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Temi dell'attività Parlamentare

Il finanziamento della politica

In Italia il sistema dei partiti può contare su due principali fonti di finanziamento:

  • i contributi da parte dello Stato direttamente erogati ai partiti e movimenti politici;
  • i finanziamenti dei privati a partiti, movimenti e singoli esponenti politici, nei modi e limiti fissati dalla legge.

Sono inoltre previsti contributi statali agli organi ufficiali di informazione dei partiti (giornali e radio) ed agevolazioni fiscali (possibilità di detrazione d’imposta per le erogazioni di privati ai partiti; esenzione delle imposte per i trasferimenti ai partiti e per la registrazione degli statuti).

Il contributo pubblico a favore di partiti o movimenti politici venne introdotto per la prima volta dalla legge 2 maggio 1974, n. 195. Si tratta, della prima legge generale sul finanziamento dei partiti: la parte relativa al finanziamento statale è stata abrogata, mentre sono rimaste in vigore le disposizioni relative ai contributi dei privati. La legge 195/1974, in seguito modificata e integrata dalla legge 18 novembre 1981, n. 659 e da altri provvedimenti (art. 1, legge 8 agosto 1980, n. 422; art. 1, legge 8 agosto 1985, n. 413). In base a tali leggi, si prevedevano:

  • una forma di contributo statale per il funzionamento ordinario dei partiti;
  • una ulteriore forma di contributo a titolo di rimborso per le spese elettorali da questi sostenute per le elezioni politiche, europee e regionali.

Con il referendum popolare del 18 aprile 1993, è stata disposta l’abrogazione delle disposizioni di legge che erogavano finanziamenti per il funzionamento ordinario dei partiti politici. Pertanto, l’unica forma di contributo da parte dello Stato che ha continuato a sussistere è quella relativa al rimborso delle spese elettorali.

La legge 6 luglio 2012, n. 96, cha ha ridotto l’ammontare dei contributi, ha modificato il sistema di contribuzione pubblica alla politica: il 70% degli stanziamenti a favore dei partiti viene erogato, oltre che a titolo di rimborso per le spese sostenute in occasione delle elezioni, anche come contributo per il finanziamento delle attività istituzionali dei partiti, il restante 30% è legato alla capacità di autofinanziamento del partito ed è erogato in maniera proporzionale alle quote associative e ai finanziamenti privati raccolti.

Per gli anni 2012 e 2013 i risparmi derivanti dalla riduzione sono destinati agli interventi nelle aree colpite da calamità naturali a partire dal 2009.

I contributi pubblici

La disciplina dei contributi pubblici ai partiti è recata principalmente dalla L. 157/1999, di riforma del sistema di finanziamento dei partiti, successivamente più volte modificata, da ultimo ad opera della citata L. 96/2012.

I criteri per il riparto delle somme da assegnare sono contenuti nella L. 515/1993 e nella L. 43/1995.

Le spese dei partiti e dei movimenti politici rimborsabili sono quelle sostenute per le campagne elettorali relative ai seguenti organi:

  • Camera dei deputati;
  • Senato;
  • Parlamento europeo;
  • Consigli regionali.

I rimborsi sono corrisposti ripartendo, tra i movimenti o partiti politici aventi diritto, quattro fondi, corrispondenti agli organi da rinnovare: Senato della Repubblica; Camera dei deputati; Parlamento europeo; consigli regionali (L. 157/1999, art. 1, commi 1 e 3).

L’ammontare di ciascuno dei quattro fondi è pari, per ciascun anno di legislatura degli organi stessi, a 15.925.000 euro (art. 1, commi 1, 3 e 5, L. 157/1999).

La determinazione in misura fissa dell’ammontare di fondi è stata introdotta dalla L. 96/2012: in precedenza l’ammontare di ciascun fondo era fissato, per ciascun anno di legislatura, alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero degli iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera.

Per il rimborso a partiti o movimenti politici delle spese sostenute in campagna elettorale nella circoscrizione Estero ci sono specifiche disposizioni. Esse prevedono l’incremento dell’ammontare dei due fondi relativi alle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera nella misura dell’1,5 per cento, destinando le somme relative all’erogazione del rimborso per le elezioni politiche nella circoscrizione Estero (art. 1, commi 1-bis e 5-bis, L. 157/1999).

Sono escluse dal rimborso le campagne per le elezioni negli enti locali (consigli comunali e provinciali), ad eccezione delle consultazioni per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano, l’insieme dei cui componenti forma il Consiglio regionale del Trentino-Alto Adige (Al riguardo si veda la L. 29 novembre 2004, n. 298, Interpretazione autentica dell'articolo 1, comma 1, della L. 3 giugno 1999, n. 157 e dell'articolo 6, comma 2, secondo periodo, della L. 23 febbraio 1995, n. 43, in materia di rimborso per le spese elettorali sostenute dai movimenti o partiti politici per il rinnovo dei consigli delle province autonome di Trento e di Bolzano).

