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dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

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Temi dell'attività Parlamentare

Legge 190/2012 - Misure anticorruzione nella p.a.

Anche nella XVI legislatura, e sulla scia di sempre più eclatanti vicende di cronaca, il Parlamento ha affrontato il tema della lotta all corruzione tentando di individuare strumenti per prevenire un fenomeno che appare così esteso nel nostro Paese (si veda il Rapporto Greco del 2009 e, da ultimo, il Rapporto sulla corruzione presentato dalla Commissione sulla prevenzione del fenomeno corruttivo il 22 ottobre 2012) e per reprimere efficacemente gli autori degli illeciti.

La ratifica delle Convenzioni internazionali

Nel corso della XVI legislatura il Parlamento ha ratificato tre Convenzioni internazionali, una delle Nazioni Unite e due del Consiglio d'Europa, volte a reprimere il fenomeno della corruzione.

Il primo intervento del Parlamento in tema di lotta alla corruzione è stato infatti l'approvazione della legge 116/2009, di ratifica della Convenzione delle Nazioni Unite fatta a Merida nel 2003.

Pochi mesi dopo, il Senato ha avviato l'esame di un disegno di legge del Governo Berlusconi (AS. 2156) che affrontava il tema della lotta alla corruzione prevedendo un generale inasprimento delle pene per i delitti contro la pubblica amministrazione. Il complesso iter della legge "anticorruzione" influenzerà anche l'approvazione dei progetti di legge di ratifica di due convenzioni del Consiglio d'Europa, che il Parlamento deciderà di ratificare senza disposizioni di adeguamento interno, ritenendo che ogni ulteriore modifica al diritto penale sostanziale dovesse trovare sede nel progetto di legge anticorruzione, poi legge 190/2012.

Pertanto, con la legge 110/2012, il Parlamento ha ratificato la Convenzione penale di Strasburgo del 1999 sulla corruzione che impegna, in particolare, gli Stati a prevedere l'incriminazione di fatti di corruzione attiva e passiva tanto di funzionari nazionali quanto stranieri; di corruzione attiva e passiva nel settore privato; del cosiddetto traffico di influenze; dell'autoriciclaggio. Con la legge 112/2012 ha ratificato la Convenzione civile sulla corruzione, fatta a Strasburgo nel 1999 e diretta, in particolare, ad assicurare che negli Stati aderenti siano garantiti rimedi giudiziali efficaci in favore delle persone che hanno subito un danno risultante da un atto di corruzione.

L'iter della legge anticorruzione

Il disegno di legge A.S. 2156, recante Disposizioni per la prevenzione e la repressione della corruzione e dell'illegalità nella pubblica amministrazione è stato presentato dal Ministro della giustizia Alfano al Senato nel maggio 2010 (sul contenuto originario del disegno di legge si veda il Dossier del Servizio studi del Senato) ed approvato il 15 giugno 2011. Alla Camera l'A.C. 4434 - il cui contenuto è descritto nel Dossier del Servizio studi - è stato esaminato dalle Commissioni riunite Affari costituzionali e Giustizia che nelle sedute del 13 settembre e del 14 settembre 2011 hanno svolto sul tema un'indagine conoscitiva. Approdato in Assemblea nel maggio 2012, il provvedimento è stato ampiamente modificato rendendo necessario un nuovo passaggio al Senato (A.S. 2156-B). Anche le commissioni del Senato hanno svolto numerose audizioni, acquisendo ulteriori elementi conoscitivi; il 12 ottobre 2012 l'Assemblea del Senato ha approvato il testo con modifiche, rendendo necessario un ultimo esame alla Camera. In particolare, al Senato, a seguito dell’approvazione di un maxiemendamento del Governo, i primi 26 articoli del disegno di legge sono stati sostituiti e inglobati in un articolo unico. 

Contenuto della legge

La legge 190/2012, definitivamente approvata dalla Camera il 31 ottobre 2012, presenta un contenuto eterogeneo:

  • individua nella Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche (Civit) l’Autorità nazionale anticorruzione (il ruolo è, attualmente, ricoperto dal Dipartimento della funzione pubblica). La legge (art. 1, commi 1-3) dà così attuazione alle convenzioni internazionali ratificate;
  • detta specifiche misure volte alla trasparenza dell’attività amministrativa, compresa l’attività relativa agli appalti pubblici e al ricorso ad arbitri, e nell'attribuzione di posizioni dirigenziali oltre a misure per l’assolvimento di obblighi informativi ai cittadini da parte delle pubbliche amministrazioni; prevede la tutela del pubblico dipendente che denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro;
  • rende più incisivo il giudizio di responsabilità amministrativa nei confronti del dipendente pubblico che ha causato un danno all’immagine della p.a. e prevede misure organizzative da parte delle amministrazioni in caso di rinvio a giudizio di un dipendente per concussione per induzione (v. infra);
  • in particolare, per quanto riguarda gli appalti pubblici elenca le attività d’impresa particolarmente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa ed istituisce presso ogni prefettura l’elenco dei fornitori non soggetti a tentativi di infiltrazione mafiosa; incrementa il catalogo dei reati alla cui condanna consegue, per l'appaltatore, la risoluzione del contratto con una pubblica amministrazione
  • detta una più stringente disciplina delle incompatibilità, cumulo di impieghi e incarichi di dipendenti pubblici ed è affidata al Governo la definizione di un codice di comportamento dei pubblici dipendenti;
  • delega il Governo all’adozione di un testo unico in materia di incandidabiltà e di divieto di ricoprire cariche elettive e di governo a seguito di condanne definitive per delitti non colposi. Il Governo ha già esercitato la delega emanando il decreto legislativo 235/2012;
  • prevede una più restrittiva disciplina del “fuori ruolo” per i magistrati e gli avvocati dello Stato e delega il Governo a disciplinare ulteriori ipotesi di fuori ruolo obbligatorio. Il Governo ha provveduto presentanto alle Camera lo schema di decreto legislativo AG 539 sul quale la commissione giustizia ha espresso il parere della seduta del 6 febbraio 2013;
  • introduce infine nel codice penale importanti modifiche alla disciplina dei reati contro la pubblica amministrazione e interviene altresì sul codice civile per disciplinarvi il delitto di corruzione tra privati (art. 1, commi 75-76).

 

 

 

    Il nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione
    Il ruolo della CIVIT e del Dipartimento della funzione pubblica

    L'articolo 1 della legge individua l’autorità nazionale competente a coordinare l’attività di contrasto al fenomeno corruttivo nella pubblica amministrazione, nonché le funzioni degli altri organi incaricati di funzioni di prevenzione e contrasto dell’illegalità. In sintesi, il nuovo assetto organizzativo delle politiche di contrasto alla corruzione a livello nazionale si fonda sulla collaborazione tra la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – Civit, il Dipartimento della funzione pubblica e le pubbliche amministrazioni.

    In particolare, il comma 2 dell’articolo 1 individua, quale Autorità nazionale anticorruzione, la Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – CIVIT, così modificando la precedente distribuzione delle competenze in questa materia.

