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Lavoro accessorio: quadro normativo

Il lavoro accessorio è disciplinato dagli articoli da 70 a 74 del D.Lgs. 276/2003 (come ripetutamente modificati, nel corso della Legislatura, dal D.L. 112/2008, dal D.L. 5/2009, dal D.L. 78/2009, dalla L. 191/2009, dal D.L. 83/2012 e dalla L. 92/2012).

Ai sensi dell’articolo 70, comma 1, primo periodo, del D.Lgs. 276/2003,  per prestazioni di lavoro accessorio si intendono le attività lavorative di natura occasionale nel caso in cui diano complessivamente luogo, con riferimento alla totalità dei committenti, a compensi non superiori a 5.000 euro nel corso di un anno solare (annualmente rivalutati sulla base della variazione dell'indice ISTAT dei prezzi al consumo per le famiglie degli operai e degli impiegati intercorsa nell'anno precedente).

Le prestazioni possono rese  in tutti i settori, da parte di qualsiasi committente, con qualsiasi lavoratore (salvo alcuni limiti nel settore agricolo), mentre per quanto concerne le  prestazioni rese nei confronti di imprenditori commerciali o professionisti (fermo restando il limite dei compensi fissato in linea generale a 5.000 euro annui), si prevede che le attività svolte a favore di ciascun committente non possono comunque superare i 2.000 euro annui.

 

Prima dell’intervento in senso restrittivo della L. 92/2012 il lavoro accessorio si configurava nelle prestazioni occasionali che dessero complessivamente luogo, in riferimento ad ogni committente, un compenso non superiore a 5.000 euro annui per attività svolte nei seguenti settori: lavori domestici; lavori di giardinaggio, pulizia e manutenzione di edifici, strade, parchi e monumenti; insegnamento privato supplementare; manifestazioni sportive, culturali, fieristiche o caritatevoli e di lavori di emergenza o di solidarietà anche in caso di committente pubblico; attività svolte in qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali, le scuole e le università, il sabato e la domenica e durante i periodi di vacanza da parte di giovani con meno di venticinque anni di età se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici, ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università; attività agricole di carattere stagionale effettuate da pensionati, da casalinghe e da giovani, ovvero delle attività agricole svolte a favore dei produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000 euro; impresa familiare di cui all'articolo 230-bis c.c.; consegna porta a porta e della vendita ambulante di stampa quotidiana e periodica; qualsiasi settore produttivo, compresi gli enti locali da parte di pensionati; attività di lavoro svolte nei maneggi e nelle scuderie. Le imprese familiari potevano infine utilizzare prestazioni di lavoro accessorio per un importo complessivo non superiore, nel corso di ciascun anno fiscale, a 10.000 euro.

Inoltre, la stessa L. 92/2012 ha soppresso le discipline sperimentali (previste dalla normativa previgente fino al 31 dicembre 2012) che consentivano prestazioni di lavoro accessorio da parte di titolari di contratti di lavoro a tempo parziale nonché di percettori di prestazioni integrative del salario o sostegno al reddito, a condizione che fosse rispettato un limite massimo degli emolumenti ricevuti, pari a 3.000 euro per anno solare e che tali prestazioni fossero comunque compatibili con quanto disposto dall’articolo 19, comma 10, del D.L. 185/2008, il quale subordina il diritto a percepire qualsiasi trattamento di sostegno al reddito previsto dalla legislazione vigente in materia di ammortizzatori sociali, alla dichiarazione di immediata disponibilità al lavoro o a un percorso di riqualificazione professionale.

Mutuando in parte quanto previsto in precedenza come disciplina sperimentale, per il 2013 le prestazioni di lavoro accessorio possono essere altresì rese, in tutti i settori produttivi, compresi gli enti locali, fermo restando il rispetto dei vincoli previsti dalla normativa vigente in materia di contenimento delle spese di personale e, ove previsto, dal patto di stabilità interno, nel limite massimo di 3.000 euro di corrispettivo per anno solare, da soggetti titolari di prestazioni integrative del salario o di sostegno al reddito.

