienda di riferimento non siano disponibili specifiche strutture essenziali per l’attività didattica, l’università concorda con la regione, nell’ambito dei protocolli di intesa, l’utilizzazione di altre strutture pubbliche e private accreditate. (art. 2);
  • articolazione organizzativa delle nuove Aziende secondo un modello dipartimentale e definizione degli organi: Direttore Generale, nominato dalla regione, acquisita l’intesa con il rettore dell’università. I requisiti per la nomina a DG, sono quelli stabiliti nell’art. 3-bis del D.lgs. 502/1992; mentre i procedimenti di verifica dei risultati dell’attività dei DG e le relative procedure di conferma sono disciplinati dai protocolli d’intesa regione-università. Collegio Sindacale, composto da cinque membri designati uno dalla regione, uno dal ministro del Tesoro, del Bilancio e della Programmazione Economica, uno dal ministro della Salute, uno dal ministro dell’Università e della Ricerca Scientifica e Tecnologica e uno dall’università interessata. Organo di Indirizzo, ha il compito di proporre iniziative e misure per assicurare la coerenza della programmazione generale dell’attività assistenziale dell’azienda con la programmazione didattica e scientifica delle università e di verificare la corretta attuazione della programmazione. La composizione dell’organo di indirizzo, nel numero massimo di cinque membri, è stabilita nei protocolli d’intesa tra regione e università. L’organo di indirizzo è presieduto da un presidente scelto all’interno del medesimo, nominato dalla regione d’intesa con il rettore. I componenti dell’organo di indirizzo sono scelti tra esperti di riconosciuta competenza in materia di organizzazione e programmazione dei servizi sanitari, durano in carica quattro anni e possono essere confermati. È membro di diritto dell’organo di indirizzo il preside della facoltà di medicina e chirurgia. Non possono far parte dell’organo di indirizzo né i dipendenti dell’azienda, né altri componenti della facoltà di medicina e chirurgia. Il presidente dell’organo di indirizzo lo convoca, lo presiede e ne fissa l’ordine del giorno. Il DG partecipa ai lavori dell’organo di indirizzo, senza diritto di voto. Una volta definiti gli obiettivi, i vincoli e le risorse assegnate all’Azienda Integrata nel processo di negoziazione Regione-Università-Azienda, la responsabilità del bilancio e della complessiva gestione dell’Azienda Integrata è in capo al Direttore Generale. Le modalità generali di funzionamento dell’Azienda Integrata sono quelle delle Aziende del SSN, fatte salve le specificità previste dalle norme nazionali e regionali, ad esempio per quanto riguarda la presenza dell’Organo di Indirizzo e dei Dipartimenti ad Attività Integrata (DAI). Il DAI è il luogo aziendale in cui si realizza l’integrazione delle tre funzioni: ricerca traslazionale, didattica e assistenza. A questo proposito, l’atto aziendale disciplina la costituzione, l’organizzazione e il funzionamento dei DAI e individua delle strutture complesse che li compongono, indicando quelle a direzione universitaria. Il direttore del DAI è nominato dal DG d’intesa con il rettore dell’università, è scelto fra i responsabili delle UOC di cui si compone il dipartimento e rimane titolare della struttura complessa cui è preposto (artt. 3-4);
  • definizione dei rapporti giuridici ed economici del personale assegnato o trasferito alle nuove aziende ed estensione dell'esclusività del rapporto di lavoro, analogamente a quanto indicato per i dirigenti del SSN, relativamente allo svolgimento dell'attività assistenziale. Il personale universitario risponde al direttore generale circa l'adempimento dei doveri assistenziali. Le attività assistenziali svolte dai professori e dai ricercatori universitari si integrano con quelle di didattica e ricerca (artt. 5-6). In particolare, il rapporto di lavoro del personale delle AOU (dipendenti universitari operanti in qualità di operatori sanitari, infermieri, ostetriche, tecnici di radiologia, tecnici di laboratorio, medici, biologi, amministrativi, e altro) è instaurato con l'università per rispondere alle esigenze funzionali degli ex policlinici annessi alle facoltà di medicina e chirurgia. Questo rapporto di lavoro è disciplinato dalla legislazione universitaria e dai contratti collettivi nazionali del lavoro del settore università. il trattamento economico del personale delle aziende ospedaliero universitarie è a carico degli atenei che ricevono il relativo finanziamento dal Ministero dell'istruzione, dell'università e della ricerca mediante l'assegnazione del fondo di finanziamento ordinario.
  • definizione della disciplina contabile e patrimoniale delle nuove aziende e regolamentazione dei criteri per il loro funzionamento congiunto da parte delle regioni. Al sostegno economico-finanziario delle attività svolte dalle Aziende concorrono risorse messe a disposizione sia dall'Università sia dal Fondo sanitario regionale. Alle attività correnti concorrono le Università con l'apporto di personale docente e non docente e di beni mobili ed immobili. Regioni ed università concorrono con propri finanziamenti all'attuazione di programmi di rilevante interesse per la regione e per l'università, definiti d'intesa (art. 7);
  • regolamentazione del regime transitorio in riferimento alle procedure di trasformazione delle Aziende miste e dei Policlinici a gestione diretta in AOU (art. 8).
Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni ed università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università