    Per quanto concerne l’attuazione in Italia delle disposizioni sulle autorità nazionali anticorruzione, occorre infatti ricordare che, in un primo momento, con la legge n. 3/2003[1] (art. 1), era stato istituito l’Alto Commissario per la prevenzione e il contrasto della corruzione e degli altri illeciti nell’ambito della pubblica amministrazione. Successivamente, il D.L. n. 112 del 2008 (art. 68, co. 6 e 6-bis), ha soppresso la figura dell’Alto Commissario e trasferito le strutture e funzioni al “Ministro competente”, con facoltà per quest’ultimo di delegare un sottosegretario di Stato. In attuazione di tale disposizione, con D.P.C.M. 2 ottobre 2008 (art. 1) è stato attribuito al Dipartimento della funzione pubblica il compito di:

    • eseguire attività di indagine conoscitiva all'interno della pubblica amministrazione anche al fine di elaborare analisi e studi sull'adeguatezza e congruità del quadro normativo e dei provvedimenti messi in atto dalle amministrazioni per prevenire e fronteggiare la corruzione ed altre forme di illecito nella pubblica amministrazione;
    • predisporre un piano annuale nazionale per la trasparenza dell'azione amministrativa di concerto con le amministrazioni pubbliche centrali, regionali e locali interessate, provvedendo annualmente al suo aggiornamento e perfezionamento;
    • provvedere ad una mappatura del fenomeno della corruzione nella pubblica amministrazione, redigendo annualmente una relazione per il Consiglio dei Ministri con evidenziazione delle aree geografiche di riferimento e delle amministrazioni interessate.

    Il Dipartimento della funzione pubblica esercitava tali funzioni attraverso il Servizio Anticorruzione e trasparenza (SAeT) dello stesso Ministero. Confermando l’assetto di competenze successivo al D.L. 112, l’articolo 6 della legge 116/2009 di ratifica della Convenzione ONU ha designato quale autorità nazionale ai sensi dell'art. 6 della Convenzione il soggetto al quale sono state trasferite le funzioni dell'Alto Commissario, ai sensi dell'art. 68, comma 6-bis, del decreto-legge 112/2008.

    Pertanto, con la legge 190 la Civit – a cui peraltro la normativa istitutiva già attribuisce il compito di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza nelle pa – si sostituisce nel ruolo di Autorità nazionale anticorruzione al Dipartimento della funzione pubblica, che ha ricoperto tale veste sino a quel momento.

    La Commissione per la valutazione, la trasparenza e l’integrità delle amministrazioni pubbliche – Civit è stata istituita exarticolo 13 del decreto legislativo 150/2009 con la funzione di indirizzare, coordinare e sovrintendere all’esercizio indipendente delle funzioni di valutazione delle amministrazioni; di garantire la trasparenza dei sistemi di valutazione, di assicurare la comparabilità e la visibilità degli indici di andamento gestionale. A tali attribuzioni si affianca il compito di garantire la trasparenza totale delle amministrazioni, cioè l’accessibilità dei dati inerenti al loro funzionamento. La Commissione esercita le proprie attribuzioni «in posizione di indipendenza di giudizio e di valutazione e in piena autonomia», in collaborazione con il Dipartimento della funzione pubblica della Presidenza del Consiglio dei Ministri. In particolare, ai sensi del comma 8 dell’articolo 13 del d.lgs. 150, nell’ambito della Commissione è istituita la Sezione per l'integrità e la trasparenza delle amministrazioni, a cui sono assegnati, con delibera della Commissione, personale della struttura ed esperti di elevata professionalità ed esperienza sui temi della prevenzione e della lotta alla corruzione. La Sezione ha il compito di favorire la diffusione della legalità e della trasparenza nelle amministrazioni pubbliche e sviluppare interventi a favore della cultura dell'integrità.

    Le funzioni affidate alla Commissione in materia di lotta alla corruzione attengono prevalentemente al ruolo di rappresentanza istituzionale, specie nei rapporti con i competenti organismi internazionali, nonché di vigilanza e controllo sulle politiche di contrasto alla corruzione e sull’efficacia delle singole misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. Più nel dettaglio, alla Commissione è affidato il compito di:

    • collaborare con i paritetici organismi stranieri, con le organizzazioni regionali ed internazionali competenti; 
    • approvare il Piano nazionale anticorruzione che viene predisposto dal Dipartimento della funzione pubblica (v., infra); 
    • analizzare cause e fattori della corruzione e individuare gli interventi di prevenzione;
    • esprimere pareri facoltativi a tutte le p.a. statali, regionali e locali in materia di conformità di atti e comportamenti dei funzionari pubblici e, in particolare, sulle autorizzazioni allo svolgimento di incarichi esterni da parte dei dirigenti dello Stato e degli enti pubblici nazionali;
    • esercitare la vigilanza e il controllo sull'effettiva applicazione e sull'efficacia delle misure adottate dalle pubbliche amministrazioni. A tal fine, alla Commissione sono riconosciuti poteri ispettivi, che le consentono di richiedere notizie, informazioni, atti e documenti alle pubbliche amministrazioni, nonché il potere di ordinare la rimozione di comportamenti o atti, dandone notizia nel sito web; 
    • riferire al Parlamento sull'attività di contrasto al fenomeno corruttivo e all’illegalità e sull'efficacia delle disposizioni vigenti in materia, presentando una relazione entro il 31 dicembre di ciascun anno.

    Residuano in capo al Dipartimento della funzione pubblica importanti funzioni normative, esecutive e di coordinamento  (art. 1, co. 4). Infatti, il Dipartimento:

    • predispone il Piano nazionale anticorruzione,  con cui garantire il coordinamento di tutte le attività anticorruzione; il Piano è formato sulla base di specifiche linee guida elaborate dal Comitato dei ministri per la lotta alla corruzione (le linee guida sono state approvate nel Consiglio dei ministri del 12 marzo 2013);
    • ha il compito di promuovere e definire norme e metodologie comuni per la prevenzione della corruzione;
    • supporta le pubbliche amministrazioni, definendo modelli standard delle informazioni e dei dati occorrenti per il conseguimento degli obiettivi previsti dalla legge, secondo modalità che consentano la loro gestione ed analisi informatizzata;
    • definisce i criteri per assicurare la rotazione dei dirigenti nei settori particolarmente esposti alla corruzione
    • più in generale, assolve ad un ruolo di coordinamento nell’attuazione delle strategie di contrasto alla corruzione.
    I piani di prevenzione della corruzione

    Le pubbliche amministrazioni centrali predispongono un piano di prevenzione della corruzione e adottano  procedure per la selezione e la formazione dei dipendenti chiamati ad operare in settori particolarmente esposti alla corruzione, prevedendo la rotazione di funzionari e dirigenti in tali settori (co. 5). Il piano è adottato entro il 31 gennaio di ogni anno a proiezione triennale, dall’organo di indirizzo politico e viene trasmesso al Dipartimento della funzione pubblica; la sua elaborazione non può essere affidata a soggetti estranei all’amministrazione (co. 8). Anche gli enti locali predispongono il piano e, a tal fine, possono richiedere al prefetto il necessario supporto tecnico e informativo del prefetto (co. 6).