La legge prevede inoltre una forma di rimborso per le campagne relative ai referendum abrogativi di cui all’art. 75 e dei referendum costituzionali exart. 138 della Costituzione (art. 1, co. 4, L. 157/1999).

Viene attribuito ai comitati promotori un rimborso pari alla somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero delle firme valide raccolte fino alla concorrenza della cifra minima necessaria per la validità della richiesta e, comunque, entro un limite massimo pari complessivamente a 2.582.285 euro annui, a condizione la consultazione referendaria abbia raggiunto il quorum di validità di partecipazione al voto.

Si ricorda, infine, che la legge 96/2012 ha abrogato il fondo di garanzia per il soddisfacimento dei debiti dei partiti e movimenti politici maturati in epoca anteriore all’entrata in vigore della legge 157/1999, alimentato dall’1 per cento delle risorse stanziate per l’erogazione dei rimborsi elettorali (fondo previsto dall’art. 6-bis, comma 2, legge 157/1999).

La riduzione dei contributi

La legge 96/2012, oltre a ridefinire la formazione dei fondi, ha ridotto l’ammontare complessivo dei contributi di circa il 50%, fissandolo a 91.000.000 euro l’anno (art. 1).

L’ammontare dei rimborsi elettorali era già stato ridotto ad opera di diversi interventi adottati negli anni precedenti.

La legge finanziaria 2008 ha ridotto di 20 milioni di euro a decorrere dal 2008 l’autorizzazione di spesa destinata all’erogazione dei rimborsi ai partiti e movimenti politici delle spese elettorali e referendarie, di cui alla L. 157/1999 (art. 2, co. 275, L. 244/2007).

Successivamente, l'art. 5, comma 4, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78 ha ridotto (a partire dalla XVI legislatura) del 10% l'importo di 1 euro che, ai sensi del già ricordato art. 1, comma 5, primo periodo, della legge 157/1999, doveva essere moltiplicato per il numero di cittadini iscritti nelle liste elettorali per le elezioni della Camera, al fine di determinare l'ammontare dei fondi per i rimborsi, per ciascun anno di legislatura.

Inoltre, la stessa norma ha abrogato la disposizione che consentiva il versamento delle quote annuali anche in caso di scioglimento anticipato del Senato della Repubblica o della Camera dei deputati. Anche questa disposizione sarebbe dovuta entrare in vigore a partire dalla legislatura successiva (vedi oltre).

Il decreto-legge 98/2011 (art. 6) ha apportato un'ulteriore riduzione del 10% al suddetto importo, che si viene a cumulare alle due riduzioni sopra ricordate in modo da raggiungere una riduzione complessiva del 30%. In effetti, anche la prima riduzione, nel 2008, che interveniva in termini assoluti (20 milioni) e non percentuali, ha avuto l’effetto di una riduzione di circa il 10%.

Come per la riduzione del 2010, anche quella disposta dal decreto-legge 98 non incide sull’ammontare dei rimborsi destinati ai comitati promotori dei referendum e troverà applicazione a decorrere dal primo rinnovo del Senato, della Camera, del Parlamento europeo e dei consigli regionali successivo alla data di entrata in vigore del decreto-legge. Viene, invece, anticipata l’abrogazione della disposizione che consentiva il proseguimento del versamento dei contributi anche in caso di scioglimento anticipato.

Le riduzioni introdotte dal D.L. 78/2010 e D.L. 98/2011, che avrebbero dovuto applicarsi a partire dalla XVII legislatura, sono state assorbite dal dimezzamento operato dalla legge 96/2012, che ha trovato immediata applicazione anche sui contributi in corso di erogazione nel 2012.

La ripartizione dei fondi

La L. 157/1999 (art. 2) rinvia, per la determinazione degli aventi diritto alla ripartizione dei fondi e per il calcolo di tale ripartizione, ad eccezione degli importi per i rimborsi relativi alla circoscrizione Estero, alle leggi vigenti in materia (in particolare, con riferimento ai rimborsi elettorali per le elezioni politiche, all’art. 9, L. 515/1993; per le elezioni regionali, all’art. 6, L. 43/1995; per le elezioni europee, all’art. 16, L. 515/1993).

La legge 96/2012 (art. 6) è intervenuta, in primo luogo, provvedendo a fissare un criterio comune a tutti i tipi di elezione (ad eccezion e sempre delle elezioni nella circoscrizione Estero) per l’accesso ai rimborsi, individuato nell’ottenimento di almeno un candidato eletto. Inoltre, i partiti sono tenuti ad adottare un atto costitutivo ed uno statuto, pena la decadenza dal diritto ai contributi (art. 5, L. 96/2012).