La concreta ed omogenea attuazione del D.Lgs. 517/1999 è stata demandata ad atti di indirizzo e coordinamento, il principale dei quali è il D.P.C.M. del 24 maggio 2001 - Linee guida concernenti i protocolli di intesa da stipulare tra regioni ed università per lo svolgimento delle attività assistenziali delle università nel quadro della programmazione nazionale e regionale ai sensi dell’art. 1, comma 2, del decreto legislativo 21 dicembre 1999, n.517.

Le Linee guida ribadiscono la partecipazione attiva degli atenei alla programmazione sanitaria regionale. Le università, attraverso la partecipazione al processo formativo dei piani sanitari regionali, devono concorrere, ai sensi dell'art. 7 del D.P.C.M., all'elaborazione dei medesimi relativamente alle esigenze didattiche e di ricerca biomedica, anche estese alla formazione specialistica, infermieristica, tecnica, riabilitativa e prevenzionale.

Inoltre prima dell'adozione o dell'adeguamento del piano sanitario regionale, le regioni sono tenute ad acquisire formalmente il parere delle università sedi della facoltà di medicina e chirurgia ubicate nel territorio della regione di riferimento. I pareri espressi dagli Atenei sono allegati al progetto di piano e trasmessi al Ministro della Sanità per l'espressione dell'avviso di congruità con il piano sanitario nazionale. Pertanto, il processo elaborativo si compone di due momenti: un primo momento caratterizzato dall’informalità, che si esprime attraverso un tavolo concertativo tra regioni ed atenei finalizzato alla realizzazione della bozza di piano, il secondo, invece, di carattere formale, che trova realizzazione nel parere sui contenuti di piano.

Le Linee guida specificano inoltre che i Protocolli d'Intesa devono contenere indicazioni relative alla tipologia delle strutture sanitarie coinvolte, ovvero delle Aziende Integrate. Sempre ai sensi delle Linee guida, i Protocolli d'Intesa devono inoltre individuare le modalità attraverso le quali le AOU concorrono alla realizzazione sia dei compiti istituzionali dell'università che di quelli assistenziali. Occorre però rilevare l'assenza, nel D.P.C.M. 24 maggio 2001, di qualsiasi indicazione in merito alla gerarchia delle possibili opzioni tra strutture pubbliche e private.

Relativamente al personale, sia universitario, sia sanitario, si prevede che i Protocolli d'Intesa debbano stabilire i criteri per la quantificazione dell'impegno assistenziale medio ed assicurare un equilibrato rapporto con quello della dirigenza sanitaria. Ciò è finalizzato alla determinazione delle dotazioni organiche e di programmazione dell'attività. Il legislatore, all'art. 3, comma 2, lett. c), delle Linee Guida, preferisce rinviare l'articolazione dell'orario di servizio del personale universitario a un piano di lavoro predisposto dalle singole strutture aziendali di appartenenza che deve essere oggetto d'intesa con l'Ateneo e deve tener conto sia dell'impegno assistenziale che di quello didattico scientifico.

Sempre relativamente al personale, i Protocolli d'Intesa devono inoltre prevedere che il trattamento economico integrativo dei docenti e ricercatori sia composto, in analogia al personale medico dipendente dal SSN, dalla retribuzione di posizione, correlata alla direzione di struttura (dipartimenti, unità operative complesse e semplici) e dalla retribuzione di risultato, rapportata ai risultati assistenziali conseguiti. L'importo del trattamento economico viene attribuito dall'azienda all'università e da questa ai docenti universitari.