    Per quanto riguarda contenuti ed obiettivi (co. 9), il piano è funzionale a:

    • individuare le attività nelle quali è maggiore il rischio di corruzione prevedendo, in particolare, per queste, meccanismi di formazione, attuazione e controllo delle decisioni idonei a prevenire il rischio, nonché obblighi di informazione nei confronti del responsabile della prevenzione (su cui, infra);
    • monitorare il rispetto dei termini per la conclusione dei procedimenti, nonché i rapporti tra amministrazione e soggetti terzi che con la stessa stipulano contratti o sono interessati a procedimenti autorizzatori, concessori o di erogazione di vantaggi economici;
    • individuare specifici obblighi di trasparenza.
    Il responsabile della prevenzione della corruzione

    Le pubbliche amministrazioni centrali e gli enti locali individuano  un responsabile della prevenzione della corruzione. Nelle prime, questi è scelto di norma tra i dirigenti di ruolo di prima fascia in servizio, mentre negli enti locali coincide con il segretario, salva diversa motivazione (co. 7). Il responsabile (co. 8 e 10):

    • propone all’organo di indirizzo politico l’adozione del piano di prevenzione della corruzione, ne verifica poi l’attuazione e la sua idoneità, proponendo eventuali modifiche dello stesso in caso di inosservanza o malfunzionamento;
    • definisce, entro il 31 gennaio di ogni anno, procedure idonee per selezionare e formare il personale destinato ad operare nei settori più esposti al rischio di corruzione. Peraltro, è assegnato alla Scuola superiore della pubblica amministrazione il compito di predisporre per i dipendenti pubblici percorsi di formazione specifici (co. 11) e al responsabile quello di individuare il personale da inserire nei programmi di formazione;
    • verifica l’effettiva rotazione degli incarichi negli uffici più esposti;
    • pubblica nel sito web dell’amministrazione, entro il 15 dicembre di ogni anno, una relazione recante i risultati dell’attività svolta; nonché riferisce sulla sua attività qualora l’organo di indirizzo politico o il dirigente responsabile ne facciano richiesta.

    In tema di responsabilità sono individuate nuove fattispecie. In particolare, la mancata predisposizione del piano e la mancata adozione delle procedure di selezione e formazione costituiscono elementi di valutazione della responsabilità dirigenziale (co. 8). Inoltre, il responsabile della prevenzione, in caso di commissione, all'interno dell'amministrazione, di un reato di corruzione accertato con sentenza passata in giudicato risponde, per responsabilità dirigenziale e sul piano disciplinare, per danno erariale e danno all’immagine della p.a. salva la prova di aver predisposto il piano di prevenzione prima della commissione del fatto, di averne osservato le prescrizioni e di aver vigilato sul funzionamento e sull'osservanza del piano (co. 12). La sanzione disciplinare non può essere inferiore alla sospensione dal servizio con privazione della retribuzione da un minimo di un mese ad un massimo di sei mesi. Il responsabile della prevenzione risponde per responsabilità dirigenziale e sul piano disciplinare, per omesso controllo, anche nell’ipotesi di ripetute violazioni delle misure di prevenzione previste dal Piano da parte dei dipendenti dell’amministrazione, per i quali tali condotte costituiscono illecito disciplinare (co. 14).

    Le regole sulla trasparenza dell'attività amministrativa

    I commi da 15 a 36 dell’articolo 1 della legge recano norme concernenti la trasparenza dell'attività amministrativa. Si ribadisce, attraverso il richiamo al d.lgs. 150/2009, che la trasparenza dell'attività amministrativa costituisce livello essenziale delle prestazioni concernenti i diritti sociali e civili ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera m), della Costituzione (co. 15). La trasparenza, si prevede, è assicurata attraverso la pubblicazione, sui siti istituzionali delle pubbliche amministrazioni, delle informazioni relative ai procedimenti amministrativi. Sono oggetto di pubblicazione anche i bilanci e i conti consuntivi, nonché i costi unitari di realizzazione delle opere pubbliche e di produzione dei servizi erogati. I criteri che devono essere seguiti nella pubblicazione sono: facile accessibilità, completezza e semplicità di consultazione, nel rispetto delle disposizioni in materia di segreto di Stato, di segreto d'ufficio e di protezione dei dati personali.

    Le pubbliche amministrazioni, ai sensi del comma 16, assicurano i livelli essenziali di cui sopra con particolare riferimento ai procedimenti di:

    • autorizzazione o concessione;
    • scelta del contraente per l'affidamento di lavori, forniture e servizi, anche con riferimento alla modalità di selezione prescelta secondo le modalità previste dal Codice degli appalti (D.lgs. 12 aprile 2006, n. 163);
    • concessione ed erogazione di sovvenzioni, contributi, sussidi, ausili finanziari, nonché di attribuzione di vantaggi economici di qualunque genere a persone ed enti pubblici e privati;
    • concorsi e prove selettive per l'assunzione del personale e progressioni in carriera.

    Le informazioni pubblicate sono trasmesse in via telematica alla CIVIT (co. 27). Tali disposizioni si applicano anche ai procedimenti posti in essere in deroga alla procedure ordinarie (co. 26). Con riferimento a tutti i procedimenti amministrativi, la legge (art. 1, co. 28) impone, inoltre, alle pubbliche amministrazioni di provvedere al monitoraggio periodico del rispetto dei tempi procedimentali anche al fine di evidenziare e risolvere eventuali anomalie. I risultati devono poter essere consultabili sui siti istituzionali di ciascuna amministrazione.

    Ulteriori misure volte ad assicurare la trasparenza amministrativa sono:

    • l’obbligo per le pubbliche amministrazioni di rendere noto, tramite il proprio sito istituzionale, almeno un indirizzo di posta elettronica certificata cui il cittadino possa rivolgersi per trasmettere istanze e dichiarazioni e ricevere informazioni circa i provvedimenti e i procedimenti amministrativi che lo riguardano (co. 29);
    • l’obbligo di rendere accessibili in ogni momento agli interessati, tramite strumenti di identificazione informatica, le informazioni relative ai provvedimenti e ai procedimenti amministrativi che li riguardano, ivi comprese quelle relative allo stato della procedura, ai relativi tempi e allo specifico ufficio competente in ogni singola fase (co. 30).

    Per l’attuazione dei nuovi obblighi di pubblicità, il comma 31 demanda ad uno o più decreti interministeriali, da adottare sentita la Conferenza unificata. Specifiche prescrizioni sono stabilite dal comma 32 per la pubblicazione delle informazioni relative alla scelta del contraente, prevedendo obblighi in capo alle stazioni appaltanti e all’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici.

    Il comma 33 stabilisce che la mancata o incompleta pubblicazione da parte delle pubbliche amministrazioni delle informazioni, costituisce violazione degli standard qualitativi ed economici, ai sensi dell'art. 1, comma 1, del D.Lgs. n. 198/2009e, dunque, presupposto per avviare la c.d. class action della pubblica amministrazione (su cui, si v. Decreto legislativo 198/2009 - Tutela collettiva nei confronti della P.A.). È, altresì, valutata ai sensi dell'art. 21, D.lgs. 165/2001 (in materia di responsabilità dirigenziale) così come eventuali ritardi nell'aggiornamento dei contenuti sugli strumenti informatici sono sanzionati a carico dei responsabili del servizio.

