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dal 29/04/2008 - al 14/03/2013

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Temi dell'attività Parlamentare

L'attuazione del Protocollo di Kyoto

Il Protocollo di Kyoto e il periodo successivo al 2012
Gli impegni al 2012

Con il termine “Protocollo di Kyoto” si intende l’accordo internazionale sottoscritto il 7 dicembre 1997 da oltre 160 paesi partecipanti alla terza sessione della Conferenza delle Parti della Convenzione sui cambiamenti climatici (UNFCCC ). Oggetto del Protocollo è uno degli aspetti del cambiamento climatico: la riduzione, attraverso un’azione concordata a livello internazionale, delle emissioni di gas serra.

Obiettivo del Protocollo è la riduzione delle emissioni globali di sei gas, ritenuti responsabili di una delle cause del riscaldamento del pianeta, primo tra tutti l’anidride carbonica (CO2). Gli altri gas interessati sono il metano (CH4), l’ossido di azoto (N2O), l’esafluoruro di zolfo (SF6), gli idrofluorocarburi (HFCs) e i perfluorocarburi (PFCs).

Il Protocollo di Kyoto ha impegnato i Paesi industrializzati ed i Paesi con economia in transizione a ridurre del 5,2%, rispetto ai livelli del 1990, le emissioni di gas in grado di alterare l’effetto serra del Pianeta entro il 2012.

Il protocollo di Kyoto non ha previsto infatti vincoli alle emissioni per tutti i paesi firmatari (oltre 160), ma solo per quelli compresi nell’elenco riportato nell’Annex I: una lista di 39 paesi che include i paesi OCSE e quelli con economie in transizione verso il mercato. Tale scelta è stata operata in attuazione del principio di “responsabilità comune ma differenziata” secondo il quale, nel controllo delle emissioni, i paesi industrializzati si fanno carico di maggiori responsabilità, in considerazione dei bisogni di sviluppo economico dei Paesi in via di sviluppo (PVS).

L'onere di riduzione delle emissioni è stato ripartito fra i Paesi dell’Annex I in maniera non uniforme, in considerazione del grado di sviluppo industriale, del reddito e dei livelli di efficienza energetica. In particolare per l’UE è stata prevista, nell’ambito degli obiettivi di riduzione del Protocollo, un taglio delle emissioni dell’8%, a sua volta ripartito tra gli Stati membri dell’Unione (che ha provveduto a ratificare il Protocollo in data 31 maggio 2002) con la decisione politica nota come accordo sulla ripartizione degli oneri (raggiunto nel Consiglio Ambiente del 16-17 giugno 1998), che ha fissato per l'Italia un obiettivo di riduzione del 6,5%.

Gli impegni generali previsti dal Protocollo sono:

  • il miglioramento dell’efficienza energetica;
  • la correzione delle imperfezioni del mercato (attraverso incentivi fiscali e sussidi);
  • la promozione dell’agricoltura sostenibile;
  • la riduzione delle emissioni nel settore dei trasporti;
  • l’informazione a tutte le altre Parti sulle azioni intraprese (c.d. “comunicazioni nazionali”).

Per garantire un’attuazione flessibile del Protocollo e una riduzione di costi gravanti complessivamente sui sistemi economici dei paesi soggetti al vincolo sono stati introdotti i seguenti meccanismi flessibili:

  • l’emission trading(commercio dei diritti di emissione), previsto dall’art. 3 del Protocollo, in base al quale i paesi soggetti al vincolo che riescano ad ottenere un surplus nella riduzione delle emissioni possono “vendere” tale surplus ad altri paesi soggetti a vincolo che - al contrario - non riescano a raggiungere gli obiettivi assegnati;
  • la joint implementation (attuazione congiunta degli obblighi individuali), prevista dall’art. 6 del Protocollo, secondo cui gruppi di paesi soggetti a vincolo, fra quelli indicati dall’Annex I, possono collaborare per raggiungere gli obiettivi fissati accordandosi su una diversa distribuzione degli obblighi rispetto a quanto sancito dal Protocollo, purchè venga rispettato l'obbligo complessivo. A tal fine essi possono trasferire a, o acquistare da, ogni altro Paese “emission reduction units” (ERUs) realizzate attraverso specifici progetti di riduzione delle emissioni;
  • i clean development mechanisms (meccanismi per lo sviluppo pulito), previsti dall’art. 12 del Protocollo, il cui fine è quello di fornire assistenza alle Parti non incluse nell’Annex I negli sforzi per la riduzione delle emissioni. I privati o i governi dei paesi dell’Annex I che forniscono tale assistenza possono ottenere, in cambio dei risultati raggiunti nei paesi in via di sviluppo grazie ai progetti, “certified emission reductions” (CERs) il cui ammontare viene calcolato ai fini del raggiungimento del target.

Il protocollo è diventato vincolante a livello internazionale il 16 febbraio 2005 in seguito al deposito dello strumento di ratifica da parte della Russia.

Si ricorda, infatti, che l’art. 24 del Protocollo ne ha previsto l’entrata in vigore 90 giorni dopo la ratifica da parte di almeno 55 paesi firmatari della Convenzione, comprendenti un numero di paesi dell’Annex I a cui sia riferibile almeno il 55% delle emissioni calcolate al 1990. Si fa presente, inoltre, che gli Stati Uniti, che rappresentano, da soli, oltre un terzo delle emissioni dei Paesi industrializzati, non hanno aderito al Protocollo.

 

Il post-Kyoto

Nel corso della 18a conferenza delle Parti dell'UNFCCC (COP 18) e dell'8a conferenza delle Parti che funge da riunione delle Parti del protocollo di Kyoto (COP/MOP 8), tenutasi a Doha (Qatar) dal 26 novembre all'8 dicembre 2012, l'impegno per la prosecuzione oltre il 2012 delle misure previste dal Protocollo è stato assunto solamente da un gruppo di Paesi (tra i quali Unione Europea, Australia, Svizzera e Norvegia), che rappresentano appena il 15% circa delle emissioni globali di gas-serra. I 200 paesi partecipanti hanno invece lanciato, a partire dal 1° gennaio 2013, un percorso finalizzato al raggiungimento, entro il 2015, di un nuovo accordo che dovrà entrare in vigore nel 2020.

La ratifica dell'Italia e le conseguenti misure di attuazione

La ratifica del protocollo di Kyoto da parte dell'Italia è avvenuta con la legge 120/2002, la quale reca anche una serie di disposizioni finalizzate al raggiungimento degli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas serra.

Per il finanziamento delle misure finalizzate al contenimento ed alla riduzione delle emissioni di gas-serra nel corso della XV legislatura è intervenuto l’art. 1, commi 1110-1115, della L. 296/2006 (finanziaria 2007), che ha istituito presso la Cassa depositi e prestiti S.p.A., un Fondo rotativo per l'erogazione di finanziamenti a tasso agevolato (a soggetti pubblici o privati) di misure finalizzate all’attuazione del Protocollo di Kyoto, con una dotazione di 200 milioni di euro per ciascuno degli anni del triennio 2007-2009.

Tale norma è stata attuata solo nel corso della XVI legislatura con il D.M. ambiente 25 novembre 2008. Per l'effettiva operatività del fondo, però, si è dovuta attendere la pubblicazione della circolare del 16 febbraio 2012 del Ministero dell'ambiente,  recante le modalità di erogazione dei finanziamenti a tasso agevolato previsti dal Fondo, avvenuta nella G.U. n. 51 del 1-3-2012, S.O.

Successivamente l'art. 57 del D.L. 83/2012 (convertito dalla L. 134/2012) è intervenuto sulla destinazione delle risorse del Fondo rotativo, per un verso, modificando il novero dei settori in cui operano i soggetti destinatari dei finanziamenti e, per l’altro, prevedendo che i finanziamenti siano destinati a progetti che devono prevedere l’assunzione a tempo indeterminato di persone con età non superiore a 35 anni.