In particolare, il fondo relativo alla Camera dei deputati è ripartito in proporzione ai voti di lista conseguiti tra i partiti e movimenti che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto (in precedenza il requisito consisteva nel superamento della soglia dell’1 per cento dei voti validamente espressi).

Il fondo per il rimborso delle spese elettorali per il rinnovo del Senato della Repubblica è invece ripartito su base regionale. A tal fine il fondo è in primo luogo suddiviso tra le regioni in proporzione alla rispettiva popolazione. La quota spettante a ciascuna regione è ripartita tra le liste di candidati presentatisi nella regione con il medesimo contrassegno, in proporzione ai voti conseguiti in ambito regionale. Partecipano alla ripartizione del fondo le liste di candidati che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto nella regione. In precedenza, in alternativa al candidato eletto, era previsto anche il criterio del conseguimento del 5 per cento dei voti validamente espressi in ambito regionale e del 15 per cento per i candidati non collegati ad alcun gruppo (art. 9, co. 2, L. 515/1993).

Per quanto riguarda i rimborsi per le campagne elettorali nella circoscrizione Estero, gli importi aggiuntivi derivanti dall’incremento dell’1,5 per cento dei due fondi relativi al rimborso delle spese elettorali per il rinnovo del Senato e della Camera (vedi supra) sono ripartiti, in primo luogo, tra le quattro ripartizioni in cui si suddivide la circoscrizione Estero (rispettivamente comprendenti gli Stati e i territori afferenti all’Europa, all’America meridionale, all’America settentrionale e centrale ed all’Africa, Asia, Oceania e Antartide), in proporzione alla popolazione.

In ogni ripartizione, la relativa quota è quindi proporzionalmente suddivisa tra le sole liste di candidati che abbiano ottenuto almeno un eletto o almeno il 4 per cento dei voti validi nella ripartizione (art, 1, co. 5-bis, L. 157/1999).

Il fondo per le elezioni del Parlamento europeo è suddiviso tra i partiti e movimenti politici che abbiano ottenuto almeno un rappresentante eletto, in proporzione ai voti riportati da ciascuno di essi sul piano nazionale (art. 16, L. 515/1993).

Infine, per le elezioni regionali la legge prevede la distribuzione del fondo tra le regioni in proporzione alla rispettiva popolazione.

Tuttavia, poiché l’ammontare complessivo dei fondi relativi a ciascuna delle elezioni è attualmente determinato in ragione del numero degli aventi diritto al voto, l’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati, ha ritenuto di dover estendere lo stesso criterio del numero di elettori anche per la ripartizione del fondo tra le regioni. (Questo criterio è stato applicato la prima volta con Delibera dell’Ufficio di Presidenza della Camera dei deputati 22 luglio 1999, Piano di ripartizione del fondo relativo alle spese elettorali dei movimenti e partiti politici per il rinnovo del consiglio regionale della Sardegna, pubblicato sulla G.U. n. 173 del 26 luglio 1999).

Nell’ambito di ciascuna regione, la quota spettante è quindi ripartita, proporzionalmente ai voti riportati, tra le liste che abbiano ottenuto almeno un candidato eletto al consiglio regionale della regione interessata (art. 6, co. 2, L. 43/1995).

L’erogazione dei rimborsi relativi ai referendum è subordinata (per quanto riguarda i referendum abrogativi) al raggiungimento, nella consultazione referendaria, del quorum di validità di partecipazione al voto (50 per cento più uno degli aventi diritto al voto); (art. 1, co. 4, L. 157/1999).

 

Le modalità di erogazione dei rimborsi

L’erogazione del rimborso è disposta con decreti del Presidente della Camera dei deputati o del Presidente del Senato della Repubblica, secondo le rispettive competenze. Il Presidente della Camera provvede anche all’erogazione dei contributi relativi alle elezioni europee e regionali ed ai referendum.

I partiti o movimenti politici che intendono usufruire dei rimborsi sono tenuti a farne richiesta, a pena di decadenza, al Presidente del ramo del Parlamento competente, entro 30 giorni dalla data delle elezioni (art. 3, L. 96/2012).

In precedenza la richiesta doveva essere presentata entro 10 giorni dalla data di scadenza del termine per la presentazione delle liste (art. 1, co. 2, L. 157/1999).

Quanto alle modalità di corresponsione dei rimborsi, il contributo è versato sulla base di quote annuali entro il 31 luglio di ogni anno. In caso di scioglimento anticipato del Senato o della Camera, il versamento delle quote annuali dei relativi rimborsi si interrompe. Le somme erogate o da erogare ai partiti a titolo di rimborso per le spese elettorali possono costituire oggetto di operazioni di cartolarizzazione e sono comunque cedibili a terzi (art. 1, co. 6, L. 157/1999). I rimborsi relativi ai referendum sono corrisposti in un’unica soluzione, entro il 31 luglio dell’anno in cui si è svolta la consultazione referendaria (art. 1, co. 6, L. 157/1999).