    Per quanto riguarda, l’ambito di applicazione soggettivo, le regole sulla trasparenza introdotte dalla L. 190/2012 sono destinate alle amministrazioni pubbliche come individuate dall’art. 1, co. 2, D.lgs. 165/2001, agli enti pubblici nazionali e alle società partecipate dalle amministrazioni pubbliche, limitatamente alla loto attività di pubblico interesse, disciplinata dal diritto nazionale o dell’UE (co. 34).

    Infine, il legislatore ha disposto una delega al Governo (co. 35 e 36), da attuare con un unico decreto legislativo entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, per il riordino della normativa in materia di obblighi di pubblicità, trasparenza e diffusione di informazione da parte delle p.a., che, oltre alla ricognizione ed il coordinamento di tutte le disposizioni vigenti, preveda:

    • forme di pubblicità in ordine all’uso delle risorse pubbliche e ai risultati;
    • precisi obblighi di pubblicità di dati relativi ai titolari di incarichi politici, di carattere elettivo o comunque di esercizio di poteri di indirizzo politico, di livello statale, regionale e locale (almeno la situazione patrimoniale complessiva del titolare al momento dell'assunzione della carica, la titolarità di imprese, le partecipazioni azionarie proprie, del coniuge e dei parenti entro il secondo grado di parentela, nonché tutti i compensi cui dà diritto l'assunzione della carica);
    • ampliamento delle ipotesi di pubblicità, mediante pubblicazione nei siti web istituzionali, di informazioni relative ai titolari degli incarichi dirigenziali nelle pubbliche amministrazioni;
    • categorie di informazioni che le amministrazioni devono pubblicare e delle modalità di elaborazione dei relativi formati;
    • obbligo di pubblicare tutti gli atti, i documenti e le informazioni anche in formato elettronico elaborabile e in formati di dati aperti;
    • individuazione della durata e dei termini di aggiornamento per ciascuna pubblicazione obbligatoria; nonché individuazione delle responsabilità e delle sanzioni per il mancato, ritardato o inesatto adempimento degli obblighi di pubblicazione.

    Lo schema di decreto legislativo è stato approvato in via definitiva dal Consiglio dei ministri nella seduta del 15 febbraio 2013.

    Le modifiche all'arbitrato nel codice degli appalti

    I commi da 19 a 24 dell'articolo 1 della legge 190/2012 intervengono sul c.d. Codice degli appalti (d.lgs. 163/2006) per modificare la disciplina degli arbitrati. In particolare la riforma novella l'art. 241 del Codice - che, nell’ambito della Parte IV (Contenzioso) disciplina l’arbitrato, a cui possono essere deferite le controversie su diritti soggettivi, derivanti dall'esecuzione dei contratti pubblici relativi a lavori, servizi, forniture, concorsi di progettazione e di idee, comprese quelle conseguenti al mancato raggiungimento dell'accordo bonario - specificando che:

    • l’arbitrato deve essere previamente e motivatamente autorizzato dall’organo di governo dell’amministrazione;
    • sono nulli, se non previamente autorizzati tanto l’inclusione della clausola compromissoria nel bando o nell’avviso con cui è indetta la gara ovvero, per le procedure senza bando, nell’invito quanto il ricorso all’arbitrato;
    • è estesa l'applicabilità delle disposizioni relative al ricorso ad arbitri alle controversie relative a concessioni e appalti pubblici di opere, servizi e forniture in cui sia parte una società a partecipazione pubblica o che comunque abbiano ad oggetto opere o forniture finanziate con risorse a carico dei bilanci pubblici;
    • la nomina degli arbitri per la risoluzione delle controversie nelle quali è parte una pubblica amministrazione avviene nel rispetto dei principi di pubblicità e di rotazione;
    • qualora la controversia si svolga tra due pubbliche amministrazioni, gli arbitri di parte sono individuati esclusivamente tra dirigenti pubblici;
    • qualora invece la controversia abbia luogo tra una pubblica amministrazione e un privato, l’arbitro individuato dalla pubblica amministrazione è scelto preferibilmente tra i dirigenti pubblici. Qualora non risulti possibile alla pubblica amministrazione nominare un arbitro scelto tra i dirigenti pubblici, la nomina è disposta, con provvedimento motivato, nel rispetto delle disposizioni del Codice degli appalti;
    • l'amministrazione stabilisce, a pena di nullità della nomina, l’importo massimo spettante al dirigente pubblico per l’attività arbitrale. L’eventuale differenza tra l’importo spettante agli arbitri nominati e l’importo massimo stabilito per il dirigente è acquisita al bilancio della pubblica amministrazione che ha indetto la gara.
    Le modifiche alla legge sul procedimento amministrativo

    La legge sulla corruzione nella pubblica amministrazione introduce alcune modifiche alla La disciplina del procedimento amministrativo, recata dalla legge n. 241/1990 (legge proc.).

    Innanzitutto (co. 37), si modifica l’articolo 1 della legge prevedendo che i soggetti privati preposti all'esercizio di attività amministrative debbano non solo seguire criteri di economicità, di efficacia, di imparzialità, di pubblicità e di trasparenza, ma anche assicurare nella propria attività livelli di garanzia non inferiori a quelli cui sono tenute le pubbliche amministrazioni.

    Inoltre, l’articolo 1, co. 38, con una modifica all’art. 2, co. 1, della L. 241, prevede la possibilità per le pubbliche amministrazioni di concludere il procedimento con un provvedimento espresso redatto in forma semplificata qualora ravvisino “la manifesta irricevibilità, inammissibilità, improcedibilità o infondatezza della domanda”. La semplificazione consiste nel fatto che la motivazione può consistere in un sintetico riferimento al punto di fatto o di diritto ritenuto risolutivo. In tal modo, s’intendono fornire gli strumenti per attuare correttamente l’obbligo di concludere il procedimento con un provvedimento espresso, già sancito dall’articolo 2 della L. 241, nei casi in cui si riscontri l’assoluta mancanza dei presupposti per l’avvio della stessa istruttoria, al fine di realizzare un’ulteriore semplificazione ed accelerazione dell’attività amministrativa.

    L’art. 1, co. 41, ha introdotto il nuovo articolo 6-bis della L. 241/1990, ai sensi del quale il responsabile del procedimento e i titolari degli uffici competenti ad adottare i pareri, le valutazioni tecniche, gli atti endoprocedimentali e il provvedimento finale hanno un dovere di astensione in caso di conflitto di interessi, segnalando ogni situazione di conflitto, anche potenziale. Non sono indicate le conseguenze della violazione di tale disposizione da parte del dipendente. La disposizione, che ha finalità di evitare l’insorgere di fenomeni di illegalità e di corruzione, pare esplicitazione del più generale dovere di imparzialità, sancito dall’articolo 97 della Carta costituzionale, nonché dalla stessa legge proc., in base al cui art. 1, l’attività amministrativa deve essere retta dal criterio di imparzialità.