Una parte delle risorse del Fondo è stata successivamente destinata, dall'art. 1, comma 8, del D.L. 129/2012, per un importo massimo di 70 milioni di euro, agli interventi di riqualificazione e di ambientalizzazione compresi nell’area del Sito di interesse nazionale (SIN) di Taranto.

In attuazione del citato art. 57 del D.L. 83/2012 è stata emanata la circolare 18 gennaio 2013, n. 5505 del Ministero dell'ambiente, da cui risulta la seguente ripartizione in plafond delle risorse del Fondo: 380 milioni di euro destinati ad imprese, 10 milioni a progetti di investimento proposti da s.r.l. semplificata (S.r.l.s.) e 70 milioni di euro riservati, nel rispetto del citato D.L. 129/2012, al finanziamento di interventi di ambientalizzazione e riqualificazione ricompresi nel SIN di Taranto.

Ulteriori misure connesse all'attuazione del Protocollo sono state previste in numerosi provvedimenti normativi, che hanno riguardato principalmente l’incentivazione delle energie rinnovabili e la promozione della efficienza e del risparmio energetici. Nonostante gli sforzi intrapresi, però, l’incertezza sulle possibilità di riuscire a raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni di gas-serra previsti dal Protocollo di Kyoto ha reso necessaria una maggiore attenzione sul problema (sollecitata anche dalla Corte dei conti, con la Delibera 1/2009/G del 5 marzo 2009), che si è concretizzata, tra l'altro, mediante la previsione, all’art. 2, comma 9, della legge 7 aprile 2011, n. 39, dell'obbligo di presentare, in allegato al DEF (Documento di economia e finanza), un documento, predisposto dal Ministro dell'ambiente sentiti gli altri Ministri interessati, sullo stato di attuazione degli impegni per la riduzione delle emissioni di gas-serra, in coerenza con gli obblighi internazionali assunti dall'Italia in sede europea e internazionale, e sui relativi indirizzi.

L’allegato al DEF 2012 presenta la situazione delle emissioni di gas serra al 2011 e le stime preliminari per il 2012 indicando le azioni da intraprendere per colmare il gap che separa l’Italia dal raggiungimento dell’obiettivo di Kyoto.Lo stesso documento contiene inoltre una valutazione degli scenari delle emissioni con orizzonte temporale al 2020 idonei al raggiungimento dell’obiettivo previsto per i settori “non ETS” dalla Decisione 406/2009 del 23 aprile 2009 (c.d. effort sharing, vedi infra) e indica le azioni da attuare prioritariamente per porre il Paese sul giusto percorso rispetto a tale obiettivo. Nel documento viene sottolineato che il gap medio annuo nel periodo 2008-2012 è quantificato in circa 25 MtCO2eq.

Il documento sottolinea inoltre che, poichè il contributo emissivo dei settori ETS al totale nazionale può essere considerato invariabile, sarà pertanto necessario focalizzare gli interventi sulle emissioni dei settori non ETS (per i quali l’Italia deve conseguire, in base alla decisione effort sharing, l’obiettivo al 2020 di riduzione del 13% rispetto ai livelli del 2005).

Da ultimo, il CIPE nella seduta dell'8 marzo 2013 - secondo quanto si apprende dal comunicato ufficiale - ha approvato il Piano di azione nazionale per la riduzione dei livelli di emissione di gas ad effetto serra.

Lo scambio delle quote d'emissione
La direttiva emission trading 2003/87/CE

Con l’emanazione della direttiva 2003/87/CE del Parlamento europeo e del Consiglio del 13 ottobre 2003 che istituisce un sistema per lo scambio di quote di emissioni dei gas a effetto serra nella Comunità - denominato Emission Trading System (ETS) - al fine di promuovere la riduzione di dette emissioni secondo criteri di efficacia dei costi ed efficienza economica, l’Unione europea ha anticipato la piena entrata in vigore dell'emission trading, prevista a livello internazionale solo dal 2008. Tale direttiva ha infatti previsto l’istituzione di un mercato delle emissioni su scala europea già a partire dal 2005 da affiancare all’emission trading previsto su scala globale dal Protocollo.