Riguardo alla possibilità di prestazioni rese da dipendenti pubblici, occorre ricordare che la circolare INPS n. 88 del 9 luglio 2009 precisa che per questi si applichi l’articolo 53 del D.Lgs. 165/2001, in tema di incumulabilità, cumulo di impieghi e incarichi, che prevede la richiesta di autorizzazione, da parte di soggetti sia pubblici che privati, all’amministrazione di appartenenza per lo svolgimento di tutti gli incarichi, anche occasionali, non compresi nei compiti e nei doveri d’ufficio, per i quali è previsto, sotto qualsiasi forma, un compenso. La stessa norma peraltro esclude dalla richiesta di autorizzazione i dipendenti con rapporto di lavoro a tempo parziale con prestazione lavorativa non superiore al cinquanta per cento, i docenti universitari a tempo definito e le altre categorie di dipendenti pubblici ai quali è consentito da disposizioni speciali lo svolgimento di attività libero-professionali.

Per quanto concerne le attività agricole, sono state escluse le casalinghe dal novero dei soggetti abilitati mentre sono stati confermati i pensionati e giovani con meno di venticinque anni di età, se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso un istituto scolastico di qualsiasi ordine e grado, compatibilmente con gli impegni scolastici (ovvero in qualunque periodo dell’anno se regolarmente iscritti a un ciclo di studi presso l’università). Inoltre, si specifica che le attività agricole svolte a favore dei soggetti di cui all’articolo 34, comma 6, del decreto del D.P.R. 633/1972 (ossia produttori agricoli con volume d’affari annuo non superiore a 7.000) non possono comunque essere svolte da soggetti iscritti l’anno precedente negli elenchi anagrafici dei lavoratori agricoli.

Al riguardo, con la circolare n. 18 del 18 luglio 2012 il Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha ritenuto che, proprio in ragione della specialità del settore agricolo, non trovi applicazione l'ulteriore limite di euro 2.000 previsto in relazione alle prestazioni rese nei confronti degli imprenditori e professionisti.

L’articolo 72 disciplina le modalità di assolvimento dell’obbligo retributivo e contributivo connesso alle prestazioni, prevedendo che esso avviene attraverso l’acquisto presso le rivendite autorizzate, da parte dei datori di lavoro, di uno o più carnet di buoni per prestazioni di lavoro accessorio (cd. voucher), che garantiscono la retribuzione nonché la copertura previdenziale ed assicurativa, da consegnare al prestatore di lavoro accessorio. Il valore nominale dei buoni è fissato con specifico decreto, con il quale vengono anche stabiliti gli aggiornamenti periodi del valore stesso, ed è stabilito tenendo conto della media delle retribuzioni rilevate per le attività lavorative affini a quelle richiamate in precedenza, nonché del costo di gestione del servizio.

Inoltre, i buoni devono essere orari, numerati progressivamente e datati; si prevede, quindi, che in sede di adozione del decreto ministeriale chiamato ad aggiornare periodicamente il valore nominale dei buoni, si dovrà tener conto delle “risultanze istruttorie del confronto con le parti sociali”.

Attualmente il valore nominale del buono, fissato con D.M. 30 settembre 2005, è pari a 10 euro e non è ricollegato ad una retribuzione minima oraria (nota INAIL n. 6464/2010).

I compensi percepiti dal lavoratore sono computati ai fini della determinazione del reddito necessario per il rilascio o il rinnovo del permesso di soggiorno. Al riguardo, si segnala che la circolare n. 4 del 2013 del Ministero del lavoro e delle politiche sociali ha sottolineato che ai sensi dell’articolo 26, comma 3, del D.Lgs. 286/1998 “il lavoratore non appartenente all’Unione europea deve comunque dimostrare di disporre di idonea sistemazione alloggiativa e di un reddito annuo, proveniente da fonti lecite, di importo superiore al livello minimo previsto dalla legge per l’esenzione dalla partecipazione alla spesa sanitaria”. Inoltre, ai sensi dell’articolo 13 del D.P.R. 394/1999 “ai fini del rinnovo del permesso di soggiorno (…) la documentazione attestante la disponibilità di un reddito da lavoro o da altra fonte lecita, sufficiente al sostentamento proprio e dei familiari conviventi a carico può essere accertata d’ufficio sulla base di una dichiarazione temporaneamente sostitutiva resa dall’interessato con la richiesta di rinnovo”.