    Sempre al fine di garantire l’imparzialità e la massima trasparenza dell’attività amministrativa, il comma 47 dell’art. 1 aggiunge al comma 2 dell'articolo 11 della legge proc. la disposizione secondo la quale agli accordi sostitutivi o integrativi del provvedimento si applica la disciplina sulla motivazione di cui all’articolo 3. Pertanto, tali accordi devono essere motivati, con l’indicazione dei presupposti di fatto e delle ragioni giuridiche che hanno determinato la decisione dell'amministrazione, in relazione alle risultanze dell'istruttoria.

    Inoltre, senza modificare la legge 241, l’articolo 1, co. 48 delega il Governo ad adottare, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo per introdurre una disciplina organica degli illeciti e delle sanzioni disciplinari correlati al superamento dei termini di definizione dei procedimenti amministrativi.

    Infine, l’art 1, co. 62 della legge dispone in tema di danno all’immagine della pubblica amministrazione, inserendo due nuovi commi all’articolo 1 della legge 20/1994 che disciplina il giudizio di responsabilità amministrativa. In particolare si prevede: una presunzione fino a prova contraria relativa alla quantificazione del danno all’immagine della PA, derivante dalla commissione di un reato contro la stessa p.a. da parte del dipendente (il danno si presume essere pari al doppio del valore patrimoniale illecitamente percepito dal dipendente); la concessione del sequestro conservativo di beni mobili e immobili del convenuto nei giudizi di responsabilità amministrativa per il danno all’immagine in tutti i casi di fondato timore di attenuazione della garanzia del credito erariale.

    Le modifiche al Testo unico del pubblico impiego

    Alcune disposizioni della legge 190 incidono direttamente sulla disciplina dei dipendenti pubblici, introdotte in molti casi con lo strumento della novella al D.lgs. 165/2001. Le modifiche principali riguardano:

    • l’articolo 53 del testo unico, recante la disciplina degli incarichi, al fine di prevedere l’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici nonché di situazioni di conflitto, anche potenziale, di interesse; obblighi attinenti alla comunicazione dei compensi erogati a dipendenti pubblici; fattispecie di responsabilità erariale per il dipendente pubblico indebito percettore di compensi; ampia pubblicità degli incarichi conferiti o autorizzati ai dipendenti, anche gratuiti, con l'indicazione dell'oggetto dell'incarico e del compenso lordo; divieto di svolgimento di attività per conflitto di interesse (art. 1, co. 43);
    • l’articolo 54 del testo unico, relativamente alla definizione da parte del Governo di un codice di comportamento dei dipendenti pubblici la cui violazione è fonte di responsabilità disciplinare; tale codice, emanato con D.P.R., viene integrato e specificato da ciascuna pubblica amministrazione che redige un proprio codice di comportamento sulla base di linee guida definite dalla CIVIT (art. 1, co. 44). In merito, si segnala che nella riunione dell'8 marzo 2013, il Consiglio dei ministri ha approvato, salvo intese, il regolamento contenente il Codice di comportamento;
    • l’articolo 35-bis del testo unico, introdotto al fine di stabilire il divieto di assegnazione ad alcuni tipi di incarichi, specificatamente indicati, in caso di condanna per reati di corruzione (art. 1, co. 46);
    • l’art. 54-bis del testo unico, al fine di a tutelare il pubblico dipendente che, fuori dei casi di responsabilità per calunnia o diffamazione, denuncia o riferisce condotte illecite apprese in ragione del suo rapporto di lavoro (art. 1, co. 51).

    Infine, la legge 190 (all’art. 1, co. 49) contiene un’ulteriore delega al Governo avente un duplice oggetto. Da un lato, la modifica della disciplina vigente in materia di attribuzione di incarichi dirigenziali e di incarichi di responsabilità amministrativa di vertice nelle p.a. e negli enti privati che svolgono funzioni amministrative, attività di produzione di beni e servizi per le p.a. o gestione di servizi pubblico. Dall’altro, la modifica della disciplina vigente in tema di incompatibilità tra incarichi dirigenziali e di vertice e lo svolgimento di incarichi elettivi o la titolarità di interessi privati che si possono porre in contrasto con l’esercizio imparziale delle funzioni pubbliche. Tra i criteri per l’esercizio della delega (co. 50) si segnala la necessità di prevedere la non conferibilità di incarichi dirigenziali:

    • a coloro che sono stati condannati, anche con sentenza non definitiva, per i reati contro la p.a.;
    • a coloro che per un periodo di tempo (non inferiore ad un anno) antecedente al conferimento dell’incarico, hanno svolto incarichi in enti privati controllati o finanziati dalla p.a. che conferisce l’incarico;
    • a coloro che presso la p.a. che conferisce l’incarico hanno svolto incarichi di indirizzo politico o ricoperto cariche pubbliche elettive nel periodo, comunque non inferiore ad un anno, immediatamente precedente al conferimento dell’incarico (tale inconferibilità non riguarda gli incarichi di responsabilità degli uffici di diretta collaborazione).
    Prevenzione delle infiltrazioni mafiose (c.d. white list)

    L'articolo 1, commi da 52 a 58, della legge 190/2012 detta una serie di disposizioni volte a prevenire le infiltrazioni mafiose nel settore degli appalti di lavori. In particolare, la legge anticorruzione prevede l'istituzione presso ogni prefettura di c.d. white list, ovvero elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di opere non soggetti a infiltrazione mafiosa.

    Già in precedenti occasioni nel corso della legislatura il parlamento aveva previsto l'istituzione di questi elenchi. Si ricordano, in particolare,

    - l'art. 4 del decreto-legge 70/2011 (Semestre Europeo - Prime disposizioni urgenti per l’economia) che per l’efficacia dei controlli antimafia nei subappalti e subcontratti successivi ai contratti pubblici ha, per primo, generalizzato l’istituzione di “white list” di imprese presso le Prefetture, prima previsto in singole leggi speciali (normative sulla ricostruzione in Abruzzo, sulle opere per l'EXPO 2015, sul piano carceri);

    - l'art. 5-bis del decreto-legge 74/2012 (Terremoto Emilia) che prevede – per l’efficacia dei controlli antimafia sugli interventi di ricostruzione post-terremoto - che presso le prefetture delle province interessate agli interventi stessi siano istituite le cd. white list ovvero gli elenchi di fornitori, prestatori di servizi ed esecutori di lavori considerati soggetti non a rischio di infiltrazione mafiosa, cui si rivolgono gli esecutori dei lavori di ricostruzione. Va sottolineato come il comma 1 dell’art. 5-bis del DL 74/2012 prevede – diversamente dall’art. 4 del D.L. 70/2011, per cui è facoltativo – il ricorso obbligatorio, per gli esecutori dei lavori di ricostruzione, ad una delle imprese inserite nella white list.