Per quanto riguarda gli aspetti di tipo organizzativo, vengono disciplinati gli assetti istituzionali delle aziende, dei dipartimenti, delle strutture complesse e semplici nonché quelli relativi al dimensionamento delle strutture oggetto dei protocolli d'intesa.

Relativamente agli assetti istituzionali delle Aziende, le linee guida incaricano i Protocolli d'Intesa di determinare la composizione dell'Organo di Indirizzo di cui all'art. 4, comma 4 del D.Lgs. 517/99. Unica indicazione in merito è la previsione che i componenti devono essere paritariamente designati dalla Regione e dall'Università, tenendo conto di un membro di diritto rappresentato dal Preside della Facoltà di Medicina.

Le Linee Guida inoltre rimettono all'atto aziendale, di cui all'art. 3, comma 2, del D.Lgs. 517/99, l'organizzazione delle Aziende Ospedaliere Universitarie "in modo da assicurare il pieno svolgimento delle funzioni didattiche e scientifiche delle Facoltà di Medicina e Chirurgia in un quadro di coerente integrazione con l'attività assistenziale e con gli obiettivi della programmazione regionale”. Tale atto è assunto dal Direttore Generale d'intesa con il Rettore. La materia organizzativa viene inoltre regolata, in via preventiva, anche dai Protocolli d'Intesa cui spetta individuare, sulla base di specifici criteri di cui all'art. 4, comma 3, le strutture assistenziali complesse essenziali alle esigenze di didattica e di ricerca dei corsi di laurea di medicina e chirurgia. L'individuazione delle strutture assistenziali compete pertanto sia all'atto aziendale sia ai protocolli d'intesa, ed,al fine di evitare il conflitto di competenze, concordemente si assegna all'atto di organizzazione, assunto d'intesa con il Rettore, il compito di disciplinare gli assetti organizzativi interni, lasciando ai Protocolli d'intesa , il ruolo di disciplinare i criteri di massima.

Infine, le Linee Guida prevedono indicazioni circa i criteri della compartecipazione degli Atenei ai risultati delle Aziende Integrate da realizzarsi attraverso la definizione, nei Protocolli d'Intesa, dalla messa a disposizione del personale docente e non docente e dei beni mobili ed immobili. In caso di risultati positivi della gestione aziendale, gli utili vengono impiegati per il finanziamento di programmi di ricerca di interesse assistenziale e di sviluppo della qualità delle prestazioni. In caso invece di risultati negativi, la Regione e l'Università concordano specifici piani di rientro attraverso l'utilizzo delle risorse ordinarie delle Aziende Integrate. In caso di mancato accordo tra Regione ed Università, la Regione, dopo aver sentito il comitato regionale di coordinamento delle università, disdetta il Protocollo d'Intesa per quanto concerne l'azienda interessata e ripristina autonomamente l'equilibrio economico finanziario.

In ultimo, le Linee Guida impongono alle Regioni gli adeguamenti delle remunerazioni delle strutture oggetto dei Protocolli d'Intesa. L'art. 1, comma 7 prevede infatti che la Regione è tenuta a corrispondere alle aziende pubbliche e private coinvolte nei Protocolli d'Intesa i maggiori costi indotti sulle attività assistenziali dalle funzioni di didattica e di ricerca, detratta la quota derivante dai risparmi ottenuti dall'apporto del personale universitario. Ciò si traduce in un aumento dei Diagnosis Related Group (D.R.G.) che la Regione dovrà riconoscere in relazione alla produzione assistenziale assicurata, alle suddette Aziende.

Indagine del Ministero della salute sull'Integrazione tra Assistenza, Didattica e Ricerca

L’istituzione delle Aziende Ospedaliere Universitarie prevista dal D.Lgs. 517/1999, avrebbe dovuto superare il dualismo storico esistente tra Policlinici Universitari e Aziende Tuttavia tale risultato non è stato raggiunto soprattutto per un’applicazione disomogenea delle norme in materia, molto spesso condizionata dall’organizzazione a livello locale.