I rimborsi elettorali sono posti a garanzia dell’esatto adempimento delle obbligazioni assunte dai partiti e movimenti politici (art. 6-bis, L. 157/1999).

Il cofinanziamento

La legge 96/2012, come anticipato sopra, ha introdotto, a fianco dei contributi per le spese elettorali, una nuova forma di contribuzione alla politica a titolo di cofinanziamento ai partiti e movimenti politici (art. 2) modellata sul sistema tedesco della legge sui partiti (Parteiengesetz). Non si tratta di una risorsa aggiuntiva: il meccanismo è basato su due diverse modalità di corresponsione del fondo per il finanziamento della politica (come si è detto pari a 91 milioni): il 70% continua ad essere erogato come contributo alle spese elettorali (ed anche per il funzionamento delle attività politiche) dei partiti, mentre la quota restante del 30%, è attribuito in proporzione alla capacità di autofinanziamento. In pratica per ogni euro ricevuto da privati nell’ambito di erogazioni liberali, comprese le quote di iscrizione, il partito riceve 50 centesimi di contributo, nel limite massimo di 10.000 euro annui per ogni persona fisica o ente erogante.

Hanno diritto alla quota di cofinanziamento i partiti che hanno conseguito un candidato eletto nell’elezione di riferimento, oppure che abbiano ottenuto almeno il 2% dei voti validi alle elezioni della Camera. Pertanto la platea dei partiti che possono accedere al cofinanziamento è più ampia rispetto a quella dei partiti che usufruiscono dei contributi elettorali, comprendendo anche quelli che non hanno nessun eletto ma che hanno una minima rappresentanza a livello nazionale.

L’ammontare stabilito dalla legge (il 30% dei 91 milioni) rappresenta la cifra massima impegnabile: ai partiti spetta un rimborso proporzionale al numero di voti validi conseguiti nell’ultima elezione e i contributi non attribuiti sono versati all’entrata del bilancio dello Stato.

Le modalità di attribuzione delle quote di cofinanziamento sono le stesse previste per i contributi elettorali.

La partecipazione delle donne alla vita politica

Un’ipotesi di finalizzazione del finanziamento pubblico ai partiti è contenuta nella legge 157/1999 (art. 3) ed è intesa a promuovere la partecipazione delle donne alle attività politiche.

Si prevede, a carico dei partiti, l’obbligo di destinare almeno un importo pari al 5 per cento del totale dei rimborsi elettorali ricevuti ad iniziative connesse alle predette finalità. Dell’effettivo adempimento di tale obbligo, è data notizia attraverso l’iscrizione della quota in una apposita voce nell’ambito del rendiconto annuale previsto dalla L. 2/1997.

In caso di inottemperanza a tale obbligo è prevista una sanzione amministrativa pecuniaria pari ad un ventesimo dell’importo complessivamente per l’anno in corso a titolo di rimborsi per le spese elettorali e di contributi di cofinanziamento (art. 9, co. 13, L. 96/2012).

Per quanto riguarda la promozione dell’accesso delle donne alle cariche elettive, l’art. 3 della L. 90/2004, modificativa della legge per l’elezione dei rappresentanti italiani al Parlamento europeo, con esclusivo riferimento alle elezioni europee e limitatamente alle prime due elezioni del Parlamento europeo successive all’entrata in vigore della legge, ha introdotto il principio dell’inammissibilità delle liste elettorali nelle quali non siano presenti candidati di entrambi i sessi e ha stabilito che, nelle liste presentate, nessuno dei due sessi possa essere rappresentato in misura superiore ai due terzi dei candidati presenti nella lista.

Per i movimenti o partiti politici che non abbiano rispettato questa disposizione si prevede una riduzione del contributo alle spese elettorali corrisposto dallo Stato: l’importo del rimborso previsto dalla L. 157/1999 è ridotto, fino a un massimo della metà, in misura direttamente proporzionale al numero dei candidati in più rispetto a quello massimo consentito.

La somma eventualmente derivante dalla riduzione di cui sopra è invece erogata, quale “premio”, ai partiti o gruppi politici organizzati che abbiano avuta proclamata eletta una quota superiore a un terzo di candidati di entrambi i sessi. Tale somma è ripartita proporzionalmente ai voti ottenuti da ciascun partito o gruppo politico.

La disposizione illustrata è successivamente confluita nel Codice delle pari opportunità tra uomo e donna (art. 56, D.Lgs. 198/2006) ed è stata applicata alle elezioni europee del 2004 e del 2009.

I finanziamenti privati ai partiti

La legge disciplina due forme di finanziamento dei privati alla politica: il finanziamento ai partiti in generale e quello ai singoli candidati nel corso delle campagne elettorali.