    Si ricorda che l'art. 91, comma 7, del D.Lgs 159/2011 (Codice antimafia) affida ad un regolamento, da adottare con D.M. Interno, l'individuazione delle diverse tipologie di attività suscettibili di infiltrazione mafiosa nell'attività di impresa per le quali, indipendentemente dal valore del contratto, è sempre obbligatoria l'acquisizione dell'informazione antimafia.

    Analiticamente, la legge anticorruzione:

    • individua le attività maggiormente esposte al rischio di infiltrazione mafiosa (dal trasporto di materiali in discarica per conto terzi ,alla guardiania dei cantieri) prevedendo che l'elencazione possa essere annualmente aggiornata (commi 53, 54, 56);
    • stabilisce che per migliorare l'efficacia dei controlli antimafia in questi settori di attività, ogni prefettura debba istituire l'elenco dei fornitori "puliti"; l'iscrizione nell'elenco «soddisfa i requisiti per l'informazione antimafia per l'esercizio della relativa attività» (comma 52);
    • demanda alla prefettura l'effettuazione di verifiche periodiche circa la perdurante insussistenza dei suddetti rischi e, in caso di esito negativo, la cancellazione dell'impresa dall'elenco. Spetterà però all'impresa (comma 55) di comunicare alla prefettura competente qualsiasi modifica dell'assetto proprietario e dei propri organi sociali, entro trenta giorni dalla data della modifica. Se poi si tratta di società di capitali quotate, l'onere comunicativo si estende a tutte le variazioni rilevanti secondo quanto previsto dal T.U. intermediazione finanziaria (d.lgs. 58/1998).

    La riforma diventerà operativa a partire dal sessantesimo giorno successivo all'emanazione di un decreto attuativo del Presidente del consiglio dei ministri (comma 57).

    Ambito di applicazione

    L’articolo 1, co. 59, dispone in via generale in ordine all’ambito di applicazione delle disposizioni anticorruzione dei commi da 1 a 57 che investe tutte le amministrazioni pubbliche indicate dall’articolo 1, comma 2, del decreto legislativo 165/2001. Contiene inoltre una clausola di adeguamento (co. 60) ad alcune disposizioni recate dalla legge per le regioni e province autonome di Trento e Bolzano, nonché per gli enti locali, gli enti pubblici e i soggetti di diritto privato sottoposti al loro controllo.

    In particolare, si stabilisce che i relativi adempimenti siano adottati entro 120 giorni dalla data di entrata in vigore della legge in sede di Conferenza unificata e riguardano:

    • la definizione del piano triennale anticorruzione, a partire da quello 2013-2015, e la relativa trasmissione alla regione interessata e al Dipartimento della funzione pubblica;
    • l’individuazione degli incarichi vietati ai dipendenti pubblici;
    • l’adozione del codice di comportamento.
    L'incandidabilità alle cariche elettive

    La legge anticorruzione, all’articolo 1, co. 63-65, delega il Governo ad adottare, entro un anno dalla data di entrata in vigore della legge, un decreto legislativo recante un testo unico della normativa in materia di incandidabilità alla carica di membro del Parlamento europeo, di deputato e di senatore della Repubblica, di incandidabilità alle elezioni regionali, provinciali, comunali e circoscrizionali e di divieto di ricoprire le cariche di presidente e di componente del consiglio di amministrazione dei consorzi, di presidente e di componente dei consigli e delle giunte delle unioni di comuni, di consigliere di amministrazione e di presidente delle aziende speciali e delle istituzioni di cui all'articolo 114 del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali, di cui al D.lgs 267/2000 c.d. TUEL, e successive modificazioni, di presidente e di componente degli organi esecutivi delle comunità montane.

    Si tratta di riordinare ed armonizza la normativa vigente, disseminata in distinte fonti normative, secondo alcuni principi e criteri direttivi:

    • prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti di grave allarme sociale;
    • prevedere che non siano temporaneamente candidabili a deputati o a senatori coloro che abbiano riportato condanne definitive a pene superiori a due anni di reclusione per i delitti dei pubblici ufficiali contro la pubblica amministrazione, ovvero per altri delitti per i quali la legge preveda una pena detentiva superiore nel massimo a tre anni;
    • prevedere che l'incandidabilità operi anche in caso di applicazione della pena su richiesta;
    • coordinare le disposizioni relative all'incandidabilità con le vigenti norme in materia di interdizione dai pubblici uffici e di riabilitazione, nonché con le restrizioni all'esercizio del diritto di elettorato attivo;
    • prevedere che le condizioni di incandidabilità alla carica di deputato e di senatore siano applicate altresì all'assunzione delle cariche di governo;
    • operare una completa ricognizione della normativa vigente in materia di incandidabilità alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali, nonché valutare l'introduzione di ulteriori ipotesi di incandidabilità determinate da sentenze definitive di condanna per delitti di grave allarme sociale;
    • individuare, fatta salva la competenza legislativa regionale sul sistema di elezione e i casi di ineleggibilità e di incompatibilità del presidente e degli altri componenti della giunta regionale nonché dei consiglieri regionali, le ipotesi di incandidabilità alle elezioni regionali e di divieto di ricoprire cariche negli organi politici di vertice delle regioni, conseguenti a sentenze definitive di condanna;
    • disciplinare le ipotesi di sospensione e decadenza di diritto dalle cariche in caso di sentenza definitiva di condanna per delitti non colposi successiva alla candidatura o all'affidamento della carica.

    In chiusura della legislatura, la delega è stata attuata con il D.lgs. 235/2012, che completa il quadro delle novità intervenute in materia di Ineleggibilità, incandidabilità e incompatibilità parlamentari.

     

    La disciplina del fuori ruolo per magistrati e avvocati dello Stato

    La legge anticorruzione vieta ai magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari, nonché agli avvocati e procuratori dello Stato, la partecipazione a collegi arbitrali o l'assunzione di incarico di arbitro unico (art. 1, comma 18), pena la decadenza dalla carica e la nullità degli atti compiuti.

    Rispetto agli stessi soggetti, i commi da 66 a 74 dell'articolo 1 della legge prevedono l’obbligo del collocamento fuori ruolo per l’attribuzione degli incarichi apicali o semiapicali presso istituzioni, organi ed enti pubblici. La legge delega inoltre il Governo a individuare gli ulteriori incarichi per i quali il collocamento fuori ruolo è obbligatorio. In particolare, la legge 190/2012:

    • dispone che tutti gli incarichi apicali e semiapicali – compresi quelli di capo di gabinetto - attribuiti a magistrati ordinari, amministrativi, militari, contabili e ad avvocati e procuratori dello Stato presso istituzioni, enti pubblici, nazionali e non, debbano essere obbligatoriamente svolti in posizione di fuori ruolo per tutta la durata dell’incarico. La disposizione prevede la cessazione di diritto degli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge, qualora nei centottanta giorni successivi non venga adottato il provvedimento di collocamento in posizione di fuori ruolo;
    • delega il Governo ad adottare - entro 4 mesi - un decreto legislativo che individui gli ulteriori incarichi, anche negli uffici di diretta collaborazione, che comportino il collocamento obbligatorio fuori ruolo. I principi e criteri direttivi per l’esercizio della delega sono i seguenti: a) tener conto delle differenze e specificità dei regimi e delle funzioni connessi alla giurisdizione ordinaria, amministrativa, contabile e militare, nonché all'Avvocatura dello Stato; b) durata dell'incarico; c) continuatività e onerosità dell'impegno lavorativo connesso allo svolgimento dell'incarico; d) possibili situazioni di conflitto di interesse tra le funzioni esercitate presso l'amministrazione di appartenenza e quelle esercitate in ragione dell'incarico ricoperto fuori ruolo. Il Governo ha presentato alle Camera lo schema di decreto legislativo A.G. 539, per il cui contenuto si rinvia al Dossier del Servizio studi, esaminato dalla commissione giustizia il 6 febbraio 2013. Il decreto legislativo - che individua sia gli incarichi apicali e semiapicali sia gli ulteriori incarichi da svolgere obbligatoriamente in posizione di fuori ruolo - non è stato ancora pubblicato in Gazzetta ufficiale;
    • ha stabilito come regola generale per i magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e per gli avvocati e i procuratori dello Stato un limite di permanenza massima fuori ruolo di 10 anni, anche continuativi, nell'arco del loro servizio. Ove gli stessi soggetti abbiano già maturato o stiano per maturare, alla data di entrata in vigore della legge, il periodo dei 10 anni, "si intendono confermati nella posizione di fuori ruolo sino al termine dell'incarico, della legislatura, della consiliatura o del mandato relativo all'ente o soggetto presso cui è svolto l'incarico. Qualora non ci sia un termine prefissato, il fuori ruolo si intende confermato per i 12 mesi successivi all'entrata in vigore della legge”;
    • ha previsto che il suddetto limite decennale si applichi anche agli incarichi in corso alla data di entrata in vigore della legge (28 novembre 2012). Per i magistrati destinati a incarichi non giudiziari presso la Presidenza della Repubblica, la Corte costituzionale e il C.S.M. (alla lettera: anche se conferiti successivamente all'entrata in vigore della legge 190), il termine decennale decorre dal 28 novembre 2012. Coloro che, alla data di entrata in vigore della legge, abbiano già maturato o che, successivamente, maturino il periodo massimo di collocamento in posizione di fuori ruolo si intendono confermati nella posizione di fuori ruolo sino al termine dell'incarico, della legislatura, della consiliatura o del mandato relativo all'ente o soggetto presso cui è svolto l'incarico (se l'incarico non prevede un termine, il fuori ruolo si intende confermato per i dodici mesi successivi all'entrata in vigore della legge);
    • ha stabilito che le nuove disposizioni sul fuori ruolo non si applicano ai membri di Governo, alle cariche elettive, anche presso gli organi di autogoverno, ai componenti delle Corti internazionali comunque denominate.
    Le modifiche ai delitti contro la pubblica amministrazione

    I commi da 75 a 83 dell'articolo 1 della legge 190/2012 apportano modifiche al codice penale e al codice di procedura penale con la sue disposizioni di attuazione, al codice civile e al decreto legislativo sulla responsabilità amministrativa degli enti (d.lgs. 231/2001).

    Le novelle al codice penale

    La legge 190/2012 (art. 1, comma 75) introduce numerose modifiche al codice penale; in primo luogo, aumenta le pene previste per i seguenti delitti contro la pubblica amministrazione:

    • per il delitto di peculato (art. 314 c.p.), la reclusione minima è portata da tre a quattro anni;
    • per il delitto di corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio (art. 319 c.p.), la pena è fissata nella reclusione da quattro ad otto anni, in luogo della precedente reclusione da due a cinque anni;
    • per il delitto di corruzione in atti giudiziari (art. 319-ter c.p.), la pena è fissata nella reclusione da quattro a dieci anni (anziché da tre a otto anni);
    • per il delitto di abuso d'ufficio (art. 323 c.p.), la pena è fissata nella reclusione da uno a quattro anni (anziché da sei mesi a tre anni).

    Inoltre, la legge ridefinisce alcune fattispecie penali e ne introduce di nuove. Analiticamente:

    • ridefinisce il reato di concussione (art. 317 c.p.) che diventa riferibile al solo pubblico ufficiale (e non più anche all’incaricato di pubblico servizio) e da cui è espunta la fattispecie per induzione (v. infra); è previsto un aumento del minimo edittale, portato da quattro a sei anni di reclusione;

    Sull'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio nel testo dell'articolo 317 c.p. si è sviluppato un particolare dibattito nella seduta del 22 maggio 2012 delle Commissioni riunite alla Camera. Sul punto è intervenuto, in risposta ad alcune richieste di chiarimenti, il Ministro della giustizia Severino che ha evidenziato come la scelta di non prevedere più l'incaricato di pubblico servizio quale autore del reato trovi la propria giustificazione nella considerazione che questi non ha poteri tali da essere in grado di costringere il soggetto passivo del reato, mentre è in grado di indurlo indebitamente a dare o promettere delle utilità. Il Ministro ha proseguito osservando poi come, in sostanza, la nuova formulazione dei reati di concussione, corruzione per l'esercizio della funzione e induzione indebita a dare o promettere utilità tenga conto, per quanto attiene al soggetto attivo del reato, della diversa forza coercitiva del pubblico ufficiale e dell'incaricato di pubblico servizio. L'eliminazione del riferimento alla figura dell'incaricato di pubblico servizio ripristina sul punto il testo dell'articolo 317 del codice penale vigente anteriormente alla riforma effettuata con la legge n. 86 del 1990.

    • interviene sulle pene accessorie dei delitti di peculato e concussione (art. 317-bis c.p.) facendo conseguire l’interdizione perpetua dai pubblici uffici anche alla condanna per corruzione per un atto contrario ai doveri d’ufficio e in atti giudiziari;
    • riformula l'art. 318 c.p. (originariamente relativo alla corruzione per un atto d'ufficio) inserendovi il delitto di corruzione per l'esercizio della funzione. La fattispecie, punita con la reclusione da uno a cinque anni, attiene all'indebita ricezione o accettazione della promessa di denaro o altra utilità da parte del pubblico ufficiale e dell'incaricato di un pubblico servizio per l'esercizio delle loro funzioni o dei loro poteri;
    • inserisce il delitto di induzione indebita a dare o promettere utilità (cd. 'concussione per induzione'). La norma punisce il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio che induce il privato a pagare (viene prevista la reclusione da tre a otto anni); il privato che dà o promette denaro o altra utilità è punito invece con la reclusione fino a tre anni (art. 319-quater c.p.);
    • inserisce il delitto di traffico di influenze illecite (art. 346-bis c.p.) che, fuori dei casi di concorso nei reati di cui agli articoli 319 e 319-ter, punisce con la reclusione da uno a tre anni chi sfrutta le sue relazioni con il pubblico ufficiale o l’incaricato di pubblico servizio al fine di farsi indebitamente dare o promettere denaro o altro vantaggio patrimoniale come prezzo della sua mediazione illecita ovvero per remunerare il pubblico ufficiale o incaricato di pubblico servizio in relazione al compimento di un atto contrario ai doveri di ufficio o all'omissione o al ritardo di un atto del suo ufficio. La stessa pena si applica a chi dà o promette denaro o altro vantaggio. Sono previste aggravanti e attenuanti speciali.