Nel 2011, il Ministero della salute ha realizzato una indagine sul grado di integrazione raggiunto, avvalendosi per l’occasione della collaborazione di un network composto da 24 strutture ospedaliero- universitarie (AOU).

L’indagine, relativamente ai protocolli siglati dalle regioni, rileva che “le norme contenute nei protocolli d’intesa risultano particolarmente astratte e generali, senza ricadute immediate dal punto di vista operativo. Solamente in rari casi vengono date delle indicazioni concrete in merito all’organizzazione delle AOU, mentre viene dato largo spazio a concetti generali ripresi soprattutto dalla normativa nazionale nessun protocollo presenta novità di particolare rilievo rispetto a quanto disciplinato dal legislatore statale”. Inoltre, l’indagine sottolinea che tali norme, già astratte e generiche, sono per lo più accompagnate da rimandi ad ulteriori protocolli attuativi, all’atto aziendale o ad altri accordi in ambito regionale e locale.

L’indagine sottolinea anche la difficoltà delle università italiane a garantire il turn over del personale docente e a fornire quindi un contributo costante alle attività assistenziali tramite tale tipologia di personale.

L’indagine sottolinea come “un vero fattore di originalità potrebbe essere costituito dalla possibilità di adottare e di disciplinare, all’interno dei protocolli, modelli comuni di organizzazione e funzionamento delle aziende ospedaliero-universitarie, più rispondenti alle esigenze di integrazione, pur preservandone la flessibilità di contestualizzazione a livello locale, e dalla possibilità di sviluppare soluzioni alle problematiche connesse ai rapporti tra università e SSN., mettendo a frutto l’interscambio di esperienze. Queste forme di coordinamento tra le aziende ospedaliero-universitarie su scala nazionale potrebbero portare da un lato a rafforzare e migliorare la potestà legislativa delle regioni e dall’altro ad adattare i modelli e le connesse modalità operative all’evoluzione dei rapporti tra il sistema della tutela della salute ed il sistema della formazione”.

Per quanto riguarda l’integrazione, viene misurata la dipendenza dell’università dal personale del SSR di riferimento, per le funzioni di didattica e ricerca. A questo proposito, sia nel 2008 che nel 2009 risulta che “la dipendenza dell’università dal personale del SSR è superiore all’entità della dipendenza del SSR dall’università” per le funzioni assistenziali. Relativamente alla presenza dei Dipartimenti ad attività integrata che possono diventare una sede unitaria per coordinarsi con le attività della facoltà di medicina, l’indagine segnala un miglioramento nel biennio 2008-2009: nel 2009 sono state rilevate sei aziende che hanno dichiarato di essere organizzate esclusivamente con dipartimenti ad attività integrata a fronte delle quattro del 2008. Più difficile l’integrazione delle procedure» (obiettivi di budget, programmazione, controllo, attività amministrative ecc.) dove l’indice di integrazione non supera il 50% nel 2009 (contro il 40% del 2008).

Legge 240/2010 - Riforma dell'università

In via preliminare occorre ricordare che il D.Lgs. 517/1999, all’articolo 8, comma 5, stabilisce che alle procedure concernenti il trasferimento o l'utilizzazione del personale non docente nelle aziende ospedaliero-universitarie si provvede con uno o più decreti interministeriali dei Ministri della salute, dell'università e della ricerca scientifica e tecnologica (ora dell'istruzione, dell'università e della ricerca), della funzione pubblica (ora per la pubblica amministrazione e la semplificazione) e del tesoro (ora dell'economia e delle finanze), sentite le organizzazioni sindacali, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni. Come sottolineato dal rappresentante del Governo, nella risposta all’interrogazione 5-07050 dell'on. Palagiano, tali decreti non sono stati adottati in ragione di una divergenza di tesi interpretative della norma. In particolare, da un lato si riteneva  che il costo del personale delle AOU dovesse essere assunto dalle Regioni, e dall’altro si sosteneva – soprattutto da parte del Ministero Economia e Finanze, come più volte ribadito in sede di riunioni tecniche -, che le Università dovessero trasferire unitamente al personale anche le risorse necessarie per gestire il medesimo personale.