Tale direttiva è stata successivamente integrata dalla direttiva 2004/101/CE (cd. direttiva linking), che ha riconosciuto i meccanismi flessibili del Protocollo di Kyoto (Joint Implementation e Clean Development Mechanism) all’interno dell’ETS, stabilendo la validità dei crediti di emissione (ottenuti grazie all’attuazione di tali progetti) per rispondere agli obblighi di riduzione delle emissioni.

Tali direttive sono state recepite nell’ordinamento italiano con il D.Lgs. 216/2006, che è stato modificato, nel corso della XVI legislatura, dall’art. 4, comma 9-sexies, del D.L. 97/2008 (convertito dalla legge 129/2008), dall'art. 27, comma 47, della legge 99/2009, nonchè dall'art. 4, comma 1, del D.L. 135/2009, che hanno apportato modifiche volte a razionalizzare la collocazione amministrativa, le funzioni e la governance del Comitato nazionale per la gestione della direttiva 2003/87/CE, istituito presso il Ministero dell'ambiente.

Con il D.Lgs. 30 dicembre 2010, n. 257 è stata recepita la direttiva 2008/101/CE che ha modificato la direttiva 2003/87/CE al fine dell'inclusione delle attività di trasporto aereo nell’ETS. Tale decreto:

  • ha introdotto, nel testo del D.Lgs. n. 216, specifiche disposizioni per l’assegnazione gratuita o tramite asta delle quote di emissione al settore aereo, recependo in tal modo il dettato del 4° considerando della direttiva 2008/101/CE;
  • ha modificato, integrandole, le disposizioni vigenti del D.Lgs. n. 216, al fine di estendere le norme già previste per gli impianti fissi anche al settore aereo, sia attraverso recepimenti puntuali del testo della direttiva 2008/101/CE, sia attuando quanto auspicato nel 31° considerando della direttiva 2008/101/CE, secondo cui le disposizioni del sistema comunitario in materia di monitoraggio, comunicazione e verifica delle emissioni e di sanzioni applicabili ai gestori dovrebbero applicarsi anche agli operatori aerei.
La nuova direttiva ETS

    La direttiva 2009/29/CE del Parlamento europeo e del Consiglio concerne la revisione del sistema europeo di scambio delle quote di emissione di gas a effetto serra (Emission Trading System -ETS) per il periodo successivo al 2012. A tal fine essa ha modificato la direttiva 2003/87/CE (recepita nell’ordinamento nazionale con il D.Lgs. 216/2006) allo scopo di perfezionare ed estendere il sistema europeo per lo scambio di quote di emissione di gas a effetto serra nel nuovo orizzonte temporale.

    Secondo quanto indicato nel 5° considerando della direttiva “per ottemperare in maniera economicamente efficiente all’impegno di abbattere le emissioni di gas a effetto serra della Comunità di almeno il 20% rispetto ai livelli del 1990, le quote di emissione assegnate a tali impianti dovrebbero essere, nel 2020, inferiori del 21% rispetto ai livelli di emissione registrati per detti impianti nel 2005”. Al fine di raggiungere tali ambiziosi obiettivi, la nuova direttiva ha modificato significativamente il sistema ETS delineato dalla precedente direttiva 2003/87/CE.

    Di seguito si illustrano le principali novità introdotte dalla direttiva 2009/29/CE, facendo riferimento alla numerazione degli articoli della direttiva 2003/87/CE, che viene novellata dall’articolo 1 della direttiva 2009/29/CE.

    La direttiva interviene innanzitutto sul campo di applicazione (art. 2) definendolo in maniera più puntuale per quanto riguarda gli impianti di combustione ed estendendo il sistema ad altri gas diversi dalla CO2.