    Ulteriori modifiche al codice penale hanno, soprattutto, natura di coordinamento essendo prevalentemente volte ad estendere l'ambito di applicazione di alcune disposizioni codicistiche mediante l'inserimento nelle medesime del rinvio alle nuove fattispecie incriminatrici. Da ultimoInfine, la legge

    La corruzione tra privati

    La legge 190/2012 (art. 1, comma 76) novella il codice civile sostituendo l'art. 2635 (prima rubricato Infedeltà a seguito di dazione o promessa di utilità), e rubricandolo corruzione tra privati.

    La disposizione prevede - al comma 1 - che siano puniti con la reclusione da uno a tre anni gli amministratori, i direttori generali, i dirigenti preposti alla redazione dei documenti contabili societari, i sindaci e i liquidatori che, compiendo od omettendo atti in violazione degli obblighi inerenti al loro ufficio o degli obblighi di fedeltà, cagionano nocumento alla società. Il comma 2 dispone l'applicazione della pena della reclusione fino a un anno e sei mesi se il fatto è commesso da chi è sottoposto alla direzione o alla vigilanza di uno dei soggetti indicati al precedente comma. Il successivo comma 3 prevede che il soggetto che dà o promette denaro o altra utilità alle persone indicate nel primo e secondo comma sia punito con le pene ivi previste. Il comma 4, infine, statuisce che le pene stabilite nei commi precedenti siano raddoppiate se si tratta di società con titoli quotati in mercati regolamentati italiani o di altri Stati dell'Unione europea o diffusi tra il pubblico in misura rilevante ai sensi dell'articolo 116 del testo unico delle disposizioni in materia di intermediazione finanziaria (d.lgs. 58/1998). Il delitto è procedibile a querela.

    La responsabilità amministrativa da reato degli enti

    L'art. 1, comma 77 della legge anticorruzione coordina la disciplina della responsabilità amministrativa da reato delle persone giuridiche (d.lgs 231/2001) con le novelle introdotte nel codice penale (v. sopra). In particolare, la citata responsabilità consegue anche per i reati:

    • di induzione indebita a dare o promettere utilità di cui al nuovo art. 319-quater c.p., per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 300 a 800 quote;
    • di corruzione tra privati di cui all'art. 2635 c.c., limitatamente all'ipotesi di cui al terzo comma, per il quale viene prevista la sanzione pecuniaria da 200 a 400 quote.
    Le novelle al codice di procedura penale e alle sue disposizioni di attuazione

    La legge anticorruzione interviene (art. 1, comma 78) anche sull'art. 308 del codice di procedura penale, in tema di durata massima delle misure coercitive diverse dalla custodia cautelare. Inserendo nella disposizione un ulteriore comma si prevede che, nel caso in cui si proceda per uno dei delitti previsti dagli articoli 314 (Peculato), 316 (Peculato mediante profitto dell'errore altrui), 316-bis (Malversazione a danno dello Stato), 316-ter (Indebita percezione di erogazioni a danno dello Stato), 317 (Concussione), 318 (Corruzione per l'esercizio della funzione), 319 (Corruzione per un atto contrario ai doveri d'ufficio), 319-ter (Corruzione in atti giudiziari), 319-quater, primo comma (Induzione indebita a dare o promettere utilità), e 320 (Corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, le misure interdittive perdano efficacia decorsi sei mesi dall'inizio della loro esecuzione (in luogo dell'ordinario termine di due mesi). Si dispone, inoltre che, in ogni caso, qualora tali misure siano state disposte per esigenze probatorie, il giudice possa disporne la rinnovazione anche oltre sei mesi dall'inizio dell'esecuzione, fermo restando che comunque la loro efficacia viene meno se dall'inizio della loro esecuzione sia decorso un periodo di tempo pari al triplo dei termini previsti dall'articolo 303 del codice di procedura penale.

    La legge novella anche (art. 1, comma 79) l'art. 133 delle norme di attuazione del codice di rito, prevedendo che anche il decreto che - ai sensi dell'articolo 429 del predetto codice - dispone il giudizio per il nuovo reato di cui all’articolo 319-quater del codice penale (Induzione indebita a dare o promettere utilità), sia comunicato alle amministrazioni o agli enti di appartenenza del dipendente pubblico.

    Ulteriori interventi di coordinamento

    Infine, la legge 190/2012

    • novella il decreto-legge 306/1992, intervevendo sull'art. 12-sexies per aggiungere la condanna per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra quelle per le quali si applica la confisca obbligatoria di beni, denaro o altre utilità di cui il condannato non possa giustificare la provenienza (art. 1, comma 80);
    • novella inoltre alcune disposizioni del testo unico degli enti locali (D.Lgs. 267/2000): a) inserendo la condanna definitiva per il reato di induzione indebita a dare o promettere utilità tra le cause ostative alla candidatura alle elezioni provinciali, comunali e circoscrizionali ovvero di impedimento a ricoprire cariche presso gli organi rappresentativi degli enti locali. Ad analoga condanna, ma non definitiva, consegue la sospensione di diritto dalle cariche rappresentative degli enti locali; b) prevedendo la sospensione di diritto, da una serie di cariche pubbliche, delle persone nei cui confronti l’autorità giudiziaria ha applicato la misura coercitiva del divieto di dimora, quando coincida con la sede dove si svolge il mandato elettorale (art. 1, comma 81);
    • stabilisce che il provvedimento di revoca da parte del sindaco (o del presidente della provincia) del segretario comunale (o provinciale) deve essere comunicato all'Autorità anticorruzione; la revoca resta sospese per trenta giorni, durante i quali l'Autorità può intervenire, se rileva una correlazione con le attività preventive della corruzione svolte dal segretario (art. 1, comma 82);
    • modifica la legge 97/2001 (Norme sul rapporto tra procedimento penale e procedimento disciplinare ed effetti del giudicato penale nei confronti dei dipendenti delle amministrazioni pubbliche), che disciplina il trasferimento del pubblico dipendente a seguito di rinvio a giudizio per i reati ivi previsti, inserendo nel catalogo dei delitti la nuova fattispecie di induzione indebita a dare o promettere utilità (cd. 'concussione per induzione') (art. 1, comma 83).
    Dossier pubblicati
    I lavori preparatori della legge 6 novembre 2012, n. 190Il decreto legislativo 235/2012
    • Testo unico delle disposizioni in materia di incandidabilità e di divieto di ricoprire cariche elettive e di Governo conseguenti a sentenze definitive di condanna per delitti non colposi - Schema di D.Lgs. n. 521 - Schede di lettura (18/12/2012)
    Lo schema di decreto legislativo sul fuori ruolo
    • Ulteriori incarichi che comportano l’obbligatorio collocamento fuori ruolo dei magistrati ordinari, amministrativi, contabili e militari e degli avvocati e procuratori dello Stato - Schema di D.Lgs. n. 539 - Elementi per l’istruttoria normativa (05/02/2013)