Successivamente è intervenuto l’articolo 6, comma 13, della legge 240/2010, in vigore dal 10 febbraio 2012, che prevede che il MIUR, di concerto con il Ministero della salute, d'intesa con la Conferenza Stato-regioni, sentita la Conferenza dei presidi delle facoltà di medicina e chirurgia, predisponga lo schema-tipo delle convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni per regolare i rapporti in materia di attività sanitarie svolte per conto del SSN. La schema-tipo deve essere predisposto con riguardo alle strutture cliniche e di ricerca traslazionale (trasformazione di scoperte fondamentali in applicazioni cliniche) necessarie per la formazione nei corsi di laurea di aerea sanitaria di cui alla direttiva 2005/36/CE relativa al riconoscimento delle qualifiche professionali.

La direttiva europea 2005/36/CE, recepita in Italia con il D.Lgs. 206/2007, sostituisce le quindici direttive che precedentemente hanno disciplinato il riconoscimento delle qualifiche professionali riguardanti le professioni d'infermiere professionale, odontoiatra, veterinario, ostetrica, architetto, farmacista e medico. Nel quadro della disciplina concernente il riconoscimento delle qualifiche professionali acquisite in uno o più Stati membri dell'Unione europea ai fini dell'esercizio in Italia delle relative attività professionali, il D.Lgs. 206/2007 ha dettato specifiche norme in materia di formazione e di riconoscimento dei titoli relativi alle professioni sanitarie.

Nel maggio del 2011, il network di Aziende Ospedaliero-Universitarie che hanno partecipato all’indagine del Ministero della salute (v. supra), hanno elaborato un documento finalizzato alla predisposizione dello schema tipo di convenzioni al quale devono attenersi le università e le regioni nel regolare i rapporti in materia di attività sanitarie per conto del SSN, auspicando un ampio confronto con gli interlocutori istituzionali.

In ultimo, nel rispetto della norma della legge 240/2012, è stato predisposto lo schema di decreto volto a definire i rapporti tra università e regioni in materia di attività integrate di didattica, ricerca e assistenza. In particolare, sono state individuate:

  • le modalità di partecipazione dell’università alla programmazione sanitaria regionale;
  • l’aspetto organizzativo, la programmazione, la gestione economico-finanziaria e patrimoniale delle aziende ospedaliere universitarie;
  • le modalità con cui le università e le regioni concorrono al finanziamento delle attività svolte nelle aziende integrate ospedaliere-universitarie;
  • le modalità di integrazione tra attività didattiche-formative e di ricerca dell’università e attività assistenziale della regione, che si esplicano nelle cliniche ospedaliere universitarie, nonché in altri presidi del SSN;
  • la regolamentazione dei rapporti tra personale ospedaliero e universitario.

Lo schema di decreto è all’esame del coordinamento tecnico della Commissione salute della Conferenza Stato-regioni dal 9 agosto 2012.

Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico - IRCCS

Gli Istituti di Ricovero e Cura a Carattere Scientifico (IRCCS) sono enti a rilevanza nazionale dotati di autonomia e personalità giuridica che, secondo standards di eccellenza, perseguono finalità di ricerca, prevalentemente clinica e traslazionale, nel campo biomedico ed in quello dell'organizzazione e gestione dei servizi sanitari, unitamente a prestazioni di ricovero e cura di alta specialità.

La peculiarità dell’attività di ricerca degli IRCCS sta quindi nello scambio continuo di conoscenze scientifiche fra laboratorio e clinica; ogni ricerca deve infatti trovare necessariamente sbocco in applicazioni terapeutiche ospedaliere.

Il D.Lgs. 288/2003 ha disposto il riordino degli IRCCS prevedendo come aspetto prioritario la condivisione tra il Ministero della Salute e le Regioni della trasformazione degli istituti pubblici in fondazioni e della definizione dei loro organi di gestione. Il decreto stabilisce, inoltre, che gli istituti che non verranno trasformati saranno organizzati sulla base di criteri che garantiscano le esigenze di ricerca e la partecipazione a reti nazionali di centri di eccellenza.

Gli IRCCS hanno natura giuridica diversa, pubblica o privata. Gli IRCCS pubblici sono veri e propri enti pubblici e si caratterizzano per la maggiore ingerenza dello Stato sull’andamento della loro gestione (al Ministro spetta la nomina del direttore scientifico). Dal 2003 gli IRCCS di diritto pubblico, su istanza della Regione in cui l'Istituto ha la sede prevalente di attività clinica e di ricerca, possono essere trasformati in Fondazioni di rilievo nazionale, aperte alla partecipazione di soggetti pubblici e privati e sottoposte alla vigilanza del Ministero della salute e del Ministero dell'economia e delle finanze. Gli enti trasformati assumono la denominazione di Fondazione IRCCS. Gli IRCCS privati invece hanno una maggiore libertà di azione ed il controllo su di essi viene effettuato soltanto sulla valenza delle ricerche effettuate.