Con la legge 195/1974 sono stati introdotti alcuni limiti alla contribuzione dei privati a favore delle forze politiche e misure finalizzate a garantire la trasparenza delle relative fonti di finanziamento.

La legge delimita l’ambito dei soggetti privati che possono erogare contributi ai partiti.

Possono versare contributi ai partiti o alle loro articolazioni politico-organizzative, nonché ai gruppi parlamentari, i singoli privati (persone fisiche) e le persone giuridiche (enti, associazioni, società, ecc.). Per queste ultime i finanziamenti sono ammessi soltanto se:

  • la società non ha una partecipazione pubblica superiore al 20%;
  • la società non è controllata da una società con partecipazione pubblica;
  • i finanziamenti sono deliberati dall’organo sociale competente;
  • i finanziamenti sono regolarmente iscritti in bilancio (art. 7, co. 2, L. 195/1974).

E’ invece vietata la contribuzione ai partiti o alle loro articolazioni politico-organizzative, nonché ai gruppi parlamentari da parte di organi della pubblica amministrazione, di enti pubblici, di società con partecipazione di capitale pubblico superiore al 20% o di società controllate da società pubbliche anche con una partecipazione inferiore al 20% se questa ne assicura comunque il controllo (art. 7, co. 2, L. 195/1974).

La violazione delle disposizioni illustrate è punita con la reclusione da 6 mesi a 4 anni, e con la multa fino al triplo della somma versata o percepita (art. 7, co. 3, L. 195/1974).

La L. 659/1981 (art. 4, co. 1) ha esteso tali divieti (e le relative sanzioni) ai finanziamenti e contributi, in qualsiasi forma o modo erogati, anche indirettamente, a:

  • membri del Parlamento nazionale;
  • membri italiani del Parlamento europeo;
  • consiglieri regionali, provinciali e comunali;
  • candidati alle predette cariche;
  • raggruppamenti interni dei partiti politici;
  • coloro che rivestono cariche di presidenza, di segreteria e di direzione politica e amministrativa a livello nazionale, regionale, provinciale e comunale nei partiti politici.

Fermi i divieti generali di finanziamento dei partiti, previsti dall’art. 7 della L. 195/1974 e sopra illustrati, le persone fisiche e le persone giuridiche possono contribuire alle attività di partiti e movimenti politici, mediante erogazioni in denaro o fornendo beni e servizi, senza limiti di importo.

La legge impone peraltro il rispetto di alcuni obblighi posti a tutela della trasparenza.

Ad esempio, quando il contributo privato supera, nell’arco dell’anno, la somma di 5.000 euro, il donatore e il beneficiario sono tenuti a sottoscrivere una dichiarazione congiunta indirizzata alla Presidenza della Camera dei deputati. (art. 4, co. 3, L. 659/1981, il limite originario – 50.000 euro – è stato così ridotto dalla L. 96/2012). Inoltre, i partiti hanno l’obbligo di rendicontare tutti i contributi ricevuti per la campagna elettorale al Presidente della Camera (v. infra, Obblighi di dichiarazione).

Per la violazione di tali disposizioni è prevista una multa da due a sei volte l’importo del contributo non dichiarato e la pena accessoria dell’interdizione temporanea dai pubblici uffici (art. 4, co. 6, L. 659/1981).

Per quanto riguarda la sanzione penale prevista dalla L. 659/1981, va peraltro rilevato che la giurisprudenza prevalente ritiene che essa sia stata sostituita con sanzione pecuniaria amministrativa già a partire dal 1981, sulla base dei criteri generali dettati dalla L. 689/1981, Modifiche al sistema penale, in materia di depenalizzazione di delitti e contravvenzioni.

I contributi da parte dei privati sono soggetti ad un regime fiscale agevolato sotto forma di detrazione di imposta (art. 15, co. 1-bis e art. 78, D.P.R. 917/1986, vedi infra, Il regime fiscale del finanziamento privato).

Inoltre, la legge stabilisce limiti di spesa per le campagne elettorali: le spese elettorali dei partiti o formazioni politiche che partecipano alla elezioni per il rinnovo delle Camere non possono superare la somma risultante dalla moltiplicazione dell’importo di 1 euro per il numero complessivo dei cittadini iscritti nelle liste elettorali delle circoscrizioni (o collegi) in cui il partito o movimento o lista presenta candidature, a tal fine sommando le iscrizioni nelle liste elettorali per la Camera e quelle per il Senato (art. 10, L. 515/1993).

Le spese per la campagna elettorale di ciascun partito che partecipa alle elezioni regionali non possono superare la somma risultante dall’importo di 1 euro moltiplicato per il numero di iscritti nelle liste elettorali per la elezione della Camera nelle circoscrizioni provinciali nelle quali ciascun partito ha presentato proprie liste (art. 5, co. 3, L. 43/1995). Il limite delle spese riferibili a ciascun partito (o gruppo di liste) è stato elevato dalla Regione Lazio (L.R. n. 2/2005, art. 9) e dalla Regione Toscana (L.R. n. 74/2004, art. 14), che hanno legiferato in materia.