Sempre riguardo alle caratteristiche dei buoni, la circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4/2013 ha sottolineato che, “considerata la natura preventiva della comunicazione sull’utilizzo del lavoro accessorio, al fine di consentire la massima flessibilità sia del voucher telematico, sia di quello cartaceo, il riferimento alla data non può che implicare che la stessa vada intesa come un arco temporale di utilizzo del voucher non superiore ai 30 giorni decorrenti dal suo acquisto”.

E’ stata infine dettata una disciplina transitoria per l’utilizzo (articolo 1, comma 33, della legge 92/2012), secondo la previgente disciplina, dei buoni per prestazioni di lavoro accessorio già richiesti alla data di entrata in vigore della stessa L. 92/2012 (e cioè il 18 luglio 2012) e comunque non oltre il 31 maggio 2013. In sostanza, i buoni già acquistati possono essere utilizzati entro il 31 maggio 2013 rispettando la precedente disciplina “anche e soprattutto in relazione al campo di applicazione del lavoro accessorio” (come specificato dalla circolare n 4/2013).

Il monitoraggio sui dati relativi ai voucher riscossi, venduti e sul numero dei lavoratori così retribuiti è effettuato dall’INPS.

Il prestatore di lavoro accessorio percepisce il proprio compenso presso il concessionario (individuato dal Ministro del lavoro e delle politiche sociali con apposito decreto, con il quale sono anche regolamentati i criteri e le modalità per il versamento dei contributi e delle relative coperture assicurative e previdenziali), all'atto della restituzione dei buoni ricevuti dal beneficiario della prestazione di lavoro accessorio. Tale compenso è esente da qualsiasi imposizione fiscale e non incide sullo stato di disoccupato o inoccupato del prestatore di lavoro accessorio.

Spetta al concessionario provvedere al pagamento delle spettanze alla persona che presenta i buoni, registrandone i dati anagrafici e il codice fiscale, nonché effettuare il versamento per suo conto dei contributi per fini previdenziali alla Gestione separata INPS (in misura pari al 13% del valore nominale del buono, e per fini assicurativi contro gli infortuni all'INAIL (in misura pari al 7% del valore nominale del buono), trattenendo l'importo autorizzato dal decreto a titolo di rimborso spese.

L’articolo 72, comma 4, dispone l’adeguamento delle aliquote dei contributi previdenziali rispetto a quelle previste per gli iscritti alla Gestione separata dell’INPS, da rideterminare con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

Si ricorda che (nota del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 5425 del 2011) al lavoro accessorio non è applicabile il criterio generale di ripartizione del carico previdenziale tra committente e prestatore di lavoro, previsto dall'articolo 2, comma 30, della L. 335/1995, con la conseguenza che i contributi previdenziali, compresi nel valore nominale del voucher, sono a totale carico del committente.

Per l'impresa familiare trova applicazione la normale disciplina contributiva e assicurativa del lavoro subordinato (art. 72, comma 4-bis, del D.Lgs. 276/2003).

Come specificato nella circolare INPS n. 88/2009 e successivamente confermato dalla circolare INPS n. 17/2010 e dalla circolare del Ministero del lavoro e delle politiche sociali n. 4 del 18 gennaio 2013, le prestazioni accessorie devono essere svolte direttamente a favore dell'utilizzatore della prestazione, senza il tramite di intermediari. Pertanto, è da ritenersi escluso che un'impresa possa utilizzare lavoratori per svolgere prestazioni a favore di terzi, come nel caso dell'appalto o della somministrazione di lavoro.