Gli IRCCS sono sottoposti alla vigilanza del Ministero della Salute che garantisce che la ricerca da essi svolta sia finalizzata all’interesse pubblico e di supporto tecnico ed operativo agli altri organi del SSN per l'esercizio delle funzioni assistenziali al fine del perseguimento degli obiettivi del Piano Sanitario Nazionale in materia di ricerca sanitaria e per la formazione del personale.

Realtà ospedaliere emergenti che trattano patologie di rilievo nazionale, vengono qualificate come IRCCS attraverso una procedura che riconosce il loro carattere scientifico. Tale riconoscimento conferisce il diritto alla fruizione di un finanziamento statale (che va ad aggiungersi a quello regionale) finalizzato esclusivamente allo svolgimento della attività di ricerca relativa alle materie riconosciute.

L'articolo 14, commi 9-bis-12, del decreto legge 158/2012 hanno proceduto ad una manutenzione del sistema regolatorio nazionale degli IRCCS, con disposizioni volte a precisare la procedura per il riconoscimento, la revoca del medesimo e la documentazione a tal fine necessaria. L’intervento è stato attuato intervenendo sul D.Lgs. 288/2003.

Ai sensi dell’art. 13 del decreto 288/2003, il riconoscimento del carattere scientifico è soggetto al possesso, in base a titolo valido, dei seguenti requisiti: personalità giuridica di diritto pubblico o di diritto privato; titolarità dell'autorizzazione e dell'accreditamento sanitari; economicità ed efficienza dell'organizzazione, qualità delle strutture e livello tecnologico delle attrezzature; caratteri di eccellenza del livello delle prestazioni e dell'attività sanitaria svolta negli ultimi tre anni; caratteri di eccellenza della attività di ricerca svolta nell'ultimo triennio relativamente alla specifica disciplina assegnata; dimostrata capacità di inserirsi in rete con Istituti di ricerca della stessa area di riferimento e di collaborazioni con altri enti pubblici e privati; dimostrata capacità di attrarre finanziamenti pubblici e privati indipendenti; certificazione di qualità dei servizi secondo procedure internazionalmente riconosciute. I commi 9-bis e 9-ter dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012 hanno modificato un requisito, posto ai fini del riconoscimento dell'IRCCS e consistente (nella norma precedentemente vigente) nei caratteri di eccellenza del livello e di alta specialità dell'attività di ricovero e cura svolta negli ultimi tre anni. La novella
prevede che il requisito possa consistere, in alternativa, nel carattere di eccellenza del contributo tecnico-scientifico fornito - nell’àmbito di un’attività di ricerca biomedica riconosciuta a livello nazionale ed internazionale - , inteso ad assicurare una più altaqualità dell’attività assistenziale, ttestata da strutture pubbliche del SSN. Resta fermo il requisito concorrente del carattere di eccellenza dell'attività di ricerca svolta nell'ultimo triennio, relativamente alla specifica disciplina assegnata.

I commi 10 e 10-bis dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012 sostituisce i commi 1 e 2 dell’articolo 14 del D.Lgs. 288/2003 in materia di procedimento per il riconoscimento del carattere scientifico. In tal senso si stabilisce che la domanda di riconoscimento è presentata, dalla struttura interessata, alla regione competente per territorio. Tale domanda è presentata unitamente alla documentazione, individuata con decreto del Ministro della salute, sentita la Conferenza Stato-regioni, comprovante la titolarità dei requisiti prima elencati. La regione inoltra la domanda al Ministero della salute. Nella domanda va precisata la sede effettiva di attività della struttura e la disciplina per la quale si richiede il riconoscimento, evidenziando la coerenza del riconoscimento con la propria programmazione sanitaria. Si ricorda che a legislazione previgente non era previsto il decreto ministeriale relativo alla documentazione. Per quanto riguarda la procedura di valutazione, il Ministro della salute nomina una commissione di valutazione formata da almeno due esperti nella disciplina oggetto della richiesta di riconoscimento. Gli esperti svolgono l’incarico a titolo gratuito. Entro trenta giorni dalla nomina, la commissione esprime il proprio parere motivato sulla sussistenza dei requisiti, sulla completezza della documentazione allegata alla domanda e su quella eventualmente acquisita dalla struttura interessata. La commissione può anche effettuare sopralluoghi. Entro dieci giorni dal ricevimento del parere, il Ministro della salute trasmette gli atti alla Conferenza Stato-regioni, che deve esprimersi sulla domanda di riconoscimento entro quarantacinque giorni dal ricevimento. Il riconoscimento è disposto con decreto del Ministro dalla salute, previa intesa con il Presidente della Regione interessata. L'eventuale decisione difforme dai pareri deve essere motivata.