Limiti di spesa per le campagne elettorali dei partiti, prima non previsti, sono stati introdotti dalla legge 96/2012, anche per le consultazioni elettorali provinciali e comunali (art. 13) e per quelle europee (art. 14).

I finanziamenti privati ai candidati

Una disciplina speciale è prevista per la raccolta di contributi per le campagne elettorali da parte dei singoli candidati. Restano ferme le disposizioni stabilite in generale per il finanziamento dei partiti politici (trasparenza dei finanziamenti da parte di società; divieto di ricevere finanziamenti da organi della p.a. o da essa partecipati; obbligo di dichiarazione dei contributi superiori, nell’anno, a 5.000 euro, etc., sulle quali vedi supra) che la citata L. 659/1981 (art. 4, co. 1) ha esteso anche ai candidati.

I candidati alle elezioni politiche possono raccogliere fondi per il finanziamento della propria campagna elettorale esclusivamente per il tramite di un mandatario elettorale (art. 7, co. 3, L. 515/1993). Ciascun candidato comunica al competente Collegio regionale di garanzia (organo istituito presso ciascuna Corte di appello) il nominativo del mandatario elettorale da lui designato.

La legge prevede, inoltre, un tetto massimo per le spese relative alla campagna elettorale di ciascun candidato, che non possono superare l’importo massimo derivante dalla somma della cifra fissa di euro 52.000 per ogni circoscrizione (o collegio) elettorale e della cifra ulteriore pari al prodotto di euro 0,01 per ogni cittadino residente nelle circoscrizioni (o collegi) elettorali nei quali il candidato si presenta (art. 7, co. 1, L. 515/1993).

Come per i partiti politici, sono previsti limiti di spesa per le campagne elettorali dei candidati che si presentano alle elezioni regionali, ma non per quelli che partecipano alle consultazioni elettorali europee, provinciali e comunali.

Le spese per la campagna elettorale di ciascun candidato alle elezioni regionali in una lista provinciale non possono superare l’importo massimo dato dalla cifra fissa pari ad euro 38.802,85 incrementato di una ulteriore cifra pari al prodotto di euro 0,0061 per ogni cittadino residente nella circoscrizione. Per i candidati che si presentano nella lista regionale il limite delle spese per la campagna elettorale è pari ad euro 38.802,85. Per coloro che si candidano in più liste provinciali le spese per la campagna elettorale non possono comunque superare l’importo più alto consentito per una candidatura aumentato del 10 per cento. Per coloro che si candidano in una o più circoscrizioni provinciali e nella lista regionale le spese per la campagna elettorale non possono comunque superare l’importo più alto consentito per una delle candidature nelle liste provinciali aumentato del 30 per cento (art. 5, co. 1, L. 43/1995. Gli importi originari sono stati rivalutati dal D.M. 1° marzo 2010).

I limiti di spesa per ciascun candidato sono stati elevati dalla Regione Lazio (L.R. n. 2/2005, art. 9) che eleva la cifra fissa a 50.000 euro e la cifra variabile a 0,03) e ridotti dalla Regione Toscana (L.R. n. 74/2004, art. 14) l'importo massimo è dato dalla cifra fissa pari a euro 10.000 incrementato di una ulteriore cifra pari al prodotto di euro 0,005 per ogni elettore della circoscrizione. La legge regionale della Toscana inoltre, poiché elimina la lista regionale, introduce un limite di spesa specifico per il candidato alla carica di Presidente della Giunta regionale, pari a euro 110.000 incrementato di una ulteriore cifra pari al prodotto di euro 0,005 per ogni elettore della Regione.

Obblighi di dichiarazione
Partiti

Per tutti i contributi ai partiti che - nell’arco di un anno - superino la somma di 5.000 euro il donatore e il beneficiario hanno l’obbligo di effettuare entro tre mesi (o entro il mese di marzo dell’anno successivo) una dichiarazione congiunta al Presidente della Camera (art. 4, co. 3, L. 659/1981).

Tale disposizione non si applica per tutti i finanziamenti direttamente concessi da istituti di credito o da aziende bancarie, alle condizioni fissate dagli accordi interbancari; nell’ipotesi di contributi o finanziamenti di provenienza estera, l’obbligo della dichiarazione è posto a carico del solo soggetto che li percepisce.