    La direttiva ha altresì previsto la possibilità di escludere i piccoli impianti (ossia gli impianti con emissioni annue inferiori a 25.000 t di CO2 e, laddove sono svolte attività di combustione, con potenza termica nominale inferiore ai 35 MW), purché le emissioni di tali impianti siano regolamentate con misure che comportano una riduzione "equivalente" a quella che sarebbe stata loro imposta se fossero rimasti all'interno dell'ETS. E’ stata, altresì, introdotta la possibilità di stabilire regole semplificate per il monitoraggio, la rendicontazione e la verifica a favore degli impianti caratterizzati, nel periodo 2008-2010, da emissioni inferiori alle 5.000 t annue di CO2 (art. 27).

    Sul metodo di assegnazione delle quote (artt. da 10 a 10-quater), la nuova direttiva prevede che le quote vengano assegnate mediante asta. Più precisamente, per gli impianti di produzione di elettricità, gli impianti per la cattura di CO2, le condutture per il trasporto di CO2 o i siti di stoccaggio di CO2 l'assegnazione sarà totalmente a titolo oneroso (“full auctioning”), ad eccezione del teleriscaldamento e della cogenerazione ad alto rendimento definita dalla direttiva 2004/8/CE in caso di domanda economicamente giustificabile, rispetto alla generazione di energia termica o frigorifera.

    Per gli impianti per i quali è contemplata l'assegnazione gratuita di quote, l'art. 10-bis, comma 11, della direttiva prevede una transizione graduale verso il "full auctioning"; in particolare, il primo anno sarà assegnato gratuitamente l'80% delle quote spettanti, mentre negli anni successivi la percentuale di assegnazione gratuita sarà ridotta linearmente fino ad arrivare al 30% nel 2020 (il che implica un'assegnazione gratuita, come media del periodo, pari al 55% delle quote spettanti).

    Per la gestione delle aste la direttiva prevede che avverrà a livello nazionale con regole armonizzate definite con uno specifico regolamento europeo. Viene altresì disciplinato il meccanismo di ripartizione tra gli Stati membri della quantità totale di quote da mettere all'asta. Per i proventi derivanti dalle aste è poi previsto che vengano destinati ad interventi di mitigazione per favorire gli adattamenti ai cambiamenti climatici.

     

    Il recepimento della direttiva 2009/29/CE

    Sulla base della delega recata dalla legge comunitaria 2009 (L. 96/2010), le competenti Commissioni parlamentari hanno esaminato lo schema di decreto legislativo (atto del Governo 528), che, da un lato, recepisce nell'ordinamento nazionale le modifiche apportate dalla direttiva 2009/29/CE alla precedente direttiva ETS, dall'altro provvede ad abrogare il D.Lgs. 216/2006 riproducendone, nel contempo, le disposizioni non modificate dalla direttiva 2009/29/CE.
    Le Commissioni della Camera e del Senato hanno espresso rispettivamente il parere nelle sedute dell'11 febbraio e del 5 febbraio 2013.

      La decisione "effort sharing"

      Si ricorda, infine, che per i settori non regolati dalla direttiva 2009/29/CE (cosiddetti settori "non ETS" identificabili approssimativamente con i settori agricolo, trasporti e civile), la decisione del Parlamento Europeo e del Consiglio n. 406/2009 del 23 aprile 2009 (Decisione concernente gli sforzi degli Stati membri per ridurre le emissioni dei gas a effetto serra al fine di adempiere agli impegni della Comunità in materia di riduzione delle emissioni di gas a effetto serra entro il 2020 - cd. Decisione “effort sharing”) stabilisce, per ogni Stato Membro della UE, obiettivi obbligatori di riduzione delle emissioni di gas ad effetto serra. Per l’Italia l’obiettivo di riduzione è del 13%, rispetto ai livelli del 2005, da raggiungere entro il 2020.

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