Il procedimento di conferma e revoca del carattere scientifico è disciplinato ai sensi dell’art. 15 del D.Lgs. 288/2003, completamente modificato dal comma 11 dell'articolo 14 del decreto legge 158/2012.Le Fondazioni IRCCS, gli Istituti non trasformati e quelli privati inviano ogni due anni, a legislazione previgente ogni tre anni, al Ministero della salute i dati aggiornati circa il possesso dei requisiti necessari per il riconoscimento. Innovando rispetto alla disciplina previgente, il Ministero della salute, nell’esercizio delle funzioni di vigilanza, può verificare in ogni momento la sussistenza delle condizioni per il riconoscimento delle Fondazioni IRCCS, degli Istituti non trasformati e di quelli privati. Nel caso di sopravvenuta carenza di tali condizioni, il Ministero informa la regione territorialmente competente ed assegna all’ente un termine non superiore a sei mesi – precedentemente il termine era fissato a un anno - entro il quale reintegrare il possesso dei requisiti prescritti. Il Ministro della salute e la regione competente possono immediatamente sostituire i propri designati all’interno dei consigli di amministrazione e, innovando, sospendere cautelativamente l’accesso al finanziamento degli enti interessati. Alla scadenza di tale termine, sulla base dell’esito della verifica, il Ministro della salute, d’intesa con il Presidente della regione interessata, conferma o revoca il riconoscimento. In caso di revoca del riconoscimento, le Fondazioni IRCCS e gli Istituti, pubblici e privati, riacquistano la natura e la forma giuridica rivestite prima della concessione del riconoscimento, fermo restando l'obbligo di terminare i progetti di ricerca finanziati con risorse pubbliche o, in caso di impossibilità, di restituire i fondi non utilizzati.

Il decreto legge 158/2012 ha inoltre previsto che entro il 31 dicembre 2012 dovrà essere adottato un decreto del Ministro della salute, sentiti il Ministro dell’istruzione, dell’università e della ricerca e la Conferenza Stato-regioni, in cui saranno stabiliti i criteri di classificazione degli IRCCS non trasformati, delle Fondazioni IRCCS e degli altri IRCCS di diritto privato sulla base di indicatori quali-quantitativi di carattere scientifico di comprovato valore internazionale. Il medesimo decreto dovrà individuare le modalità attraverso cui realizzare l’attività di ricerca scientifica in materia sanitaria a livello internazionale. Il decreto non è stato finora emanato.

Ricordiamo infine che gli IRCCS sono attori importanti della ricerca sanitaria: la normativa vigente li individua come destinatari istituzionali della ricerca sanitaria finalizzata, anche l'attività di ricerca sanitaria corrente è svolta dagli IRCCS attraverso l'elaborazione di progetti. Le attività di ricerca sanitaria corrente e finalizzata sono infatti svolte dalle regioni, dall'Istituto superiore di sanità, dall'INAIL (per le attività in precedenza svolte dall'Istituto superiore per la prevenzione e la sicurezza sul lavoro, ora soppresso), dall'Agenzia per i servizi sanitari regionali, dagli Istituti di ricovero e cura a carattere scientifico pubblici e privati nonché dagli Istituti zooprofilattici sperimentali. Alla realizzazione dei progetti possono concorrere, sulla base di specifici accordi, contratti o convenzioni, le Università, il Consiglio nazionale delle ricerche e gli altri enti di ricerca pubblici e privati, nonché imprese pubbliche e private.