I rappresentanti dei partiti, movimenti, liste e gruppi di candidati che concorrono per le elezioni politiche hanno inoltre l’obbligo di rendicontare tutti i contributi ricevuti per la campagna elettorale presentando ai Presidenti delle rispettive Camere, entro 45 giorni dall’insediamento, un consuntivo relativo alle spese per la campagna elettorale e le relative fonti di finanziamento. I controlli su tali rendiconti sono effettuati dalla Corte dei conti, cui i Presidenti delle Camere trasmettono la documentazione, attraverso un Collegio di controllo sulle spese elettorali, a tal fine istituito, composto da tre magistrati estratti a sorte tra i consiglieri in servizio (art. 12, L. 515/1993).

Il referto sui consuntivi delle spese elettorali e sui relativi finanziamenti relativi alla campagna per le elezioni politiche del 13-14 aprile 2008 è stato trasmesso dalla Corte dei conti al Parlamento il 4 dicembre 2009.

Il referto della Corte dei conti sulle politiche 2006 è del marzo 2008.

Inoltre i legali rappresentanti o i tesorieri dei partiti o dei movimenti politici che hanno ottenuto almeno il 2% dei voti validi alla Camera, oppure che hanno almeno un rappresentante eletto in uno degli organi per i quali sono previsti i contributi elettorali (Camera, Senato, Parlamento europeo o consiglio regionale) devono trasmettere al Presidente della Camera, entro il 15 giugno di ogni anno, un rendiconto di esercizio, corredato di una relazione sulla gestione e di una nota integrativa. Il rendiconto deve riportare le somme relative ai crediti per contributi elettorali e ai rimborsi elettorali. Nella relazione devono essere indicate le spese sostenute per le campagne elettorali e l’eventuale ripartizione tra i livelli politico-organizzativi del partito o del movimento dei contributi per le spese elettorali ricevuti.

Il rendiconto di esercizio, prima della approvazione da parte del partito è sottoposto al giudizio di una società di revisione esterna.

Il controllo successivo dei rendiconti è effettuato dalla Commissione per la trasparenza e il controllo dei rendiconti dei partiti e dei movimenti politici, organismo istituito dalla legge 96/2012 (art. 9).

La Commissione sostituisce il Collegio di revisori nominati d’intesa tra i Presidenti delle due Camere, all’inizio di ciascuna legislatura che effettuava un controllo formale dei bilanci dei partiti ai sensi della previgente disciplina (art. 1, co. 14, L. 2/1997).

La Commissione è composta da 5 membri designati dai vertici delle tre massime magistrature, nella seguente proporzione:

  • 1 membro da parte del Primo Presidente della Corte di cassazione;
  • 1 membro da parte del Presidente del Consiglio di Stato;
  • 3 membri da parte del Presidente della Corte dei conti.

Le designazioni sono ratificate dall’atto di nomina congiunto dei Presidenti delle Camere. Il 3 dicembre 2012 il Presidente della Camera e il Presidente del Senato hanno nominato i componenti della Commissione su designazione dei vertici delle magistrature (determinazione pubblicata nella Gazzetta ufficiale del 4 dicembre 2012, n. 283).

Come prevede la legge, con tale atto è stato anche individuato, tra i componenti, il Presidente-coordinatore della Commissione.

I membri della Commissione sono scelti fra i magistrati dei rispettivi ordini giurisdizionali con qualifica non inferiore a quella di consigliere di cassazione o equiparata.

I componenti della Commissione non percepiscono alcun compenso per l’attività prestata di controllo sui bilanci dei partiti. Il mandato dei membri della Commissione è di 4 anni ed è rinnovabile una sola volta.

La sede della Commissione è stabilita presso la Camera; le risorse di personale di segreteria necessarie all’operatività della Commissione sono garantite congiuntamente e in pari misura da Camera e Senato.

La Commissione effettua il controllo sui bilanci verificando anche la conformità delle spese effettivamente sostenute e delle entrate alla documentazione prodotta.

In caso di inottemperanza o di irregolarità nella formazione del bilancio è previsto un articolato sistema di sanzioni che possono arrivare alla decurtazione dell’intero importo dei contributi pubblici.

La legge del 2012 ha introdotto anche un obbligo di trasparenza: i bilanci sono pubblicati, anche in formato open data, sia sui siti internet dei partiti, sia in quello della Camera.

Inoltre, la legge dispone in ordine alla destinazione dei contributi che devono essere finalizzati esclusivamente al finanziamento dell’attività politica, ponendo nel contempo alcuni vincoli per il loro impiego, quali il divieto a investire la liquidità in strumenti finanziari diversi dai titoli pubblici degli Stati dell’Unione europea.

Candidati ed eletti

I membri delle due Camere sono tenuti, entro tre mesi dalla proclamazione, a presentare presso l’Ufficio di Presidenza della Camera di appartenenza, e al competente Collegio di garanzia elettorale, una dichiarazione concernente le spese sostenute e le obbligazioni assunte per la propaganda elettorale ovvero l’attestazione di essersi avvalsi esclusivamente di mezzi propagandistici messi a disposizione dal partito di appartenenza (art. 2, co. 1, L. 441/1982; art. 7, co. 6, L. 515/1993). Anche i candidati non eletti sono tenuti alla dichiarazione al Collegio di garanzia elettorale, ma anche agli adempimenti sotto indicati (art. 7, co. 7, L. 515/1993).

Alla dichiarazione debbono essere allegate in copia le dichiarazioni inviate al Presidente della Camera relative ai contributi ricevuti - anche al di fuori della campagna elettorale - che superino da parte di una singola fonte in un anno la somma di 5.000 euro (art. 4, co. 3, L. 659/1981; art. 2, co. 2, L. 441/1982).

L’obbligo di dichiarazione sussiste a carico sia di chi riceve, sia di chi eroga il finanziamento, e può essere assolto, soltanto per i contributi erogati per la campagna elettorale, anche mediante la autocertificazione dei candidati (art. 4, co. 4, L. 659/1981).

Oltre alle informazioni previste dalla legge 659/1981 e legge 441/1982, alla dichiarazione deve essere allegato un rendiconto relativo ai contributi e servizi ricevuti ed alle spese sostenute, nel quale vanno riportati i contributi e servizi provenienti dalle persone fisiche, se di importo o valore superiore a 5.000 euro, e tutti i contributi e servizi di qualsiasi importo o valore provenienti da soggetti diversi. Alla dichiarazione devono essere inoltre allegati gli estratti del conto corrente bancario e postale utilizzati (art. 7, co. 6, L. 515/1993). Le verifiche sull’osservanza della legge sono effettuate dal Collegio regionale di garanzia elettorale (art. 14, L. 515/1993). Per il parlamentare eletto che violi tali disposizioni, le sanzioni possono giungere sino alla decadenza dalla carica (art. 15, co. 7, L. 515/1993).

Il regime fiscale del finanziamento privato

La legge 2/1997 ha disciplinato il regime fiscale delle erogazioni liberali delle persone fisiche e giuridiche in favore dei partiti (art. 5 e 6 che hanno aggiunto, rispettivamente, il comma 1-bis all’art. 13-bis, successivamente rinumerato come art. 15, e l’art. 91-bis, successivamente rinumerato come art. 78, del D.P.R. 917/1986, recante il Testo unico delle imposte sui redditi).

La legge prevede che sono detraibili le erogazioni in favore dei partiti che abbiano presentato proprie candidature alle elezioni politiche o europee, ovvero abbiano almeno un rappresentante eletto in un consiglio regionale.

Tali requisiti sono stati introdotti dalla legge 96/2012. In precedenza, nel silenzio della norma, l’Agenzia delle entrate aveva individuato come destinatari delle erogazioni suscettibili di detrazione i partiti o movimenti politici che nel periodo d’imposta in cui è effettuata l’erogazione hanno almeno un parlamentare eletto alla Camera dei Deputati o al Senato della Repubblica (Risoluzione 15 febbraio 2005, n. 15).

Il sistema si basa sul principio della detraibilità di quote dell’erogazione liberale a favore di movimenti o partiti politici dall’imposta sui redditi.

In particolare la legge prevede:

  • per le erogazioni liberali in denaro delle persone fisiche, la detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 24% per il 2013 e del 26% dal 2014 (prima della legge 96/2012 l’importo detraibile era del 19%) dell’onere sostenuto, per importi compresi tra 50 e 10.000 euro (il limite massimo, in precedenza 103.291,38 euro è stato abbassato dalla legge 96/2012);
  • per le erogazioni liberali in denaro delle società di capitali e degli enti commerciali, la detrazione dall’imposta lorda di un importo pari al 19% dell’onere sostenuto, sempre per importi compresi tra 51,64 e 103.291,38 euro. Peraltro, la detrazione non è consentita agli enti nei quali vi sia una partecipazione pubblica o i cui titoli siano negoziati in mercati regolamentati italiani o esteri, nonché alle società ed enti che controllano, direttamente o indirettamente tali soggetti, ovvero ne siano controllati o siano controllati dalla stessa società o ente che controlla i soggetti medesimi.
  • non si applicano le agevolazioni fiscali alle persone fisiche, società di capitali ed enti commerciali che abbiano dichiarato passività nelle dichiarazioni rese nell’esercizio finanziario precedente a quello nel quale l’erogazione liberale ha avuto luogo (art. 7, L. 2/1997).

Inoltre, l’art. 5 della L. 157/1999 ha previsto una ulteriore agevolazione, stabilendo i trasferimenti a favore di movimenti e partiti politici non sono soggetti all’imposta sulle successioni e donazioni

L'imposta sulle successioni e donazioni, già soppressa dall’articolo 13 della L. 383/2001, è stata nuovamente istituita dal comma 47 dell’art. 2, del D.L. 262/2006.